SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

4 maggio 2017 (*)

«Clausola compromissoria – Contratti di sovvenzione stipulati nell’ambito del sesto programma quadro di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2002-2006) – Contratti di sovvenzione stipulati nell’ambito del programma quadro per l’innovazione e la competitività (2007-2013) – Rimborso delle somme versate – Saldo da pagare dell’importo complessivo del contributo finanziario riconosciuto alla ricorrente – Costi ammissibili – Responsabilità contrattuale»

Nella causa T‑744/14,

Meta Group Srl, con sede in Roma (Italia), rappresentata da A. Bartolini e A. Formica, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da D. Recchia e R. Lyal, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso, ai sensi dell’articolo 272 TFUE, diretto a far accertare l’inadempimento da parte della Commissione delle obbligazioni pecuniarie derivanti da diversi contratti di sovvenzione stipulati con la ricorrente a titolo del sesto programma quadro della Comunità europea di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all’innovazione (2002-2006) e del programma quadro per l’innovazione e la competitività (2007-2013); a far dichiarare il carattere illecito delle compensazioni effettuate dalla Commissione in relazione ai crediti vantati dalla ricorrente; a far condannare la Commissione al pagamento in favore della ricorrente degli importi dovuti in ottemperanza dei citati contratti di sovvenzione, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria, nonché ad ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, D. Spielmann e P. Xuereb, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, Meta Group Srl, è una società italiana che opera principalmente nel miglioramento dei processi d’innovazione a livello nazionale e internazionale e nella conduzione di attività di ricerca e sviluppo su tematiche affini.

2        La ricorrente ha concluso diversi contratti di sovvenzione con l’Unione europea aventi ad oggetto la realizzazione di alcuni progetti. Tali contratti sono stati stipulati tra l’Unione, rappresentata dalla Commissione europea, da una parte, ed un coordinatore e i membri di un consorzio, tra i quali figura la ricorrente, dall’altra.

3        Nove di questi contratti sono stati stipulati nell’ambito del sesto programma quadro istituito con la decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa al sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all’innovazione (2002-2006) (GU 2002, L 232, pag. 1), e con il regolamento (CE) n. 2321/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativo alle regole di partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università, nonché alle regole di diffusione dei risultati della ricerca, per l’attuazione del sesto programma quadro della Comunità europea (2002-2006) (GU 2002, L 355, pag. 23) (in prosieguo: il «programma FP6»). Si tratta dei contratti di sovvenzione relativi ai progetti «Innovation Coach», stipulato il 26 settembre 2005 e recante il numero 517557 (IRE6) (in prosieguo: il «contratto Innovation Coach»); «Maris», stipulato il 6 ottobre 2005 e recante il numero 517539 (IRE6) (in prosieguo: il «contratto Maris»); «Ris Mazowia», stipulato il 12 ottobre 2005 e recante il numero 517548 (IRE6) (in prosieguo: il «contratto Ris Mazowia»); «Connect-2-Ideas», stipulato il 28 giugno 2006 e recante il numero 030583 (INN7) (in prosieguo: il «contratto Connect-2-Ideas»); «Easy», stipulato l’8 novembre 2006 e recante il numero 038892 (in prosieguo: il «contratto Easy»); «Ris Malopolska», stipulato il 15 dicembre 2005 e recante il numero 014660 (IRE6) (in prosieguo: il «contratto Ris Malopolska»); «InnSoM», stipulato il 5 ottobre 2005 e recante il numero 517529 (IRE6) (in prosieguo: il «contratto InnSoM»); «Ris Trnava», stipulato il 15 settembre 2005 e recante il numero 014637 (IRE6) (in prosieguo il «contratto Ris Trnava»), e «Ris WS», stipulato il 6 ottobre 2005 e recante il numero 014668 (IRE6) (in prosieguo: il «contratto Ris WS») (in prosieguo, considerati nel loro insieme: i «contratti FP6»).

4        Altri tre contratti sono stati stipulati nell’ambito del programma quadro per la competitività e l’innovazione (2007-2013) stabilito con la decisione 1639/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006 (GU 2006, L 310, pag. 15; in prosieguo: il «programma quadro CIP»). Si tratta dei contratti relativi ai progetti: «BCreative», stipulato il 1° dicembre 2009 e recante il numero 245599 (in prosieguo: il «contratto BCreative»); «Take It Up», stipulato il 14 dicembre 2009 e recante il numero 245637 (in prosieguo: il «contratto Take It Up»), ed «Ecolink+», stipulato il 14 dicembre 2009 e recante il numero 256224 (in prosieguo: il «contratto Ecolink+») (in prosieguo, considerati nel loro insieme: i «contratti CIP»).

 Sui contratti FP6

5        I contratti FP6, redatti conformemente al modello di un contratto tipo, includono, oltre al testo principale, diversi allegati, il primo dei quali reca la descrizione del programma corrispondente e il secondo dei quali contiene le condizioni generali applicabili.

6        L’articolo 12 dei contratti FP6 prevede che il diritto ad essi applicabile sia quello belga.

7        L’articolo 13 dei contratti FP6 contiene una clausola compromissoria secondo la quale il Tribunale o la Corte sono competenti, a seconda dei casi, a risolvere le controversie tra l’Unione e i contraenti relative alla validità, all’applicazione o all’interpretazione dei medesimi contratti.

8        L’articolo 14 dei contratti FP6 prevede che le condizioni generali, enunciate nell’allegato II di tali contratti (in prosieguo: le «condizioni generali FP6»), ne costituiscono parte integrante. Dette condizioni comprendono una prima parte concernente, in particolare, l’esecuzione dei progetti di cui trattasi, la risoluzione dei contratti e la responsabilità (articoli da II.2 a II.18), una seconda parte riguardante le disposizioni finanziarie, i controlli, gli audit, i rimborsi e le sanzioni (articoli da II.19 a II.31) e una terza parte relativa ai diritti di proprietà intellettuale (articoli da II.32 a II.36).

9        Il 18 luglio 2008 la Commissione disponeva, conformemente a quanto previsto all’articolo II.29 delle condizioni generali FP6, l’esecuzione di un audit, affidato ad una società esterna, avente ad oggetto la corretta esecuzione dei contratti FP6. Il revisore eseguiva due distinti audit: uno per i progetti alla base dei contratti Innovation Coach, Maris e Ris Mazowia, l’altro, segnatamente, per i progetti all’origine dei contratti Connect-2-Ideas, Easy, Ris Malopolska, InnSoM, Ris Trnava e Ris Ws.

10      Il 23 dicembre 2008 la Commissione trasmetteva alla ricorrente i due progetti di relazione di audit vertenti sui contratti FP6, invitandola a trasmetterle le proprie osservazioni. In particolare, il revisore vi constatava, da un lato, che le tariffe relative alla remunerazione dei soci prestatori d’opera della ricorrente non corrispondevano ai normali prezzi di mercato per prestazioni equivalenti e mostravano incrementi eccezionali e ingiustificati nel corso degli anni, e, dall’altro, con riferimento al solo progetto «Innovation Coach», che i costi relativi alle prestazioni degli esperti internazionali non potevano includere i costi indiretti.

11      Il 23 gennaio 2009 la ricorrente inviava alla Commissione le proprie osservazioni sui progetti di relazione di audit, contestandone le conclusioni. In esse, la ricorrente faceva valere, in sostanza, che le remunerazioni risultanti dal metodo di calcolo da essa utilizzato erano conformi al prezzo di mercato e che gli esperti internazionali, assunti con un contratto di diritto italiano di «collaborazione coordinata e continuativa» che presentava tutte le caratteristiche dei contratti stipulati con i consulenti interni, dovevano essere considerati appartenenti alla categoria del suo «personale».

12      Il 20 ottobre 2009 la Commissione trasmetteva alla ricorrente la versione definitiva delle relazioni di audit (in prosieguo: le «relazioni di audit FP6»), accompagnando tale comunicazione con una lettera in cui la rendeva edotta della possibilità di fornire ulteriori informazioni. Nella stessa lettera, la Commissione respingeva altresì le spiegazioni fornite dalla ricorrente riguardo alle spese per gli esperti e all’incremento delle tariffe fatturate per il lavoro dei soci prestatori d’opera.

13      Con lettera del 18 dicembre 2009 la ricorrente presentava le proprie osservazioni, contestando le conclusioni finali dell’audit.

14      Con lettera del 1° giugno 2012, la Commissione informava la ricorrente della sua intenzione di recuperare vari importi considerati inammissibili ai sensi dei diversi contratti FP6, in quanto le remunerazioni dei soci prestatori d’opera non rispettavano le condizioni richieste dalla legislazione invocata dalla ricorrente per poter essere aumentate ed indicizzate. Essa contestualmente indicava gli aggiustamenti da operare, per un importo complessivo pari a EUR 345 451,03, di cui EUR 220 085,85 per il contratto Innovation Coach, EUR 14 294,98 per il contratto Maris, EUR 10 652,87 per il contratto Ris Mazowia, EUR 32 178,60 per il contratto Connect-2-Ideas, EUR 23 607,84 per il contratto Easy, EUR 7 598,77 per il contratto Ris Malopolska, EUR 17 097,22 per il contratto InnSoM, EUR 2 720,17 per il contratto Ris Trnava e EUR 17 214,73 per il contratto Ris WS.

15      Con lettera del 1° agosto 2012, denominata «Istanza di annullamento e di modificazione», il difensore della ricorrente contestava il recupero degli importi summenzionati e invitava la Commissione a sospendere la procedura di recupero.

16      Il 2 agosto 2012 la Commissione inviava alla ricorrente una nota di addebito del valore di EUR 345 451,03.

17      Il 3 agosto 2012 aveva luogo una riunione fra la ricorrente e i servizi della Commissione.

18      Con lettera del 4 settembre 2012 la ricorrente chiedeva alla Commissione la sospensione della procedura di recupero del credito.

19      Con lettera del 27 settembre 2012 la Commissione informava la ricorrente che avrebbe proceduto alla compensazione del suo credito con le somme dovute a quest’ultima per un importo pari a EUR 4 250.

20      Il 28 settembre 2012 aveva luogo una riunione fra la ricorrente e i servizi della Commissione.

21      Con lettera del 5 ottobre 2012 la Commissione informava la ricorrente che avrebbe proceduto a una successiva compensazione del suo credito con le somme dovute alla ricorrente per un importo pari a EUR 48 583,66.

22      Con lettera del 10 ottobre 2012 la Commissione informava la ricorrente che l’importo residuo dovuto era pari a EUR 294 290,59.

23      Il 29 ottobre 2012 la ricorrente presentava un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, registrato presso la cancelleria del Tribunale con il numero T‑471/12, diretto all’annullamento, rispettivamente, della comunicazione dell’avvio della procedura di recupero del 1° giugno 2012, della nota di addebito inviata dalla Commissione il 2 agosto 2012, dei due atti di compensazione annunciati con le lettere della Commissione del 27 settembre e del 5 ottobre 2012 e della lettera della Commissione del 10 ottobre 2012 contenente il riepilogo contabile.

24      Con lettere del 12, 21 e 22 novembre 2012 la Commissione informava la ricorrente che avrebbe proceduto ad altre compensazioni relativamente agli importi di EUR 69 061,89, EUR 16 772,36 ed EUR 209 180,92 da essa dovuti alla ricorrente.

25      Il 23 gennaio 2013 la ricorrente presentava due ricorsi ai sensi dell’articolo 263 TFUE, registrati presso la cancelleria del Tribunale con i numeri T‑34/13 e T‑35/13, diretti, in particolare, all’annullamento degli atti di compensazione citati al precedente punto 24.

 Sui contratti CIP

26      I contratti CIP, redatti conformemente al modello di un contratto tipo, si compongono di tre parti relative, rispettivamente, alle condizioni particolari, alle condizioni generali e agli allegati. L’articolo I.9, primo comma, dei contratti CIP precisa che gli stessi sono disciplinati dalle proprie prescrizioni, dalle disposizioni pertinenti dell’Unione nonché, a titolo subordinato, dal diritto belga. L’articolo I.9, secondo comma, prevede che i beneficiari possano presentare ricorso contro le decisioni della Commissione riguardanti l’applicazione delle condizioni contrattuali dinanzi al Tribunale, o, in caso d’impugnazione, dinanzi alla Corte.

27      Inoltre, le condizioni generali applicabili a ciascun contratto CIP stabilite all’allegato II di tali contratti (in prosieguo: le «condizioni generali CIP»), che costituiscono parte integrante di tali contratti, includono una prima parte concernente, in particolare, l’esecuzione dei progetti di cui trattasi, l’estinzione dei contratti e le sanzioni (articoli da II.1 a II.13) e una seconda parte riguardante le disposizioni finanziarie e i controlli, gli audit, i rimborsi e la responsabilità (articoli da II.14 a II.22).

28      Oltre alle clausole generali sopra menzionate, occorre rilevare che due nuovi paragrafi sono stati aggiunti all’articolo I.11, intitolato «Ulteriori condizioni particolari», dei contratti Ecolink+ e Take It Up.

29      La formulazione dei nuovi paragrafi aggiunti all’articolo I.11 dei contratti Ecolink+ e Take It Up è la seguente:

«1. In aggiunta alle condizioni di cui all’articolo II.16, relativamente ai costi di personale indicati all’articolo II.16.2.1., il beneficiario deve dimostrare che i costi di personale imputati per i soci rappresentano un prezzo equo di mercato e corrispondono alla politica consueta del beneficiario in materia di remunerazioni, compresi i casi di lavori nell’ambito di progetti che non sono cofinanziati dalla Comunità europea.

2. Fatto salvo l’articolo II.21 (Controlli e audit), il beneficiario deve dimostrare che i costi ammissibili relativi ai soci che prestano la propria opera nel progetto rappresentano un prezzo equo di mercato e sono comparabili con gli stipendi versati al personale che ha competenze simili e svolge funzioni analoghe».

30      In riscontro a una proposta della ricorrente del 25 settembre 2009 relativa al progetto Ecolink+, in una lettera priva di data la Commissione precisava che la concessione della sovvenzione per tale progetto era condizionata al previo accordo, tra l’altro, sul fatto che la ricorrente «[avesse] rendicont[ato]i suoi costi di personale in modo conforme alla soluzione elaborata in risposta ai rilievi conclusivi di una recente relazione di audit».

31      Il 14 dicembre 2009 la Commissione inviava alla ricorrente un originale firmato del contratto Ecolink+.

32      Il 23 dicembre 2009 la ricorrente trasmetteva alla Commissione una relazione, redatta da un revisore esterno, riguardante il metodo di calcolo dei costi delle prestazioni rese dai soci prestatori d’opera, dai dipendenti e dagli esperti internazionali in relazione al contratto Take It Up per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2009. Nella lettera che accompagnava detto documento, la ricorrente chiedeva alla Commissione di pronunciarsi sull’applicabilità al citato contratto del metodo proposto e delle relative tariffe, allo scopo di consentirle di gestire correttamente il progetto e di definire le procedure di rendicontazione.

33      Con lettera del 31 agosto 2011, la ricorrente chiedeva di introdurre, mediante un addendum, alcune modifiche al contratto Ecolink+. Il 14 ottobre 2011 la Commissione e la ricorrente stipulavano un addendum a tale contratto.

34      L’8 dicembre 2011 la Commissione adottava la decisione C(2011) 9006, relativa al finanziamento a favore dei proprietari di piccole e medie imprese (PMI) nel contesto dell’applicazione della decisione n. 1639/2006 (in prosieguo: la «decisione relativa al finanziamento a favore dei proprietari di PMI»).

35      Con tre lettere datate 8 febbraio 2012, relative ai contratti CIP, la Commissione informava la ricorrente dell’adozione della succitata decisione e della sua applicabilità ai contratti CIP.

36      Con lettera del 15 maggio 2012, la ricorrente comunicava alla Commissione di non ritenere applicabile alla propria situazione il metodo di calcolo indicato nella decisione relativa al finanziamento a favore dei proprietari di PMI poiché, da un lato, i propri soci prestatori d’opera erano dipendenti e, dall’altro, i costi di personale riferiti a questi ultimi dovevano essere determinati sulla base di un prezzo equo di mercato e non di un forfait. La ricorrente faceva infine riferimento al proprio metodo di calcolo, che allegava nuovamente a tale lettera.

37      Il 1° giugno 2012, la Commissione informava la ricorrente di aver esaminato la relazione del revisore esterno relativa al metodo di calcolo, tenendo conto, in particolare, dell’articolo I.11 dei contratti Take It Up ed Ecolink+, e contestava le conclusioni della ricorrente riguardo al prezzo equo di mercato e agli stipendi versati al personale con competenze simili e funzioni analoghe. Di conseguenza, la Commissione proponeva alla ricorrente di calcolare le remunerazioni dei soci prestatori d’opera sulla base o delle tariffe previste dalla normativa italiana citata dalla ricorrente stessa, senza maggiorazioni, oppure sulla base delle tariffe applicabili ai proprietari di PMI secondo il metodo di calcolo indicato nelle lettere dell’8 febbraio 2012.

38      Con lettera del 1° agosto 2012, denominata «Istanza di annullamento e di modificazione», il difensore della ricorrente sostanzialmente rifiutava entrambe le opzioni proposte dalla Commissione e la invitava a rivedere la sua posizione in ordine alla procedura di recupero concernente i contratti CIP.

39      Il 3 agosto 2012 aveva luogo una riunione fra la ricorrente e i servizi della Commissione.

40      Dal 17 al 21 settembre 2012 la Commissione procedeva, in applicazione dell’articolo II.21.3 delle condizioni generali CIP, all’attivazione di un audit per verificare la corretta esecuzione dei contratti CIP.

41      Il 29 ottobre 2012 la Commissione inviava alla ricorrente il progetto di relazione di audit vertente sui contratti CIP.

42      Con lettera del 9 novembre 2012 la ricorrente presentava le proprie osservazioni sul progetto di relazione di audit vertente sui contratti CIP, contestandone le conclusioni.

43      L’11 dicembre 2012 la Commissione informava la ricorrente della chiusura dell’audit e le trasmetteva una copia della relazione definitiva di audit dei contratti CIP. Essa contestualmente indicava le rettifiche da operare, segnatamente EUR 73 820,51 per il contratto Take It Up, EUR 56 580,69 per il contratto Ecolink+ ed EUR 48 149,96 per il contratto BCreative.

44      Con lettera del 30 ottobre 2013, la Commissione informava la ricorrente, in quanto beneficiaria, assieme ad altri, del progetto all’origine del contratto BCreative, del fallimento del coordinatore di tale progetto, indicando gli importi riconosciuti in capo a ciascun beneficiario.

45      Con lettere datate 18 e 20 dicembre 2013, la Commissione informava la ricorrente del fatto che il pagamento finale per i progetti Ecolink+ e Take It Up sarebbe stato decurtato degli importi di, rispettivamente, EUR 56 838,2 ed EUR 45 031,58, in seguito agli aggiustamenti, in particolare, delle tariffe orarie applicate ai soci prestatori d’opera e dei relativi costi indiretti.

46      Il 30 dicembre 2013 la ricorrente presentava un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE, registrato presso la cancelleria del Tribunale con il numero T‑696/13, diretto segnatamente ad ottenere l’annullamento delle summenzionate lettere del 30 ottobre e del 18 e del 20 dicembre 2013.

47      Il 26 maggio 2014 le parti erano convocate dal Tribunale, ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 3, lettera e), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, a una riunione informale dinanzi al presidente della Nona Sezione del Tribunale e giudice relatore, al fine di definire in particolare le modalità di trattamento delle cause T‑471/12, T‑34/13, T‑35/13 e T‑696/13. Nel corso di tale riunione, tenutasi presso il Tribunale il 14 luglio 2014, in risposta a un quesito riguardante l’eventuale riqualificazione dei ricorsi in tali cause, la ricorrente annunciava che avrebbe introdotto un nuovo ricorso unico, ai sensi dell’articolo 272 TFUE, esprimendo il suo accordo sull’eventuale sospensione del procedimento nelle suddette cause.

 Procedimento e conclusioni delle parti

48      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 novembre 2014, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

49      Con ordinanze del presidente della Nona Sezione del 12 gennaio 2015, ai sensi dell’articolo 77, lettera d), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il Tribunale ha sospeso il procedimento nelle cause T‑471/12, T‑34/13, T‑35/13 e T‑696/13 fino alla pronuncia della sentenza conclusiva del presente procedimento.

50      Il 4 febbraio 2015 la Commissione ha depositato il controricorso presso la cancelleria del Tribunale.

51      Il 16 marzo 2015 la ricorrente ha depositato presso la cancelleria del Tribunale la replica e, il 28 aprile 2015, la Commissione ha depositato la controreplica.

52      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento adottate ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 3, del suo regolamento di procedura, di rivolgere alle parti taluni quesiti per risposta scritta e, dall’altro, d’invitare queste ultime a depositare taluni documenti. Le parti hanno ottemperato a tale domanda entro il termine impartito.

53      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza dell’8 settembre 2016.

54      Nel corso dell’udienza, la Commissione ha informato il Tribunale di disporre di un documento che le era stato richiesto dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento e che essa non aveva potuto depositare entro il termine impartito. Essa ne ha fornito un esemplare al Tribunale nonché alla ricorrente. Il Tribunale ha nondimeno invitato la Commissione a procedere all’invio formale di tale documento, accompagnato da una nota esplicativa.

55      Il 12 settembre 2016 la Commissione ha depositato il documento che le era stato richiesto dal Tribunale, in merito al quale la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni il 5 ottobre 2016.

56      Il 27 ottobre 2016 il presidente della Nona Sezione ha dichiarato conclusa la fase orale del procedimento.

57      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        accertare l’inadempimento da parte della Commissione delle obbligazioni pecuniarie derivanti dai contratti FP6 e CIP, per la complessiva somma di EUR 566 377,63, a titolo di contributi dovuti e non versati, nonché dichiarare il carattere illecito delle compensazioni effettuate in relazione ai crediti vantati dalla ricorrente;

–        condannare la Commissione al pagamento, nei confronti della ricorrente, della somma di EUR 566 377,63, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria;

–        condannare la Commissione al risarcimento dei danni cagionati alla ricorrente per la complessiva somma di EUR 815 000 o per la maggior somma che il Tribunale dovesse accertare all’esito del presente giudizio, oltre al maggior danno derivante dall’illiceità delle suddette compensazioni;

–        condannare la Commissione alle spese.

58      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

59      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce dieci motivi. Il primo e il secondo motivo, che saranno esaminati congiuntamente, vertono sull’inadempimento da parte della Commissione delle disposizioni contrattuali in tema di determinazione del costo orario dei soci prestatori d’opera, in quanto essa avrebbe violato l’articolo II.19, paragrafo 1, rispettivamente lettera b) e lettera d), delle condizioni generali FP6. Il terzo motivo riguarda l’inadempimento da parte della Commissione delle norme contrattuali di cui all’articolo I.11 del contratto Take It Up. Il quarto e il quinto motivo, che pure saranno esaminati congiuntamente, vertono sull’inadempimento da parte della Commissione delle previsioni di cui all’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6, in relazione, da un lato, alla qualificazione in termini di «subcontratto» del rapporto di lavoro instaurato con gli esperti che hanno collaborato con la ricorrente e, dall’altro, al riconoscimento dei costi indiretti riferiti a tali consulenti. Il sesto motivo concerne la violazione da parte della Commissione dei principi di buona fede, di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Il settimo motivo ha ad oggetto la violazione da parte della Commissione di talune regole del «codice di buona condotta amministrativa». L’ottavo motivo riguarda l’inadempimento da parte della Commissione dell’obbligazione di corrispondere alla ricorrente i contributi previsti dai contratti di sovvenzione per la realizzazione dei progetti finanziati. Il nono motivo verte sulla violazione da parte della Commissione della regola di cui all’articolo 80 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU 2012, L 298, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario del 2012»), in relazione alla compensazione effettuata su crediti vantati dalla ricorrente. Infine, il decimo motivo riguarda il risarcimento del danno patrimoniale asseritamente subìto dalla ricorrente.

60      In sostanza, i primi otto motivi sono dedotti a sostegno della prima parte del primo capo delle conclusioni nonché del secondo capo delle conclusioni, nei quali la ricorrente chiede, da un lato, di accertare l’inadempimento da parte della Commissione delle obbligazioni pecuniarie derivanti dai contratti in esame per un importo complessivo di EUR 566 377,63 e, dall’altro, di condannare quest’ultima al pagamento di tale somma, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria. Il nono motivo è dedotto a sostegno della seconda parte del primo capo delle conclusioni, nell’ambito del quale la ricorrente chiede che le compensazioni effettuate dalla Commissione siano dichiarate illecite. Infine, il decimo motivo è dedotto a sostegno del terzo capo delle conclusioni, mediante il quale la ricorrente chiede il risarcimento del danno asseritamente subìto per la complessiva somma di EUR 815 000 o per la maggior somma accertata dal Tribunale all’esito del presente giudizio, oltre al maggior danno derivante dall’illiceità delle suddette compensazioni.

61      Il Tribunale esaminerà anzitutto le questioni riguardanti la competenza, il diritto applicabile alla controversa, la portata di quest’ultima nonché i principi applicabili in materia di ammissibilità dei costi nell’ambito dei contratti di sovvenzione. Analizzerà poi, in successione, la prima parte del primo capo delle conclusioni nonché il secondo capo delle conclusioni, la seconda parte del primo capo delle conclusioni e, infine, il terzo capo delle conclusioni.

 Introduzione

 Sulla competenza del Tribunale

62      In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 272 TFUE, la Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a giudicare in forza di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto pubblico o di diritto privato stipulato dall’Unione o per conto di questa. Ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, il Tribunale è competente a conoscere in primo grado i ricorsi di cui all’articolo 272 TFUE.

63      Nel caso di specie, conformemente all’articolo 13 dei contratti FP6 ed all’articolo I.9, secondo comma, dei contratti CIP, il Tribunale è competente a risolvere tutte le controversie tra l’Unione e i contraenti relative alla validità, all’interpretazione e all’applicazione di tali contratti.

 Sul diritto applicabile alla controversia

64      È opportuno ricordare che, qualora si ricorra ad esso nel contesto di una clausola compromissoria ai sensi dell’articolo 272 TFUE, il Tribunale deve risolvere la controversia sulla base del diritto sostanziale nazionale applicabile al contratto (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 1986, Commissione/Zoubek, 426/85, EU:C:1986:501, punto 4). Nel caso di specie, in forza della clausola sul diritto applicabile inserita all’articolo 12 dei contratti FP6 e all’articolo I.9, secondo comma, dei contratti CIP, detti contratti sono disciplinati dal diritto belga.

65      A tal proposito, è importante specificare le norme che regolano l’esecuzione e l’interpretazione dei contratti nel diritto belga.

66      L’articolo 1134 del codice civile belga stabilisce, al suo primo comma, che gli «accordi stipulati secondo la legge hanno forza di legge tra le parti contraenti», e, al suo secondo comma, che essi «possono essere risolti solo per mutuo consenso o per le cause ammesse dalla legge».

67      L’articolo 1134, terzo comma, del codice civile belga prevede inoltre che gli accordi devono essere eseguiti secondo buona fede. L’articolo 1135 del medesimo codice stabilisce che «gli accordi obbligano non solo a quanto ivi espressamente previsto, bensì anche a tutte le conseguenze obbligatorie, per loro natura, secondo equità, consuetudine o legge». Tale articolo esprime dunque altresì il principio di esecuzione secondo buona fede dei contratti.

68      L’articolo 1156 del codice civile belga illustra l’applicazione di detto principio nell’interpretazione dei contratti. In concreto, esso dispone che occorre «individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti, anziché limitarsi al senso letterale dei termini».

69      Quando sorge una controversia nell’ambito dell’esecuzione di un contratto, l’onere della prova è disciplinato da quanto disposto all’articolo 1315 del codice civile belga, ai sensi del quale colui che chiede l’esecuzione di un’obbligazione deve dimostrarne l’esistenza. Viceversa, chi afferma di essersene liberato deve dimostrare il pagamento o il fatto che ha determinato l’estinzione della sua obbligazione.

70      Inoltre, conformemente al principio di diritto generalmente ammesso secondo cui ogni giurisdizione applica le proprie regole di procedura, la competenza giurisdizionale nonché l’ammissibilità delle conclusioni – siano esse presentate dalla parte ricorrente o convenuta – sono valutate esclusivamente in base al diritto dell’Unione (v. sentenze del 27 aprile 2016 ANKO/Commissione, T‑154/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:246, punto 51 e giurisprudenza ivi citata, nonché ANKO/Commissione, T‑155/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:245, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

 Osservazioni preliminari sulla portata della controversia e sui principi applicabili in materia di ammissibilità dei costi nell’ambito dei contratti di sovvenzione

71      La presente controversia verte, sostanzialmente, sull’ammissibilità di talune spese richieste dalla ricorrente.

72      Più in particolare, le parti discutono in merito all’ammissibilità dei costi di personale dichiarati alla Commissione nell’ambito dei contratti di sovvenzione di cui trattasi nonché in merito alle conseguenti obbligazioni di rimborso delle somme che sono state versate alla ricorrente a titolo delle suddette spese.

73      A tal riguardo, occorre rilevare, tenuto conto della natura dei contratti in esame, che il finanziamento da parte dell’Unione non costituisce una remunerazione del lavoro effettuato dal contraente, bensì una sovvenzione dei progetti dal medesimo realizzati, il cui versamento è soggetto a condizioni precise, contrattualmente definite. Il finanziamento da parte dell’Unione è destinato a coprire unicamente i costi ammissibili, quali definiti nei contratti di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 19 febbraio 2016, Ludwig-Bölkow-Systemtechnik/Commissione, T‑53/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:88, punto 44).

74      Da ciò derivano varie conseguenze per quanto riguarda la determinazione dei costi ammissibili.

75      In primo luogo, tali costi non possono comportare la realizzazione di un profitto del contraente. Ciò risulta, in particolare, dall’articolo 109, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario del 2002»), applicabile ratione temporis al caso di specie, a termini del quale «la sovvenzione non può avere come oggetto o effetto un profitto per il beneficiario». Lo stesso principio si ritrova all’articolo II.24, paragrafo 2, secondo comma, delle condizioni generali FP6, dove è stabilito che «il contributo finanziario [dell’Unione] non può costituire una fonte di profitto per i contraenti» (v. altresì, a tal riguardo, l’articolo II.18.4 delle condizioni generali CIP).

76      In secondo luogo, tale natura specifica dei contratti di sovvenzione implica un rapporto di necessità tra la realizzazione del progetto e i costi dichiarati affinché questi ultimi siano ammissibili. Siffatto requisito della necessità traspare nella definizione dei costi ammissibili enunciata all’articolo II.19, paragrafo 1, lettera a), delle condizioni generali FP6 (v. anche l’articolo II.16.1 delle condizioni generali CIP), ai sensi del quale, per essere ammissibili, i costi sostenuti ai fini della realizzazione del progetto devono soddisfare taluni requisiti, fra i quali, in particolare, quello di essere effettivi, economici e necessari alla realizzazione del progetto (v., in tal senso, sentenza del 19 febbraio 2016, Ludwig-Bölkow-Systemtechnik/Commissione, T‑53/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:88, punto 47).

77      In terzo luogo, deve sussistere un nesso, diretto o indiretto, con il progetto affinché un costo possa essere ammissibile, come risulta dagli articoli II.20 e II.21 delle condizioni generali FP6 (v. anche l’articolo II.16.2 delle condizioni generali CIP), relativi ai costi diretti e indiretti (v., in tal senso, sentenza del 19 febbraio 2016, Ludwig-Bölkow-Systemtechnik/Commissione, T‑53/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:88, punto 48).

78      È alla luce di tutte le suesposte considerazioni che occorre esaminare i diversi capi delle conclusioni della ricorrente.

 Sulla prima parte del primo capo delle conclusioni e sul secondo capo delle conclusioni, con cui la ricorrente chiede, da un lato, di accertare l’inadempimento da parte della Commissione delle obbligazioni pecuniarie derivanti dai contratti in esame per un importo complessivo di EUR 566 377,63 e, dall’altro, di condannare quest’ultima a pagarle tale somma, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria

79      Come precisato al punto 59 supra, la ricorrente deduce i primi otto motivi a sostegno della prima parte del primo capo delle conclusioni nonché del secondo capo delle conclusioni. Il Tribunale esaminerà, in successione, i motivi primo e secondo, congiuntamente considerati, il terzo motivo, i motivi quarto e quinto, congiuntamente considerati, poi i motivi sesto, settimo e ottavo.

 Sui motivi primo e secondo, vertenti sull’inadempimento da parte della Commissione delle norme contrattuali in tema di determinazione del costo orario dei soci prestatori d’opera, in quanto avrebbe violato l’articolo II.19, paragrafo 1, lettere b) e d), delle condizioni generali FP6

80      Con i motivi primo e secondo, che occorre esaminare congiuntamente, la ricorrente contesta, in sostanza, il modo in cui la Commissione ha determinato l’ammissibilità dei costi da essa contabilizzati per quanto riguarda le attività dei suoi soci prestatori d’opera. A suo avviso, la Commissione ha violato, da un lato, l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera d), delle condizioni generali FP6, in quanto non ha applicato le norme dello Stato membro nel cui territorio il beneficiario esercita la propria attività e, dall’altro, l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6, in quanto ha utilizzato, nella determinazione dei costi ammissibili, parametri che non erano applicabili al momento della stipulazione dei contratti di sovvenzione di cui trattasi.

81      In primo luogo, la ricorrente contesta il calcolo del costo orario dei soci prestatori d’opera effettuato dalla Commissione, nella misura in cui, conformemente all’articolo II.19, paragrafo 1, lettera d), delle condizioni generali FP6, detti costi avrebbero dovuto essere determinati sulla base delle regole previste dalla normativa italiana. A tal riguardo, la ricorrente ricorda che, secondo il diritto italiano applicabile, le tariffe dei professionisti che sono membri di un ordine professionale devono essere stabilite tenendo conto del tipo di prestazione, delle competenze e dell’esperienza acquisita dal professionista, come essa stessa avrebbe evidenziato nel metodo di calcolo che ha presentato. Peraltro, tali tariffe rappresenterebbero valori minimi, che dovrebbero essere aumentati in funzione dell’importanza del lavoro eseguito. Inoltre, quando i professionisti partecipano a progetti dell’Unione, dette tariffe potrebbero essere aumentate anche del 100% in caso di eccezionale importanza, complessità o difficoltà della prestazione effettuata.

82      Pertanto, la Commissione avrebbe ingiustamente ritenuto le tariffe applicate dalla ricorrente non in linea con i valori di mercato. Infatti, essa si sarebbe basata su un campione statistico irregolare e insufficiente, in quanto avrebbe assunto come parametro di riferimento due società non rilevanti né per settore di attività né per ubicazione.

83      Sarebbe quindi corretto e conforme al diritto interno applicabile, ossia al diritto italiano, e, quindi, ai contratti di sovvenzione, che i soci prestatori d’opera non siano remunerati tutti allo stesso livello, che non siano considerati, tenuto conto dell’esperienza posseduta, allo stesso livello di professionisti privi di adeguata esperienza e di specifiche competenze professionali, e che abbiano beneficiato della rivalutazione monetaria delle tariffe per adeguare i loro stipendi ai valori di mercato, atteso che gli stipendi minimi sono stati stabiliti molti anni addietro.

84      Ne consegue che gli stipendi versati dalla ricorrente ai suoi soci prestatori d’opera sarebbero congrui, economici e, comunque, in linea con quelli corrisposti nel mercato di riferimento, sia per i contratti FP6 che per i contratti CIP.

85      Nella replica, la ricorrente contesta il riferimento operato dalla Commissione ai costi orari, asseritamente inferiori, applicati nell’ambito del contratto di sovvenzione relativo al progetto «Bridging Research and Industry Developing Growth and Entrepreneurship (Bridge)» (Creare legami tra la ricerca e l’industria, incentivare la crescita e l’imprenditorialità), sottoscritto con la ricorrente il 9 novembre 2009 (in prosieguo il «contratto Bridge»). Infatti, la Commissione avrebbe erroneamente suddiviso l’importo complessivo per una tariffa oraria sensibilmente superiore a quella indicata nel rendiconto del progetto inerente al contratto in oggetto.

86      In secondo luogo, la ricorrente addebita alla Commissione di aver violato l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6, ai sensi del quale i costi ammissibili devono essere determinati in base ai principi generali vigenti al tempo della stipulazione del contratto, in quanto avrebbe fatto riferimento alle tariffe applicate alle sovvenzioni nell’ambito del programma «Marie Curie» (in prosieguo: le «tariffe Marie Curie»). Poiché dette tariffe erano utilizzabili solo a partire dal 24 gennaio 2011 per stabilire il costo delle remunerazioni relative ad imprenditori, amministratori e soci che non percepiscano una retribuzione effettiva ed esclusivamente nel contesto del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), esse non potrebbero ritenersi applicabili al caso di specie. Inoltre, le tariffe Marie Curie non riguarderebbero lavoratori autonomi, bensì dipendenti o collaboratori parasubordinati.

87      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Osservazioni preliminari

88      Come riconosciuto dalla ricorrente nel corso dell’udienza, occorre constatare che il primo e il secondo motivo da essa sollevati si riferiscono esclusivamente all’esecuzione dei contratti FP6, ad esclusione tuttavia del contratto Innovation Coach, nei limiti in cui quest’ultimo sarebbe asseritamente inficiato anche dalla constatazione secondo cui alcuni costi dichiarati in relazione agli stipendi di dipendenti erano in realtà onorari pagati ad esperti internazionali, le cui prestazioni non corrispondevano né a quelle di un dipendente né a quelle di consulenti interni e non potevano, di conseguenza, includere i costi indiretti.

89      A termini dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettere da a) a d), delle condizioni generali FP6, per essere considerati ammissibili al finanziamento della Commissione a titolo dei contratti FP6, i costi sostenuti per l’esecuzione del progetto devono, in particolare, essere effettivi, economici e necessari alla sua realizzazione, essere stati determinati in base ai normali principi contabili del contraente, essere stati sostenuti durante il progetto, salvo eccezioni, essere stati registrati nella contabilità del contraente che li ha sostenuti, non oltre la data di emissione del certificato di audit di cui all’articolo II.26 delle suddette condizioni, e i metodi contabili utilizzati per la registrazione delle spese e delle entrate devono essere conformi alle norme contabili utilizzate nello Stato nel cui territorio il contraente ha sede e devono consentire la riconciliazione tra i costi sostenuti e i ricavi percepiti nell’ambito della realizzazione del progetto e la situazione contabile relativa alla sua attività commerciale complessiva.

90      Quanto alle categorie di spese che possono essere impegnate a titolo dell’esecuzione dei progetti, gli articoli II.20 e II.21 delle condizioni generali FP6 identificano, rispettivamente, i costi diretti e i costi indiretti.

91      Ai sensi dell’articolo II.20, paragrafo 1, delle condizioni generali FP6, i costi diretti sono tutti i costi ammissibili secondo l’articolo II.19, paragrafo 1, delle medesime condizioni che possono essere identificati dal contraente in conformità con il suo sistema contabile e che possono essere attribuiti direttamente al progetto. In forza dell’articolo II.20, paragrafo 2, secondo comma, delle condizioni generali FP6, i costi diretti del personale devono essere limitati ai costi effettivi del personale assegnato al progetto.

92      Inoltre, conformemente all’articolo II.21, primo comma, delle condizioni generali FP6, i costi indiretti sono tutti i costi ammissibili secondo l’articolo II.19, paragrafo 1, delle medesime condizioni che non possono essere individuati dal contraente come direttamente attribuibili al progetto ma che possono essere identificati e giustificati dal suo sistema contabile come sostenuti in relazione diretta con i costi diretti ammissibili imputabili al progetto.

93      Trattandosi nella fattispecie di una controversia che verte sull’ammissibilità dei costi dichiarati, e conformemente alle norme ricordate ai punti da 64 a 69 supra, risulta, da un lato, dagli articoli II.19 e II.20 delle condizioni generali FP6 e, dall’altro, dall’articolo 1315 del codice civile belga, applicabile al caso di specie, che i costi fatti valere dalla ricorrente possono esserle rimborsati solo a condizione che essa abbia dimostrato la loro effettività, il loro nesso con i contratti di sovvenzione di cui trattasi ed il rispetto degli altri criteri di ammissibilità posti da questi ultimi. Soltanto qualora la ricorrente avesse apportato siffatte prove, la Commissione sarebbe stata tenuta a dimostrare che esse non potevano essere ammesse, giustificando il rigetto delle spese controverse (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2016, ANKO/Commissione, T‑155/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:245, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

94      Come già ricordato dal giudice dell’Unione nell’ambito di una causa riguardante il programma FP6, le controparti contrattuali della Commissione devono essere in grado di giustificare l’esistenza delle spese dichiarate come ammissibili a un finanziamento mediante il bilancio dell’Unione e tale obbligo deriva dalla necessità, ad esse incombente, di dimostrare che la condizione di ammissibilità delle spese, prevista all’articolo II.19, paragrafo 1, delle condizioni generali FP6, è soddisfatta (v., in tal senso, sentenza del 2 ottobre 2012, ELE.SI.A/Commissione, T‑312/10, non pubblicata, EU:T:2012:512, punto 115).

95      Infatti, secondo un principio fondamentale che disciplina i contributi finanziari dell’Unione, quest’ultima può sovvenzionare unicamente le spese effettivamente sostenute. Da detto principio deriva che non è sufficiente per il beneficiario dimostrare che un progetto è stato realizzato per giustificare l’attribuzione di una sovvenzione specifica. Esso deve altresì fornire la prova di aver sostenuto le spese dichiarate in conformità alle condizioni fissate per la concessione della sovvenzione, in quanto possono essere considerate ammissibili soltanto quelle spese che siano state sostenute in conformità alle condizioni contrattuali e che, fra l’altro, siano state debitamente giustificate. Il suo obbligo di rispettare le condizioni finanziarie stabilite costituisce anzi uno dei suoi impegni essenziali e, dunque, rappresenta un presupposto dell’attribuzione del contributo finanziario (sentenza del 24 ottobre 2014, Technische Universität Dresden/Commissione, T‑29/11, EU:T:2014:912, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

96      È alla luce di tali considerazioni che occorre verificare se, come sostiene la ricorrente, la Commissione abbia violato l’articolo II.19, paragrafo 1, lettere b) e d), delle condizioni generali FP6 e se essa abbia correttamente respinto il metodo di determinazione dei costi ammissibili applicato dalla ricorrente in quanto non conforme alle disposizioni contrattuali applicabili nel caso di specie.

–       Sulla violazione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera d), delle condizioni generali FP6

97      La ricorrente ritiene, in sostanza, che l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera d), delle condizioni generali FP6 vada interpretato nel senso che le remunerazioni dei soci prestatori d’opera devono essere determinate alla luce della legislazione dello Stato nel cui territorio il beneficiario esercita la sua attività, nella fattispecie l’Italia. A suo avviso, la Commissione doveva tener conto solo ed esclusivamente della normativa italiana, la quale prevedeva, per le professioni liberali corrispondenti a quelle esercitate dai soci prestatori d’opera, remunerazioni minime da adattare poi in base all’importanza e al livello di complessità della prestazione effettuata. Pertanto, la Commissione, avendo determinato, a seguito della relazione di audit FP6, la tariffa oraria dei soci prestatori d’opera sulla base delle tariffe applicabili in altri Stati membri, nella fattispecie, in particolare, il Regno Unito, e per attività di tipo diverso, avrebbe violato la suddetta disposizione.

98      Orbene, dalla formulazione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera d), delle condizioni generali FP6 risulta che uno dei requisiti di ammissibilità dei costi dichiarati è che questi ultimi siano stati registrati nella contabilità del beneficiario della sovvenzione e che le procedure contabili utilizzate da quest’ultimo per tale registrazione permettano la riconciliazione diretta tra i costi dichiarati e quelli registrati nella situazione contabile relativa all’insieme delle attività del beneficiario.

99      Tale disposizione riguarda dunque il metodo contabile di registrazione dei costi e dei ricavi del progetto, metodo che deve rispettare la normativa dello Stato nel cui territorio il contraente ha sede. Per contro, come giustamente fa valere la Commissione, tale disposizione non riguarda la sostanza dei costi ammissibili.

100    Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la disposizione di cui essa deduce la violazione non può quindi essere interpretata nel senso che la determinazione dei costi dei soci prestatori d’opera debba essere effettuata applicando le norme stabilite dalla normativa italiana e, in particolare, dall’articolo 2233 del codice civile italiano, in base alle quali i compensi applicabili ai professionisti che sono membri di ordini professionali devono essere stabiliti tenendo conto del tipo di prestazione effettuata, delle competenze e dell’esperienza acquisita dal professionista.

101    Quindi, per la parte in cui la ricorrente addebita alla Commissione di aver violato l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera d), delle condizioni generali FP6, il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

–       Sulla violazione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6

102    Ad avviso della ricorrente, l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6 dev’essere interpretato nel senso che i costi ammissibili devono essere determinati sulla base dei principi generali vigenti all’epoca della sottoscrizione del contratto di sovvenzione. Non si può dunque accettare il riferimento, per nulla motivato dalla Commissione, alle tariffe Marie Curie, che sarebbero in vigore dal 24 gennaio 2011 e riguarderebbero il settimo programma quadro.

103    Orbene, si deve rilevare che anche tale disposizione si riferisce ai sistemi contabili del contraente. In sostanza, essa mira, come giustamente sottolineato dalla Commissione, ad evitare che il beneficiario si avvalga di principi contabili particolari al fine di massimizzare i costi ammissibili al cofinanziamento. Per tale motivo, la suddetta disposizione richiede che i costi ammissibili siano determinati in base ai normali principi contabili del contraente.

104    È necessario rilevare che, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, le tariffe Marie Curie non sono state applicate ai costi dichiarati in relazione agli stipendi dei soci prestatori d’opera nell’ambito dei contratti FP6. Difatti, la Commissione ha applicato le tariffe indicate nella tabella riprodotta al punto 114 infra e non le tariffe Marie Curie. Dagli atti di causa risulta che essa si è riferita a queste ultime unicamente al fine di illustrare che gli aumenti di cui avevano beneficiato i soci prestatori d’opera nel corso del tempo non avevano avuto eguali in settori comparabili di attività nello stesso periodo.

105    Inoltre, il mero fatto che il metodo di calcolo dei costi utilizzato dalla ricorrente sia conforme ai normali principi contabili di quest’ultima, anche volendolo ritenere accertato, non è sufficiente a dimostrare la sua conformità con le disposizioni dei contratti e delle loro condizioni generali. Occorre altresì che tale metodo sia parimenti conforme agli altri criteri di cui agli articoli II.19, II.20 e II.21 delle condizioni generali FP6 (v., in tal senso, sentenza del 19 febbraio 2016, Ludwig-Bölkow-Systemtechnik/Commissione, T‑53/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:88, punto 54).

106    Pertanto, anche il motivo vertente sulla violazione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6 dev’essere respinto.

107    Ciò premesso, dagli argomenti della ricorrente risulta che essa intende rimettere in discussione anche la conclusione della Commissione secondo cui le remunerazioni dei soci prestatori d’opera della ricorrente potevano essere considerate costi ammissibili soltanto nella misura in cui i revisori le avessero accettate. Pertanto, resta infine da esaminare l’ammissibilità dei costi dichiarati dalla ricorrente.

108    Orbene, come è già stato rilevato ai punti 75 e 76 supra, si deve ricordare che, in ogni caso, le sovvenzioni sono destinate a rimborsare i costi effettivamente sostenuti dal beneficiario e non comportano alcun profitto per quest’ultimo. Così, i beneficiari hanno diritto soltanto al rimborso delle spese effettivamente sostenute, necessarie alla realizzazione dell’azione, rispondenti a un criterio di economicità e calcolate e iscritte nella contabilità secondo i normali metodi utilizzati.

109    Nel caso di specie, la Commissione non ha messo in discussione il fatto che i soci prestatori d’opera dovessero essere remunerati per il lavoro eseguito. Ciò non toglie, tuttavia, che la remunerazione di questi ultimi si traduce in costo ammissibile soltanto qualora risponda ai criteri della effettività, dell’economicità e della necessità rispetto all’azione di cui trattasi, ai sensi dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera a), delle condizioni generali FP6. Gli eventuali margini di utile dei soci prestatori d’opera non sono, quindi, ammissibili al contributo finanziario dell’Unione.

110    Dalle relazioni di audit FP6, sulle quali si fonda la Commissione, risulta che le stesse miravano, conformemente alle condizioni generali FP6, a determinare i costi ammissibili e non le remunerazioni dei consulenti, i cui eventuali margini di utile non possono essere ammessi al contributo finanziario dell’Unione (v., in particolare, punto 75 supra).

111    Per giungere alla conclusione che i costi di personale dichiarati non erano economici, in seguito a una risposta negativa della ricorrente in merito all’esistenza di dipendenti che esercitassero funzioni equivalenti a quelle dei soci prestatori d’opera, il revisore si è infine rivolto a due società di consulenza specializzate nella realizzazione di progetti cofinanziati, in particolare, dall’Unione. Dato che tali società hanno indicato tariffe orarie non dissimili fra loro, una delle due è stata assunta come riferimento per verificare il carattere economico e ragionevole delle remunerazioni dichiarate dalla ricorrente per i suoi soci prestatori d’opera.

112    Come segnalato dalla Commissione nella sua lettera del 20 ottobre 2009 (v. punto 12 supra), le suddette relazioni di audit FP6 hanno messo in evidenza che, contrariamente ai dipendenti, i soci prestatori d’opera avevano beneficiato di aumenti notevoli delle loro tariffe orarie nel corso del tempo. Inoltre, nella sua lettera del 1° giugno 2012 (v. punto 14 supra), in risposta all’argomento della ricorrente vertente sul fatto che le tariffe orarie da essa applicate erano ammissibili in quanto conformi alla normativa italiana applicabile ai soci prestatori d’opera membri di un ordine professionale, la Commissione ha indicato, a giusto titolo, che, in ogni caso, anche alla luce di tale normativa, siffatti argomenti non erano giustificabili né in funzione delle condizioni del mercato, non essendo rilevante la rivalutazione monetaria, né in funzione dell’esecuzione dei contratti, dato che l’esecuzione non era resa più difficoltosa da qualche situazione d’urgenza o eccezionale. Sulla scorta di tali considerazioni, la Commissione ha giustamente osservato che la tariffa oraria di base prevista dalla normativa italiana, vale a dire la tariffa oraria senza gli aumenti dedotti dalla ricorrente, era inferiore a quella proposta nelle relazioni di audit FP6.

113    Inoltre, dagli atti di causa risulta che, durante il periodo che va dal 2006 al 2009, neppure i consulenti che fornivano prestazioni nell’ambito del settimo programma quadro avevano beneficiato di aumenti delle tariffe orarie comparabili a quelle riconosciute dalla ricorrente ai suoi soci prestatori d’opera.

114    La tabella riprodotta dalla Commissione nel controricorso, rimasta incontestata da parte della ricorrente, mostra l’andamento delle tariffe orarie dei soci prestatori d’opera nel periodo che va dal 2005 al 2009, le tariffe considerate ammissibili dai revisori per il periodo che va dal 2005 al 2008, le tariffe Marie Curie per il periodo dal 2006 al 2009, nonché le tariffe di un dipendente della ricorrente nel periodo che va dal 2005 al 2007:

Tariffe orarie

2005

2006

2007

2008

2009

Tariffe richieste dalla ricorrente

Socio 1

€ 75,04

€ 105,00

€ 110,00

€ 120,00

€ 120,00

Socio 2

€ 75,04

€ 90/105

€ 110/120

€ 110,00

€ 110,00

Socio 3

€ 75,04

€ 85,00

€ 87,50

€ 100,00

€ 100,00

Socio 4

€ 75,04

€ 80,00

€ 80,00

€ 85,00

€ 85,00

Socio 5

€ 43,32

€ 51,29

€ 65/75


€ 75,00

Dipen-dente

€ 62,45

€ 62,45

€ 64,21



Tariffe proposte nelle relazioni di audit




Socio 1

€ 71,50

€ 73,25

€ 75,00

€ 75,00


Socio 2

€ 72,16

€ 75,00

€ 75,00

€ 75,00


Socio 3

€ 66,32

€ 67,00

€ 68,75

€ 68,75


Socio 4

€ 59,50

€ 61,00

€ 62,50

€ 62,50


Socio 5



€ 62,50

€ 62,50


Tariffe Marie Curie


€ 51,46

€ 51,46

€ 52,44

€ 53,70


115    Dagli atti di causa risulta altresì che, nell’ambito dell’esecuzione del contratto Bridge stipulato con la Commissione, che ha necessariamente avuto luogo dopo il 9 novembre 2009, data di sottoscrizione del medesimo contratto (v. punto 85 supra), e quindi in un periodo successivo a quello interessato dall’esecuzione dei contratti FP6, le tariffe che la ricorrente aveva applicato a detti soci prestatori d’opera erano inferiori a quelle da essa applicate nell’ambito di tali contratti.A tal riguardo, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, secondo la quale il calcolo del costo orario effettuato dalla Commissione sarebbe virtuale e quindi non affidabile, si deve constatare che giustamente la Commissione ha calcolato la tariffa oraria dividendo l’importo mensile degli onorari pagati dalla ricorrente (EUR 13 125) per il numero di ore di lavoro al mese (22 giorni lavorativi al mese moltiplicati per otto ore di lavoro al giorno, vale a dire 176 ore di lavoro al mese), con il risultato di EUR 75 (cifra arrotondata), e quindi ben lontana dalle tariffe applicate dalla ricorrente, nel 2009, per remunerare i soci prestatori d’opera (v. la tabella riprodotta al punto 114 supra).

116    Orbene, come indicato ai punti da 93 a 95 supra, è alla ricorrente che spetta, in caso di contestazione, dimostrare l’effettività, la necessità e l’economicità dei costi sostenuti di cui chiede il rimborso alla Commissione.

117    Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a far valere che i costi dichiarati erano conformi alla normativa italiana asseritamente applicabile alle categorie professionali di cui facevano parte i soci prestatori d’opera. Inoltre, essa non è stata in grado di spiegare per quali motivi le tariffe orarie applicate ai contratti FP6 fossero superiori a quelle praticate per attività equivalenti svolte nell’ambito dell’esecuzione di altri contratti di sovvenzione e per quali ragioni esse avessero subìto un aumento notevole nel corso del tempo e, in particolare, a partire dal 2006, mentre le tariffe orarie applicate ai dipendenti erano rimaste relativamente stabili durante il medesimo periodo.

118    Riguardo a quest’ultimo aspetto occorre rilevare, come fa la Commissione, che, anche volendo ritenere che gli aumenti di cui hanno beneficiato i soci prestatori d’opera a partire dal 2006 fossero dovuti al fatto che questi ultimi avevano raggiunto nel 2006 i quindici anni di anzianità, come sostiene la ricorrente, ciò non potrebbe giustificare un aumento della tariffa oraria come quella applicata dalla ricorrente nel caso di specie, in quanto la medesima non è stata in grado di dimostrare su che base, tenendo conto dei valori di mercato, si giustificherebbe un tale scarto tra le tariffe praticate dai consulenti aventi più di quindici anni di esperienza e quelli aventi più di dieci anni di esperienza.

119    Infine, occorre rilevare che, sebbene la ricorrente addebiti al revisore di aver utilizzato un campione insoddisfacente al fine di verificare quale fosse la tariffa oraria applicabile agli esperti di un livello professionale analogo a quello dei soci prestatori d’opera, essa tuttavia non contesta, nei suoi scritti, l’importo delle tariffe orarie quali ricalcolate dal revisore e considerate infine come ragionevoli ed economiche, e quindi ammissibili, dalla Commissione, né, più in generale, le relazioni di audit FP6 in quanto tali.

120    A tal riguardo si deve ricordare, in primo luogo, che, a termini dell’articolo II.29, paragrafo 1, delle condizioni generali FP6, la Commissione può, in qualsiasi momento nel corso del contratto e fino a cinque anni dopo la conclusione del progetto, disporre lo svolgimento di audit, i quali possono riguardare aspetti scientifici, finanziari, tecnici e di altra natura (come i principi contabili e di gestione), relativi alla corretta esecuzione del progetto e del contratto. Gli importi che risultino dovuti alla Commissione in conseguenza dei risultati di tali revisioni possono essere recuperati ai sensi dell’articolo II.31 delle medesime condizioni generali.

121    In secondo luogo, dalle relazioni di audit FP6 risulta che il revisore si è rivolto a due società di consulenza, di cui una con sede nel Regno Unito e l’altra in Italia, operanti, in particolare, nel settore dei progetti sovvenzionati dall’Unione, dopo aver chiesto alla ricorrente di fornire elementi che permettessero di comparare l’evoluzione delle tariffe orarie applicate ai suoi soci prestatori d’opera con quelle applicate ai suoi dipendenti e non avere ricevuto risposta da parte di quest’ultima. Le due società hanno indicato al revisore quali erano le diverse tariffe giornaliere da esse applicate ai propri consulenti, variabili, all’interno di una data forchetta, in funzione dell’esperienza del consulente. Poiché il revisore ha constatato che le suddette società applicavano, malgrado il fatto che fossero stabilite in due paesi diversi, tariffe nel complesso comparabili, egli ha preso come riferimento una forchetta che va da EUR 550 a EUR 600 al giorno per i consulenti con più di quindici anni di esperienza e una tariffa di EUR 500 al giorno per gli esperti con più di dieci anni di esperienza. Inoltre, ha convertito i valori del 2008 indicati dalle suddette società in valori comparativi rispetto agli anni precedenti e diviso la tariffa giornaliera per il numero quotidiano di ore di lavoro, vale a dire otto ore. Il revisore ha quindi proposto tariffe orarie che vanno da EUR 59,50 a EUR 75, che sono state poi accolte dalla Commissione, tenendo conto anche del fatto che la tariffa massima proposta dal revisore era superiore alle tariffe di base richieste dalla ricorrente (v. punto 112 supra).

122    In tale contesto, la ricorrente, che si è limitata a far valere l’applicazione delle tariffe orarie previste dalla normativa italiana, non ha dimostrato che le conclusioni finali dell’audit, nella parte relativa, in particolare, ai costi di personale per i soci prestatori d’opera, sarebbero state determinate in violazione delle disposizioni che disciplinano gli audit finanziari.

123    Pertanto, si deve constatare che la ricorrente non ha dimostrato che le spese sostenute per la remunerazione dei soci prestatori d’opera, di cui chiede il rimborso, costituivano, come tali, costi ammissibili ai sensi dell’articolo II.19, paragrafo 1, delle condizioni generali FP6.

124    In considerazione di tutto quanto precede, si deve concludere che i motivi primo e secondo, vertenti sulla violazione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettere b) e d), delle condizioni generali FP6, devono essere respinti in quanto infondati.

 Sul terzo motivo, riguardante l’inadempimento dell’articolo I.11 del contratto Take It Up da parte della Commissione

125    La ricorrente addebita alla Commissione di aver violato l’articolo I.11 del contratto Take It Up. Durante l’udienza, in seguito a una domanda del Tribunale, la ricorrente ha precisato che intendeva far valere anche la violazione delle disposizioni analoghe del contratto Ecolink+.

126    Più in particolare, la ricorrente sostiene, innanzitutto, che era tenuta, ai sensi dell’articolo I.11, paragrafo 1, del contratto Take It Up, a presentare un metodo di calcolo al fine di dimostrare che la tariffa oraria dei soci prestatori d’opera era «in linea con i valori di mercato» – cosa che avrebbe fatto dal 2009 – e che la Commissione, non avendo adottato decisioni a tal riguardo, avrebbe violato l’articolo I.11, paragrafo 5, del suddetto contratto, che le imponeva un esame intermedio dell’esecuzione del progetto al fine di valutare, in particolare, il grado di realizzazione del piano di lavoro di quest’ultimo. Inoltre, la ricorrente sostiene che, a termini della disposizione contrattuale invocata, non era tenuta a fornire uno «studio di mercato», contrariamente a quanto richiestole dalla Commissione nella lettera del 23 febbraio 2009. In ogni caso, essa avrebbe dimostrato, nell’ambito dell’audit FP6, che le remunerazioni dei soci prestatori d’opera erano coerenti con i valori di mercato e che lo stesso valeva per i contratti CIP.

127    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

128    A termini dell’articolo I.11, paragrafi 1 e 2, del contratto Take It Up, di cui la ricorrente deduce espressamente la violazione nei suoi atti (v. anche l’articolo I.11, paragrafi 6 e 7, del contratto Ecolink+, che è formulato in modo identico), il beneficiario deve dimostrare che i costi di personale di cui all’articolo II.16.2, paragrafo 1, delle condizioni generali CIP, imputati per i soci, rappresentano un prezzo equo di mercato e corrispondono alla sua politica consueta in materia di remunerazioni, compresi i casi di lavori nell’ambito di progetti che non sono cofinanziati dall’Unione. Fatto salvo l’articolo riguardante i controlli e l’audit, il beneficiario deve quindi dimostrare che i costi ammissibili per i soci prestatori d’opera nell’ambito del progetto rappresentano un prezzo equo di mercato e sono comparabili agli stipendi versati al personale che ha competenze tecniche simili e svolge funzioni analoghe.

129    L’articolo I.11, paragrafo 5, del contratto Take It Up, dispone quanto segue:

«La Commissione dispone un esame intermedio dopo la prima metà del periodo di esecuzione del progetto per valutare il lavoro effettuato a metà dell’azione. L’esame può essere effettuato dai servizi della Commissione da soli oppure con il supporto di un esperto esterno designato dalla Commissione. L’esame può basarsi unicamente sulla documentazione scritta presentata per i progetti (relazioni ed elaborati) o può includere anche una fase di “incontro o esame” alla presenza di rappresentanti del progetto. L’esame analizza gli indicatori dei risultati di progetto e valuta il grado di realizzazione del programma di lavoro del progetto. L’esame può concludersi con raccomandazioni tecniche da prendere in considerazione nella pianificazione del lavoro per il periodo successivo. Qualora, in seguito all’esame, sussistano ragioni per ritenere che il progetto si sia allontanato dai suoi obiettivi dichiarati o sia in qualche altro modo inadeguato al raggiungimento di questi ultimi, l’esito dell’esame può comportare la subordinazione della prosecuzione del sostegno finanziario della Commissione a un ricentramento dell’azione su obiettivi modificati o può raccomandare la sospensione dell’azione in tutto o in parte. La Commissione si riserva altresì il diritto di risolvere il contratto di sovvenzione come previsto dall’articolo II.11.3».

130    In primo luogo, occorre rilevare che, poiché l’articolo I.11 del contratto Take It Up verte sui contratti CIP, gli argomenti relativi ai contratti FP6 sono irrilevanti in questo caso, come riconosciuto dalla ricorrente stessa durante l’udienza.

131    In secondo luogo, per quanto riguarda la domanda, asseritamente contenuta in una lettera della Commissione del 23 febbraio 2009, di produzione di uno «studio di mercato», occorre precisare che gli atti di causa non contengono alcuna lettera della Commissione recante una tale data. In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente ha precisato di avere erroneamente fatto riferimento a una lettera recante una tale data e che, in realtà, intendeva riferirsi alla lettera della Commissione del 20 ottobre 2009, allegata al ricorso. Tuttavia, occorre in proposito constatare che detta lettera ha ad oggetto le relazioni di audit FP6 e non la relazione di audit CIP (v. punto 12 supra) e che, in ogni caso, essa non contiene alcuna richiesta di uno «studio di mercato».

132    In terzo luogo, l’interpretazione data dalla ricorrente all’articolo I.11, paragrafi 1 e 5, del contratto Take It Up non è corroborata dalla formulazione dei medesimi paragrafi. Innanzitutto, riguardo all’articolo I.11, paragrafo 1, va osservato che la disposizione contrattuale di cui trattasi prevede un obbligo di dimostrare che i costi dei soci prestatori d’opera dichiarati, da un lato, rappresentano un prezzo equo di mercato, e, dall’altro, corrispondano alla politica consueta del beneficiario in materia di remunerazioni, e non già, come pretende la ricorrente, un obbligo di presentare un metodo di calcolo dei costi di personale. Inoltre, e di conseguenza, non si può addebitare alla Commissione di avere violato l’articolo I.11, paragrafo 5, per il solo fatto di non aver adottato una decisione sul metodo di calcolo che la ricorrente sostiene di aver proposto in conformità all’articolo I.11, paragrafo 1. In ogni caso, dalla formulazione dell’articolo I.11, paragrafo 5, consta che esso riguarda l’esecuzione dei lavori e non le condizioni finanziarie della sovvenzione. Ne deriva che il richiamo all’articolo I.11, paragrafo 5, non è pertinente per quanto riguarda le remunerazioni dei soci prestatori d’opera, come del resto riconosciuto dalla ricorrente stessa nel corso dell’udienza.

133    In quarto luogo, occorre ricordare che, nella sua lettera del 1° giugno 2012 (v. punto 37 supra), la Commissione ha preso posizione al contempo sulla questione relativa al prezzo equo di mercato e su quella relativa agli stipendi versati al personale che ha competenze simili e svolge funzioni analoghe a quelle dei soci prestatori d’opera.

134    In merito alla questione relativa al prezzo equo di mercato, la Commissione ha ritenuto che la ricorrente non avesse fornito uno studio di mercato sulle tariffe praticate da altre società operanti nel medesimo settore, ma si fosse limitata a fornire le tariffe da essa applicate nell’ambito di altri contratti, non rispecchiando in tal modo il «prezzo di mercato». Inoltre, essa ha rilevato che i riferimenti tariffari forniti erano superiori alle spese che la ricorrente imputava a titolo di un contratto di servizio denominato «ESIC 2» e che erano per giunta più elevate dei prezzi di mercato praticati dalla Commissione per i contratti in corso.

135    In ordine alla questione relativa agli stipendi versati al personale che ha competenze simili e svolge funzioni analoghe a quelle dei soci prestatori d’opera, nella lettera del 1° giugno 2012 la Commissione ha sottolineato che, alla luce della normativa italiana invocata dalla ricorrente come pertinente, l’indicizzazione delle tariffe orarie proposta nel rapporto del revisore esterno era priva di fondamento, così come il loro aumento del 50%, dato che le prestazioni effettuate a titolo di tali contratti non presentavano alcuna difficoltà eccezionale a motivo dell’urgenza. Di conseguenza, essa ha considerato che i parametri di riferimento tariffari dovevano essere quelli di base, vale a dire EUR 56,81 all’ora per gli architetti e gli ingegneri, EUR 51,65 all’ora per i dottori commercialisti prima del 2 settembre 2010 ed EUR 77,48 all’ora successivamente a tale data. In sostituzione di tali riferimenti tariffari di base, la Commissione ha proposto alla ricorrente di applicare il metodo di calcolo di cui alla decisione relativa al finanziamento a favore dei proprietari di PMI (v. punto 37 supra).

136    Dato che la ricorrente ha rifiutato queste due proposte di calcolo dei costi di personale avanzate dalla Commissione, in seguito alla relazione di audit CIP, la Commissione ha deciso di applicare, al fine di garantire il principio di parità di trattamento nell’ambito dei contratti CIP, la tariffa oraria forfettaria stabilita dalla decisione relativa al finanziamento a favore dei proprietari di PMI, vale a dire EUR 53,70 all’ora, applicabile per l’Italia, nel 2009, per gli inviti a presentare proposte relativamente al personale avente più di dieci anni di esperienza professionale. Infatti, l’articolo 1 di tale decisione prevede che «[i]n tutte le sovvenzioni per azioni sottoscritte a titolo del [programma CIP], il contributo finanziario dell’Unione relativo al lavoro eseguito personalmente dai proprietari delle [PMI] che non percepiscono sistematicamente uno stipendio assume la forma di un finanziamento forfettario».

137    Orbene, si deve rilevare che, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, l’articolo I.11, paragrafi 1 e 2, del contratto Take It Up, corrispondente all’articolo I.11, paragrafi 6 e 7, del contratto Ecolink+, è stato introdotto, come sottolinea la Commissione, al fine di evitare che, nell’ambito dell’esecuzione dei contratti CIP, si manifestassero gli stessi problemi constatati riguardo ai contratti FP6.

138    Infatti, tale correlazione può essere dedotta dalla lettera che la Commissione ha inviato alla ricorrente in risposta a una proposta di quest’ultima recante data 25 settembre 2009 (v. punto 30 supra), in cui la Commissione condizionava la concessione della sovvenzione per il progetto Ecolink+ al previo accordo, in particolare, sul fatto che la ricorrente rendicontasse i suoi costi di personale in modo conforme alla soluzione elaborata nell’ambito delle relazioni di audit FP6; questa circostanza non è contestata dalla ricorrente.

139    Di conseguenza, spettava alla ricorrente, ai sensi dell’articolo I.11, paragrafi 1 e 2, del contratto Take It Up, così come ai sensi dell’articolo I.11, paragrafi 6 e 7, del contratto Ecolink+, dimostrare che i costi sostenuti riguardo ai soci prestatori d’opera rappresentavano un prezzo equo di mercato, ed altresì che corrispondessero alla sua politica consueta in materia di remunerazioni.

140    A tal riguardo, la ricorrente non ha dimostrato che i costi di personale di cui trattasi erano conformi alle disposizioni contrattuali di cui all’articolo I.11, paragrafi 1 e 2, del contratto Take It Up. Del resto, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, dagli atti di causa non risulta che la Commissione le abbia imposto di presentare uno «studio di mercato» e che, per tale motivo, la stessa abbia concluso nel senso dell’inammissibilità di detti costi. Infatti, da un lato, la lettera richiamata dalla ricorrente non è pertinente (v. punto 131 supra) e, dall’altro, dalla lettera della Commissione del 1° giugno 2012 risulta che quest’ultima ha, in sostanza, addebitato alla ricorrente di non avere fornito informazioni utili per determinare quale fosse il «prezzo equo di mercato», ai sensi dell’articolo I.11, paragrafo 1, del contratto Take It Up, e non di aver omesso di fornire uno studio di mercato.

141    Sotto tale profilo, le tariffe orarie applicate dalla ricorrente ai soci prestatori d’opera in altri contratti relativi a progetti finanziati da entità diverse dalla Commissione non possono, di per sé, costituire il punto di riferimento in quanto prezzo di mercato, sebbene un riferimento alle stesse sia comunque necessario, conformemente all’articolo I.11, paragrafo 1, del contratto Take It Up, al fine di dimostrare che i costi di personale imputati « corrispondono alla politica consueta del beneficiario in materia di remunerazioni».

142    Inoltre, giustamente la Commissione ha richiamato, nella lettera del 1° giugno 2012, il contratto di servizi denominato «ESIC 2», nel quale la remunerazione oraria degli esperti ammontava a EUR 53,125 all’ora. Infatti, si tratta di un contratto mediante il quale la ricorrente s’impegna a prestare un servizio alla Commissione, che ne pagherà il corrispettivo, mentre i contratti CIP, che sono contratti di sovvenzione, non mirano a remunerare il personale, ma a permettere il rimborso parziale dei costi ammissibili. Le tariffe indicate nei contratti di servizi corrispondono quindi a tariffe commerciali che includono un margine di utile e costi indiretti, allorché questi ultimi sono presi in considerazione nei contratti CIP mediante l’applicazione di un tasso pari al 30% dei costi di personale (v. l’articolo II.16.3. delle condizioni generali CIP). Ne consegue che, come sottolinea la Commissione, senza essere contraddetta dalla ricorrente, le tariffe orarie dei contratti CIP avrebbero dovuto essere inferiori a quelle previste nel contratto denominato «ESIC 2», dato che i costi di personale non includerebbero né i costi indiretti né il margine di utile.

143    Inoltre, come deduce la Commissione, dal contratto Bridge risulta che le tariffe in esso applicate ai soci prestatori d’opera della ricorrente erano inferiori a quelle applicate nei contratti CIP.

144    A tal riguardo, come è già stato rilevato al punto 115 supra, giustamente la Commissione ha calcolato la tariffa oraria dividendo l’importo mensile degli onorari pagati dalla ricorrente per il numero di ore di lavoro al mese, con il risultato di EUR 75 (cifra arrotondata), che è ben lontano dalle tariffe applicate dalla ricorrente per la remunerazione dei soci prestatori d’opera nell’ambito dei contratti CIP.

145    Siffatte considerazioni non possono essere rimesse in discussione dall’argomento della ricorrente, ribadito durante l’udienza, secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto applicare il metodo di calcolo che la ricorrente le avrebbe trasmesso il 23 dicembre 2009, in risposta alla lettera menzionata ai punti 30 e 138 supra. In effetti, la ricorrente sostiene che un espresso riferimento a detto metodo appare nell’addendum al contratto Ecolink+, il quale, a partire dalla data della sua sottoscrizione, vale a dire il 14 ottobre 2011, ha costituito parte integrante di quest’ultimo.

146    In primo luogo, come è stato già rilevato ai punti 137 e 138 supra, è necessario constatare che il contratto Take It Up, così come il contratto Ecolink+, è stato sottoscritto il 14 dicembre 2009, e non il 24 dicembre 2009, come sembra asserire la ricorrente. Essa non può dunque fare riferimento a un metodo di calcolo trasmesso successivamente, segnatamente il 23 dicembre 2009, sulla cui applicabilità si chiedeva l’opinione della Commissione (v. punto 32 supra). Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, dagli atti di causa non risulta che quest’ultima abbia fatto una qualsivoglia dichiarazione riguardante la conformità del metodo di calcolo proposto dalla ricorrente. Inoltre, occorre rilevare, come fa la Commissione, che, in ogni caso, il suddetto metodo di calcolo riguardava unicamente il contratto Take It Up per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2009.

147    In secondo luogo, occorre precisare che l’integrazione apportata alla pagina 47 dell’addendum al contratto Ecolink+, ovvero nella sua parte relativa alla descrizione del lavoro, integrazione che, come la ricorrente ha ammesso in sede di udienza, è stata da essa stessa apportata, senza essere stata oggetto di una negoziazione con la Commissione, indica che «i soci [della ricorrente] rappresentano il personale di base dei progetti», che « essi sono remunerati secondo le procedure descritte nella metodologia allegata al contratto» e che «le spese ad essi relative sono riportate nei registri della società».

148    In terzo luogo, come sottolinea la Commissione senza essere contraddetta dalla ricorrente, l’addendum al contratto Ecolink+ è stato concluso sulla base di una domanda specifica di modifica di tale contratto presentata dalla ricorrente il 31 agosto 2011 (v. punto 33 supra). Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, dalla semplice lettura di tale domanda risulta che non vi era alcuna menzione del metodo di calcolo dei costi orari dei soci prestatori d’opera, mentre vi erano espressamente indicate altre questioni atte a giustificare la necessità di procedere a un addendum.

149    In quarto luogo, nella misura in cui è fatto riferimento, a pagina 47 dell’addendum al contratto Ecolink+, alla «metodologia allegata al contratto», è sufficiente constatare che un simile documento non è allegato all’addendum.

150    Ciò posto, la ricorrente non è in grado di dimostrare che il metodo di calcolo dei costi orari dei soci prestatori d’opera costituiva effettivamente una parte del contratto e che, in ogni caso, esso sarebbe stato accettato dalla Commissione, in tal modo vincolando quest’ultima a rispettare l’obbligazione contrattuale da esso derivante.

151    In risposta a un quesito scritto del Tribunale e durante l’udienza, la ricorrente ha sostenuto che l’espressione contenuta nell’addendum al contratto Ecolink+, nella parte in cui essa cita la «metodologia allegata al contratto», deve essere intesa in senso atecnico, ovverosia come necessariamente riferita alla metodologia da essa inviata alla Commissione nel dicembre 2009. A sostegno di detto argomento, la ricorrente invoca sostanzialmente l’articolo 1161 del codice civile belga, ai sensi del quale, conformemente alla cosiddetta regola ermeneutica della «totalità», le disposizioni contrattuali devono essere interpretate «le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dall’intero atto». Detta regola della «totalità» si fonderebbe, a sua volta, sull’articolo 1156 del codice civile belga, a termini del quale, nell’interpretare un contratto, «non ci si deve limitare al dato letterale, ma si deve tenere conto della comune intenzione delle parti». La Commissione ha replicato che la ricorrente aveva «discretamente» introdotto tale riferimento alla «metodologia allegata al contratto» nella versione finale dell’addendum, senza attirare l’attenzione della Commissione a tal riguardo.

152    Ebbene, benché sia riprovevole che la Commissione non si sia resa conto, all’atto della sottoscrizione dell’addendum al contratto Ecolink+, dell’esistenza di un riferimento esplicito, figurante a pagina 47 di tale addendum e avente ad oggetto la descrizione del lavoro, alla circostanza che i soci prestatori d’opera sarebbero stati utilizzati nella realizzazione del progetto e che sarebbero stati remunerati secondo il metodo di calcolo proposto dalla ricorrente ed asseritamente allegato al contratto, nelle circostanze del caso di specie, quali descritte ai punti 146, 148 e 149 supra, un simile riferimento non può essere considerato come derivante dalla comune volontà delle parti ai sensi dell’articolo 1156 del codice civile belga. Tale asserita comune intenzione delle parti non risulta neppure da una lettura globale dell’atto o da un confronto delle clausole le une rispetto alle altre, ai sensi dell’articolo 1161 del codice civile belga. Infatti, il riferimento contenuto a pagina 47 dell’addendum al metodo di calcolo dei costi dei soci prestatori d’opera non può essere in alcun modo considerato come una spiegazione dell’articolo I.11, paragrafi 6 e 7, del contratto Ecolink+, che si riferisce precisamente ai costi di personale imputati per i soci prestatori d’opera. Per poter essere considerata come derivante dalla comune volontà delle parti, un eventuale chiarimento in proposito avrebbe dunque dovuto essere correttamente messo in evidenza, o mediante una domanda di modifica a detta disposizione contrattuale oppure, quanto meno, attraverso un riferimento esplicito a quest’ultima.

153    Pertanto, a giusto titolo la Commissione ha considerato che i costi richiesti dalla ricorrente riguardo ai contratti CIP non fossero ammissibili in quanto tali, dato che erano eccessivi e che le tariffe applicate erano superiori a quelle praticate per attività equivalenti, ma svolte nell’ambito di una diversa sovvenzione, se non addirittura superiori a quelle previste in un contratto di tipo commerciale, che include un margine di utile.

154    Di conseguenza, occorre respingere il terzo motivo.

 Sul quarto e sul quinto motivo, vertenti sull’inadempimento da parte della Commissione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6 in relazione, rispettivamente, alla qualificazione in termini di «subcontratto» del rapporto di lavoro instaurato con gli esperti e al riconoscimento dei costi indiretti ad essi riferiti

155    Con il quarto e il quinto motivo, che in gran parte coincidono e che occorre quindi trattare congiuntamente, la ricorrente addebita, in sostanza, alla Commissione di aver violato l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6, avendo omesso di applicare agli esperti impiegati dalla ricorrente i criteri e i principi di rendicontazione relativi ai consulenti interni e di riconoscere, per l’effetto, i costi indiretti legati a tali costi di personale. Ad avviso della ricorrente, gli stipendi degli esperti internazionali, che avrebbero costantemente lavorato sotto la sua supervisione ed utilizzato le sue infrastrutture materiali e immateriali, erano indicati come costi di personale nel contratto Innovation Coach stesso, che ne avrebbe del resto specificato le procedure di selezione. Inoltre, la natura del lavoro svolto dagli esperti internazionali avrebbe comportato che le attività dovessero essere necessariamente realizzate fuori dei locali della ricorrente.

156    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

157    In via preliminare, ancora una volta, si deve rilevare che, come ammesso dalla ricorrente durante l’udienza, tali motivi riguardano soltanto il contratto Innovation Coach e vertono sulla constatazione fatta nell’audit dei contratti FP6 e ad essi relativi, secondo cui taluni costi dichiarati in quanto costi di personale erano onorari versati ad esperti internazionali, le cui prestazioni non corrispondevano né a quelle di un dipendente né a quelle di consulenti interni della ricorrente e per le quali non era dunque ammissibile alcun costo indiretto.

158    Come è stato ricordato al punto 103 supra, l’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6 afferma che i costi ammissibili sostenuti per la realizzazione del progetto devono, in particolare, «essere determinati in base ai normali principi contabili del contraente». Detto articolo si riferisce quindi ai sistemi contabili del contraente e mira in sostanza ad evitare che il beneficiario si avvalga di principi contabili particolari al fine di massimizzare i costi ammissibili al cofinanziamento.

159    Nel caso in esame, la Commissione ha considerato che gli esperti internazionali ai quali la ricorrente ha in parte affidato l’esecuzione del contratto di cui trattasi non potevano essere considerati come consulenti interni con riferimento alle disposizioni contrattuali applicabili nella fattispecie e che i costi ad essi relativi non potevano essere ammissibili al contributo finanziario previsto nel suddetto contratto né in quanto costi di personale né in quanto costi indiretti, ai sensi del contratto Innovation Coach. Per contro, la Commissione ha ritenuto che tali costi fossero ammissibili in quanto risultavano dal ricorso al subcontratto.

160    Secondo la ricorrente, che non contesta di per sé la riqualificazione di tali costi come costi di subcontratto, la Commissione avrebbe violato la disposizione in questione, in quanto, da un lato, non ha riconosciuto come consulenti interni gli esperti che erano tutti sotto contratto nell’ambito di una «collaborazione coordinata e continuativa» ai sensi della normativa italiana e, dall’altro, non ha rispettato i principi generali in materia di qualificazione dei costi indiretti relativi ai suddetti consulenti.

161    A tal riguardo, occorre ricordare, come già fatto al punto 105 supra, che il mero fatto che il metodo di calcolo dei costi utilizzato dalla ricorrente sia conforme ai normali principi contabili di quest’ultima non è sufficiente a dimostrarne la conformità con le disposizioni del contratto di cui trattasi e delle condizioni generali FP6. Esso deve essere conforme anche agli altri criteri di cui agli articoli II.19, II.20 e II.21 delle condizioni generali FP6.

162    Ciò precisato, occorre nondimeno accertare se i costi degli esperti dichiarati dalla ricorrente per la realizzazione del progetto Innovation Coach fossero, come dalla medesima sostenuto, ammissibili al finanziamento previsto per detto progetto quali costi di consulenza interna e, dunque, quali costi di personale.

163    A tal riguardo, occorre ricordare in successione i criteri di ammissibilità dei costi previsti nel contratto in esame, le constatazioni che appaiono nella relazione di audit su tale punto e il contenuto delle risposte della Commissione alle osservazioni della ricorrente in merito a detta relazione per quanto riguarda l’ammissibilità dei costi connessi agli esperti internazionali.

–       Criteri di ammissibilità dei costi di personale

164    I criteri di ammissibilità dei costi di personale sono disciplinati all’articolo II.20, paragrafo 2, delle condizioni generali FP6, che recita quanto segue:

«I costi diretti del personale sono limitati ai costi effettivi del personale assegnato al progetto qualora il contraente abbia concluso con detto personale:

–        un contratto temporaneo per prestazioni lavorative su progetti di RST della Comunità;

–        un contratto temporaneo per il completamento di un dottorato;

–        un contratto che dipende, in tutto o in parte, da finanziamenti esterni che si aggiungono al normale finanziamento periodico del contraente. In questo caso, dai costi imputati al presente contratto devono escludersi le spese sostenute dal normale finanziamento periodico».

165    Per quanto riguarda, più in particolare, i criteri di ammissibilità dei costi di personale relativi a consulenti interni nell’ambito dell’esecuzione dei contratti FP6, si deve rilevare che detti costi sono presi espressamente in considerazione al punto 6.1.1. della Guida sugli aspetti finanziari inerenti alle azioni indirette del sesto programma quadro (in prosieguo: la «guida FP6») [v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, GL2006 Europe/Commissione, T‑435/09, EU:T:2013:439, punto 102 (non pubblicata)], che è formulato come segue:

«Esistono tre possibili modalità di classificazione dei costi per i consulenti interni [in ogni caso, i costi saranno ammissibili soltanto qualora soddisfino i criteri stabiliti nel contratto (articolo II.19)]:

1)      possono essere considerati quali costi di personale, indipendentemente dal fatto che i consulenti interni siano indipendenti o impiegati da un terzo, qualora siano soddisfatti i seguenti requisiti cumulativi:

a)      il contraente ha un contratto per assumere una persona fisica a lavorare presso di lui e una parte di detto lavoro comprende compiti da svolgere nell’ambito del progetto CE,

b)      [il consulente interno] deve lavorare sotto la supervisione del contraente (vale a dire, il lavoro è stabilito, pensato e supervisionato dal contraente),

c)      [il consulente interno] deve lavorare nei locali del contraente,

d)      i risultati del lavoro appartengono al contraente (...),

e)      i costi relativi al consulente non sono sensibilmente diversi dai costi di personale relativi ai dipendenti della medesima categoria che lavorano nell’ambito di un contratto di diritto del lavoro per il contraente,

f)      le spese di viaggio e di soggiorno relative alla partecipazione di tali consulenti alle riunioni di progetto o altri viaggi effettuati per il progetto devono essere sostenute direttamente dal contraente ai fini della loro ammissibilità. Inoltre, solo i costi effettivi del consulente dovrebbero essere imputati al progetto.

2)      Possono essere considerati come costi di subcontratto qualora il contraente debba stipulare dei subcontratti al fine di impiegare detti consulenti per eseguire una parte dei lavori da effettuare nell’ambito del progetto, purché le disposizioni dell’articolo II.6 delle condizioni generali applicabili relative al subcontratto siano rispettate. In tal caso, il controllo del contraente sui lavori che devono essere effettuati dal subcontraente è determinato dalla natura del subcontratto, dato che il subcontraente normalmente non lavora nei locali del contraente e i lavori non sono eseguiti tanto strettamente sotto la supervisione diretta del contraente.

3)      L’ultima possibilità è che il consulente partecipi al progetto come contraente (…)».

166    Come sottolinea la Commissione in risposta a un quesito scritto del Tribunale, la guida FP6 non è vincolante. In effetti, come precisato nella sua parte introduttiva, le parti, benché non giuridicamente vincolate dagli orientamenti in essa contenuti, sono invitate a osservarli in sede di determinazione del loro budget per l’azione indiretta, nel corso delle negoziazioni e durante la preparazione dei bilanci. Inoltre, vi è indicato che i servizi della Commissione nonché qualsiasi revisore da essa designato terranno conto di tali orientamenti in sede di esame dei progetti.

–       Le constatazioni contenute nella relazione di audit definitiva e le risposte alle osservazioni della ricorrente sul progetto di relazione definitiva

167    Nel caso di specie, le constatazioni della relazione di audit definitiva riguardo all’ammissibilità dei costi dichiarati dalla ricorrente relativi agli esperti internazionali figurano al punto 5.1.4 di detta relazione, in cui viene precisato, in particolare, che gli esperti avevano la loro sede all’estero, fornivano consulenze all’organizzazione beneficiaria e non utilizzavano i locali della ricorrente e che erano stati alla fine selezionati dall’organizzazione beneficiaria sulla base di una lista ristretta di candidati fornita dalla ricorrente.

168    In risposta alle osservazioni della ricorrente sul progetto di relazione di audit, la relazione di audit definitivaha confermato, inoltre, che i costi di tali consulenti non erano considerati costi di personale, malgrado il riferimento compiuto a questi ultimi nell’allegato I del contratto Innovation Coach, che i consulenti operavano sotto la supervisione della ricorrente, pur essendo tuttavia scelti dalle regioni beneficiarie, alle quali spettava altresì la responsabilità di confermare che essi avevano adempiuto ai compiti loro assegnati, che i loro contratti erano disciplinati da una normativa italiana specifica, che compilavano il foglio delle presenze al lavoro e che la ricorrente pagava loro le spese di viaggio.

–       Conclusioni

169    Occorre dunque verificare se, come sostiene la Commissione, i costi dichiarati dalla ricorrente fossero inammissibili come costi di personale al finanziamento da parte del bilancio dell’Unione previsto dal contratto Innovation Coach.

170    Innanzitutto, si deve rilevare che la ricorrente non nega che gli esperti internazionali non lavorassero nei suoi locali. La ricorrente contesta invece che i costi di tali esperti siano stati considerati inammissibili come costi di personale per questa unica ragione, mentre tutti gli altri criteri erano a suo avviso soddisfatti, tenendo conto inoltre del fatto che la natura delle loro attività implicava che queste ultime fossero effettuate al di fuori dei locali della ricorrente.

171    Orbene, dall’articolo II.20, paragrafo 2, delle condizioni generali FP6 (v. punto 164 supra) non risulta che esistano regole specifiche per quanto riguarda i costi relativi ai consulenti interni, poiché detta disposizione si limita ad indicare le varie tipologie di contratti che il contraente deve stipulare con il personale assegnato al progetto affinché i costi connessi a detto personale possano essere considerati costi di personale diretti.

172    Per contro, come è stato ricordato al punto 165 supra, il punto 6.1.1 della guida FP6 indica le varie possibilità di classificazione dei costi dei consulenti interni, precisando, da un lato, quali criteri cumulativi debbano essere soddisfatti per poterli considerare come costi di personale, e, dall’altro, a quali condizioni essi possono essere presi in considerazione, eventualmente, come costi di subcontratto.

173    Il revisore ha dunque giustamente fondato le sue conclusioni, per quanto riguarda i costi dichiarati relativamente ai suddetti esperti, sul punto 6.1.1 della guida FP6, escludendo, da un lato, che si trattasse di costi di personale, non lavorando tali esperti nei locali della ricorrente, e, dall’altro, riconoscendo che si trattava di costi di subcontratto, non lavorando tali esperti, di norma, nei locali della ricorrente e non essendo quindi i lavori eseguiti strettamente sotto la sua supervisione diretta.

174    A tal riguardo, si deve osservare che, sebbene non vincolante, la guida FP6 faceva parte dell’ambito in cui era stato concluso il contratto in esame, sia da un punto di vista temporale, essendo anteriore alla sua sottoscrizione, che da un punto di vista materiale, essendo destinata a fornire, in particolare, esempi concreti nonché suggerimenti relativi alle buone pratiche finanziarie da applicare in sede di attuazione dei progetti finanziati nell’ambito del programma FP6. È inoltre necessario constatare che la ricorrente non soltanto non contesta che il punto 6.1.1 della guida fosse applicabile all’ambito contrattuale di cui trattasi, ma vi fa essa stessa esplicito riferimento nei suoi scritti difensivi, con ciò dimostrando che non ne ignorava il contenuto.

175    Alla luce del principio di esecuzione secondo buona fede dei contratti (v. punto 67 supra), nell’esecuzione del contratto Innovation Coach la ricorrente avrebbe dunque dovuto tenere conto dei criteri cumulativi chiaramente indicati nella guida FP6 per quanto riguarda la possibilità di considerare come ammissibili al contributo della Commissione, a titolo di costi di personale, i costi degli esperti internazionali delle cui prestazioni si era avvalsa per la realizzazione del progetto di cui trattasi.

176    Per contro, secondo la ricorrente, è più logico considerare che i consulenti interni debbano effettuare le loro prestazioni nell’ambito dell’organismo beneficiario, utilizzando i suoi servizi e le sue infrastrutture materiali ed immateriali, analogamente ai dipendenti ordinari, piuttosto che esigere che essi lavorino fisicamente nei locali del contraente.

177    Orbene, non soltanto l’interpretazione sostenuta dalla ricorrente non è suffragata né dalle disposizioni contrattuali né dalla guida FP6, ma è altresì contraria al principio generale di ripartizione dei costi diretti e dei costi indiretti, dal momento che solo i primi, tra i quali figurano i costi di personale, sono imputabili direttamente ai progetti, mentre i secondi non lo sono, ma sono semplicemente identificabili come sostenuti in relazione a questi ultimi. L’ammissibilità dei costi indiretti connessi ai costi di personale, ivi inclusi i consulenti interni che soddisfino talune condizioni, deriva proprio dal fatto che il personale lavora nei locali del contraente sotto la sua direzione. Infatti, soltanto nel caso in cui i consulenti lavorino, analogamente al personale dipendente, all’interno dei locali del beneficiario, le spese generali (costi indiretti) generate dall’utilizzo di detti locali possono essere imputate; ciò, tuttavia, non si è verificato nel caso degli esperti internazionali impiegati come consulenti dalla ricorrente.

178    In ogni caso, la ricorrente non ha dimostrato, in particolare, che gli esperti da essa impiegati nell’ambito del contratto Innovation Coach avevano utilizzato i suoi servizi generali, vale a dire i locali, i computer e le altre tecnologie dell’informazione e della comunicazione della ricorrente.

179    Il fatto, invocato dalla ricorrente, che la remunerazione degli esperti internazionali sia stata qualificata come rientrante nei costi di personale nell’allegato I del contratto Innovation Coach non può rimettere in discussione tale conclusione.

180    Infatti, come sottolinea la Commissione, il budget di un progetto non rappresenta il prezzo a cui il beneficiario avrà diritto per aver fornito una prestazione, ma rappresenta una stima dei costi che potranno essere considerati ammissibili a condizione che essi siano conformi a quanto previsto nelle disposizioni contrattuali.

181    Infine, giustamente la Commissione ha considerato non ammissibili i costi indiretti dichiarati dalla ricorrente per quanto riguarda l’esecuzione del contratto Innovation Coach. Invero, l’articolo II.21, delle condizioni generali FP6 prevede che i costi indiretti ammissibili sono «tutti quei costi che soddisfano i criteri di cui all’articolo II.19, che non possono essere individuati dal contraente come direttamente attribuibili al progetto ma che possono essere identificati e giustificati dal suo sistema contabile come sostenuti in relazione diretta con i costi diretti ammissibili imputabili al progetto». Ne deriva che deve esistere un nesso di causalità tra i costi indiretti sostenuti da un contraente e i costi diretti sostenuti ai fini della realizzazione del progetto, il che non si è verificato nella fattispecie, dato che i costi degli esperti internazionali di cui si è avvalsa la ricorrente non sono stati considerati come costi di personale, ma sono stati riqualificati come costi di subcontratto.

182    In considerazione di quanto precede, il quarto e il quinto motivo devono essere respinti.

 Sul sesto motivo, vertente sulla violazione da parte della Commissione dei principi di buona fede, di legittimo affidamento e di certezza del diritto

183    In primo luogo, la ricorrente addebita alla Commissione di aver risposto con ritardo alle sue controdeduzioni sul calcolo dei costi contenute nella sua lettera del 18 dicembre 2009. Inoltre, nella lettera del 1° giugno 2012, la Commissione avrebbe usato come riferimento una certificazione emessa da un revisore indipendente esterno – già inviatale dalla ricorrente nel gennaio 2009 – contenente la spiegazione del metodo di calcolo utilizzato dalla ricorrente. Peraltro, la Commissione, da un lato, avrebbe indicato, in una lettera datata 14 dicembre 2009 riguardante il contratto Ecolink+, che la sottoscrizione di detto contratto era subordinata all’approvazione del metodo di calcolo della ricorrente e, dall’altro, il 24 dicembre 2009, avrebbe sottoscritto il contratto Take It Up, il quale conteneva un esplicito riferimento a tale metodo. Questa situazione avrebbe dunque ingenerato nella ricorrente un legittimo affidamento circa la correttezza delle modalità di remunerazione dei propri soci prestatori d’opera.

184    In secondo luogo, la ricorrente addebita alla Commissione di non aver motivato i suoi atti e di aver agito in mala fede e in violazione del principio di certezza del diritto. Infatti, ai sensi dell’articolo I.11, paragrafo 5, del contratto Take It Up, la Commissione avrebbe dovuto assumere una decisione sul metodo di calcolo presentato dalla ricorrente, il che sarebbe avvenuto solo con diversi anni di ritardo, quando ormai in capo alla ricorrente si era consolidato un legittimo affidamento in ordine alla correttezza delle modalità da essa impiegate nella rendicontazione e nella qualificazione dei costi di personale. Peraltro, secondo la ricorrente, sussisteva un accordo di natura contrattuale tra la stessa e la Commissione, che era stato formalizzato nell’ambito di un addendum al contratto Ecolink+, il quale rinviava al suo metodo di calcolo.

185    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

186    In via preliminare, si deve rilevare, come fa valere la Commissione senza essere contraddetta dalla ricorrente, che il presente motivo, nella misura in cui si riferisce al metodo di calcolo delle remunerazioni dei soci prestatori d’opera che la ricorrente sostiene di aver trasmesso il 18 dicembre 2009, riguarda unicamente i contratti FP6, ad esclusione del contratto Innovation Coach.

187    Inoltre, si deve constatare che, malgrado il suo titolo, l’argomento principale del presente motivo si fonda, in sostanza, sulla violazione da parte della Commissione del principio di tutela del legittimo affidamento.

188    Occorre rammentare, come fa la Commissione, che il Trattato FUE ha istituito un sistema di mezzi di ricorso autonomi. L’articolo 272 TFUE prevede la competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea a giudicare in virtù di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto pubblico o di diritto privato stipulato dall’Unione o per conto di questa.

189    Orbene, si deve altresì ricordare, da un lato, che il principio di tutela del legittimo affidamento, quale invocato dalla ricorrente nell’ambito di una domanda fondata sull’articolo 272 TFUE e sulla clausola compromissoria di cui all’articolo 13 dei contratti FP6, disciplina il rapporto di subordinazione fra un amministrato e l’amministrazione, e, dall’altro, che, secondo una giurisprudenza consolidata, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento nei confronti dell’amministrazione dell’Unione si estende a chiunque si trovi in una situazione nella quale risulti che detta amministrazione, fornendogli assicurazioni precise, abbia suscitato in lui aspettative fondate. Rappresentano assicurazioni di tal genere, a prescindere dalla forma in cui siano state comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, che derivino da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che l’amministrazione gli abbia fornito. Detto principio rientra quindi nell’ambito del controllo di legittimità, in applicazione dell’articolo 263 TFUE, che il Tribunale può operare sugli atti adottati dalle istituzioni (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2015, Synergy Hellas/Commissione, T‑106/13, EU:T:2015:860, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

190    Tuttavia, è necessario considerare che, nella fattispecie, il Tribunale viene adito nella sua qualità di giudice del contratto. Nella sua domanda depositata ai sensi dell’articolo 272 TFUE, la ricorrente può pertanto addebitare alla Commissione unicamente violazioni del diritto applicabile al contratto, ossia violazioni delle disposizioni contrattuali, del regolamento finanziario del 2002 e delle sue modalità di esecuzione o di principi del diritto dei contratti dell’Unione nonché dei principi del diritto dei contratti belga (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2015, Sinergy Hellas/Commissione, T‑106/13, EU:T:2015:860, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

191    Pertanto, si deve dichiarare irricevibile la censura attinente alla violazione da parte della Commissione, in occasione dell’esecuzione dei contratti FP6, del principio di tutela del legittimo affidamento, come definito al punto 189 supra.

192    Occorre nondimeno osservare che, nel contesto dell’argomentazione relativa alla violazione del suddetto principio, la ricorrente evoca altresì il principio dell’esecuzione dei contratti secondo buona fede, al cui rispetto sarebbe tenuta l’entità che concede sovvenzioni. A tal riguardo, la ricorrente si riferisce espressamente all’articolo 1134 del codice civile belga, che sancirebbe l’obbligo per le parti di un contratto di sovvenzione di eseguirlo secondo buona fede.

193    Il fatto di non poter escludere che una sorta di legittimo affidamento possa esser invocato nel diritto dei contratti posto che esso è sussumibile nell’obbligazione dell’esecuzione secondo buona fede di un contratto deriva dalla circostanza che tale principio di esecuzione secondo buona fede osta alle esecuzioni del contratto che integrerebbero un abuso di diritto (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2015, Sinergy Hellas/Commissione, T‑106/13, EU:T:2015:860, punto 72).

194    A tal riguardo, il Tribunale ha altresì ricordato che, secondo la Corte di cassazione belga, il principio sancito dall’articolo 1134 del codice civile belga, in forza del quale i contratti devono essere eseguiti secondo buona fede, vieta a una parte di abusare di un diritto riconosciutole dal contratto. L’abuso di diritto consiste nell’esercitare un diritto in un modo che ecceda manifestamente i limiti dell’esercizio normale di tale diritto da parte di una persona prudente e diligente. Orbene, non può escludersi che costituisca un abuso di diritto il fatto, per il titolare di un diritto, di avvalersene dopo aver ingenerato nella controparte il legittimo affidamento che egli non l’avrebbe esercitato, attraverso un comportamento oggettivamente incompatibile con l’esercizio normale di tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2015, Sinergy Hellas/Commissione, T‑106/13, EU:T:2015:860, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

195    Nondimeno, è sufficiente constatare che, nel caso di specie, la Commissione non ha ingenerato nella ricorrente un legittimo affidamento che essa avrebbe accettato e sottoscritto la definizione del metodo di calcolo proposto ed applicato da quest’ultima.

196    Infatti, in primo luogo, occorre rilevare che, a partire dal 2009, i costi dichiarati relativamente alle remunerazioni dei soci prestatori d’opera sono stati oggetto di contestazioni e che l’audit dei contratti FP6 è stato chiuso il 20 ottobre 2009 (v. punto 12 supra), ciò che la ricorrente avrebbe del resto dovuto comprendere a motivo dei numerosi scambi che i servizi della Commissione hanno intrattenuto con essa.

197    In secondo luogo, dalla lettera della Commissione relativa al contratto Ecolink+ (v. punto 30 supra) – che appartiene, del resto, ai contratti CIP, i quali non sono tuttavia oggetto del presente motivo – risulta che la Commissione mirava ad evitare che, nell’ambito dei contratti CIP, si manifestassero gli stessi problemi d’inammissibilità dei costi constatati riguardo ai contratti FP6 (v. punti 137 e 138 supra).

198    In terzo luogo, nella parte in cui la ricorrente si fonda sulla presunta accettazione del metodo di calcolo che compare nel contratto Take It Up, come è stato ricordato al punto 146 supra, detto contratto, che è stato firmato il 14 dicembre 2009, non può fare riferimento a un metodo di calcolo trasmesso successivamente, segnatamente il 23 dicembre 2009. Inoltre, dagli atti di causa non risulta che la Commissione abbia fatto una dichiarazione, quale che essa sia, riguardante la conformità del metodo di calcolo proposto dalla ricorrente.

199    In quarto luogo, dallo scambio di e-mail tra la Commissione e la ricorrente avvenuto tra dicembre 2011 e febbraio 2012 risultache quest’ultima era al corrente del fatto che non vi era stato alcun accordo da parte della Commissione in merito alle modalità di calcolo delle remunerazioni dei soci prestatori d’opera.

200    In quinto luogo, per quanto riguarda l’argomento vertente sul fatto che la Commissione avrebbe espressamente accettato il metodo di calcolo della ricorrente nell’ambito dell’addendum al contratto Ecolink+, si deve ricordare, come fa la Commissione, da un lato, che detto addendum è intervenuto a seguito di una domanda specifica della ricorrente che non menzionava la questione del metodo di calcolo (v. la lettera citata al punto 33 supra), e, dall’altro, che nessun metodo di calcolo è allegato all’addendum o al contratto iniziale (v. punti 148 e 149 supra).

201    In sesto luogo, per quanto riguarda l’articolo I.11, paragrafo 5, del contratto Take It Up (v. punto 184 supra), ai sensi del quale la Commissione avrebbe dovuto adottare, sin dall’inizio, una decisione sul metodo di calcolo, si deve ricordare che siffatta disposizione riguarda l’esecuzione dei lavori e non le condizioni finanziarie della sovvenzione. Essa è quindi priva di rilevanza per quanto concerne eventuali obblighi della Commissione riguardo al metodo di calcolo proposto dalla ricorrente.

202    Peraltro, siffatta conclusione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza, dedotta dalla ricorrente, secondo cui sarebbero trascorsi tre anni fra la trasmissione del metodo di calcolo da essa effettuata e il rigetto da parte della Commissione dei costi connessi ai soci prestatori d’opera in seguito all’audit dei contratti FP6. Infatti, il trascorrere di detto termine, di per sé, in assenza di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti fornite dalla Commissione, non può generare alcun legittimo affidamento nella ricorrente.

203    Pertanto, alla luce dell’insieme degli elementi che precedono, occorre respingere la tesi della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe violato il principio di tutela del legittimo affidamento in quanto avrebbe agito, sostanzialmente, in mala fede.

204    Alla luce delle suesposte considerazioni, il sesto motivo dev’essere respinto.

 Sul settimo motivo, vertente sulla violazione delle regole di proporzionalità, d’informazione, di rispetto del contraddittorio e di motivazione contenute nel «codice di buona condotta amministrativa»

205    La ricorrente fa valere che la Commissione non ha rispettato talune norme derivanti dal «codice di buona condotta amministrativa». In sostanza, da un lato, la Commissione avrebbe violato il principio di proporzionalità, in quanto ha chiesto la restituzione di gran parte dei contributi dovuti alla ricorrente nonostante gli obiettivi dei progetti fossero stati puntualmente raggiunti, nonché l’obbligo di ascoltarla in quanto parte interessata. Dall’altro lato, la Commissione avrebbe omesso di fornire informazioni relative al procedimento amministrativo e di rispondere alle richieste della ricorrente entro i termini prescritti, di concedere riunioni con i propri servizi nonché di motivare, in particolare, la decisione di sospensione dei pagamenti.

206    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

207    In via preliminare, occorre considerare che, malgrado l’assenza di qualsiasi precisazione da parte della ricorrente, essa invoca la violazione dei principi contenuti nel codice di buona condotta amministrativa del personale della Commissione europea nei suoi rapporti col pubblico (in prosieguo: il «codice di buona condotta amministrativa»), allegato al regolamento interno della Commissione (GU 2000, L 308, pag. 26).

208    Orbene, va osservato, come fa la Commissione, che il motivo in esame esula dalla competenza del Tribunale ai sensi dell’articolo 272 TFUE e deve quindi essere dichiarato irricevibile, in quanto non trae origine dai contratti e non può essere considerato come avente un rapporto diretto con le obbligazioni che ne derivano (v., in tal senso, ordinanza del 3 aprile 2006, International Institute for the Urban Environment/Commissione, T‑74/05, non pubblicata, EU:T:2006:100, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

209    Infatti, il codice di buona condotta amministrativa, che elenca una serie di regole che devono essere applicate dal personale della Commissione nei suoi rapporti con il pubblico, non è destinato ad essere applicato nell’ambito di un ricorso presentato ai sensi dell’articolo 272 TFUE, volto a disciplinare controversie di natura contrattuale nelle quali la Commissione non agisce come autorità pubblica, bensì come parte contraente.

210    Ciò nondimeno, nella misura in cui, fra le regole del codice di buona condotta amministrativa, di cui la ricorrente deduce la violazione, alcune potrebbero corrispondere a taluni principi applicabili in materia contrattuale, verranno di seguito analizzate le varie censure sulle quali si fonda il presente motivo.

211    In primo luogo, per quanto riguarda l’affermazione secondo cui, conformemente al principio di proporzionalità, la Commissione non può esigere il rimborso da parte della ricorrente della quasi totalità delle somme che le sono state versate nell’ambito dei contratti di sovvenzione di cui trattasi, in quanto i progetti sono stati pienamente eseguiti, si deve ricordare che il principio di proporzionalità costituisce un principio generale di diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 5, paragrafo 4, TUE. Tale principio esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (v. sentenza dell’11 dicembre 2013, EMA/Commissione, T‑116/11, EU:T:2013:634, punto 259 e giurisprudenza ivi citata).

212    Secondo la giurisprudenza, detto principio è volto a disciplinare tutte le modalità di azione dell’Unione, siano esse contrattuali o meno. Infatti, nel contesto dell’esecuzione di obbligazioni contrattuali, il rispetto di tale principio rientra nell’obbligo più generale delle parti di un contratto di eseguire il medesimo in buona fede. In forza del diritto belga, applicabile ai contratti in esame, l’obbligo di eseguire secondo buona fede detti contratti impedisce a una parte di esercitare un diritto in un modo che ecceda manifestamente i limiti dell’esercizio normale di tale diritto da parte di una persona prudente e diligente (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2015, Synergy Hellas/Commissione, T‑106/13, EU:T:2015:860, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

213    Orbene, innanzitutto, è necessario ricordare che spetta alla ricorrente sostanziare le sue pretese e, in caso di contestazione, dimostrare che le spese di cui chiede il rimborso sono ammissibili al finanziamento dell’Unione alla luce delle disposizioni applicabili in materia (v., in tal senso, sentenze del 25 aprile 2012, Movimondo Onlus/Commissione, T‑329/05, non pubblicata, EU:T:2012:199, punto 31, e dell’11 dicembre 2013, EMA/Commissione, T‑116/11, EU:T:2013:634, punto 112).

214    A tal riguardo, si deve constatare che la ricorrente, sulla quale gravava l’onere della prova, non ha dimostrato l’ammissibilità delle spese presentate alla Commissione nell’ambito dei contratti di sovvenzione di cui trattasi.

215    Nel caso di specie, la Commissione ha dunque agito, relativamente ai contratti FP6, in forza dell’articolo II.29, paragrafo 1, delle condizioni generali FP6, a termini del quale gli importi ad essa dovuti in conseguenza dei risultati di un audit effettuato ai sensi della medesima disposizione possono essere recuperati secondo le modalità indicate all’articolo II.31 di tali condizioni generali. Più in particolare, ai sensi dell’articolo II.31, paragrafo 1, di queste ultime, il contraente si impegna a restituire alla Commissione, entro la data e con le modalità da essa specificate, ogni importo indebitamente versatogli o le somme il cui recupero è giustificato in base alle condizioni del contratto. Le stesse considerazioni valgono per quanto riguarda l’articolo II.20.1 e l’articolo II.21.3 delle condizioni generali CIP.

216    Da tali disposizioni deriva che la Commissione disponeva, nel caso di specie, della facoltà di chiedere alla ricorrente, sulla base dei risultati della revisione contabile, il rimborso di tutte le somme che essa riteneva esserle dovute, ivi comprese tutte le somme che essa aveva versato alla ricorrente nell’ambito dei contratti in esame.

217    Nondimeno, la ricorrente fa valere che la Commissione non poteva esigere il rimborso delle somme che le erano state versate nell’ambito dei contratti di sovvenzione, dato che i progetti erano stati pienamente eseguiti.

218    A tal riguardo, si deve notare che, indipendentemente dal diritto applicabile ai contratti di sovvenzione in esame, la Commissione è vincolata, in forza dell’articolo 317 TFUE, all’obbligo di buona e sana gestione finanziaria delle risorse dell’Unione. Nel sistema di concessione di sovvenzioni da parte dell’Unione, l’utilizzo di tali sovvenzioni è soggetto a talune regole che possono comportare la restituzione parziale o totale di una sovvenzione già concessa. Il beneficiario di una sovvenzione la cui domanda sia stata approvata dalla Commissione non acquisisce dunque, per ciò solo, alcun diritto definitivo al pagamento integrale della sovvenzione se non rispetta le condizioni alle quali il sostegno era subordinato (v., in tal senso, sentenze del 27 aprile 2016 ANKO/Commissione, T‑154/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:246, punto 124 e giurisprudenza ivi citata, nonché ANKO/Commissione, T‑155/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:245, punto 122 e giurisprudenza ivi citata).

219    In tale contesto, è stato dichiarato che, secondo un principio fondamentale che disciplina in particolare la concessione di sovvenzioni da parte dell’Unione, possono essere sovvenzionate soltanto spese che siano state effettivamente sostenute. Pertanto, affinché la Commissione possa esercitare un ruolo di controllo, i beneficiari di tali sovvenzioni devono dimostrare l’ammissibilità dei costi imputati ai progetti sovvenzionati. Non è quindi sufficiente dimostrare che un progetto è stato realizzato per giustificare l’attribuzione di una sovvenzione specifica. Il beneficiario dell’aiuto deve altresì fornire la prova di aver sostenuto le spese dichiarate in conformità delle condizioni fissate per la concessione della sovvenzione di cui trattasi. Il suo obbligo di rispettare le condizioni finanziarie stabilite costituisce propriamente uno dei suoi impegni essenziali e rappresenta, pertanto, un presupposto dell’attribuzione della sovvenzione dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2016, ANKO/Commissione, T‑154/14, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:246, punto 125 e giurisprudenza ivi citata).

220    Alla luce delle disposizioni menzionate al punto 215 supra e delle constatazioni effettuate nelle relazioni di audit definitive relative ai contratti FP6 e CIP, nonché dei principi giurisprudenziali sopra menzionati, non si può contestare alla Commissione di avere violato il principio di esecuzione secondo buona fede dei contratti quando ha chiesto alla ricorrente il rimborso di una parte delle somme che essa le aveva versato, benché la ricorrente avesse già eseguito i progetti in questione.

221    In secondo luogo, per quanto riguarda le censure vertenti, da un lato, sul fatto che la Commissione avrebbe omesso di comunicare alla ricorrente le informazioni richieste in merito ai procedimenti amministrativi in corso e all’esecuzione dei contratti di sovvenzione, e, dall’altro, sul fatto che la Commissione non avrebbe concesso alla ricorrente lo svolgimento di riunioni con i servizi incaricati del procedimento e, di conseguenza, non l’avrebbe ascoltata in quanto parte interessata, si deve constatare, innanzitutto, che la ricorrente non deduce la violazione di alcuna disposizione precisa dei contratti di cui trattasi, né di alcun’altra disposizione ad essi applicabile.

222    Inoltre, anche volendo ritenere che il diritto applicabile ai contratti di cui trattasi possa essere considerato come implicante l’esistenza di siffatti obblighi della Commissione a tal riguardo, la ricorrente, da un lato, non è in grado di indicare che tipo d’informazioni la Commissione avrebbe omesso di trametterle e, dall’altro, non precisa che tipo di riunioni la Commissione avrebbe rifiutato di concedere, né il tema su cui tali riunioni avrebbero dovuto vertere, e, soprattutto, non dimostra in che modo le conseguenze di tali violazioni asseritamente compiute dalla Commissione sarebbero diverse da quelle già evocate nell’ambito di altri motivi.

223    In ogni caso, dalle circostanze della fattispecie deriva che la presente censura non è fondata. Infatti, da un lato, la Commissione non ha violato le disposizioni contrattuali relative al rispetto di norme procedurali e, comunque, la ricorrente non le indica.

224    Dall’altro, dagli elementi del fascicolo di causa in precedenza ricordati (v. punti 17, 20 e 39 supra) risulta che i rappresentanti della ricorrente sono stati ricevuti il 3 agosto e il 28 settembre 2012 dai servizi della Commissione, i quali, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, hanno fornito elementi in risposta alle sue domande.

225    In terzo luogo, per quanto riguarda la censura vertente sulla violazione, da parte della Commissione, dell’obbligo di fornire una risposta alle domande ricevute entro il termine di quindici giorni lavorativi a partire dalla loro ricezione, essa va respinta per mancanza di precisazioni. Infatti, la ricorrente omette di specificare quali lettere sarebbero rimaste prive di risposta. Inoltre, la ricorrente non è in grado di indicare quale sarebbe il rapporto tra la violazione di tale regola, volendo presumere che essa sia applicabile nella fattispecie, e i capi delle conclusioni da essa formulati.

226    Orbene, conformemente ai requisiti previsti dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, l’atto introduttivo del ricorso deve contenere, in particolare, un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che l’atto introduttivo deve chiarire in cosa consistano i motivi di ricorso, sicché la sola enunciazione astratta degli stessi non soddisfa i requisiti dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e del regolamento di procedura del Tribunale. Pertanto, in considerazione del fatto che la deduzione della ricorrente relativa alla violazione dell’obbligo della Commissione di fornire una risposta alle richieste ricevute entro quindici giorni lavorativi non è sviluppata nel ricorso, detta censura deve essere respinta in quanto irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 17 ottobre 2012, Fondation IDIAP/Commissione, T‑286/10, non pubblicata, EU:T:2012:552, punto 106 e giurisprudenza ivi citata).

227    In quarto luogo, ed infine, per quanto riguarda l’asserita violazione dell’obbligo di motivazione, occorre constatare, come fa la Commissione, che la ricorrente si limita a dedurre un difetto di motivazione, riferendosi, senza ulteriori precisazioni, a una decisione di sospensione dei pagamenti, mentre, in tutti gli altri casi, si limita a far valere che la motivazione sarebbe insufficiente.

228    Va ricordato che l’obbligo di motivazione s’impone alle istituzioni dell’Unione, e quindi alla Commissione, in forza dell’articolo 296 TFUE. Esso riguarda tuttavia soltanto i modi di azione unilaterale di queste ultime e non s’impone quindi in forza di un contratto di sovvenzione. Di conseguenza, la censura relativa all’insufficienza di motivazione è inoperante nell’ambito di un ricorso proposto sul fondamento dell’articolo 272 TFUE, poiché, nel caso di specie, un’eventuale violazione di tale obbligo è ininfluente sugli obblighi incombenti alla Commissione in forza dei contratti di sovvenzione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze dell’11 dicembre 2013, EMA/Commissione, T‑116/11, EU:T:2013:634, punto 275 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 ottobre 2014, Technische Universität Dresden/Commissione, T‑29/11, Racc., EU:T:2014:912, punti 120 e 121).

229    Tuttavia, nella misura in cui l’asserito obbligo della Commissione di motivare le decisioni adottate in un contesto contrattuale possa essere considerato come una delle espressioni del principio di esecuzione secondo buona fede dei contratti, si deve constatare che palesemente esso non è stato violato nel caso di specie.

230    Infatti, alla luce della circostanza secondo cui l’unica decisione di sospensione a cui la ricorrente si riferisce espressamente è quella relativa al contratto Connect-2-Ideas, che essa ha peraltro omesso di produrre in giudizio, occorre ricordare che, come risulta dall’articolo II.28, paragrafo 8, secondo comma, delle condizioni generali FP6, la Commissione ha la facoltà di sospendere i suoi pagamenti in qualsiasi momento in caso di mancato rispetto da parte del contraente di una delle disposizioni contrattuali, in particolare quelle in materia di audit e di controlli di cui all’articolo II.29. In questo caso, la Commissione informa direttamente i contraenti con lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

231    Tale disposizione contrattuale ha lo scopo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione in situazioni di rischio, in particolare per quanto riguarda la buona gestione delle risorse pubbliche impiegate per il finanziamento di determinati progetti.

232    Nel caso di specie, dalla lettera del 13 novembre 2009, prodotta dalla Commissione, consta che, conformemente alla disposizione summenzionata, quest’ultima ha debitamente informato il coordinatore del relativo progetto della sospensione dei pagamenti finali destinati alla ricorrente, in ragione dell’esame delle conclusioni definitive della relazione di audit FP6 avente ad oggetto il contratto corrispondente (v. punti 9 e 12 supra), le quali riscontravano l’esistenza di taluni costi di personale non ammissibili.

233    Ne consegue che l’argomento vertente su un asserito difetto di motivazione della decisione di sospensione dei pagamenti avente ad oggetto il contratto Connect-2-Ideas non è fondato.

234    In considerazione di tutto quanto precede, il settimo motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sull’ottavo motivo, vertente sull’inadempimento da parte della Commissione dell’obbligazione di corrispondere alla ricorrente i contributi previsti dai contratti di sovvenzione per la realizzazione dei progetti finanziati

235    La ricorrente addebita alla Commissione di non aver rispettato l’obbligazione contrattuale di corrispondere il contributo dovuto a fronte dell’attività rendicontata dalla ricorrente per la realizzazione degli obiettivi previsti dai progetti finanziati. In particolare, riguardo all’esecuzione dei contratti FP6, la Commissione sarebbe tenuta a pagare, in virtù dell’articolo 5 di ciascun contratto, un contributo costituito da una percentuale dei costi previsti nel bilancio preventivo contenuto nell’allegato I dei contratti, che nella fattispecie può arrivare al 100%, ai sensi dell’articolo II.25 delle condizioni generali FP6. Il pagamento di tale contributo avrebbe dovuto esser effettuato in base all’articolo 8, paragrafo 2, di ciascun contratto, erogando, segnatamente, oltre all’anticipo, anche i saldi corrispondenti alle dichiarazioni regolarmente presentate dalla ricorrente alle scadenze stabilite dall’articolo 7 dei suddetti contratti. Riguardo ai contratti CIP, la Commissione sarebbe tenuta ad un’analoga obbligazione in virtù dell’articolo I.4 di ciascun contratto, che fa riferimento, in particolare, al bilancio di cui all’allegato II oltre che all’articolo II.16 delle condizioni generali CIP. L’obbligazione pecuniaria della Commissione avrebbe dovuto essere adempiuta secondo le disposizioni dell’articolo I.5 e degli articoli II.17 e seguenti delle condizioni generali CIP.

236    Al contrario, la Commissione, avrebbe arbitrariamente e illegittimamente deciso di recuperare le somme precedentemente versate alla ricorrente mediante atti di compensazione sui crediti di quest’ultima e di decurtare le somme erogate in relazione a ciascuno dei contratti corrispondenti.

237    In particolare, riguardo agli atti di compensazione, la Commissione si sarebbe resa inadempiente in ordine al pagamento delle seguenti somme:

–        EUR 4 250 (v. lettera del 27 settembre 2012, menzionata al punto 19 supra);

–        EUR 48 583,66 (v. lettera del 5 ottobre 2012, menzionata al punto 21 supra);

–        EUR 69 061,89 (v. lettera del 12 novembre 2012, menzionata al punto 24 supra);

–        EUR 16 772,36 (v. lettera del 21 novembre 2012, menzionata al punto 24 supra);

–        EUR 209 180,92 (v. lettera del 22 novembre 2012, menzionata al punto 24 supra).

238    Riguardo ai provvedimenti di decurtazione adottati nei confronti della ricorrente, la Commissione si sarebbe resa inadempiente in ordine al pagamento delle seguenti somme:

–        EUR 108 235,05, ossia il contributo calcolato sulla differenza tra costi rendicontati e costi riconosciuti a seguito delle vicende presentate in relazione al contratto Ecolink+;

–        EUR 110 293,75, ossia il contributo calcolato sulla differenza tra costi rendicontati e costi riconosciuti a seguito delle vicende presentate in relazione al contratto Take It Up.

239    Complessivamente, la Commissione si sarebbe dunque resa inadempiente verso la ricorrente del pagamento di una somma pari a EUR 566 377,63.

240    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

241    In via preliminare, si deve osservare che questo motivo coincide in parte con il precedente e che, come giustamente sostiene la Commissione, esso è in un certo modo consecutivo agli altri motivi dedotti dalla ricorrente.

242    In sostanza, la ricorrente si limita a far valere che la Commissione è venuta meno alla sua obbligazione di versarle i contributi dovuti, in virtù di talune disposizioni contrattuali, tutte relative alle modalità di pagamento. Più in particolare, a suo avviso, la Commissione non avrebbe dovuto recuperare, per quanto riguarda i contratti FP6, né ridurre, per quanto riguarda i contratti CIP, i costi dichiarati dalla ricorrente.

243    Nel caso di specie, non viene messo in discussione che i progetti finanziati nell’ambito dei contratti di sovvenzione di cui trattasi siano stati realizzati.

244    Tuttavia, dalle relazioni di audit FP6 e CIP risulta che i crediti controversi, di cui la Commissione si ritiene titolare nei confronti della ricorrente, derivano da pagamenti eccessivi dei quali essa avrebbe beneficiato a titolo dei contratti di cui trattasi. Ai sensi di tali contratti, come è già stato precisato, i pagamenti previsti a favore della ricorrente erano condizionati dalla giustificazione dell’ammissibilità dei costi sostenuti nell’ambito dell’esecuzione dei progetti in argomento.

245    Del resto, per quanto riguarda i contratti FP6, la Commissione ha agito, nel caso di specie, nel rispetto dell’articolo II.29, paragrafo 1, delle condizioni generali FP6, a termini del quale «gli importi dovuti alla Commissione in conseguenza dei risultati degli audit possono essere recuperati secondo le modalità di cui all’articolo II.31», ai sensi del quale il contraente si impegna a restituire alla Commissione, entro la data e con le modalità da essa specificate, ogni importo indebitamente versatogli o le somme il cui recupero è giustificato in base alle condizioni del contratto. Le stesse considerazioni valgono, per quanto riguarda i contratti CIP, alla luce del combinato disposto dell’articolo II.21.3 delle condizioni generali CIP, relativo agli audit, e dell’articolo II.20.1 delle medesime condizioni generali, relativo al recupero.

246    A tal riguardo, si deve ancora rilevare che, come è stato sottolineato dalla giurisprudenza, non è sufficiente che i progetti sottoposti ad audit siano stati realizzati, ed in modo conforme ai contratti di sovvenzione oggetto di audit, affinché la ricorrente abbia diritto alla sovvenzione in essi prevista. Occorre altresì che la ricorrente abbia adempiuto correttamente le obbligazioni finanziarie ad essa incombenti in forza di tali contratti, il che deve permettere alla Commissione di verificare, in particolare durante un audit finanziario, che i costi dichiarati dalla ricorrente in esecuzione di tali contratti siano ammissibili e giustificati (v., in tal senso, sentenze dell’11 dicembre 2013, EMA/Commissione, T‑116/11, EU:T:2013:634, punto 236 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’8 settembre 2015, Amitié/Commissione, T‑234/12, non pubblicata, EU:T:2015:601, punto 152 e giurisprudenza ivi citata).

247    Difatti, la realizzazione da parte dell’insieme dei co-contraenti di prestazioni sufficienti a consentire la corretta esecuzione delle obbligazioni tecniche ad essi incombenti in forza di contratti di sovvenzione non permette di concludere che i costi dichiarati in esecuzione di tali contratti corrispondano a costi ammissibili e giustificati, vale a dire, in particolare, a costi che sono stati effettivamente sostenuti per l’esecuzione dei progetti in argomento, che erano indispensabili e che non sono già stati dichiarati e rimborsati sulla base di un altro contratto di sovvenzione o di un contributo finanziario. Pertanto, il rispetto scrupoloso, da parte del beneficiario di una sovvenzione, delle obbligazioni finanziarie alle quali è subordinata la concessione di tale sovvenzione non è una mera esigenza formale, bensì la condizione stessa affinché la Commissione possa verificare, durante un audit finanziario o un controllo o una verifica sul campo, che i costi dichiarati dal beneficiario corrispondano proprio a costi ammissibili e giustificati (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2015, Amitié/Commissione, T‑234/12, non pubblicata, EU:T:2015:601, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

248    Ne consegue che, in caso di violazione delle obbligazioni finanziarie previste nei contratti oggetto di audit, il beneficiario non avrebbe acquisito alcun diritto definitivo al pagamento delle sovvenzioni previste in tali contratti e, di conseguenza, dovrebbe rimborsare alla Commissione ogni importo già versato in esecuzione di questi ultimi, indipendentemente dal fatto che i progetti in questione siano stati eseguiti correttamente (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2015, Amitié/Commissione, T‑234/12, non pubblicata, EU:T:2015:601, punto 154).

249    Pertanto, a prescindere dalla questione se gli importi inizialmente indicati dalla ricorrente siano esatti, il che è contestato dalla Commissione, il presente motivo dev’essere respinto.

 Sulla seconda parte del primo capo delle conclusioni, con cui la ricorrente chiede di dichiarare il carattere illecito delle compensazioni effettuate dalla Commissione

250    Nell’ambito del nono motivo, dedotto a sostegno della seconda parte del primo capo delle sue conclusioni, la ricorrente addebita sostanzialmente alla Commissione di aver violato l’articolo 80 del regolamento finanziario del 2012 nonché il diritto belga, dato che ha proceduto alla compensazione con i crediti vantati dalla ricorrente quando detti crediti non potevano essere considerati certi, in quanto oggetto di contestazione.

251    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

252    In via preliminare, occorre precisare che, come rilevato dalla Commissione, la disposizione la cui violazione è dedotta dalla ricorrente non si applica ratione temporis alle compensazioni in esame, poiché queste ultime sono state effettuate ai sensi dell’articolo 73 del regolamento finanziario del 2002, in vigore fino al 31 dicembre 2012.

253    Attraverso questo motivo, la ricorrente mira principalmente a contestare la validità degli atti di compensazione. Infatti, fondandosi sulla sentenza del 10 luglio 2003, Commissione/CCRE (C‑87/01 P, EU:C:2003:400), essa sostiene che le somme oggetto delle compensazioni non potevano essere considerate come riferibili a crediti «certi», in quanto oggetto di contestazione, e che, di conseguenza, una delle condizioni previste perché possa intervenire una compensazione, vale a dire la certezza dei crediti interessati, non era soddisfatta nel caso di specie.

254    Dalla giurisprudenza risulta che un atto con cui la Commissione effettui una compensazione extragiudiziale tra i debiti e i crediti risultanti da diversi rapporti giuridici con la medesima persona costituisce un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Come sottolinea la Commissione, è quindi nell’ambito di un tale ricorso che spetta al Tribunale esaminare la legittimità di una decisione di compensazione riguardo ai suoi effetti quanto all’assenza di versamento effettivo delle somme controverse al ricorrente (v. sentenza dell’8 ottobre 2008, Helkon Media/Commissione, T‑122/06, non pubblicata, EU:T:2008:418, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

255    Inoltre, dato che una compensazione opera l’estinzione simultanea di due obbligazioni reciproche esistenti tra due soggetti, essa può corrispondere contestualmente a un pagamento di somme che la Commissione ritiene dovute in applicazione di un contratto specifico e ad una restituzione di somme aventi un fondamento diverso da detto contratto. Quindi, si tratta di un’operazione giuridica che è, da un lato, idonea ad estinguere debiti e crediti di qualsiasi natura, contrattuale o non, e, dall’altro, dissociabile da un ambito puramente contrattuale (v. sentenza dell’8 ottobre 2008, Helkon Media/Commissione, T‑122/06, non pubblicata, EU:T:2008:418, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

256    Inoltre, si deve considerare che, indipendentemente dalla natura dei rapporti giuridici all’origine dei debiti e dei crediti compensati, una compensazione adottata sul fondamento del regolamento finanziario rientra nell’ambito del diritto dell’Unione e costituisce un atto impugnabile mediante ricorso per annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE (sentenza dell’8 ottobre 2008, Helkon Media/Commissione, T‑122/06, non pubblicata, EU:T:2008:418, punto 48).

257    Pertanto, la validità delle decisioni di compensazione contestate dalla ricorrente non può essere messa in discussione nell’ambito del presente ricorso fondato sull’articolo 272 TFUE.

258    Del resto, tali decisioni hanno segnatamente già costituito l’oggetto di un ricorso per annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, nelle cause menzionate ai punti 23, 25 e 46 supra, e il procedimento in tali cause è stato sospeso fino alla decisione che pone fine alla presente causa (v. punto 49 supra).

259    In considerazione di tutto quanto precede, il nono motivo dev’essere respinto in quanto irricevibile.

 Sul terzo capo delle conclusioni, volto a che la Commissione sia condannata a versare alla ricorrente un importo di EUR 815 000, a titolo di danno patrimoniale subìto per effetto degli inadempimenti contrattuali della Commissione, oltre alla riparazione del danno derivante dall’illiceità delle compensazioni effettuate dalla Commissione

260    Con il decimo motivo, dedotto a sostegno del terzo capo delle sue conclusioni, la ricorrente chiede il risarcimento del danno subìto a causa degli inadempimenti contrattuali della Commissione, tenuto conto, in particolare, del fatto che i progetti in esame sono stati interamente realizzati senza che la Commissione abbia mai espresso opposizioni al riguardo. La mancata percezione da parte della ricorrente delle somme ad essa spettanti avrebbe determinato nei suoi riguardi un danno di carattere patrimoniale, sotto forma di danno emergente, con gravi ricadute in ordine alla possibilità della medesima di sostenere i costi operativi dell’impresa e di pagare le somme dovute ai propri creditori per le attività relative ai contratti in oggetto. Il danno sofferto sarebbe dunque costituito dalla perdita patrimoniale, oltre agli interessi di mora sulle somme dovute e non corrisposte. Detto pregiudizio è stato quantificato in EUR 815 000 dalla perizia versata in atti dalla ricorrente,di cui EUR 740 000 per la perdita di know-how in termini di perdita di forza lavoro e EUR 75 000 per l’incremento degli oneri finanziari correlati alla perdita di liquidità.

261    Un ulteriore danno, da quantificarsi, deriverebbe dagli oneri finanziari che la ricorrente ha dovuto sostenere a causa della mancata corresponsione delle somme oggetto di una compensazione illecita, in ragione della conseguente perdita di liquidità.

262    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

263    In via preliminare, occorre rilevare, da un lato, che la richiesta di risarcimento della ricorrente è di natura meramente contrattuale e, dall’altro, che essa si suddivide in due parti.

264    La prima parte riguarda la domanda di condanna della Commissione a versare alla ricorrente l’importo sopra menzionato di EUR 815 000, quale risarcimento del danno derivante dall’inadempimento delle sue obbligazioni, sia per i contratti FP6 che per i contratti CIP.

265    La seconda parte riguarda la domanda di condanna della Commissione a versare alla ricorrente un importo non precisato, quale risarcimento di un danno che la medesima si riserva di quantificare in corso di causa, derivante dagli oneri finanziari da essa asseritamente subiti in ragione del mancato versamento delle somme oggetto delle compensazioni contestate.

266    A tal riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 340 TFUE, la responsabilità contrattuale dell’Unione è disciplinata dalla legge applicabile al contratto in causa, che, nel caso di specie, come già constatato al punto 64 supra, è la legge belga sia per i contratti FP6 che per i contratti CIP.

267    Quindi, prima di statuire su tali due parti, occorre ricordare i presupposti della responsabilità contrattuale nel diritto belga.

268    In primo luogo, l’articolo 1142 del codice civile belga, inserito nel titolo III del libro III, intitolato «Dei contratti ovvero delle obbligazioni derivanti da accordi in generale», dispone che «[o]gni obbligazione di fare o di non fare comporta un risarcimento in caso di inadempimento da parte del debitore».

269    In secondo luogo, l’articolo 1147 del codice civile belga prevede quanto segue:

«[i]l debitore è condannato, eventualmente, al risarcimento dei danni a fronte o dell’inadempimento dell’obbligazione, o del tardivo adempimento, ogni qualvolta non giustifichi che l’inadempimento è riconducibile ad una causa a lui estranea che non gli può essere imputata, e sempreché non sussista mala fede da parte sua».

270    Da tali disposizioni risulta che il fatto generatore della responsabilità contrattuale, secondo il codice civile belga, è l’inadempimento, totale o parziale, del contratto imputabile a uno dei co-contraenti. Per ottenere la riparazione dei danni subiti in conseguenza dell’inadempimento di un contratto, siano essi di natura patrimoniale o meno, incombe a colui che chiede il risarcimento dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali e il danno che si è realizzato (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2012, Insula/Commissione, T‑246/09, non pubblicata, EU:T:2012:287, punto 215).

271    Come sottolineato dalla Commissione, senza peraltro essere contraddetta dalla ricorrente, devono ricorrere tre condizioni affinché sia risarcibile un danno di natura contrattuale, ossia l’inadempimento del contratto, un danno e un nesso di causalità fra l’inadempimento e il danno (v., in tal senso, sentenze del 13 giugno 2012, Insula/Commissione, T‑246/09, non pubblicata, EU:T:2012:287, punto 216, e dell’11 dicembre 2013, EMA/Commissione, T‑116/11, EU:T:2013:634, punto 232).

272    Il Tribunale esaminerà innanzitutto la seconda parte del terzo capo delle conclusioni, poi la prima.

 Sulla seconda parte del terzo capo delle conclusioni

273    Con la seconda parte del terzo capo delle sue conclusioni, la ricorrente chiede il risarcimento di un danno autonomo, derivante dagli oneri finanziari asseritamente subiti in ragione del mancato versamento delle somme oggetto delle compensazioni contestate, al contempo riservandosi la possibilità di quantificare tale pregiudizio in corso di causa.

274    In via preliminare, si deve ricordare che, ai sensi del principio di diritto generalmente riconosciuto secondo cui ciascun giudice applica le proprie regole di procedura, la ricevibilità delle conclusioni formulate dalle parti deve valutarsi sul solo fondamento del diritto dell’Unione (v. sentenza dell’8 settembre 2015, Amitié/Commissione, T‑234/12, non pubblicata, EU:T:2015:601, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

275    Orbene, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, lettere c) e d), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il ricorrente è tenuto a definire l’oggetto della controversia e ad esporre le proprie conclusioni nell’atto introduttivo del procedimento. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa da consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. In particolare, alla luce delle condizioni di fondo poste dal diritto belga, una domanda di risarcimento di un danno di questo tipo, a titolo simbolico o per ottenere un vero e proprio risarcimento, deve precisare la natura del danno richiesto con riguardo al comportamento addebitato alla parte convenuta e indicare, anche in modo approssimativo, la valutazione di tale danno nel suo complesso (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2012, Insula/Commissione, T‑246/09, non pubblicata, EU:T:2012:287, punto 221 e giurisprudenza ivi citata). È pur vero che dalla giurisprudenza risulta che, in taluni casi, segnatamente quando è difficile quantificare il danno lamentato, non è indispensabile precisare nel ricorso la sua esatta entità né quantificare l’importo del risarcimento richiesto (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 28 febbraio 2013, Inalca e Cremonini/Commissione, C‑460/09 P, EU:C:2013:111, punto 104 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato, e neppure dedotto, l’esistenza di circostanze particolari che giustifichino l’omessa precisazione di tale voce di danno nel ricorso o anche solo durante la fase scritta del procedimento.

276    La ricorrente sostiene soltanto di aver subìto un danno derivante dagli oneri finanziari che essa avrebbe dovuto sopportare in ragione del mancato versamento delle somme oggetto delle compensazioni contestate, ma non precisa in cosa sia consistito detto danno, né lo quantifica.

277    Data la loro imprecisione, le conclusioni volte alla concessione di un risarcimento per detto danno non rispondono ai requisiti ricordati al punto 275 supra. Pertanto, la seconda parte del terzo capo delle conclusioni deve essere respinta in quanto manifestamente irricevibile, poiché il Tribunale può rilevare d’ufficio tale irricevibilità manifesta (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2012, Insula/Commissione, T‑246/09, non pubblicata, EU:T:2012:287, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

 Sulla prima parte del terzo capo delle conclusioni

278    Con la prima parte del terzo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede il risarcimento del danno patrimoniale asseritamente subìto, nella misura di EUR 815 000, in ragione degli inadempimenti contrattuali della Commissione.

279    Come è stato ricordato ai punti da 73 a 77 supra, dalla stessa formulazione dei contratti FP6 e CIP risulta che il finanziamento da parte dell’Unione non costituisce una remunerazione del lavoro effettuato dalla ricorrente, bensì una sovvenzione dei progetti in causa, il cui versamento è soggetto a condizioni precise, contrattualmente stabilite. In particolare, le sovvenzioni sono destinate a coprire unicamente i «costi ammissibili», ai sensi, rispettivamente, dell’articolo II.19 delle condizioni generali FP6, dell’articolo II.16 delle condizioni generali dei contratti CIP e dell’articolo I.11 dei contratti CIP.

280    Ebbene, la ricorrente non ha dimostrato, benché su essa gravasse l’onere di fornirne la prova (v. punto 270 supra), di aver sostenuto spese aventi la caratteristica di costituire, nella loro integralità, costi ammissibili ai sensi delle disposizioni contrattuali sopra menzionate. Tantomeno essa ha dimostrato che la Commissione, avendo deciso di recuperare gli importi versati alla ricorrente a seguito degli audit FP6 e CIP, avrebbe commesso un illecito contrattuale.

281    Di conseguenza, la ricorrente non può legittimamente pretendere che la Commissione le corrisponda la menzionata somma di EUR 815 000.

282    In ogni caso, la richiesta di risarcimento è comunque infondata in assenza di una qualsiasi prova dell’esistenza di un danno e di un qualsivoglia nesso di causalità tra l’asserito inadempimento delle obbligazioni contrattuali e il danno fatto valere.

283    In primo luogo, si deve constatare che la ricorrente non ha dimostrato di aver subìto un danno particolare in conseguenza del mancato versamento della somma sopra menzionata di EUR 566 377,63 (v. punto 239 supra).

284    In secondo luogo, per quanto riguarda l’asserita perdita di know-how in termini di perdita di forza lavoro, quantificata in EUR 740 000, derivante dal processo di ristrutturazione della ricorrente che ha comportato il licenziamento di undici persone, che, secondo la perizia versata in atti dalla ricorrente, sarebbe stato avviato a partire del secondo semestre del 2012 a seguito degli eventi che sono all’origine della presente controversa, occorre rilevare, alla stregua della Commissione, quanto segue.

285    Dall’allegato 1 alla perizia versata in atti dalla ricorrente risulta che il Consiglio di Amministrazione della stessa si è riunito il 4 giugno 2012 per l’approvazione della «proposta di piano di ristrutturazione aziendale con conseguente riduzione del personale», mentre il recupero del credito per quanto riguarda i contratti FP6 è stato avviato con la lettera del 1° giugno 2012, che la ricorrente ha ricevuto l’8 giugno 2012. Non vi è pertanto alcun nesso, quanto meno da un punto di vista della cronologia degli eventi, tra il recupero del credito e la decisione della ricorrente di licenziare una parte del suo personale.

286    Anche volendo ritenere che, come dalla stessa asserito, la ricorrente fosse già stata informata, il 4 giugno 2012, del fatto che la Commissione era sul punto di recuperare taluni importi nell’ambito dell’esecuzione dei contratti FP6 e di adeguare i costi ammissibili riguardo ai contratti CIP, si deve rilevare che il verbale del suo Consiglio di Amministrazione non contiene alcuna menzione né a tal proposito né a proposito delle eventuali ripercussioni sul personale della ricorrente.

287    In terzo luogo, per quanto riguarda l’asserito aumento degli oneri finanziari correlati alla perdita di liquidità, va osservato, innanzitutto, come fa la Commissione, che l’argomentazione sviluppata dalla ricorrente si riferisce al danno in termini di lucro cessante e non di perdita finanziaria, il che non è ammissibile nel contesto dei contratti di sovvenzione, in cui la Commissione si limita a rimborsare i costi ammissibili del progetto, che non possono includere profitti per il beneficiario (v. punto 279 supra).

288    Peraltro, si deve osservare, anzitutto, che la perizia si limita ad affermare che il peggioramento del rating della ricorrente è stato causato dai ritardati o mancati pagamenti. Orbene, come sottolinea la Commissione, occorre rilevare, a titolo di esempio, che l’allegato 3 di detta perizia, che si compone di un verbale del Consiglio di Amministrazione della ricorrente, in data 4 settembre 2012, e di una lettera della ricorrente ad una banca italiana, in data 12 settembre 2012, non menziona le difficoltà finanziarie incontrate dalla ricorrente né le ragioni che avrebbero determinato il danno di EUR 75 000. Allo stesso modo, non vi è menzione del benché minimo rapporto tra le asserite difficoltà finanziarie e i ritardi ed i mancati pagamenti nell’ambito dei contratti FP6 e CIP.

289    Nella perizia prodotta dalla ricorrente, poi, è affermato che la contrazione del fatturato di quest’ultima è scaturita «tra l’altro dalla mancata aggiudicazione di nuovi progetti» da parte della Commissione.

290    Orbene, come precisato al punto 270 supra, spetta al richiedente del risarcimento, e quindi nella specie alla ricorrente, dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra l’asserito inadempimento delle obbligazioni contrattuali e il danno così come esso si è verificato.

291    A tal riguardo, è sufficiente constatare che, ai sensi dei contratti di sovvenzione di cui trattasi, la ricorrente non ha diritto alla conclusione di nuovi contratti di questo tipo. Anche volendolo ritenere verificato, il mero fatto di non aver ottenuto altri progetti finanziati dall’Unione non può, quindi, costituire un danno, ed ancor meno un danno risultante da una violazione di disposizioni dei contratti FP6 e CIP.

292    Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda di risarcimento del danno patrimoniale asseritamente subìto dalla ricorrente dev’essere respinta.

293    Per quanto riguarda la domanda d’interessi di mora, essendo accessoria alla domanda di risarcimento principale, anch’essa dev’essere respinta.

294    Non sussistendo i presupposti per l’insorgere della responsabilità contrattuale dell’Unione, occorre respingere tutte le domande risarcitorie avanzate dalla ricorrente.

295    In considerazione di tutto quanto precede, il ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

296    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.



Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Meta Group Srl è condannata alle spese.

Berardis

Spielmann

Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 maggio 2017.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      G. Berardis




Indice


Fatti

Sui contratti FP6

Sui contratti CIP

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Introduzione

Sulla competenza del Tribunale

Sul diritto applicabile alla controversia

Osservazioni preliminari sulla portata della controversia e sui principi applicabili in materia di ammissibilità dei costi nell’ambito dei contratti di sovvenzione

Sulla prima parte del primo capo delle conclusioni e sul secondo capo delle conclusioni, con cui la ricorrente chiede, da un lato, di accertare l’inadempimento da parte della Commissione delle obbligazioni pecuniarie derivanti dai contratti in esame per un importo complessivo di EUR 566 377,63 e, dall’altro, di condannare quest’ultima a pagarle tale somma, oltre agli interessi di mora e alla rivalutazione monetaria

Sui motivi primo e secondo, vertenti sull’inadempimento da parte della Commissione delle norme contrattuali in tema di determinazione del costo orario dei soci prestatori d’opera, in quanto avrebbe violato l’articolo II.19, paragrafo 1, lettere b) e d), delle condizioni generali FP6

– Osservazioni preliminari

– Sulla violazione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera d), delle condizioni generali FP6

– Sulla violazione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6

Sul terzo motivo, riguardante l’inadempimento dell’articolo I.11 del contratto Take It Up da parte della Commissione

Sul quarto e sul quinto motivo, vertenti sull’inadempimento da parte della Commissione dell’articolo II.19, paragrafo 1, lettera b), delle condizioni generali FP6 in relazione, rispettivamente, alla qualificazione in termini di «subcontratto» del rapporto di lavoro instaurato con gli esperti e al riconoscimento dei costi indiretti ad essi riferiti

– Criteri di ammissibilità dei costi di personale

– Le constatazioni contenute nella relazione di audit definitiva e le risposte alle osservazioni della ricorrente sul progetto di relazione definitiva

– Conclusioni

Sul sesto motivo, vertente sulla violazione da parte della Commissione dei principi di buona fede, di legittimo affidamento e di certezza del diritto

Sul settimo motivo, vertente sulla violazione delle regole di proporzionalità, d’informazione, di rispetto del contraddittorio e di motivazione contenute nel «codice di buona condotta amministrativa»

Sull’ottavo motivo, vertente sull’inadempimento da parte della Commissione dell’obbligazione di corrispondere alla ricorrente i contributi previsti dai contratti di sovvenzione per la realizzazione dei progetti finanziati

Sulla seconda parte del primo capo delle conclusioni, con cui la ricorrente chiede di dichiarare il carattere illecito delle compensazioni effettuate dalla Commissione

Sul terzo capo delle conclusioni, volto a che la Commissione sia condannata a versare alla ricorrente un importo di EUR 815 000, a titolo di danno patrimoniale subìto per effetto degli inadempimenti contrattuali della Commissione, oltre alla riparazione del danno derivante dall’illiceità delle compensazioni effettuate dalla Commissione

Sulla seconda parte del terzo capo delle conclusioni

Sulla prima parte del terzo capo delle conclusioni

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.