SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

25 novembre 2014 ( *1 )

«Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione che ordina un accertamento — Proporzionalità — Congruità — Necessità — Assenza di arbitrarietà — Motivazione»

Nella causa T‑402/13,

Orange, con sede in Parigi (Francia), rappresentata da J.-P. Gunther e A. Giraud, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Dawes e F. Ronkes Agerbeek, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento delle decisioni C (2013) 4103 final e C (2013) 4194 final della Commissione del 25 e del 27 giugno 2013, relative a un procedimento di applicazione dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, adottate nei confronti, rispettivamente, di France Télécom e di Orange nonché di tutte le società che le medesime controllano direttamente o indirettamente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da M. Prek (relatore), presidente, I. Labucka e V. Kreuschitz, giudici,

cancelliere: S. Bukšek Tomac, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 giugno 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

La ricorrente, Orange (prima del 1o luglio 2013, France Télécom SA), è una società per azioni di diritto francese il cui oggetto sociale è segnatamente la prestazione di servizi di comunicazione elettronica, ivi compresi servizi di telefonia fissa e mobile, di accesso a Internet destinati a società e persone fisiche. Nel settore di Internet, la ricorrente fornisce l’accesso allo stesso tramite la propria rete nazionale«Orange Internet» alla quale sono connessi i suoi clienti. Essa gestisce altresì la propria rete internazionale di fornitura del contenuto Internet «Open Transit International», interconnessa a Orange Internet, ma parimenti collegata a un complesso di altre reti internazionali.

Procedimento dinanzi all’Autorità francese garante della concorrenza

2

Il 9 maggio 2011, la Cogent Communications Inc. e la Cogent Communications France (in prosieguo, congiuntamente: la «Cogent») hanno presentato una denuncia all’Autorità francese garante della concorrenza (in prosieguo: l’«Autorità») contro alcune pratiche della ricorrente contrarie all’articolo L. 420‑2 del codice del commercio e all’articolo 102 TFUE. La Cogent sosteneva l’esistenza di un rifiuto di concedere l’accesso a un’infrastruttura essenziale nonché di pratiche di «tromboning», criticava l’esigua capacità di interconnessione che le era stata concessa dalla ricorrente a Parigi (Francia) e l’attuazione di una politica di fatturazione delle capacità aggiuntive nell’ambito di accordi di «peering», e denunciava una restrizione di propagazione di «prefissi/rotte alla pari» e pratiche di compressione dei margini.

3

Il 20 settembre 2012, l’Autorità ha adottato la decisione 12‑D‑18, relativa a talune pratiche attuate nel settore delle prestazioni di interconnessione reciproche in materia di connessione Internet. Dopo aver esaminato le pratiche denunciate dalla Cogent e il mercato interessato, l’Autorità, da una parte, ha in sostanza ritenuto che tali pratiche non avessero avuto luogo o non costituissero un abuso di posizione dominante, e, dall’altra, ha ritenuto prima facie che potesse eventualmente esistere solo una preoccupazione in materia di concorrenza derivante da un’eventuale compressione delle tariffe. In sostanza, era possibile che il livello molto basso dei prezzi fatturati dalla ricorrente ad alcuni fornitori indipendenti di contenuto e/o di applicazioni su Internet per l’accesso ai propri abbonati non potesse essere replicato dalla Cogent e potesse costituire una pratica di compressione delle tariffe. Constatando la scarsa trasparenza dei rapporti tra Orange Internet e Open Transit International, l’Autorità ha concluso che era difficile controllare la sussistenza di una pratica siffatta. In risposta a tale preoccupazione, la ricorrente ha proposto di assumere due impegni concernenti, da una parte, la formalizzazione di un protocollo interno tra Orange Internet e Open Transit International e, dall’altra, la verifica dell’attuazione del protocollo da parte dei servizi di istruzione dell’Autorità, impegni che sono divenuti obbligatori in virtù della decisione dell’Autorità.

Indagine della Commissione

4

Il 18 gennaio 2012, la Commissione europea ha rivolto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU L 1, pag. 1), alcune richieste di informazioni alla ricorrente nonché alla sua controllata polacca. Tali richieste di informazioni riguardavano eventuali comportamenti anticoncorrenziali relativi alla prestazione di servizi di connessione a Internet e all’accesso agli utenti finali connessi alle reti di telecomunicazioni nello Spazio economico europeo (SEE). La ricorrente e la sua filiale polacca hanno risposto a tali richieste il 15 febbraio 2012.

5

Il 25 giugno 2013, la Commissione ha adottato la decisione C (2013) 4103 final, del 25 giugno 2013, relativa a un procedimento di applicazione dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, rivolta a France Télécom nonché a tutte le società che la medesima controlla direttamente o indirettamente, ordinando alle stesse di sottoporsi ad un accertamento. In previsione della modifica della denominazione sociale della ricorrente, la Commissione ha adottato il 27 giugno 2013 la decisione C (2013) 4194 final, relativa a un procedimento di applicazione dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 del Consiglio, rivolta a Orange nonché a tutte le società che la medesima controlla direttamente o indirettamente, ordinando alle stesse di sottoporsi ad un accertamento. Fatta salva l’identificazione dei loro destinatari, il contenuto delle decisioni C (2013) 4103 final e C (2013) 4194 final è identico (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate»).

6

I considerando da 3 a 10 delle decisioni impugnate sono formulati come segue:

«(3)

La Commissione dispone di indizi quanto al fatto che [la ricorrente] possa detenere una posizione dominante su uno o più mercati pertinenti per quanto concerne la prestazione di servizi di connessione a internet.

(4)

La Commissione dispone di indizi quanto al fatto che [la ricorrente] potrebbe attuare pratiche che limitano e/o peggiorano la qualità dei servizi di connessione a internet nello SEE. Pratiche siffatte potrebbero includere:

a)

“Tromboning”. [La ricorrente] potrebbe consentire a taluni fornitori di transito di interconnettersi con una capacità adeguata alla rete [della ricorrente] solo in luoghi lontani, anche se la [ricorrente] e il fornitore o i fornitori di transito in esame sono presenti e potrebbero interconnettersi in luoghi più vicini nello SEE, ivi compreso sul territorio dello Stato o degli Stati membri in cui [la ricorrente stessa] offre servizi d’accesso internet a banda larga; e/o

b)

Congestione di porte. [La ricorrente] può rifiutare e/o ritardare l’aggiornamento della capacità di interconnessione con taluni fornitori di transito, determinando la congestione delle porte esistenti; e/o

c)

Restrizione di propagazione di rotte. Applicando restrizioni di propagazione di rotte nell’ambito delle proprie attività di transito, [la ricorrente] potrebbe costringere gli operatori di transito e le [reti di distribuzione di contenuto] a connettersi direttamente alla rete [della ricorrente] al fine di raggiungere gli utenti finali di [quest’ultima] o di fornire ai medesimi utenti finali un livello di qualità accettabile; e/o

d)

Rapporti di traffico restrittivi. [La ricorrente] potrebbe applicare rapporti di traffico restrittivi tra il traffico in entrata e il traffico in uscita, che limiterebbero il traffico in entrata degli operatori di transito destinato ai suoi utenti finali e/o potrebbe chiedere agli operatori di transito di eseguire un pagamento per il traffico in entrata oltre tale rapporto; e/o

e)

Compressione dei margini. La differenza tra il prezzo [della ricorrente] richiesto agli operatori di transito per l’accesso alla sua rete e i prezzi [della ricorrente] fatturati per i propri servizi potrebbe essere tale per cui alcuni operatori di transito altrettanto efficienti [rispetto alla ricorrente] non possono concorrere alla prestazione di alcuni servizi di transito.

(5)

Inoltre, le pratiche descritte nel precedente considerando 4 potrebbero aver posto alcuni fornitori indipendenti di contenuto e/o di applicazioni su Internet in una situazione di svantaggio concorrenziale per servire gli utenti finali [della ricorrente] rispetto alla consegna di contenuti e/o applicazioni simili da parte [della ricorrente] stessa.

(6)

La Commissione dispone di indizi quanto al fatto che le pratiche descritte nel precedente considerando 4 potrebbero aver avuto luogo almeno a partire dal 2005 e potrebbero essere ancora in corso. Tuttavia, non può escludersi che tali pratiche abbiano avuto luogo durante un periodo più lungo.

(7)

Qualora tali affermazioni siano fondate, le pratiche descritte nel precedente considerando 4 potrebbero costituire un’infrazione o una delle infrazioni di cui all’articolo 102 TFUE e all’articolo 54 dell’accordo SEE.

(8)

Affinché la Commissione possa verificare tutti gli elementi di fatto pertinenti che riguardano le pratiche descritte nel considerando 4 e il contesto nel quale esse hanno avuto luogo, è necessario procedere ad alcuni accertamenti ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003.

(9)

La Commissione dispone di indizi quanto al fatto che le pratiche descritte nel considerando 4 sono motivate da considerazioni soggette alla massima riservatezza, la cui conoscenza è limitata agli alti dirigenti [della ricorrente] e ad un numero limitato di dipendenti di fiducia [e che] la documentazione relativa a tali pratiche e alla loro motivazione sia limitata al minimo indispensabile e conservata in luoghi e/o mantenuta in una forma che faciliti il suo occultamento, la sua indisponibilità o distruzione in caso di accertamento.

(10)

Al fine di garantire l’efficacia degli accertamenti attuali, è essenziale che essi siano effettuati senza preavviso alle società sospettate di partecipare all’infrazione o alle infrazioni e che diversi accertamenti si svolgano contemporaneamente».

7

L’articolo 1 delle decisioni impugnate dispone al primo comma: «[La ricorrente], nonché tutte le società che la medesima controlla direttamente o indirettamente, sono tenute a sottoporsi ad un accertamento relativo alla loro eventuale partecipazione a pratiche contrarie all’articolo 102 TFUE e [al]l’articolo 54 dell’accordo SEE per quanto riguarda la prestazione di servizi di connessione a Internet».

8

Ai sensi dell’articolo 2 delle decisioni impugnate, «[l’]accertamento inizierà il 9 luglio 2013 o poco dopo».

9

L’articolo 3 delle decisioni impugnate specifica che «[t]ale decisione è rivolta [alla ricorrente] nonché a tutte le società che la medesima controlla direttamente o indirettamente[; la] presente decisione sarà notificata alle società cui è rivolta ai sensi dell’articolo 297, paragrafo 2, TFUE, immediatamente prima dell’accertamento».

10

L’accertamento si è svolto dal 9 luglio al 13 luglio 2013 e ha riguardato quattro siti della ricorrente. Il 17 luglio 2013, una copia/immagine dei dischi rigidi, effettuata durante l’indagine, è stata esaminata nei locali della Commissione in presenza dei rappresentanti della ricorrente.

Procedimento e conclusioni delle parti

11

Il 31 luglio 2013 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

12

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

13

Il 2 maggio 2014, a titolo di misura di organizzazione del procedimento ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 3, lettera a), del regolamento di procedura del Tribunale, il Tribunale ha posto una domanda per iscritto alla ricorrente, alla quale quest’ultima ha risposto entro il termine prescritto.

14

Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 18 giugno 2014.

15

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare le decisioni impugnate;

condannare la Commissione alle spese.

16

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

17

A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente propone due motivi, fondati, in sostanza, da una parte, sulla violazione dei principi di proporzionalità e di «buona amministrazione» e, dall’altra, sull’arbitrarietà delle decisioni impugnate.

Sul primo motivo, relativo, in sostanza, a una violazione dei principi di proporzionalità e di «buona amministrazione »

18

La ricorrente contesta la proporzionalità e la necessità dell’adozione di una misura di accertamento, giacché l’Autorità aveva indagato su alcune presunte infrazioni identiche e aveva adottato una decisione che accettava taluni impegni da parte sua senza ritenere la sussistenza di una violazione dell’articolo 102 TFUE, e del resto la Commissione non poteva che essere a conoscenza del procedimento aperto dall’Autorità e della decisione infine adottata. In tale contesto, essa menziona il principio di ne bis in idem, nonché l’obbligo della Commissione, in virtù del principio di «buona amministrazione», di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie. La ricorrente ritiene che la decisione dell’Autorità sia indubbiamente contraria a una misura di accertamento poiché, in primo luogo, la stessa è specificamente motivata e circostanziata, in secondo luogo, esclude l’esistenza del complesso delle pratiche su cui verte la denuncia in ragione della quale è stata adita l’Autorità, in terzo luogo, essa esprime alcuni giudizi favorevoli in merito al comportamento della ricorrente, e in quarto luogo, non è stato riscontrato alcun problema nell’attuazione dei suoi impegni. Nella replica, la ricorrente sostiene che l’adozione di una misura di accertamento non può essere considerata proporzionata qualora la Commissione non abbia previamente consultato il fascicolo del procedimento dinanzi all’Autorità.

19

La ricorrente sostiene altresì che, nel caso in cui si ammetta che sia conforme al principio di proporzionalità il fatto di condurre un accertamento che riguarda alcune pratiche la cui conformità al diritto della concorrenza dell’Unione sia stata già riconosciuta e riguardo alle quali la Commissione dispone di numerose informazioni, quest’ultima non potrebbe legittimamente far altro che cercare di procurarsene altre. Essa sostiene che ciò non è avvenuto nel caso di specie, poiché la Commissione ha svolto alcune ricerche i cui risultati potevano condurre solo a documenti che facevano già parte del fascicolo a sua disposizione. A tal proposito, si riferisce al fatto che, in primo luogo, la Commissione ha utilizzato nell’ambito delle proprie ricerche sui computer sequestrati alcune parole chiave connesse all’indagine dell’Autorità o agli impegni assunti, in secondo luogo, essa ha sequestrato le risposte al questionario precedentemente rivolto alla ricorrente e, in terzo luogo, l’unico dipendente formalmente ascoltato nel corso dell’indagine era stato già ascoltato dall’Autorità.

20

Infine, la ricorrente eccepisce il carattere sproporzionato della misura di accertamento poiché le presunte infrazioni enunciate al quarto considerando delle decisioni impugnate non sono, per loro natura, segrete. La stessa sottolinea che le stesse riguardano tutte la sua politica di «peering», che è pubblica e accessibile a chiunque dal suo sito Internet. Tale politica sarebbe altresì perfettamente conforme agli standard di mercato e trasparente per gli operatori del medesimo. La ricorrente sostiene altresì che la decisione di accertamento non può essere giustificata con l’intento di conoscere la motivazione della sua politica poiché, ai sensi di una giurisprudenza costante, la nozione di abuso di posizione dominante ha un contenuto oggettivo e non implica un’intenzione di nuocere.

21

La Commissione chiede che il primo motivo venga respinto.

22

A tal proposito, si deve ricordare che, ai sensi di una giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento dello scopo perseguito, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, Racc., EU:C:1990:391, punto 13, e del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑180/00, Racc., EU:C:2005:451, punto 103).

23

Inoltre, per quanto concerne una decisione che disponga un accertamento, il rispetto del principio di proporzionalità presuppone che i provvedimenti previsti non generino inconvenienti eccessivi e intollerabili rispetto agli scopi perseguiti da tale accertamento (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2002, Roquette Frères, C‑94/00, Racc., EU:C:2002:603, punto 76). Tuttavia, la scelta da compiersi da parte della Commissione fra un accertamento effettuato mediante semplice mandato e quello ordinato mediante decisione non dipende da circostanze quali la particolare gravità della situazione, l’urgenza estrema o la necessità di una discrezionalità assoluta, bensì dalle necessità di un’istruzione adeguata, tenuto conto delle particolarità della fattispecie. Pertanto, qualora una decisione di accertamento tenda unicamente a consentire alla Commissione di raccogliere gli elementi necessari per valutare l’eventuale sussistenza di una violazione del Trattato, tale decisione non lede il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenze del 26 giugno 1980, National Panasonic/Commissione, 136/79, Racc., EU:C:1980:169, punti da 28 a 30, e Roquette Frères, cit., EU:C:2002:603, punto 77).

24

Emerge altresì da una giurisprudenza costante che spetta alla Commissione valutare se un’informazione sia necessaria per poter scoprire un’infrazione alle norme sulla concorrenza e, anche se essa già dispone di indizi, o addirittura di elementi di prova circa l’esistenza di un’infrazione, la Commissione può a buon diritto ritenere necessario ordinare accertamenti ulteriori che le permettano di meglio valutare la trasgressione o la sua durata (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 1989, Orkem/Commissione, 374/87, Racc., EU:C:1989:387, punto 15, e Roquette Frères, cit. al punto 23 supra, EU:C:2002:603, punto 78).

25

Il presente motivo può essere inteso nel senso che include al contempo una critica della congruità delle decisioni impugnate, ossia la loro capacità di raggiungere gli obiettivi che perseguono, e della loro necessità, che implica l’assenza di un’alternativa meno vincolante rispetto alla misura di accertamento condotta. Il Tribunale ritiene, pertanto, opportuno dividere l’argomento della ricorrente illustrato nell’ambito del presente motivo in due capi distinti a seconda che essa contesti la congruità o la necessità delle decisioni impugnate.

Sul primo capo del motivo, relativo alla congruità delle decisioni impugnate

26

L’argomento della ricorrente può essere inteso nel senso che contesta la congruità delle decisioni impugnate poiché, in sostanza, l’Autorità ha già condotto un’indagine, in esito alla quale ha concluso che il suo comportamento era conforme non soltanto al diritto della concorrenza francese, ma anche all’articolo 102 TFUE. Pertanto, l’analisi della ricorrente si risolverebbe, in sostanza, nell’affermare che, nelle circostanze di cui al caso di specie, e alla luce dell’analisi contenuta nella decisione dell’Autorità, gli obiettivi contemplati dalle decisioni impugnate relativi alla verifica della compatibilità del comportamento della ricorrente con l’articolo 102 TFUE sono stati già raggiunti e che, pertanto, le predette decisioni non possono essere considerate idonee a raggiungerli.

27

È tuttavia giocoforza constatare che, seguendo un argomento del genere, una misura di accertamento sarebbe qualificata incongrua poiché le presunte infrazioni che essa prende in considerazione hanno già costituito l’oggetto di un’indagine a livello nazionale, fatto che sarebbe in contrasto diretto con la giurisprudenza costante secondo cui, in linea di principio, la Commissione non può essere vincolata da una decisione emessa da un giudice nazionale o da un’autorità nazionale in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 102 TFUE. La Commissione ha dunque il diritto di adottare in qualsiasi momento decisioni individuali per l’applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, anche qualora un accordo o una pratica costituisca già l’oggetto di una decisione di un giudice nazionale e la prevista decisione della Commissione sia in contrasto con la detta decisione giurisdizionale (v. sentenze del 14 dicembre 2000, Masterfoods e HB, C‑344/98, Racc., EU:C:2000:689, punto 48; dell’8 marzo 2007, France Télécom/Commissione, T‑339/04, Racc., EU:T:2007:80, punto 79, e del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, T‑271/03, Racc., EU:T:2008:101, punto 120).

28

Non può neppure essere accolto il riferimento al principio di ne bis in idem nel ricorso, quand’anche sia fatto valere a sostegno della contestazione della congruità delle decisioni impugnate, in quanto, in sostanza, non sarebbe congruo porre in essere una misura di accertamento riguardo a un comportamento per il quale la ricorrente sia stata dichiarata non responsabile.

29

Certamente, ai sensi di una giurisprudenza costante, il principio di ne bis in idem deve essere rispettato nei procedimenti volti a infliggere ammende a norma del diritto della concorrenza. Tale principio vieta, in materia di concorrenza, che un’impresa venga condannata o perseguita un’altra volta per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più impugnabile (v. sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, Racc., EU:C:2012:72, punto 94 e la giurisprudenza ivi citata).

30

Tuttavia, occorre sottolineare che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri non sono autorizzate ad adottare decisioni che dichiarino che un’impresa non ha violato l’articolo 101 TFUE o 102 TFUE, ossia che accertino l’assenza di violazione del predetto articolo, in quanto risulta sia dalla lettera sia dall’impianto sistematico del regolamento n. 1/2003 che dall’obiettivo perseguito da quest’ultimo che le constatazioni dell’assenza di violazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 102 TFUE sono riservate alla Commissione, anche se tale articolo è applicato in un procedimento condotto da un’autorità nazionale garante della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2011, Tele2 Polska, C‑375/09, Racc., EU:C:2011:270, punti da 20 a 30). La Corte ha, a tal riguardo, sottolineato segnatamente che l’adozione di una simile decisione «negativa» sul merito da parte di un’autorità nazionale garante della concorrenza rischierebbe di ledere l’applicazione uniforme dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 102 TFUE, che è uno degli obiettivi del regolamento n. 1/2003, messo in risalto dal suo primo considerando, dal momento che essa potrebbe impedire alla Commissione di constatare successivamente che la prassi di cui trattasi costituisce un’infrazione alle disposizioni in parola del diritto dell’Unione (v. sentenza Tele2 Polska, cit., EU:C:2011:270, punto 28).

31

Pertanto, qualora un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 5 del regolamento n. 1/2003, accetti taluni impegni o constati che non vi è motivo di intervenire, non si può ritenere che essa abbia adottato una decisione sull’assenza di violazione degli articoli 101 TFUE o 102 TFUE. La ricorrente non può pertanto far valere utilmente la decisione adottata dall’Autorità nei suoi confronti ai fini dell’applicazione del principio di ne bis in idem, nelle circostanze del caso di specie.

32

Inoltre, l’argomento della ricorrente può essere altresì inteso nel senso che contesta la congruità della misura di accertamento giacché la Commissione è stata informata del progetto di decisione dell’Autorità ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 e non si è avvalsa della facoltà offerta dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 di avviare essa stessa un procedimento volto a privare l’Autorità della sua competenza. La ricorrente sembra dedurne che la Commissione ha considerato che la decisione dell’Autorità fosse conforme all’articolo 102 TFUE o che il caso non fosse rilevante. In tale contesto, la ricorrente chiede al Tribunale, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, di chiedere la trasmissione di eventuali osservazioni scritte della Commissione a seguito della notificazione del progetto di decisione dell’Autorità.

33

A tal proposito, occorre ricordare, da una parte, i termini dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003:

«[a]l più tardi 30 giorni prima dell’adozione di una decisione volta a ordinare la cessazione di un’infrazione, ad accettare impegni o a revocare l’applicazione di un regolamento d’esenzione per categoria, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri informano la Commissione. A tal fine esse forniscono alla Commissione una presentazione del caso in questione, la decisione prevista o, in sua mancanza, qualsiasi altro documento che esponga la linea d’azione proposta. Tali informazioni possono essere fornite anche alle autorità garanti della concorrenza degli altri Stati membri. Su richiesta della Commissione, l’autorità garante della concorrenza che agisce rende disponibili alla Commissione altri documenti in suo possesso necessari alla valutazione della pratica. Le informazioni fornite alla Commissione possono essere messe a disposizione delle autorità garanti della concorrenza degli altri Stati membri. Le autorità nazionali garanti della concorrenza possono anche scambiarsi le informazioni necessarie alla valutazione di un caso di cui si occupano a norma dell’articolo [101 TFUE] o [102 TFUE]».

34

Dall’altra parte, l’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 così dispone:

«[l]’avvio di un procedimento da parte della Commissione per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare gli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE]. Qualora un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro stia già svolgendo un procedimento, la Commissione avvia il procedimento unicamente previa consultazione di quest’ultima».

35

Emerge, certamente, dal combinato disposto delle predette norme, che la ricezione da parte della Commissione dei progetti di decisioni di un’autorità nazionale garante della concorrenza, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, può essere l’occasione per la Commissione per esercitare la prerogativa e il potere discrezionale ad essa conferito dall’articolo 11, paragrafo 6, del medesimo regolamento di privare un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro della sua competenza ad applicare gli articoli 101 TFUE e 102 TFUE in un caso specifico.

36

Da quanto sopra non discende tuttavia che, nel caso in cui la Commissione non condivida la valutazione sull’applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE esposta nel progetto di decisione notificato dall’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro, o nel caso in cui essa nutra dubbi a tal proposito, essa sia necessariamente tenuta ad avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, né che il mancato avvio di un procedimento impedisca che essa possa successivamente procedere con la propria indagine per poi conseguire un risultato diverso da quello cui è pervenuta la predetta autorità garante della concorrenza.

37

A tal proposito, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la Commissione, investita dall’articolo 105, paragrafo 1, TFUE del compito di vigilare sull’applicazione dei principi fissati dagli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, è responsabile dell’attuazione e dell’orientamento della politica della concorrenza dell’Unione. Al fine di svolgere efficacemente tale compito, essa ha il diritto di attribuire un diverso grado di priorità alle denunce con cui viene adita e dispone a tal fine di un potere discrezionale (v. sentenze del 4 marzo 1999, Ufex e a./Commissione, C‑119/97 P, Racc., EU:C:1999:116, punto 88, e del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑449/98 P, Racc., EU:C:2001:275, punto 36). Il Tribunale ritiene che ciò valga altresì nel caso dell’attuazione dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

38

Questa concezione è d’altronde confermata dalla posizione che la Commissione ha chiarito nel paragrafo 54, lettera b), della sua comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43), secondo cui un’azione del genere è prevista solo in caso di manifesta contrarietà di un progetto di decisione notificata a una giurisprudenza costante. Non si può, pertanto, dedurre dalla predetta comunicazione che la Commissione abbia inteso imporsi di agire in tutte le circostanze in cui essa nutra un dubbio quanto alla conformità agli articoli 101 TFUE e 102 TFUE di un progetto di decisione notificato.

39

Pertanto, il mancato intervento della Commissione ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 non può essere considerato un’accettazione della fondatezza della decisione dell’Autorità con riferimento all’articolo 102 TFUE.

40

Di conseguenza, non si può trarre alcuna conclusione sulla congruità di un’indagine condotta dalla Commissione dal fatto che essa non abbia usato il potere conferitole dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 a seguito della notificazione di un progetto di decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza avente un oggetto simile.

41

Alla luce di quanto precede, le critiche avanzate contro la congruità delle decisioni impugnate non sono fondate e, pertanto, il primo capo del motivo deve essere respinto, senza accogliere la domanda di misura di organizzazione del procedimento presentata dalla ricorrente, menzionata al precedente punto 32.

Sul secondo motivo, relativo alla necessità delle decisioni impugnate

42

La ricorrente contesta la necessità delle decisioni impugnate per due motivi. Da una parte, essa contesta la necessità delle decisioni impugnate giacché vi sarebbe stata un’alternativa meno vincolante rispetto all’adozione di una misura di accertamento, consistente nell’esame del fascicolo del procedimento dinanzi all’Autorità e sostiene che, non procedendo a un esame siffatto, la Commissione non ha adempiuto al suo obbligo di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e, perciò, ha altresì violato il principio di «buona amministrazione». Dall’altra, la ricorrente contesta la necessità della misura di accertamento poiché la stessa avrebbe riguardato alcune informazioni già in possesso della Commissione o che avrebbero potuto esserlo senza adottare il predetto accertamento.

– Sulla censura relativa all’esistenza di un’alternativa meno vincolante rispetto alle decisioni impugnate nonché di una violazione del principio di buona amministrazione

43

Nella replica, la ricorrente afferma «che esisteva un modo meno vincolante con cui la Commissione poteva raggiungere il suo scopo (basandosi sulla normativa nazionale), modo che la Commissione ha ignorato, il che non avrebbe naturalmente pregiudicato la facoltà della Commissione, una volta raccolte ed esaminate tali informazioni, di decidere con ogni cognizione di causa se fosse ancora una misura proporzionata procedere a un accertamento». Per quanto concerne la possibilità che alla Commissione sia trasmesso il fascicolo dall’Autorità, oltre all’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, la ricorrente si riferisce all’articolo 18, paragrafo 6, e all’articolo 20, paragrafo 4, del medesimo regolamento.

44

La Commissione respinge tale argomento e sostiene che l’invocazione in fase di replica dell’articolo 18, paragrafo 6, e dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 è contraria all’articolo 48 del regolamento di procedura e deve, pertanto, essere dichiarata irricevibile.

45

Per quanto concerne, in primo luogo, la ricevibilità di tale argomentazione presentata in fase di replica, occorre ricordare che emerge dal combinato disposto dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura che l’atto introduttivo del giudizio deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi invocati, e che la produzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante la fase scritta. Cionondimeno, un motivo, oppure un argomento, che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con questo, va considerato ricevibile (v. sentenza del 14 marzo 2007, Aluminium Silicon Mill Products/Consiglio, T‑107/04, Racc., EU:T:2007:85, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).

46

Nella fattispecie, occorre rilevare che nell’atto introduttivo erano contenute ampie considerazioni per quanto riguarda l’esistenza della decisione dell’Autorità, il fatto che essa avrebbe dovuto essere tenuta in considerazione ai sensi del principio di «buona amministrazione» nonché la mancanza di proporzionalità delle decisioni impugnate in ragione dell’esistenza stessa della predetta decisione. Ne consegue che la ricorrente ha contestato, fin dall’atto introduttivo, la proporzionalità delle decisioni impugnate nelle loro varie componenti, basandosi sull’esistenza della decisione dell’Autorità. Di conseguenza, l’argomento contenuto nella replica e che rimette in discussione la necessità della misura di accertamento, dal momento che la Commissione poteva consultare il fascicolo del procedimento dinanzi all’Autorità ivi incluso laddove si riferisce all’articolo 18, paragrafo 6, e all’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, costituisce l’ampliamento di un motivo sollevato nell’atto introduttivo (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2014, Ferriere Nord/Commissione, T‑176/01, Racc., EU:T:2004:336, punto 136 e la giurisprudenza ivi citata).

47

Inoltre, solo dalla lettura del controricorso la ricorrente ha potuto riscontrare l’eventualità che la Commissione non avesse richiesto la trasmissione del fascicolo del procedimento dinanzi all’Autorità, prima dell’adozione delle decisioni impugnate. La Commissione vi sottolinea, infatti, che essa non disponeva, alla data di adozione delle decisioni impugnate, degli elementi del fascicolo del procedimento dinanzi all’Autorità e che essa non era tenuta a procurarsi tali documenti nell’ambito della propria cooperazione con l’Autorità. Pertanto, l’argomento contenuto nella replica deve essere altresì considerato fondato sulla base degli elementi di fatto che sono emersi nel corso del procedimento ed è altresì, per tale ragione, conforme all’articolo 48 del regolamento di procedura.

48

In secondo luogo e nel merito, occorre valutare se la trasmissione alla Commissione del fascicolo del procedimento dinanzi all’Autorità avrebbe potuto costituire un’alternativa meno vincolante, ma altrettanto efficace rispetto all’adozione di una misura di accertamento, per raggiungere l’obiettivo legittimo della Commissione, consistente nel conseguimento di informazioni ulteriori in merito alle presunte infrazioni sulle quali essa indagava.

49

Occorre, inoltre, sottolineare l’importanza di questo esame riguardo al dovere di diligenza a cui fa riferimento la ricorrente nei suoi scritti a proposito del principio di «buona amministrazione», che implica l’obbligo della Commissione di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (v. sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, Racc., EU:C:1991:438, punto 14, e del 16 settembre 2013, ATC e a./Commissione, T‑333/10, Racc., EU:T:2013:451, punto 84 e la giurisprudenza ivi citata).

50

In primo luogo, occorre osservare che il confronto tra le decisioni impugnate e quella dell’Autorità fa emergere una notevole somiglianza nella natura dei comportamenti che costituiscono l’oggetto delle rispettive indagini, dato che questi ultimi sono rappresentati da pratiche consistenti nella limitazione dell’accesso alle reti («tromboning», restrizioni di propagazione di reti), nella tariffazione dell’accesso alle predette reti (fatturazione della concessione di capacità supplementari, relazioni di traffici restrittivi e compressione dei margini) e nella discriminazione a favore dei contenuti proposti dalla ricorrente. Pertanto, l’indagine della Commissione si distingue da quella condotta dall’Autorità essenzialmente per le sue dimensioni geografica e temporale più ampie.

51

In secondo luogo, come già sottolineato al precedente punto 33, la Commissione, dopo essere stata informata ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, poteva chiedere che l’Autorità le trasmettesse gli elementi contenuti nel fascicolo di quest’ultima.

52

A tal riguardo, va osservato che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, la Commissione avrebbe avuto, in linea di principio, la facoltà di utilizzare come mezzo di prova gli elementi contenuti nel fascicolo dell’Autorità. Infatti, sebbene sia specificato al secondo paragrafo del medesimo articolo che «[l]e informazioni scambiate possono essere utilizzate come mezzo di prova soltanto ai fini dell’applicazione dell’articolo [101 TFUE] e [102 TFUE] e riguardo all’oggetto dell’indagine per il quale sono state raccolte dall’autorità che le trasmette (…)», tuttavia risulta che le presunte infrazioni previste dalla Commissione sono essenzialmente identiche e differiscono da quelle oggetto della decisione dell’Autorità solo per le loro dimensioni geografiche e temporali più ampie. Pertanto, la riserva di cui all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 non avrebbe costituito un ostacolo all’utilizzo da parte della Commissione dei documenti trasmessi dall’Autorità.

53

In terzo luogo, occorre sottolineare che il rispetto da parte della Commissione del dovere di diligenza rivestiva, nelle circostanze del caso di specie, un’importanza ancora più elevata in quanto la giurisprudenza le attribuisce un margine discrezionale in occasione dell’attuazione dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, al fine di salvaguardare l’effetto utile di tale disposizione (v. in tal senso e per analogia, ordinanza del 17 novembre 2005, Minoan Lines/Commissione, C‑121/04 P, EU:C:2005:695, punto 36). Infatti, in un sistema del genere, il rispetto delle garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi, fra cui l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare, con cura ed imparzialità, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie, riveste un’importanza ancora maggiore (v. in tale senso, sentenze del 30 settembre 2003, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑191/98 e da T‑212/98 a T‑214/98, Racc., EU:T:2003:245, punto 404 e la giurisprudenza ivi citata, e ATC e a./Commissione, cit. al punto 49 supra, EU:T:2013:451, punto 84).

54

Infine, in quarto luogo, nel caso di specie, il rispetto di tale obbligo sembra ancor più importante in quanto l’esercizio presso un’impresa dei poteri di accertamento, conferiti alla Commissione dall’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, costituisce un’ingerenza evidente nel diritto di quest’ultima al rispetto della sua vita privata, del suo domicilio e della sua corrispondenza (v. in tal senso, ordinanza del 30 marzo 2006, Strintzis Lines Shipping/Commissione, C‑110/04 P, EU:C:2006:211, punti 32 e 33).

55

Certamente, nella presente causa, può sembrare quanto meno deplorevole che la Commissione abbia subito scelto una misura di accertamento senza verificare preliminarmente le informazioni che l’Autorità aveva potuto ottenere riguardo a comportamenti simili.

56

Resta il fatto che ciò non può inficiare la legittimità delle decisioni impugnate. Infatti, nelle circostanze del caso di specie, come la Commissione ha correttamente sostenuto, l’esame del fascicolo in possesso dell’Autorità non costituiva un’alternativa all’adozione di una misura di accertamento, poiché l’Autorità non aveva svolto alcun accertamento nei locali della ricorrente e la sua decisione era stata dunque adottata solo sulla base di informazioni volontariamente fornite da quest’ultima.

57

Pertanto, nelle circostanze del caso di specie, le necessità di un’istruzione adeguata ed efficace potevano giustificare l’adozione di un accertamento, posto che tale misura era l’unica in grado di consentire alla Commissione di raccogliere informazioni che, per loro natura, potevano non esser state fornite volontariamente dalla ricorrente nell’ambito del procedimento dinanzi all’Autorità.

58

A tal proposito, la Commissione sostiene che uno degli oggetti della misura di accertamento era la ricerca dei documenti relativi alla strategia commerciale della ricorrente ed eventualmente rivelatori dell’esistenza di un intento o di un piano per escludere la concorrenza.

59

Orbene, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, elementi siffatti sono potenzialmente pertinenti per l’esame delle infrazioni sospettate dalla Commissione.

60

Certamente, come ribadisce la ricorrente, la nozione di abuso ha un contenuto obiettivo e non implica alcuna intenzione di nuocere (v. sentenza del 12 dicembre 2000, Aéroports de Paris/Commissione, T‑128/98, Racc., EU:T:2000:290, punto 173).

61

Non può tuttavia dedursi che alcuni elementi relativi all’intento della ricorrente nel momento in cui ha adottato la sua strategia commerciale siano irrilevanti. Come la Corte ha avuto modo di sottolineare, quando la Commissione procede alla valutazione del comportamento di un’impresa in posizione dominante – valutazione che è indispensabile per concludere se vi sia abuso di tale posizione – essa deve necessariamente valutare la strategia commerciale di detta impresa. In tale contesto appare normale che la Commissione evochi fattori di natura soggettiva, ossia il movente che è sotteso alla strategia commerciale in questione. Pertanto, se è vero che la Commissione non è punto tenuta a dimostrare l’esistenza di un tale intento anticoncorrenziale in capo all’impresa in posizione dominante ai fini dell’applicazione dell’articolo 102 TFUE, un siffatto intento può cionondimeno essere preso in considerazione (v. sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, Racc., EU:C:2012:221, punti da 17 a 21).

62

Per le stesse ragioni, vanno respinti gli argomenti della ricorrente che contestano la necessità della misura di accertamento, giacché le informazioni ricercate sarebbero pubbliche o sarebbero già in possesso della Commissione per effetto delle risposte alle sue precedenti domande.

63

Invero, quand’anche, come sostiene la ricorrente, le presunte infrazioni contemplate nelle decisioni impugnate derivino tutte dalla politica di «peering» della ricorrente e le particolarità della stessa rivestano carattere pubblico, ciò non vale per un eventuale movente anticoncorrenziale che avrebbe potuto indurre all’adozione di tale politica. Poiché gli elementi che caratterizzano un tale movente sono per natura segreti, è poco probabile che essi possano risultare dalla presentazione pubblica della politica della ricorrente e non è stato affatto dimostrato che essi sono contenuti nelle risposte alle richieste di informazioni che le aveva inviato la Commissione.

64

Pertanto, alla luce di tutte le precedenti considerazioni, si deve concludere che la Commissione poteva ragionevolmente ritenere, nelle date di adozione delle decisioni impugnate, che non esistesse alcuna alternativa meno vincolante rispetto all’adozione di una misura di accertamento. Ne consegue che la Commissione non ha violato il principio di proporzionalità da questo punto di vista, né, alla luce delle circostanze del caso di specie, il dovere di diligenza.

65

La prima censura deve essere pertanto respinta.

– Sulla censura relativa al fatto che la Commissione non avrebbe cercato nuovi elementi

66

La ricorrente sostiene che la Commissione può validamente cercare solo elementi ulteriori rispetto a quelli che sono già in suo possesso. Essa rileva che la Commissione ha effettuato ricerche i cui risultati potevano condurre solo a documenti che facevano già parte del fascicolo in suo possesso o del fascicolo dinanzi all’Autorità, al quale la stessa poteva accedere. A sostegno di tale argomentazione, sostiene che la Commissione ha utilizzato, nell’ambito delle proprie ricerche sui computer sequestrati, alcune parole chiave e ha sequestrato alcuni documenti connessi alle sue risposte alle domande dell’Autorità, alle precedenti domande di informazioni della Commissione nonché all’impegno che essa si era assunta dinanzi all’Autorità. Essa fa altresì notare che l’unico dipendente che ha costituito l’oggetto di un’audizione formale da parte della Commissione era stato già ascoltato dall’Autorità.

67

Pertanto, la ricorrente contesta in sostanza la necessità delle decisioni impugnate giacché l’accertamento condotto avrebbe riguardato elementi già in possesso della Commissione o che avrebbero potuto esserlo tramite un esame del fascicolo dell’Autorità.

68

Ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedente punto 24, spetta alla Commissione valutare se un’informazione sia necessaria per poter scoprire un’infrazione alle norme sulla concorrenza e, anche se già dispone di indizi, o addirittura di elementi di prova circa l’esistenza di un’infrazione, la Commissione può a buon diritto ritenere necessario disporre accertamenti ulteriori che le permettano di meglio valutare la trasgressione o la sua durata.

69

Orbene, da una parte, occorre osservare che la ricorrente non afferma né dimostra che l’accertamento sarebbe esclusivamente o essenzialmente consistito nella ricerca di elementi connessi al procedimento dinanzi all’Autorità e alle sue risposte alle richieste di informazioni. A tal proposito, si deve constatare che la ricorrente si limita a fornire alcuni esempi di parole chiave e di documenti sequestrati, sebbene l’accertamento sia durato circa quattro giorni e abbia riguardato vari locali.

70

Dall’altra parte, per ragioni analoghe a quelle esposte ai precedenti punti da 55 a 61, deve ritenersi che la Commissione potesse legittimamente cercare informazioni che, sebbene connesse al procedimento dinanzi all’Autorità o alle risposte fornite dalla ricorrente alle proprie richieste di informazioni, era improbabile fossero, per loro natura, rivelate dalla ricorrente, in particolare perché le stesse eventualmente avrebbero rivelato l’esistenza di un intento o di un piano per escludere la concorrenza.

71

Occorre pertanto respingere tale censura e, di conseguenza, il secondo capo del primo motivo.

72

Inoltre, ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedente punto 22, una misura, anche se congrua e necessaria per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti, non deve causare inconvenienti sproporzionati rispetto ai predetti scopi. In particolare, emerge dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 23 che, per quanto concerne una decisione che ordini un accertamento, il rispetto del principio di proporzionalità presuppone che i provvedimenti previsti non generino inconvenienti eccessivi e intollerabili rispetto agli scopi perseguiti da tale accertamento.

73

Nel caso di specie, non risulta dagli scritti della ricorrente che essa contesti l’entità degli inconvenienti causati dall’accertamento condotto nei suoi locali. In ogni caso, si deve sottolineare che l’entità del predetto accertamento e gli inconvenienti che esso abbia potuto causare, secondo quanto indicato nel ricorso, ossia una durata di quattro giorni, su quattro siti, la visita di 18 uffici, il sequestro di 11 computer e di 5 Smartphone, l’audizione di una persona oltre all’analisi e all’indicizzazione di 34 caselle di posta elettronica del personale nonché l’esame della copia-immagine dei dischi rigidi nei locali della Commissione in presenza di rappresentanti della ricorrente – nel caso di specie non possono essere considerati sproporzionati alla luce delle presunte infrazioni sulle quali la Commissione ha indagato.

74

Il primo motivo deve pertanto essere totalmente respinto.

Sul secondo motivo, relativo all’arbitrarietà della misura di accertamento

75

Nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente sostiene che spetta al Tribunale garantire l’assenza di arbitrarietà di una decisione di accertamento e che tale esame deve consistere nella verifica del carattere sufficientemente serio e circostanziato degli indizi in possesso della Commissione prima di adottare la decisione di accertamento. Essa sottolinea altresì di non essere tenuta ad apportare elementi di prova che consentano di mettere in dubbio la serietà degli indizi in possesso della Commissione affinché il Tribunale li esamini. Nella fattispecie, la ricorrente ritiene che sia l’identità delle decisioni impugnate e della decisione dell’Autorità sia il comportamento della Commissione durante l’indagine, laddove ha utilizzato parole chiave in relazione al procedimento dinanzi all’Autorità, rivelano l’assenza di indizi seri e circostanziati, preliminarmente all’adozione della misura di accertamento. Nella replica, essa sostiene di aver chiesto al Tribunale, sin dalla fase dell’atto introduttivo, di verificare gli indizi in possesso della Commissione.

76

In primo luogo, la Commissione fa notare che l’obbligo ad essa imposto dall’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 di indicare l’oggetto e lo scopo dell’accertamento è qualificato dalla giurisprudenza come un requisito fondamentale affinché, segnatamente, risulti il carattere motivato dell’azione prevista all’interno delle imprese interessate. In secondo luogo, essa ritiene che la ricorrente non abbia chiesto, nel ricorso, al Tribunale di ordinare la produzione degli indizi di cui l’istituzione disponeva prima dell’adozione delle decisioni impugnate. La stessa sostiene che una domanda siffatta, quando sia effettuata in fase di replica, deve essere considerata irricevibile.

77

Per quanto concerne la risposta da dare al presente motivo, occorre tenere presente che il procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 1/2003, che si svolge dinanzi alla Commissione, si suddivide in due fasi distinte e successive ciascuna delle quali risponde ad una propria logica interna, ossia una fase di indagine preliminare, da un lato, e una fase contraddittoria, dall’altro. La fase di indagine preliminare, durante la quale la Commissione usa i suoi poteri di indagine previsti dal regolamento n. 1/2003 e che si estende sino alla comunicazione degli addebiti, è destinata a consentire alla Commissione di raccogliere tutti gli elementi pertinenti che confermino o meno l’esistenza di un’infrazione alle norme sulla concorrenza e di prendere una posizione iniziale sull’orientamento nonché sull’ulteriore seguito da dare al procedimento. La fase contraddittoria, dal canto suo, che va dalla comunicazione degli addebiti all’adozione della decisione finale, deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sull’infrazione addebitata (v., in tal senso, sentenze del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, Racc., EU:C:2011:620, punto 113 e la giurisprudenza ivi citata, e dell’8 luglio 2008, AC‑Treuhand/Commissione, T‑99/04, Racc., EU:T:2008:256, punto 47).

78

Da un lato, riguardo alla fase di indagini preliminari, essa ha come punto di partenza la data in cui la Commissione, nell’esercizio dei poteri ad essa conferiti dagli articoli 18 e 20 del regolamento n. 1/2003, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione e che determinano importanti ripercussioni sulla situazione delle imprese sospettate. Dall’altro, è solo all’inizio della fase contraddittoria amministrativa che l’impresa interessata viene informata, mediante la comunicazione degli addebiti, di tutti gli elementi essenziali su cui si fonda la Commissione in tale fase del procedimento e che tale impresa dispone di un diritto di accesso al fascicolo al fine di garantire l’esercizio effettivo dei suoi diritti della difesa. Di conseguenza, solo dopo l’invio della comunicazione degli addebiti l’impresa interessata può pienamente avvalersi dei suoi diritti della difesa. Laddove, infatti, tali diritti fossero estesi alla fase che precede l’invio della comunicazione degli addebiti l’efficacia dell’indagine della Commissione risulterebbe compromessa, in quanto l’impresa interessata sarebbe in grado, già dalla fase d’indagine preliminare, di identificare le informazioni note alla Commissione e, pertanto, quelle che possono esserle ancora nascoste (v., in tal senso, sentenza AC‑Treuhand/Commissione, cit. al punto 77 supra, EU:T:2008:256, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata).

79

Tuttavia, le misure istruttorie adottate dalla Commissione durante la fase di indagine preliminare, segnatamente le misure di accertamento e le richieste di informazioni, implicano per loro natura la contestazione di un’infrazione e sono atte a determinare conseguenze importanti sulla situazione delle imprese sospettate. Pertanto, occorre evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi durante tale fase del procedimento amministrativo dal momento che le misure istruttorie adottate possono avere un carattere determinante per la costituzione di prove attestanti l’illegittimità di comportamenti di imprese che possono farne sorgere la responsabilità (v. sentenza AC‑Treuhand/Commissione, cit. al punto 77 supra, EU:T:2008:256, punti 50 e 51; v. altresì, in tal senso, sentenze del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, Racc., EU:C:1989:337, punto 15, e Elf Aquitaine/Commissione, cit. al punto 77 supra, EU:C:2011:620, punti 116 e 117 e la giurisprudenza ivi citata).

80

In tale contesto, occorre ricordare che l’obbligo imposto dall’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003, di indicare l’oggetto e lo scopo di un accertamento rappresenta una garanzia fondamentale per i diritti della difesa delle imprese interessate e, di conseguenza, la portata dell’obbligo di motivazione delle decisioni di accertamento non può essere limitata in base a considerazioni relative all’efficacia dell’indagine. A questo proposito, va precisato che la Commissione, anche se non è tenuta a comunicare al destinatario di una decisione di accertamento tutte le informazioni di cui è in possesso quanto ad asserite infrazioni, né a delimitare con precisione il mercato di cui trattasi, a procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni stesse o a indicare il periodo durante il quale sarebbero state commesse deve però chiaramente precisare gli indizi che intende verificare, ossia l’oggetto della ricerca nonché gli elementi in relazione ai quali deve essere svolto l’accertamento (v. in tal senso, sentenze, Hoechst/Commissione, punto 79 supra, EU:C:1989:337, punto 41; del 17 ottobre 1989, Dow Benelux/Commissione, 85/87, Racc., EU:C:1989:379, punto 10, e Roquette Frères, cit. al punto 23 supra, EU:C:2002:603, punto 48).

81

Alla luce di quanto precede, non si può imporre alla Commissione di indicare, al momento della fase di indagine preliminare, oltre alle presunte infrazioni che essa intende verificare, gli indizi, vale a dire gli elementi che la inducono a considerare l’ipotesi di una violazione dell’articolo 102 TFUE. In effetti, un obbligo del genere rimetterebbe in discussione l’equilibrio stabilito dalla giurisprudenza tra la tutela dell’efficacia dell’indagine e la tutela dei diritti della difesa dell’impresa interessata.

82

Non può tuttavia dedursene che la Commissione non debba essere in possesso di elementi che la inducano a prevedere l’ipotesi di una violazione dell’articolo 102 TFUE prima dell’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003.

83

Invero, occorre ricordare che l’esigenza di una tutela nei confronti di interventi dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di una persona, sia fisica che giuridica, che siano arbitrari o sproporzionati rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione (v. sentenze Roquette Frères, cit. al punto 23 supra, EU:C:2002:603, punto 27; del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione, T‑135/09, Racc., EU:T:2012:596, punto 40, e Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi Energia/Commissione, T‑140/09, EU:T:2012:597, punto 35).

84

Orbene, al fine di rispettare tale principio generale, una decisione di accertamento deve mirare a raccogliere la documentazione necessaria per accertare la verità e la portata di determinate situazioni di fatto e di diritto in merito alle quali la Commissione dispone già di informazioni, che costituiscono indizi sufficientemente seri da legittimare il sospetto di un’infrazione alle regole di concorrenza (v. sentenze Nexans France e Nexans/Commissione, cit. al punto 83 supra, EU:T:2012:596, punto 43, e Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi Energia/Commissione, cit. al punto 83 supra, EU:T:2012:597, punto 38; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza Roquette Frères, cit. al punto 23 supra, EU:C:2002:603, punti 54 e 55).

85

Per quanto concerne, in primo luogo, la ricevibilità della domanda presentata dalla ricorrente finalizzata a far sì che il Tribunale verifichi gli indizi in possesso della Commissione, contestata da quest’ultima in ragione del fatto che essa era stata presentata per la prima volta in fase di replica, emerge certamente dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 45 che la produzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento, ma che un motivo, oppure un argomento, che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio, e che sia strettamente connesso con questo, deve essere considerato ricevibile.

86

Occorre osservare che anche se la ricorrente non ha esplicitamente chiesto al Tribunale, nel ricorso, di verificare gli indizi in possesso della Commissione, emerge necessariamente dalle considerazioni relative al secondo motivo e in particolare dai punti da 98 a 103 del ricorso, che tale fosse il significato della sua argomentazione. Inoltre, la domanda che figura in maniera più esplicita nei punti da 67 a 72 della replica è strettamente connessa alle considerazioni di cui ai punti da 98 a 103 del ricorso. Pertanto, in ogni caso, la domanda che figura esplicitamente nel ricorso costituisce un’estensione del secondo motivo ed è quindi altresì ricevibile in quanto tale.

87

Per quanto concerne, in secondo luogo, la questione se vada accolta, nella fattispecie, la domanda presentata dalla ricorrente, occorre sottolineare che l’esame della sussistenza di indizi sufficientemente seri, in possesso della Commissione, che consentano di sospettare di una violazione delle regole sulla concorrenza prima dell’adozione di una decisione di accertamento non costituisce l’unico motivo che consente al Tribunale di garantire l’assenza di arbitrarietà della predetta decisione.

88

Da un lato, solo nelle circostanze in cui sia investito di una domanda a tal fine e quando le imprese destinatarie di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 presentano taluni elementi che mettono in dubbio il carattere sufficientemente serio degli indizi di cui la Commissione disponeva per adottare una tale decisione, il Tribunale può ritenere necessario procedere a una siffatta verifica (v., in tal senso, sentenze Nexans France e Nexans/Commissione, cit. al punto 83 supra, EU:T:2012:596, punto 72, e Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi Energia/Commissione, cit. al punto 83 supra, EU:T:2012:597, punto 70; v., per analogia, sentenza del 14 marzo 2014, Cementos Portland Valderrivas/Commissione, T‑296/11, Racc., EU:T:2014:121, punto 42).

89

Del resto, occorre ricordare che il controllo della motivazione di una decisione consente altresì al giudice di garantire il rispetto del principio di tutela contro le azioni arbitrarie e sproporzionate, in quanto la predetta motivazione consente di evidenziare il carattere motivato dell’azione prevista all’interno delle imprese interessate (v. sentenze Hoechst/Commissione, cit. al punto 79 supra, EU:C:1989:337, punto 29; Roquette Frères, cit. al punto 23 supra, EU:C:2002:603, punto 47; France Télécom/Commissione, cit. al punto 27 supra, EU:T:2007:80, punto 57).

90

A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 definisce gli elementi essenziali che devono essere contenuti in una decisione che dispone un accertamento, imponendo, segnatamente, alla Commissione di indicare l’oggetto e lo scopo dell’accertamento ordinato. In virtù di tale obbligo, emerge dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 80 che spetta alla Commissione indicare, con la maggiore precisione possibile, le presunzioni che intende verificare, ossia l’oggetto della ricerca nonché gli elementi in relazione ai quali deve essere svolto l’accertamento.

91

Pertanto, qualora il Tribunale ritenga che le presunzioni che la Commissione intende verificare e gli elementi in relazione ai quali deve essere svolto l’accertamento siano definiti con sufficiente precisione, esso può concludere che una decisione di accertamento non è arbitraria, senza che sia necessario verificare materialmente il tenore degli indizi in possesso della Commissione alla data di adozione della stessa.

92

Orbene, si deve osservare che questo è il caso relativo alle decisioni impugnate. Come emerge dai loro considerando da 3 a 10, riprodotti al precedente punto 6, la natura delle restrizioni alla concorrenza sospettate è definita in termini sufficientemente precisi e dettagliati. Si tratta quindi di eventuali violazioni dell’articolo 102 TFUE in ragione di pratiche consistenti, da un lato, nella limitazione dell’accesso alle reti della ricorrente («tromboning», congestione di porte e restrizioni di propagazione di rotte) e, dall’altro, nella tariffazione dell’accesso alle predette reti (fatturazione dell’attribuzione di capacità ulteriori, relazioni di traffici restrittivi e compressione dei margini). Inoltre, le decisioni impugnate spiegano come il comportamento della ricorrente possa rientrare in ciascuna delle pratiche sospettate.

93

In tali circostanze, il Tribunale è in grado di ritenere che le decisioni impugnate non siano arbitrarie solo sulla base dei motivi enunciati nelle decisioni impugnate, senza che sia necessario procedere all’esame degli indizi in possesso della Commissione alla data della loro adozione.

94

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere il secondo motivo e, di conseguenza, l’intero ricorso.

Sulle spese

95

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Orange è condannata alle spese.

 

Prek

Labucka

Kreuschitz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 25 novembre 2014.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.