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Document 62003CJ0380

Sentenza della Corte (grande sezione) del 12 dicembre 2006.
Repubblica federale di Germania contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso d'annullamento - Ravvicinamento delle legislazioni - Direttiva 2003/33/CE - Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco - Annullamento degli artt. 3 e 4 - Scelta del fondamento normativo - Artt. 95 CE e 152 CE - Principio di proporzionalità.
Causa C-380/03.

European Court Reports 2006 I-11573

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2006:772

Causa C-380/03

Repubblica federale di Germania

contro

Parlamento europeo

e

Consiglio dell’Unione europea

«Ricorso di annullamento — Ravvicinamento delle legislazioni — Direttiva 2003/33/CE — Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco — Annullamento degli artt. 3 e 4 — Scelta del fondamento normativo — Artt. 95 CE e 152 CE — Principio di proporzionalità»

Conclusioni dell’avvocato generale P. Léger, presentate il 13 giugno 2006 

Sentenza della Corte (Grande Sezione) 12 dicembre 2006 

Massime della sentenza

1.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco — Direttiva 2003/33

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/33, artt. 3, 4 e 8)

2.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco — Direttiva 2003/33

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/33, art. 3, n. 1)

3.     Ravvicinamento delle legislazioni — Provvedimenti volti a migliorare il funzionamento del mercato interno — Fondamento normativo — Art. 95 CE

(Artt. 95 CE e 152 CE)

4.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco — Direttiva 2003/33

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/33, artt. 3 e 4)

1.     Il divieto di pubblicità e patrocinio a favore dei prodotti del tabacco nelle pubblicazioni stampate, nei servizi della società dell’informazione e nelle trasmissioni radiofoniche, previsto dagli artt. 3 e 4 della direttiva 2003/33, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco, poteva essere adottato sulla base dell’art. 95 CE.

Infatti, riguardo innanzi tutto ai prodotti della stampa e alle altre pubblicazioni stampate, alla data di adozione della direttiva 2003/33 esistevano disparità tra le legislazioni nazionali degli Stati membri in materia di pubblicità dei prodotti del tabacco tali da ostacolare la libera circolazione delle merci, nonché la libera prestazione dei servizi. La stessa constatazione vale anche per la pubblicità dei prodotti del tabacco nelle trasmissioni radiofoniche e nei servizi della società dell’informazione, nonché riguardo al patrocinio di trasmissioni radiofoniche da parte delle imprese del tabacco. Vari Stati membri avevano già legiferato in tali materie o si apprestavano a farlo. Tenuto conto della crescente consapevolezza, da parte del pubblico, della nocività per la salute del consumo dei prodotti del tabacco, era verosimile che sarebbero sorti nuovi ostacoli agli scambi e alla libera prestazione dei servizi a causa dell’adozione di nuove norme, che rispecchiassero tale evoluzione, destinate a scoraggiare più efficacemente il consumo di tali prodotti.

Inoltre, gli artt. 3 e 4 della direttiva 2003/33 sono effettivamente diretti al miglioramento delle condizioni di funzionamento del mercato interno. Il divieto di pubblicità a favore dei prodotti del tabacco nella stampa e nelle pubblicazioni stampate, di cui all’art. 3, n. 1, di tale direttiva, mira ad evitare che la circolazione intracomunitaria dei prodotti della stampa venga ostacolata dalle normative nazionali di un qualsiasi Stato membro. Da parte loro, gli artt. 3, n. 2, e 4, n. 1, di detta direttiva, che vietano la pubblicità dei prodotti del tabacco nei servizi della società dell’informazione e nelle trasmissioni radiofoniche, mirano a promuovere la libera diffusione di tali trasmissioni nonché la libera circolazione delle comunicazioni rientranti nei servizi della società dell’informazione. Allo stesso modo, vietando il patrocinio di trasmissioni radiofoniche da parte di imprese la cui attività principale consiste nel produrre o nel vendere prodotti del tabacco, l’art. 4, n. 2, mira ad evitare che la libera prestazione dei servizi sia ostacolata dalle normative nazionali di un qualsiasi Stato membro. Peraltro, lo scopo di detta direttiva, di migliorare le condizioni di funzionamento del mercato interno, è espresso nell’art. 8 della medesima, ai sensi del quale gli Stati membri non vietano né limitano la libera circolazione dei prodotti o dei servizi conformi a detta direttiva.

Infine, il divieto stabilito dagli artt. 3 e 4 della direttiva è limitato a varie forme di pubblicità o di patrocinio e non costituisce un divieto di portata generale.

(v. punti 55, 61, 65, 71, 73-78, 87-88)

2.     L’espressione «pubblicazioni stampate», utilizzata nell’art. 3, n. 1, della direttiva 2003/33, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco, include solo i giornali, le riviste e i periodici, mentre non rientra nell’ambito di applicazione del divieto di pubblicità previsto da tale disposizione nessun altro tipo di pubblicazioni. Questa interpretazione è corroborata dal quarto ‘considerando’ della direttiva medesima, che recita che la circolazione nel mercato interno di pubblicazioni quali periodici, giornali e riviste è soggetta a numerosi rischi di ostacoli alla libera circolazione come risultato delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano o regolamentano la pubblicità a favore del tabacco in tali mezzi di comunicazione. Al fine di garantire la libera circolazione nel mercato interno di tutti questi mezzi di comunicazione, lo stesso ‘considerando’ afferma che occorre consentire la pubblicità del tabacco soltanto nelle riviste e nei periodici non destinati al grande pubblico.

(v. punti 84-86)

3.     Posto che le condizioni per fare ricorso all’art. 95 CE come fondamento normativo sono soddisfatte, non può impedirsi al legislatore comunitario di basarsi su tale fondamento normativo per il fatto che la tutela della salute è determinante nelle scelte da operare.

Infatti, l’art. 95, n. 3, CE richiede espressamente che nell’armonizzazione realizzata sia garantito un elevato livello di protezione della salute delle persone. Inoltre, l’art. 152, n. 1, primo comma, CE stabilisce che sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed iniziative della Comunità.

Infine, benché sia vero che l’art. 152, n. 4, lett. c), CE esclude qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri dirette a proteggere e a migliorare la salute umana, tale disposizione non implica che provvedimenti di armonizzazione adottati sul fondamento di altre disposizioni del Trattato non possano avere un’incidenza sulla protezione della salute umana.

(v. punti 92-95)

4.     Gli artt. 3 e 4 della direttiva 2003/33, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco, non violano il principio di proporzionalità in quanto possono essere considerati misure idonee a realizzare l’obiettivo cui mirano, vale a dire l’armonizzazione delle legislazioni nazionali degli Stati membri in materia di pubblicità e di patrocinio a favore dei prodotti del tabacco. Peraltro, tenuto conto dell’obbligo, incombente al legislatore comunitario, di garantire un livello elevato di protezione della salute delle persone, essi non eccedono quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

In primo luogo, le pubblicazioni destinate ai commercianti di tabacco o edite in paesi terzi e non destinate principalmente al mercato comunitario, infatti, non sono colpite dal divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco nelle pubblicazioni stampate, previsto dall’art. 3 di detta direttiva. Inoltre, il legislatore comunitario non poteva adottare, come misura meno restrittiva, un divieto di pubblicità dal quale fossero esenti le pubblicazioni destinate ad un mercato locale o regionale, dato che un’eccezione di questo genere avrebbe conferito al divieto di pubblicità dei tabacchi un ambito di applicazione incerto ed aleatorio, che avrebbe impedito alla direttiva di conseguire il suo obiettivo.

In secondo luogo, il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco nei servizi della società dell’informazione e nelle trasmissioni radiofoniche, previsto dagli artt. 3, n. 2, e 4, n. 1, della direttiva, non può essere considerato sproporzionato e può essere giustificato dall’intento di evitare, vista la convergenza dei mezzi di comunicazione, l’elusione del divieto applicabile alle pubblicazioni stampate mediante un maggior ricorso a tali due mezzi di comunicazione.

In terzo luogo, quanto al divieto di patrocinio di trasmissioni radiofoniche, disposto dall’art. 4, n. 2, della direttiva, non risulta dai ‘considerando’ della medesima che, non limitando un tale provvedimento alle attività o alle manifestazioni che producono effetti transfrontalieri, il legislatore comunitario abbia violato i limiti del potere discrezionale di cui dispone in questo settore.

Inoltre, i provvedimenti di divieto di pubblicità o di patrocinio previsti dagli artt. 3 e 4 della direttiva non violano neanche il diritto fondamentale alla libertà di espressione, di cui all’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Infatti, anche ipotizzando che detti provvedimenti abbiano l’effetto di indebolire indirettamente la libertà di espressione, la libertà di espressione giornalistica, in quanto tale, rimane intatta e, di conseguenza, gli articoli dei giornalisti non sono interessati da tale disciplina.

(v. punti 146-152, 156-158)




SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

12 dicembre 2006 (*)

«Ricorso di annullamento – Ravvicinamento delle legislazioni – Direttiva 2003/33/CE – Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco – Annullamento degli artt. 3 e 4 – Scelta del fondamento normativo – Artt. 95 CE e 152 CE – Principio di proporzionalità»

Nella causa C-380/03,

avente ad oggetto un ricorso d’annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 9 settembre 2003,

Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. M. Lumma, W.-D. Plessing e C.-D. Quassowski, in qualità di agenti, assistiti dal sig. J. Sedemund, Rechtsanwalt,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato dal sig. R. Passos, dalla sig.ra E. Waldherr e dal sig. U. Rösslein, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dalla sig.ra E. Karlsson e dal sig. J.-P. Hix, in qualità di agenti,

convenuti,

sostenuti da:

Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra L. Fraguas Gadea e dal sig. M. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Repubblica di Finlandia, rappresentata dalle sig.re A. Guimaraes-Purokoski ed E. Bygglin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra R. Loosli-Surrans, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalle sig.re M.-J. Jonczy e L. Pignataro-Nolin, nonché dal sig. F. Hoffmeister, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, K. Lenaerts, P. Kūris ed E. Juhász, presidenti di sezione, dal sig. J. N. Cunha Rodrigues (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič e J. Malenovský, giudici,

avvocato generale: sig. P. Léger

cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 dicembre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 giugno 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il suo ricorso, la Repubblica federale di Germania (in prosieguo: la «ricorrente») chiede alla Corte di annullare gli artt. 3 e 4 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/33/CE, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 152, pag. 16; in prosieguo: la «direttiva»).

2       La direttiva è stata adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea in seguito all’annullamento, da parte della Corte (sentenza 5 ottobre 2000, causa C-376/98, Germania/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-8419; in prosieguo: la «sentenza sulla pubblicità del tabacco»), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 luglio 1998, 98/43/CE, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 213, pag. 9).

 Contesto normativo

3       La direttiva è stata adottata sui medesimi fondamenti normativi della direttiva 98/43. Al pari di quest’ultima, la direttiva disciplina la pubblicità e la sponsorizzazione dei prodotti del tabacco nei media diversi dalla televisione.

4       Il primo ‘considerando’ della direttiva recita, da una parte, che alcuni ostacoli alla libera circolazione dei prodotti o dei servizi derivanti dalle disparità tra le legislazioni degli Stati membri in materia sono già stati incontrati nell’ambito della pubblicità a mezzo stampa e, dall’altra, che distorsioni della concorrenza intervenute nelle medesime circostanze sono state riscontrate anche nell’ambito della sponsorizzazione di talune manifestazioni sportive e culturali di spicco.

5       Il quarto ‘considerando’ della direttiva dispone quanto segue:

«La circolazione nel mercato interno di pubblicazioni quali periodici, giornali e riviste è soggetta a numerosi rischi di ostacoli alla libera circolazione come risultato delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano o regolamentano la pubblicità a favore del tabacco in tali mezzi di comunicazione. Al fine di garantire la libera circolazione nel mercato interno di tutti questi mezzi di comunicazione, occorre pertanto consentire la pubblicità del tabacco soltanto nelle riviste specializzate e nei periodici che non sono destinati al pubblico in genere, come le pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e le pubblicazioni stampate e edite in paesi terzi e non destinate principalmente al mercato comunitario».

6       Il quinto ‘considerando’ della direttiva è formulato nei seguenti termini:

«Le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti taluni tipi di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco con effetti transfrontalieri provocano un notevole rischio di distorsione delle condizioni di concorrenza per quest’attività nell’ambito del mercato interno. Al fine di eliminare queste distorsioni, occorre vietare tale sponsorizzazione solo per le attività o le manifestazioni che producono effetti oltre le frontiere, che altrimenti potrebbe costituire un mezzo per eludere le restrizioni imposte alle forme dirette di pubblicità, senza regolamentare la sponsorizzazione a livello meramente nazionale».

7       Il sesto ‘considerando’ della direttiva così recita:

«L’uso dei servizi della società dell’informazione è un mezzo di pubblicità dei prodotti del tabacco che aumenta con lo sviluppo del consumo e dell’accesso pubblici a tali servizi. Detti servizi, come pure le trasmissioni radiofoniche, che possono anche essere diffuse tramite i servizi della società dell’informazione, attraggono in modo particolare e sono facilmente accessibili ai giovani consumatori. La pubblicità a favore del tabacco attraverso entrambi questi mezzi ha, per sua stessa natura, la caratteristica di superare le frontiere e dovrebbe essere regolamentata a livello comunitario».

8       L’art. 3 della direttiva dispone quanto segue:

«1.      La pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate è consentita soltanto nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e nelle pubblicazioni stampate e edite in paesi terzi, che non siano principalmente destinate al mercato comunitario.

È vietata qualunque altra pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate.

2.      La pubblicità che non è permessa a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate non è consentita nei servizi della società dell’informazione».

9       Ai sensi dell’art. 4 della direttiva:

«1.      Sono vietate tutte le forme di pubblicità radiofonica a favore dei prodotti del tabacco.

2.      I programmi radiofonici non devono essere sponsorizzati da imprese la cui principale attività sia la fabbricazione o la vendita dei prodotti del tabacco».

10     In virtù dell’art. 5 della direttiva:

«1.      La sponsorizzazione di eventi o attività che coinvolgano o abbiano luogo in vari Stati membri o che producano in altro modo effetti transfrontalieri è vietata.

2.      È vietata qualsiasi distribuzione gratuita di prodotti del tabacco nel contesto della sponsorizzazione degli eventi di cui al paragrafo 1 che abbia lo scopo o l’effetto diretto o indiretto di promuovere tali prodotti».

11     L’art. 8 della direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri non vietano né limitano la libera circolazione dei prodotti o dei servizi conformi alla presente direttiva».

 Conclusioni delle parti

12     La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–       annullare gli artt. 3 e 4 della direttiva;

–       condannare i convenuti alle spese.

13     Il Parlamento ed il Consiglio chiedono che la Corte voglia:

–       respingere il ricorso;

–       condannare la ricorrente alle spese.

14     Il Parlamento chiede, in subordine, che la Corte, qualora intenda annullare la direttiva per formale violazione dell’obbligo di motivazione o della procedura di codecisione, disponga, ai sensi dell’art. 231 CE, che gli effetti della direttiva annullata siano mantenuti fino all’adozione di una nuova normativa in tale ambito.

15     Con ordinanze del presidente della Corte 6 gennaio e 2 marzo 2004, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Finlandia e la Commissione delle Comunità europee sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Parlamento e del Consiglio.

 Sul ricorso

16     A sostegno del suo ricorso, la ricorrente invoca cinque motivi. In via principale, essa sostiene, in primo luogo, che l’art. 95 CE non costituisce un fondamento normativo adeguato per la direttiva e, in secondo luogo, che quest’ultima è stata adottata in violazione dell’art. 152, n. 4, lett. c), CE. In subordine, essa lamenta una violazione, rispettivamente, dell’obbligo di motivazione, delle disposizioni che disciplinano la procedura di codecisione previste dall’art. 251 CE, nonché del principio di proporzionalità.

 Sul primo motivo, tratto dalla scelta, asseritamente errata, dell’art. 95 CE come fondamento normativo

 Argomenti delle parti

17     La ricorrente sostiene che le condizioni che giustificano il ricorso all’art. 95 CE per adottare gli artt. 3 e 4 della direttiva non sono soddisfatte. Infatti, nessuno dei divieti sanciti da tali articoli contribuisce effettivamente all’eliminazione di ostacoli alla libera circolazione delle merci, né alla soppressione di distorsioni sensibili della concorrenza.

18     Per quel che riguarda, innanzi tutto, la «stampa e [le] altre pubblicazioni stampate», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva, oltre il 99,9% dei prodotti non verrebbero venduti in più Stati membri, ma solo a livello locale o regionale, di modo che il divieto generale di pubblicità dei prodotti del tabacco previsto da tale disposizione risponderebbe solo molto marginalmente alla pretesa necessità di eliminare ostacoli agli scambi.

19     Quanto ai cosiddetti prodotti «della stampa», solo di rado essi costituirebbero oggetto di commercio tra gli Stati membri, per ragioni non soltanto linguistiche o culturali, ma anche di politica editoriale. Secondo la ricorrente, non vi sarebbe alcun ostacolo effettivo alla loro circolazione intracomunitaria, anche se alcuni Stati membri vietano la pubblicità del tabacco a mezzo stampa, poiché la stampa straniera, in tali Stati, non sarebbe soggetta a tale divieto.

20     Secondo la ricorrente, lo stesso varrebbe per l’espressione «altre pubblicazioni stampate», contenuta nel suddetto art. 3, n. 1, della direttiva, che coprirebbe una vasta gamma di pubblicazioni, come i bollettini di associazioni locali, i programmi di manifestazioni culturali, i manifesti, gli elenchi telefonici e vari volantini e opuscoli pubblicitari. A suo avviso, tali pubblicazioni si rivolgono esclusivamente alla popolazione locale e sono quindi prive di qualsiasi carattere transfrontaliero.

21     L’art. 3, n. 1, della direttiva non risponderebbe neppure all’obiettivo della soppressione di distorsioni sensibili della concorrenza. Infatti, non vi sarebbe un rapporto di concorrenza né tra le pubblicazioni locali di uno Stato membro e quelle esistenti in altri Stati membri, né tra i quotidiani, le riviste e i periodici a diffusione più ampia ed i quotidiani, le riviste ed i periodici stranieri simili.

22     Per quanto riguarda i servizi della società dell’informazione, secondo la ricorrente, l’art. 3, n. 2, della direttiva non contribuirebbe né ad eliminare gli ostacoli alla libera circolazione delle merci o alla libera prestazione dei servizi, né a sopprimere le distorsioni della concorrenza. Per la ricorrente, la consultazione su Internet di pubblicazioni stampate provenienti da altri Stati membri risulterebbe marginale e, in ogni caso, non incontrerebbe alcun ostacolo tecnico, alla luce della libertà di accesso a tali servizi su scala mondiale.

23     Allo stesso modo, secondo la ricorrente, la scelta dell’art. 95 CE come fondamento normativo della direttiva sarebbe errata anche per quanto riguarda il divieto, previsto dall’art. 4 di tale direttiva, di pubblicità radiofonica e di sponsorizzazione di programmi radiofonici, dato che la maggior parte dei programmi radiofonici si rivolgerebbe ad un pubblico locale o regionale e non potrebbe essere captata all’esterno di una determinata regione a causa della limitata portata dei trasmettitori. Inoltre, poiché la pubblicità radiofonica dei prodotti del tabacco è vietata nella maggior parte degli Stati membri, un divieto come quello di cui all’art. 4, n. 1, della direttiva non sarebbe giustificato. Lo stesso varrebbe per quel che riguarda il divieto di sponsorizzazione di programmi radiofonici, contenuto nell’art. 4, n. 2, della direttiva.

24     Infine, l’art. 95 CE non potrebbe costituire un adeguato fondamento normativo dei divieti di pubblicità dei prodotti del tabacco stabiliti agli artt. 3 e 4 della direttiva, dato che il vero obiettivo di tali divieti non è di migliorare l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno, bensì unicamente di tutelare la salute. La ricorrente ritiene che il ricorso all’art. 95 CE quale fondamento normativo della direttiva sia anche contrario all’art. 152, n. 4, lett. c), CE, il quale esclude espressamente qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nel settore della salute.

25     Il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno affermano che gli artt. 3 e 4 della direttiva sono stati validamente adottati sul fondamento normativo dell’art. 95 CE e che non sono contrari all’art. 152, n. 4, lett. c), CE.

26     Essi osservano che il divieto di pubblicità e di sponsorizzazione dei prodotti del tabacco, sancito dagli art. 3 e 4 della direttiva, si limita a vietare la pubblicità a favore di tali prodotti sulle riviste, sui periodici e sui giornali e non si estende alle altre pubblicazioni menzionate dalla ricorrente, come bollettini di associazioni locali, programmi di manifestazioni culturali, manifesti, elenchi telefonici, volantini e opuscoli.

27     Essi affermano, inoltre, che il commercio intracomunitario dei prodotti della stampa costituisce una realtà innegabile e che esistono, come emerge dal primo, dal secondo e dal quarto ‘considerando’ della direttiva, effetti transfrontalieri, nonché un notevole rischio di ostacoli alla libera circolazione nel mercato interno, dovuti alle disparità tra le legislazioni nazionali degli Stati membri. Tale rischio potrebbe aumentare a causa dell’adesione dei nuovi Stati membri e delle divergenze tra le loro legislazioni.

28     Quanto al divieto della pubblicità nella stampa e nelle altre pubblicazioni stampate, il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno contestano la pertinenza dell’analisi statistica cui fa riferimento la ricorrente, che si limita esclusivamente al mercato tedesco e non può essere estesa all’intera Comunità europea, mentre l’attuale fenomeno cosiddetto «di convergenza dei media» contribuisce ampiamente allo sviluppo degli scambi intracomunitari dei prodotti della stampa dato che numerosi giornali, riviste o periodici sarebbero ormai accessibili su Internet e, in tal modo, diffusi in tutti gli Stati membri.

29     Essi sottolineano che la distinzione tra la stampa a diffusione locale o nazionale e la stampa a diffusione europea o internazionale è difficile, o addirittura impossibile, da tracciare e che vietare la pubblicità dei prodotti del tabacco nelle pubblicazioni a diffusione transfrontaliera, escludendo quelle puramente locali o nazionali, produrrebbe la conseguenza di rendere particolarmente incerti ed aleatori i limiti dell’ambito di applicazione di tale divieto. Questa distinzione sarebbe inoltre contraria all’obiettivo perseguito dalla direttiva, che consiste nel ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità dei prodotti del tabacco.

30     Per quanto riguarda i servizi della società dell’informazione ed il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco nei detti servizi, stabilito dall’art. 3, n. 2, della direttiva, il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno contestano la tesi della ricorrente secondo cui non sussistono ostacoli agli scambi per quanto riguarda i servizi della società dell’informazione.

31     Essi affermano che il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco nei servizi della società dell’informazione è dettato dall’esigenza di evitare che venga eluso il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco nella stampa e nelle altre pubblicazioni stampate mediante i mezzi di comunicazione proposti su Internet, nonché di evitare le distorsioni della concorrenza. Alla luce dell’attuale processo di convergenza dei media, le pubblicazioni stampate e le trasmissioni radiofoniche sarebbero già disponibili su Internet. Lo sviluppo dell’«e-paper», inoltre, tenderebbe ad accentuare tale processo.

32     Per quanto riguarda il divieto di pubblicità radiofonica, previsto dall’art. 4, n. 1, della direttiva, il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno asseriscono che non si può seriamente mettere in dubbio il carattere transfrontaliero della radiodiffusione, dato che le frequenze terrestri oltrepassano abbondantemente le frontiere degli Stati membri e che sempre più programmi radiofonici sono trasmessi via satellite o via cavo.

33     Essi sostengono, inoltre, che il quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva cita espressamente la direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), che, agli artt. 13 e 17, n. 2, vieta qualsiasi forma di pubblicità televisiva del tabacco e di sponsorizzazione di programmi televisivi da parte di attività legate al tabacco.

34     Il divieto di pubblicità radiofonica dei prodotti del tabacco, nonché di sponsorizzazione di trasmissioni radiofoniche, previsto dagli artt. 3 e 4 della direttiva, costituirebbe un divieto parallelo a quello previsto dalla direttiva 89/552.

35     La circostanza che la pubblicità radiofonica sia già vietata in quasi tutti gli Stati membri non impedirebbe di introdurre nuove disposizioni a livello comunitario.

 Giudizio della Corte

36     L’art. 95, n. 1, CE stabilisce che il Consiglio adotta le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.

37     In proposito occorre ricordare che, pur se la semplice constatazione di disparità tra le normative nazionali non è sufficiente a giustificare il ricorso all’art. 95 CE, lo stesso non può invece dirsi in caso di divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri tali da ostacolare le libertà fondamentali e quindi da incidere direttamente sul funzionamento del mercato interno [v., in questo senso, sentenza sulla pubblicità del tabacco cit., punti 84 e 95, e sentenze 10 dicembre 2002, causa C-491/01, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, Racc. pag. I-11453, punto 60; 14 dicembre 2004, causa C-434/02, Arnold André, Racc. pag. I-11825, punto 30; causa C‑210/03, Swedish Match, Racc. pag. I-11893, punto 29, e 12 luglio 2005, cause riunite C-154/04 e C-155/04, Alliance for Natural Health e a., Racc. pag. I‑6451, punto 28].

38     Dalla costante giurisprudenza della Corte emerge del pari che, pur se il ricorso all’art. 95 CE come fondamento normativo è possibile al fine di prevenire futuri ostacoli agli scambi dovuti allo sviluppo eterogeneo delle legislazioni nazionali, l’insorgere di tali ostacoli deve apparire probabile e la misura di cui trattasi deve avere ad oggetto la loro prevenzione (sentenze 13 luglio 1995, causa C-350/92, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-1985, punto 35; 9 ottobre 2001, causa C-377/98, Paesi Bassi/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-7079, punto 15; British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 61; Arnold André, cit., punto 31; Swedish Match, cit., punto 30, e Alliance for Natural Health e a., cit., punto 29).

39     La Corte ha inoltre stabilito che, qualora le condizioni per fare ricorso all’art. 95 CE come fondamento normativo siano soddisfatte, non può impedirsi al legislatore comunitario di basarsi su tale fondamento normativo per il fatto che la tutela della salute è determinante nelle scelte da operare [citate sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, punto 62; Arnold André, punto 32; Swedish Match, punto 31, e Alliance for Natural Health e a., punto 30].

40     Occorre sottolineare che l’art. 152, n. 1, primo comma, CE dispone che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana e l’art. 95, n. 3, CE esige espressamente che nell’attuazione dell’armonizzazione sia garantito un livello elevato di protezione della salute delle persone [citate sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, punto 62; Arnold André, punto 33; Swedish Match, punto 32, e Alliance for Natural Health e a., punto 31].

41     Risulta da quanto precede che, qualora sussistano ostacoli agli scambi, ovvero risulti probabile l’insorgere di tali ostacoli in futuro, per il fatto che gli Stati membri hanno assunto o stanno per assumere, con riferimento ad un prodotto o a una categoria di prodotti, provvedimenti divergenti tali da garantire un diverso livello di protezione e tali da ostacolare, perciò, la libera circolazione dei prodotti in questione all’interno della Comunità, l’art. 95 CE consente al legislatore comunitario di intervenire assumendo le misure appropriate nel rispetto, da un lato, dell’art. 95, n. 3 e, dall’altro, dei principi giuridici sanciti dal Trattato CE ovvero elaborati dalla giurisprudenza, segnatamente del principio di proporzionalità (citate sentenze Arnold André, punto 34; Swedish Match, punto 33, e Alliance for Natural Health e a., punto 32).

42     Occorre inoltre rilevare che, con l’espressione «misure relative al ravvicinamento» di cui all’art. 95 CE, gli autori del Trattato hanno voluto attribuire al legislatore comunitario, in funzione del contesto generale e delle circostanze specifiche della materia da armonizzare, un margine di discrezionalità in merito alla tecnica di ravvicinamento più appropriata per ottenere il risultato auspicato, in particolare in settori caratterizzati da particolarità tecniche complesse (v. sentenze 6 dicembre 2005, causa C‑66/04, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-10553, punto 45, e 2 maggio 2006, causa C-217/04, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-3771, punto 43).

43     A seconda delle circostanze, tali misure possono consistere nell’obbligare tutti gli Stati membri ad autorizzare la commercializzazione del prodotto o dei prodotti interessati, nel sottoporre a talune condizioni il detto obbligo di autorizzazione, ovvero nel vietare, in via provvisoria o definitiva, la commercializzazione di uno o più prodotti (citate sentenze Arnold André, punto 35; Swedish Match, punto 34, e Alliance for Natural Health e a., punto 33).

44     È alla luce di questi principi che occorre verificare se, nel caso degli artt. 3 e 4 della direttiva, ricorrano le condizioni per avvalersi dell’art. 95 CE quale fondamento normativo.

45     In via preliminare, occorre ricordare che la Corte, in occasione dell’adozione della direttiva 98/43, aveva già constatato la presenza di disparità tra le legislazioni nazionali in materia di pubblicità dei prodotti del tabacco, nonché la loro evoluzione in senso sempre più restrittivo (sentenza sulla pubblicità del tabacco, cit., punti 96 e 97).

46     È pacifico che, per tali prodotti, come recita il primo ‘considerando’ della direttiva, già all’epoca dell’adozione di quest’ultima esistevano divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri. Infatti, a quanto risulta dalle indicazioni fornite dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, la pubblicità e/o la sponsorizzazione di siffatti prodotti erano oggetto, al momento della presentazione della proposta di direttiva, di un divieto parziale in sei Stati membri, di un divieto totale in quattro di essi, e di progetti di legge miranti ad un divieto totale in altri cinque.

47     Alla luce, inoltre, dell’allargamento dell’Unione europea a dieci nuovi Stati membri, esisteva un notevole rischio di aumento di tali divergenze. Secondo la Commissione, alcuni nuovi Stati membri intendevano disporre un divieto totale di pubblicità e di sponsorizzazione dei prodotti del tabacco, mentre altri intendevano ammetterle subordinandole all’osservanza di alcune condizioni.

48     La circostanza che al momento dell’adozione della direttiva, come recita il suo ottavo ‘considerando’, fossero in corso, nell’ambito dell’Organizzazione mondiale della sanità, negoziati per elaborare una convenzione-quadro sul controllo del tabacco (in prosieguo: la «convenzione OMS») non rimette in discussione tale constatazione.

49     È vero che la convenzione OMS è diretta a ridurre il consumo dei prodotti del tabacco prevedendo, tra l’altro, il divieto globale di pubblicità, di promozione e di sponsorizzazione dei prodotti del tabacco, tuttavia la detta convenzione è entrata in vigore successivamente alla direttiva e non è stata ratificata da tutti gli Stati membri.

50     Inoltre, gli Stati membri firmatari della convenzione OMS sono liberi di adottare, ai sensi del suo art. 13, n. 2, entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, un divieto globale di pubblicità, promozione e sponsorizzazione del tabacco oppure, se impossibilitati ad imporre siffatto divieto in forza della loro Costituzione o di loro principi costituzionali, di sancire solamente talune restrizioni in materia.

51     Ne consegue che, in occasione dell’adozione della direttiva, esistevano disparità tra le normative nazionali in materia di pubblicità e di sponsorizzazione dei prodotti del tabacco che giustificavano un intervento del legislatore comunitario.

52     È in tale contesto che occorre esaminare gli effetti di tali disparità, nei settori interessati dagli artt. 3 e 4 della direttiva, sull’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, per stabilire se il legislatore comunitario potesse avvalersi dell’art. 95 CE come fondamento normativo delle disposizioni contestate.

53     Il mercato dei prodotti della stampa, così come quello della radio, è un mercato in cui gli scambi fra gli Stati membri sono relativamente importanti e sono destinati ad ulteriori sviluppi a causa, in particolare, del collegamento dei mezzi di comunicazione in oggetto con Internet, che costituisce il mezzo di comunicazione transfrontaliero per eccellenza.

54     Per quanto riguarda, innanzi tutto, i prodotti della stampa, la circolazione dei giornali, delle riviste e dei periodici costituisce una realtà comune a tutti gli Stati membri e non si limita solo agli Stati che condividono la stessa lingua. La quota di mercato delle pubblicazioni provenienti da altri Stati membri può addirittura raggiungere, in certi casi, più della metà delle pubblicazioni in circolazione, secondo quanto riportato in udienza dal Parlamento, dal Consiglio e dagli intervenienti a loro sostegno, che su questo punto non sono stati contestati. In tali scambi intracomunitari di prodotti della stampa su supporto cartaceo occorre includere quelli resi possibili dai servizi della società dell’informazione e, in particolare, da Internet, che consente di accedere direttamente ed in tempo reale alle pubblicazioni diffuse in altri Stati membri.

55     Va aggiunto che, alla data di adozione della direttiva, vari Stati membri vietavano già, come indicato al punto 46 di questa sentenza, la pubblicità dei prodotti del tabacco, mentre altri erano sul punto di farlo. Pertanto, esistevano disparità tra le legislazioni nazionali degli Stati membri le quali, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, erano tali da ostacolare la libera circolazione delle merci nonché la libera prestazione dei servizi.

56     Infatti, da una parte, i provvedimenti che vietano o limitano la pubblicità dei prodotti del tabacco sono idonei a pregiudicare in misura maggiore l’accesso al mercato dei prodotti provenienti da altri Stati membri rispetto a quello dei prodotti nazionali.

57     Dall’altra parte, siffatte misure limitano la possibilità, per le imprese stabilite negli Stati membri in cui si applicano, di proporre agli inserzionisti stabiliti in altri Stati membri spazi pubblicitari nelle loro pubblicazioni, colpendo, in tal modo, l’offerta transfrontaliera dei servizi (v., in questo senso, sentenza 8 marzo 2001, causa C‑405/98, Gourmet International Products, Racc. pag. I-1795, punti 38 e 39).

58     Inoltre, anche se, in realtà, talune pubblicazioni non sono commercializzate in altri Stati membri, l’adozione di legislazioni divergenti in materia di pubblicità dei prodotti del tabacco crea sicuramente, o è atta a creare, ostacoli giuridici agli scambi per quanto riguarda i prodotti della stampa e le altre pubblicazioni stampate (v., in questo senso, sentenza sulla pubblicità del tabacco, cit., punto 97). Siffatti ostacoli esistono quindi anche per le pubblicazioni commercializzate essenzialmente nell’ambito di un mercato locale, regionale o nazionale che siano, anche se magari solo in via eccezionale o in quantità modeste, vendute negli altri Stati membri.

59     Inoltre, è pacifico che taluni Stati membri che hanno adottato il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco escludono da tale divieto i prodotti della stampa straniera. Orbene, il fatto che tali Stati membri abbiano scelto di applicare al detto divieto tale eccezione conferma che, almeno a loro avviso, per quanto riguarda i prodotti della stampa esistono scambi intracomunitari significativi.

60     Infine, il rischio del sorgere di nuovi ostacoli agli scambi o alla libera prestazione dei servizi a causa dell’adesione di nuovi Stati membri era reale.

61     La stessa constatazione vale anche per la pubblicità dei prodotti del tabacco nelle trasmissioni radiofoniche e nei servizi della società dell’informazione. Vari Stati membri avevano già legiferato in tali materie o si apprestavano a farlo. Tenuto conto della crescente consapevolezza, da parte del pubblico, della nocività per la salute del consumo dei prodotti del tabacco, era verosimile che sarebbero sorti nuovi ostacoli agli scambi e alla libera prestazione dei servizi a causa dell’adozione di nuove norme, che rispecchiassero tale evoluzione, destinate a scoraggiare più efficacemente il consumo di tali prodotti.

62     Occorre ricordare il sesto ‘considerando’ della direttiva, nel quale si rileva che l’uso dei servizi della società dell’informazione è un mezzo per pubblicizzare i prodotti del tabacco che aumenta con lo sviluppo del consumo e dell’accesso del pubblico a tali servizi e che siffatti servizi, come pure le trasmissioni radiofoniche, che possono anche essere diffuse tramite i servizi della società dell’informazione, attraggono in modo particolare e sono facilmente accessibili ai giovani consumatori.

63     Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la pubblicità del tabacco da parte di questi due media presenta un carattere transfrontaliero, che permette alle imprese che fabbricano e commercializzano tabacco di sviluppare strategie di marketing dirette ad accrescere la clientela all’esterno dello Stato membro da cui provengono.

64     Inoltre, non era escluso che, dato che l’art. 13 della direttiva 89/552 vietava qualsiasi forma di pubblicità televisiva delle sigarette e degli altri prodotti del tabacco, le disparità tra le normative nazionali sulla pubblicità del tabacco in trasmissioni radiofoniche e in servizi della società dell’informazione potessero favorire la potenziale elusione di tale divieto mediante il ricorso a questi due media.

65     Lo stesso può dirsi per quanto riguarda la sponsorizzazione di trasmissioni radiofoniche da parte delle imprese del settore del tabacco. Talune divergenze tra le normative nazionali erano già emerse, o erano sul punto di emergere, alla data di adozione della direttiva, ed erano idonee ad ostacolare la libera prestazione dei servizi, privando gli enti di radiodiffusione stabiliti in uno Stato membro in cui un provvedimento di divieto era in vigore del profitto derivante dall’essere sponsorizzate da imprese del settore del tabacco stabilite in un altro Stato membro, in cui tale provvedimento non esisteva.

66     Tali divergenze, come rilevato dal primo e del quinto ‘considerando’ della direttiva, implicavano inoltre un rischio notevole di distorsioni della concorrenza.

67     In ogni caso, come già dichiarato dalla Corte, per giustificare il ricorso all’art. 95 CE non è necessario, una volta provata l’esistenza di ostacoli agli scambi, dimostrare anche distorsioni della concorrenza [v. sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 60].

68     Da quanto precede risulta che gli ostacoli ed i rischi di distorsioni della concorrenza erano tali da giustificare l’intervento del legislatore comunitario sul fondamento normativo dell’art. 95 CE.

69     Resta da verificare se, nei settori coperti dagli artt. 3 e 4 della direttiva, tali articoli siano effettivamente diretti all’eliminazione o alla prevenzione di ostacoli alla libera circolazione delle merci o alla libera prestazione dei servizi, o ancora all’eliminazione di distorsioni della concorrenza.

70     Per quanto riguarda, innanzi tutto, l’art. 3 della direttiva, la Corte ha già statuito che il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco sulle riviste, sui periodici e sui quotidiani, al fine di garantire la libera circolazione di questi prodotti, poteva essere adottato sul fondamento dell’art. 95 CE, analogamente alla direttiva 89/552 che, come detto al punto 64 di questa sentenza, all’art. 13 vieta la pubblicità televisiva dei prodotti del tabacco (sentenza sulla pubblicità del tabacco, cit., punto 98).

71     Un tale divieto, destinato ad applicarsi uniformemente in tutta la Comunità, mira ad evitare che la circolazione intracomunitaria dei prodotti della stampa venga ostacolata dalle normative nazionali di un qualsiasi Stato membro.

72     Occorre precisare che l’art. 3, n. 1, della direttiva ammette espressamente l’inserzione della pubblicità dei prodotti del tabacco in talune pubblicazioni e, in particolare, in quelle destinate esclusivamente ai commercianti di tabacco.

73     Inoltre, diversamente dalla direttiva 98/43, l’art. 8 della direttiva dispone che gli Stati membri non possono vietare o limitare la libera circolazione dei prodotti conformi a tale direttiva. Il detto art. 8, pertanto, osta a che gli Stati membri si oppongano alla circolazione intracomunitaria di pubblicazioni destinate esclusivamente ai commercianti di tabacco, mediante, in particolare, disposizioni più rigorose da essi ritenute necessarie per garantire la protezione della salute delle persone in materia di pubblicità o di sponsorizzazione di prodotti del tabacco.

74     Vietando così agli Stati membri di opporsi alla messa a disposizione di spazi pubblicitari nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del settore del tabacco, l’art. 8 della direttiva realizza l’obiettivo, enunciato dall’art. 1, n. 2, di migliorare le condizioni di funzionamento del mercato interno.

75     Si può trarre la stessa conclusione per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi, anch’essa oggetto dell’art. 8 della direttiva. In forza di tale articolo, infatti, gli Stati membri non possono vietare né limitare la libera circolazione dei servizi conformi a tale direttiva.

76     Da parte loro, e come l’art. 13 della direttiva 89/552, gli artt. 3, n. 2, e 4, n. 1, della direttiva, che vietano la pubblicità dei prodotti del tabacco nei servizi della società dell’informazione e nelle trasmissioni radiofoniche, mirano a promuovere la libera diffusione di tali trasmissioni nonché la libera circolazione delle comunicazioni rientranti nei servizi della società dell’informazione.

77     Allo stesso modo, vietando la sponsorizzazione di trasmissioni radiofoniche da parte di imprese la cui attività principale consiste nel produrre o nel vendere prodotti del tabacco, l’art. 4, n. 2, della direttiva mira ad evitare che la libera prestazione dei servizi sia ostacolata dalle normative nazionali di un qualsiasi Stato membro.

78     Da quanto precede, risulta che gli artt. 3 e 4 della direttiva sono effettivamente diretti al miglioramento delle condizioni di funzionamento del mercato interno e, pertanto, che essi potevano essere adottati sul fondamento normativo dell’art. 95 CE.

79     Tale conclusione non può essere messa in dubbio dall’argomento della ricorrente secondo cui il divieto previsto agli artt. 3 e 4 della direttiva riguarderebbe solamente supporti pubblicitari a carattere locale o nazionale e privi di effetti transfrontalieri.

80     Il ricorso al fondamento normativo dell’art. 95 CE, infatti, non presuppone l’esistenza di un nesso effettivo con la libera circolazione tra gli Stati membri in ognuna delle situazioni considerate dall’atto basato su tale fondamento normativo. Come la Corte ha già evidenziato, ciò che rileva, per giustificare il ricorso al fondamento normativo dell’art. 95 CE, è che l’atto adottato su tale fondamento abbia effettivamente ad oggetto il miglioramento delle condizioni di instaurazione e di funzionamento del mercato interno (v., in questo senso, sentenze 20 maggio 2003, cause riunite C-465/00, C-138/01 e C-139/01, Österreichischer Rundfunk e a., Racc. pag. I-4989, punti 41 e 42, nonché 6 novembre 2003, causa C-101/01, Lindqvist, Racc. pag. I-12971, punti 40 e 41).

81     In tali condizioni, occorre dichiarare che gli artt. 3 e 4 della direttiva, come constatato al punto 78 di questa sentenza, mirano al miglioramento delle condizioni di funzionamento del mercato interno.

82     Si deve precisare che i confini dell’ambito di applicazione del divieto posto agli artt. 3 e 4 della direttiva non sono affatto aleatori e incerti.

83     In proposito occorre rilevare che, per definire l’ambito di applicazione del divieto di cui all’art. 3 della direttiva, la versione tedesca di quest’ultima è l’unica ad utilizzare, nel titolo di tale articolo, i termini «prodotti stampati» («Druckerzeugnisse»), mentre le altre versioni linguistiche utilizzano i termini «pubblicazioni stampate», dimostrando così la volontà del legislatore comunitario di non includere nell’ambito di applicazione di tale divieto qualsiasi tipo di pubblicazione.

84     Inoltre, e contrariamente a quanto sostenuto nell’argomento della ricorrente, secondo cui l’espressione «pubblicazioni stampate», utilizzata all’art. 3, n. 1, della direttiva, dovrebbe essere interpretata estensivamente, includendo i bollettini di associazioni locali, i programmi di manifestazioni culturali, i manifesti, gli elenchi telefonici, i diversi volantini e opuscoli, tale espressione comprende solo pubblicazioni come i giornali, le riviste e i periodici.

85     Questa interpretazione è corroborata dal quarto ‘considerando’ della direttiva, che recita che la circolazione nel mercato interno di pubblicazioni quali periodici, giornali e riviste è soggetta a numerosi rischi di ostacoli alla libera circolazione come risultato delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano o regolamentano la pubblicità a favore del tabacco in tali mezzi di comunicazione.

86     Al fine di garantire la libera circolazione nel mercato interno di tutti questi mezzi di comunicazione, lo stesso ‘considerando’ afferma che occorre consentire la pubblicità del tabacco soltanto nelle riviste e nei periodici non destinati al grande pubblico.

87     A quanto esposto va aggiunto il fatto che il divieto stabilito dagli artt. 3 e 4 della direttiva è limitato a varie forme di pubblicità o di sponsorizzazione e non costituisce, diversamente da quanto prevedeva la direttiva 98/43, un divieto di portata generale.

88     Da quanto precede risulta che l’art. 95 CE costituisce un fondamento normativo adeguato per gli artt. 3 e 4 della direttiva.

89     Pertanto, il primo motivo non è fondato e dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sull’elusione dell’art. 152, n. 4, lett. c), CE

 Argomenti delle parti

90     La ricorrente sostiene che, dato che la vera finalità del divieto stabilito dagli artt. 3 e 4 della direttiva non è quella di migliorare l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, il legislatore comunitario, adottando le disposizioni in esame, ha violato il divieto, sancito dall’art. 152, n. 4, lett. c), CE, di armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nel settore della salute.

91     Fondandosi sulla giurisprudenza della Corte, il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno affermano che, posto che le condizioni per il ricorso all’art. 95 CE quale fondamento normativo sono soddisfatte, l’obiettivo della tutela della salute non impedisce affatto alle misure previste da tale disposizione di migliorare le condizioni di instaurazione e di funzionamento del mercato interno [v., in questo senso, sentenza British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punti 60 e 62].

 Giudizio della Corte

92     Come osservato al punto 39 di questa sentenza, per costante giurisprudenza, posto che le condizioni per fare ricorso all’art. 95 CE come fondamento normativo sono soddisfatte, non può impedirsi al legislatore comunitario di basarsi su tale fondamento normativo per il fatto che la tutela della salute è determinante nelle scelte da operare.

93     L’art. 95, n. 3, CE richiede espressamente che nell’armonizzazione realizzata sia garantito un elevato livello di protezione della salute delle persone.

94     L’art. 152, n. 1, primo comma, CE stabilisce che sia garantito un livello elevato di protezione della salute umana nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed iniziative della Comunità [citate sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, punto 62; Arnold André, punto 33; Swedish Match, punto 32, e Alliance for Natural Health e a., punto 31].

95     È vero che l’art. 152, n. 4, lett. c), CE esclude qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri dirette a proteggere e a migliorare la salute umana, tuttavia tale disposizione non implica che provvedimenti di armonizzazione adottati sul fondamento di altre disposizioni del Trattato non possano avere un’incidenza sulla protezione della salute umana (v. sentenza sulla pubblicità del tabacco, cit., punti 77 e 78).

96     Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la tutela della salute avrebbe ampiamente ispirato le scelte operate dal legislatore comunitario in occasione dell’adozione della direttiva, in particolare per quanto riguarda i suoi artt. 3 e 4, basta constatare che nella fattispecie i requisiti per fare ricorso all’art. 95 CE sono soddisfatti.

97     Di conseguenza, adottando, sul fondamento normativo dell’art. 95 CE, gli artt. 3 e 4 della direttiva, il legislatore comunitario non ha violato le disposizioni dell’art. 152, n. 4, lett. c), CE.

98     Pertanto, anche il secondo motivo non è fondato e dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

99     La ricorrente afferma che la direttiva viola l’obbligo di motivazione stabilito dall’art. 253 CE. L’esistenza di effettivi ostacoli agli scambi, condizione posta dalla Corte per la competenza del legislatore comunitario, non sarebbe menzionata per quanto riguarda il divieto di pubblicità radiofonica sancito dall’art. 4 della direttiva, né, tanto meno, lo sarebbe per quanto concerne il divieto di pubblicità nei servizi della società dell’informazione di cui all’art. 3, n.2, della stessa direttiva. Parimenti, nei ‘considerando’ di tale direttiva non si sarebbe mai fatto cenno all’esistenza di significative distorsioni di concorrenza riguardanti tali servizi.

100   A parere della ricorrente, il mero riferimento al primo ‘considerando’ della direttiva, che constata l’esistenza di divergenze tra le legislazioni nazionali, non sarebbe sufficiente a fondare la competenza del legislatore comunitario. Lo stesso varrebbe per la considerazione secondo cui i servizi della società dell’informazione e le trasmissioni radiofoniche, per loro stessa natura, avrebbero carattere transfrontaliero.

101   Per quanto riguarda il divieto della pubblicità nella stampa e nelle altre pubblicazioni stampate, la ricorrente sostiene che, sebbene al primo ‘considerando’ sia indicato che «alcuni ostacoli sono già stati incontrati», non è però fornita alcuna precisazione in merito alle normative e ai concreti ostacoli agli scambi che potrebbero giustificare la competenza del legislatore comunitario ai sensi dell’art. 95 CE.

102   Infine, la particolare circostanza che i prodotti ed i servizi oggetto degli artt. 3 e 4 della direttiva producono effetti transfrontalieri solo in misura marginale, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto essere accompagnata da una valutazione diretta ad appurare se l’estensione dei divieti di pubblicità a situazioni non transfrontaliere fosse un provvedimento necessario al funzionamento del mercato interno ai sensi dell’art. 14 CE. Ebbene, non si sarebbe proceduto ad alcuna valutazione in questo senso.

103   Il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno osservano che il legislatore comunitario ha chiaramente esposto, in particolare al primo, al secondo, al quarto, al quinto e al sesto ‘considerando’ della direttiva, i motivi che lo hanno spinto ad adottarla, e che l’obbligo di motivazione non richiede che siano specificati tutti gli elementi di fatto o di diritto pertinenti [v., in questo senso, sentenze 30 novembre 1978, causa 87/78, Welding, Racc. pag. 2457, punto 11, e British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 165].

104   Essi affermano che il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco nelle pubblicazioni stampate previsto dall’art. 3, n. 1, della direttiva è motivato, al primo ed al quarto ‘considerando’ di essa, con gli ostacoli agli scambi che si teme in futuro possano subire un aumento.

105   Essi precisano che la motivazione del divieto di pubblicità nei servizi della società dell’informazione figura al sesto ‘considerando’ della direttiva.

106   Sottolineano che, per quanto riguarda il divieto di pubblicità radiofonica, occorre fare un parallelo con la direttiva 89/552 la quale, agli artt. 13 e 17, n. 2, vieta qualsiasi forma di pubblicità televisiva dei prodotti del tabacco e qualsiasi sponsorizzazione di programmi televisivi da parte di attività collegate al tabacco.

 Giudizio della Corte

107   In via preliminare, occorre ricordare che, anche se la motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in maniera chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione comunitaria da cui promana l’atto controverso, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e alla Corte di esercitare il proprio controllo, tuttavia non si richiede che la motivazione contenga tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti [sentenze 29 febbraio 1996, causa C-122/94, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑881, punto 29; British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 165; Arnold André, cit., punto 61; Swedish Match, cit., punto 63, e Alliance for Natural Health e a., cit., punto 133].

108   L’adempimento dell’obbligo di motivazione va peraltro valutato con riferimento non solo al testo dell’atto criticato, ma anche al contesto di quest’ultimo e all’insieme delle norme giuridiche che disciplinano in concreto la materia. Se l’atto contestato fa emergere, nel complesso, lo scopo perseguito dall’istituzione in questione, è superfluo esigere una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche da essa operate [sentenze 5 luglio 2001, causa C-100/99, Italia/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-5217, punto 64; British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 166; Arnold André, cit., punto 62; Swedish Match, cit., punto 64, e Alliance for Natural Health e a., cit., punto 134].

109   Nel caso di specie, dai primi tre e dal dodicesimo ‘considerando’ della direttiva emerge chiaramente che le misure che vietano la pubblicità e la sponsorizzazione dei prodotti del tabacco da essa stabilite mirano ad eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti o dei servizi derivanti dalle divergenze tra le normative nazionali degli Stati membri esistenti in materia, assicurando al contempo un elevato livello di tutela della salute.

110   Occorre, inoltre, constatare che i motivi che hanno presieduto all’adozione di tali misure sono precisati per ognuna delle forme di pubblicità e di sponsorizzazione considerate dagli artt. 3 e 4 della direttiva.

111   Per quanto riguarda, in primo luogo, il divieto di pubblicità nelle pubblicazioni stampate e in determinate pubblicazioni, il quarto ‘considerando’ della direttiva rileva che esistono numerosi rischi di ostacoli alla libera circolazione nel mercato interno come risultato delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e che, per garantire la libera circolazione nel mercato interno di tutti questi mezzi di comunicazione, occorre consentire la pubblicità del tabacco soltanto nelle riviste e nei periodici che non sono destinati al pubblico in genere, come le pubblicazioni destinate esclusivamente ai commercianti di tabacco e le pubblicazioni stampate nonché edite in paesi terzi e non destinate principalmente al mercato comunitario.

112   Per quanto riguarda, in secondo luogo, la pubblicità radiofonica e quella trasmessa dai servizi della società dell’informazione, il sesto ‘considerando’ della direttiva menziona il carattere particolarmente attraente ed accessibile di tali servizi per i giovani, il cui consumo aumenta proporzionalmente all’utilizzo di tali media.

113   Per quanto concerne, in terzo luogo, il divieto di taluni tipi di sponsorizzazione, come le trasmissioni radiofoniche e le attività o le manifestazioni con effetti transfrontalieri, il quinto ‘considerando’ della direttiva precisa che il divieto di cui si tratta è diretto a evitare la possibile elusione delle restrizioni applicabili alle forme dirette di pubblicità.

114   Da tali ‘considerando’ risulta chiaramente qual è l’obiettivo principale perseguito dal legislatore comunitario, ossia il miglioramento dell’instaurazione e del funzionamento del mercato interno mediante la soppressione degli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti o dei servizi che fungono da supporto alla pubblicità o alla sponsorizzazione dei prodotti del tabacco.

115   Occorre inoltre rilevare che la direttiva è stata adottata, in seguito all’annullamento della direttiva 98/43, in base ad una proposta presentata dalla Commissione e accompagnata da una relazione contenente una tabella esaustiva delle disparità tra le normative nazionali vigenti negli Stati membri in materia di pubblicità o di sponsorizzazione dei prodotti del tabacco.

116   Ne consegue che gli artt. 3 e 4 della direttiva adempiono l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE.

117   Di conseguenza, il terzo motivo è infondato e dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente su una violazione della procedura di codecisione

 Argomenti delle parti

118   La ricorrente sostiene che la direttiva è stata adottata in violazione della procedura di codecisione definita all’art. 251 CE. Il Consiglio avrebbe apportato alcune modifiche sostanziali successivamente al voto del Parlamento in seduta plenaria sul progetto di direttiva.

119   Secondo la ricorrente, tali modifiche sarebbero andate oltre il mero adattamento linguistico o redazionale delle diverse versioni linguistiche o la mera correzione di evidenti errori materiali. L’art. 10, n. 2, della direttiva sarebbe stato aggiunto al testo di quest’ultima dopo la sua adozione e l’art. 11 sarebbe stato modificato sostanzialmente rispetto alla versione approvata dal Parlamento, visto che la data di entrata in vigore della direttiva sarebbe stata posticipata. Inoltre, l’art. 3 di quest’ultima sarebbe anch’esso stato modificato e autorizzerebbe, per lo meno nella versione tedesca, un’interpretazione più ampia della nozione di pubblicazioni stampate che estenderebbe l’ambito di applicazione della direttiva.

120   Il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno affermano che, nell’ambito della procedura di codecisione, gli atti non sono adottati unicamente dal Consiglio, ma sono, in virtù dell’art. 254 CE, firmati congiuntamente dal presidente del Parlamento e dal presidente del Consiglio che, con le loro firme, prendono atto che la direttiva corrisponde alla proposta della Commissione integrata dagli emendamenti approvati dal Parlamento.

121   Una piena identità fra il testo approvato dal Parlamento e quello adottato secondo la procedura di codecisione sarebbe incompatibile con le esigenze di qualità redazionale derivanti dall’esistenza di un gran numero di lingue ufficiali.

122   Per il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti che li sostengono, le correzioni apportate alla direttiva non supererebbero i limiti di una messa a punto giuridico‑linguistica, sia per quanto riguarda l’art. 3, n. 1, di tale direttiva, relativo alla stampa e alle pubblicazioni stampate, sia quanto all’art. 10, n. 2, di essa, relativo alla comunicazione da parte degli Stati membri alla Commissione delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore della detta direttiva.

123   Quanto alla modifica apportata all’art. 11 di tale direttiva, riguardante la sua entrata in vigore, essi osservano che è intervenuta conformemente al formulario degli atti del Consiglio, che prevede l’entrata in vigore delle direttive il giorno della loro pubblicazione al fine di evitare per quanto possibile la moltiplicazione delle date.

 Giudizio della Corte

124   Con il ricorso in esame, la ricorrente intende unicamente mettere in discussione la validità degli artt. 3 e 4 della direttiva.

125   Pertanto, il motivo vertente su una violazione della procedura di codecisione prevista dall’art. 251 CE per l’adozione degli artt. 10 e 11 della direttiva nella loro versione finale è irrilevante ai fini della valutazione della validità degli artt. 3 e 4 di tale direttiva.

126   In ogni caso, le modifiche subite dagli artt. 10 e 11 della direttiva sono state oggetto di una rettifica – circostanza che non viene contestata – e tale rettifica è stata firmata ai sensi dell’art. 254 CE dal presidente del Parlamento e dal presidente del Consiglio e poi pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

127   Quanto alle modifiche subite dall’art. 3 della direttiva, occorre dichiarare che, come giustamente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 197 delle conclusioni, tali modifiche non sono andate oltre i limiti imposti all’esercizio di armonizzazione delle varie versioni linguistiche di un atto comunitario.

128   Quindi, il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul quinto motivo, vertente su una violazione del principio di proporzionalità

 Argomenti delle parti

129   La ricorrente sostiene che i divieti stabiliti dagli artt. 3 e 4 della direttiva violano il principio di proporzionalità sancito all’art. 5, terzo comma, CE.

130   Tali divieti, formulati in termini estremamente ampi, coprirebbero situazioni quasi esclusivamente locali o regionali e arrecherebbero grave danno ai diritti fondamentali dei settori economici interessati, diritti che sono tutelati dal legislatore comunitario.

131   Lo stesso varrebbe per la libertà di stampa e di opinione che, secondo la giurisprudenza della Corte relativa all’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), sarebbe garantita, tra l’altro, sotto il profilo del finanziamento dei prodotti della stampa mediante i proventi della pubblicità e mediante una comunicazione commerciale priva di ostacoli.

132   Il carattere estremamente generico della formulazione dei divieti di pubblicità sanciti dagli artt. 3 e 4 della direttiva, nonché della definizione del termine «pubblicità», produrrebbe il risultato di far rientrare nel divieto di pubblicità qualsiasi effetto indiretto di qualsivoglia forma di comunicazione commerciale relativa alla vendita di prodotti del tabacco e che gli articoli di giornalisti su determinati argomenti che presentano un collegamento con la produzione o la distribuzione di prodotti del tabacco potrebbero essere colpiti da tale divieto.

133   Secondo la ricorrente, il pregiudizio arrecato alla libertà di stampa sarebbe ancora più grave dato che gli organi di stampa traggono dal 50% al 60% dei loro proventi dai redditi della pubblicità e non dalla vendita dei loro prodotti, e che in Europa i media stanno attualmente attraversando una profonda crisi strutturale e congiunturale.

134   Inoltre, l’inadeguatezza legislativa dei divieti stabiliti dagli artt. 3 e 4 della direttiva sarebbe dimostrata dal fatto che il numero marginale di casi in cui i prodotti o le prestazioni hanno carattere transfrontaliero non avrebbe paragoni con le situazioni puramente locali o regionali che, al 99%, sarebbero prive di effetto transfrontaliero.

135   Ne risulterebbe che l’estensione dei divieti di pubblicità a situazioni puramente nazionali sarebbe sproporzionata rispetto all’obiettivo di armonizzazione del mercato interno perseguito.

136   In ogni caso, tale misura non sarebbe né appropriata né necessaria. La stessa direttiva, all’art. 3, n. 1, conterrebbe una soluzione adeguata, poiché non sono soggetti a tale divieto di pubblicità i prodotti della stampa provenienti da un paese terzo quando non sono principalmente destinati al mercato comunitario. Non sarebbe stata fornita alcuna spiegazione sulla ragione per la quale tale soluzione non sarebbe stata sufficiente anche per i prodotti della stampa della Comunità.

137   Non sarebbe stata fornita neppure la ragione del rifiuto della soluzione alternativa proposta dalla ricorrente e consistente nel limitare i divieti di pubblicità alle attività e ai servizi che producono effetti transfrontalieri, soluzione che peraltro è stata accolta dall’art. 5 della direttiva per quanto riguarda le attività di sponsorizzazione.

138   La ricorrente ritiene inoltre che, se si procede al bilanciamento dell’obiettivo del legislatore comunitario e dei pregiudizi ai diritti fondamentali, le disposizioni impugnate degli artt. 3 e 4 della direttiva risultino inadeguate. Il detto legislatore avrebbe potuto adottare solo come eventualità estrema provvedimenti restrittivi come il divieto totale di pubblicità dei prodotti del tabacco nella stampa.

139   Il Parlamento, il Consiglio e gli intervenienti a loro sostegno affermano che il legislatore comunitario, per conseguire l’obiettivo di armonizzazione del mercato interno, non disponeva di mezzi meno vincolanti di una direttiva che vietasse la pubblicità in tutte le pubblicazioni stampate e nelle trasmissioni radiofoniche.

140   A loro avviso, il legislatore comunitario non avrebbe istituito un divieto totale di pubblicità dei prodotti del tabacco. Tale pubblicità non sarebbe stata vietata nelle pubblicazioni destinate ai commercianti di tabacco e nelle pubblicazioni stampate ed edite in paesi terzi e non destinate principalmente al mercato comunitario. Allo stesso modo, siffatta pubblicità non sarebbe stata vietata nei servizi della società dell’informazione se non lo fosse stata nella stampa e nelle altre pubblicazioni stampate. Essi aggiungono che, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, la nozione di pubblicazioni stampate comprende solo i giornali, le riviste ed i periodici.

141   Per quanto riguarda il pregiudizio, lamentato dalla ricorrente, arrecato ai diritti fondamentali della libertà di stampa e della libertà di opinione, essi precisano che la libertà di espressione, ai sensi dell’art. 10, n. 2, della CEDU, può essere sottoposta a restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la protezione della salute o della morale e che, nel caso di specie, il divieto verte su «ogni forma di comunicazione commerciale che abbia lo scopo o l’effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto del tabacco», come risulta dalla definizione di pubblicità di cui all’art. 2, lett. b), della direttiva. Conseguentemente, gli articoli di giornalisti non sarebbero colpiti dagli artt. 3 e 4 della direttiva.

142   A loro avviso, come la Corte avrebbe già statuito, il «margine di valutazione discrezionale di cui dispongono le autorità competenti per stabilire dove si trovi il giusto equilibrio tra la libertà di espressione e gli obiettivi sopramenzionati è variabile per ciascuno degli scopi che giustificano la limitazione di tale diritto e secondo la natura delle attività considerate. Qualora l’esercizio della libertà non contribuisca ad un dibattito di interesse generale (…), il controllo si limita alla verifica del carattere ragionevole e proporzionale dell’ingerenza. Altrettanto vale per l’uso commerciale della libertà di espressione, soprattutto in un settore così complesso e oscillante come quello della pubblicità» (sentenza 25 marzo 2004, causa C-71/02, Karner, Racc. pag. I-3025, punto 51).

143   Essi sostengono che il legislatore comunitario non ha ecceduto i limiti dell’ampio potere discrezionale di cui dispone in un settore come quello del caso di specie, che implica, da parte sua, scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse e che i divieti prescritti agli artt. 3 e 4 della direttiva sono necessari ed idonei per conseguire l’obiettivo di un’armonizzazione del mercato interno ad un livello elevato di protezione della salute.

 Giudizio della Corte

144   Occorre ricordare che il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, esige che gli strumenti adoperati da un’istituzione comunitaria siano idonei a realizzare lo scopo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v., in particolare, sentenze 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a., Racc. pag. 4587, punto 15; 7 dicembre 1993, causa C-339/92, ADM Ölmühlen, Racc. pag. I-6473, punto 15, e 11 luglio 2002, causa C-210/00, Käserei Champignon Hofmeister, Racc. pag. I‑6453, punto 59).

145   Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni menzionate al punto precedente, si deve riconoscere al legislatore comunitario un ampio potere discrezionale in un settore come quello del caso di specie, che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura [v., in questo senso, sentenze 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I‑5755, punto 58; 13 maggio 1997, causa C-233/94, Germania/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-2405, punti 55 e 56; 5 maggio 1998, causa C-157/96, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I-2211, punto 61, e British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, cit., punto 123].

146   Nel caso di specie, per quanto riguarda le disposizioni degli artt. 3 e 4 della direttiva, dall’analisi esposta ai punti 72-80 di questa sentenza emerge che tali articoli possono essere considerati misure idonee a realizzare l’obiettivo cui mirano.

147   Inoltre, tenuto conto dell’obbligo, incombente al legislatore comunitario, di garantire un livello elevato di protezione della salute delle persone, essi non vanno oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

148   Le pubblicazioni destinate ai commercianti di tabacco o edite in paesi terzi e non destinate principalmente al mercato comunitario, infatti, non sono colpite dal divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco nelle pubblicazioni stampate, previsto dall’art. 3 della direttiva.

149   Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il legislatore comunitario non poteva adottare, come misura meno restrittiva, un divieto di pubblicità dal quale fossero esenti le pubblicazioni destinate ad un mercato locale o regionale, dato che un’eccezione di questo genere avrebbe conferito al divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco un ambito di applicazione incerto ed aleatorio, che avrebbe impedito alla direttiva di conseguire il suo obiettivo di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di pubblicità dei prodotti del tabacco (v., in questo senso, sentenza Lindqvist, cit., punto 41).

150   Lo stesso vale per quanto riguarda il divieto della pubblicità dei prodotti del tabacco nei servizi della società dell’informazione e nelle trasmissioni radiofoniche, disposto dagli artt. 3, n. 2, e 4, n. 1, della direttiva.

151   Il divieto della pubblicità dei prodotti del tabacco in tali mezzi di comunicazione, infatti, al pari del provvedimento di cui all’art. 13 della direttiva 89/552, non può essere considerato sproporzionato e può essere inoltre giustificato dall’intento di evitare, vista la convergenza dei mezzi di comunicazione, l’elusione del divieto applicabile alle pubblicazioni stampate mediante un maggior ricorso a tali due mezzi di comunicazione.

152   Quanto al divieto di sponsorizzazione di trasmissioni radiofoniche, disposto dall’art. 4, n. 2 della direttiva, non risulta né dai ‘considerando’ della direttiva né, più in particolare, dal suo quinto ‘considerando’ che, non limitando un tale provvedimento alle attività o alle manifestazioni che producono effetti transfrontalieri, come faceva l’art. 17, n. 2, della direttiva 89/552, il legislatore comunitario abbia violato i limiti del potere discrezionale di cui dispone in questo settore.

153   Tale interpretazione non può essere messa in discussione dalla tesi, sostenuta dalla ricorrente, secondo cui siffatti provvedimenti di divieto finirebbero per privare le imprese del settore della stampa di considerevoli introiti pubblicitari, o contribuirebbero addirittura alla chiusura di alcune imprese, arrecando, in definitiva, un pregiudizio alla libertà di espressione garantita dall’art. 10 della CEDU.

154   È opportuno ricordare che, per una costante giurisprudenza, se il principio della libertà di espressione è espressamente riconosciuto dall’art. 10 della CEDU e rappresenta un fondamento essenziale di una società democratica, risulta tuttavia dal n. 2 del detto articolo che tale libertà è anch’essa soggetta a talune limitazioni giustificate da obiettivi di interesse generale se tali deroghe sono previste dalla legge, dettate da uno o più scopi legittimi ai sensi della detta disposizione e necessarie in una società democratica, cioè giustificate da un bisogno sociale imperativo e, in particolare, proporzionate al fine legittimo perseguito (v., in tal senso, sentenze 26 giugno 1997, causa C-368/95, Familiapress, Racc. pag. I-3689, punto 26; 11 luglio 2002, causa C-60/00, Carpenter, Racc. pag. I-6279, punto 42; 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger, Racc. pag. I‑5659, punto 79, e Karner, cit., punto 50).

155   Allo stesso modo, come giustamente rilevato dal Parlamento, dal Consiglio e dagli intervenienti a loro sostegno, il margine di valutazione discrezionale di cui dispongono le autorità competenti per stabilire dove si trovi il giusto equilibrio tra la libertà di espressione e gli obiettivi di interesse generale di cui all’art. 10, n. 2, della CEDU è variabile per ciascuno degli scopi che giustificano la limitazione di tale diritto e secondo la natura delle attività considerate. Qualora esista un certo margine di valutazione discrezionale, il controllo si limita alla verifica del carattere ragionevole e proporzionato dell’ingerenza. Altrettanto vale per l’uso commerciale della libertà di espressione in un settore così complesso e oscillante come quello della pubblicità (v., in particolare, sentenza Karner, cit., punto 51).

156   Nel caso di specie, anche supponendo che i provvedimenti di divieto di pubblicità o di sponsorizzazione previsti dagli artt. 3 e 4 della direttiva abbiano l’effetto di indebolire indirettamente la libertà di espressione, la libertà di espressione giornalistica, in quanto tale, rimane intatta e, di conseguenza, gli articoli dei giornalisti non sono interessati da tale disciplina.

157   Occorre quindi constatare che il legislatore comunitario, adottando siffatte misure, non ha superato i limiti del potere discrezionale espressamente riconosciutogli.

158   Ne consegue che le dette misure di divieto non possono essere considerate sproporzionate.

159   Quindi, il quinto motivo non è fondato e dev’essere respinto.

160   Considerato che nessuno dei motivi fatti valere dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso è fondato, il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

161   A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento e il Consiglio ne hanno fatto domanda, la Repubblica federale di Germania, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, gli Stati membri e le istituzioni intervenute nella controversia sopportano le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

3)      Il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Finlandia e la Commissione delle Comunità europee sopportano le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.

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