Causa C-356/04

Lidl Belgium GmbH & Co. KG

contro

Etablissementen Franz Colruyt NV

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal

Rechtbank van Koophandel te Brussel)

«Direttive 84/450/CEE e 97/55/CE — Pubblicità ingannevole — Pubblicità comparativa — Condizioni di liceità — Comparazione del livello generale dei prezzi praticati da catene di grandi magazzini — Comparazione dei prezzi di un assortimento di prodotti»

Conclusioni dell’avvocato generale A. Tizzano, presentate il 29 marzo 2006 

Sentenza della Corte (Grande Sezione) 19 settembre 2006 

Massime della sentenza

1.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa — Direttiva 84/450

[Direttiva del Consiglio 84/450, art. 3 bis, n. 1, lett. b)]

2.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa — Direttiva 84/450

[Direttiva del Consiglio 84/450, art. 3 bis, n. 1, lett. c)]

3.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa — Direttiva 84/450

[Direttiva del Consiglio 84/450, art. 3 bis, n. 1, lett. c)]

4.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa — Direttiva 84/450

[Direttiva del Consiglio 84/450, art. 3 bis, n. 1, lett. c)]

5.     Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa — Direttiva 84/450

[Direttiva del Consiglio 84/450, art. 3 bis, n. 1, lett. a)]

1.     La condizione di liceità della pubblicità comparativa stabilita dall’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva 84/450, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, il quale subordina la liceità della pubblicità comparativa alla condizione che i beni o servizi oggetto di raffronto rispondano agli stessi bisogni o perseguano lo stesso obiettivo, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che una pubblicità comparativa riguardi collettivamente assortimenti di prodotti di consumo corrente venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti, purché detti assortimenti siano costituiti, entrambi, da singoli prodotti che, considerati per paia, soddisfano individualmente l’obbligo di comparabilità stabilito da detta disposizione.

La possibilità di procedere ad una comparazione raggruppata avente ad oggetto un assortimento di prodotti comparabili può infatti consentire all’operatore pubblicitario di offrire al consumatore un’informazione pubblicitaria contenente dati aggregati e sintetici che può risultargli particolarmente pertinente. Ciò vale in particolare in un settore come quello della grande distribuzione nel quale il consumatore effettua di regola acquisti molteplici, destinati a soddisfare i suoi bisogni di consumo corrente. Nella prospettiva di tali acquisti, un’informazione comparativa avente ad oggetto il livello generale dei prezzi praticati nelle catene di grandi magazzini o il livello dei prezzi praticati da questi per quanto concerne un determinato assortimento di prodotti che essi vendono può risultare più utile per il consumatore di un’informazione comparativa limitata ai prezzi di tale o di tal altro particolare prodotto.

(v. punti 34-35, 39, dispositivo 1)

2.     L’obbligo che la pubblicità «confronti obiettivamente» le caratteristiche dei beni di cui trattasi, stabilito dall’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che esso non implica, in caso di raffronto dei prezzi di un assortimento di prodotti di consumo corrente comparabili venduti da catene di grandi magazzini concorrenti o del livello generale dei prezzi praticati da questi ultimi per quanto concerne l’assortimento dei prodotti comparabili che esse vendono, che i prodotti e prezzi oggetto di raffronto, vale a dire tanto quelli dell’operatore pubblicitario quanto quelli di tutti i suoi concorrenti interessati dal raffronto, costituiscano oggetto di un’elencazione espressa ed esaustiva nel messaggio pubblicitario.

(v. punto 54, dispositivo 2)

3.     L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che costituiscono, ai sensi di detta disposizione, caratteristiche «verificabili» di beni venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti:

– i prezzi di detti beni;

– il livello generale dei prezzi rispettivamente praticati da tali catene di grandi magazzini per quanto concerne il loro assortimento di prodotti comparabili e l’importo dei risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che acquisti tali prodotti presso una piuttosto che l’altra di dette catene, purché i beni di cui trattasi costituiscano effettivamente parte dell’assortimento di prodotti comparabili in base ai quali detto livello generale dei prezzi è stato determinato.

(v. punto 62, dispositivo 3)

4.     L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che una caratteristica menzionata in una pubblicità comparativa risponde all’esigenza di verificabilità stabilita da tale disposizione, quando gli elementi di raffronto sui quali si basa la menzione di tale caratteristica non sono elencati in tale pubblicità, soltanto se l’operatore pubblicitario indica, in particolare all’indirizzo dei destinatari di tale messaggio, dove e come questi possono prendere agevolmente conoscenza di tali elementi al fine di verificare o, se essi non dispongono della competenza richiesta al riguardo, di far verificare l’esattezza di detti elementi nonché della caratteristica di cui trattasi.

Siffatto obbligo è, infatti, tale da consentire, conformemente all’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva, che il destinatario di tale messaggio sia in grado di assicurarsi di essere stato correttamente informato nella prospettiva degli acquisti di consumo corrente che deve effettuare.

(v. punti 71-72, 74, dispositivo 4)

5.     L’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva 84/450, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, dev’essere interpretato nel senso che una pubblicità comparativa che vanti il livello generale dei prezzi più basso dell’operatore pubblicitario rispetto ai suoi principali concorrenti mentre il raffronto ha avuto ad oggetto un campione di prodotti può rivestire un carattere ingannevole quando il messaggio pubblicitario:

– non evidenzia che il raffronto ha avuto ad oggetto soltanto un tale campione e non l’insieme dei prodotti dell’operatore pubblicitario;

– non individua gli elementi del raffronto avvenuto o non informa il destinatario sulla fonte di informazione presso la quale tale individuazione è accessibile, o

– comporta un riferimento collettivo ad una forbice di risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che effettui i suoi acquisti presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso i suoi concorrenti senza individualizzare il livello generale dei prezzi praticati, rispettivamente, da ciascuno dei detti concorrenti e l’importo dei risparmi che possono essere realizzati effettuando i propri acquisti presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso ciascuno di essi.

È compito del giudice a quo verificare se i messaggi pubblicitari di cui trattasi nella causa principale presentino siffatte caratteristiche.

(v. punti 85-86, dispositivo 5)




SENTENZA DELLA CORTE

19 settembre 2006 (*)

«Direttive 84/450/CEE e 97/55/CE – Pubblicità ingannevole – Pubblicità comparativa – Condizioni di liceità – Comparazione del livello generale dei prezzi praticati da catene di grandi magazzini – Comparazione dei prezzi di un assortimento di prodotti»

Nel procedimento C-356/04,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Rechtbank van Koophandel di Bruxelles (Belgio), con ordinanza 29 luglio 2004, pervenuta in cancelleria il 18 agosto 2004, nella causa tra

Lidl Belgium GmbH & Co KG

e

Etablissementen Franz Colruyt NV,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, K. Schiemann (relatore) e J. Malenovský, presidenti di sezione, dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Lenaerts, P. Kūris, E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet e M. Ilešič, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 7 dicembre 2005,

considerate le osservazioni presentate:

–       per la Lidl Belgium GmbH & Co KG , dall’avv. M. Lebbe, advocaat;

–       per l’Etablissementen Franz Colruyt NV, dall’avv. H. De Bauw, advocaat;

–       per il governo belga, dal sig. M. Wimmer, in qualità di agente;

–       per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra R. Loosli‑Surrans, in qualità di agenti;

–       per il governo polacco, dal sig. T. Nowakowski, in qualità di agente;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Aresu e R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 marzo 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 3 bis, n. 1, lett. a), b) e c), della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa (GU L 250, pag. 17), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997, 97/55/CE (GU L 290, pag. 18; in prosieguo: la «direttiva»).

 Contesto normativo

2       L’art. 1 della direttiva così dispone:

«La presente direttiva ha lo scopo di tutelare il consumatore e le persone che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, nonché gli interessi del pubblico in generale, dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa».

3       Ai termini dell’art. 2, punto 2, della direttiva, per pubblicità ingannevole si intende:

«(…) qualsiasi pubblicità che, in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente».

4       L’art. 2, punto 2 bis, della direttiva definisce come pubblicità comparativa:

«(…) qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente».

5       L’art. 3 della direttiva enuncia:

«Per determinare se la pubblicità sia ingannevole, se ne devono considerare tutti gli elementi, in particolare i suoi riferimenti:

a)      alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, esecuzione, composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sui beni o sui servizi;

b)      al prezzo o al modo in cui questo viene calcolato, e alle condizioni alle quali i beni o i servizi vengono forniti;

c)      alla natura, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore pubblicitario, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale ed i premi o riconoscimenti».

6       L’art. 3 bis, n. 1, della direttiva così dispone:

«Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      essa non sia ingannevole ai sensi dell’articolo 2, punto 2, dell’articolo 3 (…);

b)      confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;

c)      confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;

(…)».

7       L’art. 4, n. 1, della direttiva è così redatto:

«Gli Stati membri si accertano che esistano mezzi adeguati ed efficaci per combattere la pubblicità ingannevole e garantire l’osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità comparativa nell’interesse sia dei consumatori che dei concorrenti e del pubblico in generale.

(...)».

8       Ai sensi dell’art. 6 della direttiva:

«Gli Stati membri attribuiscono ai tribunali o agli organi amministrativi il potere, in occasione di un procedimento giurisdizionale civile o amministrativo, di cui all’articolo 4:

a)      di esigere che l’operatore pubblicitario fornisca prove sull’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità se, tenuto conto dei diritti o interessi legittimi dell’operatore pubblicitario e di qualsiasi altra parte nella procedura, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico e, nel caso della pubblicità comparativa, di esigere che l’operatore pubblicitario fornisca tali elementi entro un periodo di tempo breve;

b)      di considerare inesatti i dati di fatto, se le prove richieste conformemente alla lett. a) non siano state fornite o siano ritenute insufficienti dal tribunale o dall’organo amministrativo».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

9       Le società Lidl Belgium GmbH & Co KG (in prosieguo: la «Lidl») e l’Etablissementen Franz Colruyt NV (in prosieguo: la «Colruyt») gestiscono ciascuna in Belgio una catena di grandi magazzini, attiva soprattutto nel commercio al minuto di prodotti di consumo corrente, rispettivamente sotto le insegne «Lidl» e «Colruyt».

10     Il 19 gennaio 2004, la Colruyt inviava ai propri clienti una lettera (in prosieguo: la «lettera controversa»), così redatta:

«(…) Nel 2003 appena trascorso Lei ha potuto nuovamente realizzare un certo risparmio presso la Colruyt. In base al nostro indice medio dei prezzi dello scorso anno calcoliamo che una famiglia che spende settimanalmente EUR 100 presso la Colruyt abbia risparmiato:

–       da EUR 366 a EUR 1 129 facendo la spesa presso la Colruyt invece che presso altri supermercati (quali Carrefour, Cora, Delhaize ecc.);

–       da EUR 155 a EUR 293 facendo la spesa presso la Colruyt invece che presso altri hard discounter all’ingrosso (Aldi, Lidl, Makro).

Sul retro potrà vedere l’evoluzione della differenza dei prezzi rispetto agli altri negozi nel corso del 2003. Tali cifre indicano che la differenza tra Colruyt e gli altri negozi si è ancora accentuata in questi ultimi mesi.

Per poter garantire sempre i prezzi più bassi, compariamo giornalmente 18 000 prezzi in altri negozi. Inoltre, raccogliamo anche l’insieme delle promozioni. Ne consegue che i nostri dati sono perfettamente aggiornati. Conserviamo tutti i prezzi nel nostro calcolatore centrale.

Ogni mese in base a tali dati calcoliamo la differenza di prezzo tra la Colruyt e gli altri negozi. Ciò corrisponde a quello che definiamo il nostro indice dei prezzi, che viene certificato dal Quality Control, un istituto indipendente per il controllo di qualità.

In conclusione: presso la Colruyt Lei disporrà ogni giorno, in ogni periodo dell’anno, dei prezzi più bassi. Anche nel 2004 continueremo a mantenerci fedeli a tale garanzia».

11     Sul retro di detta lettera appaiono due grafici. Il primo menziona la differenza del livello dei prezzi fra la Colruyt e i suoi concorrenti in data 22 dicembre 2003, differenza per la quale si afferma ch’essa è stata calcolata in base ad una comparazione quotidiana dei prezzi, ivi compresi i prezzi promozionali, dei prodotti analoghi venduti in ciascun negozio Colruyt e nei negozi concorrenti ubicati nella regione. Il secondo illustra l’evoluzione di questa stessa differenza in tutto l’anno 2003.

12     Una comunicazione redatta nei seguenti termini figura peraltro sugli scontrini di cassa emessi nei negozi gestiti dalla Colruyt:

«Quanto ha risparmiato nel 2003?

Supponiamo che Lei abbia speso settimanalmente EUR 100 presso la Colruyt; in tal caso, secondo il nostro indice dei prezzi ha risparmiato:

–       da EUR 366 a EUR 1 129 rispetto agli altri supermercati (quali Carrefour, Cora, Delhaize ecc.);

–       da EUR 155 a EUR 293 rispetto agli altri hard discounter all’ingrosso (Aldi, Lidl, Makro)».

13     Tanto la lettera controversa quanto gli scontrini di cassa si riferiscono del pari al sito Internet della Colruyt nel quale il sistema di comparazione dei prezzi praticato da questa e il sistema di calcolo dell’indice dei prezzi sono chiariti più dettagliatamente.

14     Peraltro, volantini pubblicitari della Colruyt e scontrini di cassa emessi da questa contengono la seguente affermazione a proposito di un assortimento di prodotti di consumo corrente venduti dai negozi Colruyt, riconoscibili grazie ad un’etichetta rossa che è posta su di essi e sulla quale figura il termine «BASIC»:

«BASIC: in assoluto il prezzo più basso in Belgio.

Ancora meno caro dell’assortimento equiparabile presso gli hard discounter (Aldi, Lidl) e dei prodotti “erste prijs/1° prezzo” degli altri supermercati (quali Carrefour, Cora ecc.).

Riconoscete i prodotti BASIC grazie all’etichetta rossa recante l’iscrizione BASIC».

15     Taluni volantini pubblicitari contengono anche le seguente menzioni:

«BASIC = I prezzi più bassi in assoluto

Oltre a una forte riduzione dei prezzi in generale le offriamo anche un certo numero di prodotti che può confrontare con quelli degli altri tipici hard discounter (quali Aldi e Lidl) e con i prodotti “1° prezzo” degli altri supermercati. Essi sono i nostri prodotti BASIC: prodotti base per ogni giorno al prezzo in assoluto più basso».

16     La Lidl ha intentato un’azione dinanzi al Rechtbank van Koophandel te Brussel, al fine di ottenere la cessazione di queste varie pratiche pubblicitarie, da essa ritenute in contrasto con l’art. 23 bis della legge belga 14 luglio 1991 sulle pratiche del commercio e sull’informazione e protezione dei consumatori, come modificata con la legge 25 maggio 1999 (Moniteur belge/Belgisch Staatsblad 23 giugno 1999, pag. 23670), disposizione nazionale che recepisce l’art. 3 bis della direttiva.

17     Secondo la Lidl, le pubblicità di cui trattasi sarebbero non oggettive, non verificabili ed ingannevoli. Quanto, da un lato, alla pubblicità relativa al livello generale dei prezzi, questa non indicherebbe né i prodotti oggetto di raffronto, né le loro quantità, né i loro prezzi. Calcolato in base ad un campionario scelto di prodotti venduti dalla Colruyt, detto livello generale dei prezzi sarebbe inoltre esteso, per estrapolazione, ad ogni assortimento di prodotti di detto operatore pubblicitario. Infine, la pubblicità in esame non differenzierebbe individualmente i vari concorrenti dell’operatore pubblicitario mediante un riferimento specifico al livello generale dei prezzi di ciascuno di essi, ma farebbe riferimento a detti concorrenti globalmente, ponendoli in modo impreciso in una forbice di livelli di prezzi. Quanto, d’altro lato, ai prodotti detti «BASIC», le pubblicità controverse non identificherebbero né i prodotti oggetto del raffronto né il loro prezzo.

18     In tali circostanze il Rechtbank van Koophandel te Brussel ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della [direttiva] debba essere interpretato nel senso che è illecito comparare il livello generale dei prezzi degli operatori pubblicitari con quello dei concorrenti, laddove venga effettuata un’estrapolazione della comparazione del prezzo di un certo numero di prodotti, in quanto, in tal modo, si crea l’impressione che l’operatore pubblicitario sia meno caro sull’intera gamma del suo assortimento, mentre la comparazione di cui trattasi riguarda unicamente un limitato numero di prodotti, a meno che la pubblicità non renda possibile individuare quanti e quali prodotti dell’operatore pubblicitario, da un lato, e dei concorrenti interessati dalla comparazione, dall’altro, siano raffrontati e a meno che essa non consenta di sapere in quale posizione si situino nell’ambito del risultato della comparazione i concorrenti in essa implicati, e quindi quali siano i loro prezzi rispetto a quelli dell’operatore pubblicitario e degli altri concorrenti interessati dalla comparazione.

2)      Se l’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva debba essere interpretato nel senso che la pubblicità comparativa è lecita unicamente laddove il raffronto riguardi singoli beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi, ad esclusione degli assortimenti di prodotti, anche qualora tali assortimenti nel loro complesso, e non necessariamente con riferimento a ciascun elemento, soddisfino gli stessi bisogni o si propongano gli stessi obiettivi.

3)      Se l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della [direttiva] debba essere interpretato nel senso che la pubblicità comparativa, in cui vengono raffrontati i prezzi dei prodotti o il livello generale dei prezzi di concorrenti, è obiettiva unicamente quando essa comporti l’elencazione dei prodotti e dei prezzi oggetto del raffronto dell’operatore pubblicitario e di tutti i concorrenti interessati dalla comparazione ed essa consenta di conoscere i prezzi applicati dall’operatore pubblicitario e dai suoi concorrenti, nel qual caso tutti i prodotti che sono interessati dal raffronto dovrebbero essere menzionati esplicitamente, con indicazione separata per fornitore.

4)      Se l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della [direttiva] debba essere interpretato nel senso che nella pubblicità comparativa una caratteristica risponde all’esigenza di verificabilità di cui a tale articolo solo qualora la veridicità di tale caratteristica possa essere verificata da coloro cui è rivolta la pubblicità, ovvero se sia sufficiente che essa sia verificabile da terzi cui la pubblicità non si rivolge.

5)      Se l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della [direttiva] debba essere interpretato nel senso che il prezzo di prodotti e il livello generale dei prezzi dei concorrenti costituiscono di per sé una caratteristica verificabile».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Considerazioni preliminari

19     In limine, occorre sottolineare, in primo luogo, che due sistemi distinti di pubblicità comparativa rilevano nella causa principale.

20     Nel primo caso, si tratta di comparare il livello generale dei prezzi praticati da catene di grandi magazzini concorrenti per quanto riguarda i loro assortimenti di prodotti comparabili e di ricavarne l’importo dei risparmi che possono essere realizzati su una base annuale dal consumatore a seconda che questi effettui quotidianamente i suoi acquisti di consumo corrente presso una piuttosto che l’altra di dette catene (in prosieguo: il «primo sistema di comparazione controverso»). Detto livello generale di prezzi è determinato mensilmente, poi annualmente, in base ad una rilevazione quotidiana dei singoli prezzi di un amplissimo campionario di prodotti di consumo corrente tanto identici (prodotti di marchi), quanto simili (prodotti privi di marchio o contrassegnati da un marchio proprio del distributore), venduti, da un lato, dall’operatore pubblicitario e, dall’altro, da ciascuno dei suoi concorrenti. Ai fini di tale determinazione i singoli prezzi dei prodotti così rilevati sono ponderati in funzione dei quantitativi rispettivi nei quali tali prodotti sono acquistati presso l’operatore pubblicitario.

21     Il secondo sistema di pubblicità si basa sull’affermazione secondo la quale tutti i prodotti dell’operatore pubblicitario contrassegnati da un’etichetta rossa recante la dicitura «BASIC» sono venduti da questi al prezzo più basso offerto sul territorio belga (in prosieguo: il «secondo sistema di comparazione controverso»). Tale assortimento di prodotti comprende, da un lato, prodotti di marchio, e, dall’altro, prodotti venduti senza marchio o col marchio proprio dell’operatore pubblicitario. La comparazione di prezzo riguarda, quanto alla prima categoria, esclusivamente prodotti di marchio identici venduti tanto dall’operatore pubblicitario quanto dal suo concorrente, e, quanto alla seconda categoria, prodotti di qualità comparabile venduti dall’operatore pubblicitario e dal suo concorrente.

22     In secondo luogo, va ricordato che, tenuto conto degli obiettivi della direttiva, in particolare del fatto che, come sottolinea il secondo ‘considerando’ della direttiva 97/55, la pubblicità comparativa contribuisce a mettere oggettivamente in evidenza i pregi dei vari prodotti comparabili e quindi a stimolare la concorrenza tra i fornitori di beni e di servizi nell’interesse dei consumatori, per giurisprudenza costante le condizioni imposte dalla pubblicità comparativa devono interpretarsi nel senso più favorevole a questa (sentenze 25 ottobre 2001, causa C-112/99, Toshiba Europe, Racc. pag. I‑7945, punti 36 e 37; nonché 8 aprile 2003, causa C‑44/01, Pippig Augenoptik, Racc. pag. I‑3095, punto 42; v. anche sentenza 23 febbraio 2006, causa C‑59/05, Siemens, Racc. pag. I‑2147, punti 22-24).

 Sull’ordine di esame delle questioni

23     Poiché la prima questione riguarda più specificamente la nozione di pubblicità ingannevole ed è esclusivamente posta in relazione al primo sistema di comparazione controverso, è opportuno esaminare innanzi tutto le altre quattro questioni che, di carattere più generale, attengono alle altre condizioni di liceità della pubblicità comparativa e concernono entrambi i sistemi di comparazione controversi.

 Sulla seconda questione

24     Con la seconda questione il giudice a quo mira in sostanza a stabilire se l’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva debba essere interpretato nel senso che una pubblicità comparativa avente ad oggetto collettivamente assortimenti di prodotti di consumo corrente venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti piuttosto che singoli prodotti venduti da questi possa rispondere alla condizione di «confrontare beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi» enunciata dalla detta disposizione.

25     Come risulta dal secondo ‘considerando’ della direttiva 97/55, l’armonizzazione delle condizioni dell’utilizzazione della pubblicità comparativa disposta dalla direttiva deve contribuire a mettere oggettivamente in evidenza i pregi dei «vari prodotti comparabili». A tenore del nono ‘considerando’ della stessa direttiva, tale esigenza di comparabilità dei prodotti mira in particolare ad evitare che la pubblicità comparativa sia utilizzata in modo sleale e negativo per la concorrenza.

26     L’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva precisa detta esigenza e subordina al riguardo la liceità della pubblicità comparativa alla condizione che i beni concorrenti oggetto di raffronto rispondano agli stessi bisogni o perseguano lo stesso obiettivo, vale a dire, che essi presentino un grado sufficiente di intercambiabilità per il consumatore.

27     Ne consegue, certo, che, per soddisfare quanto prescritto da tale disposizione, ogni pubblicità comparativa deve, nell’interesse tanto dei consumatori quanto dei concorrenti, basarsi, in ultima analisi, sulla comparazione di paia di prodotti che rispondano a tale esigenza di intercambiabilità.

28     Per contro, l’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva non può essere interpretato nel senso che esso esiga che qualsiasi messaggio pubblicitario comparativo si riferisca esclusivamente a tale paia di prodotti comparabili considerati separatamente, senza potere riguardare collettivamente due assortimenti composti di tali prodotti comparabili.

29     La Corte ha già sottolineato che la scelta del numero di confronti che l’operatore pubblicitario intende effettuare tra i prodotti che egli offre e quelli offerti dai suoi concorrenti rientra nell’esercizio della sua libertà economica (v. precitata sentenza Pippig Augenoptik, punto 81).

30     Nulla consente a priori di considerare che tale libertà non si estenda anche alla possibilità di procedere ad una comparazione avente ad oggetto tutto o parte dell’assortimento comparabile commercializzato da un operatore pubblicitario e dal suo concorrente.

31     Da un lato, il testo dell’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva non impone affatto un’interpretazione del genere.

32     D’altro lato, come si ricorda al punto 22 della presente sentenza, le condizioni imposte dalla pubblicità comparativa devono essere interpretate nel senso più favorevole ad essa.

33     Tenuto conto, in particolare, del fatto che la pubblicità comparativa contribuisce a incentivare la concorrenza fra i fornitori di beni e di servizi nell’interesse dei consumatori, il pregio che tale pubblicità costituisce per questi ultimi deve così essere preso necessariamente in considerazione nel valutare la condizione di comparabilità stabilita dall’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva (v., in senso analogo a proposito dell’art. 3 bis, n. 1, lett. g), della direttiva, sentenza Siemens, cit., punti 23 e 24).

34     Orbene, a questo proposito si deve ammettere, come ai paragrafi 35 e 36 delle sue conclusioni ha sottolineato l’avvocato generale, che la possibilità di procedere ad una comparazione raggruppata avente ad oggetto un assortimento di prodotti comparabili può consentire all’operatore pubblicitario di offrire al consumatore un’informazione pubblicitaria contenente dati aggregati e sintetici che può risultargli particolarmente pertinente.

35     Ciò vale in particolare in un settore come quello della grande distribuzione nel quale il consumatore effettua di regola acquisti molteplici, destinati a soddisfare i suoi bisogni di consumo corrente. Nella prospettiva di tali acquisti, un’informazione comparativa avente ad oggetto il livello generale dei prezzi praticati nelle catene di grandi magazzini o il livello dei prezzi praticati da questi per quanto concerne un determinato assortimento di prodotti che essi vendono può risultare più utile per il consumatore di un’informazione comparativa limitata ai prezzi di tale o di tal altro particolare prodotto. È questo del resto anche il motivo per cui associazioni di protezione dei consumatori svolgono regolarmente inchieste relative al livello generale dei prezzi praticati da tali magazzini.

36     Pertanto, si deve considerare che, purché gli assortimenti dei due concorrenti oggetto della comparazione si riferiscano, entrambi, a prodotti che, considerati singolarmente, soddisfano l’obbligo di comparabilità stabilito dall’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva, il che è compito del giudice a quo verificare, siffatti assortimenti possono essi stessi essere considerati come conformi a tale obbligo.

37     Ciò può valere in particolare in presenza di assortimenti composti da prodotti comparabili venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti e a proposito dei quali si afferma che i prodotti che compongono l’assortimento dell’operatore pubblicitario presentano la caratteristica comune di essere meno cari di quelli, comparabili, che compongono l’assortimento del suo concorrente. Siffatte paia di prodotti comparabili non cessano infatti di rispondere agli stessi bisogni o di perseguire lo stesso obiettivo solo perché esse costituiscono oggetto di una comparazione raggruppata sotto il profilo di tale caratteristica comparativa comune.

38     Si può del pari rispondere all’esigenza stabilita dall’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva quando è effettuata una comparazione del livello generale dei prezzi di tutti i beni di consumo corrente comparabili venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti al fine di ricavarne l’importo dei risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che effettui i suoi acquisti di tali beni presso una piuttosto che l’altra di dette catene. In tale caso, infatti, tanto le paia di prodotti comparabili venduti da dette catene concorrenti quanto l’insieme costituito da detti prodotti comparabili quando essi sono acquistati collettivamente nell’ambito di acquisti di consumo corrente possono soddisfare la condizione di rispondere agli stessi bisogni o di perseguire lo stesso obiettivo.

39     Alla luce di tutto quanto precede, si deve risolvere la seconda questione nel senso che la condizione di liceità della pubblicità comparativa stabilita dall’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che una pubblicità comparativa riguardi collettivamente assortimenti di prodotti di consumo corrente venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti, purché detti assortimenti siano costituiti, entrambi, da singoli prodotti che, considerati a paia, soddisfano individualmente l’obbligo di comparabilità stabilito da detta disposizione.

 Sulla terza questione

40     Con la terza questione il giudice a quo intende stabilire se l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva debba essere interpretato nel senso che il criterio, stabilito da tale disposizione, che la pubblicità «confronti obiettivamente» le caratteristiche dei beni considerati implica, in caso di raffronto dei prezzi di un assortimento di prodotti di consumo corrente venduti da catene di grandi magazzini o del livello generale dei prezzi praticati da questi ultimi per quanto concerne l’assortimento dei prodotti comparabili che esse vendono, che tutti i prodotti e prezzi oggetto del raffronto, vale a dire tanto quelli dell’operatore pubblicitario quanto quelli di tutti i suoi concorrenti interessati dal raffronto, costituiscano oggetto di un’elencazione espressa nel messaggio pubblicitario.

41     Come risulta dal secondo ‘considerando’ della direttiva 97/55, l’armonizzazione delle condizioni per l’uso della pubblicità comparativa disposta da quest’ultima deve in particolare contribuire a mettere «oggettivamente» in evidenza i pregi dei vari prodotti comparabili.

42     Dal canto suo, il settimo ‘considerando’ della stessa direttiva precisa che le condizioni di liceità della pubblicità devono includere criteri di confronto obiettivo delle caratteristiche dei beni e dei servizi.

43     Letto alla luce di questi due ‘considerando’, l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso enuncia due tipi di obblighi relativi all’obiettività del confronto.

44     Da un lato, e come risulta del settimo ‘considerando’ della direttiva 97/55, i criteri cumulativi dei caratteri essenziale, pertinente, verificabile e rappresentativo della caratteristica di un prodotto sotto il cui profilo si effettua il confronto, imposti da tale disposizione, contribuiscono a garantire che il detto confronto rivesta un carattere oggettivo. La terza questione pregiudiziale non riguarda tuttavia direttamente tali criteri, dal momento che quello della verificabilità, in particolare, costituisce oggetto della quarta e quinta questione.

45     D’altro lato, detto art. 3 bis, n. 1, lett. c), sottolinea espressamente, riecheggiando il secondo ‘considerando’ della direttiva 97/55, che le caratteristiche che soddisfano i quattro criteri summenzionati devono inoltre essere confrontate oggettivamente.

46     Come al paragrafo 44 delle sue conclusioni ha rilevato l’avvocato generale, quest’ultimo criterio mira in sostanza ad escludere i raffronti che dipenderebbero dalla valutazione soggettiva del loro autore, piuttosto che da una considerazione di carattere oggettivo.

47     Ne consegue che un obbligo di elencare espressamente nel messaggio pubblicitario i vari prodotti che compongono gli assortimenti oggetto di raffronto e i loro prezzi non può nel caso di specie imporsi in base a tale criterio. Infatti, dati quali il prezzo di un bene o il livello generale dei prezzi praticati da una catena di grandi magazzini per quanto concerne un assortimento di prodotti non sembra che possano costituire oggetto di una valutazione soggettiva, e l’esistenza o la mancanza dell’elencazione espressa dei prodotti e prezzi oggetto del raffronto non può, inoltre, esercitare un’influenza sul carattere oggettivo o soggettivo di quest’ultimo.

48     Occorre per di più sottolineare che, ai sensi dell’art. 2, punto 2 bis, della direttiva, la pubblicità comparativa è definita come qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente, di modo che una pubblicità può in particolare essere qualificata come comparativa ai sensi della direttiva quando i prodotti o servizi di un concorrente benché non esplicitamente designati in tale pubblicità si trovano implicitamente identificati da quest’ultima.

49     Inoltre, tenendo conto dei principi interpretativi ricordati al punto 22 della presente sentenza, va rilevato che in presenza di un messaggio pubblicitario riguardante, come fanno i due sistemi di raffronto controversi, un numero notevole di beni venduti da varie catene di grandi magazzini concorrenti, esigere che ciascuno dei prodotti oggetto di raffronto costituisca, in tutti i casi, oggetto di una menzione espressa in detto messaggio potrebbe inficiare la praticabilità stessa di tali sistemi di pubblicità.

50     La Lidl ha tuttavia fatto valere che la Corte aveva precedentemente affermato che un eventuale obbligo di circoscrivere ciascun confronto di prezzo ai prezzi medi dei prodotti offerti dall’operatore pubblicitario e dei prodotti concorrenti sarebbe in contrasto con gli obiettivi del legislatore comunitario, e che essa ha sottolineato al riguardo che, dovendo la pubblicità comparativa contribuire a mettere oggettivamente in evidenza i pregi dei vari prodotti comparabili, siffatta oggettività richiede che le persone destinatarie della pubblicità possano venire a conoscenza delle reali differenze di prezzo dei prodotti confrontati e non solamente della differenza media tra i prezzi praticati dall’operatore pubblicitario e quelli praticati dai concorrenti (precitata sentenza Pippig Augenoptik, punti 81 e 82).

51     Si deve precisare che con tale affermazione la Corte non ha affatto inteso escludere in generale qualsiasi possibilità di pubblicità comparativa avente ad oggetto il livello generale dei prezzi praticati da due concorrenti per quanto concerne il loro assortimento comparabile. Purché la differenza di livello generale dei prezzi fatta valere si basi su differenze reali di prezzi constatate fra prodotti comparabili e il criterio del raffronto così adottato soddisfi, in funzione del contesto nel quale rientra il messaggio pubblicitario, i vari criteri stabiliti dalla direttiva e, in particolare, dal suo art. 3 bis, n. 1, lett. c), tale sistema di pubblicità comparativa non può essere escluso.

52     A questo proposito, occorre infatti sottolineare, da un lato, che un raffronto volto a mettere in evidenza le differenze del livello generale dei prezzi praticati da due catene di grandi magazzini concorrenti per quanto concerne un assortimento di prodotti comparabili richiede necessariamente che un raffronto individuale dei prezzi reali dei prodotti comparabili venduti dai due concorrenti sia stato precedentemente effettuato.

53     D’altro lato, anche se è evidente che il criterio comparativo della differenza media dei prezzi praticati tra due concorrenti o quello del livello generale dei prezzi praticati da costoro appariranno privi di qualsiasi pertinenza in taluni contesti fattuali che, come quello della causa che è sfociata nella precitata sentenza Pippig Augenoptik, che riguardava una pubblicità per alcune paia di occhiali, riguardano un messaggio pubblicitario indirizzato a consumatori chiamati ad effettuare un acquisto unico in un negozio che vende soltanto una determinata categoria di prodotti, in altri contesti fattuali può valere un criterio del tutto diverso. Orbene, ciò può verificarsi appunto nel contesto proprio della causa in esame nel quale, come risulta dal punto 35 della presente sentenza, il livello generale dei prezzi può costituire un criterio di raffronto particolarmente pertinente.

54     Tenuto conto di quanto precede, si deve risolvere la terza questione come segue: l’obbligo che la pubblicità «confronti obiettivamente» le caratteristiche dei beni di cui trattasi, stabilito dall’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva deve essere interpretato nel senso che esso non implica, in caso di raffronto dei prezzi di un assortimento di prodotti di consumo corrente comparabili venduti da catene di grandi magazzini concorrenti o del livello generale dei prezzi praticati da questi ultimi per quanto concerne l’assortimento dei prodotti comparabili che esse vendono, che i prodotti e prezzi oggetto di raffronto, vale a dire tanto quelli dell’operatore pubblicitario quanto quelli di tutti i suoi concorrenti interessati dal raffronto, costituiscano oggetto di un’elencazione espressa ed esaustiva nel messaggio pubblicitario.

 Sulla quinta questione

55     Con la quinta questione, che va esaminata in terzo luogo, il giudice a quo intende stabilire se l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva debba essere interpretato nel senso che i prezzi dei prodotti, da un lato, e il livello generale dei prezzi praticati da catene di grandi magazzini per quanto concerne il loro assortimento di prodotti comparabili, dall’altro, costituiscono caratteristiche verificabili ai sensi di detta disposizione.

56     Per quanto riguarda i prezzi dei prodotti venduti da due concorrenti, quali, in particolare, quelli considerati dal secondo sistema di raffronto controverso, va constatato anzitutto che l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva conferma espressamente che i prezzi dei due beni possono far parte delle caratteristiche che sono al tempo stesso essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative e il cui confronto è pertanto in via di principio lecito, purché siano soddisfatte le altre condizioni cui la direttiva subordina la liceità della pubblicità comparativa. Dal canto suo, l’ottavo ‘considerando’ della direttiva 97/55 conferma del pari che il confronto del solo prezzo dei beni e dei servizi dev’essere possibile se tale confronto rispetta talune condizioni, in particolare se esso non è ingannevole.

57     Come la Corte ha precedentemente rilevato, il confronto tra offerte concorrenti, in particolare per quanto riguarda i prezzi, rientra del resto nella natura stessa della pubblicità comparativa (precitata sentenza Pippig Augenoptik, punto 80).

58     Da quanto precede risulta che il prezzo di un prodotto costituisce una caratteristica verificabile ai sensi dell’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva.

59     Tenuto conto, in particolare, del principio interpretativo ricordato al punto 22 della presente sentenza, nulla sembra peraltro opporsi a che lo stesso valga per il livello generale dei prezzi praticati da catene di grandi magazzini concorrenti per quanto concerne il loro assortimento comparabile di beni di consumo corrente e per l’importo dei risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che acquisti siffatti beni presso una piuttosto che l’altra di dette catene concorrenti.

60     Infatti, dal momento in cui si è tenuto conto dei prezzi dei prodotti comparabili specifici che compongono l’assortimento offerto da catene di grandi magazzini concorrenti al fine di determinare il livello generale dei prezzi praticati da queste per quanto concerne detto assortimento comparabile, tanto i singoli prezzi di ciascun prodotto specifico così preso in considerazione quanto il detto livello generale dei prezzi e l’importo dei risparmi cui può attendersi il consumatore che effettui i suoi acquisti di consumo corrente presso una piuttosto che l’altra di dette catene concorrenti, quanto, infine, la fondatezza dei sistemi di calcolo adottati a tal fine possono in via di principio costituire oggetto di verifiche.

61     Occorre tuttavia precisare che la verificabilità dei prezzi dei beni componenti un assortimento di prodotti o quella del livello generale dei prezzi praticati da una catena di grandi magazzini per il suo assortimento di beni comparabili implica necessariamente che i beni i cui prezzi sono stati così confrontati, anche se non è richiesto che essi siano elencati espressamente e esaustivamente nel messaggio pubblicitario indirizzato al consumatore come risulta dal punto 54 della presente sentenza, debbano tuttavia poter essere individualmente e concretamente individuati in base alle informazioni contenute in detto messaggio. Qualsiasi verificabilità dei prezzi dei beni è infatti necessariamente subordinata alla possibilità di individuare questi ultimi.

62     Tenuto conto di tutto quanto precede, si deve risolvere la quinta questione nel senso che l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva deve essere interpretato nel senso che costituiscono, ai sensi di detta disposizione, caratteristiche «verificabili» di beni venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti:

–       i prezzi di detti beni;

–       il livello generale dei prezzi rispettivamente praticati da tali catene di grandi magazzini per quanto concerne il loro assortimento di prodotti comparabili e l’importo dei risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che acquisti tali prodotti presso una piuttosto che l’altra di dette catene, purché i beni di cui trattasi costituiscano effettivamente parte dell’assortimento di prodotti comparabili in base ai quali detto livello generale dei prezzi è stato determinato.

 Sulla quarta questione

63     Con la quarta questione il giudice a quo intende stabilire se l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva debba essere interpretato nel senso che una caratteristica menzionata in una pubblicità comparativa risponde all’esigenza di verificabilità stabilita da tale disposizione soltanto a condizione che i destinatari di detta pubblicità siano essi stessi in grado di verificare l’esattezza di tale caratteristica.

64     A questo proposito, occorre rilevare, in primo luogo, che, se la detta disposizione esige, al fine di garantire l’oggettività della pubblicità comparativa, che le caratteristiche oggetto di raffronto da parte della pubblicità siano verificabili, vale a dire che esse possono essere dimostrate, essa non comporta, per contro, nessuna precisazione allo scopo di determinare in quali condizioni precise e da chi l’esattezza di dette caratteristiche deve poter essere verificata.

65     In secondo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla direttiva non consentono di considerare che la verifica dell’esattezza delle caratteristiche oggetto di raffronto dovrebbe essere accessibile più specificamente al consumatore che alle altre parti interessate, in particolare i concorrenti interessati dal raffronto.

66     Il settimo ‘considerando’ della direttiva 97/55 sottolinea al riguardo che lo stabilire le condizioni nelle quali la pubblicità comparativa è considerata come illecita, condizioni che devono in particolare includere criteri di confronto oggettivo delle caratteristiche dei beni e servizi, deve consentire di determinare le prassi in materia di pubblicità comparativa che possono comportare una distorsione della concorrenza, svantaggiare i concorrenti e aver un’incidenza negativa sulla scelta dei consumatori.

67     L’art. 4 della direttiva obbliga dal canto suo gli Stati membri a provvedere affinché vi siano mezzi adeguati ed efficaci per garantire l’osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità comparativa nell’interesse sia del consumatore che dei concorrenti e del pubblico in generale.

68     In terzo luogo, occorre rilevare che il penultimo ‘considerando’ della direttiva sottolinea che l’operatore pubblicitario dovrebbe essere in grado di provare adeguatamente l’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella sua pubblicità e che, in determinati casi, il tribunale o l’organo amministrativo gli può chiedere di fornire tale prova.

69     L’art. 6 della direttiva obbliga in particolare al riguardo gli Stati membri a conferire agli organi amministrativi o ai tribunali chiamati a far rispettare la direttiva il potere di esigere dall’operatore pubblicitario, quando le circostanze del caso di specie lo esigono e tenuto conto dei legittimi interessi dell’operatore pubblicitario e di qualsiasi altra parte nella procedura, che egli fornisca prove sull’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità e, «nel caso della pubblicità comparativa, di esigere che l’operatore pubblicitario fornisca tali elementi entro un periodo di tempo breve». La stessa disposizione richiede del pari che a tali organi amministrativi e a detti tribunali sia conferito il potere di considerare i dati di fatto come inesatti se le prove così richieste non sono state apportate o sono ritenute insufficienti.

70     Ne consegue che, anche se l’operatore pubblicitario deve essere in grado di provare, entro un periodo di tempo breve, l’esattezza materiale del confronto cui ha proceduto, la direttiva non gli richiede però che egli ponga tali prove a disposizione di qualsiasi interessato prima della formulazione del suo messaggio pubblicitario.

71     Tuttavia, la facoltà per il consumatore di ottenere dall’operatore pubblicitario, nel corso di un procedimento amministrativo o giudiziario, prove dell’esattezza materiale dei dati contenuti nella pubblicità non è tale da esimere il detto operatore, quando i prodotti e i prezzi oggetto di raffronto non sono elencati nel messaggio pubblicitario, dall’obbligo di indicare, in particolare all’indirizzo dei destinatari di tale messaggio, dove e come questi possono prendere agevolmente conoscenza degli elementi del raffronto, al fine di verificarne o farne verificare l’esattezza.

72     Siffatto obbligo è, infatti, tale da consentire, conformemente all’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva, che il destinatario di tale messaggio sia in grado di assicurarsi del fatto che egli è stato correttamente informato nella prospettiva degli acquisti di consumo corrente che deve effettuare.

73     Tale accessibilità agli elementi del raffronto non implica però che l’esattezza delle caratteristiche oggetto di raffronto debba in ogni caso poter essere verificata dal destinatario della pubblicità in persona. Al riguardo è sufficiente che gli elementi tali da consentire siffatta verifica siano accessibili al detto destinatario nelle condizioni enunciate al punto 71 della presente sentenza, di modo che egli stesso possa, di regola, procedere alla verifica voluta o, più eccezionalmente e se tale verifica richiede una competenza di cui non dispone, farvi procedere un terzo.

74     Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, la quarta questione va risolta come segue: l’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva deve essere interpretato nel senso che una caratteristica menzionata in una pubblicità comparativa risponde all’esigenza di verificabilità stabilita da tale disposizione, quando gli elementi di raffronto sui quali si basa la menzione di tale caratteristica non sono elencati nella detta pubblicità, soltanto se l’operatore pubblicitario indica, in particolare all’indirizzo dei destinatari di tale messaggio, dove e come questi possono prendere agevolmente conoscenza di tali elementi al fine di verificare o, se essi non dispongono della competenza richiesta al riguardo, di fare verificare l’esattezza di detti elementi nonché della caratteristica di cui trattasi.

 Sulla prima questione

75     Con la prima questione il giudice a quo mira in sostanza a stabilire se un messaggio pubblicitario contenente un confronto del livello generale dei prezzi praticati da una catena di grandi magazzini con quello praticato dalle catene concorrenti per quanto concerne il loro assortimento di prodotti comparabili e che menziona l’importo dei risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che effettui i suoi acquisti di beni di consumo corrente presso uno di essi debba essere qualificato come pubblicità ingannevole ai sensi dell’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva quando detto livello generale dei prezzi è determinato in base a una parte soltanto dei prodotti commercializzati dall’operatore pubblicitario, in quanto tale pubblicità darebbe necessariamente l’impressione al consumatore che detto operatore è meno caro sull’intera gamma del suo assortimento di prodotti. Detto organo giurisdizionale si chiede tuttavia se il fatto che la pubblicità consenta di determinare, tanto per l’operatore pubblicitario quanto per ciascuno dei suoi concorrenti, quali prodotti siano raffrontati e in quali quantità, ai fini della determinazione del livello generale dei prezzi praticati da ciascuno di essi, sia eventualmente in grado di preservare la detta pubblicità dal suo carattere ingannevole. Lo stesso organo giurisdizionale si chiede inoltre se occorra in quest’ultima prospettiva che la pubblicità indichi a quale livello generale dei prezzi si situi ciascuno dei vari concorrenti interessati dal raffronto tanto rispetto all’operatore pubblicitario quanto tra di loro.

76     L’art. 2, punto 2, della direttiva definisce pubblicità ingannevole qualsiasi pubblicità che, in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente.

77     Spetta ai giudici nazionali accertare, alla luce delle peculiarità di ciascun caso di specie, se, tenuto conto dei consumatori ai quali è rivolta, una pubblicità possa avere tale carattere ingannevole (v., in particolare, sentenza 16 gennaio 1992, causa C-373/90, X, Racc. pag. I-131, punti 15 e 16).

78     A questo proposito, i detti organi giurisdizionali devono, da un lato, prendere in considerazione la percezione del consumatore medio dei prodotti o servizi oggetto della pubblicità di cui trattasi, di regola informato e ragionevolmente attento e avveduto (v. sentenze X, precitata, punti 15 e 16; 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I-4657, punto 31; 13 gennaio 2000, causa C-220/98, Estée Lauder, Racc. pag. I-117, punto 27; 24 ottobre 2002, causa C-99/01, Linhart e Biffl, Racc. pag. I-9375, punto 31, e Pippig Augenoptik, precitata, punto 55). Nel caso di specie, i due sistemi pubblicitari controversi si rivolgono non a un pubblico specializzato, ma al consumatore finale che effettui i suoi acquisti di consumo corrente in una catena di grandi magazzini.

79     Per effettuare la valutazione richiesta i giudici nazionali devono, d’altro canto, tener conto di tutti gli elementi pertinenti della causa (precitata sentenza Estée Lauder, punti 27 e 30), considerando, come risulta dall’art. 3 della direttiva, le indicazioni contenute nella pubblicità e, più in generale, tutti gli elementi di questa.

80     La Corte ha così in particolare affermato che un’omissione poteva conferire un carattere ingannevole ad una pubblicità, in particolare quando, tenuto conto dei consumatori cui è rivolta, siffatta pubblicità mira a nascondere una circostanza che, se fosse stata nota, avrebbe avuto l’effetto di indurre un numero significativo di consumatori a rinunciare alla loro decisione di acquisto (precitata sentenza X, punto 15).

81     Per quanto riguarda, più in particolare, il confronto dei prezzi, l’ottavo ‘considerando’ della direttiva 97/55 sottolinea che il confronto del solo prezzo dei beni e servizi dovrebbe essere possibile se tale confronto rispetta determinate condizioni, in particolare quella di non essere ingannevole.

82     Su tale punto, la Corte ha già così dovuto precisare che una pubblicità relativa al prezzo meno elevato dei veicoli oggetto di importazioni parallele può essere qualificata ingannevole solo nell’ipotesi in cui fosse assodato che un numero significativo di consumatori ai quali è rivolta ha deciso l’acquisto dei veicoli ignorando che la riduzione di prezzo si accompagna a una riduzione del numero di accessori per i veicoli venduti dall’importatore parallelo (precitata sentenza X, punto 16).

83     Analogamente, una pubblicità comparativa relativa al livello generale dei prezzi praticati da catene di grandi magazzini concorrenti per quanto concerne il loro assortimento comparabile e all’importo dei risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che effettui i suoi acquisti di beni di consumo corrente presso una di dette catene piuttosto che l’altra dovrebbe, ad esempio, essere qualificata come ingannevole se è assodato, tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, che la decisione di acquisto di un numero significativo di consumatori cui si rivolge tale pubblicità è adottata nell’erronea convinzione che tutti i prodotti dell’operatore pubblicitario sono stati presi in considerazione per calcolare il livello generale dei prezzi e l’importo dei risparmi vantati dalla pubblicità. Lo stesso deve valere se è assodato che tale decisione è adottata nell’erronea convinzione che a tale importo di risparmi il consumatore perverrà quali che siano la natura e i quantitativi di prodotti che egli acquista presso l’operatore pubblicitario, o anche, ad esempio, nella convinzione che tutti i prodotti di detto operatore senza eccezione sono meno cari di quelli dei suoi concorrenti.

84     Siffatta pubblicità rivestirà del pari un carattere ingannevole se è provato che il riferimento collettivo che essa comporta ad una forbice di risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che effettui i suoi acquisti di consumo corrente presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso catene di grandi magazzini concorrenti e la mancanza di individualizzazione del livello generale dei prezzi praticati da ciascuna di queste catene concorrenti dell’operatore pubblicitario e dell’importo dei risparmi che possono essere realizzati rispetto a ciascuna di esse sono tali da indurre un numero significativo di persone cui tale pubblicità si indirizza in errore quanto all’importo dei risparmi reali che possono essere realizzati facendo i propri acquisti di consumo corrente presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso tale o tal altro concorrente determinato e da pregiudicare, in tale misura, il comportamento economico di questi.

85     In tali circostanze, si deve risolvere la prima questione nel senso che l’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva dev’essere interpretato come segue: una pubblicità comparativa che vanti il livello generale dei prezzi più basso dell’operatore pubblicitario rispetto ai suoi principali concorrenti mentre il raffronto ha avuto ad oggetto un campione di prodotti può rivestire un carattere ingannevole quando il messaggio pubblicitario:

–       non evidenzia che il raffronto ha avuto ad oggetto soltanto un tale campionario e non l’insieme dei prodotti dell’operatore pubblicitario;

–       non individua gli elementi del raffronto avvenuto o non informa il destinatario sulla fonte di informazione presso la quale tale individuazione è accessibile, o

–       comporta un riferimento collettivo ad una forbice di risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che effettui i suoi acquisti presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso i suoi concorrenti senza individualizzare il livello generale dei prezzi praticati, rispettivamente, da ciascuno dei detti concorrenti e l’importo dei risparmi che possono essere realizzati effettuando i propri acquisti presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso ciascuno di essi.

86     È compito del giudice a quo verificare se i messaggi pubblicitari di cui trattasi nella causa principale presentino siffatte caratteristiche.

 Sulle spese

87     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      La condizione di liceità della pubblicità comparativa stabilita dall’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984, 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997, 97/55/CE, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che una pubblicità comparativa riguardi collettivamente assortimenti di prodotti di consumo corrente venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti, purché detti assortimenti siano costituiti, entrambi, da singoli prodotti, che, considerati per paia, soddisfano individualmente l’obbligo di comparabilità stabilito da detta disposizione.

2)      L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, come modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo che la pubblicità «confronti obiettivamente» le caratteristiche dei beni di cui trattasi stabilito da tale disposizione non implica, in caso di raffronto dei prezzi di un assortimento di prodotti di consumo corrente comparabili venduti da catene di grandi magazzini concorrenti o del livello generale dei prezzi praticati da questi ultimi per quanto concerne l’assortimento dei prodotti comparabili che esse vendono, che i prodotti e prezzi oggetto di raffronto, vale a dire tanto quelli dell’operatore pubblicitario quanto quelli di tutti i suoi concorrenti interessati dal raffronto, costituiscano oggetto di un’elencazione espressa e esaustiva nel messaggio pubblicitario.

3)      L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, come modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che costituiscono, ai sensi di detta disposizione, caratteristiche «verificabili» di beni venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti:

–       i prezzi di detti beni;

–       il livello generale dei prezzi rispettivamente praticati da tali catene di grandi magazzini per quanto concerne il loro assortimento di prodotti comparabili e l’importo dei risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che acquisti tali prodotti presso una piuttosto che l’altra di dette catene, purché i beni di cui trattasi costituiscano effettivamente parte dell’assortimento di prodotti comparabili in base ai quali detto livello generale dei prezzi è stato determinato.

4)      L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, come modificata dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che una caratteristica menzionata in una pubblicità comparativa risponde all’esigenza di verificabilità stabilita da tale disposizione, quando gli elementi di raffronto sui quali si basa la menzione di tale caratteristica non sono elencati in tale pubblicità, soltanto se l’operatore pubblicitario indica, in particolare all’indirizzo dei destinatari di tale messaggio, dove e come questi possono prendere agevolmente conoscenza di tali elementi al fine di verificare o, se essi non dispongono della competenza richiesta al riguardo, di far verificare l’esattezza di detti elementi nonché della caratteristica di cui trattasi.

5)      L’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva 84/450, come modificata dalla direttiva 97/55, dev’essere interpretato nel senso che una pubblicità comparativa che vanti il livello generale dei prezzi più basso dell’operatore pubblicitario rispetto ai suoi principali concorrenti mentre il raffronto ha avuto ad oggetto un campione di prodotti può rivestire un carattere ingannevole quando il messaggio pubblicitario:

–       non evidenzia che il raffronto ha avuto ad oggetto soltanto un tale campionario e non l’insieme dei prodotti dell’operatore pubblicitario;

–       non individua gli elementi del raffronto avvenuto o non informa il destinatario sulla fonte di informazione presso la quale tale individuazione è accessibile, o

–       comporta un riferimento collettivo ad una forbice di risparmi che possono essere realizzati dal consumatore che effettui i suoi acquisti presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso i suoi concorrenti senza individualizzare il livello generale dei prezzi praticati, rispettivamente, da ciascuno dei detti concorrenti e l’importo dei risparmi che possono essere realizzati effettuando i propri acquisti presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso ciascuno di essi.

Firme


* Lingua processuale: l'olandese.