Causa C-414/02

Spedition Ulustrans, Uluslararasi Nakliyat ve. Tic. A.S. Istanbul

contro

Finanzlandesdirektion für Oberösterreich

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]

«Codice doganale comunitario — Art. 202 — Sorgere dell’obbligazione doganale — Irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità — Nozione di debitore di tale obbligazione — Estensione al datore di lavoro dell’obbligazione di un dipendente che ha commesso irregolarità nell’adempimento degli obblighi doganali»

Massime della sentenza

Unione doganale — Sorgere di un’obbligazione doganale in seguito all’introduzione irregolare di merci — Nozione di debitore — Datore di lavoro della persona che ha proceduto all’introduzione — Inclusione da parte di una normativa nazionale — Presupposti di ammissibilità

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 2913/92, art. 202, n. 3]

L’art. 202, n. 3, del regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, che, in caso di irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione, rende il datore di lavoro condebitore dell’obbligazione doganale del dipendente che ha proceduto alla detta importazione in esecuzione delle mansioni affidategli dal datore di lavoro, sempreché tale normativa esiga che il datore di lavoro abbia partecipato all’introduzione delle merci sapendo, o dovendo ragionevolmente sapere, che la detta introduzione era irregolare.

(v. punto 45 e dispositivo)





SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
23 settembre 2004(1)

«Codice doganale comunitario – Art. 202 – Sorgere dell'obbligazione doganale – Irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità – Nozione di debitore di tale obbligazione – Estensione al datore di lavoro dell'obbligazione di un dipendente che ha commesso irregolarità nell'adempimento degli obblighi doganali»

Nel procedimento C-414/02,avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE,dal Verwaltungsgerichtshof (Austria) con decisione 6 novembre 2002, pervenuta in cancelleria il 19 novembre 2002, nella causa tra

Spedition Ulustrans, Uluslararasi Nakliyat ve. Tic. A.S. Istanbul

e

Finanzlandesdirektion für Oberösterreich,



LA CORTE (Seconda Sezione),,



composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann, J.-P.  Puissochet (relatore), R. Schintgen e dalla sig.ra F. Macken, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano
cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,viste le osservazioni presentate:

per la Finanzlandesdirektion für Oberösterreich, dal sig. F. Brenneis, in qualità d'agente;

per il governo austriaco, dal sig. H. Dossi, in qualità d'agente;

per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J.-C. Schieferer, in qualità d'agente,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 6 maggio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
La questione pregiudiziale attiene all’interpretazione dell’art. 202, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»).

2
Tale questione è sorta nell’ambito di una controversia tra la società Spedition Ulustrans, Uluslararasi Nakliyat ve. Tic. A.S. Istanbul (in prosieguo: la «Spedition Ulustrans») e la Finanzlandesdirektion für Oberösterreich (amministrazione delle finanze per l’Alta Austria; in prosieguo: la «Finanzlandesdirektion») in merito all’adempimento di un’obbligazione doganale sorta in seguito all’irregolare introduzione di merci nel territorio doganale della Comunità.


Ambito normativo

La normativa comunitaria

3
Ai sensi dell’art. 201 del codice doganale:

«1. L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)
all’immissione in libera pratica di una merce soggetta a dazi all’importazione,

oppure

b)
al vincolo di tale merce al regime dell’ammissione temporanea con parziale esonero dai dazi all’importazione.

2. L’obbligazione doganale sorge al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana.

3. Il debitore è il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta è parimenti debitrice la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana.

Quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo 1 è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei dati dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali».

4
L’art. 202 del codice doganale dispone quanto segue:

«1. L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)
all’irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione,

oppure

b)
quando si tratti di merce collocata in zona franca o in deposito franco, alla sua irregolare introduzione in un’altra parte di detto territorio.

Ai sensi del presente articolo, per introduzione irregolare s’intende qualsiasi introduzione effettuata in violazione degli articoli da 38 a 41 e dell’articolo 177, secondo trattino.

2. L’obbligazione doganale sorge al momento dell’introduzione irregolare.

3. Sono debitori:

la persona che ha proceduto a tale introduzione irregolare,

le persone che hanno partecipato a questa introduzione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che essa era irregolare,

e le persone che hanno acquisito o detenuto la merce considerata e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce introdotta irregolarmente».

5
L’art. 203 dello stesso codice recita:

«1. L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione.

2. L’obbligazione doganale sorge all’atto della sottrazione della merce al controllo doganale.

3. I debitori sono:

la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale,

le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale,

le persone che hanno acquisito o detenuto tale merce e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce sottratta al controllo doganale

          e,

se del caso, la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata».

6
L’art. 213 del codice doganale prevede quanto segue:

«Quando per una medesima obbligazione doganale esistono più debitori, essi sono tenuti al pagamento dell’obbligazione in solido».

7
Ai sensi dell’art. 221, n. 1, dello stesso codice:

«L’importo dei dazi deve essere comunicato al debitore secondo modalità appropriate, non appena sia stato contabilizzato».

La normativa nazionale

8
L’art. 79, n. 2, dello Zollrechts-Durchführungsgesetz (legge d’esecuzione relativa al diritto doganale) (BGBl. 1994/659; in prosieguo: lo «ZollR-DG») dispone quanto segue:

«Contemporaneamente all’obbligazione doganale del dipendente o di altro commesso di un’impresa che, nell’espletare incarichi di servizio o nell’eseguire il mandato, abbia tenuto un comportamento illecito nell’assolvimento degli obblighi doganali, sorge un’obbligazione doganale anche in capo al datore di lavoro o al committente, sempreché questi non sia già debitore doganale nella fattispecie in forza di un’altra disposizione».


Causa principale e questione pregiudiziale

9
Il 5 dicembre 1996 un dipendente della Spedition Ulustrans alla guida di una motrice con semirimorchio immatricolata da quest’ultima, introduceva nel territorio della Comunità, dalla Svizzera, attraversando la frontiera doganale di Höchst (Austria), quattro macchine per l’avvolgimento di materiali tessili, senza presentare tali merci per lo sdoganamento previsto.

10
Con decisione 11 dicembre 1996, adottata conformemente all’art. 221, n. 1, del codice doganale, lo Hauptzollamt Feldkirch (ufficio doganale di Feldkirch) ha comunicato a tale dipendente l’importo dei dazi all’importazione relativi alle merci irregolarmente importate, cioè ATS 770 684 (di cui ATS 83 770 di diritti doganali e ATS 686 914 ai sensi dell’imposta sulla cifra d’affari all’importazione).

11
Con decisione 27 aprile 2000, divenuta esecutiva, la Finanzlandesdirektion ha constatato che l’irregolare importazione di tali merci aveva fatto sorgere, conformemente all’art. 202, n. 1, lett. a), del codice doganale, un’obbligazione doganale in capo al conducente per un importo identico a quello accertato dallo Hauptzollamt.

12
Con decisione 27 febbraio 1997, adottata ai sensi del combinato disposto dell’art. 202, n. 1, lett. a), del codice doganale e dell’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG, lo Hauptzollamt aveva altresì comunicato alla Spedition Ulustrans l’importo dei dazi da essa dovuti in qualità di condebitrice degli stessi dazi richiesti al suo dipendente.

13
La Spedition Ulustrans ha proposto un ricorso avverso tale decisione. Esso è stato dichiarato infondato con decisione 11 settembre 1997. Essa ha quindi proposto un riesame dinanzi alla Quarta Sezione d’appello della Finanzlandesdirektion, anch’esso respinto con decisione 21 novembre 2000. La Finanzlandesdirektion ha considerato che, in primo grado, lo Hauptzollamt aveva giustamente indirizzato l’ordine di pagamento, conformemente all’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG, non solo al conducente, ma anche alla Spedition Ulustrans, nella sua qualità di condebitrice in solido, tenuta, in quanto datore di lavoro, a far sì che il comportamento del conducente salariato rispetti le esigenze specifiche connesse al trasporto internazionale di merci.

14
La Spedition Ulustrans ha quindi investito il Verwaltungsgerichtshof, facendo valere, in particolare, che, poiché non aveva partecipato alle colpe del conducente, non poteva essere considerata debitrice dei dazi.

15
Il giudice del rinvio formula due serie di considerazioni.

16
In primo luogo, esso rileva che la dottrina attuale non è concorde sulla concezione della nozione di debitore. Esso precisa che, secondo taluni autori, l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG, ampliando la nozione di debitore a tutti i datori di lavoro o committenti di un lavoratore dipendente o di un preposto che violano la normativa doganale, senza prendere in considerazione i requisiti soggettivi posti dall’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, è incompatibile con quest’ultima disposizione. Il giudice del rinvio aggiunge che, secondo altri autori, la nozione di debitore, in caso di irregolare introduzione di una merce, dipende dalla definizione della «persona che ha proceduto a tale introduzione irregolare» ai sensi dell’art. 202, n. 3, primo trattino, di tale stesso codice. Tale persona sarebbe sempre, almeno indirettamente, l’imprenditore, in quanto quest’ultimo avrebbe la consegna giuridica della merce trasportata, mentre il conducente non ne sarebbe che il detentore provvisorio. Per questa seconda concezione, l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG non sarebbe incompatibile con l’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, ma semplicemente superfluo rispetto all’art. 202, n. 3, primo trattino, del detto codice.

17
In secondo luogo, precisa il giudice del rinvio, la Spedition Ulustrans sostiene che l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG è una «norma relativa alla responsabilità». Secondo la ricorrente nella causa principale, il legislatore nazionale rimarrebbe libero di emanare una norma del genere, senza essere limitato dal diritto comunitario.

18
È in tali circostanze che il Verwaltungsgerichtshof ha deciso di sospendere in procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 79, n. 2, [dello ZollR-DG] (il quale prevede che, qualora sorga un’obbligazione doganale in capo al dipendente o ad altro commesso di un’impresa che, nell’espletare incarichi affidatigli dal proprio datore di lavoro o committente, abbia tenuto un comportamento illecito nell’assolvimento degli obblighi doganali, sorge contemporaneamente un’obbligazione doganale anche in capo al datore di lavoro o committente) ampli indebitamente la nozione di debitore doganale di cui all’art. 202, n. 3, del codice doganale e violi, così, il diritto comunitario».


Sulla questione pregiudiziale

Osservazioni presentate alla Corte

19
Secondo la Finanzlandesdirektion, il codice doganale consentirebbe alle autorità doganali di ricorrere a tutte le possibilità loro riconosciute dalle «disposizioni in vigore», comprese le misure legislative nazionali, per garantire il recupero dell’obbligazione doganale. Gli artt. 201 e seguenti del codice doganale istituirebbero quindi solo un’armonizzazione minima della nozione di debitore e non osterebbero all’adozione di altre disposizioni da parte degli Stati membri, come l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG, per conseguire il recupero dell’obbligazione presso il datore di lavoro. Tale articolo si applicherebbe solo se il comportamento illecito si è manifestato nell’ambito dell’attività dell’imprenditore, cioè se l’intento del dipendente o del preposto era di agire nell’interesse dell’imprenditore e non nel proprio.

20
Il governo austriaco sottolinea che, ai sensi dell’art. 8, n. 1, della decisione del Consiglio 29 settembre 2000, 2000/597/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 253, pag. 42), i dazi della Tariffa doganale comune, che rappresentano risorse proprie delle Comunità, sono riscossi dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della normativa comunitaria. Il legislatore comunitario avrebbe quindi inteso lasciare agli Stati membri la scelta degli strumenti che ritengono più efficaci per garantire la riscossione dei dazi doganali.

21
L’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG rientrerebbe in questo ambito. Rendendo condebitori i datori di lavoro o i committenti, che traggono un vantaggio economico dagli atti dei loro dipendenti o preposti, tale disposizione consentirebbe di garantire con maggior efficacia l’esecuzione dell’obbligazione doganale rispetto al caso in cui questi ultimi, parti economicamente deboli e spesso insolventi, fossero gli unici debitori. D’altra parte, l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG rispetterebbe perfettamente i principi generali di diritto comuni a tutti gli Stati membri, in particolare il principio di proporzionalità. Esso non opererebbe quindi un’estensione della nozione di debitore incompatibile con l’art. 202, n. 3, del codice doganale.

22
Secondo la Commissione, un’imputazione automatica di qualsiasi comportamento di un dipendente al suo datore di lavoro, che non prendesse in considerazione la «partecipazione» effettiva del datore di lavoro ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, si allontanerebbe da tale disposizione. Se fosse interpretato dai giudici nazionali nel senso che pone una presunzione assoluta di imputabilità al datore di lavoro del comportamento del dipendente, l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG dovrebbe essere dichiarato incompatibile con le disposizioni del codice doganale.

Giudizio della Corte

23
Nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’art. 234 CE, non spetta alla Corte pronunciarsi sulla compatibilità di norme di diritto interno con il diritto comunitario. Essa è tuttavia competente a fornire al giudice a quo tutti gli elementi d’interpretazione che rientrano nel diritto comunitario atti a consentirgli di valutare tale compatibilità per pronunciarsi nella causa per la quale è stato adito (sentenze 17 dicembre 1970, causa 30/70, Scheer, Racc. pag. 1197, punto 4; 6 giugno 1984, causa 97/83, Melkunie, Racc. pag. 2367, punto 7, e 29 novembre 2001, causa C‑17/00, De Coster, Racc. pag. I‑9445, punto 23).

24
In questa ottica, si deve considerare che il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’art. 202, n. 3, del codice doganale debba essere interpretato nel senso che osta a che, sulla base dell’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG, un datore di lavoro venga considerato come condebitore di un’obbligazione doganale del suo dipendente, qualora quest’ultimo si sia comportato illecitamente in materia di obblighi doganali nell’esecuzione delle mansioni affidategli dal suo datore di lavoro.

25
In primo luogo, dal tenore letterale dell’art. 202, n. 3, primo, secondo e terzo trattino, del codice doganale emerge che il legislatore comunitario ha inteso definire in modo ampio le persone che possono essere riconosciute debitrici dell’obbligazione doganale, in caso di introduzione irregolare di una merce assoggettabile a dazi all’importazione, senza per questo rendere il datore di lavoro automaticamente condebitore dell’obbligazione doganale del suo dipendente.

26
Anzitutto, l’art. 202, n. 3, primo trattino, del codice doganale menziona la «persona» che ha proceduto alla detta introduzione, senza precisare se tale persona sia una persona fisica, come il dipendente di un’impresa, o una persona giuridica, come la società all’origine dell’irregolare introduzione delle merci. Di conseguenza, anche se tale disposizione può essere applicata in ogni caso ad un dipendente che svolge operazioni materiali di introduzione, un datore di lavoro può essere considerato debitore della stessa obbligazione, se è una «persona» ai sensi della detta disposizione, cioè se può essere considerato, con i suoi atti, all’origine dell’irregolare introduzione della merce.

27
L’art. 202, n. 3, secondo trattino, poi, menziona, al plurale, le «persone», senza precisare se si tratti di persone fisiche o giuridiche, che hanno «partecipato» all’irregolare introduzione delle merci, cioè quelle che, in qualsiasi modo, hanno preso parte a tale introduzione. La qualifica di debitore, ai sensi di tale disposizione, è quindi subordinata alla condizione che le dette persone abbiano partecipato alla detta introduzione «sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che essa era irregolare». Una condizione del genere si basa quindi su elementi di valutazione soggettiva tali da escludere, in certi casi, la qualifica di debitore.

28
Infine, l’art. 202, n. 3, terzo trattino, del codice doganale prevede la qualifica di debitore altresì per persone, anche in questo caso senza specificarne la natura di persona fisica o giuridica, che, dopo l’irregolare introduzione della merce, cioè dopo l’operazione che ha fatto sorgere l’obbligazione doganale, hanno acquisito o detenuto la merce sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere, quando l’hanno acquisita o ricevuta, che si trattava di merce irregolarmente introdotta. L’estensione della nozione di debitore è quindi subordinata, in questo caso come in quello dell’applicazione dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, dello stesso codice, ad una condizione soggettiva.

29
Dall’esame dell’art. 202, n. 3, primo, secondo e terzo trattino, del codice doganale risulta che il legislatore comunitario ha distinto tra le ipotesi menzionate al primo di questi trattini e quelle enunciate al secondo e al terzo. Nelle ipotesi previste dal primo trattino, lo stesso datore di lavoro può essere considerato come colui che ha proceduto all’irregolare introduzione delle merci, divenendo così debitore dell’obbligazione doganale, da solo ovvero in solido con il suo dipendente. Nelle ipotesi menzionate al secondo ed al terzo trattino, il datore di lavoro ha solo «partecipato» a tale introduzione, e può essere considerato debitore in solido solo qualora siano soddisfatte talune condizioni soggettive.

30
Pertanto, qualora appaia che l’irregolare introduzione della merce non è attribuibile al datore di lavoro, bensì dipende da un atto del dipendente, il datore di lavoro può essere debitore dell’obbligazione doganale se ha partecipato alla detta introduzione, il che può verificarsi, in particolare, se l’introduzione irregolare è stata effettuata con i mezzi o il personale della sua impresa, e se, d’altra parte, sapeva o avrebbe dovuto, secondo ragione, sapere che tale operazione di introduzione era irregolare.

31
L’art. 202, n. 3, del codice doganale tenta di definire in modo ampio la nozione di debitore, coerentemente con la regola che vede i debitori tenuti in solido al pagamento di un’obbligazione doganale, come enunciata all’art. 213 dello stesso codice. Tuttavia, esso non rende automaticamente il datore di lavoro condebitore dell’obbligazione doganale del dipendente che ha proceduto all’irregolare introduzione della merce.

32
In secondo luogo, dall’evoluzione della normativa comunitaria applicabile in materia emerge che il legislatore comunitario ha inteso procedere alla determinazione delle persone debitrici dell’obbligazione doganale in condizioni che garantiscano ogni volta un grado più elevato di armonizzazione.

33
Inizialmente è intervenuta una direttiva del Consiglio 25 giugno 1979, 79/623/CEE, relativa all’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l’obbligazione doganale (GU L 179, pag. 31). La seconda frase del quinto ‘considerando’ di tale direttiva già enunciava: «è (…) necessario stabilire norme comuni per la determinazione del momento in cui sorge l’obbligazione doganale, allo scopo di assicurare un’applicazione uniforme delle disposizioni comunitarie vigenti all’importazione e all’esportazione». Tuttavia, la detta direttiva non prevedeva ancora norme particolari relative alla determinazione della persona tenuta al pagamento dell’obbligazione doganale. Tutt’al più, il suo art. 1, n. 2, lett. a), disponeva cosa occorresse intendere per obbligazione doganale: «l’obbligo di una persona fisica o giuridica di corrispondere l’importo dei dazi [all’importazione o all’esportazione]».

34
Tale direttiva è stata successivamente sostituita da regolamenti, cioè dal regolamento (CEE) del Consiglio 13 luglio 1987, n. 2144, riguardante l’ obbligazione doganale (GU L 201, pag. 15), e dal regolamento (CEE) del Consiglio 18 aprile 1988, n. 1031, concernente la determinazione delle persone tenute all’adempimento di una obbligazione doganale (GU L 102, pag. 5).

35
Il regolamento n. 2144/87 precisava, al suo secondo ‘considerando’, che «le norme riguardanti la nascita dell’obbligazione doganale, la determinazione del suo importo e della sua esigibilità nonché la sua estinzione sono così importanti per il buon funzionamento dell’unione doganale che occorre garantirne la corretta e uniforme applicazione nella Comunità» e che «occorre a tal uopo sostituire le disposizioni dell’attuale direttiva 79/623/CEE mediante un regolamento», che consenta ai «privati cittadini [di trarne] una più ampia sicurezza giuridica».

36
Quanto al regolamento n. 1031/88, esso prevede, al suo quinto ‘considerando’ che, «nel caso di un’obbligazione doganale derivante dall’introduzione irregolare di una merce nel territorio doganale della Comunità (…), occorre ritenere come tenute all’adempimento di detta obbligazione la persona autrice dell’atto che ha comportato l’insorgere della obbligazione doganale e qualsiasi altra persona la cui responsabilità è ugualmente coinvolta, conformemente alle disposizioni vigenti negli Stati membri, a causa di tale atto». L’art. 3 del regolamento n. 1031/88 disponeva quindi, in sostanza, che le persone tenute all’adempimento dell’obbligazione doganale in caso di introduzione irregolare della merce erano le persone che avevano introdotto la merce e, «conformemente alle disposizioni vigenti negli Stati membri (…), a titolo solidale» le persone che avevano partecipato alla detta introduzione, le persone che avevano acquistato o detenuto la merce e qualsiasi altra persona la cui responsabilità era coinvolta per una siffatta introduzione.

37
L’art. 202, n. 3, del codice doganale, che ha sostituito le citate disposizioni dei regolamenti n. 2144/87 e n. 1031/88, è ancor più preciso di tali ultimi testi. Esso non fa più riferimento «alle disposizioni vigenti negli Stati membri» e pone esso stesso le condizioni di merito alle quali è subordinata l’estensione della qualità di debitore alle persone «che partecipano» all’irregolare introduzione della merce.

38
Certo, l’insieme di tali modifiche regolamentari non ha avuto né per oggetto né per effetto di privare gli Stati membri della possibilità di adottare misure idonee a contribuire efficacemente alla realizzazione degli obiettivi della normativa doganale, in particolare alla riscossione dell’obbligazione doganale. Esso non ha neanche impedito a questi stessi Stati di emanare, eventualmente, norme che precisino, nel rispetto di tali obiettivi e conformemente al principio di proporzionalità, le condizioni per l’applicazione dei testi comunitari (a proposito di una disposizione nazionale che maggiora i dazi doganali in caso di violazione della normativa doganale comunitaria, v. sentenza 16 ottobre 2003, causa C‑91/02, Hannl + Hofstetter, Racc. pag. I‑12077, punti 18-20).

39
Tuttavia, risulta chiaramente dall’esame dei testi citati che il legislatore comunitario ha inteso fissare in modo completo, a partire dall’entrata in vigore del codice doganale, le condizioni per determinare le persone debitrici dell’obbligazione doganale.

40
Sarebbero in contraddizione con tale intento chiaramente manifestato del legislatore comunitario, nonché con il tenore letterale e l’oggetto stesso dell’art. 202, n. 3, del codice doganale, come rammentati nella presente sentenza, le disposizioni di una legge nazionale che, misconoscendo le condizioni soggettive enunciate al secondo ed al terzo trattino di tale disposizione, operassero un’estensione automatica al datore di lavoro della qualifica di debitore del suo dipendente, senza accertare se il datore di lavoro abbia partecipato all’introduzione delle merci, in particolare sapendo o avendo dovuto, secondo ragione, sapere che la detta introduzione era irregolare.

41
Spetta al giudice del rinvio valutare se l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG operi una siffatta estensione automatica della qualità di debitore dell’obbligazione doganale. Procedendo a tale analisi, spetterà a tale giudice interpretare la detta disposizione, per quanto possibile, alla luce del testo e della finalità dell’art. 202, n. 3, del codice doganale. In particolare, tale valutazione dovrà tener conto degli elementi seguenti.

42
Anzitutto, se l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG fosse interpretato nel senso che afferma una presunzione assoluta secondo cui il datore di lavoro è condebitore dell’obbligazione del suo dipendente, tale articolo sarebbe incompatibile con l’art. 202, n. 3, del codice doganale. Lo stesso avverrebbe se il detto articolo fosse applicato solo ad ipotesi in cui il dipendente agisce in esecuzione di mansioni affidategli dal suo datore di lavoro. Non si può infatti escludere che, in ipotesi del genere, il datore di lavoro non sia all’origine dell’irregolare introduzione della merce e che possa quindi far valere di non aver saputo o di non aver, secondo ragione, potuto sapere, che tale introduzione era irregolare.

43
Pur essendo esatto, poi, che è opportuno, in generale, procedere alla riscossione dell’obbligazione doganale presso il datore di lavoro e che quest’ultimo può, conformemente all’art. 239 del codice doganale, ottenere il beneficio di un rimborso o di uno sgravio dei dazi doganali, tali considerazioni non consentono di affermare che l’estensione al datore di lavoro della qualità di debitore dell’obbligazione doganale è in ogni caso proporzionata agli obiettivi perseguiti. Infatti, l’art. 202, n. 3, del codice doganale consente al datore di lavoro, in determinate circostanze, di evitare la qualifica di debitore dell’obbligazione doganale, mentre la possibilità di sgravio o di rimborso dei dazi per il debitore interviene solo a posteriori, sulla base di altri presupposti (sulle possibilità di sgravio dei dazi in caso di «situazione particolare», in mancanza di qualsiasi colpa del debitore, v. sentenza 7 settembre 1999, causa C‑61/98, De Haan, Racc. pag. I‑5003).

44
Infine, neanche se fosse analizzato come una disposizione che precisa le condizioni di applicazione dell’art. 202, n. 3, primo trattino, del codice doganale, l’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG sarebbe compatibile con tale codice. Una siffatta interpretazione, riconoscendo ampiamente che il datore di lavoro è la «persona che ha proceduto all’irregolare introduzione della merce» ai sensi del detto primo trattino, priverebbe del suo oggetto l’art. 202, n. 3, secondo trattino, del detto codice e non consentirebbe al datore di lavoro di sottrarsi all’obbligazione doganale, pur non avendo preso parte a tale introduzione, né essendone a conoscenza.

45
Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’art. 202, n. 3, del codice doganale deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella prevista dall’art. 79, n. 2, dello ZollR-DG, che, in caso di irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione, rende il datore di lavoro condebitore dell’obbligazione doganale del dipendente che ha proceduto alla detta importazione in esecuzione delle mansioni affidategli dal datore di lavoro, sempreché tale normativa esiga che il datore di lavoro abbia partecipato all’introduzione delle merci sapendo, o dovendo ragionevolmente sapere, che la detta introduzione era irregolare.


Sulle spese

46
Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

1)
L’art. 202, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella prevista dall’art. 79, n. 2, dello Zollrechts-Durführungsgesetz (legge d’esecuzione relativa al diritto doganale), che, in caso di irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione, rende il datore di lavoro condebitore dell’obbligazione doganale del dipendente che ha proceduto alla detta importazione in esecuzione delle mansioni affidategli dal datore di lavoro, sempreché tale normativa esiga che il datore di lavoro abbia partecipato all’introduzione delle merci sapendo, o dovendo ragionevolmente sapere che la detta introduzione era irregolare.

Firme


1
Lingua processuale: il tedesco.