SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
6 settembre 2018 ( *1 )
«Impugnazione – Articolo 340, secondo comma, TFUE – Responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea – Direttiva 93/42/CEE – Dispositivi medici – Articolo 8, paragrafi 1 e 2 – Procedimento di clausola di salvaguardia – Notifica da parte di uno Stato membro di una decisione di divieto di immissione in commercio di un dispositivo medico – Assenza di decisione della Commissione europea – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti agli individui – Nesso di causalità tra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato – Prova dell’esistenza e della portata del danno»
Nella causa C‑346/17 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 9 giugno 2017,
Christoph Klein, residente a Großgmain (Austria), rappresentato da H.‑J. Ahlt, Rechtsanwalt,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Commissione europea, rappresentata da G. von Rintelen, A. Sipos ed A.C. Becker, in qualità di agenti,
convenuta in primo grado,
Repubblica federale di Germania,
interveniente in primo grado,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, J. Malenovský, M. Safjan (relatore), D. Šváby e M. Vilaras, giudici,
avvocato generale: Y. Bot
cancelliere: M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 febbraio 2018,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 marzo 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con la sua impugnazione, il sig. Christoph Klein chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 28 settembre 2016, Klein/Commissione (T‑309/10 RENV, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2016:570), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso inteso ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito a seguito di una violazione da parte della Commissione europea degli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (GU 1993, L 169, pag. 1). |
Contesto normativo
2 |
L’articolo 1 della direttiva 93/42, intitolato «Definizioni, campo di applicazione», ai paragrafi 1 e 2 stabilisce quanto segue: «1. La presente direttiva si applica ai dispositivi medici e ai relativi accessori. Ai fini della presente direttiva gli accessori sono considerati dispositivi medici a pieno titolo. In appresso i dispositivi medici ed i loro accessori vengono indicati col termine “dispositivi”. 2. Ai fini della presente direttiva s’intende per:
(…)
(…)». |
3 |
L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Immissione in commercio e messa in servizio», così recita: «Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i dispositivi possano essere immessi in commercio e messi in servizio unicamente se non compromettono la sicurezza e la salute dei pazienti, degli utilizzatori ed eventualmente di terzi, qualora siano correttamente installati, formino oggetto di un’adeguata manutenzione e siano utilizzati secondo la loro destinazione». |
4 |
L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Requisiti essenziali», è formulato nei seguenti termini: «I dispositivi devono soddisfare i pertinenti requisiti essenziali prescritti nell’allegato I in considerazione della loro destinazione». |
5 |
A norma dell’articolo 8 della direttiva 93/42, intitolato «Clausola di salvaguardia»: «1. Qualsiasi Stato membro, qualora constati che un dispositivo di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, secondo trattino, installato ed utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, può compromettere la salute e/o la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o eventualmente di terzi, prende le misure provvisorie necessarie per ritirare tale dispositivo dal mercato, vietarne o ridurne l’immissione in commercio o la messa in servizio. Lo Stato membro comunica immediatamente tali misure alla Commissione, indicando i motivi della sua decisione e in particolare se la non conformità alla presente direttiva derivi:
2. La Commissione procede nel minor tempo possibile a consultazioni con le parti interessate. Se dopo tali consultazioni essa ritiene:
3. Se un dispositivo non conforme è munito della marcatura CE, lo Stato membro competente adotta nei confronti di chi abbia apposto il marchio al dispositivo le misure del caso e ne informa la Commissione e gli altri Stati membri. 4. La Commissione provvede affinché gli Stati membri siano informati dello svolgimento e dei risultati di questo procedimento». |
6 |
L’articolo 18 della direttiva in parola, intitolato «Indebita marcatura CE», così dispone: «Fatto salvo l’articolo 8:
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7 |
L’allegato I a detta direttiva, intitolato «Requisiti essenziali», comprende una parte I che, sotto il titolo «Requisiti generali», è formulata come segue:
(…)
(…)». |
Fatti
8 |
I fatti, come esposti ai punti da 1 a 20 della sentenza impugnata, possono sintetizzarsi come segue. |
9 |
Il sig. Klein, ricorrente, è il direttore dell’atmed AG, una società per azioni di diritto tedesco attualmente in stato di insolvenza. Egli è altresì l’inventore di un dispositivo medico di agevolazione dell’inalazione per asmatici che ha brevettato all’inizio degli anni ’90. |
La decisione di divieto del dispositivo Inhaler
10 |
Fra il 1996 e il 2001 la fabbricazione di detto dispositivo medico era stata affidata alla Primed Halberstadt GmbH per conto della Broncho-Air Medizintechnik AG. Quest’ultima società era anche il distributore del dispositivo, sotto il nome di Inhaler Broncho Air® (in prosieguo: il «dispositivo Inhaler»). In occasione della sua immissione in commercio sul mercato tedesco, tale dispositivo recava la marcatura CE, al fine di designare la sua conformità ai requisiti essenziali della direttiva 93/42. |
11 |
Nel 1996 le autorità tedesche trasmettevano alla Broncho-Air Medizintechnik un progetto di decisione intesa al divieto di distribuzione del dispositivo Inhaler. In tale progetto, dette autorità spiegavano che, in ragione dell’assenza di una valutazione clinica esauriente, esse nutrivano dubbi quanto alla conformità di tale dispositivo ai requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42. Esse esprimevano inoltre l’intenzione di procedere al richiamo degli esemplari di tale dispositivo già messi in circolazione. |
12 |
Il 22 maggio 1997 la Broncho-Air Medizintechnik inviava alle autorità tedesche una lettera con cui le informava che il dispositivo Inhaler non era più stato commercializzato dal 1o gennaio 1997 e che la sua distribuzione sarebbe stata sospesa fino a che non fossero stati disponibili studi e sperimentazioni ulteriori sulla conformità di tale prodotto alla direttiva 93/42. Essa faceva inoltre sapere alle autorità tedesche che il dispositivo in questione non era stato distribuito all’estero (in prosieguo: la «lettera del 22 maggio 1997»). |
13 |
Il 23 settembre 1997 le autorità tedesche adottavano una decisione che vietava alla Primed Halberstadt Medizintechnik l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler (in prosieguo: la «decisione di divieto del 23 settembre 1997»). In tale decisione le autorità tedesche constatavano sostanzialmente che, conformemente al parere del Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (Istituto federale per i medicinali e i dispositivi medici, Germania), il dispositivo Inhaler non soddisfaceva i requisiti essenziali di cui all’allegato I alla direttiva 93/42, poiché la sua innocuità non era stata dimostrata a sufficienza a livello scientifico alla luce degli elementi messi a disposizione dal fabbricante. |
14 |
Il 7 gennaio 1998 le autorità tedesche trasmettevano alla Commissione una lettera, intitolata «Procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42 relativo [al dispositivo Inhaler]», nella quale le comunicavano la decisione di divieto del 23 settembre 1997 (in prosieguo: la «lettera del 7 gennaio 1998»). |
15 |
In seguito alla notifica da parte delle autorità tedesche, la Commissione non adottava alcuna decisione. |
La decisione di divieto del dispositivo effecto
16 |
Il 16 giugno 2000 i diritti di sfruttamento esclusivo del dispositivo medico del ricorrente venivano ceduti all’atmed. A seguito di tale cessione, il dispositivo, a partire dal 2002, era distribuito in modo esclusivo dall’atmed con il nome «effecto®» (in prosieguo: il «dispositivo effecto»). Nel 2003 detta società si faceva altresì carico della relativa fabbricazione. Durante la sua immissione in commercio sul mercato tedesco, tale dispositivo era munito della marcatura CE, che designava la sua conformità ai requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42. |
17 |
Il 18 maggio 2005 le autorità tedesche adottavano una decisione che vietava all’atmed di immettere in commercio il dispositivo effecto (in prosieguo: la «decisione di divieto del 18 maggio 2005»). Esse ritenevano, in sostanza, che il procedimento di valutazione della conformità, segnatamente la valutazione clinica, non fosse stato effettuato in modo adeguato e che, per tale ragione, detto dispositivo non potesse essere ritenuto soddisfare i requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42. Tale decisione non veniva notificata alla Commissione dalle autorità tedesche ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 93/42. |
18 |
Il 16 gennaio e il 17 agosto 2006 l’atmed contattava i servizi della Commissione per denunciare il fatto che le autorità tedesche non avevano notificato alla Commissione la decisione di divieto del 18 maggio 2005. A suo avviso, doveva essere avviato un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42. |
19 |
Il 6 ottobre 2006, alla luce delle informazioni ricevute dall’atmed, la Commissione chiedeva alle autorità tedesche se, a loro avviso, fossero state rispettate le condizioni per un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 93/42. |
20 |
Il 12 dicembre 2006 la Repubblica federale di Germania spiegava alla Commissione che, a suo avviso, il procedimento avviato con l’invio della lettera del 7 gennaio 1998 relativo al dispositivo Inhaler costituiva un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi di detta disposizione (in prosieguo: il «procedimento di clausola di salvaguardia del 1998») e che un nuovo procedimento, per un medesimo dispositivo con un altro nome, non era giustificato. Inoltre, le autorità tedesche informavano la Commissione del persistere dei loro dubbi quanto alla conformità del dispositivo effecto ai requisiti essenziali di cui alla direttiva 93/42 e chiedevano, pertanto, alla Commissione di confermare la decisione di divieto del 18 maggio 2005. Il 13 dicembre 2006 la Commissione informava l’atmed della risposta delle autorità tedesche. |
21 |
Il 18 dicembre 2006 l’atmed domandava alla Commissione di avviare un procedimento d’inadempimento ai sensi dell’articolo 226 CE contro la Repubblica federale di Germania, nonché di proseguire il procedimento di clausola di salvaguardia che, a suo parere, era stato avviato nel 1998 (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica dell’atmed del 18 dicembre 2006»). |
22 |
Il 22 febbraio 2007 la Commissione proponeva alle autorità tedesche di valutare la decisione del 18 maggio 2005 nel contesto del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998 e di trattarla sulla base delle nuove informazioni. Secondo la Commissione, tale approccio avrebbe permesso di evitare una nuova notifica e avrebbe garantito una maggiore efficacia. |
23 |
Il 18 luglio 2007 la Commissione comunicava alle autorità tedesche la sua conclusione secondo la quale la presente fattispecie costituiva in realtà un caso di indebita marcatura CE e, per tale ragione, doveva essere trattata ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 93/42. Al riguardo, la Commissione metteva in dubbio il fatto che il dispositivo effecto non potesse soddisfare i requisiti essenziali previsti da tale direttiva. Per contro, essa riteneva che fossero necessari ulteriori dati clinici al fine di dimostrare che il dispositivo effecto fosse conforme a detti requisiti e invitava le autorità tedesche a cooperare strettamente con l’atmed al fine di stabilire quali fossero i dati mancanti. La Commissione rimetteva al ricorrente copia della lettera indirizzata alle autorità tedesche a tale scopo. |
24 |
Nel 2008 il ricorrente presentava una petizione al Parlamento europeo sul mancato intervento della Commissione con riferimento al suo caso. Il 19 gennaio 2011 il Parlamento adottava la risoluzione P7_TA (2011) 0017. |
25 |
Il 9 marzo 2011 il ricorrente chiedeva alla Commissione il pagamento di un’indennità di EUR 170 milioni per l’atmed e di EUR 130 milioni per se stesso. L’11 marzo 2011 la Commissione respingeva la domanda di risarcimento del ricorrente. |
Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte
26 |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2011, il ricorrente ha proposto un ricorso per risarcimento danni basato sul combinato disposto dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. |
27 |
Con sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), il Tribunale ha respinto tale ricorso a motivo del fatto che non esisteva un comportamento illecito della Commissione ai sensi della direttiva 93/42. |
28 |
Innanzitutto, il Tribunale ha dichiarato irricevibile, per prescrizione, la domanda del ricorrente relativa al danno asseritamente subito prima del 15 settembre 2006. Per quanto riguarda, poi, il divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, esso ha considerato che l’inerzia della Commissione non era illegittima in quanto, nonostante il titolo della lettera del 7 gennaio 1998, siffatto divieto non riguardava un caso di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, bensì un caso di indebita marcatura CE a norma dell’articolo 18 della direttiva 93/42. Secondo il Tribunale, in tale contesto, conformemente all’articolo 8, paragrafo 3, della medesima direttiva, la Commissione doveva soltanto esserne informata dallo Stato membro interessato e non era tenuta ad adottare alcuna decisione. Infine, quanto al divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto, il Tribunale ha respinto gli argomenti del ricorrente secondo cui, in sostanza, la Commissione avrebbe dovuto avviare di propria iniziativa un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 o, quantomeno, avviare un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 226 CE. |
29 |
A seguito dell’impugnazione del ricorrente, la Corte, con sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), ha annullato parzialmente la sentenza del Tribunale del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), e ha rinviato la causa dinanzi a quest’ultimo. |
30 |
In primo luogo, la Corte ha respinto l’impugnazione del ricorrente nella parte in cui era richiesto il risarcimento danni per il periodo anteriore al 15 settembre 2006. In secondo luogo, per quanto riguarda il divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, la Corte ha dichiarato che il Tribunale aveva violato gli articoli 8 e 18 della direttiva 93/42 concludendo che la Commissione non era venuta meno agli obblighi che le derivavano da detta direttiva. In particolare, essa ha ritenuto che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto statuendo che la Commissione non era tenuta ad avviare un procedimento di clausola di salvaguardia, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42, a seguito del ricevimento della lettera del 7 gennaio 1998. La Corte ha inoltre considerato che l’eventuale applicazione dell’articolo 18 della direttiva 93/42 al dispositivo Inhaler non esentava la Commissione dall’obbligo di agire a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, della stessa direttiva. Quanto al divieto relativo al dispositivo effecto, la Corte ha respinto in quanto irricevibile il quarto motivo del ricorrente diretto a far constatare errori del Tribunale in tale parte della sentenza. |
Sentenza impugnata
31 |
Dai punti da 32 a 36 della sentenza impugnata risulta che, con il suo secondo capo della domanda, il ricorrente ha chiesto al Tribunale di constatare che la Commissione avrebbe dovuto risarcirlo non soltanto per la sua carenza nel procedimento di clausola di salvaguardia del 1998, relativa al dispositivo Inhaler, ma anche per quanto concerneva il dispositivo effecto. Al punto 36 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato questo capo della domanda irricevibile nella parte riguardante una presunta carenza illegittima della Commissione nel procedimento relativo al dispositivo effecto. |
32 |
Quanto alle condizioni per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, il Tribunale, al punto 57 della sentenza impugnata, ha rilevato che, poiché, da un lato, la Commissione non disponeva di alcun margine discrezionale in merito all’adozione di una decisione a seguito del procedimento di clausola di salvaguardia avviato nel 1998 a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, e, dall’altro, un’amministrazione normalmente prudente e diligente non avrebbe dovuto, in circostanze analoghe, commettere l’irregolarità constatata, la violazione del diritto dell’Unione da parte della Commissione doveva essere considerata sufficientemente qualificata. |
33 |
Riguardo alla questione se l’articolo 8 della direttiva 93/42 conferisca diritti al ricorrente, il Tribunale, al punto 67 della sentenza impugnata, ha giudicato che il ricorrente poteva far valere unicamente i diritti al risarcimento ceduti dalla Broncho-Air Medizintechnik e che non poteva invocare i diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale o all’atmed, poiché questi ultimi non rientrano nella norma di protezione di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42. |
34 |
Quanto al nesso di causalità, il Tribunale, al punto 73 della sentenza impugnata, ha rilevato che, anche supponendo che l’esistenza di tutti i danni lamentati dal ricorrente fosse dimostrata, un nesso di causalità diretto non può, in ogni caso, essere stabilito tra detti danni e il comportamento illecito della Commissione. Al riguardo, il Tribunale ha formulato, in primo luogo, le seguenti considerazioni:
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35 |
Al punto 78 della sentenza impugnata il Tribunale, nell’esame del nesso di causalità, ha considerato, in secondo luogo, che l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe in ogni caso adottato una decisione contraria alle conclusioni delle autorità tedesche non poteva essere accolto. |
36 |
In proposito, il Tribunale, in esito alla sua analisi, ha dichiarato, al punto 81 della sentenza impugnata, che non sussisteva alcuna certezza che la Commissione avrebbe adottato una decisione nel senso indicato dal ricorrente e che, inoltre, poiché l’argomento del ricorrente in merito all’esito del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998 si basava solamente su affermazioni meramente ipotetiche, l’esistenza di un nesso di causalità non poteva essere constatato nel caso di specie. |
37 |
Il Tribunale, al punto 82 della sentenza impugnata, ha aggiunto che le spese e gli onorari dei legali nonché i prestiti e gli interessi che il ricorrente ha dovuto contrarre per finanziare i procedimenti dinanzi ai giudici nazionali sono stati disposti su sua iniziativa, al fine di contestare la legittimità delle decisioni delle autorità tedesche, cosicché il loro rimborso non poteva essere validamente reclamato alla Commissione. |
38 |
In tali circostanze il Tribunale, ai punti 83 e 84 della sentenza impugnata, ha dichiarato che il ricorrente non aveva dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità diretto e sufficiente idoneo a far sussistere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione e che, poiché l’assenza di una sola delle condizioni necessarie per la sussistenza di tale responsabilità è sufficiente per rigettare la domanda di risarcimento danni, occorreva respingere il ricorso nella sua interezza, senza che fosse necessario esaminare la condizione relativa all’esistenza di un danno. |
Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte
39 |
Con la sua impugnazione, il ricorrente chiede che la Corte voglia:
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40 |
La Commissione chiede alla Corte di respingere l’impugnazione in quanto infondata e di condannare il ricorrente all’integralità delle spese. |
Sull’impugnazione
41 |
A sostegno dell’impugnazione, il ricorrente deduce, in sostanza, sette motivi, riguardanti, il primo, la violazione dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, poiché il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato irricevibile il secondo capo della domanda del ricorrente, il secondo, la violazione dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in quanto il Tribunale avrebbe errato nel valutare le condizioni del ricorso per risarcimento danni, il terzo, la violazione dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, poiché il Tribunale avrebbe erroneamente respinto in quanto nuovo il motivo attinente alla violazione dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e del principio di buon andamento dell’amministrazione, il quarto, la violazione dell’articolo 8 della direttiva 93/42 nonché degli articoli 28 e seguenti TFUE, in quanto tali disposizioni conferirebbero diritti agli individui, il quinto, riguardante un errore commesso dal Tribunale nell’esaminare il nesso di causalità tra il comportamento della Commissione e il danno lamentato, il sesto, l’omessa considerazione di un progetto di decisione della Commissione, e il settimo, la violazione dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), nonché dell’articolo 47 della Carta, avendo il Tribunale erroneamente respinto la domanda di istruzione presentata dal ricorrente. |
42 |
Inoltre il ricorrente, basandosi sull’articolo 41 della Carta, chiede alla Corte di ingiungere alla Commissione di produrre l’insieme del fascicolo relativo al procedimento di clausola di salvaguardia a norma dell’articolo 8 della direttiva 93/42. |
Sul primo motivo
Argomenti delle parti
43 |
Il ricorrente sottolinea di aver contestato dinanzi alla Corte la constatazione effettuata dal Tribunale nella sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), secondo cui, in mancanza di notifica formale da parte delle autorità tedesche del dispositivo effecto, la Commissione non era tenuta ad adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42. |
44 |
Poiché tale motivo è stato respinto in quanto irricevibile dalla Corte nella sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), ne discenderebbe che detta constatazione del Tribunale è definitiva, in applicazione dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. |
45 |
In proposito, il rigetto del motivo sollevato dal ricorrente dinanzi alla Corte non comporterebbe che egli non possa chiedere il risarcimento del danno per quanto concerne il dispositivo effecto. Infatti, l’insussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione riguardo a tale dispositivo non costituirebbe un punto di diritto deciso dalla sentenza della Corte in sede di impugnazione. La circostanza che la Commissione avrebbe dovuto adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42 e che abbia tenuto al riguardo un comportamento illecito sarebbe stata decisa definitivamente dalla Corte, con la conseguenza che gli effetti della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), concernono anche il dispositivo effecto. |
46 |
Orbene, ai punti da 32 a 36 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe dedotto da tale sentenza della Corte che il secondo capo della domanda, con cui il ricorrente ha chiesto al Tribunale di condannare la Commissione a risarcirlo non soltanto per la sua carenza nel procedimento di clausola di salvaguardia del 1998, relativa al dispositivo Inhaler, ma anche per la sua carenza riguardo al dispositivo effecto, doveva essere dichiarato irricevibile. |
47 |
Inoltre, dal dispositivo di detta sentenza della Corte risulterebbe che quest’ultima non ha operato alcuna distinzione tra il dispositivo Inhaler e il dispositivo effecto. Di conseguenza, in relazione alle condizioni del diritto al risarcimento, il dispositivo della stessa sentenza contemplerebbe tutti i danni subiti dal ricorrente in ragione dei propri diritti e di quelli che gli sono stati ceduti, sia per il dispositivo Inhaler sia per il dispositivo effecto. |
48 |
La Commissione sostiene che il primo motivo è infondato. |
Giudizio della Corte
49 |
Conformemente all’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in caso di rinvio, il Tribunale è vincolato alla decisione emessa dalla Corte sui punti di diritto. |
50 |
Va rilevato in proposito che il Tribunale, nella sua sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), ha respinto l’addebito del ricorrente relativo al fatto che, riguardo al dispositivo effecto, la Commissione avrebbe dovuto adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, anche in mancanza di notifica formale da parte delle autorità tedesche. |
51 |
Nel suo ricorso nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), il ricorrente ha sollevato un quarto motivo, attinente all’omessa decisione da parte della Commissione sul dispositivo effecto, contestando la soluzione adottata dal Tribunale al riguardo. |
52 |
Ai punti 87 e 88 della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), la Corte ha dichiarato che il ricorrente non aveva individuato con precisione le parti della motivazione della sentenza che contestava nell’ambito del quarto motivo né, a fortiori, l’errore di diritto di cui sarebbe stata inficiata tale parte della sentenza impugnata. Pertanto, la Corte ha considerato che il quarto motivo invocato doveva essere respinto in quanto irricevibile. |
53 |
Di conseguenza, respingendo in quanto irricevibile tale motivo d’impugnazione per ragioni inerenti alla sua imprecisione, la Corte ha conferito carattere definitivo al punto di diritto deciso dalla sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), relativo al comportamento della Commissione per quanto riguarda il dispositivo effecto. |
54 |
Il solo fatto che, al punto 1 del dispositivo della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), la Corte non abbia operato alcuna distinzione tra il dispositivo Inhaler e il dispositivo effecto non può modificare detta constatazione. |
55 |
Pertanto, nella sentenza impugnata il Tribunale ha correttamente respinto in quanto irricevibile il secondo capo della domanda sollevato dal ricorrente, con cui quest’ultimo ha chiesto al Tribunale di constatare che la Commissione avrebbe dovuto risarcirlo anche in ragione della carenza di tale istituzione per quanto concerne il dispositivo effecto. |
56 |
Alla luce di tali rilievi, il primo motivo dev’essere respinto in quanto infondato. |
Sul secondo motivo
Argomenti delle parti
57 |
Il ricorrente rileva che, ai sensi del punto 1 del dispositivo della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), la Corte ha già dichiarato che sussisteva una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 8 della direttiva 93/42 e che tale articolo conferiva diritti agli individui. L’espressione «danno asseritamente subito», quale figura in detto punto 1 del dispositivo, dovrebbe essere intesa nel senso che solo l’esistenza del danno andrebbe ancora verificata dal Tribunale nella sentenza che dev’essere pronunciata dopo il rinvio. |
58 |
Il fatto che nella sentenza impugnata il Tribunale proceda a un riesame della responsabilità extracontrattuale dell’Unione e giunga alla conclusione che il ricorrente non potrebbe far valere diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale, o cedutigli dall’atmed, equivarrebbe a privare la sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), del suo effetto vincolante. Il Tribunale avrebbe quindi violato l’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea per quanto concerne l’esame delle condizioni del ricorso per risarcimento danni. |
59 |
La Commissione sostiene che il secondo motivo è infondato. |
Giudizio della Corte
60 |
Secondo giurisprudenza consolidata della Corte, la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, presuppone che ricorrano congiuntamente varie condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, la realtà effettiva del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (sentenza del 14 ottobre 2014, Giordano/Commissione, C‑611/12 P, EU:C:2014:2282, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). |
61 |
Riguardo alla prima condizione, la Corte ha già più volte precisato che occorre che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma di diritto avente ad oggetto il conferimento di diritti agli individui (v., in tal senso, sentenze del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 42, nonché del 10 luglio 2014, Nikolaou/Corte dei conti, C‑220/13 P, EU:C:2014:2057, punto 53). |
62 |
Secondo il ricorrente, ai sensi del punto 1 del dispositivo della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), la Corte ha già dichiarato che sussisteva una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 8 della direttiva 93/42 e che tale articolo conferiva diritti agli individui, cosicché, nella sentenza impugnata, il Tribunale non poteva riesaminare tale condizione di sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione. |
63 |
In proposito va ricordato che, nella sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), la Corte, nell’ambito del secondo motivo sollevato dal ricorrente e relativo ad una scorretta applicazione degli articoli 8 e 18 della direttiva 93/42, ha esaminato se la Commissione fosse tenuta ad agire a seguito del ricevimento della lettera del 7 gennaio 1998. Al termine del suo esame, la Corte ha dichiarato che il Tribunale, nella sua sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), aveva violato gli articoli 8 e 18 della direttiva 93/42. |
64 |
Se è vero che la Corte ha riconosciuto la violazione da parte del Tribunale di detti articoli della direttiva 93/42, essa non ha esaminato le condizioni per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, in particolare la prima di tali condizioni, inerente all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica avente lo scopo di conferire diritti agli individui. Inoltre, nella sua sentenza non vi è alcun riferimento a tale condizione. |
65 |
Pertanto, la formulazione utilizzata al punto 1 del dispositivo della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), ai sensi del quale la sentenza del Tribunale del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), «è annullata nella parte in cui, con tale sentenza, detto Tribunale ha respinto il ricorso nei limiti in cui era inteso alla condanna della Commissione europea a risarcire il danno asseritamente subito dal sig. Christoph Klein a decorrere dal 15 settembre 2006», non può essere intesa nel senso che la Corte, nell’ambito del suo esame, ha riconosciuto che la prima condizione per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione fosse soddisfatta nel caso di specie. |
66 |
Di conseguenza, contestando al Tribunale di aver esaminato nella sentenza impugnata se la Commissione fosse incorsa in una violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 8 della direttiva 93/42 e se detto articolo conferisse diritti agli individui, il ricorrente ha effettuato una lettura erronea della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), in particolare del suo dispositivo. |
67 |
Pertanto, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato. |
Sul terzo, sul sesto e sul settimo motivo
Argomenti delle parti
68 |
Con il terzo motivo d’impugnazione, il ricorrente fa valere che il Tribunale, al punto 46 della sentenza impugnata, ha dichiarato irricevibile il suo addebito, in quanto motivo nuovo, secondo cui l’inerzia della Commissione costituiva una violazione dell’articolo 41 della Carta e del principio di buon andamento dell’amministrazione. |
69 |
Orbene, il ricorrente avrebbe sostenuto nel suo ricorso che l’obbligo della Commissione di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 risultava dal principio del «buon governo». |
70 |
Di conseguenza, il motivo relativo alla violazione dell’articolo 41 della Carta non sarebbe un motivo nuovo, in quanto i principi del «buon governo» e di buon andamento dell’amministrazione si sovrapporrebbero. |
71 |
Con il sesto motivo, il ricorrente sostiene che la Commissione ha allegato al suo controricorso dinanzi al Tribunale, nell’ambito del procedimento che ha dato luogo alla sentenza impugnata, due progetti di decisione, di cui uno era pronto per la firma ed era qualificato come «definitivo», vale a dire il progetto intitolato «allegato KOM RENV 1» (in prosieguo: il «progetto di decisione di cui trattasi»). Quest’ultimo dimostrerebbe che la Commissione considerava che la decisione di divieto del dispositivo effecto, adottata dalle autorità tedesche il 18 maggio 2005, non fosse giustificata. |
72 |
Nella sentenza impugnata, tuttavia, il Tribunale non avrebbe esaminato tale elemento di prova. In un procedimento rispettoso della parità delle armi, il Tribunale avrebbe dovuto dare al ricorrente la possibilità, quantomeno nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, di prendere posizione sul progetto di decisione in questione. Di conseguenza, il Tribunale avrebbe violato il diritto ad un processo equo, previsto all’articolo 6 della CEDU e all’articolo 47 della Carta. |
73 |
Inoltre, il fatto che il Tribunale non abbia tenuto conto di questi due progetti di decisione prodotti dalla Commissione costituirebbe uno snaturamento dei fatti e degli elementi di prova. Infatti, la lettura di detti progetti attesterebbe la conclusione della Commissione secondo cui la misura di divieto del dispositivo effecto da parte delle autorità tedesche non era proporzionata. |
74 |
Infine, con il settimo motivo, il ricorrente fa valere di aver chiesto al Tribunale, nelle sue osservazioni scritte nella causa che ha dato luogo alla sentenza impugnata, di ingiungere alla Commissione di produrre l’insieme del fascicolo di quest’ultima concernente il procedimento di clausola di salvaguardia del 1998. |
75 |
Rigettando tale domanda, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 6 della CEDU e l’articolo 47 della Carta. |
76 |
Secondo la Commissione, il terzo, il sesto e il settimo motivo sono infondati. |
Giudizio della Corte
77 |
Per quanto concerne il terzo motivo, è sufficiente rilevare che l’addebito relativo alla violazione dell’articolo 41 della Carta e del principio di buon andamento dell’amministrazione è stato sollevato dal ricorrente per dimostrare l’illiceità del comportamento della Commissione. Del pari, riguardo al sesto e al settimo motivo, i progetti di decisione prodotti dalla Commissione nonché un’eventuale ingiunzione a quest’ultima di produrre il suo fascicolo concernente la clausola di salvaguardia del 1998 possono valere unicamente per la stessa finalità. |
78 |
Orbene, al punto 57 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che la Commissione era incorsa in una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione. |
79 |
Ciò considerato, le illiceità fatte valere dal ricorrente nell’ambito del terzo, del sesto e del settimo motivo, quand’anche fossero dimostrate, non hanno avuto conseguenze negative per il ricorrente e non possono giustificare l’annullamento della sentenza impugnata. |
80 |
Ne consegue che il terzo, il sesto e il settimo motivo devono essere respinti in quanto inoperanti. |
Sul quarto motivo
Argomenti delle parti
81 |
Il ricorrente sottolinea che la direttiva 93/42 non si riferisce unicamente al «fabbricante», ma anche alle «parti interessate». Ne risulterebbe che detta direttiva conferisce diritti al fabbricante di un dispositivo medico nonché alle parti interessate, come l’inventore di tale dispositivo o altre persone che intervengono nella sua fabbricazione e distribuzione. |
82 |
Pertanto, in quanto inventore del dispositivo medico di cui trattasi e principale azionista dell’atmed, come anche in quanto licenziante nei confronti della Broncho-Air Medizintechnik, il ricorrente potrebbe avvalersi, in connessione con la sua condizione personale, dell’articolo 8 della direttiva 93/42 e degli articoli 28 e seguenti TFUE. Egli sarebbe anche la persona che, rispetto a qualsiasi altra parte interessata, subisce le maggiori conseguenze economiche a causa dell’inerzia della Commissione nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42. |
83 |
Del pari, detto articolo conferirebbe diritti all’atmed, il fabbricante del dispositivo effecto interessato dal procedimento di clausola di salvaguardia del 1998. Inoltre, i dispositivi Inhaler ed effecto sarebbero identici, il che significherebbe che dovrebbero soddisfare gli stessi requisiti ai sensi della direttiva 93/42. |
84 |
Inoltre, un allegato al ricorso attesterebbe che il messaggio di posta elettronica della Commissione del 22 febbraio 2007 è stato inviato anche all’atmed. Al riguardo, la Commissione avrebbe proposto alle autorità tedesche di valutare la decisione di divieto del dispositivo effecto nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998, concernente il dispositivo Inhaler. Pertanto, il Tribunale si sarebbe basato su fatti inesatti e avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione nel presumere che l’atmed non rientrasse nell’ambito di detto procedimento di clausola di salvaguardia. |
85 |
Da tali considerazioni risulterebbe che il Tribunale ha erroneamente dichiarato che il ricorrente, per quanto concerne il dispositivo effecto, non può chiedere un risarcimento a titolo personale o per conto dell’atmed. |
86 |
La Commissione chiede alla Corte di respingere il quarto motivo in quanto infondato. |
Giudizio della Corte
87 |
Nel caso di specie, il ricorrente ha proposto un ricorso per responsabilità extracontrattuale al fine di ottenere un risarcimento per la violazione dei suoi diritti a titolo personale nonché per i diritti della Broncho-Air Medizintechnik e dell’atmed, a seguito di una cessione dei diritti al risarcimento tra lui e queste due società. |
88 |
Con il presente motivo, il ricorrente contesta al Tribunale di aver considerato, ai punti da 63 a 67 della sentenza impugnata, che egli poteva far valere unicamente i diritti al risarcimento ceduti dalla Broncho-Air Medizintechnik, sulla base di un atto di cessione intervenuto tra quest’ultima e il ricorrente il 27 gennaio 2007, ad esclusione dei diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale o all’atmed, la quale ha distribuito in esclusiva il dispositivo effecto e si è fatta poi anche carico della sua fabbricazione. |
89 |
Orbene, da un lato, come risulta dall’esame del primo motivo sollevato dal ricorrente nella presente causa, il Tribunale, nella sentenza impugnata, ha correttamente respinto in quanto irricevibile il secondo capo della domanda presentata dinanzi ad esso, diretto a che la Commissione risarcisse il ricorrente anche per la carenza che sarebbe stata imputabile a tale istituzione nell’ambito del procedimento relativo al dispositivo effecto. |
90 |
Ciò premesso, poiché l’atmed ha unicamente distribuito e poi fabbricato il dispositivo effecto, il Tribunale ha considerato giustamente che il ricorrente non può far valere i diritti al risarcimento cedutigli da detta società. |
91 |
In proposito, il fatto che la lettera del 22 febbraio 2007, con cui la Commissione ha proposto alle autorità tedesche di valutare la decisione del 18 maggio 2005 nel contesto del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998 e di trattarla sulla base delle nuove informazioni, sia stata inviata anche all’atmed non è tale da conferire al ricorrente diritti al risarcimento, per quanto concerne il dispositivo Inhaler, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 8 della direttiva 93/42. |
92 |
Dall’altro lato, riguardo ai diritti al risarcimento invocati dal ricorrente e connessi alla sua condizione personale, è vero che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, nella sua parte introduttiva, fa riferimento alle «parti interessate». Tuttavia, nel secondo trattino di tale disposizione è precisato che, se le misure sono ingiustificate, la Commissione ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso l’iniziativa nonché il «fabbricante» o il suo mandatario stabilito nell’Unione. In detta disposizione non è menzionata alcun’altra parte interessata. |
93 |
Pertanto, dai termini stessi dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo trattino, della direttiva 93/42 risulta che solo il fabbricante del dispositivo medico o il suo mandatario può beneficiare dei diritti al risarcimento. |
94 |
Di conseguenza, il Tribunale ha giustamente considerato che il ricorrente non poteva far valere diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale. |
95 |
Inoltre, nella misura in cui il ricorrente sostiene che gli articoli 28 e seguenti TFUE sarebbero idonei a conferirgli, a titolo personale, nonché a conferire all’atmed diritti al risarcimento ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42, è sufficiente rilevare che un argomento del genere non è stato esposto nell’ambito del suo ricorso introduttivo del giudizio. Pertanto, esso costituisce un motivo nuovo e quindi irricevibile. |
96 |
Di conseguenza, il quarto motivo dev’essere respinto. |
Sul quinto motivo
Argomenti delle parti
97 |
Il ricorrente rileva che, in base ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata, la Broncho-Air Medizintechnik e la Primed Halberstadt hanno volontariamente cessato l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler, avendo la Broncho-Air Medizintechnik dichiarato, nella lettera del 22 maggio 1997, di non commercializzare più, per il momento, tale dispositivo. |
98 |
Orbene, tale cessazione della commercializzazione del dispositivo Inhaler non costituirebbe un atto volontario da parte della Broncho-Air Medizintechnik, il cui obiettivo era quello di immettere detto dispositivo sul mercato. Le autorità tedesche non le avrebbero tuttavia lasciato altra scelta poiché, in pratica, nessuno acquisterebbe un prodotto che, se non è oggettivamente pericoloso, è oggetto di un procedimento di divieto in corso. Inoltre, sul piano civile, il ricorrente sarebbe debitore, nei confronti di eventuali acquirenti del dispositivo Inhaler, di un obbligo di informazione, che li dissuaderebbe dall’acquistare detto dispositivo. |
99 |
Di conseguenza, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata, poiché le sue constatazioni in fatto attestano che la Broncho-Air Medizintechnik non aveva volontariamente ritirato il suo dispositivo dal mercato. |
100 |
L’assenza del carattere volontario di tale ritiro risulterebbe anche dalla circostanza che le autorità tedesche si sono sentite in dovere di vietare l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler, il 23 settembre 1997, il che non sarebbe stato necessario se la Broncho-Air Medizintechnik e la Primed Halberstadt avessero ritirato volontariamente detto dispositivo dal mercato. |
101 |
Inoltre, la Primed Halberstadt, con l’accordo della Broncho-Air Medizintechnik, avrebbe proposto opposizione avverso la decisione di divieto del 23 settembre 1997, cosa che non avrebbe fatto se il dispositivo Inhaler fosse stato ritirato volontariamente dal mercato. Tale decisione e l’opposizione proposta contro di essa avrebbero quindi reso obsoleta la dichiarazione fatta nella lettera del 22 maggio 1997. |
102 |
Inoltre, le considerazioni che figurano ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata si baserebbero su una qualificazione giuridica erronea dei fatti. Invero se, a seguito della notifica della lettera del 7 gennaio 1998, la Commissione avesse adottato senza indugio una decisione ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42, la Broncho-Air Medizintechnik avrebbe quindi potuto immediatamente riprendere la vendita del dispositivo Inhaler. È l’inerzia della Commissione che avrebbe causato i danni successivamente subiti, in particolare le spese connesse alla costituzione dell’atmed e alla valutazione della conformità del dispositivo effecto, e non la rinuncia, avvenuta in un primo tempo, a proseguire l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler. |
103 |
Il ricorrente sostiene altresì che il Tribunale, al punto 76 della sentenza impugnata, ha proceduto ad una qualificazione giuridica erronea del messaggio di posta elettronica dell’atmed del 18 dicembre 2006. Infatti, tale società non potrebbe rendere dichiarazioni a nome della Broncho-Air Medizintechnik e detto documento non toglierebbe che l’inerzia della Commissione sia stata la causa determinante del fatto che, a partire dalla data in cui quest’ultima avrebbe dovuto adottare una decisione, il dispositivo Inhaler non è stato più distribuito. |
104 |
Il ricorrente rammenta che, ai punti 79 e 80 della sentenza impugnata, il Tribunale è giunto alla conclusione che non sussisteva un nesso di causalità tra il comportamento della Commissione e il danno lamentato, in quanto non era certo che tale istituzione avrebbe adottato una decisione a lui favorevole. Orbene, il Tribunale si sarebbe riferito unicamente alle indicazioni delle autorità tedesche, senza procedere a un proprio esame, il che costituirebbe un difetto di motivazione. Nell’ambito di tale esame, il Tribunale avrebbe dovuto concludere che la Commissione doveva tener conto, tra l’altro, della circostanza che il dispositivo Inhaler era munito del marchio CE, del principio di proporzionalità correlato al fatto che si trattava di un dispositivo medico della classe I che presentava, in linea di principio, un livello molto basso di rischio per la salute, nonché della giurisprudenza della Corte relativa alle disposizioni della direttiva 93/42. Per tali motivi, il Tribunale avrebbe dovuto constatare che la decisione di divieto del 23 settembre 1997, adottata dalle autorità tedesche nei confronti del dispositivo Inhaler, non era giustificata. |
105 |
Il ricorrente lamenta che le sue affermazioni in merito all’esito del procedimento di clausola di salvaguardia, che figurano al punto 81 della sentenza impugnata, siano «ipotetiche». Infatti, i suoi argomenti si baserebbero su un esame in diritto e in fatto che avrebbe dovuto essere effettuato dalla Commissione. Inoltre, il Tribunale avrebbe dovuto tener conto del progetto di decisione di cui trattasi, secondo cui la decisione di divieto del dispositivo effecto adottata dalle autorità tedesche non sarebbe stata giustificata. |
106 |
Il ricorrente rileva che il Tribunale, dopo aver respinto il suo secondo capo della domanda, relativo al dispositivo effecto, non ha più preso in considerazione questo dispositivo, il che costituisce una qualificazione giuridica erronea dei fatti. Se, a seguito dell’avvio del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998, la Commissione avesse adottato una decisione, la Broncho-Air Medizintechnik, in seguito a tale decisione, avrebbe potuto commercializzare e vendere il dispositivo Inhaler fino ad oggi. In ogni caso, le conseguenze dell’assenza di una decisione da parte della Commissione sarebbero sufficientemente dirette, in quanto un’assenza del genere è stata la causa principale, determinante e obiettivamente prevedibile delle spese sostenute per la costituzione e poi per lo scioglimento dell’atmed. |
107 |
Infine, il ricorrente sottolinea che non sarebbe stato necessario sostenere le spese e gli onorari dei legali, nonché i prestiti e gli interessi contratti per finanziare i procedimenti dinanzi ai giudici nazionali, se la Commissione avesse adottato entro un termine ragionevole una decisione nell’ambito del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42. |
108 |
La Commissione fa valere che nulla consente di affermare che la sua inerzia avrebbe obbligato la Broncho-Air Medizintechnik a porre fine alla distribuzione del dispositivo Inhaler nel corso del 1997. Infatti, non sarebbe concepibile, già da un punto di vista cronologico, che la decisione della Broncho-Air Medizintechnik di cessare l’immissione in commercio di tale dispositivo a partire dal 1o gennaio 1997 sia stata la conseguenza inevitabile del fatto che la Commissione non si è pronunciata a seguito della notifica della lettera del 7 gennaio 1998. |
109 |
Se la Broncho-Air Medizintechnik avesse ritenuto che il dispositivo Inhaler fosse stato immesso in commercio in modo del tutto legale, essa avrebbe potuto proseguire la distribuzione di quest’ultimo e proporre un’azione di opposizione, conformemente al codice tedesco di procedura amministrativa, avverso una futura decisione di divieto che, in linea di principio, ha effetto sospensivo. La Primed Halberstadt Medizintechnik avrebbe quindi agito avverso la decisione di divieto del 23 settembre 1997, adottata dalle autorità tedesche nei confronti del dispositivo Inhaler, e tale decisione, tenuto conto dell’effetto sospensivo dell’azione di opposizione, non sarebbe mai diventata definitiva. Pertanto, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, non vi sarebbe stato nemmeno l’obbligo di costituire l’atmed. |
110 |
Il fatto che il dispositivo Inhaler potesse essere ancora commercializzato sarebbe confermato dalla circostanza che, conformemente alle affermazioni dello stesso ricorrente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), tale dispositivo è stato fabbricato dalla Primed Halberstadt Medizintechnik tra il 1996 e il 2001 e avrebbe di fatto continuato ad essere commercializzato dalla Broncho-Air Medizintechnik dal 1996 al 2002. |
111 |
La Commissione sostiene che l’addebito relativo allo snaturamento dei fatti non è sufficientemente suffragato e che il Tribunale non ha dichiarato, al punto 75 della sua sentenza, che il procedimento di clausola di salvaguardia del 1998 era diventato privo di oggetto. Inoltre, il messaggio di posta elettronica dell’atmed, del 18 dicembre 2006, avvalorerebbe la constatazione che la Broncho-Air Medizintechnik aveva deciso di sua iniziativa di non immettere più in commercio il dispositivo Inhaler. |
112 |
Per quanto riguarda il presunto risultato della decisione della Commissione a seguito della notifica della lettera del 7 gennaio 1998, tale istituzione sostiene che i danni asseritamente subiti dal ricorrente sarebbero imputabili a un suo eventuale comportamento illecito soltanto qualora fosse dimostrato che essi non sarebbero sorti se il suo comportamento non fosse stato viziato da illegittimità. Orbene, al punto 79 della sentenza impugnata, il Tribunale rileverebbe che la Broncho-Air Medizintechnik ha essa stessa riconosciuto che, per determinare l’innocuità del dispositivo Inhaler, erano necessari sperimentazioni e studi scientifici ulteriori. |
113 |
Per quanto concerne l’argomento relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione, il Tribunale, al punto 72 della sentenza impugnata, si sarebbe giustamente basato sul contenuto della decisione di divieto del 23 settembre 1997 e della lettera del 7 gennaio 1998 per dedurne che non vi era alcuna certezza che la Commissione avrebbe adottato una decisione nel senso indicato dal ricorrente. |
114 |
Inoltre, la Repubblica federale di Germania avrebbe fornito le prove richieste dall’articolo 8 della direttiva 93/42 in caso di rischi collegati a dispositivi medici, e la decisione delle autorità tedesche avrebbe dovuto essere in ogni caso confermata a causa delle incertezze sull’efficacia del dispositivo Inhaler, collegate alla mancanza di dati clinici. |
115 |
Quanto agli argomenti del ricorrente in materia di esito del procedimento di clausola di salvaguardia del 1998, la Commissione osserva che tale addebito non è comprovato. Ad abundantiam, essa precisa che il progetto di decisione in questione è stato invocato dal ricorrente dinanzi al Tribunale al fine di dimostrare che la Commissione era incorsa in una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica, e non nell’ambito dell’esame del nesso di causalità tra il comportamento della Commissione e il danno lamentato. Inoltre, detto progetto non sarebbe idoneo a dimostrare l’esistenza di tale nesso di causalità. |
116 |
Quanto all’argomento relativo al nesso di causalità per quanto concerne il dispositivo effecto, la Commissione ritiene, da un lato, che il Tribunale non fosse tenuto a rispondervi, in quanto né il ricorrente a titolo personale né l’atmed rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 8 della direttiva 93/42. Dall’altro lato, il ricorrente non sarebbe stato obbligato a sopportare le spese inerenti alla costituzione dell’atmed. |
117 |
Riguardo alle spese giudiziarie sostenute dal ricorrente nell’ambito dei procedimenti dinanzi ai giudici nazionali, esse non sarebbero imputabili in modo sufficientemente diretto al comportamento della Commissione. Dette spese non sarebbero del resto in alcun modo collegate all’inerzia della Commissione dopo il ricevimento della lettera del 7 gennaio 1998. |
118 |
In conclusione, la Commissione sostiene che il quinto motivo d’impugnazione è infondato nella sua interezza. |
Giudizio della Corte
119 |
Nel caso di specie, dopo aver rilevato che la Commissione era incorsa in una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione e che il ricorrente poteva far valere unicamente i diritti al risarcimento ceduti dalla Broncho-Air Medizintechnik, il Tribunale, al punto 73 della sentenza impugnata, ha considerato che un nesso di causalità tra il comportamento illecito della Commissione e i danni lamentati dal ricorrente non poteva essere stabilito. |
120 |
In primo luogo, il Tribunale, al punto 74 della sentenza impugnata, ha osservato al riguardo che la Broncho-Air Medizintechnik aveva informato le autorità tedesche, con lettera del 22 maggio 1997, della sua intenzione di cessare volontariamente la vendita del dispositivo Inhaler fino a che non fossero stati disponibili studi e sperimentazioni ulteriori sulla conformità di tale dispositivo alla direttiva 93/42. |
121 |
Al punto 75 della sentenza impugnata, il Tribunale ne ha dedotto che la cessazione dell’immissione in commercio e della vendita del dispositivo Inhaler era avvenuta prima del divieto di commercializzazione di tale dispositivo, adottato il 23 settembre 1997, nonché prima della notifica di tale decisione alla Commissione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 93/42, il 7 gennaio 1998, e che il danno lamentato dal ricorrente, consistente in particolare, a suo parere, in perdite delle vendite del dispositivo Inhaler e in altri debiti derivanti da tali perdite, si basava quindi sulla decisione adottata di sua iniziativa dalla Broncho-Air Medizintechnik e non sull’asserita carenza della Commissione. |
122 |
Al punto 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto che, con riferimento all’allegazione del ricorrente secondo cui il dispositivo Inhaler non sarebbe stato distribuito a partire dal 1997 a causa della decisione di divieto del 23 settembre 1997 e della carenza della Commissione, è giocoforza rilevare che un argomento del genere è contraddetto dalle affermazioni dell’atmed nel messaggio di posta elettronica che questa ha trasmesso alla Commissione il 18 dicembre 2006, la quale conferma la cessazione volontaria di distribuzione del dispositivo Inhaler. |
123 |
Il ricorrente fa valere che il Tribunale, con tali accertamenti, ha snaturato i fatti, poiché dagli atti del fascicolo risulta che vi sarebbe stato un nesso di causalità tra il comportamento illecito della Commissione e il danno che sostiene di aver subito in conseguenza di tale comportamento. |
124 |
Dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea emerge che il Tribunale è l’unico competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risultasse dagli atti del fascicolo sottopostogli e, dall’altro, a valutare tali fatti (sentenze del 6 aprile 2006, General Motors/Commissione, C‑551/03 P, EU:C:2006:229, punto 51, e dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 30). |
125 |
Pertanto, la valutazione dei fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte (sentenze del 18 maggio 2006, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, C‑397/03 P, EU:C:2006:328, punto 85, nonché dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 31). |
126 |
Qualora un ricorrente alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, egli, in forza dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura della Corte, deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento. Peraltro, secondo costante giurisprudenza della Corte, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenze del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 16, e dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 32). |
127 |
Dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che nel 1996 le autorità tedesche hanno trasmesso alla Broncho-Air Medizintechnik un progetto di decisione intesa al divieto di distribuzione del dispositivo Inhaler. Con lettera del 22 maggio 1997, la Broncho-Air Medizintechnik ha informato le autorità tedesche che tale dispositivo non era più stato commercializzato dal 1o gennaio 1997, e che la sua distribuzione sarebbe stata sospesa fino a che non fossero stati disponibili studi e sperimentazioni ulteriori sulla conformità di tale prodotto alla direttiva 93/42. Il 23 settembre 1997 le autorità tedesche hanno adottato una decisione che vietava alla Primed Halberstadt Medizintechnik, che fabbrica il dispositivo Inhaler per conto della Broncho-Air Medizintechnik, l’immissione in commercio di tale dispositivo. |
128 |
In proposito va rilevato, in ogni caso, che detta decisione di divieto ha posto fine al carattere volontario della cessazione della commercializzazione del dispositivo Inhaler da parte della Broncho-Air Medizintechnik. |
129 |
Inoltre, come fatto valere dal ricorrente nel suo ricorso introduttivo del giudizio, senza che ciò sia contestato dalla Commissione, la Primed Halberstadt Medizintechnik ha proposto un’azione di opposizione dinanzi ai giudici tedeschi avverso la decisione di divieto del 23 settembre 1997, conformemente al codice tedesco di procedura amministrativa. |
130 |
Pertanto, tale azione di opposizione, anche supponendo che abbia carattere sospensivo, conferma che la cessazione della commercializzazione del dispositivo Inhaler da parte della Broncho-Air Medizintechnik non era volontaria nel caso di specie. |
131 |
Inoltre, contrariamente a quanto considerato dal Tribunale, al punto 76 della sentenza impugnata, il tenore del messaggio di posta elettronica dell’atmed del 18 dicembre 2006 non è tale da confermare il carattere volontario della cessazione della commercializzazione del dispositivo Inhaler da parte della Broncho-Air Medizintechnik. Infatti, da un lato, questa mera dichiarazione dell’atmed, intervenuta vari anni dopo i fatti controversi e che non è stata resa a nome della Broncho-Air Medizintechnik, non può impegnare quest’ultima. Dall’altro, come già osservato, l’azione di opposizione proposta avverso la decisione di divieto del 23 settembre 1997 conferma di per sé che la cessazione della commercializzazione del dispositivo Inhaler non era volontaria. |
132 |
Di conseguenza, affermando che la Broncho-Air Medizintechnik aveva volontariamente cessato nel caso di specie la commercializzazione del dispositivo Inhaler, il Tribunale ha viziato la propria sentenza con uno snaturamento degli elementi di fatto sottoposti alla sua valutazione. |
133 |
Ne consegue che il Tribunale non ha potuto validamente decidere, sulla base di tale constatazione, che non sussistesse un nesso di causalità tra il comportamento della Commissione e il danno lamentato dal ricorrente. |
134 |
Per considerare che il ricorrente non aveva dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità del genere, il Tribunale, in secondo luogo, ha ritenuto, ai punti da 77 a 81 della sentenza impugnata, che l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe in ogni caso adottato una decisione in contrasto con le conclusioni delle autorità tedesche non potesse essere accolto. |
135 |
Orbene, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 72 delle sue conclusioni, la questione della certezza della decisione che la Commissione avrebbe adottato avrebbe dovuto essere esaminata nel caso di specie dal Tribunale nell’ambito della realtà effettiva o dell’entità del danno, in relazione al dispositivo Inhaler, e non nella fase dell’esame del nesso di causalità tra il comportamento della Commissione e il danno lamentato. |
136 |
Di conseguenza, il Tribunale ha commesso un errore di diritto quando ha negato l’esistenza di tale nesso di causalità basandosi sull’assenza di certezza di una decisione positiva della Commissione a seguito della notifica da parte delle autorità tedesche della lettera del 7 gennaio 1998. |
137 |
Infine, in terzo luogo, il Tribunale, al punto 82 della sentenza impugnata, ha ritenuto che le spese e gli onorari dei legali nonché i prestiti e gli interessi contratti dal ricorrente per finanziare i procedimenti avviati dinanzi ai giudici nazionali siano stati disposti su iniziativa di quest’ultimo, al fine di contestare la legittimità delle decisioni delle autorità tedesche, e non potrebbero essere quindi imputati alla Commissione. |
138 |
Orbene, come fa valere il ricorrente, l’esistenza di un nesso tra dette spese, in particolare per quanto concerne le spese sostenute nell’ambito dell’azione di opposizione proposta avverso la decisione di divieto del 23 settembre 1997, e l’omessa adozione di una decisione da parte della Commissione sul fondamento dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, per quanto concerne il dispositivo Inhaler, non poteva essere esclusa dal Tribunale. Infatti, dette spese sono state sostenute e, se non altro, hanno continuato a esserlo a causa dell’omessa adozione di una decisione da parte della Commissione. |
139 |
Di conseguenza, occorre rilevare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel considerare che doveva essere esclusa l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento illecito della Commissione e il danno lamentato dal ricorrente, a causa delle spese e degli onorari dei legali, nonché dei prestiti e degli interessi contratti per finanziare i procedimenti avviati dinanzi ai giudici nazionali. |
140 |
Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve accogliere il quinto motivo e, pertanto, annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha respinto il ricorso per il motivo che il ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità diretto e sufficiente idoneo a far sussistere la responsabilità dell’Unione. |
Sulla richiesta alla Corte di ingiungere alla Commissione di produrre l’insieme del fascicolo relativo al procedimento di clausola di salvaguardia a norma dell’articolo 8 della direttiva 93/42
141 |
Nell’ambito della sua impugnazione, il ricorrente chiede alla Corte, basandosi sull’articolo 41 della Carta, di ingiungere alla Commissione di produrre l’insieme del fascicolo relativo al procedimento di clausola di salvaguardia a norma dell’articolo 8 della direttiva 93/42. |
142 |
Va rilevato in proposito che la produzione dei documenti in questione non può presentare alcuna utilità per il ricorrente, essendosi constatato che l’irregolarità in cui è incorsa la Commissione costituiva una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione e poiché non è stato affermato che detti documenti sarebbero stati altrimenti utili ai fini del presente ricorso. |
143 |
Pertanto, non occorre accogliere la domanda di istruzione presentata dal ricorrente. |
144 |
Da tutte le suesposte considerazioni risulta che la sentenza impugnata dev’essere annullata nella parte in cui si è statuito che il ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità diretto e sufficiente idoneo a far sussistere la responsabilità dell’Unione. Per il resto, l’impugnazione dev’essere respinta. |
Sul ricorso dinanzi al Tribunale
145 |
Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, secondo periodo, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta. |
146 |
Così avviene nella presente causa. Si deve pertanto esaminare se, alla luce delle condizioni per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, quali ricordate al punto 60 della presente sentenza, sussistano le condizioni relative alla realtà effettiva del danno lamentato nonché al nesso di causalità tra il comportamento controverso, di cui si è constatato che esso costituiva una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, e detto danno. |
147 |
Quanto al danno lamentato, occorre rammentare che qualsiasi danno di cui viene chiesto il risarcimento nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione a titolo dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, deve essere reale e certo, circostanza che spetta al ricorrente dimostrare. Spetta a quest’ultimo fornire prove concludenti in ordine sia all’esistenza sia alla portata del danno lamentato (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, C‑481/07 P, non pubblicata, EU:C:2009:461, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). |
148 |
Nel caso di specie, dalla risposta fornita al quarto motivo dedotto dal ricorrente a sostegno della presente impugnazione risulta che egli è legittimato unicamente a far valere i diritti al risarcimento ceduti dalla Broncho-Air Medizintechnik, ad esclusione di quelli connessi alla sua condizione personale o all’atmed. |
149 |
Inoltre, dal punto 54 della sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), emerge che la domanda di risarcimento del ricorrente dev’essere, in ogni caso, respinta in quanto irricevibile nella parte relativa al danno asseritamente subito prima del 15 settembre 2006. |
150 |
Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, per l’effetto combinato della sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19), e del rigetto del primo motivo d’impugnazione su tale punto, al punto 58 della sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252), il ricorrente ha unicamente il diritto di chiedere il risarcimento del danno asseritamente subito a decorrere dal 15 settembre 2006, per quanto riguarda la Broncho-Air Medizintechnik. |
151 |
Va sottolineato, in proposito, che, quanto alla portata dei diritti al risarcimento per quanto concerne la Broncho-Air Medizintechnik, per il periodo successivo al 15 settembre 2006, la sua determinazione può presentare alcune peculiarità, connesse in particolare al fatto che, come fa valere il ricorrente, l’azione di opposizione avverso la decisione di divieto del 23 settembre 1997 adottata dalle autorità tedesche nei confronti del dispositivo Inhaler non si sarebbe conclusa alla data di proposizione del ricorso introduttivo del giudizio. |
152 |
Tuttavia, il ricorrente non può essere esentato da qualsiasi obbligo di prova riguardo al danno che asserisce di aver subito. Per tale genere di danno materiale incombeva, infatti, al medesimo l’onere di fornire la prova tanto dell’esistenza di detto danno quanto dei dati sui quali fondare la sua valutazione, cosa che non può essere semplicemente effettuata in via equitativa (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, C‑481/07 P, non pubblicata, EU:C:2009:461, punto 37). |
153 |
In proposito, il ricorrente, nel suo ricorso introduttivo del giudizio, ha solo invocato le spese del procedimento e gli onorari dei legali versati nell’ambito del procedimento di opposizione avviato nel 1997 contro il divieto del dispositivo Inhaler da parte delle autorità tedesche, senza determinare in alcun modo la loro portata, che fosse per computo o per stima. |
154 |
In tali circostanze, la domanda di risarcimento presentata dal ricorrente e la domanda di procedere alla nomina di un esperto devono essere respinte. |
Sulle spese
155 |
Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. |
156 |
Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del suddetto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, qualora ciò appaia giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, la Corte può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte. |
157 |
Nel caso di specie, tenuto conto del fatto che la sentenza impugnata è parzialmente annullata, ma la domanda di risarcimento è respinta, occorre condannare il ricorrente nonché la Commissione a sopportare le proprie spese relative sia ai procedimenti di primo grado sia a quelli di impugnazione. |
158 |
L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restino a loro carico. |
159 |
Di conseguenza, in quanto parte interveniente nei procedimenti di primo grado, la Repubblica federale di Germania sopporterà le proprie spese relative a tali procedimenti. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.