SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
9 settembre 2021 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 2, lettera j), terzo trattino – Nozione di “familiare” – Adulto che chiede protezione internazionale sulla base del suo legame familiare con un minore che ha già ottenuto la protezione sussidiaria – Data rilevante per valutare la qualità di “minore”»
Nella causa C‑768/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), con decisione del 15 agosto 2019, pervenuta in cancelleria il 18 ottobre 2019, nel procedimento
Bundesrepublik Deutschland
contro
SE,
con l’intervento di:
Vertreter des Bundesinteresses beim Bundesverwaltungsgericht,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da A. Prechal, presidente di sezione, N. Wahl, F. Biltgen, L.S. Rossi (relatrice) e J. Passer, giudici,
avvocato generale: G. Hogan
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Bundesrepublik Deutschland, da A. Schumacher, in qualità di agente; |
– |
per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti; |
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per il governo ungherese, da K. Szíjjártó e M.Z. Fehér, in qualità di agenti; |
– |
per la Commissione europea, da A. Azéma, M. Condou‑Durande, K. Kaiser e C. Ladenburger, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 marzo 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9). |
2 |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra SE, cittadino afgano, e la Bundesrepublik Deutschland in merito al rifiuto del Bundesamt für Migration und Flüchtlinge (Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati, Germania) di concedere a SE lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria ai fini del ricongiungimento familiare con il figlio. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva 2011/95
3 |
I considerando 12, 16, 18, 19 e 38 della direttiva 2011/95 così recitano:
(...)
(...)
(...)
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4 |
L’articolo 2 della direttiva succitata, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue: «Ai fini della presente direttiva, si intende per: (...)
(...)». |
5 |
L’articolo 3 della stessa direttiva, intitolato «Disposizioni più favorevoli», così dispone: «Gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della presente direttiva». |
6 |
Ai sensi dell’articolo 20, paragrafi 2 e 5, della medesima direttiva: «2. Le disposizioni del presente capo si applicano sia ai rifugiati sia alle persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, ove non diversamente indicato. (...) 5. L’interesse superiore del minore è la principale considerazione degli Stati membri quando attuano le disposizioni del presente capo che coinvolgono i minori». |
7 |
L’articolo 23 della direttiva 2011/95, intitolato «Mantenimento dell’unità del nucleo familiare», prevede quanto segue: «1. Gli Stati membri provvedono a che possa essere preservata l’unità del nucleo familiare. 2. Gli Stati membri provvedono a che i familiari del beneficiario di protezione internazionale, che individualmente non hanno diritto a tale protezione, siano ammessi ai benefici di cui agli articoli da 24 a 35, in conformità delle procedure nazionali e nella misura in cui ciò sia compatibile con lo status giuridico personale del familiare. 3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano quando il familiare è o sarebbe escluso dalla protezione internazionale in base ai capi III e V. (...)». |
8 |
L’articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva è del seguente tenore: «Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria e ai loro familiari, quanto prima a seguito del riconoscimento della protezione internazionale, un permesso di soggiorno rinnovabile che deve essere valido per un periodo di almeno un anno e, in caso di rinnovo, per un periodo di almeno due anni, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico». Direttiva 2013/32/UE La direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), all’articolo 6, intitolato «Accesso alla procedura», così recita: «1. Quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, la registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda. Se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda. Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale. 2. Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima. Qualora il richiedente non presenti la propria domanda, gli Stati membri possono applicare di conseguenza l’articolo 28. 3. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato. 4. In deroga al paragrafo 3, una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario [è] sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato. (...)». |
Diritto tedesco
9 |
La direttiva 2011/95 è stata recepita nel diritto tedesco mediante l’Asylgesetz (legge sul diritto di asilo, BGBl. 2008 I, pag. 1798) (in prosieguo: l’«AsylG»). |
10 |
L’AsylG distingue la richiesta informale di asilo (articolo 13, paragrafo 1, dell’AsylG) e le domande formali di asilo (articolo 14, paragrafo 1, dell’AsylG). |
11 |
L’articolo 13, paragrafo 1, dell’AsylG così dispone: «Si ha una domanda di asilo quando è possibile desumere dalla volontà dello straniero espressa per iscritto, oralmente o in altra forma che lo stesso cerca protezione nel territorio federale contro la persecuzione per motivi politici o chiede protezione dal respingimento o da altro tipo di rimpatrio in un paese in cui è minacciato da persecuzione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, o rischia danni gravi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1». |
12 |
L’articolo 14, paragrafo 1, dell’AsylG prevede quanto segue: «La domanda di asilo dev’essere presentata all’ufficio distaccato dell’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati collegato al centro di accoglienza competente ad accogliere lo straniero». |
13 |
L’articolo 26 dell’AsylG così recita: «(...) (2) Su richiesta, viene riconosciuto il diritto di asilo a un soggetto che, alla data della presentazione della sua domanda di asilo, sia figlio minore non coniugato di un beneficiario del diritto di asilo, se il riconoscimento dello straniero quale beneficiario del diritto di asilo è definitivo e detto riconoscimento non è revocato o ritirato. (3) Su richiesta, ai genitori di un soggetto, minore e non coniugato, beneficiario del diritto di asilo, o a un altro adulto ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva [2011/95], viene riconosciuto il diritto di asilo se: 1. il riconoscimento del diritto di asilo è definitivo; 2. il nucleo familiare, ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva [2011/95], era già costituito nello Stato in cui il beneficiario del diritto di asilo è perseguitato per motivi politici; 3. sono entrati nel territorio prima del riconoscimento del diritto di asilo o hanno presentato senza indugio domanda di asilo dopo l’ingresso; 4. il riconoscimento del diritto di asilo non può essere revocato o ritirato e 5. provvedono alla cura del beneficiario del diritto di asilo. Ai fratelli del minore beneficiario del diritto di asilo che al momento della presentazione della domanda sono minori non coniugati si applica per analogia il primo comma, punti da 1 a 4. (...) (5) Ai familiari, ai sensi dei paragrafi da 1 a 3, dei beneficiari di protezione internazionale si applicano per analogia i paragrafi da 1 a 4. In luogo del diritto all’asilo subentra lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria. La protezione sussidiaria in quanto familiare dei beneficiari di protezione internazionale non è concessa se esiste un motivo di esclusione a norma dell’articolo 4, paragrafo 2». |
14 |
L’articolo 77, paragrafo 1, dell’AsylG è del seguente tenore: «Nelle controversie disciplinate dalla presente legge, il tribunale si basa sulla situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell’ultima udienza; se la decisione non è preceduta da un’udienza, il momento rilevante è quello della pronuncia della decisione. (...)». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
15 |
Dal fascicolo a disposizione della Corte consta che il figlio del ricorrente nel procedimento principale, nato il 20 aprile 1998, è giunto in Germania nel 2012, dove ha presentato una domanda di asilo il 21 agosto dello stesso anno. Il 13 maggio 2016, ossia quando egli aveva già raggiunto i 18 anni, l’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati ha respinto la sua domanda di asilo, concedendogli però lo status di protezione sussidiaria. |
16 |
Il ricorrente nel procedimento principale è giunto in Germania nel gennaio 2016. Il mese successivo ha chiesto asilo e il 21 aprile dello stesso anno ha inoltrato una domanda formale di protezione internazionale. L’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati ha respinto la domanda di asilo del ricorrente nel procedimento principale, gli ha negato il riconoscimento dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria e ha constatato l’assenza di motivi ostativi al suo accompagnamento alla frontiera. |
17 |
Con decisione del 23 maggio 2018, il Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Germania) ha accolto il ricorso proposto dal ricorrente nel procedimento principale avverso la decisione dell’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati, ingiungendo alla Repubblica federale di Germania di riconoscergli lo status di protezione sussidiaria, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 3, primo comma, e paragrafo 5, dell’AsylG, in quanto genitore di un minore non coniugato beneficiario di tale protezione. Tale giudice ha rilevato che il figlio del ricorrente nel procedimento principale era minorenne alla data rilevante a tal fine, ossia quella della presentazione della sua domanda di asilo. Ciò posto, detto giudice ha dichiarato che il momento in cui il richiedente chiede asilo in Germania per la prima volta e in cui l’autorità competente ne prende conoscenza deve essere considerato quello della presentazione della domanda di asilo. |
18 |
La Repubblica federale di Germania ha proposto un ricorso diretto di «Revision» (cassazione) avverso tale decisione dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), deducendo la violazione dell’articolo 26, paragrafo 3, primo comma, dell’AsylG. Essa sostiene che, in forza dell’articolo 77, paragrafo 1, dell’AsylG, la decisione relativa alla domanda di asilo del ricorrente nel procedimento principale dovrebbe basarsi sulla situazione di fatto e di diritto esistente al momento dell’ultima udienza dinanzi al giudice di merito oppure, se la decisione non è preceduta da un’udienza, al momento della pronuncia della decisione giurisdizionale. Poiché il figlio del ricorrente nel procedimento principale non era più minorenne alla data rilevante a norma di tale disposizione, il ricorrente nel procedimento principale non potrebbe invocare l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, dell’AsylG, il quale fa riferimento all’articolo 2, lettera j), della direttiva 2011/95. Solo un soggetto che era ancora minorenne al momento in cui l’autorità competente gli ha riconosciuto lo status di protezione sussidiaria potrebbe far sorgere diritti a favore dei suoi genitori, in forza di tale articolo 2, lettera j). Tale conclusione sarebbe corroborata dalla finalità dell’articolo 26, paragrafo 3, dell’AsylG, consistente nella tutela degli interessi dei minori, finalità che sarebbe priva di oggetto una volta che questi ultimi raggiungono la maggiore età. In ogni caso, quand’anche l’esistenza delle condizioni per il riconoscimento del diritto di asilo derivato ai genitori di un minore dovesse essere valutata con riferimento alla data della domanda di asilo del genitore interessato, occorrerebbe prendere in considerazione la data in cui questi ha formalmente inoltrato una domanda di asilo, conformemente all’articolo 14 dell’AsylG, e non già la data in cui il medesimo ha chiesto informalmente asilo per la prima volta, ai sensi dell’articolo 13 dell’AsylG. |
19 |
Il giudice del rinvio riferisce che la domanda di protezione sussidiaria del ricorrente nel procedimento principale in quanto familiare di un beneficiario di protezione internazionale dovrebbe essere accolta se suo figlio era un «minore», ai sensi dell’articolo 2, lettera k), della direttiva 2011/95, e se egli ne aveva l’affidamento alla data rilevante ai fini della valutazione dei fatti. Ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2011/95, tra i «familiari» del beneficiario di protezione internazionale, nei casi in cui tale beneficiario è minore e non coniugato, figura in particolare il padre, a condizione che si trovi nel territorio del medesimo Stato membro in connessione alla domanda di protezione internazionale e che il nucleo familiare dell’interessato fosse già costituito nel paese di origine. Orbene, secondo tale giudice, il tenore letterale della disposizione citata non consente di determinare con certezza la data cui occorre fare riferimento per valutare se detto beneficiario sia un minore e, eventualmente, se la qualità di padre di tale minore, in quanto familiare, ai sensi della medesima disposizione, perduri anche dopo che lo stesso beneficiario ha raggiunto la maggiore età. |
20 |
Quanto alla determinazione di tale data, il giudice del rinvio osserva che, nella causa che ha dato origine alla sentenza del 12 aprile 2018, A e S (C‑550/16, EU:C:2018:248), la Corte ha dichiarato che una normativa nazionale che fa dipendere il diritto al ricongiungimento familiare dal momento in cui l’autorità nazionale competente adotta formalmente la decisione con cui si riconosce lo status di rifugiato alla persona interessata può privare del beneficio di tale diritto una parte consistente dei rifugiati che hanno presentato la loro domanda di protezione internazionale in quanto minori non accompagnati. Tuttavia, tale giudice ritiene che il ragionamento seguito dalla Corte nella causa summenzionata non possa applicarsi nel caso di specie, poiché, diversamente da detta causa, il figlio del ricorrente nel procedimento principale non beneficia del diritto di asilo, bensì dello status di protezione sussidiaria, il cui riconoscimento sarebbe soggetto, contrariamente allo status di rifugiato, a una decisione formale. |
21 |
Oltretutto, in tale contesto, si pone, se del caso, anche la questione se, per determinare il momento della domanda di protezione internazionale, occorra far riferimento al momento in cui è stata espressa la richiesta informale di asilo oppure il momento in cui la domanda di asilo è stata inoltrata nella debita forma. |
22 |
Inoltre, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto all’importanza di una ripresa effettiva della vita familiare del figlio e del genitore interessati, ai sensi dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nello Stato membro ospitante, e della preesistenza di una simile vita familiare nel paese d’origine, nonché dell’intenzione del ricorrente nel procedimento principale di esercitare effettivamente la propria potestà genitoriale nello Stato membro ospitante. |
23 |
Infine, il giudice del rinvio chiede se la qualità di familiare di un richiedente asilo venga meno, ai sensi dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, al raggiungimento della maggiore età del beneficiario di protezione, in quanto tale qualità risulta collegata alla durata limitata della minore età del beneficiario di protezione. |
24 |
Ciò considerato, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Procedimento dinanzi alla Corte
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Con decisione del presidente della Corte del 26 maggio 2020, il procedimento è stato sospeso nella presente causa, a norma dell’articolo 55, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di procedura della Corte, fino alla pronuncia della decisione nelle cause C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne). La sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne) (C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577), è stata notificata al giudice del rinvio nel procedimento di cui trattasi per verificare se questi intendesse mantenere la sua domanda di pronuncia pregiudiziale. Con ordinanza del 19 agosto 2020, pervenuta alla cancelleria della Corte il 26 agosto seguente, detto giudice ha informato la Corte di voler mantenere tale domanda di pronuncia pregiudiziale. Di conseguenza, il procedimento di cui trattasi è stato ripreso su decisione del presidente della Corte del 28 agosto 2020. |
26 |
Il 10 novembre 2020, il governo tedesco è stato invitato a precisare, in una risposta scritta, le differenze – in particolare sotto il profilo della procedura, dei termini e delle condizioni – esistenti nel diritto tedesco tra la richiesta informale di asilo, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, dell’AsylG e la domanda formale di asilo, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della medesima legge. Il 14 dicembre seguente, il governo tedesco ha risposto a tale quesito. |
27 |
Il 10 novembre 2020, le parti nel procedimento principale e gli altri interessati sono stati invitati, ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, a presentare osservazioni sulle possibili conseguenze da trarre dalla sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne) (C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577), ai fini della risposta da dare in particolare alla prima questione pregiudiziale posta. Il governo ungherese e la Commissione europea hanno presentato le loro osservazioni al riguardo. |
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle questioni prima e seconda
28 |
Con le questioni pregiudiziali prima e seconda, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza – nella situazione di un richiedente asilo che è entrato nel territorio dello Stato membro ospitante nel quale si trova il figlio minorenne non coniugato e che intende trarre dallo status di protezione sussidiaria ottenuto da tale minore un diritto di asilo ai sensi della legislazione di tale Stato membro, che concede un simile diritto alle persone di cui all’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95 – quale sia la data rilevante per valutare se il beneficiario di protezione internazionale sia un «minore», ai sensi della disposizione citata, al fine di statuire sulla domanda di protezione internazionale presentata da tale richiedente asilo. |
29 |
In particolare, il giudice del rinvio chiede se si debba fare riferimento al momento della decisione sulla domanda di asilo inoltrata da detto richiedente asilo o a un momento precedente. |
30 |
Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare che la direttiva 2011/95, adottata sul fondamento, in particolare, dell’articolo 78, paragrafo 2, lettera b), TFUE, mira segnatamente a istituire un regime uniforme di protezione sussidiaria. A tale riguardo, dal considerando 12 di tale direttiva emerge che uno degli scopi principali di quest’ultima è quello di assicurare che tutti gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale (sentenza del 23 maggio 2019, Bilali, C‑720/17, EU:C:2019:448, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). |
31 |
A questo proposito, l’articolo 23, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva impone agli Stati membri di provvedere a che sia preservata l’unità del nucleo familiare e a che i familiari del beneficiario di protezione internazionale, che individualmente non hanno diritto a tale protezione, siano ammessi ai benefici di cui agli articoli da 24 a 35 della medesima direttiva, in conformità delle procedure nazionali e nella misura in cui ciò sia compatibile con lo status giuridico personale del familiare interessato. |
32 |
Tra i familiari del beneficiario di protezione internazionale, che si trovano nel medesimo Stato membro in connessione a una domanda di protezione internazionale e sempre che il nucleo familiare fosse già costituito nel paese di origine, figurano, conformemente all’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, il padre, la madre o altro adulto che sia responsabile, in base alla normativa o alla prassi dello Stato membro interessato, di tale beneficiario, nei casi in cui quest’ultimo è minore e non coniugato. |
33 |
A tale riguardo, occorre rilevare che, laddove l’articolo 2, lettera k), della direttiva 2011/95 dispone che un minore deve essere di età inferiore agli anni diciotto, la stessa disposizione non precisa il momento cui occorre fare riferimento per valutare se una simile condizione sia soddisfatta né opera un rinvio al diritto degli Stati membri al riguardo. |
34 |
Ciò premesso, non si può ritenere che il legislatore dell’Unione abbia concesso agli Stati membri un margine di discrezionalità quanto alla determinazione del momento cui occorre fare riferimento per valutare se il beneficiario di protezione internazionale sia un «minore» ai sensi dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95. |
35 |
Si deve infatti ricordare che, conformemente alla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza, una disposizione di tale diritto, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per determinarne il senso e la portata, deve solitamente essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto, in particolare, del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione [sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne), C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577, punto 30 e giurisprudenza ivi citata]. |
36 |
Inoltre, ai sensi del considerando 16 della direttiva 2011/95, quest’ultima rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti nella Carta, e mira a promuovere l’applicazione, in particolare, degli articoli 7 e 24 della stessa. |
37 |
In particolare, l’articolo 7 della Carta, che sancisce diritti corrispondenti a quelli garantiti dall’articolo 8, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Tale articolo 7 deve essere letto, conformemente a una giurisprudenza costante, in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, sancito dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, tenendo conto parimenti della necessità per il minore di intrattenere regolarmente relazioni personali con entrambi i genitori, affermata all’articolo 24, paragrafo 3, della stessa [sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne), C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577, punto 34 e giurisprudenza ivi citata]. |
38 |
Ne consegue che le disposizioni della direttiva 2011/95 devono essere interpretate e applicate in particolare alla luce dell’articolo 7 e dell’articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, come risulta del resto altresì dai termini dei considerando 18, 19 e 38 nonché dell’articolo 20, paragrafo 5, della medesima direttiva, secondo i quali, allorché gli Stati membri attuano tale direttiva, l’interesse superiore del minore deve essere la loro principale considerazione cui prestare una speciale attenzione e nella cui valutazione dovrebbero tenere debitamente presenti, in particolare, il principio dell’unità del nucleo familiare, il benessere e lo sviluppo sociale del minore. |
39 |
Orbene, si deve rilevare che considerare, come suggerisce in particolare il governo tedesco, la data in cui l’autorità competente dello Stato membro di cui trattasi statuisce sulla domanda di asilo presentata dal genitore interessato, il quale intende trarre dallo status di protezione sussidiaria ottenuto dal figlio un diritto a una protezione sussidiaria, come quella alla quale occorre fare riferimento per valutare se il beneficiario di protezione internazionale sia un «minore», ai sensi dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, non sarebbe conforme né agli obiettivi perseguiti da tale direttiva né alle prescrizioni derivanti dall’articolo 7 della Carta, riguardante la promozione della vita familiare, e dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, il quale richiede che, in tutti gli atti relativi ai minori, in particolare quelli compiuti dagli Stati membri nell’applicare detta direttiva, l’interesse superiore del minore sia considerato preminente [v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne), C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577, punto 36]. |
40 |
Infatti, le autorità e gli organi giurisdizionali nazionali competenti non sarebbero incentivati a trattare in via prioritaria le richieste presentate dai genitori di minori con l’urgenza necessaria per tener conto della vulnerabilità di tali minori e potrebbero così agire in modo da mettere a repentaglio il diritto alla vita familiare sia di un genitore con il figlio minore sia di quest’ultimo con un familiare [v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne), C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577, punto 37 e giurisprudenza ivi citata]. |
41 |
Inoltre, una simile interpretazione non consentirebbe neppure di garantire, conformemente ai principi di parità di trattamento e di certezza del diritto, un trattamento identico e prevedibile a tutti i richiedenti che si trovino cronologicamente nella stessa situazione, in quanto essa porterebbe a far dipendere l’accoglimento della domanda di protezione internazionale principalmente da circostanze imputabili all’amministrazione o ai giudici nazionali, in particolare dalla maggiore o minore celerità con cui la domanda è trattata o con cui si decide sul ricorso diretto contro la decisione di rigetto di una simile domanda, e non da circostanze imputabili al richiedente asilo [v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne), C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577, punto 42 e giurisprudenza ivi citata]. |
42 |
Ciò considerato, si deve ritenere che, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 73 e 74 delle conclusioni, qualora un richiedente asilo, che è entrato nel territorio dello Stato membro ospitante nel quale si trova il figlio minorenne non coniugato, intenda trarre dallo status di protezione sussidiaria ottenuto da tale minore il diritto ai benefici di cui agli articoli da 24 a 35 della direttiva 2011/95 e, se del caso, il diritto di asilo laddove, conformemente all’articolo 3 della medesima, ciò sia previsto dal diritto nazionale, la data rilevante per valutare se il beneficiario di protezione internazionale sia un «minore», ai sensi dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, al fine di statuire sulla domanda di asilo presentata dal padre, sia la data in cui quest’ultimo ha presentato una tale domanda. |
43 |
Il diritto del familiare a tali benefici, compreso, eventualmente, il diritto di asilo laddove esso sia previsto dal diritto nazionale, deve quindi essere invocato dal genitore interessato quando il figlio, beneficiario di protezione internazionale, è ancora minorenne. Inoltre, dalla lettera dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95 risulta che il nucleo familiare deve essere già stato costituito nel paese di origine e che i familiari interessati devono essersi trovati nel territorio del medesimo Stato membro in connessione alla domanda di protezione internazionale prima che tale beneficiario raggiunga la maggiore età, il che implica altresì che detto beneficiario abbia chiesto tale protezione prima di aver raggiunto la maggiore età. |
44 |
Una simile interpretazione è conforme sia alle finalità della direttiva 2011/95 sia ai diritti fondamentali tutelati nell’ordinamento giuridico dell’Unione, che, come rilevato ai punti da 36 a 38 della presente sentenza, richiedono di prestare una speciale attenzione all’interesse superiore del minore, in quanto principale considerazione degli Stati membri, e nella valutazione della quale occorre tenere debitamente presenti in particolare il principio dell’unità del nucleo familiare, il benessere e lo sviluppo sociale del minore. |
45 |
Nell’ipotesi in cui la data della domanda del genitore interessato sia giudicata determinante, il giudice del rinvio chiede se si debba ritenere che tale data sia quella in cui tale genitore ha chiesto informalmente asilo per la prima volta e in cui l’autorità competente ne ha preso conoscenza oppure quella in cui lo stesso genitore ha formalmente inoltrato una domanda di asilo. |
46 |
Nel caso di specie, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, il diritto tedesco applicabile distinguerebbe la richiesta informale di asilo, di cui all’articolo 13, paragrafo 1, dell’AsylG, e la presentazione formale delle domande di asilo, di cui all’articolo 14, paragrafo 1, dell’AsylG. Tale distinzione riflette quella prevista all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 tra, da un lato, la presentazione e, dall’altro, l’inoltro di una domanda di protezione internazionale. |
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A tal riguardo, va precisato che, come risulta dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, mentre la presentazione della domanda informale di asilo, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, dell’AsylG, non richiede forme particolari e dipende principalmente da circostanze imputabili al richiedente protezione internazionale, l’inoltro di una domanda formale di asilo, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, dell’AsylG, è invece soggetto all’espletamento di talune formalità da parte dell’amministrazione nazionale competente. |
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Orbene, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 76 delle conclusioni, la Corte ha dichiarato che un cittadino di un paese terzo acquisisce la qualità di richiedente protezione internazionale, ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2013/32, a partire dal momento in cui «presenta» una simile domanda. A tale riguardo, mentre la registrazione della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro interessato, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, commi primo e secondo, della medesima direttiva, e l’inoltro di tale domanda richiede, in linea di principio, che il richiedente protezione internazionale compili un modulo previsto a tal fine, conformemente all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, di detta direttiva, il fatto di «presentare» una domanda di protezione internazionale non presuppone l’espletamento di alcuna formalità amministrativa, in quanto simili formalità devono essere espletate al momento dell’«inoltro» di tale domanda [sentenza del 25 giugno 2020, Ministerio Fiscal (Autorità preposta a ricevere una domanda di protezione internazionale), C‑36/20 PPU, EU:C:2020:495, punti 92 e 93]. |
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Di conseguenza, da un lato, l’acquisizione della qualità di richiedente protezione internazionale non può essere subordinata né all’inoltro di detta domanda né alla registrazione della stessa e, dall’altro, il fatto che un cittadino di un paese terzo manifesti la volontà di chiedere la protezione internazionale dinanzi a un’«altra autorità», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2013/32, è sufficiente a conferirgli la qualità di richiedente protezione internazionale e, pertanto, a far scattare il termine di sei giorni lavorativi entro il quale lo Stato membro interessato deve registrare la medesima domanda [sentenza del 25 giugno 2020, Ministerio Fiscal (Autorità preposta a ricevere una domanda di protezione internazionale), C‑36/20 PPU, EU:C:2020:495, punto 94]. |
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Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio consta che il genitore richiedente protezione internazionale è entrato nel territorio tedesco nel gennaio 2016. Nel corso del mese successivo ha chiesto asilo e il 21 aprile 2016 ha inoltrato una domanda formale di asilo, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, dell’AsylG. L’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati ha respinto la domanda di asilo del ricorrente nel procedimento principale con la motivazione che il figlio di quest’ultimo era divenuto maggiorenne il 20 aprile 2016. |
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Ciò posto, si deve ritenere che, nell’ipotesi in cui il richiedente asilo abbia presentato informalmente la sua domanda mentre il figlio era ancora un minore ai sensi dell’articolo 2, lettera k), della direttiva 2011/95, tale richiedente debba, in linea di principio, essere considerato a tale data come un familiare del beneficiario di protezione sussidiaria, ai fini di quest’ultima disposizione. |
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Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali prima e seconda dichiarando che l’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che, qualora un richiedente asilo, che è entrato nel territorio dello Stato membro ospitante nel quale si trova il figlio minorenne non coniugato, intenda trarre dallo status di protezione sussidiaria ottenuto da tale minore un diritto di asilo ai sensi della legislazione di tale Stato membro che concede un simile diritto alle persone di cui all’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, la data rilevante per valutare se il beneficiario di tale protezione sia un «minore», ai sensi della disposizione in questione, al fine di statuire sulla domanda di protezione internazionale presentata da tale richiedente asilo, è la data in cui quest’ultimo ha depositato, se del caso informalmente, la propria domanda di asilo. |
Sulla terza questione
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Con la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 2, della medesima e con l’articolo 7 della Carta, debba essere interpretato nel senso che la nozione di «familiare» non richiede una ripresa effettiva della vita familiare tra il genitore del beneficiario di protezione internazionale e il figlio. Tale giudice chiede altresì se un genitore debba essere considerato un «familiare» ove l’ingresso nel territorio dello Stato membro interessato non fosse mirato a esercitare effettivamente la responsabilità genitoriale, ai sensi dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, nei confronti del minore interessato. |
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Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare che, nel caso del padre di un soggetto beneficiario di protezione sussidiaria, l’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95 subordina la nozione di «familiare» unicamente alle tre condizioni menzionate nella stessa disposizione, vale a dire che il nucleo familiare sia già costituito nel paese di origine, che i familiari del beneficiario di protezione internazionale si trovino nel medesimo Stato membro in connessione alla domanda di protezione internazionale e che il beneficiario di protezione internazionale sia un minore non coniugato. La ripresa effettiva della vita familiare nel territorio dello Stato membro ospitante, invece, non figura tra tali condizioni. |
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Oltretutto, neppure l’articolo 23 della direttiva succitata fa riferimento a una ripresa effettiva della vita familiare. L’articolo 23, paragrafo 1, di tale direttiva dispone che gli Stati membri provvedono a che sia preservata l’unità del nucleo familiare, e l’articolo 23, paragrafo 2, della medesima precisa che gli Stati membri sono tenuti a provvedere a che i familiari del beneficiario di protezione internazionale siano, in linea di principio, ammessi ai benefici di cui agli articoli da 24 a 35 della stessa. |
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Analogamente, l’articolo 7 della Carta si limita a prevedere il diritto di ogni persona al rispetto della propria vita familiare e, al pari dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, e dell’articolo 23 della direttiva 2011/95, non impone alcun requisito specifico in relazione tanto alle modalità di esercizio di tale diritto quanto all’intensità dei rapporti familiari di cui trattasi. |
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Ciò posto, non si può ritenere che la nozione di «familiare», ai sensi dell’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, dipenda dalla ripresa effettiva della vita familiare tra il beneficiario di protezione internazionale e il genitore che intende trarre dallo status di protezione sussidiaria ottenuto dal figlio un diritto alla protezione sussidiaria. |
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In altri termini, la ripresa effettiva della vita familiare non costituisce una condizione per ottenere i benefici accordati ai familiari del beneficiario di protezione sussidiaria. Infatti, per quanto le disposizioni pertinenti della direttiva 2011/95 e della Carta tutelino il diritto alla vita familiare e ne promuovano il mantenimento, esse lasciano tuttavia, in linea di principio, ai titolari di tale diritto la facoltà di decidere con quali modalità essi intendano condurre la loro vita familiare, e non impongono, in particolare, alcun requisito quanto all’intensità del loro rapporto familiare. |
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Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 2, della medesima e con l’articolo 7 della Carta, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «familiare» non richiede una ripresa effettiva della vita familiare tra il genitore del beneficiario di protezione internazionale e il figlio. |
Sulla quarta questione
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Con la quarta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, lettera j), della direttiva 2011/95 debba essere interpretato nel senso che la qualità di un genitore in quanto familiare, ai sensi della stessa disposizione, viene meno quando il figlio beneficiario di protezione sussidiaria raggiunge la maggiore età e, di conseguenza, quando cessa la responsabilità genitoriale nei confronti di tale figlio. In caso di risposta negativa a tale questione, il giudice del rinvio chiede inoltre se la qualità di tale genitore in quanto familiare e i diritti ad essa correlati siano mantenuti indefinitamente, oltre la data in cui il figlio in questione raggiunge la maggiore età, o se tali diritti cessino di esistere in un determinato momento o a determinate condizioni. |
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Al fine di rispondere a tale questione, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 2, della stessa, il padre, la madre o altro adulto che sia responsabile, in base alla normativa o alla prassi dello Stato membro interessato, del beneficiario di protezione internazionale non deve essere considerato familiare, ai sensi di tale articolo 2, lettera j), ed essere così ammesso ai benefici di cui agli articoli da 24 a 35 della direttiva in parola, relativi, in particolare, ai diritti a un permesso di soggiorno e all’accesso all’occupazione e all’alloggio, per una durata illimitata. |
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Inoltre, conformemente all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2011/95, gli Stati membri sono tenuti a rilasciare ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria e ai loro familiari, quanto prima a seguito del riconoscimento della protezione internazionale, un permesso di soggiorno rinnovabile che deve essere valido per un periodo di almeno un anno e, in caso di rinnovo, per un periodo di almeno due anni, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico. |
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Orbene, si deve rilevare che, in forza delle disposizioni succitate, il riconoscimento della protezione internazionale a un genitore in quanto «familiare» del beneficiario di protezione sussidiaria, ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2011/95, costituisce un diritto derivato dallo status di protezione sussidiaria del figlio, funzionale al mantenimento dell’unità familiare degli interessati. Ciò premesso, la protezione concessa a un tale genitore non può, in qualsiasi circostanza, cessare immediatamente per il solo fatto che il figlio beneficiario di protezione sussidiaria raggiunga la maggiore età o, in ogni caso, non può comportare la revoca automatica del permesso di soggiorno, ancora valido per un periodo determinato, del genitore interessato. |
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Se i «familiari» del beneficiario di protezione sussidiaria hanno, in un determinato momento, soddisfatto le condizioni di tale nozione, il diritto soggettivo ai benefici previsti agli articoli da 24 a 35 di tale direttiva che è stato loro concesso deve infatti perdurare anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte di detto beneficiario, per il periodo di validità del permesso di soggiorno accordato loro conformemente all’articolo 24 della medesima direttiva. |
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A tale riguardo, come osserva la Commissione, gli Stati membri possono tener conto, nel definire la durata del permesso di soggiorno, del fatto che il beneficiario di protezione internazionale raggiungerà la maggiore età dopo il sorgere del diritto soggettivo dei suoi familiari. Infatti, il testo dell’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2011/95 non preclude in particolare di differenziare la durata di validità del permesso di soggiorno del beneficiario di tale protezione e quella del permesso di soggiorno dei suoi familiari. Tuttavia, il permesso di soggiorno di questi ultimi deve essere valido per almeno un anno. |
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Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 2, lettera j), terzo trattino, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 23, paragrafo 2, della medesima, deve essere interpretato nel senso che i diritti che i familiari di un beneficiario di protezione sussidiaria traggono dallo status di protezione sussidiaria ottenuto dal loro figlio, in particolare i benefici di cui agli articoli da 24 a 35 della stessa, perdurano dopo il raggiungimento della maggiore età da parte di tale beneficiario, per il periodo di validità del permesso di soggiorno concesso loro conformemente all’articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva. |
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.