SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
1o marzo 2016 ( *1 )
«Impugnazione — Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran — Elenco delle persone ed entità sottoposte a congelamento dei fondi e delle risorse economiche — Regolamento di esecuzione (UE) n. 945/2012 — Base giuridica — Criterio vertente sul sostegno materiale, logistico o finanziario al governo iraniano»
Nella causa C‑440/14 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 23 settembre 2014,
National Iranian Oil Company, con sede a Teheran (Iran), rappresentata da J.‑M. Thouvenin, avocat,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e V. Piessevaux, in qualità di agenti,
convenuto in primo grado,
Commissione europea, rappresentata da A. Aresu, D. Gauci e L. Gussetti, in qualità di agenti, con domicilio eletto a Lussemburgo,
interveniente in primo grado,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, D. Šváby, F. Biltgen e C. Lycourgos, presidenti di sezione, A. Rosas (relatore), E. Juhász, J. Malenovský, M. Safjan, M. Berger e S. Rodin, giudici,
avvocato generale: P. Cruz Villalón
cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 aprile 2015,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 settembre 2015,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con la sua impugnazione, la National Iranian Oil Company (in prosieguo: la «NIOC») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 luglio 2014, National Iranian Oil Company/Consiglio (T‑578/12, EU:T:2014:678; in prosieguo la «sentenza impugnata»), con cui il Tribunale ha respinto il suo ricorso per l’annullamento, da un lato, della decisione 2012/635/PESC del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 282, pag. 58; in prosieguo: la «decisione controversa») e, dall’altro lato, del regolamento di esecuzione (UE) n. 945/2012 del Consiglio, del 15 ottobre 2012, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 282, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento controverso»), nei limiti in cui tali atti la riguardano. |
Fatti
2 |
I fatti sono così richiamati dal Tribunale nella sentenza impugnata:
|
3 |
A tali fatti, così come illustrati dal Tribunale, occorre aggiungere la menzione degli articoli 45 e 46 del regolamento n. 267/2012, che così recitano: «Articolo 45 La Commissione:
Articolo 46 1. Qualora il Consiglio di sicurezza o il comitato delle sanzioni inserisca nell’elenco una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo, il Consiglio inserisce tale persona fisica o giuridica, entità o organismo nell’allegato VIII. 2. Qualora il Consiglio decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un’entità o a un organismo le misure di cui all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, esso modifica di conseguenza l’allegato IX. 3. Il Consiglio trasmette la sua decisione e i motivi dell’inserimento nell’elenco alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo di cui ai paragrafi 1 o 2 direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando alla persona fisica o giuridica, all’entità o all’organismo la possibilità di formulare osservazioni. 4. Qualora siano formulate osservazioni o siano presentate nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione e ne informa opportunamente la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo. 5. Qualora le Nazioni Unite decidano di depennare dall’elenco una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo o di modificare i dati identificativi di una persona fisica o giuridica, di un’entità o di un organismo dell’elenco, il Consiglio modifica opportunamente l’allegato VIII. 6. L’elenco di cui all’allegato IX è riesaminato periodicamente e almeno ogni dodici mesi». |
4 |
Gli allegati da II a VII del regolamento n. 267/2012 contengono elenchi di beni, tecnologie, attrezzature o metalli oggetto delle disposizioni di tale regolamento. L’allegato X del medesimo contiene i riferimenti dei siti Internet contenenti informazioni relative alle autorità competenti, indicate in diverse disposizioni del citato regolamento, e l’indirizzo per le notifiche alla Commissione. |
5 |
L’allegato VIII del regolamento n. 267/2012 contiene l’elenco delle persone e delle entità di cui all’articolo 23, paragrafo 1, di detto regolamento, mentre l’allegato IX del medesimo contiene l’elenco delle persone e delle entità di cui all’articolo 23, paragrafo 2 del citato regolamento. |
6 |
Il 27 dicembre 2012 la NIOC ha depositato un ricorso mirante all’annullamento sia della decisione controversa che del regolamento controverso. |
La sentenza impugnata
7 |
A sostegno del proprio ricorso, la NIOC deduceva sei motivi. Il primo motivo verteva sulla violazione dell’articolo 296 TFUE, in quanto il regolamento controverso avrebbe omesso di indicare espressamente la base giuridica per la sua adozione. Il secondo motivo verteva sull’assenza di un’idonea base giuridica del regolamento controverso. Il terzo motivo verteva sull’illegittimità dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, nonché dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera c), della decisione 2010/413, come modificata dalla decisione controversa. Il quarto motivo verteva su errori di diritto, su un errore di fatto e su un errore di valutazione. Il quinto motivo verteva sulla violazione dell’obbligo di motivazione, del diritto di difesa, del principio di buona amministrazione e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Il sesto motivo concerneva una violazione del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà. |
8 |
Il Tribunale ha respinto tutti questi motivi e, pertanto, ha respinto il ricorso nella sua interezza. |
Conclusioni delle parti
9 |
La NIOC chiede che la Corte voglia:
|
10 |
Il Consiglio chiede che la Corte voglia:
|
11 |
La Commissione chiede che la Corte voglia:
|
Sull’impugnazione
12 |
A sostegno del suo ricorso la NIOC propone sei motivi. |
Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione del regolamento controverso
Argomenti delle parti
13 |
Con il suo primo motivo, la NIOC deduce che il Tribunale ha commesso un errore di diritto allorché ha escluso il motivo vertente sul difetto di motivazione del regolamento controverso, a causa dell’assenza di menzione della base giuridica di quest’ultimo. La ricorrente contesta, a tal proposito, il punto 43 della sentenza impugnata, con cui il Tribunale ha dichiarato che «[n]ei limiti in cui l’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012 conferisce quindi esplicitamente al Consiglio la competenza per attuare l’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del medesimo regolamento, i visti del regolamento [controverso] indicano pertanto chiaramente la base giuridica che permette al Consiglio di adottare misure restrittive nei confronti di una persona o entità, come quelle assunte nei confronti della ricorrente». |
14 |
La NIOC sostiene, facendo riferimento al punto 39 della sentenza Commissione/Consiglio (C‑370/07, EU:C:2009:590) che, secondo la giurisprudenza della Corte, qualsiasi atto dell’Unione inteso a produrre effetti giuridici trae la propria forza vincolante da una disposizione del diritto dell’Unione, che dev’essere espressamente indicata come base giuridica e che prescrive la forma giuridica che il provvedimento deve assumere. Orbene, le espressioni «[q]ualora il Consiglio decida» e «esso modifica di conseguenza l’allegato IX», che compaiono all’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, non indicherebbero in alcun modo la forma giuridica dell’atto da adottare, cosicché tale disposizione non può costituire la base giuridica dell’atto che modifica l’allegato IX di detto regolamento, contenente l’elenco delle persone fisiche o giuridiche, entità o organismi di cui all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, di tale regolamento. |
15 |
Il Consiglio contesta l’argomento della NIOC. |
Giudizio della Corte
16 |
Con il suo primo motivo, la NIOC sostiene che il Tribunale, quando ha respinto il motivo vertente sul difetto di motivazione del regolamento controverso, ha commesso un errore di diritto nel dichiarare, al punto 43 della sentenza impugnata, che i visti del regolamento controverso indicano chiaramente la base giuridica della sua adozione, dal momento che la disposizione menzionata come costituente tale base giuridica non indica la forma giuridica dell’atto da adottare. |
17 |
A tal proposito, si deve innanzitutto sottolineare, come rilevato dal Tribunale ai punti 42 e 43 della sentenza impugnata, che i visti del regolamento controverso menzionano esplicitamente l’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012 come base giuridica che permette al Consiglio di adottare misure restrittive quali quelle prese nei confronti della NIOC. |
18 |
Per quanto concerne la forma giuridica dell’atto da adottare, si deve rilevare che questa non è necessariamente richiesta quando viene indicata la base giuridica di tale atto. Come giustamente dedotto dal Consiglio, diverse disposizioni dei trattati, che pongono basi giuridiche, non menzionano la forma degli atti giuridici che possono essere adottati. Peraltro, l’articolo 296 TFUE, secondo il quale «[q]ualora i trattati non prevedano il tipo di atto da adottare, le istituzioni lo decidono di volta in volta, nel rispetto delle procedure applicabili e del principio di proporzionalità», prevede espressamente l’ipotesi in cui le disposizioni del Trattato FUE non precisino la forma degli atti che possono essere adottati. |
19 |
Da ciò risulta che, poiché i visti del regolamento controverso indicavano chiaramente la base giuridica che permette al Consiglio di adottare misure restrittive nei confronti di una persona o di un’entità, ossia l’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, non era necessario, contrariamente a quanto sostiene la NIOC, che fosse indicata, in tale disposizione, la forma giuridica degli atti che potevano essere adottati dal Consiglio in base alla stessa, perché il rinvio alla citata disposizione costituisce una sufficiente motivazione della base giuridica del regolamento controverso. Ne consegue che il Tribunale non ha commesso errori di diritto a tale riguardo. |
20 |
Pertanto, il primo motivo d’impugnazione, che non è fondato, deve essere respinto. |
Sui motivi dal secondo al quinto, vertenti sul difetto di base giuridica del regolamento controverso
Argomenti delle parti
21 |
Con il suo secondo motivo, la NIOC sostiene essenzialmente che l’articolo 215 TFUE avrebbe dovuto costituire la base giuridica del regolamento controverso. Con i motivi dal terzo al quinto, essa deduce, in via subordinata, per il caso in cui fosse giudicato che il ricorso all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE è possibile per fondare l’adozione di misure restrittive individuali, che non erano soddisfatte le condizioni richieste da tale disposizione perché l’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012 potesse costituire la base giuridica del regolamento controverso. |
22 |
Con il suo secondo motivo, la NIOC contesta i punti 54 e 55 della sentenza impugnata, nonché la conclusione del Tribunale esposta al punto 56 di tale sentenza, secondo la quale il Consiglio, nel caso di specie, non era tenuto a seguire la procedura prevista all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, per adottare misure individuali di congelamento dei fondi, ma poteva legittimamente attribuirsi competenze per l’attuazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 267/2012, secondo quanto previsto dall’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. |
23 |
Con la prima parte di tale secondo motivo, basandosi sul punto 65 della sentenza Parlamento/Consiglio (C‑130/10, EU:C:2012:472), secondo cui l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE è idoneo a costituire la base giuridica di misure restrittive, la NIOC fa valere che detta disposizione costituisce la sola possibile base giuridica per l’adozione di misure restrittive individuali, in quanto indicherebbe la procedura di adozione di atti che istituiscono misure siffatte. Si tratterebbe della sola base giuridica prevista al titolo IV della parte quinta del Trattato FUE, relativo alle misure restrittive. L’articolo 291, paragrafo 2, TFUE figurerebbe invece nella parte sesta di detto Trattato, la quale porrebbe regole generali che non sarebbero idonee a derogare alle regole speciali enunciate al titolo IV della suddetta parte quinta. |
24 |
Con la seconda parte del citato motivo, facendo riferimento al punto 48 della sentenza Parlamento/Consiglio (C 130/10, EU:C:2012:472), secondo cui le procedure previste dagli articoli 75 TFUE e 215 TFUE sono incompatibili, la NIOC sostiene che ciò è vero anche per le procedure previste dall’articolo 215 TFUE e dall’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Per quanto concerne la disposizione da ultimo citata, essa non preciserebbe la procedura di adozione degli atti, cosicché non potrebbe sostituirsi all’articolo 215 TFUE. In ogni caso, se le due disposizioni del Trattato FUE citate fossero considerate equivalenti, ne risulterebbero due diversi regimi di adozione di misure restrittive, comportanti una disparità tra le persone interessate da siffatte misure che contrasterebbe con il principio di parità di trattamento di cui all’articolo 20 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. |
25 |
Con la terza parte del suo secondo motivo, la NIOC fa valere, in primo luogo, che l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, nella parte in cui prevede un’eccezione alla competenza – in linea di principio spettante agli Stati membri – enunciata all’articolo 291, paragrafo 1, TFUE, dovrebbe essere interpretato in maniera restrittiva. Gli atti dell’Unione cui fa riferimento l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, sarebbero quelli necessari a creare condizioni uniformi di esecuzione di atti giuridicamente vincolanti: nel caso di specie ciò non si verificherebbe, perché l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE consentirebbe di adottare misure di esecuzione. In secondo luogo, la NIOC contesta l’affermazione del Tribunale, contenuta al punto 55 della sentenza impugnata, secondo cui la procedura prevista dall’articolo 215, paragrafo 1, TFUE può risultare inadeguata per l’adozione di mere misure di esecuzione, mentre l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE rispecchierebbe la volontà degli autori del Trattato FUE di istituire una procedura di esecuzione più efficace, adeguata al tipo di misura da eseguire e alla capacità di azione di ogni istituzione. Secondo la NIOC, le valutazioni soggettive formulate dal Tribunale a tal proposito non possono giustificare il ricorso all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. |
26 |
Con il suo terzo motivo, la NIOC critica i punti da 74 a 83 della sentenza impugnata e la conclusione del Tribunale secondo cui il Consiglio ha debitamente giustificato il ricorso a detta procedura in deroga. |
27 |
Con la prima parte di tale motivo, la NIOC richiama le due ipotesi enunciate all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, secondo le quali «[a]llorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze previste agli articoli 24 e 26 del trattato [UE], al Consiglio». Nel caso di specie, non si sosterrebbe che il regolamento n. 267/2012 sia interessato dagli articoli 24 TUE e 26 TUE e, del resto, la decisione 2012/35 sarebbe stata adottata in base all’articolo 29 TUE. La NIOC si riferisce alla seconda di tali ipotesi e alla necessità di giustificare debitamente l’esistenza di un caso specifico. Essa contesta, a tal proposito, che avrebbe dovuto trovare applicazione la giurisprudenza relativa alla motivazione degli atti, richiamata dal Tribunale ai punti da 74 a 76 della sentenza impugnata. Essa ritiene che sia errata la conclusione del Tribunale per cui era «debitamente giustificata» una ragione di ricorso all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, ragione che il Tribunale descrive come espressa «in maniera succinta, ma intellegibile» al punto 80 della citata sentenza, o ancora come «sufficientemente intellegibile» al punto 82 della medesima. |
28 |
Con la seconda parte del suo terzo motivo, la NIOC contesta i punti 78 e 79 della sentenza impugnata, in cui il Tribunale ha interpretato il considerando 28 del regolamento 267/2012 e l’articolo 23, paragrafo 2, del medesimo nel senso che essi giustificano il fatto che le misure restrittive rientrino nella competenza di esecuzione del Consiglio, in conformità all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Secondo la ricorrente, le citate disposizioni non suggeriscono in alcun modo una tale giustificazione. |
29 |
Con il suo quarto motivo, la NIOC sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel giudicare, al punto 86 della sentenza impugnata, che l’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, riservi al Consiglio la competenza per dare esecuzione alle disposizioni dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, di detto regolamento, il che basterebbe perché fosse soddisfatto l’obbligo di motivazione, per quanto concerne la menzione della base giuridica di detta disposizione, base che sarebbe costituita dall’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. La ricorrente fa valere che l’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012 non contiene alcun riferimento all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, né tantomeno la menzione del termine «esecuzione». Di conseguenza, tale disposizione del citato regolamento rinvierebbe ad una decisione del Consiglio, in applicazione dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE. |
30 |
Con il suo quinto motivo, la NIOC sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, al punto 87 della sentenza impugnata, nel dichiarare che il Consiglio non ha violato l’obbligo di motivazione nell’omettere di menzionare l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE nei visti del regolamento n. 267/2012. |
31 |
Il Consiglio contesta l’argomentazione della NIOC. |
32 |
La Commissione sostiene che l’articolo 215 TFUE costituisce la base giuridica idonea. |
Giudizio della Corte
33 |
Si deve ricordare che, secondo l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, «[q]uando una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del trattato sull’Unione europea lo prevede, il Consiglio può adottare, secondo la procedura di cui al paragrafo 1, misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali». L’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, stabilisce una procedura secondo cui il Consiglio decide deliberando a maggioranza qualificata su proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione, e informa il Parlamento europeo della propria decisione. |
34 |
Come rilevato dal Tribunale al punto 54 della sentenza impugnata, discende dalla lettera stessa dell’articolo 215 TFUE che tale disposizione non osta a che un regolamento adottato sul fondamento di detto articolo conferisca competenze di esecuzione alla Commissione o al Consiglio alle condizioni definite dall’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, qualora condizioni uniformi di esecuzione di talune misure restrittive previste da tale regolamento siano necessarie. In particolare, non risulta dall’articolo 215, paragrafo 2, TFUE che le misure restrittive individuali prese nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali debbano essere necessariamente adottate secondo la procedura prevista dall’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, e non possano essere adottate in base all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. |
35 |
Peraltro, non vi è alcuna disposizione del Trattato FUE che preveda che la parte sesta del medesimo, relativa alle disposizioni istituzionali e finanziarie, non si applichi in materia di misure restrittive. Il ricorso all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, a mente del quale «[a]llorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze previste agli articoli 24 e 26 del trattato sull’Unione europea, al Consiglio», non era dunque escluso, salvo il rispetto delle condizioni previste da tale disposizione. |
36 |
Per quanto concerne la citata disposizione, occorre aggiungere che discende dalla giurisprudenza della Corte che la nozione di «esecuzione» comprende, al tempo stesso, l’elaborazione delle norme di attuazione e l’applicazione di norme a fattispecie particolari per mezzo di atti di portata individuale (sentenza Commissione/Consiglio, 16/88, EU:C:1989:397, punto 11). |
37 |
Alla luce di tali indicazioni, occorre rilevare, nel caso di specie, che il regolamento n. 267/2012, sul cui articolo 46, paragrafo 2, è fondata l’adozione del regolamento controverso, è stato emanato per dare il necessario seguito, nell’ambito del Trattato FUE, alla decisione 2012/35 che modifica la decisione 2010/413 concernente misure restrittive nei confronti delle persone o entità identificate agli allegati I e II di quest’ultima decisione. |
38 |
Il citato regolamento n. 267/2012, che costituisce un atto giuridicamente vincolante, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, enuncia i criteri generali che devono presiedere all’inserimento di persone o entità in uno degli elenchi, contenuti negli allegati VIII e IX del citato regolamento, di persone o entità che devono essere colpite da misure restrittive, tenuto conto delle modifiche apportate dalla decisione 2012/35 ai criteri generali di inserimento di cui alla decisione 2010/413, modifiche che, in particolare, consistono nell’aver aggiunto il criterio relativo al sostegno dato al governo iraniano. |
39 |
In tale contesto, in ragione dell’inserimento della NIOC, da parte della decisione controversa, nell’elenco di cui all’allegato II della decisione 2010/413, il regolamento controverso ha proceduto, nell’ambito del Trattato FUE, all’inserimento di tale entità nell’elenco di cui all’allegato IX del regolamento n. 267/2012, con la precisazione – come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 132 della sentenza impugnata, punto peraltro non criticato dalla NIOC nella sua impugnazione – che l’inserimento da ultimo citato poteva già fondarsi sul summenzionato criterio vertente sul sostegno dato al governo iraniano, a prescindere dalla modifica successivamente apportata ai criteri generali di inserimento contenuti nel regolamento n. 267/2012 in conseguenza della modifica apportata dalla decisione controversa ai criteri generali menzionati nella decisione 2012/413. |
40 |
Così facendo, il regolamento controverso ha operato nei confronti della NIOC un’applicazione particolare del criterio generale di inserimento vertente sul sostegno dato al governo iraniano e ha inteso assicurare, nell’ambito del Trattato FUE, che l’assoggettamento della NIOC alle misure restrittive dettate dalla situazione in Iran fosse eseguito in modo uniforme in tutta l’Unione europea. |
41 |
Il Tribunale, pertanto, ha correttamente statuito, al punto 56 della sentenza impugnata, che il ricorso ad una competenza di esecuzione fondata sull’articolo 291, paragrafo 2, TFUE era possibile nel caso di specie. |
42 |
Ne deriva che la prima e la terza parte del secondo motivo dell’impugnazione sono infondate. |
43 |
Per quanto concerne gli altri argomenti sviluppati dalla NIOC nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, si deve constatare, da un lato, che il punto 48 della sentenza Parlamento/Consiglio (C‑130/10, EU:C:2012:472) non è pertinente al caso di specie, dal momento che detta sentenza riguarda il campo di applicazione rispettivamente degli articoli 75 TFUE e 215 TFUE e non, come nel caso di specie, quello degli articoli 215 TFUE e 291, paragrafo 2, TFUE. |
44 |
Dall’altro lato, quanto all’asserita violazione del principio di parità di trattamento causata dalla differenza dei regimi di adozione delle misure restrittive a seconda che una persona sia designata tramite una disposizione fondata sull’articolo 215, paragrafo 2, TFUE o tramite l’adozione di un regolamento di esecuzione, fondato sull’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, occorre rilevare che, tenuto conto della significativa incidenza negativa sulle libertà e sui diritti fondamentali della persona o entità interessata (v., in tal senso, sentenze Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 358, nonché Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 132) qualunque inserimento in un elenco di persone o entità colpite da misure restrittive, che sia fondata sull’articolo 215 TFUE o sull’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, in quanto assimilabile ad una decisione individuale apre a detta persona o entità la via del ricorso al giudice dell’Unione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza Gbagbo e a./Consiglio, da C‑478/11 P a C‑482/11 P, EU:C:2013:258, punto 57), ai fini, in particolare, di verificare la conformità di tale decisione individuale rispetto ai criteri generali di inserimento enunciati dall’atto di base. |
45 |
Quanto alla differenza che esiste tra la procedura ai sensi dell’articolo 215 TFUE e quella ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, essa risponde alla volontà di stabilire una distinzione, in base a criteri oggettivi, tra l’atto di base e un atto di esecuzione nell’ambito delle misure restrittive. In tale contesto, la necessità, di cui all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, di una proposta congiunta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione costituisce una condizione intrinseca alla procedura prevista da tale disposizione, e non una garanzia procedurale da riconoscersi, in via generale, a qualunque persona o entità che sia inserita in un elenco relativo a misure restrittive, qualunque sia il fondamento di tale inserimento. Pertanto, il fatto che, nell’ambito dell’esercizio di una competenza di esecuzione basata sull’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, l’adozione di misure restrittive non sia, contrariamente a quanto accade nell’ambito della procedura prevista all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, subordinata alla presentazione di una siffatta proposta congiunta, non può essere considerato come una violazione del principio di parità di trattamento in materia di inserimento in tale elenco. |
46 |
Ne consegue che la seconda parte del secondo motivo non è fondata. Tale motivo, pertanto, dev’essere integralmente respinto. |
47 |
Occorre esaminare, in replica ai motivi dal terzo al quinto, se l’adozione del regolamento controverso rientri in una delle categorie di casi per cui il Consiglio può riservarsi una competenza di esecuzione di un atto giuridicamente vincolante, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. |
48 |
Come risulta dal punto 59 della sentenza impugnata, il Consiglio, per motivare la competenza di esecuzione che si è riservato all’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, si è avvalso esclusivamente del fatto che la presente fattispecie rientra nell’ipotesi di «casi specifici debitamente motivati». Non ha in alcun modo evocato l’esistenza di un caso previsto agli articoli 24 TUE e 26 TUE. |
49 |
Per quanto concerne l’ipotesi, prevista all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, della competenza di esecuzione che il Consiglio può riservarsi «in casi specifici debitamente motivati», si deve ricordare che la Corte ha interpretato l’articolo 145, terzo trattino, del trattato CEE, che corrisponde all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, nel senso che il Consiglio deve motivare la decisione con cui si riserva l’esercizio di competenze di esecuzione in modo circostanziato (sentenza Commissione/Consiglio, 16/88, EU:C:1989:397, punto 10). |
50 |
L’articolo 202, terzo trattino, CE, che è succeduto all’articolo 145, terzo trattino, del Trattato CE, è stato parimenti interpretato nelle sentenze Commissione/Consiglio (C‑257/01, EU:C:2005:25, punto 51) e Parlamento/Consiglio (C‑133/06, EU:C:2008:257, punto 47), nelle quali la Corte ha precisato che il Consiglio è tenuto a giustificare debitamente, in funzione della natura e del contenuto dell’atto di base da attuare o da modificare, un’eccezione alla regola secondo la quale, nel sistema di detto Trattato, qualora occorra adottare, a livello comunitario, misure di esecuzione di un atto di base, spetta normalmente alla Commissione esercitare tale competenza. |
51 |
Nel caso di specie, si deve constatare che, con l’articolo 45 del regolamento n. 267/2012, il Consiglio ha conferito ampi poteri alla Commissione, relativi in particolare alla modifica degli allegati da II a VII di tale regolamento, contenenti gli elenchi di beni, tecnologie, attrezzature o metalli oggetto delle disposizioni di tale regolamento. Viceversa, con l’articolo 46 del regolamento n. 267/2012, il Consiglio si è riservato la competenza a modificare gli allegati VIII e IX di tale regolamento, ossia gli elenchi di persone fisiche o giuridiche, entità o organismi inseriti, per quanto concerne l’allegato VIII del citato regolamento, in seguito ad una designazione da parte del Consiglio di sicurezza e, per quanto concerne l’allegato IX, in ragione di una misura restrittiva autonomamente adottata dall’Unione. |
52 |
Discende dal confronto di tali misure che il Consiglio si è riservato la competenza ad adottare le più delicate tra queste, ossia l’integrazione, nel regolamento adottato sulla base del Trattato FUE, delle designazioni decise dal Consiglio di sicurezza e l’applicazione delle misure di cui all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 267/2012, in quanto esse incidono in modo particolarmente significativo sulle persone fisiche o giuridiche, sulle entità o sugli organismi interessati. |
53 |
In effetti, come già ricordato al punto 44 della presente sentenza, nonostante i loro obiettivi, ossia esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari, tali designazioni, che comportano il congelamento dei fondi di persone o entità, producono un significativo impatto negativo sulle libertà e sui diritti di tali persone o entità, dovuto, per un verso, in relazione alle persone, al notevole sconvolgimento della vita sia professionale sia familiare delle stesse, a causa delle restrizioni al loro diritto di proprietà, e per altro verso, in relazione alle entità, alle perturbazioni che mettono a rischio le loro attività, in particolare economiche (v., in tal senso, sentenze Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 358, nonché Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 132). |
54 |
Tale attribuzione della competenza di esecuzione al Consiglio può parimenti essere giustificata dal fatto che è tale istituzione che adotta le decisioni assunte nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, con le quali persone fisiche o giuridiche, entità o organismi sono inseriti nell’elenco delle persone e entità che devono essere colpite da un congelamento di fondi. Orbene, tali decisioni possono essere attuate in seno all’Unione, in particolare da parte degli istituti finanziari in essa stabiliti, solo se viene successivamente adottato un regolamento nell’ambito del Trattato FUE. |
55 |
Peraltro, se i motivi d’inserimento di una persona sono modificati nella decisione adottata nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, al fine di tener conto di osservazioni ed elementi di prova eventualmente forniti al Consiglio da tale persona, detta modifica deve parimenti intervenire nel regolamento adottato nell’ambito del Trattato FUE. In mancanza di ciò, il mantenimento della motivazione non corretta, in occasione del riesame dell’inserimento nell’elenco, potrebbe giustificare una contestazione della legittimità di tale regolamento. |
56 |
Pertanto il Tribunale non ha commesso errori di diritto nello statuire, al punto 69 della sentenza impugnata, che il Consiglio poteva legittimamente riservarsi la competenza a dare esecuzione all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 267/2012, allo scopo di assicurare la coerenza delle procedure di adozione delle misure di congelamento dei fondi nonché delle conclusioni dell’autorità competente nell’ambito, rispettivamente, della decisione 2010/413 e del regolamento n. 267/2012, tanto al momento dell’inserimento iniziale del nome di una persona o di un’entità negli elenchi di cui trattasi, quanto al momento del riesame di tale inserimento da parte dell’istituzione competente, tenuto conto in particolare delle osservazioni e degli elementi di prova eventualmente forniti dall’interessato. |
57 |
Il coordinamento tra l’adozione delle decisioni nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune e l’adozione delle misure prese sulla base del Trattato FUE è tanto più necessario in quanto l’adozione di misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di entità o di organismi deve intervenire entro un termine breve, che si tratti di conformarsi ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza o di assicurare il più rapidamente possibile l’effetto voluto con i nuovi inserimenti autonomi decisi nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune. A tal proposito, occorre rilevare che la decisione presa nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune e il regolamento di esecuzione controverso contenente la designazione della NIOC sono stati adottati il medesimo giorno, in conformità alla prassi del Consiglio. |
58 |
Le citate esigenze di coerenza, di coordinamento e di celerità in occasione dell’adozione degli atti richiesti giustificano il fatto che misure di inserimento adottate sulla base del Trattato FUE in concomitanza con misure di inserimento adottate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune siano considerate come relative a casi specifici, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. È per questo che, come rilevato dal Tribunale al punto 72 della sentenza impugnata, la Corte ha respinto, nella sentenza Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft (C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 109), un motivo vertente sul difetto di competenza del Consiglio ad adottare misure di congelamento di fondi prese nei confronti della Manufacturing Support & Procurement Kala Naft Co., Teheran, come previste in particolare dalla decisione 2010/413, sulla base dell’articolo 29 TUE, per mezzo di un regolamento di esecuzione fondato sull’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. La Corte ha rilevato, in sostanza, che detta disposizione del Trattato FUE conferiva al Consiglio la competenza ad adottare le misure controverse. |
59 |
Ne consegue che il Tribunale non è incorso in errori di diritto nel concludere, al punto 73 della sentenza impugnata, che il Consiglio ha potuto ragionevolmente considerare che le misure di congelamento dei fondi di cui trattasi presentassero un carattere specifico tale da giustificare una riserva a proprio favore della competenza di esecuzione di cui all’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012. |
60 |
Per quanto concerne la condizione relativa alla motivazione dell’attribuzione della competenza di esecuzione al Consiglio, il Tribunale, senza commettere errori di diritto, ai punti 74 e 76 della sentenza impugnata ha fatto riferimento alla giurisprudenza relativa all’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE. Infatti, la Corte ha statuito che il Consiglio è tenuto a giustificare debitamente, in funzione della natura e del contenuto dell’atto di base da adottare o da modificare, un’eccezione alla regola secondo la quale spetta normalmente alla Commissione esercitare la competenza di esecuzione (sentenze Parlamento/Consiglio, C‑133/06, EU:C:2008:257, punto 47 nonché Parlamento e Commissione/Consiglio, C‑124/13 e C‑125/13, EU:C:2015:790, punto 53). |
61 |
A tal proposito, occorre constatare che le decisioni e i regolamenti relativi alle misure restrittive concernenti la Repubblica islamica dell’Iran costituiscono una successione di atti modificati di frequente e sostituiti con regolarità, al fine di migliorarne la chiarezza e l’intellegibilità. Tuttavia, talune disposizioni sono simili in tutti questi regolamenti e decisioni. |
62 |
Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 83 e seguenti delle sue conclusioni, l’attribuzione della competenza di esecuzione al Consiglio era già prevista all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1), e all’articolo 36, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (GU L 281, pag. 1). La motivazione di queste due disposizioni era contenuta, rispettivamente, nel considerando 6 del regolamento n. 423/2007 e nel considerando 15 del regolamento n. 961/2010. Tale ultimo considerando dispone che «[l]a competenza a modificare gli elenchi di cui agli allegati VII e VIII del presente regolamento dovrebbe essere esercitata dal Consiglio, tenuto conto della specifica minaccia per la pace e la sicurezza internazionali costituita dall’Iran evidenziata dalla crescente preoccupazione per il suo programma nucleare sottolineata dal Consiglio europeo il 17 giugno 2010 e al fine di assicurare la coerenza con il processo di modifica e revisione degli allegati I e II della decisione 2010/413/PESC». |
63 |
Discende da tali elementi che l’attribuzione della competenza di esecuzione al Consiglio era giustificata, nei regolamenti che hanno preceduto il regolamento n. 267/2012, dalla coerenza richiesta tra le designazioni adottate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune e quelle adottate in base al Trattato FUE. |
64 |
Nel caso di specie, e tenuto conto della presenza della clausola che riserva la competenza di esecuzione al Consiglio e della sua giustificazione nei regolamenti anteriori al regolamento n. 267/2012, l’esistenza di tale competenza del Consiglio poteva essere intesa come facente parte del contesto in cui l’atto di cui trattasi è stato adottato ed essere considerata come debitamente motivata, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Ne consegue che la prima parte del terzo motivo è infondata. |
65 |
Poiché tale giustificazione conforta la motivazione esposta dal Tribunale ai punti 78 e 79 della sentenza impugnata, si deve constatare che la seconda parte del terzo motivo dell’impugnazione è parimenti infondata. |
66 |
Per quanto concerne il mancato riferimento all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, al fine di motivare l’attribuzione di competenza di cui all’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, occorre ricordare che l’omissione del riferimento ad una precisa disposizione del Trattato FUE non può costituire un vizio sostanziale qualora la base giuridica di un atto possa essere determinata con il sostegno di altri suoi elementi (sentenza Commissione/Consiglio, C 370/07, EU:C:2009:590, punto 56). Orbene, come giustamente osservato dal Tribunale ai punti 85 e 86 della sentenza impugnata, sebbene l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE non sia menzionato quale base giuridica dell’attribuzione della competenza di esecuzione di cui all’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, le disposizioni di tale regolamento consentono tuttavia di comprendere che il Consiglio si è riservato tale competenza in conformità alle condizioni enunciate all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Ne consegue che il quarto ed il quinto motivo sono infondati. |
67 |
Dall’insieme di tali elementi risulta che i motivi dal secondo al quinto devono essere respinti. |
Sul sesto motivo, vertente sull’illegittimità del criterio giuridico basato sul sostegno dato al governo iraniano
Argomenti delle parti
68 |
Con il suo sesto motivo, la NIOC contesta i punti 109 e seguenti della sentenza impugnata. Con tali punti, il Tribunale ha respinto l’eccezione di illegittimità del criterio giuridico vertente sulla fornitura di un sostegno al governo iraniano adottato all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, come modificata dalla decisione 2012/635, nonché all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 (in prosieguo: il «criterio controverso»), e sul quale si basa l’inserimento della NIOC negli elenchi di cui trattasi. Quest’ultima sosteneva che detto criterio, in quanto riguarda «altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e entità di loro proprietà o sotto il loro controllo o persone e entità ad essi associate», è contrario ai valori di libertà e dello Stato di diritto, consacrati all’articolo 2 TUE, ai quali le decisioni adottate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune devono conformarsi, in virtù degli articoli 21 TUE e 23 TUE. Il criterio controverso conferirebbe al Consiglio un potere derogatorio e incondizionato, che consentirebbe di sanzionare persone ed entità che forniscono un sostegno, in particolare finanziario, al governo iraniano, senza che esse siano implicate nel programma nucleare di cui trattasi. Nel novero delle stesse potrebbero così figurare un contribuente o un funzionario iraniano, o ancora un avvocato, abilitato ad esercitare in uno Stato membro dell’Unione, che difenda determinate entità pubbliche iraniane dinanzi al Tribunale. |
69 |
Questo motivo consta di tre parti. |
70 |
Con la prima parte di detto motivo, la NIOC afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nello statuire, al punto 115 della sentenza impugnata, che il potere di valutazione conferito al Consiglio attraverso il criterio controverso non è né arbitrario, né discrezionale e, al punto 123 di detta sentenza, che «il criterio controverso limita il potere discrezionale del Consiglio, istituendo criteri obiettivi, e garantisce il livello di prevedibilità richiesto dal diritto dell’Unione». |
71 |
La NIOC deduce che il Tribunale ha interpretato erroneamente il criterio controverso nel giudicare, al punto 119 della sentenza impugnata, che tale criterio «non si riferisce ad ogni forma di sostegno al governo iraniano, bensì alle forme di sostegno che, per la loro rilevanza quantitativa o qualitativa, contribuiscono allo svolgimento delle attività nucleari iraniane». Secondo la ricorrente, la precisazione relativa alla «rilevanza quantitativa o qualitativa» non figurerebbe nel regolamento n. 267/2012 e costituirebbe una «riscrittura» dello stesso da parte del Tribunale, a monte delle conclusioni di quest’ultimo circa la conformità di detto criterio ai requisiti di prevedibilità, chiarezza e assenza di ambiguità. |
72 |
La NIOC parimenti deduce che, ai punti 118 e 120 della sentenza impugnata, il Tribunale ha «occultato» il termine «anche», mentre questo indica chiaramente che l’elenco dei tipi di sostegno menzionati nel testo, ossia il sostegno finanziario, logistico o materiale, ha carattere puramente esemplificativo. |
73 |
La NIOC conclude che l’interpretazione del criterio controverso offerta dal Tribunale è erronea e che detto criterio non risponde ai requisiti di prevedibilità, di sufficiente chiarezza e di precisione richiesti dal diritto dell’Unione, poiché non consente di determinare le persone che possono essere oggetto di una misura restrittiva. |
74 |
Con la seconda parte del sesto motivo di impugnazione, la NIOC sostiene che, con la «riscrittura» del criterio controverso, il Tribunale ha violato il diritto di difesa, allorché la ricorrente non ha potuto contestare la non conformità della misura restrittiva che la colpisce rispetto a detto criterio così come «riscritto», che in tale veste non era conosciuto né dalla ricorrente né dal Consiglio. |
75 |
Con la terza parte del motivo in parola, la NIOC sostiene che i punti 119 e 140 della sentenza impugnata sono viziati da contraddizione. Al citato punto 119, il Tribunale dichiara che il criterio controverso riguarda le «forme di sostegno che, per la loro rilevanza quantitativa o qualitativa, contribuiscono allo svolgimento delle attività nucleari iraniane», mentre, a detto punto 140, il criterio riguarda «qualsiasi forma di sostegno che, pur senza presentare un nesso diretto o indiretto con lo sviluppo della proliferazione nucleare, sia tuttavia idoneo a favorirla per la sua rilevanza quantitativa o qualitativa, fornendo al governo iraniano risorse o facilitazioni di tipo materiale, finanziario o logistico che gli consentano di perseguire le sue attività di proliferazione nucleare». Orbene, secondo la ricorrente, un sostegno che non presenti un nesso, neppure indiretto, con lo sviluppo della proliferazione nucleare, non può, nel contempo, favorire un tale sviluppo. L’incoerenza che sussisterebbe tra il punto 119 e il punto 140 della sentenza impugnata costituirebbe un vizio di motivazione della sentenza in parola. |
76 |
Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta l’argomento della NIOC. |
Giudizio della Corte
77 |
Va ricordato, anzitutto, che, come la Corte ha statuito, occorre riconoscere al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale in settori che richiedono da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale, e rispetto ai quali esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di detto provvedimento (sentenze Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 33, e Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft,C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 120). |
78 |
In base alla giurisprudenza della Corte, un regolamento che prevede misure restrittive dev’essere interpretato alla luce non solo della decisione adottata nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, di cui all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, ma anche del contesto storico in cui si iscrivono le disposizioni adottate dall’Unione e in cui tale regolamento s’inserisce (v., in tal senso, sentenza Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft,C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 75, nonché ordinanza Georgias e a./Consiglio e Commissione, C‑545/14 P, EU:C:2015:791, punto 33). Ciò è vero anche nel caso di una decisione adottata nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, che dev’essere interpretata prendendo in considerazione il contesto in cui essa s’inserisce. |
79 |
È pertanto corretto quanto rilevato dal Tribunale al punto 118 della sentenza impugnata, ossia che il criterio controverso si colloca in un ambito giuridico chiaramente delimitato dagli obiettivi perseguiti dalla normativa che disciplina le misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran e che, in particolare, il considerando 13 della decisione 2012/35, la quale ha inserito una prima volta tale criterio nell’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413, precisa espressamente che il congelamento dei fondi deve essere applicato alle persone ed entità «che sostengono il governo iraniano consentendogli di esercitare attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o di sviluppare sistemi di lancio di armi nucleari, in particolare le persone e entità che danno il loro sostegno finanziario, logistico o materiale al governo dell’Iran». È parimenti corretta l’osservazione del Tribunale secondo cui l’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 enuncia altresì che tale sostegno può essere «finanziario, logistico o materiale». |
80 |
Da ciò la conclusione del Tribunale, espressa ai punti 119 e 120 della sentenza impugnata, per cui la modifica del criterio controverso aveva avuto lo scopo di ampliare il criterio di designazione, per riferirsi ad attività proprie della persona od entità interessata e che, anche se prive di per sé di qualsiasi legame diretto o indiretto con la proliferazione nucleare, sono tuttavia idonee a favorirne lo sviluppo, fornendo al governo iraniano risorse o facilitazioni, di tipo materiale, finanziario o logistico, che gli permettano di proseguire le attività di proliferazione. |
81 |
Tale interpretazione è confortata dall’evoluzione della normativa, esaminata alla luce dei documenti del Consiglio. Occorre, a tal proposito, ricordare che, al diciassettesimo considerando della risoluzione 1929, il Consiglio di sicurezza ha rilevato il «potenziale collegamento tra le entrate che l’Iran ricava dal suo settore dell’energia e il finanziamento delle sue attività nucleari sensibili in termini di proliferazione», e che tale collegamento è menzionato al punto 5 della sentenza impugnata. Per tener conto di tale elemento il Consiglio europeo, nella dichiarazione allegata alle sue conclusioni del 17 giugno 2010, ha invitato il Consiglio «Affari esteri» ad adottare, in occasione della sessione successiva, misure che attuassero quelle previste nella risoluzione 1929. Tale invito ha portato all’adozione di misure relative in particolare all’industria petrolifera tanto nella decisione 2010/413 che nel regolamento n. 961/2010. |
82 |
Poiché le citate misure si sono rivelate insufficienti a fermare o frenare il programma nucleare promosso dalla Repubblica islamica dell’Iran, il Consiglio europeo ha deciso, nelle sue conclusioni del 9 dicembre 2011, di ampliare il campo di applicazione delle misure restrittive prese dall’Unione, come sottolinea il considerando 6 della decisione 2012/35. Al punto 3 delle sue conclusioni sull’Iran del23 gennaio 2012, il Consiglio ha insistito sul fatto che le misure restrittive adottate lo stesso giorno miravano ad arrecare pregiudizio al finanziamento del programma nucleare iraniano da parte del governo iraniano e non riguardavano il popolo iraniano. |
83 |
È di tale obiettivo che il Tribunale ha tenuto conto quando ha dichiarato, al punto 119 della sentenza impugnata, che il criterio controverso riguarda le forme di sostegno al governo iraniano che, per la loro rilevanza quantitativa o qualitativa, contribuiscono allo svolgimento delle attività nucleari iraniane. Nel far ciò, il Tribunale non ha in alcun modo «riscritto» il citato criterio, ma ha fornito un’interpretazione alla luce degli obiettivi perseguiti dal Consiglio, quali risultano dall’evoluzione della normativa internazionale e della normativa dell’Unione relative alla Repubblica islamica dell’Iran. |
84 |
Occorre peraltro constatare che, contrariamente a quanto sostiene la NIOC, il Tribunale non ha snaturato il criterio controverso omettendo il termine «anche» nell’enunciazione di tale criterio, ai punti 118 e 120 della sentenza impugnata. Infatti, come rilevato dal Consiglio, il Tribunale ha utilizzato, al citato punto 118, l’espressione «in particolare», che figura al considerando 13 della decisione 2012/35, e che equivale al termine «anche». Parimenti, nell’ultimo periodo di detto punto 118, il Tribunale ha dichiarato che il sostegno in questione «può» essere materiale, logistico o finanziario, il che implica che altre forme di sostegno possono essere coperte dal criterio controverso. |
85 |
Allo stesso modo, contrariamente a quanto sostenuto dalla NIOC nella terza parte del sesto motivo di impugnazione, il Tribunale non è incorso in un vizio di contraddittorietà nella motivazione della sua sentenza, nello spiegare, al punto 119 della sentenza impugnata, che il criterio controverso riguarda le «forme di sostegno che, per la loro rilevanza quantitativa o qualitativa, contribuiscono allo svolgimento delle attività nucleari iraniane», per poi sottolineare, al punto 140 di tale sentenza, che detto criterio riguarda «qualsiasi forma di sostegno che, pur senza presentare un nesso diretto o indiretto con lo sviluppo della proliferazione nucleare, sia tuttavia idoneo a favorirla per la sua rilevanza quantitativa o qualitativa, fornendo al governo iraniano risorse o facilitazioni di tipo materiale, finanziario o logistico che gli consentano di perseguire le sue attività di proliferazione nucleare». |
86 |
Infatti, al punto 119 della sentenza impugnata, il Tribunale ha offerto l’interpretazione del criterio introdotto dalla decisione 2012/35 e dal regolamento n. 267/2012. Al punto 140 di tale sentenza, invece, ha spiegato in che modo l’introduzione del criterio controverso abbia stabilito un nesso tra la fornitura di sostegno al governo iraniano e il perseguimento di attività di proliferazione nucleare. A tal proposito, tale punto 140 non è viziato per mancanza di chiarezza che osterebbe ad una agevole comprensione, tenuto conto del contesto nel quale esso s’inserisce. |
87 |
Risulta dall’insieme di tali considerazioni che la NIOC non ha dimostrato, con il suo sesto motivo, che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’interpretazione che ha dato del criterio controverso, in replica al terzo motivo del ricorso con il quale è stato adito, vertente sull’illegittimità dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012. Il sesto motivo dell’impugnazione, che di conseguenza è infondato, deve essere respinto. |
88 |
Dato che tutti i motivi sono stati rigettati, l’impugnazione deve essere respinta. |
Sulle spese
89 |
Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. |
90 |
Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
91 |
La NIOC, rimasta soccombente nei motivi proposti, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo. |
92 |
In conformità dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la Commissione sopporta le proprie spese. |
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce: |
|
|
|
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il francese.