CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
LAILA MEDINA
presentate il 12 gennaio 2023 ( 1 )
Causa C‑598/21
SP,
CI
contro
Všeobecná úverová banka a.s.
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Krajský súd v Prešove (Tribunale regionale di Prešov, Slovacchia)]
(Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – Articoli 7, 38 e 47 – Direttiva 93/13/CEE – Articolo 1, paragrafo 2 – Clausola di scadenza anticipata di un contratto di prestito – Clausola che riflette una disposizione legislativa di carattere imperativo – Articolo 3, paragrafo 1,articolo 4, paragrafo 1 e articolo 7, paragrafo 1 – Credito garantito attraverso un diritto reale costituito su un bene immobile – Residenza principale del consumatore – Esecuzione sul bene dato in garanzia mediante vendita all’asta – Tutela giurisdizionale effettiva – Pratiche commerciali sleali – Direttiva 2005/29/CE – Catena di contratti di credito volti a rimborsare un debito esistente – Direttiva 2008/48/CE – Credito al consumo – Ambito di applicazione – Elusione – Determinazione dell’importo totale del debito)
I. Introduzione
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1. |
A seguito della crisi finanziaria, il diritto dell’Unione ha fornito un quadro giuridico più solido per la tutela dei consumatori nel settore dei prestiti garantiti da beni immobili ( 2 ). Nel frattempo, la Corte ha sviluppato un significativo orientamento giurisprudenziale in materia di tutela processuale dei consumatori, che trova riscontro anche nel campo dei procedimenti di pignoramento immobiliare. Tale giurisprudenza rappresenta la costituzionalizzazione del diritto contrattuale dei consumatori ( 3 ). Il diritto derivato che funge da «collegamento» ( 4 ) tra il diritto processuale, il diritto dei consumatori e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») è la direttiva 93/13/CEE ( 5 ). |
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2. |
Nell’ambito dei procedimenti esecutivi su beni immobili che costituiscono la residenza del consumatore, la Corte ha esaminato, nella sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, UE:C:2014:2189; «sentenza Kušionová») la compatibilità della normativa slovacca in materia di procedimenti esecutivi stragiudiziali con la direttiva 93/13. Il presente rinvio pregiudiziale è sostanzialmente una continuazione di tale sentenza. Il giudice del rinvio invita la Corte ad approfondire il legame tra i procedimenti esecutivi, il diritto dei consumatori e i diritti fondamentali sanciti dalla Carta. |
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3. |
Più specificamente, con la sua richiesta di pronuncia pregiudiziale, il Krajský súd v Prešove (Tribunale regionale, Prešov, Slovacchia) solleva la questione della competenza degli organi giurisdizionali a valutare la proporzionalità dell’esecuzione anticipata di un prestito nell’ambito di una procedura esecutiva stragiudiziale. Inoltre, solleva la questione della compatibilità di una pratica bancaria consistente nella conclusione di nuovi contratti di credito in cui la maggior parte dei fondi non viene erogata al consumatore, ma è destinata al rimborso di prestiti precedenti, con la direttiva 2005/29/CE ( 6 ), nonché le implicazioni di tale pratica in relazione alla determinazione dell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48/CE ( 7 ). |
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione europea
Direttiva 93/13
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4. |
L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 prevede quanto segue: «Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative e disposizioni o principi di convenzioni internazionali, in particolare nel settore dei trasporti, delle quali gli Stati membri o la Comunità sono parte, non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva». |
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5. |
L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva così recita: «Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto». |
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6. |
L’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue: «Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende». |
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7. |
L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dispone quanto segue: «Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori». |
Direttiva 2005/29
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8. |
L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, intitolato «Ambito di applicazione» prevede quanto segue: «La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto». |
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9. |
L’articolo 5, paragrafi 1 e 5, di tale direttiva prevede quanto segue: «1. Le pratiche commerciali sleali sono vietate. (…) 5. L’allegato I riporta l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva». |
Direttiva 2008/48
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10. |
Il considerando 14 della direttiva 2008/48 così recita: «È opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i contratti di credito aventi per oggetto la concessione di un credito in relazione al quale viene costituita una garanzia immobiliare. Questo tipo di credito è di natura molto specifica. È opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva anche i contratti di credito finalizzati all’acquisto o alla conservazione destinati principalmente all’acquisto o alla conservazione di diritti di proprietà su un terreno o un immobile costruito o da costruirsi (…)». |
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11. |
L’articolo 2 della direttiva 2008/48, intitolato «Ambito di applicazione» al paragrafo 2 prevede quanto segue: «La presente direttiva non si applica ai:
(…)». |
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12. |
L’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva 2008/48 così recita: «Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le disposizioni adottate per dare esecuzione alla presente direttiva non possano essere eluse attraverso l’impiego di forme particolari di contratti, in particolare includendo prelievi o contratti di credito che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva in contratti di credito la cui natura o finalità consenta di evitare l’applicazione della direttiva stessa». |
B. Diritto nazionale
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13. |
L’articolo 565 del Občiansky zákonník (codice civile) dispone quanto segue: «In caso di adempimento mediante pagamenti rateali, il creditore non può chiedere il pagamento dell’intero credito in ragione del mancato pagamento di una rata mensile, a meno che ciò non sia stato concordato tra le parti o previsto in una decisione. Il creditore potrà comunque esercitare tale diritto fino alla data di scadenza della prima rata successiva». |
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14. |
L’articolo 53 del codice civile disciplina le clausole contrattuali sleali nei contratti dei consumatori. Il paragrafo 9 così recita: «In caso di adempimento di un contratto concluso con un consumatore mediante pagamenti rateali, il professionista non può esercitare il diritto conferitogli dall’articolo 565 del codice civile prima di tre mesi dal ritardo nel pagamento di una delle rate e previa comunicazione al consumatore almeno 15 giorni prima dell’esercizio di tale diritto». |
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15. |
L’articolo 151lj, paragrafo 1, del codice civile dispone quanto segue: «Se il credito garantito da un diritto reale di garanzia non è rimborsato debitamente e per tempo, il creditore garantito può dare inizio all’esecuzione sul bene dato in garanzia. Nell’ambito dell’esecuzione sul bene dato in garanzia il creditore garantito può soddisfarsi nel modo stabilito nel contratto oppure mediante la vendita del bene costituente la garanzia attraverso un’asta, secondo la legge speciale (…), oppure esigere il soddisfacimento mediante la vendita del bene costituente la garanzia secondo le leggi speciali (…), ove non sia altrimenti previsto da questo codice o da una legge speciale». |
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16. |
Il giudice del rinvio afferma che il summenzionato paragrafo comporta una prima nota a piè di pagina, inserita dopo le parole «secondo la legge speciale», che rinvia al Zákon 527/2002 Z.z. o dobrovoľných dražbách a o doplnení zákona Slovenskej národnej rady č. 323/1992 Zb. o notároch a notárskej činnosti (Notársky poriadok) v znení neskorších predpisov [legge n. 527/2002, relativa alle vendite all’asta volontarie, che integra la legge del Consiglio nazionale slovacco n. 323/1992, relativa ai notai e all’attività notariale (codice notariale), come modificata (in prosieguo: la «legge relativa alle vendite all’asta volontarie»)], e una seconda nota, inserita dopo le parole «secondo le leggi speciali», che rinvia al codice di procedura civile e al codice delle misure di esecuzione. |
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17. |
L’articolo 151m, paragrafi 1 e 2, del codice civile stabilisce quanto segue: «1) Il creditore garantito può vendere il bene dato in garanzia nel modo stabilito nel contratto di costituzione della garanzia o all’asta, non prima di 30 giorni dalla data di notifica dell’inizio dell’esecuzione sul bene dato in garanzia al garante e al debitore, qualora il debitore sia persona diversa dal garante, ove non sia altrimenti previsto dalla legge speciale (…) 2) Successivamente alla notifica dell’inizio dell’esecuzione sul bene dato in garanzia, colui che ha prestato la garanzia e il creditore garantito possono convenire che anche prima della scadenza del termine previsto al paragrafo 1 il creditore garantito è autorizzato a vendere il bene costituente la garanzia nel modo convenuto nel contratto di costituzione della garanzia o all’asta». |
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18. |
La legge relativa alle vendite all’asta volontarie definisce, all’articolo 6, l’organizzatore di vendite all’asta come «colui che organizza la vendita all’asta, nel rispetto delle condizioni fissate dalla presente legge speciale, che lo autorizza ad esercitare l’attività di cui trattasi». L’articolo 7, paragrafo 1 di tale legge definisce il richiedente la vendita all’asta, come il proprietario dell’oggetto della vendita, il creditore garantito o qualsiasi altro soggetto autorizzato a proporre l’esecuzione dell’asta ai sensi di una legge speciale. |
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19. |
Per quanto riguarda, in particolare, il creditore garantito, l’articolo 7, paragrafo 2, della legge relativa alle vendite all’asta volontarie stabilisce che egli è tenuto a dichiarare per iscritto, non solo che l’oggetto della vendita può essere venduto all’asta, ma altresì l’esistenza, l’entità e la scadenza del credito per il quale viene richiesta l’esecuzione sul bene costituente la garanzia in applicazione di tale legge. |
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20. |
Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, di tale legge, una vendita all’asta può essere effettuata esclusivamente in base ad un contratto stipulato tra la persona che ha proposto la vendita e l’organizzatore dell’asta. |
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21. |
In forza dell’articolo 17 della legge relativa alle vendite all’asta volontarie, l’organizzatore dell’asta è tenuto a dare comunicazione della vendita all’asta tramite un avviso. Se l’oggetto della vendita è un appartamento, una casa, un altro immobile, un’impresa o uno dei suoi comparti, o se l’offerta più bassa è superiore a EUR 16550, l’organizzatore dell’asta pubblica l’avviso nel registro delle vendite pubbliche almeno 30 giorni prima della data di inizio della vendita all’asta, e trasmette altresì, senza ritardo ingiustificato, l’avviso di vendita all’asta al ministero ai fini della pubblicazione nell’Obchodný vestník (Bollettino ufficiale del commercio). |
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22. |
L’articolo 21, paragrafo 2, della medesima legge prevede che, in caso di violazione delle disposizioni di essa, il soggetto che si considera danneggiato può chiedere al giudice di dichiarare la nullità della vendita all’asta. Il diritto di adire il giudice con una domanda di annullamento si estingue tuttavia se non viene esercitato entro i tre mesi seguenti all’aggiudicazione, a meno che i motivi dell’annullamento siano collegati alla commissione di un reato e la vendita riguardi una casa o un appartamento in cui il proprietario precedente era ufficialmente domiciliato. |
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23. |
Ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, del Zákon 160/2015 Z.z. Civilný sporový poriadok (legge 160/2015 relativa al codice di procedura civile) il giudice può disporre misure provvisorie se è necessario regolare temporaneamente i rapporti tra le parti o se esiste un rischio che l’esecuzione della decisione giudiziaria venga compromessa. In forza dell’articolo 325, paragrafo 2, lettera d), di tale codice, il giudice può imporre ad una parte misure provvisorie, in particolare «in esecuzione di un obbligo di fare, di non fare o di subire». |
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24. |
L’articolo 63, paragrafo 3, del Zákon 233/1995 Z.z. Exekučný poriadok (legge 233/1995 relativa al codice delle esecuzioni), prevede quanto segue: «L’esecuzione mediante vendita di beni immobiliari in cui il debitore ha la propria residenza principale o temporanea ai sensi del paragrafo 2, può avvenire solo in via eccezionale, previa approvazione da parte di un organo giurisdizionale, qualora nei confronti della persona interessata sono in corso diversi procedimenti esecutivi relativi a debiti il cui importo totale supera i 2000 euro e l’organizzatore di vendite all’asta dimostri che il credito non può essere soddisfatto in altro modo». |
III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali
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25. |
Il 9 febbraio 2012 la sig.ra SP e il sig. CI hanno stipulato con la convenuta, la Všeobecná úverová banka, a.s. (in prosieguo: la «VÚB Banka») un prestito di credito al consumo, denominato «Hypo Pôžička», dell’importo di EUR 30221,50 per un periodo di 20 anni fino al 2032 (in prosieguo: il «prestito controverso»). Lo scopo del prestito controverso non era indicato nel contratto di prestito. |
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26. |
La VÚB Banka ha utilizzato la quasi totalità del prestito controverso per rimborsare precedenti prestiti al consumo concessi a partire dal 2004, sia dalla VÚB Banka sia dalla società con cui quest’ultima era economicamente legata in passato, ossia la Consumer Finance Holding a.s. (in prosieguo: la «CFH»). I ricorrenti nel procedimento principale (in prosieguo: i «ricorrenti») hanno ottenuto il loro primo prestito con la CFH nel 2004, utilizzando ancora la valuta previgente, per un importo di 18000 corone slovacche (SKK) (pari a EUR 597,49). Successivamente, sono stati stipulati altri contratti di credito al consumo. I ricorrenti non erano in grado di rimborsare i prestiti. La VÚB Banka ha quindi concesso loro nuovi prestiti, senza versarli ai ricorrenti ma utilizzandoli direttamente per il rimborso dei debiti derivanti dal credito al consumo precedentemente erogato. VÚB Banka ha fissato unilateralmente l’importo dei debiti. La VÚB Banka ha anche utilizzato parte del prestito controverso a proprio vantaggio per rimborsare i costi relativi alla concessione dello stesso. |
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27. |
La particolarità del prestito controverso è che è garantito da un’ipoteca su un bene immobile: una casa che costituisce l’abitazione dei ricorrenti e di altre persone. A seguito della concessione del prestito controverso, i ricorrenti non hanno provveduto al pagamento delle rate per un ammontare pari a EUR 1106,50. A causa dell’inadempienza, la VÚB Banka ha richiesto la restituzione della totalità del prestito a gennaio 2013. Le condizioni contrattuali del prestito controverso prevedevano il diritto per il creditore di avviare la procedura di rimborso anticipato e dichiarare l’intero prestito immediatamente esigibile. Il giudice del rinvio chiarisce che la legge slovacca prevede una singola ipotesi in cui è possibile far valere tale diritto, ossia, nel caso di inadempienza al pagamento di tre mensilità di rate e del rispetto, da parte del creditore, di un ulteriore periodo di preavviso di 15 giorni. |
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28. |
Il 12 aprile 2013, la VÚB Banka ha notificato l’esecuzione sul bene dato in garanzia mediante un’asta volontaria per la vendita della casa dei ricorrenti, il cui valore è almeno 30 volte superiore alla somma per la quale la banca aveva avviato la procedura di rimborso anticipato del prestito e la successiva messa in vendita della casa. |
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29. |
I ricorrenti hanno proposto un ricorso dinanzi all’Okresný súd v Prešov (Tribunale circoscrizionale di Prešov, Slovacchia) per ottenere un provvedimento che vietasse l’esecuzione sul bene dato in garanzia tramite asta volontaria. I ricorrenti adducevano che la VÚB Banka, in particolare, avesse violato i diritti loro garantiti dal diritto dell’Unione in materia di credito al consumo. In una prima sentenza, l’Okresný súd v Prešov (Tribunale circoscrizionale di Prešov) ha respinto il ricorso ritenendo, in sostanza, che nulla ostasse alla vendita della casa dei ricorrenti nell’ quadro di una procedura stragiudiziale. |
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30. |
Su appello dei ricorrenti, il giudice del rinvio ha annullato la sentenza di primo grado. Egli ha ritenuto che la vendita all’asta volontaria della casa dei ricorrenti fosse sproporzionata, in quanto esistevano altri mezzi per soddisfare il credito, tramite un procedimento di esecuzione giudiziaria nel quale la pretesa della VÚB Banka poteva essere soddisfatta senza la perdita della proprietà dell’abitazione da parte dei ricorrenti. |
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31. |
In una seconda sentenza, l’Okresný súd v Prešov (Tribunale circoscrizionale di Prešov) ha nuovamente respinto il ricorso. Il tribunale ha richiamato la sentenza Kušionová. Secondo l’interpretazione della citata sentenza da parte del suddetto tribunale, neppure le clausole contrattuali abusive ostano alla vendita dell’abitazione dei ricorrenti nel quadro di un processo esecutivo stragiudiziale. Il tribunale ha applicato, a tal proposito, la giurisprudenza della Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte Suprema della Repubblica Slovacca) che, secondo quanto riportato dal giudice del rinvio, ha negato la tutela giurisdizionale ex ante dei consumatori che consisterebbe nella sospensione a tempo indeterminato della vendita stragiudiziale della loro abitazione tramite asta volontaria. |
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32. |
I ricorrenti hanno nuovamente presentato ricorso dinanzi al giudice del rinvio chiedendo un provvedimento di opposizione all’esecuzione sul bene dato in garanzia tramite asta volontaria. Essi adducevano, in particolare, la violazione dei loro diritti di consumatori e la violazione del loro diritto all’abitazione in caso di vendita della loro casa. |
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33. |
Il giudice del rinvio precisa che il diritto slovacco, nel quadro dell’esecuzione anticipata sul bene dato in garanzia, non richiede esplicitamente di tenere conto della proporzionalità della stessa e di applicare i criteri enunciati dalla Corte al punto 73 della sentenza Aziz ( 8 ). Più in particolare, afferma che la legislazione slovacca consente la procedura di rimborso anticipato senza verificare se il consumatore sia venuto meno ad un obbligo che presenta un carattere essenziale, se tale inadempimento sia sufficientemente grave alla luce della durata e dell’importo del prestito e se il diritto nazionale preveda mezzi adeguati ed efficaci che consentano al consumatore di ovviare agli effetti dell’esigibilità del prestito. |
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34. |
Il giudice del rinvio precisa poi che il diritto slovacco prevede due metodi di esecuzione sul bene dato in garanzia. Il primo è la vendita del bene dato in garanzia mediante asta volontaria. Tale vendita è effettuata da un privato, un professionista. Il creditore determina unilateralmente l’importo del credito. Un altro professionista – l’organizzatore di vendite all’asta – di norma vende l’abitazione del consumatore senza avviare un procedimento giudiziario e senza alcuna valutazione obiettiva del valore del credito o della proporzionalità della vendita all’asta dell’abitazione del consumatore. Nonostante l’opposizione dei consumatori, la legge definisce l’asta come «volontaria». |
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35. |
Il secondo metodo di esecuzione è quello previsto dalla legge 233/1995 relativa al codice delle esecuzioni. Tale procedura è preceduta da un controllo giurisdizionale sulle clausole contrattuali. I giudici possono autorizzare il rimborso rateizzato e devono applicare d’ufficio la normativa in materia di tutela dei consumatori. Il creditore può proseguire la procedura di esecuzione ricorrendo ad un ufficiale giudiziario, che può altrettanto autorizzare il rimborso rateizzato. Nell’ambito dei procedimenti giudiziari di esecuzione è dunque possibile adeguare l’ammontare delle rate iniziali dei prestiti a lungo termine fino al termine del periodo di credito. Di conseguenza, il creditore può ottenere il soddisfacimento del proprio credito entro i termini concordati con il consumatore, mentre quest’ultimo conserva la propria abitazione. |
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36. |
Al contrario, il giudice del rinvio considera che la procedura di vendita mediante asta volontaria non offra tali garanzie. Pur in pendenza di procedimenti giudiziari relativi a clausole contrattuali abusive, la procedura di vendita mediante asta non può essere sospesa. Inoltre, il procedimento successivo all’asta, volto a far valere l’invalidità della stessa a seguito della perdita del diritto di proprietà, comporta un carico emotivo particolarmente elevato per i consumatori. |
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37. |
Il giudice del rinvio ritiene che la tutela contro le interferenze sproporzionate con i diritti dei consumatori, compreso il loro diritto all’abitazione, sia particolarmente rilevante prima che si svolga l’asta. Visto che il diritto sostanziale non prevede altre possibilità di tutela ex ante, l’unica ipotesi disponibile è agire per un provvedimento di opposizione all’esecuzione sul bene dato in garanzia durante l’asta volontaria. |
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38. |
Rispetto all’applicazione della direttiva 2005/29, il giudice del rinvio osserva che il prestito controverso e gli antecedenti prestiti di credito al consumo erano stati usati ogni volta per rimborsare prestiti precedenti, anche se i ricorrenti non avevano risorse necessarie a rimborsarli. Il giudice del rinvio ritiene che le circostanze in cui è stato stipulato il credito al consumo controverso costituiscano pratiche commerciali sleali che dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva. |
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39. |
Rispetto all’applicazione della direttiva 2008/48, il giudice del rinvio nota che la sola circostanza che potrebbe determinare l’esclusione del prestito controverso dall’ambito di applicazione di tale direttiva è la garanzia sul bene immobile. Tuttavia, il vero scopo della garanzia sul bene è il rimborso degli antecedenti crediti al consumo. In tali circostanze, esiste una stretta connessione tra il prestito controverso e i precedenti prestiti di credito al consumo, per il rimborso dei quali è stato concesso il prestito controverso. |
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40. |
Il giudice del rinvio cerca infine di stabilire se l’approccio adottato dalla Corte nella sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283; in prosieguo: la «sentenza Radlinger e Radlingerová») sia applicabile al caso in esame. |
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41. |
In tale contesto, il Krajský súd v Prešove (Corte regionale, Prešov), ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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IV. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
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42. |
Il 6 luglio 2022, su richiesta della Corte, il giudice del rinvio ha fornito chiarimenti ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura della Corte di giustizia. |
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43. |
La VÚB Banka, il governo slovacco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. I ricorrenti, il governo slovacco e la Commissione hanno svolto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 28 ottobre 2022. |
V. Valutazione
Sull’ammissibilità delle questioni sottoposte
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44. |
La VÚB Banka sostiene che le questioni sollevate debbano essere respinte in quanto ipotetiche. A tale riguardo, fa valere diversi elementi i quali, a suo avviso, dimostrano che il consumatore ha inadempiuto a degli obblighi contrattuali aventi carattere essenziale e che la banca ha rispettato il principio di proporzionalità. |
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45. |
Il governo slovacco e, sostanzialmente, la Commissione, sostengono che la prima e la seconda questione siano irricevibili con riferimento alla direttiva 2005/29. Essi sostengono che il giudice del rinvio non abbia esposto le ragioni che lo hanno indotto a chiedere alla Corte il modo in cui tale direttiva dovrebbe essere interpretata, né i motivi che rendono tale interpretazione necessaria al fine di decidere la controversia nel procedimento principale. In particolare, la Commissione afferma che il giudice del rinvio non ha chiarito in che misura l’avvio dei procedimenti esecutivi possa costituire una pratica commerciale sleale. La Commissione afferma, tuttavia, che il giudice del rinvio chiarisce la rilevanza dell’interpretazione della direttiva 2005/29 nella terza e nella quarta questione. |
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46. |
Al riguardo, è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte. ( 9 ) |
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47. |
In primo luogo, occorre rilevare che la prima e la seconda questione pregiudiziale fanno riferimento in effetti, oltre alla direttiva 93/13, alla direttiva 2005/29. Tuttavia, come giustamente rilevato dal governo slovacco e dalla Commissione, il giudice del rinvio nelle suddette domande si limita a menzionare quest’ultima direttiva, senza precisare la ragione per cui la sua interpretazione è necessaria alla soluzione della controversia di cui al procedimento principale. Inoltre, tale giudice non precisa neppure per quale motivo il procedimento di esecuzione sul bene dato in garanzia, contestato dai ricorrenti nel procedimento principale, potrebbe costituire una prassi commerciale sleale. |
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48. |
Di conseguenza, propongo che si risponda alle prime due questioni con riferimento alle sole disposizioni di cui alla direttiva 93/13. |
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49. |
In secondo luogo, la circostanza che la VÚB Banka sostenga che l’esecuzione sul bene dato in garanzia sia proporzionata non significa che tali questioni abbiano carattere ipotetico. Le questioni poste consistono non tanto nello stabilire se lo specifico procedimento di esecuzione fosse proporzionato – sebbene non lo sia secondo il giudice del rinvio – quanto nel determinare se il creditore possa procedere de iure a tale esecuzione in assenza di un obbligo normativo gravante sul giudice di esaminare la proporzionalità del pignoramento ( 10 ). |
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50. |
In tal senso, le questioni pregiudiziali non sono di natura ipotetica e l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 93/13 richiesta risulta necessaria alla soluzione della controversia di cui al procedimento principale. |
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51. |
Alla luce di quanto precede, ritengo che la Corte dovrebbe ritenere ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale. |
Sulla prima questione
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52. |
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva 93/13, letta sia alla luce degli articoli 7, 38 e 47 della Carta, che del principio di effettività, debba essere interpretata nel senso che osta alla normativa nazionale e, più precisamente, all’articolo 53, paragrafo 9 del codice civile, letto alla luce dell’articolo 565 dello stesso, che consente al professionista di avviare una procedura di rimborso anticipato del prestito in caso di inadempimento da parte del debitore dei propri obblighi per un periodo di tempo specifico e limitato, senza che tale diritto sia subordinato al requisito della proporzionalità, in particolare in relazione alla gravità dell’inadempimento da parte del consumatore dei propri obblighi in relazione all’importo del credito e al periodo del suo rimborso. |
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53. |
Dall’ordinanza di rinvio si evince che, sulla base dell’articolo 53, paragrafo 9 del codice civile, qualora un contratto di credito al consumo sia rimborsato a rate, il professionista possa dichiarare esigibile il mutuo nella sua interezza, come previsto all’articolo 565 del codice civile, qualora le parti lo abbiano convenuto. L’esercizio di tale diritto è subordinato, da un lato, al decorso di un periodo di almeno tre mesi dall’avvenuto ritardo nel pagamento di una rata e, dall’altro, alla previa notifica al consumatore almeno 15 giorni prima dell’esecuzione. |
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54. |
In via preliminare, occorre ricordare che dall’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 93/13 si evince che quest’ultima è volta a ravvicinare le disposizioni nazionali degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti con i consumatori. Orbene, come risulta dall’articolo 1, paragrafo 2, della medesima direttiva, letto alla luce del suo tredicesimo considerando, nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, detta direttiva non è volta a istituire un controllo delle disposizioni nazionali quanto al loro carattere potenzialmente svantaggioso per il consumatore, ma unicamente un controllo delle clausole contenute in contratti con i consumatori senza essere state oggetto di negoziato individuale. ( 11 ) |
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55. |
Inoltre, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative non sono soggette alle disposizioni della suddetta direttiva. |
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56. |
A tal riguardo, la Corte ha più volte precisato che l’esclusione dall’ambito di applicazione di tale direttiva prevista all’articolo 1, paragrafo 2, è giustificata dal fatto che è legittimo presumere che il legislatore nazionale abbia creato un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti, equilibrio che il legislatore dell’Unione ha esplicitamente inteso preservare ( 12 ). |
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57. |
Nel procedimento principale, le disposizioni di diritto interno, che sono oggetto del rinvio pregiudiziale, sono riprodotte in una clausola nel contratto di credito al consumo. |
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58. |
A tale proposito, occorre ricordare che secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia che gli è sottoposta. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte ( 13 ). |
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59. |
Peraltro, nel rispondere alla richiesta di chiarimenti, il giudice del rinvio ha precisato di essere a favore di una riformulazione della prima questione come volta a determinare l’interpretazione del concetto di «clausola abusiva» utilizzato all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e il criterio che il giudice nazionale può o deve applicare nell’esaminare una clausola contrattuale che riproduce le disposizioni controverse di diritto interno. |
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60. |
In tale contesto, al fine di fornire una soluzione utile al giudice del rinvio, appare necessario riformulare la prima questione pregiudiziale. Tale questione intende stabilire, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/12 debba essere interpretato nel senso che tale direttiva si applica ad una clausola contrattuale che riproduce una disposizione di diritto interno che consente al professionista di avviare una procedura di rimborso anticipato del prestito a causa dell’inadempimento da parte debitore dei propri obblighi per un periodo di tempo specifico e limitato, senza che tale diritto sia subordinato al requisito della proporzionalità. In caso di risposta affermativa, il giudice del rinvio intende appurare i criteri per valutare il carattere eventualmente abusivo di tale clausola a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4 della direttiva 93/13. |
Sulla questione se la clausola controversa riproduca «disposizioni legislative o regolamentari imperative» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13
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61. |
Al fine di stabilire, prima di tutto, se la clausola controversa riproduca una «disposizione legislativa o regolamentare imperativa» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, occorre ricordare che la disposizione istituisce un’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13. Come qualsiasi eccezione, occorre rammentare, alla luce dell’obiettivo di tale direttiva, cioè la protezione dei consumatori dalle clausole abusive inserite nei contratti conclusi da questi ultimi con professionisti, che essa deve essere interpretata restrittivamente ( 14 ). |
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62. |
Il carattere eccezionale di tale esclusione è evidenziato nella sentenza Kušionová ( 15 ) nella quale la Corte ha interpretato l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, nel senso che una clausola contrattuale, inserita in un contratto concluso da un professionista con un consumatore, è esclusa dall’ambito di applicazione di tale direttiva solamente se detta clausola contrattuale richiama il contenuto di una disposizione legislativa o regolamentare imperativa, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio. |
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63. |
Affinché tale esclusione operi, occorre che siano soddisfatte due condizioni: da un lato, la clausola contrattuale deve riprodurre una disposizione legislativa o regolamentare e, dall’altro, tale disposizione deve essere imperativa ( 16 ). |
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64. |
Al fine di stabilire se tali condizioni sono soddisfatte, la Corte ha dichiarato che spetta al giudice nazionale verificare se la clausola contrattuale di cui trattasi riproduce disposizioni del diritto nazionale che si applicano in modo imperativo tra i contraenti indipendentemente da una loro scelta, o disposizioni che sono di natura suppletiva e pertanto applicabili in via residuale, ossia allorché non è stato convenuto alcun altro accordo tra i contraenti al riguardo ( 17 ). |
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65. |
Nelle sue osservazioni scritte, il governo slovacco sostiene che l’articolo 53, paragrafo 9, del codice civile costituisca una clausola imperativa di questo tipo. Da un lato, afferma che tale disposizione garantisce una maggiore tutela del consumatore nella misura in cui stabilisce garanzie aggiuntive in caso di rimborso anticipato di un contratto di credito al consumo. Dall’altro, ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, del codice civile, le parti non possono derogare all’applicazione della disposizione controversa a scapito del consumatore. |
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66. |
Il giudice del rinvio non condivide la posizione del governo slovacco. Nella risposta alla richiesta di chiarimenti, ha spiegato che il combinato disposto di cui all’articolo 53, paragrafo 9, e all’articolo 565 del codice civile non si applica automaticamente. La sua applicazione dipende dalla volontà delle parti. Il giudice del rinvio ha peraltro evidenziato che anche qualora le parti fossero d’accordo sulla possibilità del rimborso anticipato del prestito, questa resta un’opzione per il creditore, non essendovi alcun obbligo legale di anticipare l’esecuzione. A tale riguardo, sottolinea che le disposizioni di cui all’articolo 53, paragrafo 9, e all’articolo 565 del codice civile, utilizzano il termine «può» («môže»), che indica la possibilità per il creditore di avviare l’esecuzione e non un obbligo. Il giudice del rinvio ritiene, inoltre, che l’articolo 54, paragrafo 1 del codice civile cui fa riferimento il governo slovacco non conduca ad una diversa interpretazione. Tale disposizione non osta a una deroga alle disposizioni del codice civile a favore del consumatore. Il giudice del rinvio chiarisce che il creditore è tenuto a rispettare i requisiti minimi definiti all’articolo 53, paragrafo 9, del codice civile, prima di iniziare l’esecuzione, unicamente nel caso in cui le parti inseriscano una nel contratto una clausola di esigibilità anticipata. |
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67. |
Durante l’udienza, i ricorrenti e la Commissione hanno sottolineato che l’applicabilità delle disposizioni controverse del codice civile è soggetta a un previo accordo tra le parti. I ricorrenti hanno affermato che spetta al professionista la decisione di esercitare o meno il proprio diritto di avviare la procedura di rimborso anticipato. Se il professionista decide di esercitare questo diritto, deve osservare i requisiti procedurali minimi stabiliti dall’articolo 53, paragrafo 9, del codice civile. Il rispetto del termine di tre mesi prima di avviare l’esecuzione forzata di un credito è obbligatorio, ma la condizione preliminare della sua applicazione, ossia la decisione di avviare l’esecuzione, spetta al professionista. |
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68. |
Le spiegazioni del giudice del rinvio e le argomentazioni dei ricorrenti e della Commissione sono convincenti. A mio parere, esse avvallano la conclusione che le disposizioni controverse di diritto interno non si applichino in modo automatico, ossia in assenza di ulteriori accordi stabiliti tra le parti, così da potere essere qualificabili come «imperative» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2 della direttiva. Invece, le disposizioni richiedono un esplicito accordo tra le parti. In assenza di tale accordo, l’articolo 565 del codice civile stabilisce come regola che il creditore non può chiedere il pagamento dell’intero credito per il mancato pagamento di una rata mensile. |
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69. |
È importante inoltre evidenziare che sebbene l’articolo 53, paragrafo 9, del codice civile faccia riferimento ad un contratto stipulato con il consumatore da eseguirsi a rate, non considera specificatamente l’esecuzione anticipata di un contratto di credito a lungo termine o una garanzia di tale prestito costituita da un diritto reale di garanzia sull’abitazione familiare del consumatore. In tali circostanze, la decisione del professionista di inserire una clausola non negoziata che richiama la menzionata norma, in un contratto di prestito garantito dalla casa familiare del consumatore, non può essere assimilata alla definizione di un equilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti effettuato dal legislatore nazionale. |
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70. |
È parimenti pacifico che, nel contesto del procedimento previsto dall’articolo 267 TFUE, fondato su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è il solo competente a interpretare e applicare disposizioni di diritto nazionale ( 18 ). |
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71. |
In tali circostanze, è evidente che la clausola contrattuale controversa, che prevede il diritto del creditore di anticipare l’esecuzione, non riproduce una disposizione legislativa o regolamentare imperativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 93/13. Concludo, dunque, che una siffatta clausola rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13. |
Sul criterio per la valutazione della clausola contrattuale relativa al rimborso anticipato
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72. |
Conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il carattere abusivo di una clausola contrattuale dev’essere valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione. Ne discende che, in questo contesto, devono altresì essere valutate le conseguenze che la detta clausola può avere nell’ambito del diritto applicabile al contratto, il che implica un esame del sistema giuridico nazionale ( 19 ). |
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73. |
Più precisamente, il giudice del rinvio chiede se, al fine di valutare il carattere abusivo della clausola contrattuale controversa, sia possibile tenere in considerazione la proporzionalità dell’esercizio del diritto del professionista di dichiarare esigibile l’intero prestito ed in particolare la gravità della violazione da parte del consumatore dei propri obblighi in relazione all’importo del credito e al periodo del suo rimborso. Il giudice nazionale, a tale proposito, fa riferimento ad uno dei criteri definiti al punto 73 della sentenza Aziz ( 20 ). |
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74. |
Tale sentenza stabilisce diversi criteri relativi alla valutazione da parte del giudice nazionale dell’eventuale carattere abusivo della clausola relativa alla procedura di rimborso anticipato in un contratto a lungo termine, e più in particolare in un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria, a seguito dell’inadempimento dei propri obblighi da parte del debitore per un periodo di tempo specifico e limitato. Tali criteri sono stati sviluppati ulteriormente nella sentenza Banco Primus ( 21 ). La Corte ha dichiarato che spetta al giudice del rinvio esaminare, in particolare, in primo luogo, se la facoltà lasciata al professionista di dichiarare esigibile il mutuo nella sua interezza dipenda dall’inadempimento da parte del consumatore di un obbligo che presenti un carattere essenziale nel contesto del rapporto contrattuale in oggetto; secondariamente, se tale facoltà sia prevista per le ipotesi in cui siffatto inadempimento riveste un carattere sufficientemente grave in considerazione della durata e dell’importo del mutuo; in terzo luogo, se detta facoltà deroghi alle norme di diritto comune applicabili in materia in assenza di disposizioni contrattuali specifiche e in quarto luogo, se il diritto nazionale conferisca al consumatore mezzi adeguati ed efficaci che gli consentano, allorché lo stesso è soggetto all’applicazione di una siffatta clausola, di ovviare agli effetti dell’esigibilità del mutuo. La Corte ha chiarito ulteriormente nella sentenza Caisse régionale de Crédit mutuel de Loire-Atlantique et du Centre Ouest ( 22 ) che la sentenza Banco Primus deve essere interpretata nel senso che i criteri da essa elaborati per la valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in particolare per la valutazione del significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti contrattuali che tale clausola determina a danno del consumatore, sono cumulativi o alternativi, ma devono essere intesi come facenti parte dell’insieme delle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto di cui trattasi, che il giudice nazionale deve esaminare per valutare il carattere abusivo di una clausola contrattuale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13. |
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75. |
La clausola contrattuale controversa riguarda l’esigibilità anticipata di un contratto a lungo termine stipulato per 20 anni e garantito dalla abitazione familiare di un consumatore. In tale contesto, la valutazione del carattere abusivo di tale clausola dovrebbe essere effettuata alla luce della giurisprudenza esposta al punto precedente. |
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76. |
Dalle considerazioni che precedono, concludo che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, deve essere interpretato nel senso che tale direttiva si applica alla clausola contrattuale che riproduce una disposizione di diritto interno che consente al professionista di avviare la procedura di rimborso anticipato del prestito a causa dell’inadempimento dei propri obblighi da parte debitore per un periodo di tempo specifico e limitato senza che tale diritto sia soggetto al requisito della proporzionalità. L’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, devono essere interpretati nel senso che, per quanto riguarda la valutazione da parte del giudice nazionale sull’eventuale carattere abusivo della clausola relativa alla procedura di rimborso anticipato conseguente all’inadempimento da parte del debitore dei propri obblighi per un periodo di tempo specifico e limitato, il giudice del rinvio deve esaminare, in particolare, i seguenti criteri: in primo luogo, se la facoltà lasciata al professionista di dichiarare esigibile il prestito nella sua interezza dipenda dall’inadempimento da parte del consumatore di un obbligo che presenti un carattere essenziale nel contesto del rapporto contrattuale in oggetto; in secondo luogo, se tale facoltà sia prevista per le ipotesi in cui siffatto inadempimento riveste un carattere sufficientemente grave in considerazione della durata e dell’importo del prestito; in terzo luogo, se detta facoltà deroghi alle norme di diritto comune applicabili in materia in assenza di disposizioni contrattuali specifiche e in quarto luogo, se il diritto nazionale conferisca al consumatore mezzi adeguati ed efficaci che gli consentano, allorché lo stesso è soggetto all’applicazione di una siffatta clausola, di ovviare agli effetti dell’esigibilità del prestito. |
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77. |
Se la Corte risponde in modo affermativo alla prima domanda come riformulata, il giudice del rinvio ritiene che non sarà più necessario rispondere alle altre domande. Tuttavia, per ragioni di completezza, procederò all’analisi delle questioni rimanenti. |
Sulla seconda questione
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78. |
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letto alla luce degli articoli 7, 47 e 38 della Carta e del principio di effettività del diritto dell’Unione, osta alla giurisprudenza nazionale secondo la quale non è possibile sospendere, nel merito, l’esecuzione mediante asta privata dell’immobile dove i consumatori o altre persone hanno la loro abitazione. |
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79. |
In via preliminare, occorre ricordare, in primo luogo, che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il livello di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni previamente predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse. Inoltre, l’articolo 38 della Carta prevede che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori. Tale imperativo vale per l’attuazione della direttiva 93/13 ( 23 ). |
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80. |
Inoltre, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si basa la tutela dei consumatori, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati da un professionista con i consumatori ( 24 ). |
Sullo sfondo della questione pregiudiziale: la sentenza della Corte Kušionová
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81. |
Dopo tali osservazioni preliminari, occorre fare riferimento agli antefatti correlati alla questione posta. Non è la prima volta che i giudici slovacchi chiedono l’orientamento della Corte relativamente alla compatibilità delle norme slovacche che permettono al creditore di ottenere il pagamento di un debito tramite un’esecuzione stragiudiziale sul bene immobile dato in garanzia dal consumatore, con la direttiva 93/13. La prima richiesta di questo tipo è stata nella causa Macinský e Macinská (C‑482/12). Tale causa è stata cancellata dal ruolo della Corte a seguito del ritiro della domanda di pronuncia pregiudiziale ( 25 ), mentre erano già state presentate le conclusioni dell’avvocato generale Wahl ( 26 ). La causa Macinský e Macinská ha sollevato più in particolare la questione se sia contrario alla direttiva 93/13 il fatto che uno Stato membro preveda norme procedurali che consentono l’esecuzione forzata di un credito fondato su una clausola abusiva contenuta in un contratto con il consumatore, per via extragiudiziale e pertanto – potenzialmente – senza alcun controllo giurisdizionale. Sulla base degli elementi del fascicolo e delle osservazioni delle parti in udienza, l’avvocato generale aveva concluso che la direttiva 93/13 non ostasse a tale procedura. Tale conclusione era basata, in sostanza, sulle seguenti considerazioni. Da un lato, non è necessario un controllo giurisdizionale obbligatorio ex ante della clausola abusiva per una tutela efficace del consumatore ( 27 ). Dall’altro lato, la procedura in questione garantiva un livello sufficiente di tutela efficace dei diritti dei consumatori, come richiesto dalla direttiva 93/13 ( 28 ). |
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82. |
La sentenza Kušionová ha sostanzialmente seguito le conclusioni dell’avvocato generale Wahl in Macinský e Macinská. Tale sentenza ha stabilito che la disciplina slovacca relativa ai procedimenti esecutivi stragiudiziali, o di vendita all’asta «volontaria», è compatibile con la direttiva 93/13 qualora tale normativa non renda praticamente impossibile o eccessivamente arduo l’esercizio dei diritti che tale direttiva conferisce al consumatore, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio. |
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83. |
La conclusione della Corte nella sentenza Kušionová è subordinata all’esistenza di mezzi efficaci per contestare l’esecuzione fondata su clausole eventualmente abusive. Sulla base degli elementi disponibili, la Corte ha ritenuto che la legislazione slovacca offrisse una tutela giurisdizionale cautelare che consentiva l’adozione di misure provvisorie per impedire che si procedesse alla vendita, nonché una tutela giurisdizionale ex post. La Corte si è basata principalmente sui seguenti elementi: in primo luogo, la possibilità di contestare la vendita entro il termine di 30 giorni dalla notifica dell’esecuzione sul bene dato in garanzia ai sensi dell’articolo 151m, paragrafo 1, del codice civile, in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 3 della legge relativa alle vendite all’asta volontarie; in secondo luogo, la possibilità per il soggetto che contesti le modalità della vendita mediante asta di adire il giudice entro tre mesi dall’aggiudicazione per fare dichiarare la nullità della vendita ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, della stessa legge, e, in terzo luogo il fatto che, nel corso del procedimento di esecuzione stragiudiziale su un bene dato in garanzia, il giudice nazionale competente può, in forza degli articoli 74, paragrafo 1, e 76, paragrafo 1, del codice di procedura civile, adottare qualsiasi provvedimento provvisorio che vieti la prosecuzione dell’esecuzione di tale vendita ( 29 ). |
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84. |
Relativamente alla possibilità del giudice nazionale di valutare la proporzionalità dell’esecuzione, la sentenza Kušionová include sostanzialmente tale verifica nella valutazione complessiva svolta dal giudice nazionale in merito alla adeguatezza e effettività dei mezzi messi a disposizione dall’ordinamento per far cessare l’utilizzazione di clausole abusive ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 ( 30 ). Il ragionamento della Corte mostra i profili costituzionali della direttiva 93/13 nel campo del contenzioso dei consumatori. La Corte ha dichiarato che occorre prestare particolare attenzione alla circostanza che il bene oggetto del procedimento di esecuzione stragiudiziale sulla garanzia di cui al procedimento principale è il bene immobile che costituisce l’abitazione della famiglia del consumatore ( 31 ). Il ragionamento alla luce dei diritti fondamentali è corroborato dalla giurisprudenza dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»). La Corte EDU ha ritenuto, da un lato, che la perdita dell’abitazione costituisce una delle più gravi violazioni al diritto al rispetto del domicilio e, dall’altro, che qualsiasi persona che rischi di esserne vittima deve, in linea di principio, poter far esaminare la proporzionalità di tale misura ( 32 ). La Corte ha precisato che nell’interpretare la direttiva 93/13 il giudice nazionale deve prendere in considerazione l’articolo 7 della Carta, che garantisce il diritto al rispetto del domicilio ( 33 ). Infine, richiamando la propria sentenza Aziz ( 34 ), la Corte ha sottolineato l’importanza, per il giudice competente, di emanare provvedimenti provvisori atti a sospendere i procedimenti illegittimi di esecuzione per garantire l’effettività della tutela prevista dalla direttiva 93/13, tenendo in considerazione le conseguenze che comporta l’espulsione del consumatore e della famiglia dall’abitazione che costituisce la loro residenza principale ( 35 ). |
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85. |
Alla luce di tutti gli elementi richiamati al punto 83 delle presenti conclusioni e, in particolare, del fatto che sembrava fosse possibile per il giudice nazionale competente adottare dei provvedimenti provvisori, la sentenza Kušionová statuisce che nel quadro della procedura esecutiva stragiudiziale slovacca esiste uno «strumento adeguato ed efficace per far cessare l’applicazione di clausole abusive, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio». |
Sulla verifica delle premesse della sentenza Kušionová
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86. |
Il giudice del rinvio precisa che il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) ha interpretato la sentenza Kušionová nel senso che consente la vendita stragiudiziale di un bene immobile, compresa l’abitazione di un consumatore. Inoltre, da tale giurisprudenza nazionale si evince che un creditore non possa essere obbligato ad astenersi a tempo indeterminato dall’esecuzione sul bene dato in garanzia ( 36 ). Il giudice del rinvio ritiene, in sostanza, che tale giurisprudenza nazionale non sia corretta e verifica le premesse sulle quali è stata decisa la sentenza Kušionová. Il giudice ritiene che la vendita all’asta volontaria non offra le stesse garanzie dell’esecuzione giudiziale. Precisa che, trattandosi di un metodo di esecuzione gestito unicamente da privati, osta ad un sindacato giurisdizionale sul debito dovuto e sulla proporzionalità della vendita. Il giudice del rinvio evidenzia che la vendita all’asta volontaria non può essere bloccata da un procedimento giurisdizionale nell’ambito del quale possa essere verificata l’equità delle clausole contrattuali. |
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87. |
Al contrario, nelle sue osservazioni scritte, il governo slovacco sostiene che la legislazione slovacca, come stabilito nella sentenza Kušionová, garantisca una tutela giurisdizionale effettiva per i consumatori sia prima che dopo la vendita forzata e che i giudici possano adottare provvedimenti provvisori. |
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88. |
Nella sua risposta alla richiesta di chiarimenti, il giudice del rinvio non concorda con l’analisi giuridica svolta dal governo slovacco. In primo luogo, il giudice del rinvio respinge la tesi che la disciplina delle vendite stragiudiziali garantisca una maggiore tutela del consumatore per il semplice fatto che la vendita diretta dell’immobile da parte del creditore è esclusa. Il giudice ritiene che le disposizioni cui fa riferimento il governo slovacco, ossia l’articolo 17, paragrafi 3 e 5, della legge relativa alle vendite all’asta volontarie e l’articolo 151m, paragrafo 1, del codice civile non riconoscano il diritto di contestare l’esecuzione prima che abbia luogo la vendita. Secondo il giudice del rinvio, tali disposizioni, disciplinano le modalità formali per l’esecuzione di una vendita mediante asta volontaria e gli aspetti organizzativi della vendita. Con riferimento alla possibilità di adottare provvedimenti provvisori, il giudice del rinvio sottolinea che l’articolo 325, paragrafi 1 e 2, del codice di procedura civile, prevede il potere dell’autorità giudiziaria di emanare provvedimenti provvisori unicamente nell’ambito di un procedimento in contraddittorio. Egli chiarisce, dunque, che tale disposizione non è applicabile nell’ambito dei procedimenti esecutivi stragiudiziali. Inoltre, il giudice del rinvio ha precisato che l’articolo 63, paragrafo 3, della legge 233/1995 relativa al codice delle esecuzioni non ha alcun rapporto con la procedura stabilita dalla legge sulla vendita all’asta volontaria e che, in generale, nel quadro dei procedimenti esecutivi extragiudiziali i professionisti non sono tenuti ad attenersi alla legge 233/1995 relativa al codice delle esecuzioni. |
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89. |
Alle parti che hanno partecipato all’udienza è stato chiesto di indicare i mezzi a disposizione al consumatore per contestare l’eventuale carattere abusivo del titolo esecutivo nell’ambito del procedimento stragiudiziale di vendita. È stato inoltre chiesto loro di identificare la base giuridica che consente, al giudice competente per il giudizio di accertamento relativo all’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali previste dal titolo esecutivo o, al giudice dell’esecuzione, di sospendere i procedimenti esecutivi al fine di garantire piena efficacia alla decisione finale sul merito. |
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90. |
Il governo slovacco ha dichiarato che la legge non pone alcun limite al potere dell’autorità giudiziaria di sollevare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole. Esso ha constatato che l’articolo 298, paragrafo 1, del codice di procedura civile riconosce esplicitamente tali poteri. Il governo slovacco ha fatto riferimento ad una serie di disposizioni del codice civile e alla legge n. 250/2007 sulla tutela dei consumatori, da cui si evince che i consumatori possono intentare un’azione legale al fine di ottenere una dichiarazione di nullità delle clausole abusive. Inoltre, il governo ha dichiarato che il codice di procedura civile riconosce la possibilità di agire in giudizio per determinare l’esistenza o meno di un diritto. |
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91. |
I ricorrenti non hanno contestato l’esistenza delle disposizioni richiamate dal governo slovacco. Tuttavia, hanno sostenuto che si tratta di disposizioni generali, non applicabili all’esecuzione stragiudiziale. Secondo loro, non vi è una base giuridica che imporrebbe all’autorità giudiziaria di sospendere una vendita all’asta volontaria unicamente sulla base della sussistenza di clausole abusive. I ricorrenti hanno inoltre sostenuto che l’intera procedura manca di trasparenza e che a nessuno stadio della procedura vi è il coinvolgimento di un’autorità pubblica. Con riferimento alla possibilità di contestare la vendita ex post, i ricorrenti hanno chiarito che si tratta di un processo lungo e doloroso per i consumatori ( 37 ), con pochissime prospettive di successo. |
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92. |
La Commissione ha rilevato che non è chiaro se la procedura di esecuzione stragiudiziale prevista dalla legge relativa alle vendite all’asta volontarie permetta la sospensione dell’esecuzione a causa della sussistenza di clausole abusive. Pur ammettendo che ciò sia previsto dalla normativa nazionale, essa ha rilevato una discrasia tra ciò che la legge intende stabilire e il modo in cui è interpretata e applicata dai giudici. Ciò rende in pratica eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti del consumatore. |
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93. |
Sebbene, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte è competente a dedurre dall’articolo 7 della direttiva 93/13 i criteri che definiscono il contesto che permette all’autorità giudiziaria di valutare l’osservanza degli obblighi derivanti da tale direttiva, spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se le disposizioni della legge sulla vendita all’asta, siano idonee a fornire allo stesso, eventualmente, un simile contesto ( 38 ). |
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94. |
Mi limiterò pertanto alle seguenti osservazioni. La procedura di esecuzione stragiudiziale si applica a prescindere dallo status del debitore e dal tipo di bene coinvolto. Può riguardare (come nel caso del procedimento principale), un bene immobile che soddisfa un’esigenza essenziale del consumatore, ossia quella di procurargli un’abitazione. ( 39 ) Tale procedura può essere promossa da un professionista sulla base di un contratto di credito che funge da titolo esecutivo, senza che il contenuto di detto atto abbia costituito oggetto di un controllo giurisdizionale, diretto a individuare il carattere eventualmente abusivo di una o più clausole di tale atto. Inoltre, il creditore determina unilateralmente il debito e un soggetto privato (l’«organizzatore di vendite all’asta») procede all’esecuzione senza alcuna supervisione da parte di un’autorità pubblica. Siffatto importante ed incondizionato privilegio del professionista di avviare l’esecuzione, rende ancor più necessario che il consumatore, nella sua qualità di debitore esecutato, possa godere di una tutela giurisdizionale efficace ( 40 ). Come dice giustamente un commentatore, i procedimenti di esproprio dell’abitazione del consumatore devono garantire «il massimo grado di rigore procedurale» ( 41 ). |
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95. |
Il fascicolo sottoposto alla Corte e il dibattito in udienza mostrano, a mio parere, che la sussistenza e la portata dei poteri dell’autorità giudiziaria nel contesto specifico di un’opposizione all’esecuzione stragiudiziale fondata sulla sussistenza di clausole abusive, permane poco chiara e complicata sia per le autorità giudiziarie e che per i consumatori. Più in particolare, non sembra chiaro quale sia la via procedurale accessibile ai consumatori per sospendere l’esecuzione al fine di permette al giudice competente di verificare l’eventuale carattere abusivo delle clausole contenute nel titolo esecutivo. L’assenza di un quadro giudico chiaro viola, prima di tutto, il principio di certezza del diritto. A questo proposito, occorre ricordare che il principio della certezza del diritto, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli effetti delle norme giuridiche siano chiari, precisi e prevedibili, in particolare quando possono avere conseguenze negative per gli individui e le imprese, in modo che coloro che sono soggetti alla legge possano conoscere i loro diritti e obblighi senza ambiguità e agire di conseguenza ( 42 ). |
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96. |
Il quadro normativo in materia di esecuzione stragiudiziale, così come descritto dal giudice del rinvio, non sembra offrire un alto livello di garanzie procedurali. A causa della sua frammentarietà, esso determina un rischio non trascurabile che il consumatore interessato non proponga opposizione contro l’esecuzione stragiudiziale che permetta la valutazione giudiziale delle clausole abusive o di incorrere in un errore procedurale ( 43 ). Questo rischio è aggravato dal fatto che tutte le fasi della procedura di esecuzione stragiudiziale, compresa la determinazione dell’importo del debito, vengano eseguite senza alcun controllo da parte di un’autorità pubblica. |
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97. |
A tale proposito, occorre inoltre sottolineare che la recente giurisprudenza della Corte precisa che i requisiti per configurare un controllo efficace delle clausole abusive sono particolarmente elevati. La Corte ha precisato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, riaffermata all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva e sancita altresì all’articolo 47 della Carta, che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti ( 44 ). |
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98. |
Più in particolare, nell’ambito delle procedure ex parte per la pronuncia in merito ad un’ingiunzione di pagamento, la Corte ha stabilito che l’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva impone che il giudice dell’esecuzione possa valutare, anche per la prima volta, l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto alla base di un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore e contro il quale il debitore non ha proposto opposizione ( 45 ). Nell’ambito dei procedimenti di esecuzione ipotecaria, la Corte ha ritenuto che un controllo efficace dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali, come richiesto dalla direttiva 93/13, non potrebbe essere garantito se l’autorità di cosa giudicata riguardasse anche le decisioni giurisdizionali che non danno atto di un siffatto controllo ( 46 ). |
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99. |
Da tale giurisprudenza si evince che, anche in presenza di una decisione giurisdizionale che autorizza l’esecuzione, nel caso in cui tale decisione non contenga alcun elemento che attesti l’esame del carattere abusivo delle clausole contrattuali effettuato d’ufficio dal giudice, non può essere garantito il controllo effettivo delle clausole abusive. Su queste basi, ritengo, a maggior ragione, che potrebbe non essere garantito un effettivo controllo laddove i procedimenti esecutivi siano avviati in assenza di controllo giurisdizionale ex ante, laddove siano svolti esclusivamente da professionisti privati e laddove le norme che disciplinano i mezzi a disposizione del consumatore per contestare il procedimento esecutivo e i relativi poteri dell’autorità giudiziaria sono poco chiari e complessi. Pertanto, ritengo che le norme procedurali che disciplinano il procedimento di esecuzione stragiudiziale, almeno per come sono applicate dalla giurisprudenza slovacca, non soddisfino i requisiti dell’effettiva tutela giurisdizionale dei consumatori. |
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100. |
Come ultima osservazione, vorrei sottolineare che la direttiva 2014/17, adottata, come ricorda il suo terzo considerando, in materia di prestiti ai consumatori relativi ad immobili a seguito della crisi finanziaria internazionale, sebbene non applicabile ratione temporis ( 47 ), dimostra la volontà del legislatore dell’Unione di rafforzare la protezione dei consumatori nel contesto delle procedure esecutive relative a beni immobili residenziali. Ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2014/17, gli Stati membri devono adottare misure per incoraggiare i creditori ad esercitare un ragionevole grado di tolleranza nei confronti dei consumatori in arretrato prima di dare avvio a procedure di escussione della garanzia. L’obiettivo della tolleranza è quello di risolvere le difficoltà di pagamento in una fase iniziale, così da evitare l’avvio di siffatte procedure. L’escussione della garanzia dovrebbe essere la soluzione estrema qualora tutti gli altri mezzi per regolarizzare gli arretrati di pagamento non abbiano funzionato ( 48 ). |
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101. |
Alla luce di quanto precede, concludo che, l’articolo 7, paragrafo 1 della direttiva 93/13, letto alla luce degli articoli 7, 47 e 38 della Carta e del principio di effettività del diritto dell’Unione, deve essere interpretato nel senso che osta alla giurisprudenza nazionale secondo la quale non è possibile sospendere, nel merito, l’esecuzione sul bene dato in garanzia mediante un’asta privata su beni immobili dove i consumatori o altre persone hanno la loro abitazione, nella misura in cui la concessione di provvedimenti provvisori risulti necessaria a garantire la piena effettività di una decisione del giudice competente a valutare il carattere abusivo di una clausola contrattuale. |
Sulla terza e sulla quarta questione
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102. |
Con la terza e la quarta questione, che è opportuno esaminare insieme, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se, da un lato, l’erogazione ripetuta di prestiti da parte di un istituto di credito ad un consumatore, con l’obiettivo di rimborsare i prestiti precedenti che il consumatore non è in grado di rimborsare, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/29 e, dall’altro, se tale azione costituisca una pratica commerciale sleale ai sensi dell’articolo 5 della stessa. |
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103. |
In primo luogo, occorre sottolineare che la pratica in questione, come descritta dal giudice del rinvio, consiste nella ripetuta concessione, da parte dell’istituto di credito, di crediti al consumo che coprivano il rimborso di precedenti prestiti allo stesso istituto di credito, nonché i costi di tali prestiti. Il giudice del rinvio sostiene che l’importo di ogni nuovo prestito della «catena» di prestiti era stabilito unilateralmente dalla banca e che i beneficiari non erano in grado di ripagarlo. In secondo luogo, dall’ordinanza di rinvio si evince che la risposta alla domanda se la pratica in questione costituisca una pratica commerciale sleale è necessaria per il giudice del rinvio al fine di esaminare le circostanze in cui il prestito in questione è stato stipulato come parte della valutazione relativa al carattere abusivo delle clausole contrattuali a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 ( 49 ). |
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104. |
Per quanto riguarda la questione se la concessione ripetuta di prestiti di credito al consumo con l’obiettivo di rimborsare prestiti precedenti sia suscettibile di rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/29, occorre ricordare, in primo luogo, che l’articolo 2, lettera d), di tale direttiva definisce, impiegando una formulazione particolarmente ampia, il concetto di «pratiche commerciali» come «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori» ( 50 ). |
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105. |
Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, in combinato disposto con l’articolo 2, lettera c), della medesima, tale direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese tra imprese e consumatori, poste in essere prima, durante o dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto o a un servizio ( 51 ). |
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106. |
Pertanto, i termini «direttamente connessa alla promozione» comprendono qualsiasi atto adottato in relazione non soltanto alla conclusione di un contratto, ma anche alla sua esecuzione e, in particolare, gli atti adottati per ottenere il pagamento del prodotto ( 52 ). |
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107. |
Dunque, l’erogazione di un prestito con l’obiettivo di rimborsare i precedenti prestiti di credito al consumo, come quello oggetto del procedimento principale, può, pertanto, essere considerata un «prodotto» ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2005/29 ( 53 ). |
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108. |
A queste condizioni, concordo con il governo slovacco e con la Commissione sul fatto che l’erogazione ripetuta di prestiti, da parte di un istituto di credito ad un consumatore, che hanno l’obiettivo di rimborsare precedenti prestiti di credito al consumo e che il consumatore non è in grado di rimborsare, rientra nel campo di applicazione della direttiva 2005/29. |
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109. |
Per quanto riguarda la questione se la pratica in questione costituisca una pratica commerciale sleale, occorre ricordare che l’articolo 5 della direttiva 2005/29 vieta, al paragrafo 1 dello stesso, le pratiche commerciali sleali e stabilisce, al paragrafo 2, i criteri per determinare se una pratica commerciale sia sleale. |
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110. |
L’articolo 5, paragrafo 4, della predetta direttiva dispone, in particolare, che le pratiche commerciali «ingannevoli» ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29, e «aggressive» ai sensi degli articoli 8 e 9 della stessa, sono sleali. |
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111. |
A tale riguardo, occorre ricordare che la direttiva 2005/29 realizza un’armonizzazione completa a livello dell’Unione delle norme relative alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori e stabilisce, al suo allegato I, un elenco tassativo di 31 pratiche commerciali che, conformemente all’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, sono considerate «in ogni caso» sleali. Di conseguenza, come precisa espressamente il considerando 17 di detta direttiva, si tratta delle uniche pratiche commerciali che si possono considerare sleali in quanto tali, senza una valutazione caso per caso, in deroga alle disposizioni degli articoli da 5 a 9 della stessa direttiva ( 54 ). |
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112. |
La pratica commerciale in questione non è inclusa nell’elenco delle pratiche commerciali che devono essere considerate in ogni caso sleali. Pertanto, la sua qualificazione come «sleale» richiede una valutazione specifica. A tale riguardo, la Commissione e il governo slovacco sottolineano giustamente che, normalmente, il rifinanziamento di un prestito costituisce una pratica legittima. Ad esempio, come constata il governo slovacco, nel caso di rifinanziamento di un debito per sostituire un debito precedente con uno nuovo ad un tasso di interesse più basso, o in caso di consolidamento di diversi debiti in uno unico nuovo. |
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113. |
Nel caso di specie, nelle proprie osservazioni scritte, la VÚB Banka sostiene che il prestito concesso consisteva in operazioni di rifinanziamento volte a ridurre gli oneri finanziari gravanti sui ricorrenti. Il giudice del rinvio, al contrario, ritiene che la «catena» di contratti concessi ai ricorrenti abbia portato al loro sovraindebitamento e determinato il rischio di perdere la loro abitazione. |
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114. |
Sebbene spetti in definitiva al giudice del rinvio pronunciarsi sulla natura della pratica commerciale in discussione nel procedimento principale, la Corte può tuttavia fornirgli, sulla base delle informazioni presentate nella domanda di pronuncia pregiudiziale, elementi che possano essere utili ai fini della qualificazione di tale pratica ( 55 ). |
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115. |
A tale proposito occorre considerare che i vari prestiti erano concessi ai ricorrenti nonostante fossero insolvibili. Concordo con la Commissione in merito al fatto che tale fattore dovrebbe essere tenuto in considerazione dal giudice nazionale al fine di stabilire, in particolare, se la pratica in esame sia aggressiva esercitando un «indebito condizionamento» ai sensi degli articoli 8 e 9 della direttiva 2005/29. |
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116. |
A tale proposito, occorre ricordare che il concetto di «indebito condizionamento», definito all’articolo 2, lettera j), della direttiva 2005/29, consiste nello sfruttamento di una posizione di potere nei confronti del consumatore per esercitare una pressione, anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale ricorso, in modo da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole ( 56 ). |
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117. |
Nel caso di specie, si può ritenere che la condizione di sovraindebitamento dei ricorrenti li rendesse vulnerabili e costituisse un «evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto» ai sensi dell’articolo 9, lettera c), della direttiva 2005/29. |
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118. |
In udienza, la Commissione ha utilizzato un’espressione forte per descrivere la pratica della banca di concedere crediti in modo ripetuto come fossero una «valanga» di prestiti. In risposta ad una domanda di chiarimento su come il debito si fosse accumulato, i ricorrenti hanno dichiarato di non aver chiesto i prestiti, ma che questi venivano loro proposti automaticamente come mezzo per ripagare i debiti precedenti. Ogni volta i ricorrenti ricevevano un importo minimo e il resto del denaro veniva destinato alla banca. Ritengo che questa sia una rivelazione piuttosto allarmante. Ciò potrebbe dimostrare non solo che il professionista era a conoscenza dell’evento tragico vissuto dal consumatore [ai sensi dell’articolo 9, lettera c) della direttiva 2005/29], ma anche che il professionista vi ha contribuito e lo ha fatto ripetutamente. |
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119. |
Occorre tenere in considerazione, inoltre, il fatto che l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2005/29 è segnatamente quello di assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori contro le pratiche commerciali sleali e si fonda sulla circostanza che, rispetto a un professionista, il consumatore si trova in una posizione di inferiorità, in particolare per quanto riguarda il livello di informazione, posto che non si può negare che esista una notevole asimmetria tra tali parti per quanto concerne l’informazione e le competenze ( 57 ). Il consumatore si trova in una posizione di inferiorità, in particolare per quanto riguarda il livello di informazione, in quanto dev’essere considerato economicamente più debole e meno esperto sul piano giuridico rispetto alla controparte contrattuale, specialmente nell’ambito dei servizi di credito offerti da una banca ( 58 ). |
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120. |
Alla luce di quanto esposto, ritengo che la direttiva 2005/29 deve essere interpretata nel senso che, da un lato, l’erogazione ripetuta da parte di un istituto di credito ad un consumatore di prestiti il cui obiettivo è quello di rimborsare precedenti prestiti di credito al consumo e che il consumatore non è in grado di rimborsare rientra nel campo di applicazione della direttiva 2005/29 e, dall’altro, che tale azione è idonea a configurare una pratica commerciale scorretta ai sensi dell’articolo 5 della stessa, e più in particolare, una pratica commerciale aggressiva ai sensi degli articoli 8 e 9 della stessa, qualora il giudice del rinvio ritenga che tale pratica nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, comporti un indebito condizionamento basato sullo sfruttamento del sovraindebimetamento del consumatore da parte del professionista per un lungo periodo di tempo. |
Sulla quinta questione
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121. |
Con la quinta domanda il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/48, in combinato disposto con il considerando 10 della stessa direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso non esclude l’ambito di applicazione di tale direttiva nel caso di un contratto di credito che ha lo scopo di rimborsare precedenti prestiti al consumo anche se garantito da un diritto legato ai beni immobili. |
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122. |
A tale proposito, occorre evidenziare che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/48, la medesima direttiva non si applica ai contratti di credito garantiti da un diritto legato a beni immobili. Ai sensi del considerando 14 della stessa direttiva, è opportuno escludere tale tipo di credito dall’ambito di applicazione della direttiva in ragione della sua «natura molto specifica». |
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123. |
Tuttavia, come si emerge dal considerando 10 della direttiva sopracitata, gli Stati membri, conformemente al diritto dell’Unione, possono applicare delle disposizioni della direttiva a settori che esulano dall’ambito di applicazione della stessa. La Corte ha già statuito che gli Stati membri possono mantenere o introdurre misure nazionali conformi alla direttiva o a talune delle sue disposizioni in materia di contratti di credito non rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 ( 59 ). |
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124. |
Il prestito controverso oggetto del procedimento principale è un contratto di credito garantito da un diritto reale costituito sull’abitazione dei ricorrenti. Il giudice del rinvio ritiene che la legge nazionale non estenda l’applicabilità della direttiva ai contratti di credito garantiti da un diritto legato ai beni immobili. Ciò è stato confermato dal governo slovacco nelle sue osservazioni scritte e orali. |
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125. |
Alla luce di tali elementi, le parti che hanno sottoposto delle osservazioni ritengono che il contratto di credito in questione nel procedimento principale sia escluso dall’ambito di applicazione della direttiva 2008/48. |
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126. |
Dalla formulazione del quesito è già evidente che il giudice del rinvio non contesta il fatto che, in generale, i contratti di credito garantiti da un diritto legato a beni immobili siano esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2008/48. Tuttavia, dalle sue spiegazioni si evince che i suoi dubbi sono dovuti alle circostanze specifiche in cui è stato sottoscritto il prestito in questione. Lo scopo di tale prestito era quello di rimborsare alla banca i prestiti precedenti senza che i relativi importi fossero erogati ai ricorrenti. Il giudice del rinvio spiega che da un punto di vista economico vi è un legame tra il prestito controverso stipulato nel 2012 e i prestiti precedenti stipulati a partire dal 2004. |
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127. |
A tale proposito, occorre evidenziare che la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/48 è inequivoca ( 60 ). L’armonizzazione in materia di crediti garantiti da diritti connessi a beni immobili è stata raggiunta solo in una fase successiva, tramite l’adozione della direttiva 2014/17 ( 61 ), sollecitata dalla crisi finanziaria che ha dimostrato che un comportamento irresponsabile da parte degli operatori del mercato può mettere a rischio le basi del sistema finanziario ( 62 ). |
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128. |
Tuttavia, occorre constatare che il prestito in questione è stato stipulato in circostanze molto particolari. La stipulazione fa seguito a uno schema di comportamento secondo il quale, secondo la descrizione dei fatti fornita dal giudice del rinvio, la banca erogava ripetutamente prestiti ai ricorrenti, il cui importo non veniva versato a loro ma era utilizzato a copertura dei prestiti precedenti. L’importo e i costi del prestito erano stabiliti in modo unilaterale. Come anticipato al paragrafo 118 delle presenti conclusioni, i ricorrenti in udienza hanno sostenuto che quei prestiti non erano nemmeno richiesti dai consumatori, ma venivano proposti automaticamente dalla banca. Al termine della «valanga» di prestiti, per riprendere i termini utilizzati dalla Commissione all’udienza, quando i ricorrenti erano «intrappolati» tra i debiti, la banca ha concesso loro il prestito controverso. |
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129. |
Occorre ricordare che consolidata giurisprudenza della Corte ha riconosciuto che la direttiva 2008/48 mira a garantire un’elevata protezione del consumatore. Questo sistema di protezione è fondato sull’idea secondo cui il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di negoziazione che il livello di informazione ( 63 ). |
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130. |
Al fine di garantire tale protezione, l’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva 2008/48 prevede che gli Stati membri provvedono affinché le disposizioni adottate per dare esecuzione a tale direttiva non possano essere eluse attraverso l’impiego di forme particolari di contratti ( 64 ), «in particolare includendo prelievi o contratti di credito che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva in contratti di credito la cui natura o finalità consenta di evitare l’applicazione della direttiva stessa». |
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131. |
Dalla relazione sulla proposta della Commissione relativa alla direttiva 2008/48 ( 65 ) si evince che l’obiettivo della suddetta disposizione era che le esenzioni all’applicazione di tale direttiva, incluse le esenzioni relative al credito edilizio, non vengano distorte in modo da integrare in tali contratti le operazioni oggetto della direttiva. L’esempio indicato nella relazione riguardava la richiesta da parte del consumatore di un prelievo di credito in forza del suo credito edilizio. |
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132. |
La causa principale riguarda un prestito che era economicamente collegato a quelli precedenti. Infatti, come chiarisce il giudice del rinvio, l’obiettivo del prestito in questione era unicamente il rifinanziamento di quelli precedenti. Spetta al giudice nazionale stabilire se, grazie a tale operazione, il creditore abbia incorporato i prestiti precedenti nel prestito controverso, in modo da evitare l’applicazione della direttiva 2008/48. A tale proposito, il giudice nazionale dovrebbe tenere in considerazione le disposizioni nazionali che attuano l’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva 2008/48 nell’ordinamento giuridico nazionale. In udienza, il governo slovacco ha dichiarato che la legislazione nazionale in materia di protezione dei consumatori contiene disposizioni che puniscono gli istituti di credito che eludono la normativa sui consumatori. Più precisamente, ha affermato che la legislazione slovacca vieta alle banche di accorpare contratti per eludere la legge o di inserire riferimenti fuorvianti nei contratti. |
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133. |
Alla luce di quanto precede, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che non esclude l’applicazione di tale direttiva nel caso di un contratto di credito il cui scopo consiste nel rimborso di precedenti prestiti al consumo, ancorché garantito da un diritto legato a beni immobili, nel caso in cui il giudice nazionale stabilisca che il contratto di prestito controverso è stato formulato in modo tale da evitare l’applicazione di tale direttiva, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, della stessa. |
Sulla sesta questione
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134. |
Con la sesta domanda, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’approccio adottato dalla Corte nella sentenza Radlinger e Radlingerová sia applicabile ad un contratto di credito al consumo in virtù del quale parte del credito non viene erogata al consumatore, ma viene destinata a coprire i costi del creditore, con la conseguenza che il totale dell’importo del credito non possa includere tali costi. |
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135. |
Vorrei precisare, in primo luogo, che la risposta a tale domanda è rilevante solo qualora la Corte segua le mie conclusioni in merito alla risposta alla quinta domanda. |
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136. |
Occorre ricordare che nella sentenza Radlinger e Radlingerová la Corte ha stabilito che non si può includere nell’importo totale del credito, ai sensi degli articoli 3, lettera l), e 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, nessuna delle somme destinate a onorare gli impegni convenuti in base al credito di cui trattasi, quali le spese amministrative, gli interessi, le commissioni e qualsiasi altro tipo di costo che il consumatore è tenuto a pagare ( 66 ). La Corte ha concluso che tali disposizioni nonché il punto I dell’allegato I di tale direttiva devono essere interpretati nel senso che l’importo totale del credito e l’importo del prelievo designano l’insieme delle somme messe a disposizione del consumatore, il che esclude quelle destinate dal creditore al pagamento dei costi connessi al credito di cui trattasi e che non sono effettivamente versate a tale consumatore ( 67 ). |
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137. |
Il giudice del rinvio chiarisce che deve stabilire l’importo del debito per il quale è stata avviata la procedura esecutiva da parte del creditore. Egli specifica inoltre, che il creditore afferma che le somme del credito che sono state imputate ai costi dello stesso sono state effettivamente corrisposte ai ricorrenti e sono state incluse nell’importo del credito concesso. |
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138. |
A tale riguardo, dalla sentenza Radlinger e Radlingerová si desume chiaramente, a mio avviso, che il creditore non possa includere i costi nell’importo totale del credito. |
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139. |
Dunque, l’approccio adottato dalla Corte nella sentenza Radlinger e Radlingerová è applicabile ad un contratto di credito al consumo in virtù del quale parte del credito non viene erogata al consumatore, ma viene destinata a coprire i costi del creditore, con la conseguenza che il totale dell’importo del credito non possa includere tali costi. |
VI. Conclusioni
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140. |
Alla luce di tutte le considerazioni sopra esposte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni poste dal Krajský súd v Prešove (Corte regionale, Prešov, Repubblica slovacca) nel modo seguente:
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( 1 ) Lingua originale: l’inglese.
( 2 ) Direttiva 2014/17/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 febbraio, 2014 in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 60, pag. 34).
( 3 ) V. Micklitz, H.-W., «The Constitutional Transformation of Private Law Pillars through the CJEU», in Collins, H. (ed.), European Contract Law and the Charter of Fundamental Rights, Intersentia,Cambridge, Antwerp, Portland, 2017, pag. 49.
( 4 ) V. Kenna, P., «Introduction», in Kenna, P., Nasarre-Aznar, S., Sparkes, P. e Schmid, U., C. (eds.), Loss of Homes and Evictions Across Europe: A Comparative Legal and Policy Examination, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, 2018, pag. 41.
( 5 ) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).
( 6 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22).
( 7 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE (GU 2008, L 133, pag. 66 e rettifica in GU 2009, L 207, pag. 14, GU 2010, L 199, pag. 40, e GU 2011, L 234, pag. 46).
( 8 ) Sentenza del 14 marzo 2013, C‑415/11 (EU:C:2013:164).
( 9 ) Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
( 10 ) V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 42).
( 11 ) Sentenza del 3 settembre 2020, Profi Credit Polska e a. (C‑84/19, C‑222/19 e C‑252/19, EU:C:2020:631, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).
( 12 ) Sentenza del 10 giugno 2021, Prima banka Slovensko (C‑192/20, EU:C:2021:480, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
( 13 ) Sentenze del 25 novembre 2020, Banca B. (C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 24) e del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 27).
( 14 ) V., in tal senso, sentenze del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 30) e del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 77).
( 15 ) Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 80). Il corsivo è mio.
( 16 ) Sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 31).
( 17 ) Sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch (C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 32).
( 18 ) Sentenza del 31 marzo 2022, Lombard Lízing (C‑472/20, EU:C:2022:242).
( 19 ) Sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).
( 20 ) Sentenza del 14 marzo 2013 (C‑415/11, EU:C:2013:164).
( 21 ) Sentenza del 26 gennaio 2017 (C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 66).
( 22 ) Sentenza dell’8 dicembre 2022 (C‑600/21, EU:C:2022:970).
( 23 ) Sentenza del 19 dicembre 2019, Bondora (C‑453/18, EU:C:2019:1118, punto 40).
( 24 ) Sentenza del 19 dicembre 2019, Bondora (C 453/18, EU:C:2019:1118, punto 42).
( 25 ) Ordinanza del presidente della Corte del 7 febbraio 2014 (C‑482/12, non pubblicata, EU:C:2014:182).
( 26 ) Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Macinský e Macinská (C‑482/12, EU:C:2013:765).
( 27 ) Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Macinský e Macinská (C‑482/12, EU:C:2013:765, paragrafo 80).
( 28 ) Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Macinský e Macinská (C‑482/12, EU:C:2013:765, paragrafi 64 e 96).
( 29 ) Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punti 55, 60, 61). Il contenuto delle disposizioni del codice di procedura civile applicabili in questo caso corrisponde essenzialmente all’articolo 325 del codice di procedura civile applicabile nel procedimento principale.
( 30 ) Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 58).
( 31 ) Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 62).
( 32 ) Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 64). Si richiamano le sentenze della Corte EDU del 13 maggio 2008, McCann c. Regno Unito (CE:ECHR:2008:0513JUD001900904, § 50) e del 25 luglio 2013, Rousk c. Svezia (CE:ECHR:2013:0725JUD002718304, § 137). Una sentenza più recente nell’ambito della vendita forzata dell’abitazione è del 12 luglio 2016, Vrzić c. Croazia (CE:ECHR:2016:0712JUD004377713). La Corte EDU ha distinto tale causa dall’orientamento giurisprudenziale adottato in McCann c. Regno Unito, nella misura in cui, contrariamente agli altri casi in cui i ricorrenti vivevano in edifici di proprietà dello Stato o di edilizia sociale, in Vrzić c. Croazia, la contro parte del procedimento esecutivo era un privato. La Corte EDU ha ritenuto che in tale caso specifico, la vendita forzata della casa doveva essere «necessaria in una società democratica» in considerazione dei rischi volontariamente assunti dai querelanti nel prendere in prestito una notevole somma di denaro per la loro attività e nell’utilizzare la loro casa come garanzia. Inoltre, tale sentenza ha preso in considerazione il fatto che i querelanti non avevano contestato nessuno dei contratti di prestito davanti ai tribunali nazionali in un procedimento idoneo.
( 33 ) Sentenza del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 65). La sentenza fa riferimento al «diritto all’abitazione». Tuttavia, l’articolo 7 della Carta, che rientra nel Titolo II intitolato «Libertà», sancisce il diritto al rispetto del proprio domicilio. È nel contesto delle disposizioni di «solidarietà» della Carta e più precisamente dell’articolo 34, paragrafo 3, della Carta, che l’Unione «riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa».
( 34 ) Sentenza del 14 marzo 2013 (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 59).
( 35 ) Sentenza del 10 settembre 2014 (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 66). Il corsivo è mio.
( 36 ) Il giudice del rinvio cita la sentenza Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) del 29 gennaio 2019, rif. 8Cdo/147/2017.
( 37 ) I ricorrenti hanno dichiarato che anche nei casi in cui i consumatori contestano la vendita e rivendicano il loro diritto a rimanere nella abitazione mentre il procedimento è in corso, sono spesso soggetti a molestie da parte dei nuovi proprietari che tagliano l’accesso all’elettricità o cambiano la serratura.
( 38 ) V., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 52).
( 39 ) Sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 38). Più in generale, sulla necessità di una regolamentazione rigorosa per i contratti che rispondono ai bisogni fondamentali di alloggio, credito e lavoro nel contesto di relazioni contrattuali a lungo termine, si vedano i «Principles of Life-Time Contracts» sviluppati dal Social Contract Law Group (EuSoCo) e analizzati in Ratti, L., (a cura di), Embedding the Principles of Life Time Contracts, A Research Agenda for Contract Law, Eleven, 2018.
( 40 ) Sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 38).
( 41 ) Whitehouse, L., «The Home-Owner: Citizen or Consumer?», in Bright, S. e Dewar, J., Land Law Themes and Perspectives (Oxford University Press, Oxford, 1998, pagg. 183-205).
( 42 ) Sentenza del 25 gennaio 2022, VYSOČINA WIND (C 181/20, EU:C:2022:51, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).
( 43 ) V., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2018, EOS KSI Slovensko (C‑448/17, EU:C:2018:745, punto 53).
( 44 ) Sentenze del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 45); del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a.. (C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395, punto 61); e del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România (C‑725/19, EU:C:2022:396, punto 43).
( 45 ) Sentenza del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a. (C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395, punto 66).
( 46 ) Sentenze del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco (C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 50);
( 47 ) V., in tal senso, sentenza del 6 giugno 2019, Schyns (C‑58/18, EU:C:2019:467, punto 46).
( 48 ) V. Final Report, EBA Guidelines on Arrears and Foreclosure, 1o giugno 2015 (EBA/GL/2015/12), punto 11.
( 49 ) Il giudice del rinvio ricorda, a questo proposito, la sentenza del 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič (C‑453/10, EU:C:2012:144, punto 43), in cui la Corte ha dichiarato che l’accertamento del carattere sleale di una pratica commerciale rappresenta un elemento tra gli altri sul quale il giudice competente può basare la sua valutazione del carattere abusivo delle clausole di un contratto ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13. La sentenza del 19 settembre 2018, Bankia (C‑109/17, EU:C:2018:735, punto 33), chiarisce che un contratto che costituisce titolo esecutivo non può essere dichiarato invalido per il solo motivo che esso contenga clausole contrarie al divieto generale di pratiche commerciali sleali dettato dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2005/29.
( 50 ) Sentenza del 22 settembre 2022, Vicente (Azione per il pagamento degli onorari di avvocato) (C‑335/21, EU:C:2022:720, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).
( 51 ) Sentenza del 22 settembre 2022, Vicente (Azione per il pagamento degli onorari di avvocato) (C‑335/21, EU:C:2022:720, punto 84).
( 52 ) Sentenza del 20 luglio 2017, Gelvora (C‑357/16, EU:C:2017:573, punto 21).
( 53 ) Sentenza del 20 luglio 2017, Gelvora (C‑357/16, EU:C:2017:573, punti 22 e 23).
( 54 ) Sentenza del 2 settembre 2021, Peek & Cloppenburg (C‑371/20, EU:C:2021:674, punto 34).
( 55 ) Sentenza del 12 giugno 2019, Orange Polska (C‑628/17, EU:C:2019:480, punto 37).
( 56 ) Sentenza del 12 giugno 2019, Orange Polska (C‑628/17, EU:C:2019:480, punto 33).
( 57 ) Sentenza del 2 settembre 2021, Peek & Cloppenburg (C‑371/20, EU:C:2021:674, punto 34).
( 58 ) V., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Nemzeti Fogyasztóvédelmi Hatóság e UPC Magyarország (C‑388/13, EU:C:2015:225, punto 53).
( 59 ) Ordinanza della Corte del 12 ottobre 2016, Horžić e Pušić (C 511/15 e C 512/15, EU:C:2016:787, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
( 60 ) V., per analogia, ordinanza della Corte del 12 ottobre 2016, Horžić e Pušić (C‑511/15 e C‑512/15, EU:C:2016:787, punto 27).
( 61 ) Ai sensi dell’articolo3, paragrafo1, lettera a), della direttiva 2014/17, tale direttiva si applica a contratti di credito garantiti da un’ipoteca o da un’altra garanzia analoga comunemente utilizzata in uno Stato membro sui beni immobili residenziali o da un diritto relativo ai beni immobili residenziali.
( 62 ) V. considerando 3 della direttiva 2014/17.
( 63 ) Sentenza dell’11 settembre 2019, Lexitor (C‑383/18, EU:C:2019:702, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
( 64 ) Sentenza dell’11 settembre 2019, Lexitor (C‑383/18, EU:C:2019:702, punto 30).
( 65 ) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito ai consumatori, COM(2002) 443 def. (GU 2002, C 331/E, pag. 200), pag. 221.
( 66 ) Sentenza del 21 aprile 2016 (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 86).
( 67 ) Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 91).