SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

5 novembre 2014 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Visti, asilo, immigrazione e altre politiche legate alla libera circolazione delle persone — Direttiva 2008/115/CE — Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare — Procedimento di adozione di una decisione di rimpatrio — Principio del rispetto dei diritti della difesa — Diritto di un cittadino di un paese terzo in condizione di irregolarità di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione che può ledere i suoi interessi — Diniego dell’amministrazione, accompagnato dall’obbligo di lasciare il territorio, di rilasciare a un tale cittadino un permesso di soggiorno per motivi di asilo — Diritto di essere ascoltati prima che sia emessa la decisione di rimpatrio»

Nella causa C‑166/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal tribunal administratif de Melun (Francia), con decisione dell’8 marzo 2013, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2013, nel procedimento

Sophie Mukarubega

contro

Préfet de police,

Préfet de la Seine-Saint-Denis,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, A. Rosas (relatore), E. Juhász, D. Šváby, C. Vajda, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 maggio 2014,

considerate le osservazioni presentate:

per S. Mukarubega, da B. Vinay, avocat;

per il governo francese, da G. de Bergues, D. Colas, F.‑X. Bréchot e B. Beaupère‑Manokha, in qualità di agenti;

per il governo ellenico, da M. Michelogiannaki e L. Kotroni, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da J. Langer e M. Bulterman, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. Condou‑Durande e D. Maidani, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 giugno 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348, pag. 98), nonché del diritto al contraddittorio in tutti i procedimenti.

2

Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede opposta la sig.ra Mukarubega, cittadina ruandese, al prefetto di polizia e al prefetto della Seine‑Saint‑Denis, relativamente ad alcune decisioni di rigetto della sua domanda di permesso di soggiorno in qualità di rifugiato e recanti l’obbligo di lasciare il territorio francese.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

I considerando 4, 6 e 24 della direttiva 2008/115 sono così formulati:

«(4)

Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d’immigrazione correttamente gestita.

(...)

(6)

È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei principi generali del diritto dell’Unione europea, le decisioni ai sensi della presente direttiva dovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare (...)

(...)

(24)

La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la “Carta”]».

4

L’articolo 1 di detta direttiva, rubricato «Oggetto», prevede quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

5

L’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva così dispone:

«La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare».

6

Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/115, rubricato «Definizioni»:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

2)

“soggiorno irregolare”: la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso (...) di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;

(...)

4)

“decisione di rimpatrio”: decisione o atto amministrativo o giudiziario che attesti o dichiari l’irregolarità del soggiorno di un cittadino di paesi terzi e imponga o attesti l’obbligo di rimpatrio;

5)

“allontanamento”: l’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio, vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro;

(...)

7)

“rischio di fuga”: la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un cittadino di un paese terzo oggetto di una procedura di rimpatrio possa tentare la fuga;

(...)».

7

L’articolo 6 di detta direttiva, rubricato «Decisione di rimpatrio», stabilisce quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

(...)

4.   In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.

(...)

6.   La presente direttiva non osta a che gli Stati membri decidano di porre fine al soggiorno regolare e dispongano contestualmente il rimpatrio e/o l’allontanamento e/o il divieto d’ingresso in un’unica decisione o atto amministrativo o giudiziario in conformità della legislazione nazionale, fatte salve le garanzie procedurali previste dal capo III e da altre pertinenti disposizioni del diritto comunitario e nazionale».

8

L’articolo 7 della medesima direttiva, rubricato «Partenza volontaria» così dispone:

«1.   La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di durata compresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4.

(...)

4.   Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni».

9

L’articolo 12 della direttiva 2008/115, rubricato «Forma» così prevede al paragrafo 1, prima frase:

«Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto e contengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili».

10

L’articolo 13 di detta direttiva, rubricato «Mezzi di ricorso» ai paragrafi 1 e 3 prevede quanto segue:

«1.   Al cittadino di un paese terzo interessato sono concessi mezzi di ricorso effettivo avverso le decisioni connesse al rimpatrio di cui all’articolo 12, paragrafo 1, o per chiederne la revisione dinanzi ad un’autorità giudiziaria o amministrativa competente o a un organo competente composto da membri imparziali che offrono garanzie di indipendenza.

(...)

3.   Il cittadino di un paese terzo interessato ha la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e, ove necessario, di avvalersi di un’assistenza linguistica».

Il diritto francese

11

Ai termini dell’articolo L. 511‑1 del code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (codice disciplinante l’ingresso e il soggiorno degli stranieri e il diritto d’asilo), come modificato dalla legge n. 2011‑672, del 16 giugno 2011, sull’immigrazione, integrazione e nazionalità (JORF del 17 giugno 2011, pag. 10290; in prosieguo: il «Ceseda»):

«I.

L’autorità amministrativa può obbligare a lasciare il territorio francese uno straniero che non sia cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea, (...) e che non sia un familiare di tale cittadino ai sensi dei paragrafi 4 e 5 dell’articolo L. 121‑1, nei seguenti casi:

(...)

qualora il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno sia stato respinto all’estero oppure qualora sia stato revocato il permesso di soggiorno già rilasciato;

(...)

qualora la ricevuta della domanda della carta di soggiorno o il permesso di soggiorno provvisorio rilasciato all’estero gli siano stati ritirati oppure gli sia stato negato il rinnovo di questi documenti.

La decisione che stabilisce l’obbligo di lasciare il territorio francese deve essere motivata.

Essa non deve essere oggetto di una motivazione distinta rispetto a quella della decisione relativa al soggiorno nei casi previsti ai paragrafi 3 e 5 del presente capo I, fatta salva, all’occorrenza, l’indicazione dei motivi per cui si applicano i capi II e III.

L’obbligo di lasciare il territorio francese stabilisce il paese verso il quale lo straniero può essere inviato.

II.

Per soddisfare l’obbligo imposto di lasciare il territorio francese, lo straniero dispone di un termine di trenta giorni a decorrere dalla relativa notifica e, a tal fine, può richiedere un provvedimento che agevoli il rientro nel proprio paese di origine. Considerata la situazione personale dello straniero, in via eccezionale l’autorità amministrativa può concedere un periodo per la partenza volontaria superiore a trenta giorni.

Tuttavia, con decisione motivata, l’autorità amministrativa può decidere che lo straniero sia obbligato a lasciare il territorio francese senza indugio:

(...)

qualora esista il rischio che lo straniero si sottragga a tale obbligo. Tale rischio si ritiene dimostrato, salvo circostanze particolari, nei seguenti casi:

(...)

d)

qualora lo straniero si sia sottratto all’esecuzione di una precedente misura di allontanamento;

e)

qualora lo straniero abbia contraffatto, falsificato o indicato un nome diverso dal proprio su un permesso di soggiorno oppure su un documento di identità o di viaggio;

(...)

L’autorità amministrativa può applicare il secondo comma del presente capo II quando la motivazione emerge nel corso del termine concesso in applicazione del primo comma.

(...)».

12

L’articolo L. 512‑1 del Ceseda così dispone:

«I.

Lo straniero sottoposto all’obbligo di lasciare il territorio francese e a cui è stato concesso il periodo per la partenza volontaria di al primo comma del punto II dell’articolo L. 511‑1, entro [30] giorni successivi alla notifica, può chiedere al tribunale amministrativo può chiedere l’annullamento di tale decisione, così come l’annullamento della decisione relativa al soggiorno, della decisione che indica il paese di destinazione e della decisione che vieta di tornare nel territorio francese eventualmente allegate. Lo straniero sottoposto al divieto di rimpatrio di cui al terzo comma del punto II del medesimo articolo L. 511‑1, entro trenta giorni dalla notifica, può chiedere l’annullamento di tale decisione.

Lo straniero può chiedere di usufruire del gratuito patrocinio al più tardi al momento in cui presenta la sua domanda di annullamento. Il tribunale amministrativo emette la decisione entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui è adito.

Tuttavia, se lo straniero è trattenuto in applicazione dell’articolo L. 551‑1 (...), si decide secondo la procedura e entro il termine di cui al punto III del presente articolo.

II.

Lo straniero sottoposto a un obbligo di lasciare il territorio senza indugio può, entro le [48] ore successive alla relativa notifica per via amministrativa, chiedere al presidente del tribunale amministrativo l’annullamento di tale decisione, così come l’annullamento della decisione relativa al soggiorno, della decisione che nega un termine per la partenza volontaria, della decisione che indica il paese di destinazione e della decisione che vieta di rientrare nel territorio francese eventualmente allegate.

Su tale ricorso si decide secondo la procedura ed entro il termine di cui al punto I.

Tuttavia, se lo straniero è trattenuto in applicazione dell’articolo L. 551‑1 (...), si decide secondo la procedura ed entro il termine di cui al punto III del presente articolo.

III.

In caso di decisione che ordina il trattenimento (...), lo straniero può chiedere al presidente del tribunale amministrativo l’annullamento di tale decisione entro le [48] successive alla relativa notifica. Quando lo straniero è sottoposto a un obbligo di lasciare territorio francese, il medesimo ricorso di annullamento può essere diretto anche contro l’obbligo di lasciare il territorio francese e contro la decisione che nega un termine per la partenza volontaria, la decisione che indica il paese di destinazione e la decisione che vieta di rientrare nel territorio francese eventualmente allegate, qualora tali decisioni siano notificate assieme alla decisione che ordina il trattenimento o d’assegnazione. (...)

(...)».

13

L’articolo L. 512‑3 del Ceseda prevede quanto segue:

«Gli articoli L. 551‑1 e L. 561‑2 si applicano allo straniero sottoposto all’obbligo di lasciare il territorio francese a decorrere dalla scadenza del termine per la partenza volontaria accordatogli o, se non è stato accordato alcun termine, a decorrere dalla notifica dell’obbligo di lasciare il territorio francese.

L’obbligo di lasciare il territorio francese non può essere oggetto di esecuzione d’ufficio prima della scadenza del periodo per la partenza volontaria, né, in mancanza di detto termine, prima della scadenza di un termine di quarantotto ore successive alla notifica in via amministrativa, né prima della decisione del tribunale amministrativo, ove quest’ultimo sia stato chiamato a pronunciarsi al riguardo. Lo straniero ne è informato tramite la notifica scritta dell’obbligo di lasciare il territorio francese».

14

L’articolo L. 742‑7 del Ceseda così dispone:

«Lo straniero a cui sia stato definitivamente negato il riconoscimento dello status di rifugiato o il beneficio della protezione sussidiaria e che non possa essere autorizzato a soggiornare nel territorio ad altro titolo deve lasciare il territorio francese, pena l’adozione nei suoi confronti di un provvedimento di allontanamento ai sensi del titolo I del libro V ed, eventualmente, l’applicazione delle pene di cui al capo I del titolo II del libro VI».

15

L’articolo 24 della legge n. 2000‑321, del 12 aprile 2000, sui diritti dei cittadini nei loro rapporti con le amministrazioni (JORF del 13 aprile 2000, pag. 5646) così dispone:

«Salvo il caso in cui si provveda su una domanda, le decisioni individuali che debbono essere motivate a norma degli articoli 1 e 2 della legge n. 79‑587 dell’11 luglio 1979, relativa alla motivazione degli atti amministrativi ed al miglioramento dei rapporti tra l’amministrazione e il pubblico, vengono emesse soltanto dopo che il soggetto interessato sia stato posto in condizione di presentare osservazioni scritte ed eventualmente, ove egli ne faccia richiesta, orali. Tale interessato può farsi assistere da un consulente ovvero farsi rappresentare da un mandatario di sua scelta. L’autorità amministrativa non è tenuta a soddisfare le richieste di audizione temerarie a motivo, in particolare, del loro numero ovvero della loro ripetitività o sistematicità.

Le disposizioni del comma precedente non sono applicabili:

(...)

alle decisioni per le quali sia stato istituito, con norme di legge, uno speciale procedimento in contraddittorio».

16

Secondo la decisione di rinvio, il Conseil d’État ha considerato, in un parere sul contenzioso del 19 ottobre 2007, che, conformemente all’articolo 24, punto 3, della legge n. 2000‑321, del 12 aprile 2000, relativa ai diritti dei cittadini nei loro rapporti con le amministrazioni, l’articolo 24 di tale legge non si applica alle decisioni che comportano l’obbligo di lasciare il territorio francese, in quanto il legislatore, prevedendo nel Ceseda garanzie procedurali specifiche, ha inteso determinare il complesso delle norme di procedura amministrativa e contenziosa cui sono soggetti l’intervento e l’esecuzione di dette decisioni.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

La sig.ra Mukarubega, cittadina ruandese nata il 12 marzo 1986, è entrata in Francia il 10 settembre 2009 munita del proprio passaporto con visto.

18

Ella ha presentato domanda di ammissione al soggiorno in Francia per motivi di asilo. Durante il periodo di esame della domanda, la sig.ra Mukarubega ha beneficiato di un permesso di soggiorno temporaneo, regolarmente rinnovato.

19

Con decisione del 21 marzo 2011 emessa dopo l’audizione dell’interessata, il direttore dell’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi; in prosieguo: l’«OFPRA») ha respinto la domanda d’asilo.

20

La sig.ra Mukarubega ha proposto ricorso contro tale decisione dinanzi alla Cour nationale du droit d’asile (Corte nazionale per il diritto d’asilo; in prosieguo: la «CNDA»). All’udienza tenutasi dinanzi a tale giudice, la sig.ra Mukarubega, assistita da un avvocato, è stata ascoltata con l’ausilio di un interprete.

21

Con decisione del 30 agosto 2012, notificata alla sig.ra Mukarubega il successivo 10 settembre, la CNDA ha respinto tale ricorso.

22

Tenuto conto delle decisioni emesse dall’OFPRA e dalla CNDA, il prefetto di polizia, con decreto del 26 ottobre 2012, ha negato il rilascio alla sig.ra Mukarubega del permesso di soggiorno come rifugiata e ha adottato una decisione che le intimava di lasciare il territorio francese assegnandole un periodo per la partenza volontaria di 30 giorni ed indicando il Ruanda come paese di destinazione verso cui la sig.ra Mukarubega poteva essere allontanata.

23

La sig.ra Mukarubega ha continuato tuttavia a soggiornare irregolarmente nel territorio francese.

24

All’inizio di marzo 2013, ha tentato di andare in Canada, sotto falsa identità utilizzando un passaporto belga illegalmente ottenuto. È quindi stata fermata dai servizi di polizia e posta in stato di fermo il 4 marzo 2013, per «uso fraudolento di un documento amministrativo», reato punito dagli articoli 441‑2 e 441‑3 del codice penale.

25

Nel corso di tale fermo di polizia, avvenuto il 4 marzo dalle ore 12:15 alle ore 18:45, la sig.ra Mukarubega è stata ascoltata sulla sua situazione personale e familiare, sul suo percorso, sulla sua domanda di soggiorno in Francia e sul suo eventuale rimpatrio in Ruanda.

26

Con decreto del 5 marzo 2013, il prefetto della Seine‑Saint‑Denis, constatando che la sig.ra Mukarubega soggiornava irregolarmente nel territorio francese, ha adottato nei suoi confronti una decisione comportante l’obbligo di lasciare il territorio francese, senza accordarle un termine per la partenza volontaria perché sussisteva un rischio di fuga. Lo stesso giorno, alla sig.ra Mukarubega è stato detto che poteva proporre ricorso sospensivo contro tale decisione.

27

Con un altro decreto del 5 marzo 2013, il prefetto della Seine‑Saint‑Denis, constatando che la sig.ra Mukarubega non era in grado di lasciare immediatamente il territorio francese non essendoci mezzi di trasporto disponibili, che la stessa non forniva sufficienti garanzie non avendo un documento d’identità o titolo di viaggio validi e non disponendo di un indirizzo stabile, che rischiava di sottrarsi alla misura di allontanamento cui era stata sottoposta, ha ritenuto che non potevano esserle assegnati gli arresti domiciliari e ha disposto che fosse trattenuta in dei locali non facenti parte dell’amministrazione penitenziaria per cinque giorni, il tempo strettamente necessario alla sua partenza.

28

La sig.ra Mukarubega è quindi stata messa in un centro di permanenza temporanea.

29

Con ricorsi del 6 marzo 2013, la sig.ra Mukarubega ha chiesto l’annullamento del decreto del 26 ottobre 2012 e dei due decreti del 5 marzo 2013 così come il rilascio di un’autorizzazione di soggiorno provvisoria e il riesame della sua situazione.

30

A sostegno dei ricorsi, la sig.ra Mukarubega deduce, in primo luogo, che il decreto del 5 marzo 2013 che dispone il trattenimento sarebbe privo di base legale perché le sarebbe stato notificato prima del decreto dello stesso giorno, recante l’obbligo di lasciare il territorio francese, che ne era il fondamento.

31

La sig.ra Mukarubega deduce, in secondo luogo, che le decisioni del 26 ottobre 2012 e del 5 marzo 2013 recanti l’ordine di lasciare il territorio sarebbero state adottate senza tener conto del principio di buona amministrazione enunciato all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta perché non sarebbe stata posta in condizione di presentare le sue osservazioni prima che tali decisioni fossero adottate. La natura sospensiva del ricorso di annullamento proposto contro dette decisioni non può essere considerato come dispensante le autorità competenti dall’agire secondo il principio di buona amministrazione.

32

Con la decisione dell’8 marzo 2013, il tribunal administratif de Melun ha annullato il decreto del 5 marzo 2013 recante l’ordine di trattenimento della sig.ra Mukarubega per mancanza di base giuridica.

33

Per quanto riguarda le sentenze del 26 ottobre 2012 e del 5 marzo 2013 recanti l’obbligo di lasciare il territorio francese, il tribunal administratif de Melun formula le seguenti osservazioni.

34

Secondo tale giudice, questi due decreti sono «decisioni di rimpatrio» ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/115. In forza dell’articolo L. 511‑1 del Ceseda, come dell’articolo 6, paragrafo 6, di tale direttiva, lo straniero che ha depositato una domanda di permesso di soggiorno può essere soggetto, contemporaneamente al diniego di tale permesso e ad un’ingiunzione di lasciare il territorio. Secondo tale giudice, ciò premesso, l’interessato avrà avuto la possibilità di far valere dinanzi all’amministrazione qualsiasi elemento relativo alla propria situazione personale nel corso del procedimento. Tuttavia, esso osserva che la decisione di diniego del permesso di soggiorno può intervenire, senza previa comunicazione all’interessato e dopo il decorso di un lungo periodo di tempo dal deposito della domanda cosicché la situazione personale dello straniero potrebbe essere mutata dopo tale deposito.

35

Lo stesso giudice aggiunge che, secondo l’articolo 7, paragrafo 4, di detta direttiva, qualora sussista il pericolo di fuga, gli Stati membri, possono non accordare un termine per la partenza volontaria e che, ai sensi dell’articolo L. 512‑3 del Ceseda, «l’obbligo di lasciare il territorio francese non può essere oggetto di esecuzione d’ufficio, prima della scadenza del periodo per la partenza volontaria, né, in mancanza di detto termine, prima della scadenza di un termine di [48] ore successive alla notifica in via amministrativa, né prima della decisione del tribunale amministrativo, ove quest’ultimo sia stato chiamato a pronunciarsi al riguardo».

36

Da tali disposizioni deriverebbe che uno straniero irregolare sottoposto all’obbligo di lasciare il territorio può adire il giudice amministrativo per eccesso di potere, e la presentazione del ricorso avrà l’effetto di sospendere l’esecutorietà della misura di allontanamento.

37

Alla luce di quanto sopra, il tribunal administratif de Melun ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:

«1)

Se il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, il quale costituisce parte integrante del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa ed è peraltro sancito dall’articolo 41 della [Carta], debba essere interpretato nel senso di imporre all’amministrazione, allorché questa prevede di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un cittadino straniero irregolare, che la decisione di rimpatrio sia o meno successiva al diniego di permesso di soggiorno e, in particolare nel caso in cui sussista un rischio di fuga, di porre l’interessato in condizione di illustrare le sue osservazioni.

2)

Se il carattere sospensivo del procedimento contenzioso dinanzi al giudice amministrativo consenta di derogare al carattere preliminare della possibilità per un cittadino straniero irregolare di far conoscere il suo punto di vista in merito alla misura pregiudizievole di allontanamento che lo riguarda».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

38

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, come applicato nell’ambito della direttiva 2008/115 e in particolare dell’articolo 6 della stessa, debba essere interpretato nel senso che osta a che un’autorità nazionale non ascolti il cittadino di un paese terzo specificamente in merito a una decisione di rimpatrio allorché, dopo aver constatato l’irregolarità del suo soggiorno nel territorio nazionale in esito a una procedura nel corso della quale detto cittadino è stato ascoltato, intenda adottare nei suoi confronti una decisione di tale tipo, a prescindere dal fatto che tale decisione di rimpatrio sia successiva o no a un diniego del permesso di soggiorno.

39

In via preliminare, si deve ricordare che, come enuncia il considerando 2, la direttiva 2008/115 persegue l’attuazione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone interessate siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità. Come si apprende tanto dal suo titolo quanto dall’articolo 1, la direttiva 2008/115 stabilisce a tal fine le «norme e procedure comuni» che devono essere applicate da ogni Stato membro al rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare (v. sentenze El Dridi, C‑61/11 PPU, EU:C:2011:268, punti 31 e 32; Arslan, C‑534/11, EU:C:2013:343, punto 42, nonché Pham, C‑474/13, EU:C:2014:2096, punto 20).

40

Al capo III, rubricato «Garanzie procedurali», la direttiva 2008/115 fissa i requisiti di forma richiesti per l’adozione delle decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d’ingresso e le decisioni di allontanamento, che devono essere adottate in forma scritta e motivate, e impone agli Stati membri di predisporre mezzi di ricorso effettivi contro tali decisioni (v., per quanto attiene alle decisioni di allontanamento, sentenza G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 29).

41

Tuttavia, è giocoforza constatare che il legislatore della direttiva 2008/115, mentre ha disciplinato dettagliatamente le garanzie dei cittadini di paesi terzi interessati per quanto riguarda sia il provvedimento di allontanamento che quello relativo al loro trattenimento, non ha precisato se e a quali condizioni debba essere garantito il rispetto del diritto di tali cittadini di essere sentiti né quali conseguenze debbano trarsi dalla violazione di tale diritto (v., in tal senso, sentenza G. e R., EU:C:2013:533, punto 31).

42

Secondo una costante giurisprudenza della Corte, il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione di cui il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento costituisce parte integrante (sentenze Sopropé, C‑349/07, EU:C:2008:746, punti 33 e 36; M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 81 e 82, nonché Kamino International Logistics, C‑129/13, EU:C:2014:2041, punto 28).

43

Il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è attualmente sancito non solo negli articoli 47 e 48 della Carta, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, bensì anche nell’articolo 41 di quest’ultima, il quale garantisce il diritto ad una buona amministrazione. Il paragrafo 2 del citato articolo 41 prevede che tale diritto a una buona amministrazione comporti, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo (sentenze M., EU:C:2012:744, punti 82 e 83, nonché Kamino International Logistics, EU:C:2014:2041, punto 29).

44

Come la Corte ha ricordato al punto 67 della sentenza YS e a. (C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081), dal tenore letterale dell’articolo 41 della Carta emerge chiaramente che esso si rivolge unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione, e non agli Stati membri (v., in tal senso, sentenza Cicala, C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 28). Pertanto, il richiedente un titolo di soggiorno non può trarre dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta un diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento relativo alla sua domanda.

45

Un siffatto diritto costituisce invece parte integrante del rispetto dei diritti della difesa, principio generale del diritto dell’Unione.

46

Il diritto al contraddittorio garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (v., in particolare, sentenza M., EU:C:2012:744, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

47

Secondo costante giurisprudenza della Corte, la regola secondo cui il destinatario di una decisione ad esso lesiva deve essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a quest’ultima di correggere un errore o far valere elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro (v., in tal senso, sentenza Sopropé, EU:C:2008:746, punto 49).

48

Il citato diritto implica anche che l’amministrazione competente presti tutta l’attenzione necessaria alle osservazioni della persona coinvolta esaminando, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando circostanziatamente la sua decisione (v. sentenze Technische Universität München, C‑269/90, EU:C:1991:438, punto 14, e Sopropé, EU:C:2008:746, punto 50), laddove l’obbligo di motivare una decisione in modo sufficientemente dettagliato e concreto, al fine di consentire all’interessato di comprendere le ragioni del diniego opposto alla sua domanda, costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa (sentenza M., EU:C:2012:744, punto 88).

49

Conformemente alla giurisprudenza della Corte, il rispetto del diritto al contraddittorio si impone quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (v. sentenze Sopropé, EU:C:2008:746, punto 38; M., EU:C:2012:744, punto 86, nonché G. e R., EU:C:2013:533, punto 32).

50

L’obbligo di rispettare i diritti della difesa dei destinatari di decisioni che incidono in modo rilevante sui loro interessi incombe, dunque, in linea di principio sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano provvedimenti che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione (sentenza G. e R., EU:C:2013:533, punto 35).

51

Quando, come nel procedimento principale, il diritto dell’Unione non fissa né le condizioni alle quali deve essere garantito il rispetto dei diritti della difesa dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, né le conseguenze della violazione di tali diritti, tali condizioni e tali conseguenze rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v. in tal senso, in particolare, sentenze Sopropé, EU:C:2008:746, punto 38; Iaia e a., C‑452/09, EU:C:2011:323, punto 16, nonché G. e R., EU:C:2013:533, punto 35).

52

Tali esigenze di equivalenza e di effettività esprimono l’obbligo generale per gli Stati membri di garantire la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza del diritto dell’Unione. Esse valgono sia sul piano della designazione dei giudici competenti a conoscere delle azioni fondate su tale diritto sia per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali (v., in tal senso, sentenza Alassini e a., C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 49).

53

Tuttavia, secondo una giurisprudenza della Corte altrettanto costante, i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (sentenze Alassini e a., da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 63; G. et R., EU:C:2013:533, punto 33, nonché Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 84).

54

Inoltre, l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa deve essere valutata in funzione delle circostanze di ciascun caso di specie (v., in tal senso, sentenza Solvay/Commissione, C‑110/10 P, EU:C:2011:687, punto 63), segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (v. sentenze Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 102 e giurisprudenza ivi citata, nonché G. e R., EU:C:2013:533, punto 34).

55

È dunque nel contesto generale della giurisprudenza della Corte relativa al rispetto dei diritti della difesa e del sistema della direttiva 2008/115 che gli Stati membri, nei limiti della loro autonomia procedurale, devono, da un lato, fissare le condizioni alle quali occorre garantire il rispetto del diritto dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare di essere sentiti e, dall’altro, trarre le conseguenze della violazione di tale diritto (v., in tal senso, sentenza G. e R., EU:C:2013:533, punto 37).

56

Nel procedimento principale, né la direttiva 2008/115 né la normativa nazionale applicabile stabiliscono una procedura specifica per garantire ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare il diritto di essere ascoltati prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio.

57

Tuttavia, per quanto concerne il regime instaurato dalla direttiva 2008/115 disciplinante le decisioni di rimpatrio controverse nel procedimento principale, si deve rilevare che, una volta constatata l’irregolarità del soggiorno, le competenti autorità nazionali devono, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva e fatte salve le eccezioni previste all’articolo 6, paragrafi da 2 a 5, della medesima, emanare una decisione di rimpatrio (v., in tal senso, sentenze El Dridi, EU:C:2011:268, punto 35, e Achughbabian, C‑329/11, EU:C:2011:807, punto 31).

58

Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva 2008/115 consente agli Stati membri di adottare una decisione sulla fine del soggiorno regolare contestualmente a una decisione di rimpatrio. Peraltro, la definizione della nozione di «decisione di rimpatrio» di cui all’articolo 3, punto 4, di tale direttiva associa la dichiarazione di soggiorno irregolare all’obbligo di rimpatrio.

59

Di conseguenza, e fatte salve le deroghe previste dall’articolo 6, paragrafi da 2 a 5, di detta direttiva, l’adozione di una decisione di rimpatrio deriva necessariamente da quella che accerta il carattere irregolare del soggiorno dell’interessato.

60

Quindi, dato che la decisione di rimpatrio è strettamente legata, in forza della direttiva 2008/115, all’accertamento dell’irregolarità del soggiorno, il diritto al contraddittorio non può essere interpretato nel senso che, quando l’autorità nazionale competente intende adottare contestualmente una decisione che accerta un soggiorno irregolare e una decisione di rimpatrio, tale autorità debba necessariamente ascoltare l’interessato in modo da consentirgli di esprimere il suo punto di vista specificamente su quest’ultima decisione, dal momento che costui ha avuto la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il suo punto di vista in merito all’irregolarità del suo soggiorno e ai motivi in grado di giustificare, in forza del diritto nazionale, che detta autorità si astenga dall’adottare una decisione di rimpatrio.

61

Tuttavia, per quanto riguarda la procedura amministrativa da seguire, secondo il considerando 6 della direttiva 2008/115, è opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare dei cittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente (sentenza Mahdi, C‑146/14 PPU, EU:C:2014:1320, punto 40).

62

Di conseguenza, dall’obbligo di adottare nei confronti dei cittadini di pesi terzi il cui soggiorno nel territorio è irregolare, una decisione di rimpatrio, prescritta dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, secondo una procedura equa e trasparente, deriva che gli Stati membri, nell’ambito dell’autonomia processuale di cui dispongono, devono, da un lato, prevedere espressamente nel loro diritto nazionale l’obbligo di lasciare il territorio in caso di soggiorno irregolare e, dall’altro, fare sì che l’interessato sia validamente ascoltato nell’ambito della procedura relativa alla sua domanda di soggiorno o, eventualmente, in relazione all’irregolarità del suo soggiorno.

63

Per quanto attiene, da un lato, l’esigenza di prevedere nel diritto nazionale, l’obbligo di lasciare il territorio in caso di soggiorno irregolare, occorre rilevare che l’articolo L. 511‑1, I, 3o, del Ceseda prevede esplicitamente che l’autorità francese competente possa obbligare a lasciare il territorio francese uno straniero che non sia cittadino di uno Stato membro dell’Unione, di un altro Stato parte dell’Accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione svizzera e che non sia familiare di tale cittadino, qualora il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno sia stato respinto all’estero oppure qualora sia stato revocato il permesso di soggiorno già rilasciato.

64

Inoltre, emerge dal fascicolo a disposizione della Corte che l’articolo L. 742‑7 del Ceseda precisa che lo straniero al quale sia stato definitivamente negato il riconoscimento dello status di rifugiato o il beneficio della protezione sussidiaria e che non possa essere autorizzato a soggiornare nel territorio ad altro titolo deve lasciare il territorio francese, pena l’adozione nei suoi confronti di un provvedimento di allontanamento.

65

Pertanto, l’obbligo di lasciare il territorio in caso di soggiorno irregolare è previsto esplicitamente nel diritto nazionale.

66

Per quanto attiene, dall’altro lato, al rispetto del diritto al contraddittorio in merito alla domanda di soggiorno e, eventualmente, all’irregolarità del soggiorno, nel contesto delle decisioni di rimpatrio controverse nel procedimento principale, occorre rilevare che, con la prima decisione di rimpatrio di cui è causa nel procedimento principale, vale a dire il decreto del 26 ottobre 2012, emesso meno di due mesi dopo la notifica alla sig.ra Mukarubega della decisione della CNDA che confermava quella dell’OFPRA di negarle lo status di rifugiata, le autorità francesi hanno contestualmente negato alla sig.ra Mukarubega il permesso di soggiorno per motivi di asilo e le hanno intimato di lasciare il territorio francese.

67

Nel caso in esame, si deve constatare che la prima decisione di rimpatrio è intervenuta in seguito alla chiusura della procedura di esame del diritto di soggiorno della sig.ra Mukarubega per motivi di asilo, una procedura che le ha consentito di esporre in modo esaustivo l’insieme dei motivi della sua domanda di asilo, e successivamente all’esaurimento da parte sua di tutti i mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale in relazione al rigetto di tale domanda.

68

La sig.ra Mukarubega d’altronde, non ha contestato di essere stata ascoltata sulla sua domanda di asilo, da una parte, dall’OFPRA e, dall’altra, dal CNDA utilmente ed efficacemente e in condizioni che le hanno consentito di esporre l’insieme dei motivi della sua domanda. Ciò che la sig.ra Mukarubega addebita in particolare alle autorità nazionali competenti è di non averla ascoltata in merito all’evoluzione della sua situazione personale tra la data della sua domanda di asilo e la data di adozione della prima decisione di rimpatrio, ossia per un periodo di 33 mesi.

69

Orbene, bisogna rilevare che un simile argomento non è rilevante, poiché la sig.ra Mukarubega è stata ascoltata una seconda volta sulla sua domanda di asilo il 17 luglio 2012 dalla CNDA, ossia sei settimane prima della decisione di quest’ultima di non concederle l’asilo e poco più di tre mesi prima della prima decisione di rimpatrio.

70

Quindi, la sig.ra Mukarubega ha potuto manifestare, utilmente ed efficacemente, le sue osservazioni in merito all’irregolarità del suo soggiorno. Perciò, l’obbligo di ascoltarla specificamente in merito alla decisione di rimpatrio prima di adottare tale decisione prolungherebbe inutilmente la procedura amministrativa, senza aumentare la protezione giuridica dell’interessata.

71

A questo proposito, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, occorre rilevare che il diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio non può essere strumentalizzato per riaprire indefinitamente la procedura amministrativa e ciò al fine di preservare l’equilibrio tra il diritto fondamentale dell’interessato di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione che gli arreca pregiudizio e l’obbligo degli Stati membri di lottare contro l’immigrazione clandestina.

72

Ne consegue che, in simili circostanze, la prima decisione di rimpatrio adottata nei confronti della sig.ra Mukarubega, in esito alla procedura che ha portato a negarle lo status di rifugiata e a constatare quindi l’irregolarità del suo soggiorno, ne è la logica e necessaria prosecuzione alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 ed è stata adottata in conformità al diritto al contraddittorio.

73

Per quanto concerne l’adozione della seconda decisione di rimpatrio nei confronti della sig.ra Mukarubega il 5 marzo 2013, emerge dal fascicolo a disposizione della Corte che, prima dell’adozione di tale decisione, la sig.ra Mukarubega era stata posta in stato di fermo in base all’articolo 62‑2 del codice di procedura penale per uso fraudolento di un documento amministrativo.

74

La sig.ra Mukarubega è stata ascoltata il 4 marzo 2013, dalle 15:30 alle 16:20. Emerge dal verbale di tale audizione che la sig.ra Mukarubega è stata ascoltata in particolare in merito al suo diritto di soggiorno in Francia. È stata interrogata al fine di sapere se accettasse di ritornare al suo paese d’origine o se desiderasse restare in Francia.

75

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle sue conclusioni, sebbene l’audizione sia stata condotta principalmente sotto forma di domande e risposte, la sig.ra Mukarubega è stata invitata, durate la stessa, ad aggiungere tutte le osservazioni che considerava rilevanti.

76

Dal verbale risulta chiaramente che la sig.ra Mukarubega sapeva di non avere alcun diritto a soggiornare regolarmente in Francia nonostante le numerose pratiche che aveva intrapreso a tal proposito e che ella conosceva le conseguenze della sua condizione di irregolarità. La sig.ra Mukarubega ha dichiarato che, in virtù del fatto che era in condizione di irregolarità e non poteva né lavorare né restare in Francia, si era procurata un passaporto belga contraffatto per recarsi in Canada.

77

Nelle sue osservazioni scritte, il governo francese precisa che, nell’ambito dello stato di fermo, la sig.ra Mukarubega «è stata ascoltata sulla propria situazione dai servizi di polizia, con riferimento, in particolare, al diritto di soggiorno», che «quindi, ella ha precisato di aver tentato di lasciare il territorio francese per recarsi in Canada munita di un passaporto belga contraffatto», che «non ha fornito alcun elemento sulle ragioni della sua presenza nel territorio francese che potesse giustificare un eventuale diritto al soggiorno in Francia», e che, «in particolare, non ha dichiarato di voler presentare una nuova domanda di protezione internazionale».

78

Il governo francese aggiunge che, nell’ambito dello stato di fermo precedente alla seconda decisione di rimpatrio, la sig.ra Mukarubega non ha cercato di far valere che la sua situazione eccezionale era tale da permettere una regolarizzazione del suo soggiorno in Francia.

79

Ne consegue che la sig.ra Mukarubega ha beneficiato della possibilità di essere ascoltata prendendo in considerazione altri fattori oltre al «semplice fatto del soggiorno irregolare», ai sensi del considerando 6 della direttiva 2008/115.

80

Considerate le modalità dell’audizione della sig.ra Mukarubega e a condizione che le garanzie stabilite dalla legislazione e dalla giurisprudenza francese siano state rispettate, il fatto che tale audizione sia durata 50 minuti non può consentire, di per sé, di concludere che essa sia stata insufficiente.

81

Dato che la seconda decisione di rimpatrio è stata presa poco tempo dopo l’audizione della sig.ra Mukarubega in merito all’irregolarità del suo soggiorno e che quest’ultima ha potuto manifestare, utilmente ed efficacemente le sue osservazioni al riguardo, discende dalle considerazioni esposte la punto 70 della presente sentenza, che le autorità nazionali hanno adottato la seconda decisione di rimpatrio in conformità al diritto al contraddittorio.

82

Si deve dunque rispondere alla prima questione dichiarando che, in circostanze quali quelle controverse nel procedimento principale, il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, quale si applica nell’ambito della direttiva 2008/115 e, in particolare, dell’articolo 6 della stessa, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un’autorità nazionale non ascolti il cittadino di un paese terzo specificamente in merito a una decisione di rimpatrio allorché, dopo aver constatato l’irregolarità del suo soggiorno nel territorio nazionale in esito a una procedura che ha pienamente rispettato il suo diritto di essere ascoltato, intenda adottare nei suoi confronti una decisione di tale tipo, a prescindere dal fatto che tale decisione di rimpatrio sia successiva o no a un diniego del permesso di soggiorno.

Sulla seconda questione

83

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto di un cittadino di un paese terzo in condizione di irregolarità di proporre, in applicazione del diritto nazionale, un procedimento contenzioso a carattere sospensivo dinanzi ad un giudice nazionale consenta alle autorità nazionali amministrative di non ascoltarlo prima dell’adozione di un atto che gli arreca pregiudizio, in questo caso una decisione di rimpatrio.

84

Tale questione è stata sollevata nell’ipotesi in cui, in circostanze quali quelle del procedimento principale, il diritto al contraddittorio non sia stato rispettato. Alla luce della risposta data alla prima questione, non è necessario rispondere alla seconda.

Sulle spese

85

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

In circostanze quali quelle controverse nel procedimento principale, il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento, quale si applica nell’ambito della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e, in particolare, dell’articolo 6 della stessa, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un’autorità nazionale non ascolti il cittadino di un paese terzo specificamente in merito a una decisione di rimpatrio allorché, dopo aver constatato l’irregolarità del suo soggiorno nel territorio nazionale in esito a una procedura che ha pienamente rispettato il suo diritto di essere ascoltato, intenda adottare nei suoi confronti una decisione di tale tipo, a prescindere dal fatto che tale decisione di rimpatrio sia successiva o no a un diniego del permesso di soggiorno.

 

Firme


( *1 )   Lingua processuale: il francese.