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Document 62020CJ0577

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 16 giugno 2022.
Causa promossa da A.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto-oikeus.
Rinvio pregiudiziale – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Direttiva 2005/36/CE – Articolo 2 – Ambito di applicazione – Articolo 13, paragrafo 2 – Professioni regolamentate – Condizioni per ottenere il diritto di accesso al titolo di psicoterapeuta in uno Stato membro sulla base di un diploma in psicoterapia rilasciato da un’università stabilita in un altro Stato membro – Articoli 45 e 49 TFUE – Libertà di circolazione e di stabilimento – Valutazione dell’equipollenza della formazione in questione – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione tra gli Stati membri – Messa in discussione da parte dello Stato membro ospitante del livello delle conoscenze e delle qualifiche che si possono presumere sulla base di un diploma rilasciato in un altro Stato membro – Presupposti.
Causa C-577/20.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:467

 SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

16 giugno 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Direttiva 2005/36/CE – Articolo 2 – Ambito di applicazione – Articolo 13, paragrafo 2 – Professioni regolamentate – Condizioni per ottenere il diritto di accesso al titolo di psicoterapeuta in uno Stato membro sulla base di un diploma in psicoterapia rilasciato da un’università stabilita in un altro Stato membro – Articoli 45 e 49 TFUE – Libertà di circolazione e di stabilimento – Valutazione dell’equipollenza della formazione in questione – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione tra gli Stati membri – Messa in discussione da parte dello Stato membro ospitante del livello delle conoscenze e delle qualifiche che si possono presumere sulla base di un diploma rilasciato in un altro Stato membro – Presupposti»

Nella causa C‑577/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia), con decisione del 29 ottobre 2020, pervenuta in cancelleria il 4 novembre 2020, nel procedimento promosso da

A

con l’intervento di:

Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente della Corte, I. Ziemele, P.G. Xuereb e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: C. Strömholm, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 dicembre 2021,

considerate le osservazioni presentate:

per A, da A. Palmujoki, asianajaja, e J. Pihlaja;

per il Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto, da K. Heiskanen, M. Henriksson e M. Mikkonen, in qualità di agenti;

per il governo finlandese, da M. Pere, in qualità di agente;

per il governo francese, da A.-L. Desjonquères e N. Vincent, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;

per il governo norvegese, da K.S. Borge, in qualità di agente, assistita da I. Meinich e T. Sunde, advokater;

per la Commissione europea, da L. Armati e T. Sevón, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 marzo 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»), nonché degli articoli 45 e 49 TFUE.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento avviato da A in merito alla decisione del Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Ufficio di autorizzazione e di supervisione in materia sociale e sanitaria, Finlandia; in prosieguo: il «Valvira») che le ha negato il diritto di utilizzare il titolo professionale di psicoterapeuta in Finlandia.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

I considerando 1, 3, 6, 11, 17 e 44 della direttiva 2005/36 sono così formulati:

«(1)

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del Trattato, l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi tra Stati membri è uno degli obiettivi della Comunità. Per i cittadini degli Stati membri, essa comporta, tra l’altro, la facoltà di esercitare, come lavoratore autonomo o subordinato, una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito la relativa qualifica professionale. Inoltre, l’articolo 47, paragrafo 1, del trattato prevede l’approvazione di direttive miranti al reciproco riconoscimento di diplomi, certificati e altri titoli.

(...)

(3)

La garanzia, conferita dalla presente direttiva a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro, di accedere alla stessa professione e di esercitarla in un altro Stato membro con gli stessi diritti dei cittadini di quest’ultimo non esonera il professionista migrante dal rispetto di eventuali condizioni di esercizio non discriminatorie che potrebbero essere imposte dallo Stato membro in questione, purché obiettivamente giustificate e proporzionate.

(...)

(6)

L’agevolazione della prestazione di servizi deve essere garantita nel contesto della stretta osservanza della salute e della sicurezza pubblica nonché della tutela dei consumatori. Dovrebbero essere pertanto previste disposizioni specifiche per le professioni regolamentate aventi implicazioni in materia di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, che prestano servizi transfrontalieri su base temporanea o occasionale.

(...)

(11)

Per le professioni coperte dal regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, di seguito denominato “il regime generale”, gli Stati membri dovrebbero continuare a fissare il livello minimo di qualificazione necessaria in modo da garantire la qualità delle prestazioni fornite sul loro territorio. Tuttavia, ai sensi degli articoli 10, 39 e 43 del trattato, non dovrebbero imporre a un cittadino di uno Stato membro di acquisire qualifiche che essi in genere si limitano a definire soltanto in termini di diplomi rilasciati in seno al loro sistema nazionale d’insegnamento, mentre l’interessato ha già acquisito tali qualifiche, o parte di esse, in un altro Stato membro. È perciò opportuno prevedere che ogni Stato membro ospitante che regolamenti una professione sia obbligato a tenere conto delle qualifiche acquisite in un altro Stato membro e verificare se esse corrispondano a quelle che esso richiede. Tuttavia, tale regime generale di riconoscimento non impedisce che uno Stato membro imponga, a chiunque eserciti una professione nel suo territorio, requisiti specifici motivati dall’applicazione delle norme professionali giustificate dall’interesse pubblico generale. Tali requisiti riguardano, ad esempio, le norme in materia di organizzazione della professione, le norme professionali, comprese quelle deontologiche, le norme di controllo e di responsabilità. Infine, la presente direttiva non ha l’obiettivo di interferire nell’interesse legittimo degli Stati membri a impedire che taluni dei loro cittadini possano sottrarsi abusivamente all’applicazione del diritto nazionale in materia di professioni.

(...)

(17)

Per contemplare tutte le situazioni per le quali non esistono ancora norme relative al riconoscimento delle qualifiche professionali, il regime generale andrebbe esteso ai casi non inclusi in un regime specifico, sia nel caso in cui la professione interessata non sia disciplinata da uno di tali regimi sia nel caso in cui, pur essendo la professione disciplinata da un regime specifico, il richiedente per una ragione particolare ed eccezionale non soddisfi le condizioni per beneficiarne.

(...)

(44)

La presente direttiva non pregiudica le misure necessarie a garantire un elevato grado di tutela della salute e dei consumatori».

4

L’articolo 1 di tale direttiva, rubricato «Oggetto», prevede quanto segue:

«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato “Stato membro ospitante”), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più [altri] Stati membri (in seguito denominati “Stati membri d’origine”) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione.

La presente direttiva definisce altresì le regole relative all’accesso parziale a una professione regolamentata nonché al riconoscimento di tirocini professionali effettuati in un altro Stato membro».

5

L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», enuncia, al paragrafo 1, primo comma, che essa si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

6

L’articolo 3 della stessa direttiva, dal titolo «Definizioni», dispone, al paragrafo 1:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“professione regolamentata”: attività, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali; in particolare costituisce una modalità di esercizio l’impiego di un titolo professionale riservato da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a chi possiede una specifica qualifica professionale. Quando non si applica la prima frase, è assimilata ad una professione regolamentata una professione di cui al paragrafo 2;

b)

“qualifiche professionali”: le qualifiche attestate da un titolo di formazione, un attestato di competenza – di cui all’articolo 11, lettera a), punto i) – e/o un’esperienza professionale;

c)

“titolo di formazione”: diplomi, certificati e altri titoli rilasciati da un’autorità di uno Stato membro designata ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale Stato membro e che sanciscono una formazione professionale acquisita in maniera preponderante nella Comunità. Quando non si applica la prima frase, è assimilato ad un titolo di formazione un titolo di cui al paragrafo 3;

d)

“autorità competente”: qualsiasi autorità o organismo abilitato da uno Stato membro in particolare a rilasciare o a ricevere titoli di formazione e altri documenti o informazioni, nonché a ricevere le domande e ad adottare le decisioni di cui alla presente direttiva;

e)

“formazione regolamentata”: qualsiasi formazione specificamente orientata all’esercizio di una professione determinata e consistente in un ciclo di studi completato, eventualmente, da una formazione professionale, un tirocinio professionale o una pratica professionale.

La struttura e il livello della formazione professionale, del tirocinio professionale o della pratica professionale sono stabiliti dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro in questione e sono soggetti a controllo o autorizzazione dell’autorità designata a tal fine.

(...)».

7

L’articolo 4 della direttiva 2005/36, rubricato «Effetti del riconoscimento», dispone quanto segue:

«1.   Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette ai beneficiari di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale essi sono qualificati nello Stato membro d’origine e di esercitarla nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato membro.

2.   Ai fini della presente direttiva, la professione che l’interessato intende esercitare nello Stato membro ospitante sarà quella per la quale è qualificato nel proprio Stato membro d’origine, se le attività coperte sono comparabili.

(...)».

8

L’articolo 13 di tale direttiva, intitolato «Condizioni del riconoscimento», è così formulato:

«1.   Se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio.

Gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un’autorità competente in uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro.

2.   L’accesso a una professione e il suo esercizio descritti al paragrafo 1 sono consentiti anche ai richiedenti che, nel corso dei precedenti dieci anni, abbiano esercitato a tempo pieno tale professione per un anno, o per una durata complessiva equivalente a tempo parziale, in un altro Stato membro che non regolamenta detta professione e che abbiano uno o più attestati di competenza o uno o più titoli di formazione rilasciati da un altro Stato membro che non regolamenta tale professione.

Gli attestati di competenza e i titoli di formazione soddisfano le seguenti condizioni:

a)

sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro;

b)

attestano la preparazione del titolare all’esercizio della professione in questione.

Tuttavia, l’anno di esperienza professionale di cui al primo comma non può essere richiesto se i titoli di formazione posseduti dal richiedente sanciscono una formazione e un’istruzione regolamentata.

(...)».

Diritto finlandese

La legge sui professionisti sanitari

9

Ai sensi dell’articolo 2, primo comma, punto 2, della laki terveydenhuollon ammattihenkilöistä (559/1994) [legge sui professionisti sanitari (559/1994); in prosieguo: la «legge sui professionisti sanitari»], ai fini di tale legge, si intende per «professionista sanitario» una persona che ha il diritto, sulla base di detta legge, di utilizzare il titolo professionale di professionista sanitario disciplinato da un regolamento governativo (professionista con titolo professionale protetto). Ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, della stessa legge, un professionista autorizzato ovvero un professionista con un titolo professionale protetto è legittimato ad esercitare la professione in questione e ad utilizzare il titolo professionale pertinente. Possono esercitare una professione il cui titolo è protetto anche altre persone che dispongono di una sufficiente formazione, esperienza e competenza professionale.

10

Ai sensi dell’articolo 3 bis, terzo comma, della legge sui professionisti sanitari, il Valvira è, per i professionisti sanitari, l’autorità competente menzionata nella direttiva 2005/36 e nella laki ammattipätevyyden tunnustamisesta (1384/2015) [legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali (1384/2015); in prosieguo: la «legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali»].

Il regolamento sui professionisti sanitari

11

Ai sensi dell’articolo 1 dello asetus terveydenhuollon ammattihenkilöistä (564/1994), [regolamento sui professionisti sanitari (564/1994); in prosieguo: il «regolamento sui professionisti sanitari»], tra i titoli professionali, per i professionisti titolari di un titolo professionale protetto, di cui all’articolo 2, primo comma, punto 2, della legge sui professionisti sanitari figura, in particolare, il titolo di psicoterapeuta.

12

Ai sensi dell’articolo 2 bis, primo comma, del regolamento sui professionisti sanitari, perché una persona sia autorizzata a utilizzare il titolo professionale protetto di psicoterapeuta, essa deve aver completato una formazione di psicoterapeuta impartita da un’Università ovvero da un’Università insieme ad un altro istituto di insegnamento.

La legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali

13

Ai sensi dell’articolo 6, primo comma, della legge sul riconoscimento delle qualifiche professionali, il riconoscimento delle qualifiche professionali si basa su un attestato di competenza, su un titolo di formazione particolare o su un insieme di tali documenti rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Finlandia. Il riconoscimento delle qualifiche professionali è subordinato alla circostanza che l’interessato abbia il diritto, nel suo Stato membro di origine, di esercitare la professione per il cui esercizio richiede una decisione sul riconoscimento della qualifica professionale.

14

Ai sensi dell’articolo 6, secondo comma, della legge relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, il riconoscimento delle qualifiche professionali si applica anche ai richiedenti che, durante gli ultimi dieci anni, hanno esercitato la loro professione a tempo pieno per un anno ovvero a tempo parziale per un periodo equivalente in un altro Stato membro diverso dalla Repubblica di Finlandia, nel quale la professione in questione non è regolamentata, e dispongono di uno o più certificati di idoneità professionale o di formazione. Tali documenti devono attestare l’abilitazione del titolare all’esercizio della professione in questione. L’esperienza professionale di un anno non è tuttavia richiesta, se nei certificati di formazione del richiedente è attestata una formazione professionale regolamentata.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15

A, cittadina finlandese, ha chiesto al Valvira il diritto di utilizzare il titolo professionale di psicoterapeuta, protetto dalla legge finlandese, sulla base di un Postgraduate Diploma in Solution Focused Therapy (Diploma post-laurea che sancisce una formazione in «terapia incentrata sulle soluzioni»; in prosieguo: «la formazione di cui trattasi») rilasciato il 27 novembre 2017, dall’University of the West of England (Università dell’Inghilterra occidentale, Regno Unito; in prosieguo: l’«UWE»).

16

La formazione in questione era stata organizzata dall’UWE in Finlandia e in lingua finlandese, in cooperazione con la Helsingin Psykoterapiainstituutti Oy, una società per azioni finlandese che svolge le sue attività in Finlandia.

17

Nel corso dell’anno 2017, il Valvira è stato contattato da ex partecipanti a tale programma di formazione che le avevano manifestato le loro preoccupazioni in ordine a numerose carenze nel contenuto effettivo di detta formazione e alle sue modalità pratiche rispetto agli obiettivi previsti. Il Valvira stesso ha contattato altre persone che vi avevano partecipato e che hanno descritto esperienze simili.

18

Nutrendo dubbi sull’equipollenza della formazione in questione con i requisiti previsti nella normativa finlandese in merito all’accesso alla professione di psicoterapeuta e al suo esercizio, il Valvira, con decisione del 29 giugno 2018, ha respinto la domanda di A, per il motivo principale che quest’ultima non aveva fornito ad esso informazioni sufficienti sul contenuto di tale formazione. Con decisione del 10 settembre 2018, il Valvira ha respinto il reclamo di A avverso la decisione del 29 giugno 2018.

19

Con sentenza del 25 aprile 2019, lo Helsingin hallinto-oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki, Finlandia) ha respinto il ricorso proposto da A avverso la decisione del Valvira del 10 settembre 2018. Tale giudice ha dichiarato che la formazione in questione doveva essere considerata come compiuta nel Regno Unito malgrado il fatto che, in pratica, essa fosse stata organizzata in Finlandia e in lingua finlandese. Tuttavia, il regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione previsto dalla direttiva 2005/36 non obbligherebbe ad accogliere la domanda di A poiché quest’ultima non avrebbe esercitato la professione di psicoterapeuta né nel Regno Unito, in cui la professione e la formazione di psicoterapeuta non sono regolamentate, né in un altro Stato membro avente un regime analogo.

20

Ritenendo accertato che la formazione in questione presentasse rilevanti carenze e differenze rispetto alla formazione di psicoterapeuta in Finlandia, lo Helsingin hallinto-oikeus (Tribunale amministrativo di Helsinki) ha considerato che giustamente il Valvira aveva deciso che A non aveva dimostrato che le sue conoscenze e qualifiche fossero equivalenti a quelle che avrebbe acquisito una persona che aveva seguito una formazione di psicoterapeuta in Finlandia. Neppure le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE condurrebbero a rendere illegittima la decisione di rigetto adottata dal Valvira.

21

Nell’impugnazione di tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, il Korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema, Finlandia), A sostiene che la formazione in questione deve essere considerata come impartita in Finlandia e che l’UWE ha certificato, in qualità di autorità competente, che la formazione in questione era conforme ai requisiti per la formazione di psicoterapeuta stabiliti in Finlandia dal regolamento sui professionisti sanitari. Pertanto, la formazione in questione dovrebbe essere riconosciuta nel senso che le conferisce il diritto al titolo professionale di psicoterapeuta da ella richiesto.

22

Tuttavia, nel caso in cui la formazione in questione non dovesse essere considerata come impartita in Finlandia, la sua equipollenza con la formazione di psicoterapeuta organizzata in Finlandia dovrebbe essere valutata sulla base dei documenti relativi al corso e alla qualità del programma della formazione in questione, quali prodotti da A e dagli organizzatori della formazione. Il Valvira non avrebbe effettuato tale valutazione, ma avrebbe basato la sua decisione di rifiuto su lettere anonime, su un parere richiesto a un’università finlandese concorrente dell’UWE e su colloqui da essa stessa condotti. Orbene, il principio di lealtà quale sancito dal diritto dell’Unione implicherebbe che il Valvira non metta in discussione un documento rilasciato dall’UWE nella sua qualità di autorità competente di un altro Stato membro.

23

Il Valvira considera che la formazione di psicoterapeuta compiuta in un altro Stato membro dev’essere paragonabile a quella impartita attualmente dalle Università finlandesi. Orbene, secondo tale autorità, la formazione in questione non soddisfa, sotto numerosi profili, i requisiti sostanziali e qualitativi che le formazioni in psicoterapia devono soddisfare in Finlandia e, di conseguenza, non può dar luogo al diritto di far uso del titolo professionale di psicoterapeuta. Il Valvira aggiunge che, in linea di principio, esso fa affidamento sui certificati rilasciati dalle università e da altri istituti educativi degli altri Stati membri nonché sulle informazioni che queste forniscono circa il contenuto e le modalità pratiche delle formazioni offerte, e che li esamina solo nella misura necessaria per determinare l’esistenza o meno di differenze tra la formazione finlandese e la formazione corrispondente nell’altro Stato membro.

24

Il giudice del rinvio ricorda di aver già dichiarato, nell’ambito di un’altra causa, che non si può ritenere che la formazione in questione sia stata seguita in Finlandia, ai sensi della legge sui professionisti della salute. In Finlandia, la professione di psicoterapeuta sarebbe una professione regolamentata, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36, poiché il diritto all’utilizzo del titolo professionale in questione sarebbe conferito soltanto alle persone che soddisfano le qualificazioni professionali richieste dalla normativa finlandese applicabile.

25

La professione di psicoterapeuta sarebbe soggetta al regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione previsto, in particolare, agli articoli da 10 a 14 di tale direttiva. Poiché la professione e la formazione di psicoterapeuta non sarebbero disciplinate nel Regno Unito, l’articolo 13, paragrafo 2, di detta direttiva sarebbe applicabile alla situazione di A.

26

Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, poiché A non soddisfa la condizione, prevista da tale disposizione, secondo cui la medesima deve aver esercitato la professione di psicoterapeuta in un altro Stato membro in cui tale professione non è regolamentata, l’interessata non può rivendicare il diritto di accedere a tale professione in Finlandia.

27

Il giudice del rinvio si chiede se, nonostante le disposizioni della direttiva 2005/36, occorra esaminare la situazione di A anche alla luce delle libertà fondamentali garantite dagli articoli 45 e 49 TFUE nonché della relativa giurisprudenza della Corte. In caso affermativo, detto giudice chiede se, al fine di verificare se il diploma rilasciato in un altro Stato membro attesti, per il suo titolare, conoscenze e qualifiche che sono, se non identiche, almeno equivalenti a quelle attestate dal diploma nazionale, l’autorità competente dello Stato membro ospitante possa basarsi anche su altre informazioni ottenute in merito alle modalità della formazione in questione, o se debba limitarsi alle informazioni fornite al riguardo da un’università di un altro Stato membro, quale l’UWE.

28

Di conseguenza, il korkein hallinto-oikeus (Corte amministrativa suprema) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE e la direttiva 2005/36 debbano essere interpretate nel senso che l’autorità competente dello Stato membro ospitante deve esaminare il diritto del richiedente all’esercizio di una professione regolamentata secondo gli articoli 45 e 49 TFUE e la giurisprudenza della Corte in materia (in particolare, sentenza del 7 maggio 1991, Vlassopoulou, C‑340/89, EU:C:1991:193, e sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C‑298/14, EU:C:2015:652), sebbene si presuma che l’articolo 13, comma 2, della direttiva 2005/36/CE armonizzi le condizioni per l’esercizio di una professione regolamentata alle quali lo Stato membro ospitante deve consentire l’esercizio della professione ad un richiedente che abbia un titolo di formazione di uno Stato, nel quale la professione non è regolamentata, ma che non soddisfi i requisiti per l’esercizio della professione previsti in detta disposizione [di tale] direttiva.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione pregiudiziale ci si chiede se il diritto dell’Unione – in considerazione della motivazione della sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 55) sui criteri di valutazione esclusivi per l’equipollenza dei diplomi – osti al fatto che l’autorità competente dello Stato membro ospitante, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, basi la propria valutazione sull’equipollenza della formazione in questione anche su informazioni circa il contenuto esatto e le modalità di attuazione della formazione che le sono state fornite da persone diverse dagli organizzatori di detta formazione o dalle autorità di un altro Stato membro».

Osservazioni preliminari

29

Occorre osservare che i fatti rilevanti concernenti il procedimento principale sono avvenuti quando il diritto dell’Unione si applicava al Regno Unito. Pertanto, gli articoli 45 e 49 TFUE nonché la direttiva 2005/36 possono trovare applicazione nel caso di specie.

Sulla prima questione

30

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, e gli articoli 45 e 49 TFUE debbano essere interpretati nel senso che una domanda di accesso a una professione regolamentata e di autorizzazione all’esercizio di tale professione nello Stato membro ospitante, presentata ai sensi di detto articolo 13, paragrafo 2, da una persona che, da una parte, possiede un titolo di formazione relativo a tale professione rilasciato in uno Stato membro in cui tale professione non è regolamentata e che, dall’altra, non soddisfa il requisito di aver esercitato la stessa professione per il periodo minimo di cui al suddetto articolo 13, paragrafo 2, deve essere valutata dall’autorità competente dello Stato membro ospitante alla luce degli articoli 45 o 49 del TFUE.

31

In via preliminare, nel caso di specie va rilevato che, se è vero che A ha seguito un corso di formazione organizzato dall’UWE in Finlandia e in lingua finlandese, in cooperazione con lo Helsingin Psykoterapiainstituutti, resta il fatto che il diploma in psicoterapia è stato rilasciato ad A al termine di tale corso dall’UWE, che ha sede nel Regno Unito.

32

Orbene, dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2005/36, risulta che la medesima si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

33

Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere da b) a d), di detta direttiva, per «qualifiche professionali» si intendono, in particolare, le qualifiche attestate da un titolo di formazione come, in particolare, un diploma, rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro e che sancisca una formazione professionale acquisita principalmente nell’Unione europea.

34

Ne consegue che, poiché il titolo di formazione di cui trattasi nel procedimento principale, che sancisce una formazione professionale acquisita nell’Unione, è stato rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro diverso da quello in cui A intende esercitare una professione regolamentata, la situazione di cui trattasi nel procedimento principale può rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/36.

35

Risulta tuttavia dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e, in particolare, dalla prima questione, che A non soddisfa il requisito, previsto all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, di aver esercitato la professione che ella fa valere durante il periodo minimo previsto da tale disposizione. In tali circostanze, non solo A non può avvalersi di tale disposizione né, più in generale, del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione previsto agli articoli da 10 a 14 della direttiva 2005/36, ma non può neppure avvalersi di un altro regime di riconoscimento delle qualifiche professionali istituito da tale direttiva.

36

Pertanto, occorre stabilire se una situazione come quella di A debba essere valutata alla luce degli articoli 45 o 49 TFUE.

37

A tal proposito, occorre ricordare, in primo luogo, che la Corte ha dichiarato che la libera circolazione delle persone non sarebbe pienamente realizzata qualora gli Stati membri potessero negare il godimento delle libertà garantite dagli articoli 45 e 49 TFUE a quei loro cittadini che abbiano fatto uso delle agevolazioni previste dal diritto dell’Unione e che abbiano acquisito, grazie a queste ultime, qualifiche professionali in uno Stato membro diverso da quello di cui essi possiedono la cittadinanza. Questa considerazione si applica parimenti quando il cittadino di uno Stato membro ha ottenuto, in un altro Stato membro, una qualifica universitaria, della quale egli intenda avvalersi nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard, C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 27).

38

Nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652), poiché l’interessato si avvaleva, nello Stato membro di cui era cittadino, di un diploma universitario che aveva ottenuto in un altro Stato membro, la Corte ha considerato, al punto 29 di tale sentenza, che il beneficio delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione delle persone non poteva essergli negato e che la circostanza che tale diploma fosse stato ottenuto a seguito di una formazione per corrispondenza era irrilevante al riguardo.

39

Lo stesso varrebbe per una persona quale A, che si avvale nello Stato membro di cui è cittadina, di un diploma universitario che ha ottenuto in un altro Stato membro, anche se a seguito di una formazione impartita nel primo Stato membro in partenariato con un’autorità competente a rilasciare un siffatto diploma dell’altro Stato membro.

40

In secondo luogo, occorre rammentare che le autorità di uno Stato membro – alle quali un cittadino dell’Unione abbia presentato domanda di autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso, secondo la legislazione nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di esperienza pratica – sono tenute a prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, nonché l’esperienza pertinente dell’interessato, procedendo a un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalle legislazione nazionale (sentenza dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija, C‑166/20, EU:C:2021:554, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

41

Poiché tale giurisprudenza costituisce la semplice enunciazione di un principio insito nelle libertà fondamentali sancite dal Trattato FUE, tale principio non può perdere una parte della sua forza giuridica in conseguenza dell’adozione di direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi (sentenza dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija, C‑166/20, EU:C:2021:554, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

42

Infatti, le direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi, e in particolare la direttiva 2005/36, non hanno come obiettivo e non possono avere come effetto quello di rendere più difficile il riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli nelle situazioni da esse non contemplate [sentenza del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base), C‑634/20, EU:C:2022:149, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

43

Orbene, in una situazione come quella di cui al procedimento principale in cui, come emerge dal punto 35 della presente sentenza, l’interessata non soddisfa le condizioni di alcuno dei regimi di riconoscimento delle qualifiche professionali istituiti dalla direttiva 2005/36, lo Stato membro ospitante interessato deve rispettare i suoi obblighi in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, quali rammentati al punto 40 della presente sentenza, i quali si applicano alle situazioni rientranti tanto nell’articolo 45 TFUE quanto nell’articolo 49 TFUE (v., per analogia, sentenza dell’8 luglio 2021, Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija, C 166/20, EU:C:2021:554, punto 38, e la giurisprudenza ivi citata).

44

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36, nonché gli articoli 45 e 49 TFUE, devono essere interpretati nel senso che una domanda di accesso a una professione regolamentata e di autorizzazione all’esercizio di tale professione nello Stato membro ospitante, presentata, ai sensi di detto articolo 13, paragrafo 2, da una persona che, da un lato, possiede un titolo di formazione relativo a tale professione, rilasciato in uno Stato membro in cui tale professione non è regolamentata, e che, dall’altro, non soddisfa il requisito di aver esercitato la stessa professione per il periodo minimo richiesto di cui al suddetto articolo 13, paragrafo 2, deve essere esaminata dall’autorità competente dello Stato membro ospitante alla luce degli articoli 45 o 49 TFUE.

Sulla seconda questione

45

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione, e segnatamente gli articoli 45 e 49 TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che l’autorità competente dello Stato membro ospitante, a cui è stata presentata una domanda di autorizzazione ad esercitare una professione regolamentata in tale Stato membro, fondi la sua valutazione dell’equipollenza della formazione di cui si avvale il richiedente con riferimento alle corrispondenti formazioni in detto Stato membro anche su informazioni relative al contenuto esatto e alle modalità concrete di tale formazione che gli sono state fornite da persone diverse dagli organizzatori di detta formazione o dalle autorità di un altro Stato membro.

46

Occorre ricordare che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, nell’ambito della quale l’interessata non soddisfa le condizioni di alcuno dei regimi di riconoscimento delle qualifiche professionali istituiti dalla direttiva 2005/36, ma alla quale si applica l’articolo 45 TFUE o l’articolo 49 TFUE, lo Stato membro di cui trattasi deve rispettare i suoi obblighi in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, come rammentati al punto 40 della presente sentenza [v., per analogia, sentenza del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base), C‑634/20, EU:C:2022:149, punto 41].

47

La procedura di valutazione comparativa di cui al punto 40 della presente sentenza deve consentire alle autorità dello Stato membro ospitante di verificare obiettivamente se il diploma straniero attesti da parte del suo titolare il possesso di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quantomeno equipollenti a quelle attestate dal diploma nazionale. Questa valutazione dell’equipollenza del diploma straniero deve effettuarsi esclusivamente in considerazione del livello delle conoscenze e delle qualifiche che questo diploma, tenuto conto della natura e della durata degli studi e della formazione pratica di cui attesta il compimento, consente di presumere in possesso del titolare [sentenza del 3 marzo 2022, Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto (Formazione medica di base), C‑634/20, EU:C:2022:149, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

48

A tal riguardo, occorre rilevare che detta procedura di valutazione comparativa presuppone la fiducia reciproca tra gli Stati membri nei titoli attestanti le qualifiche professionali rilasciate da ciascuno Stato membro. Pertanto, l’autorità dello Stato membro ospitante è in linea di principio tenuta a considerare come veritiero un documento quale, in particolare, un diploma rilasciato dall’autorità di un altro Stato membro.

49

Tuttavia, quando l’autorità competente di uno Stato membro nutre gravi dubbi, che vadano al di là di semplici sospetti, quanto all’autenticità o alla veridicità di un documento, l’autorità o l’istituto che l’ha emesso è tenuto, su domanda della prima autorità, a riesaminare la fondatezza del documento considerato e, se del caso, a revocarlo (sentenza del 19 giugno 2003, Tennah-Durez, C‑110/01, EU:C:2003:357, punto 80).

50

Pertanto, quando l’autorità competente di uno Stato membro sottopone all’autorità emittente elementi concreti costitutivi di un insieme di indizi concordanti che inducono a ritenere che il diploma di cui si avvale il richiedente non rifletta il livello delle conoscenze e delle qualifiche che esso consente di presumere acquisito dal suo titolare conformemente al regime ricordato al punto 47 della presente sentenza, l’autorità emittente è tenuta, in forza del principio di leale cooperazione, enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, a riesaminare, alla luce di tali elementi, la fondatezza del rilascio di detto diploma e, se del caso, a revocarlo.

51

Tra detti elementi concreti possono figurare, se del caso, in particolare, informazioni trasmesse sia da persone diverse dagli organizzatori della formazione di cui trattasi sia dalle autorità di un altro Stato membro che agiscono nell’ambito delle loro funzioni.

52

L’autorità dello Stato membro ospitante, che, come risulta dal punto 48 della presente sentenza, è in linea di principio tenuta a considerare veritiero un documento come un diploma rilasciato dall’autorità di un altro Stato membro, non può, in linea di principio, rimettere in discussione il livello delle conoscenze e delle qualifiche professionali che tale diploma consente di presumere acquisito dal suo titolare qualora l’autorità emittente abbia riesaminato, alla luce degli elementi menzionati al punto 50 della presente sentenza, la fondatezza del rilascio di quest’ultimo, senza revocarlo (v., per analogia, sentenza del 19 giugno 2003, Tennah-Durez, C‑110/01, EU:C:2003:357, punto 79). Solo in via eccezionale l’autorità competente dello Stato membro ospitante sarebbe legittimata a rimettere in discussione il livello delle conoscenze e delle qualifiche che tale diploma consente di presumere acquisito dal suo titolare.

53

Pertanto, nel caso in cui le circostanze del caso di specie, verificatesi, come nel procedimento principale, nel territorio dello Stato membro ospitante, dovessero rivelare manifestamente l’assenza di veridicità di tale diploma, tale Stato membro non potrebbe essere tenuto a ignorarle (v., per analogia, sentenza del 27 settembre 1989, van de Bijl, 130/88, EU:C:1989:349, punti 2526).

54

Infatti, non si può negare allo Stato membro ospitante il diritto di adottare disposizioni volte ad impedire che le libertà di circolazione delle persone sancite dal Trattato FUE siano utilizzate dagli interessati al fine di sottrarsi ai requisiti in materia di formazione professionale imposti ai titolari di un diploma nazionale (v., per analogia, sentenza del 27 settembre 1989, van de Bijl, 130/88, EU:C:1989:349, punto 26).

55

In particolare, è stato dichiarato che la tutela della salute pubblica costituisce un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una misura nazionale restrittiva di dette libertà di circolazione, purché essa sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario a tal fine (v, in tal senso, sentenza del 21 settembre 2017, Malta Dental Technologists Association e Reynaud, C‑125/16, EU:C:2017:707, punti 5859).

56

In tale contesto, occorre precisare che l’assenza di veridicità di un diploma è manifesta, in particolare, quando è chiaro che il contenuto reale della formazione impartita differisce notevolmente dal contenuto della formazione quale risultante dal diploma di cui trattasi.

57

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 45 e 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, devono essere interpretati nel senso che l’autorità competente dello Stato membro ospitante, a cui è stata presentata una domanda di autorizzazione ad esercitare una professione regolamentata in tale Stato membro, è tenuta a considerare veritiero un diploma rilasciato dall’autorità di un altro Stato membro e non può, in linea di principio, rimettere in discussione il livello delle conoscenze e delle qualifiche che tale diploma consente di presumere acquisito dal medesimo. Solo quando nutre seri dubbi, fondati su elementi concreti costitutivi di un insieme di indizi concordanti che inducono a ritenere che il diploma di cui si avvale il richiedente non rifletta il livello delle conoscenze e delle qualifiche che esso consente di presumere acquisito da tale richiedente, detta autorità può chiedere all’autorità emittente di riesaminare, alla luce di tali elementi, la fondatezza del rilascio di detto diploma e, se del caso, tale ultima autorità è tenuta a revocarlo. Tra detti elementi concreti possono eventualmente figurare, in particolare, informazioni trasmesse sia da persone diverse dagli organizzatori della formazione di cui trattasi, sia dalle autorità di un altro Stato membro che agiscono nell’ambito delle loro funzioni. Quando l’autorità emittente ha riesaminato, alla luce di tali elementi, la fondatezza del rilascio di quest’ultimo, senza revocarlo, è solo in via eccezionale, nel caso in cui le circostanze del caso di specie rivelassero manifestamente l’assenza di veridicità del diploma di cui trattasi, che l’autorità dello Stato membro ospitante può rimettere in discussione la fondatezza del rilascio di detto diploma.

Sulle spese

58

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, nonché gli articoli 45 e 49 TFUE, devono essere interpretati nel senso che una domanda di accesso a una professione regolamentata e di autorizzazione all’esercizio di tale professione nello Stato membro ospitante, presentata, ai sensi di detto articolo 13, paragrafo 2, da una persona che, da un lato, possiede un titolo di formazione relativo a tale professione, rilasciato in uno Stato membro in cui tale professione non è regolamentata, e che, dall’altro, non soddisfa il requisito di aver esercitato la stessa professione per il periodo minimo richiesto di cui al suddetto articolo 13, paragrafo 2, deve essere esaminata dall’autorità competente dello Stato membro ospitante alla luce degli articoli 45 o 49 TFUE.

 

2)

Gli articoli 45 e 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, devono essere interpretati nel senso che l’autorità competente dello Stato membro ospitante, a cui è stata presentata una domanda di autorizzazione ad esercitare una professione regolamentata in tale Stato membro, è tenuta a considerare veritiero un diploma rilasciato dall’autorità di un altro Stato membro e non può, in linea di principio, rimettere in discussione il livello delle conoscenze e delle qualifiche che tale diploma consente di presumere acquisito dal richiedente. Solo quando nutre seri dubbi, fondati su elementi concreti costitutivi di un insieme di indizi concordanti che inducono a ritenere che il diploma di cui si avvale il richiedente non rifletta il livello delle conoscenze e delle qualifiche che esso consente di presumere acquisito dal medesimo, detta autorità può chiedere all’autorità emittente di riesaminare, alla luce di tali elementi, la fondatezza del rilascio di detto diploma e, se del caso, tale ultima autorità è tenuta a revocarlo. Tra detti elementi concreti possono eventualmente figurare, in particolare, informazioni trasmesse sia da persone diverse dagli organizzatori della formazione di cui trattasi, sia dalle autorità di un altro Stato membro che agiscono nell’ambito delle loro funzioni. Quando l’autorità emittente ha riesaminato, alla luce di tali elementi, la fondatezza del rilascio di quest’ultimo, senza revocarlo, è solo in via eccezionale, nel caso in cui le circostanze del caso di specie rivelassero manifestamente l’assenza di veridicità del diploma di cui trattasi, che l’autorità dello Stato membro ospitante può rimettere in discussione la fondatezza del rilascio di detto diploma.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il finlandese.

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