Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62019CC0336

Conclusioni dell’avvocato generale G. Hogan, presentate il 10 settembre 2020.
Centraal Israëlitisch Consistorie van België e.a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Grondwettelijk Hof.
Rinvio pregiudiziale – Protezione degli animali durante l’abbattimento – Regolamento (CE) n. 1099/2009 – Articolo 4, paragrafo 1 – Obbligo di stordire gli animali prima di abbatterli – Articolo 4, paragrafo 4 – Deroga nell’ambito della macellazione rituale – Articolo 26, paragrafo 2 – Possibilità per gli Stati membri di adottare norme nazionali che mirano ad assicurare agli animali una maggiore protezione in caso di macellazione rituale – Interpretazione – Normativa nazionale che impone, in caso di macellazione rituale, uno stordimento reversibile e inidoneo a provocare la morte – Articolo 13 TFUE – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 10 – Libertà di religione – Libertà di manifestare la propria religione – Limitazione – Proporzionalità – Mancanza di consenso tra gli Stati membri dell’Unione europea – Margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati membri – Principio di sussidiarietà – Validità – Diverso trattamento della macellazione rituale e dell’abbattimento di animali durante attività venatorie o di pesca nonché durante eventi culturali o sportivi – Insussistenza di discriminazione – Articoli 20, 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali.
Causa C-336/19.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:695

  PROVISIONAL TEXT OF 13/07/2020

Version 1

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 10 settembre 2020 ( 1 )

Causa C‑336/19

Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a.,

Unie Moskeeën Antwerpen VZW,

Islamitisch Offerfeest Antwerpen VZW,

JG,

KH,

Executief van de Moslims van België e a.,

Coördinatie Comité van Joodse Organisaties van België, Section belge du Congrès juif mondial et Congrès juif européen VZW e a.

Intervenienti:

LI,

Vlaamse Regering,

Waalse regering,

Kosher Poultry BVBA e a.,

Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a.,

Global Action in the Interest of Animals VZW (GAIA)

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale — Regolamento (CE) n. 1099/2009 — Protezione degli animali durante l’abbattimento — Articolo 4, paragrafo 1 — Requisito ai sensi del quale gli animali possono essere abbattuti esclusivamente previo stordimento — Deroga — Articolo 4, paragrafo 4 — Particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi — Articolo 26 — Disposizioni nazionali più rigorose — Imposizione, da parte di uno Stato membro, del divieto di macellazione senza previo stordimento — Macellazione secondo metodi speciali richiesti da riti religiosi — Stordimento reversibile in cui la morte dell’animale non è causata dallo stordimento o dallo stordimento post-taglio — Libertà di religione — Articolo 10, paragrafo 1, della Carta»

I. Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale trae origine da cinque ricorsi congiunti, diretti all’annullamento totale o parziale del decreet van het Vlaamse Gewest van 7 juli 2017 houdende wijziging van de wet van 14 augustus 1986 betreffende de bescherming en het welzijn der dieren, wat de toegelaten methodes voor het slachten van dieren betreft [decreto della Regione delle Fiandre del 7 luglio 2017 recante modifica della legge del 14 agosto 1986 relativa al benessere e alla protezione degli animali, con riguardo ai metodi ammessi per la macellazione degli animali (in prosieguo: il «decreto impugnato»)], proposti dinanzi al Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio) il16 gennaio 2018. Tale decreto, in sostanza, ha l’effetto di vietare la macellazione degli animali mediante riti tradizionali ebraici e islamici e di imporre lo stordimento degli animali prima della macellazione, al fine di ridurre le loro sofferenze. La questione principale sottoposta alla Corte è se un siffatto divieto assoluto di macellazione senza stordimento sia compatibile con il diritto dell’Unione, non da ultimo alla luce delle garanzie concernenti la libertà di religione contenute nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2.

I ricorsi sono stati proposti dal Centraal Israëlitisch Consistorie van België (Concistoro centrale israelita del Belgio) e altri, dall’Unie Moskeeën Antwerpen VZW, dall’Islamitisch Offerfeest Antwerpen VZW, JG, KH, dall’Executief van de Moslims van België e altri, dal Coördinatie Comité van Joodse Organisaties van België, e da VZW e altri (in prosieguo: i «ricorrenti»). Inoltre, varie altre parti, segnatamente LI, il Vlaamse regering (governo delle Fiandre), il Waalse regering (governo della Vallonia), la Kosher Poultry BVBA e altri, nonché la Global Action in the Interest of Animals VZW sono intervenute nel procedimento.

3.

Le disposizioni pertinenti del decreto impugnato prevedono che un animale vertebrato ( 2 ) possa essere abbattuto solo previo stordimento. Tuttavia, se gli animali vengono macellati secondo metodi speciali richiesti da riti religiosi, lo stordimento deve essere reversibile e la morte dell’animale non può essere causata dallo stordimento. In deroga all’obbligo di previo stordimento reversibile degli animali, lo stordimento dei bovini macellati secondo metodi speciali prescritti da riti religiosi può attualmente avvenire immediatamente dopo il taglio della gola dell’animale (stordimento post taglio).

4.

Il decreto impugnato ha quindi soppresso, a partire dal 1o gennaio 2019, la deroga, precedentemente prevista dal diritto nazionale, concernente il requisito dello stordimento preliminare degli animali nel caso di macellazione rituale ( 3 ). Questo è l’oggetto della censura dei ricorrenti: essi sostengono che la soppressione di tale deroga pregiudicherebbe concretamente un elemento essenziale delle loro pratiche e convinzioni religiose.

5.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, depositata presso la cancelleria della Corte il 18 aprile 2019, verte, in sostanza, sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 4, e dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento del Consiglio (CE) n. 1099/2009 ( 4 ), nonché sulla validità di quest’ultima disposizione alla luce dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.

6.

A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1099/2009 prevede, in termini inequivocabili, che «gli animali sono abbattuti esclusivamente previo stordimento». L’articolo 4, paragrafo 4, prevede, in via derogatoria ( 5 ), che le «[l]e disposizioni di cui al paragrafo 1 non si applicano» agli animali sottoposti a particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi, «a condizione che la macellazione abbia luogo in un macello». Tuttavia, l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 prevede che gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali intese a garantire una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento diverse da quelle contenute nel regolamento, fra l’altro nel settore della macellazione di animali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, di detto regolamento.

7.

Dinanzi al giudice del rinvio, alcuni ricorrenti hanno sostenuto che gli Stati membri non possono fondarsi sull’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 per eliminare o svuotare di significato l’eccezione prevista per la macellazione prescritta da riti religiosi di cui all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento. Di converso, i governi fiammingo e vallone hanno sostenuto, dinanzi a tale giudice, che l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 autorizza specificamente gli Stati membri a discostarsi dai termini dell’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento.

8.

Il giudice del rinvio chiede quindi, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, che mira a garantire la libertà di religione conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, della Carta ( 6 ), e l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 ostino a una misura nazionale che vieta l’abbattimento dei vertebrati senza previo stordimento e impone la condizione dello stordimento reversibile degli animali prima della macellazione, che non ne provochi la morte, o il loro stordimento post-taglio nell’ambito di particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi.

9.

Il presente rinvio pregiudiziale offre alla Corte un’occasione unica per riesaminare e sviluppare la sua giurisprudenza concernente il regolamento n. 1099/2009 e la conciliazione dell’obiettivo di protezione del benessere degli animali con il diritto degli individui, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta, di conformarsi alle norme alimentari imposte dalla loro religione.

10.

A tal riguardo, la Corte ha recentemente avuto occasione di pronunciarsi sulla validità e sull’interpretazione di talune disposizioni del regolamento n. 1099/2009 nelle sue sentenze del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335), e del 26 febbraio 2019, Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2019:137), nel contesto della macellazione di animali senza previo stordimento, quando il metodo di macellazione è prescritto dal rito religioso.

11.

Tali cause vertevano, in particolare, sull’interpretazione e sulla validità della deroga, di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, al divieto previsto all’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento.

12.

Nella sua sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335), la Corte ha esaminato e, infine, confermato la validità del requisito di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 secondo cui la macellazione rituale deve essere effettuata in macelli riconosciuti. Nella sentenza del 26 febbraio 2019, Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2019:137), la Corte ha stabilito che il logo biologico dell’Unione europea non può essere utilizzato su prodotti ottenuti da animali sottoposti a macellazione rituale senza previo stordimento, nonostante tale macellazione sia permessa ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009. Per effetto di tale decisione, il logo biologico dell’Unione europea non può essere utilizzato se il prodotto non è stato ottenuto nel rispetto dei criteri più elevati, in particolare per quanto concerne il benessere degli animali.

13.

L’oggetto del presente rinvio pregiudiziale è leggermente diverso, nel senso che riguarda, per la prima volta, l’interpretazione e la validità dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, che autorizza espressamente gli Stati membri ad adottare disposizioni intese a garantire una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento, diverse da quelle contenute nell’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento.

14.

La presente causa esige che la Corte si pronunci sulla delicata questione se, ed eventualmente in che misura, uno Stato membro, alla luce di particolari sensibilità nazionali per quanto concerne il benessere degli animali, possa adottare misure volte a garantire una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento diverse da quelle previste all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, le quali lederebbero la libertà di religione sancita all’articolo 10, paragrafo 1, della Carta. In particolare, la Corte dovrà esaminare la questione se la possibilità, conformemente all’articolo 26, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, di importare prodotti ottenuti da animali macellati secondo particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi sia sufficiente a garantire il rispetto del diritto alla libertà di religione.

15.

Tuttavia, prima di affrontare tali questioni occorre individuare, in via preliminare, le pertinenti disposizioni legislative e del Trattato.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

1. Carta e TFUE

16.

L’articolo 10 della Carta, rubricato «Libertà di pensiero, di coscienza e di religione», prevede quanto segue:

«1.   Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.

(…)».

17.

L’articolo 21 della Carta, rubricato «Non discriminazione», così dispone:

«1.   È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.

(…)».

18.

L’articolo 22 della Carta, rubricato «Diversità culturale, religiosa e linguistica» prevede quanto segue:

«L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica».

19.

L’articolo 52 della Carta, rubricato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», così dispone:

«1.   Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

(…)

3.   Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa.

(…)».

20.

L’articolo 13, TFUE [in precedenza Protocollo (n. 33) sulla protezione ed il benessere degli animali (1997) allegato al TCE] prevede quanto segue:

«Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale».

2. Regolamento n. 1099/2009

21.

I considerando 2, 4, 18, 20, 43, 57, 58 e 61 del regolamento n. 1099/2009 così recitano:

«(2)

L’abbattimento degli animali può provocare dolore, ansia, paura o sofferenze di altro tipo agli animali anche nelle migliori condizioni tecniche. Alcune operazioni relative all’abbattimento possono causare stress e ogni tecnica di stordimento presenta inconvenienti. È opportuno che gli operatori o il personale addetto all’abbattimento adottino i provvedimenti necessari a evitare e a ridurre al minimo l’ansia e la sofferenza degli animali durante il processo di macellazione o abbattimento, tenendo conto delle migliori pratiche nel settore e dei metodi consentiti dal presente regolamento. Il dolore, l’ansia o la sofferenza dovrebbero essere considerati pertanto evitabili quando gli operatori o il personale addetto all’abbattimento violano una delle disposizioni del presente regolamento o ricorrono alle pratiche consentite senza applicare i metodi più avanzati, procurando per negligenza o intenzionalmente dolore, ansia o sofferenza agli animali.

(…)

(4)

Il benessere animale è un valore condiviso nella Comunità sancito dal protocollo n. 33 sulla protezione ed il benessere degli animali allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (“protocollo n. 33”). La protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento è una questione di interesse pubblico che incide sull’atteggiamento del consumatore nei confronti dei prodotti agricoli. Una migliore protezione degli animali durante la macellazione contribuisce inoltre a migliorare la qualità della carne e indirettamente produce un impatto positivo sulla sicurezza del lavoro nei macelli.

(…)

(18)

La direttiva 93/119/CE prevedeva una deroga alle pratiche di stordimento nel caso di macellazioni rituali effettuate nei macelli. Poiché le norme comunitarie in materia di macellazioni rituali sono state recepite in modo diverso a seconda del contesto nazionale e considerato che le normative nazionali tengono conto di dimensioni che vanno al di là degli obiettivi del presente regolamento, è importante mantenere la deroga allo stordimento degli animali prima della macellazione, concedendo tuttavia un certo livello di sussidiarietà a ciascuno Stato membro. Il presente regolamento rispetta di conseguenza la libertà di religione e il diritto di manifestare la propria religione o la propria convinzione mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti, come stabilito dall’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(…)

(20)

Molti metodi utilizzati per abbattere gli animali sono dolorosi. Lo stordimento è dunque necessario per indurre uno stato di incoscienza e di insensibilità prima o nel momento stesso in cui l’animale viene abbattuto. Il rilevamento dell’incoscienza e dell’insensibilità in un animale è un’operazione complessa che richiede l’impiego di metodi scientifici riconosciuti. È opportuno tuttavia effettuare un controllo per mezzo di indicatori al fine di valutare l’efficacia della procedura in condizioni reali.

(…)

(43)

La macellazione senza stordimento richiede un taglio preciso della gola con un coltello affilato al fine di ridurre al minimo le sofferenze. Vi è inoltre la probabilità che negli animali che non sono immobilizzati meccanicamente dopo il taglio, il processo di dissanguamento rallenti, con conseguente inutile prolungamento delle sofferenze. I bovini, gli ovini e i caprini costituiscono le specie più frequentemente macellate con questa procedura. Pertanto, i ruminanti macellati senza stordimento dovrebbero essere immobilizzati individualmente e meccanicamente.

(…)

(57)

I cittadini europei si aspettano che durante la macellazione siano rispettate norme minime in materia di benessere degli animali. Per certi aspetti l’atteggiamento nei confronti degli animali dipende anche dalla percezione nazionale e in alcuni Stati membri vi è una domanda affinché siano mantenute o adottate norme in materia di benessere degli animali più ampie di quelle approvate a livello comunitario. Nell’interesse degli animali e purché ciò non incida sul funzionamento del mercato interno, è opportuno consentire una certa flessibilità agli Stati membri affinché mantengano o, in alcuni settori specifici, adottino disposizioni nazionali più ampie.

È importante assicurare che gli Stati membri non usino tali disposizioni nazionali in modo da pregiudicare il corretto funzionamento del mercato interno.

(…)

(61)

Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire assicurare un’impostazione armonizzata per quanto concerne le norme relative al benessere degli animali durante l’abbattimento, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti del presente regolamento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Conformemente al principio di proporzionalità sancito da tale articolo, è necessario e appropriato per il conseguimento del suddetto obiettivo disciplinare specificamente l’abbattimento degli animali per la produzion[e] di alimenti, lana, pelli, pellicce o altri prodotti, nonché le operazioni correlate. Il presente regolamento non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo».

22.

L’articolo 1 del regolamento n. 1099/2009, rubricato «Oggetto e ambito di applicazione», stabilisce quanto segue:

«1.   Il presente regolamento disciplina l’abbattimento degli animali allevati o detenuti per la produzione di alimenti, lana, pelli, pellicce o altri prodotti, nonché l’abbattimento di animali a fini di spopolamento e operazioni correlate.

(…)».

23.

L’articolo 2 di detto regolamento, rubricato «Definizioni», contiene le seguenti definizioni:

«(…)

b)

“operazioni correlate”: operazioni quali il maneggiamento, la stabulazione, l’immobilizzazione, lo stordimento e il dissanguamento degli animali che hanno luogo nel contesto e nel luogo dell’abbattimento;

(…)

f)

“stordimento”: qualsiasi processo indotto intenzionalmente che provochi in modo indolore la perdita di coscienza e di sensibilità, incluso qualsiasi processo determinante la morte istantanea;

g)

“macellazione rituale”: una serie di atti correlati alla macellazione di animali prescritti da una religione;

(…)

j)

“macellazione”: l’abbattimento di animali destinati all’alimentazione umana;

(…)».

24.

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento prevede che durante l’abbattimento e le operazioni correlate siano risparmiati agli animali dolori, ansia o sofferenze evitabili.

25.

L’articolo 4 del regolamento n. 1099/2009, intitolato «Metodi di stordimento», dispone quanto segue:

«1.   Gli animali sono abbattuti esclusivamente previo stordimento, conformemente ai metodi e alle relative prescrizioni di applicazione di cui all’allegato I. La perdita di coscienza e di sensibilità è mantenuta fino alla morte dell’animale.

I metodi di cui all’allegato I che non comportino la morte istantanea (“semplice stordimento”) sono seguiti quanto più rapidamente possibile da una procedura che assicuri la morte quali il dissanguamento, l’enervazione, l’elettrocuzione o la prolungata anossia.

(…)

4.   Le disposizioni di cui al paragrafo 1 non si applicano agli animali sottoposti a particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi, a condizione che la macellazione abbia luogo in un macello».

26.

L’articolo 26 del regolamento n. 1099/2009, rubricato «Disposizioni nazionali più rigorose», prevede quanto segue:

«1.   Il presente regolamento non impedisce agli Stati membri di mantenere eventuali disposizioni nazionali intese a garantire una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento vigenti al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento. Entro il 1o gennaio 2013 gli Stati membri informano la Commissione di tali disposizioni nazionali. La Commissione le porta all’attenzione degli altri Stati membri.

2.   Gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali intese a garantire una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento diverse da quelle contenute nel presente regolamento nei seguenti settori:

(…)

c)

la macellazione di animali conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, e le operazioni correlate.

Gli Stati membri notificano alla Commissione tali disposizioni nazionali. La Commissione le porta all’attenzione degli altri Stati membri.

(…).

4.   Uno Stato membro non proibisce o ostacola la messa in circolazione all’interno del suo territorio di prodotti di origine animale derivati da animali che sono stati abbattuti in un altro Stato membro adducendo a motivo che gli animali interessati non sono stati abbattuti in conformità delle sue disposizioni nazionali miranti ad una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento».

B.   Diritto belga

27.

L’articolo 1 del decreto impugnato così dispone:

«Il presente decreto disciplina una materia di competenza regionale».

28.

L’articolo 2 di tale decreto prevede quanto segue:

«L’articolo 3 della legge del 14 agosto 1986 relativa al benessere e alla protezione degli animali, come modificata dalle leggi del 4 maggio 1995, del 9 luglio 2004, dell’11 maggio 2007 e del 27 dicembre 2012, è modificato come segue:

1o I punti 13 e 14 sono sostituiti dai seguenti:

“13) abbattimento: qualsiasi processo applicato intenzionalmente che determini la morte di un animale;

14) macellazione: l’abbattimento di animali destinati all’alimentazione umana;”

2° È inserito il punto 14 bis, che prevede quanto segue:

“14 bis) stordimento: qualsiasi procedimento applicato intenzionalmente a un animale, che ne provochi in modo indolore la perdita di coscienza e di sensibilità, incluso qualsiasi processo determinante la morte istantanea”».

29.

L’articolo 3 del decreto impugnato così dispone:

«L’articolo 15 della medesima legge è sostituito dal seguente:

“Articolo 15 § 1. Un animale vertebrato può essere abbattuto solo previo stordimento. L’abbattimento deve essere effettuato esclusivamente da una persona in possesso delle conoscenze e delle competenze richieste e mediante il metodo meno doloroso, più rapido e selettivo.

In deroga al paragrafo 1, un animale vertebrato può essere abbattuto senza previo stordimento:

1) in caso di forza maggiore;

2) durante attività venatorie o di pesca;

3) nel contesto della lotta ai parassiti.

§ 2. Quando gli animali sono macellati secondo metodi speciali prescritti da riti religiosi, lo stordimento deve essere reversibile e la morte dell’animale non può essere causata dallo stordimento”.

30.

L’articolo 4 del decreto impugnato dispone come segue:

«L’articolo 16 della stessa legge, come modificata dalla legge del 4 maggio 1995, dal regio decreto del 22 febbraio 2001 e dalla legge del 7 febbraio 2014, è sostituito dal seguente:

“Articolo 16. § 1. Il governo fiammingo stabilisce le condizioni concernenti:

1) i metodi di stordimento e di abbattimento degli animali in funzione delle circostanze e delle specie animali;

2) la costruzione, la configurazione e le attrezzature dei macelli;

3) le garanzie di indipendenza della persona responsabile del benessere degli animali;

4) le capacità della persona responsabile del benessere degli animali, del personale dei macelli e delle persone coinvolte nell’abbattimento degli animali, ivi compresi il contenuto e l’organizzazione della formazione e degli esami, nonché il rilascio, la revoca e la sospensione dei relativi certificati.

§ 2 Il governo fiammingo può autorizzare stabilimenti destinati alla macellazione in gruppo di animali destinati al consumo nazionale privato e fissare le condizioni per la macellazione al di fuori di un macello di animali destinati al consumo nazionale privato”».

31.

L’articolo 5 del decreto impugnato così dispone:

«Nella medesima legge, come da ultimo modificata dalla legge del 7 febbraio 2014, è inserito il seguente articolo 45 ter:

“Art. 45 ter. In deroga all’articolo 15, lo stordimento dei bovini macellati con metodi speciali prescritti da riti religiosi può avvenire immediatamente dopo il taglio della gola, fino alla data in cui il governo fiammingo decida che lo stordimento reversibile è concretamente applicabile a tali specie animali”».

32.

L’articolo 6 del decreto impugnato prevede che esso entri in vigore il 1o gennaio 2019.

III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

33.

I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto vari ricorsi di annullamento del decreto impugnato dinanzi al Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale).

34.

A sostegno dei loro ricorsi di annullamento dinanzi al Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale), i ricorrenti deducono, in sostanza, i motivi esposti nel prosieguo.

In primo luogo, la violazione del regolamento n. 1099/2009, in combinato disposto con il principio di uguaglianza e di non discriminazione, atteso che ai fedeli ebrei e islamici verrebbe negata la garanzia, prevista all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, secondo la quale le macellazioni rituali non possono essere assoggettate al requisito del previo stordimento, e poiché il decreto impugnato, in violazione dell’articolo 26, paragrafo 2, del citato regolamento, non sarebbe stato tempestivamente notificato alla Commissione europea.

In secondo luogo, la violazione della libertà di religione, in quanto ai fedeli ebrei e islamici sarebbe reso impossibile, da un lato, macellare animali secondo le prescrizioni della loro religione e, dall’altro lato, procurarsi carne proveniente da animali macellati ai sensi di dette prescrizioni religiose.

In terzo luogo, la violazione del principio della separazione tra Chiesa e Stato, posto che le disposizioni del decreto impugnato prescriverebbero in che modo un rito religioso deve essere eseguito.

In quarto luogo, la violazione del diritto al lavoro e alla libera scelta della professione, la libertà di impresa e la libera circolazione dei beni e dei servizi, atteso che ai macellatori religiosi verrebbe impedito di esercitare la loro professione, ai macellatori e alle macellerie di offrire ai loro clienti carne per la quale possano garantire che proviene da animali macellati secondo le prescrizioni religiose e atteso che verrebbe falsata la concorrenza tra i macelli situati nella Regione delle Fiandre e quelli situati nella Regione di Bruxelles Capitale o in un altro Stato membro dell’Unione europea dove la macellazione senza previo stordimento è consentita.

In quinto luogo, la violazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione, in quanto:

i fedeli ebrei e islamici, senza ragionevole giustificazione, verrebbero trattati allo stesso modo di persone non soggette a prescrizioni alimentari dettate da una religione;

le persone che abbattono animali nel corso di attività venatorie o di pesca ricreativa o nella lotta a organismi nocivi, da un lato, e quelle che abbattono animali secondo metodi di macellazione particolari, prescritti dagli usi di un culto, dall’altro, sarebbero trattate diversamente senza ragionevole giustificazione, e

i fedeli ebrei, da un lato, e quelli islamici, dall’altro, verrebbero trattati allo stesso modo senza ragionevole giustificazione.

35.

Di converso, i governi fiammingo e vallone ritengono che l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 autorizzi espressamente gli Stati membri a discostarsi dall’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento ( 7 ).

36.

Il giudice del rinvio osserva che la deroga all’obbligo di stordire l’animale prima dell’abbattimento, di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, si fonda sul principio della libertà di religione, come sancito all’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.

37.

Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, gli Stati membri possono discostarsi dall’eccezione in questione. Infatti, l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 autorizza gli Stati membri a derogare dal disposto dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento al fine di promuovere il benessere degli animali. A tale riguardo, non vengono precisati limiti ai quali gli Stati membri dell’Unione devono attenersi ( 8 ).

38.

Il giudice del rinvio osserva che si pone, dunque, la questione se l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 possa essere interpretato nel senso che agli Stati membri dell’Unione europea è consentito adottare disposizioni nazionali come quelle contenute nel decreto in parola, e se detta disposizione, interpretata in tal senso, sia compatibile con la libertà di religione, come garantita dall’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.

39.

Inoltre, il giudice del rinvio osserva che il regolamento n. 1099/2009 si limita a prevedere una deroga all’obbligo di previo stordimento soggetta a condizioni, per quanto riguarda l’abbattimento degli animali secondo metodi di macellazione rituale, mentre l’abbattimento di animali nel corso di attività venatorie, di pesca e di eventi sportivi e culturali è interamente esentato da siffatto obbligo ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera a), numero ii), del regolamento n. 1099/2009. A tale riguardo, il giudice del rinvio chiede se il regolamento n. 1099/2009 determini una discriminazione ingiustificata giacché gli Stati membri possono limitare la deroga per le macellazioni religiose, mentre l’abbattimento degli animali senza previo stordimento è ammesso nelle attività venatorie, nella pesca e negli eventi sportivi o culturali.

40.

In tali circostanze, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento [n. 1099/2009] debba essere interpretato nel senso che, in deroga al disposto dell’articolo 4, paragrafo 4, di detto regolamento e al fine di promuovere il benessere degli animali, agli Stati membri è consentito adottare disposizioni come quelle del decreto [impugnato], disposizioni che prevedono, da un lato, un divieto di macellazione degli animali senza previo stordimento che vale anche per la macellazione eseguita nel quadro di un rito religioso e, dall’altro lato, un procedimento di stordimento alternativo per la macellazione eseguita nel quadro di un rito religioso basato sullo stordimento reversibile e sulla norma secondo la quale lo stordimento non può comportare la morte dell’animale.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del citato regolamento, nell’interpretazione di cui alla prima questione, violi l’articolo 10, paragrafo 1, della [Carta].

3)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 4, del citato regolamento, nell’interpretazione di cui alla prima questione, violi gli articoli 20, 21 e 22 della [Carta], in quanto l’abbattimento degli animali secondo metodi particolari richiesti per riti religiosi è previsto soltanto in una deroga, condizionata, all’obbligo di stordire l’animale (articolo 4, paragrafo 4, in combinato disposto con l’articolo 26, paragrafo 2), mentre per l’abbattimento di animali durante attività venatorie o di pesca ricreativa e durante eventi sportivi e culturali, per i motivi indicati nel preambolo del regolamento, sono previste disposizioni ai sensi delle quali le attività in parola non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento, né nell’obbligo di stordire l’animale durante l’abbattimento (articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, e paragrafo 3)».

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

41.

Il Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a., l’Executief van de Moslims van België e a., il Coördinatie Comité van Joodse Organisaties van België, la Section belge du Congrès juif mondial et Congrès juif européen VZW, LI, il Vlaamse Regering, il Waalse Regering, la Global Action in the Interest of Animals VZW (GAIA), i governi danese, finlandese e svedese, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte sulle questioni proposte dal Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale).

42.

All’udienza dinanzi alla Corte dell’8 luglio 2020, il Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a., l’Unie Moskeeën Antwerpen VZW, l’Executief van de Moslims van België e a., il Coördinatie Comité van Joodse Organisaties van België, la Section belge du Congrès juif mondial et Congrès juif européen VZW, LI, il Vlaamse Regering, il Waalse Regering, la Global Action in the Interest of Animals VZW (GAIA), i governi danese e finlandese, il Consiglio e la Commissione hanno presentato osservazioni orali. Per quanto concerne il governo finlandese, il suo agente è stato autorizzato a presentare osservazioni in videoconferenza.

V. Analisi

43.

Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) ha sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali. Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni saranno incentrate sulla prima e sulla seconda questione proposte dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale.

44.

Con la sua prima questione, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) si interroga sull’interpretazione dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009. In particolare, il giudice del rinvio si interroga sulla portata dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 e sulla questione se esso consenta agli Stati membri, in deroga all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento e al fine di promuovere il benessere degli animali, di adottare norme quali quelle contenute nel decreto impugnato. Sulla base dell’interpretazione fornita per quanto concerne l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) chiede, con la sua seconda questione, se tale disposizione del diritto dell’Unione violi l’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.

45.

Tenuto conto del nesso intrinseco esistente tra le prime due questioni, ritengo opportuno fornire una risposta congiunta.

A.   Osservazioni preliminari

46.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulterebbe che il decreto impugnato è stato notificato alla Commissione il 29 novembre 2017 ( 9 ), conformemente all’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), secondo trattino, del regolamento n. 1099/2009. Nelle memorie scritte presentate alla Corte si sostiene il carattere tardivo della notificazione in questione ( 10 ) e, dunque, l’invalidità del decreto impugnato. A tal riguardo, rilevo che il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) ha fatto specifico riferimento alla notificazione in questione nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale. Il giudice del rinvio non ha tuttavia sollevato alcun dubbio in merito alla validità del decreto impugnato a tale riguardo. Peraltro, nessuna delle questioni proposte si riferisce specificamente a tale aspetto né riguarda l’interpretazione dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), secondo trattino, del regolamento n. 1099/2009. Ritengo quindi che tale questione, in particolare in considerazione dell’assenza di un vero e proprio dibattito tra le parti al riguardo, esuli dall’ambito del presente procedimento.

47.

Inoltre, vi è stato un dibattito, dinanzi alla Corte, sulla questione se il previo stordimento reversibile che non comporti la morte di un animale o lo stordimento post-taglio degli animali vertebrati soddisfi i particolari metodi di macellazione rituale previsti dalla fede islamica ed ebraica. A tal riguardo, sembrerebbe che vi siano divergenze di vedute sul tema in entrambe le religioni ( 11 ). Come ho rilevato nelle mie conclusioni nella causa C‑243/19 A/Veselibas Ministrija ( 12 ), un giudice laico non può compiere scelte in materia di ortodossia religiosa: è sufficiente, a mio avviso, constatare che esiste un numero considerevole di fedeli islamici ed ebraici per i quali la macellazione di animali senza stordimento è considerata un elemento essenziale di un rito religioso necessario. Propongo, pertanto, di procedere su tale base ( 13 ).

48.

In ogni caso, la Corte ha chiaramente affermato, al punto 51 della sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335), che l’esistenza di eventuali divergenze teologiche su tale argomento non può, di per sé, inficiare la qualificazione come «rito religioso» della prassi relativa alla macellazione rituale, quale descritta dal giudice del rinvio ( 14 ).

49.

Nonostante il fatto che il giudice del rinvio abbia spiegato in modo molto dettagliato che il decreto impugnato è stato adottato a seguito di un’approfondita concertazione con rappresentanti di differenti gruppi religiosi e che il legislatore fiammingo ha compiuto sforzi considerevoli per un periodo di tempo prolungato (dal 2006) al fine di conciliare gli obiettivi di promozione del benessere degli animali con il rispetto dello spirito della macellazione rituale ( 15 ), tale giudice ha osservato, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, che il decreto impugnato prevede un divieto di macellazione rituale senza stordimento, macellazione che, in precedenza, era consentita ai sensi del diritto nazionale e della deroga di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 ( 16 ).

B.   Articolo 4, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 1099/2009 e giurisprudenza attuale relativa a tali disposizioni

50.

Il regolamento n. 1099/2009 detta norme concernenti, inter alia, l’abbattimento degli animali allevati o detenuti per la produzione di alimenti. Come risulta dal titolo stesso del regolamento e dal suo articolo 3, paragrafo 1, il principale obiettivo del regolamento è proteggere gli animali e risparmiare loro dolori, ansia o sofferenze evitabili durante l’abbattimento e le operazioni correlate.

51.

Pertanto, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1099/2009 dispone in termini inequivocabili che «[g]li animali sono abbattuti esclusivamente previo stordimento».

52.

A mio avviso, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1099/2009 costituisce la pietra angolare di tale regolamento, che rispecchia e concretizza l’obbligo chiaro, imposto dalla prima parte dell’articolo 13 TFUE, tanto in capo all’Unione, quanto in capo agli Stati membri, di tenere pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali, in quanto esseri senzienti. A tal riguardo, la Corte ha precisato, al punto 47 della sentenza del 26 febbraio 2019, Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2019:137), che diversi studi scientifici hanno dimostrato che lo stordimento preliminare costituisce la tecnica meno lesiva del benessere degli animali durante l’abbattimento.

53.

Nonostante i termini rigorosi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1099/2009, l’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento prevede tuttavia che, in deroga a tale norma, nel caso di animali sottoposti a particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi, «[l]e disposizioni di cui al paragrafo 1 non si applicano (…) a condizione che la macellazione abbia luogo in un macello» ( 17 ). L’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 risponde quindi alla necessità di garantire la facoltà dei fedeli di talune religioni di mantenere riti religiosi essenziali e di consumare carne di animali macellati secondo le norme dettate da tale religione.

54.

La legittimità della facoltà, prevista all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, di effettuare la macellazione rituale in un macello alla luce delle disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta è stata esaminata dalla Corte nella sua sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335). Ai punti da 43 a 45 di tale sentenza, la Corte ha ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione tutelato dall’articolo 10, paragrafo 1, della Carta include tra l’altro la libertà di ogni persona di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei vari riti che essa comporta. Inoltre, la Carta presenta un’accezione più ampia della nozione di «religione» ivi contemplata, la quale può comprendere sia il forum internum, ossia il fatto di avere convinzioni, sia il forum externum, ossia la manifestazione pubblica della fede religiosa. La Corte ha quindi statuito che i particolari metodi di macellazione prescritti dai riti religiosi, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta, in quanto parte della manifestazione pubblica di una fede religiosa ( 18 ).

55.

La Corte ha ritenuto che la deroga autorizzata dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, la quale è sottoposta alla condizione che la macellazione sia effettuata in un macello ( 19 ), non detti alcun divieto della prassi della macellazione rituale nell’Unione, ma, al contrario, dia concreta attuazione all’impegno positivo del legislatore dell’Unione di consentire la prassi della macellazione di animali senza previo stordimento, al fine di garantire l’effettivo rispetto della libertà di religione ( 20 ).

56.

La deroga di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 alla regola prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento ammette, dunque, la prassi della macellazione rituale, nel contesto della quale l’animale può essere messo a morte senza previo stordimento, solo al fine di garantire il rispetto della libertà di religione, poiché tale forma di macellazione non è tale da attenuare del tutto il dolore, l’ansia o la sofferenza degli animali in modo efficace come la macellazione preceduta da stordimento, che, conformemente all’articolo 2, lettera f), del regolamento stesso, letto in combinato disposto con il suo considerando 20, è necessario per indurre nell’animale uno stato di incoscienza e di perdita di sensibilità tale da ridurre considerevolmente la sua sofferenza ( 21 ).

57.

L’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, dunque, riflette il desiderio del legislatore dell’Unione di rispettare la libertà di religione e il diritto di manifestare la propria religione o la propria convinzione mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti, come stabilito dall’articolo 10 della Carta, nonostante le sofferenze evitabili causate agli animali nel contesto della macellazione rituale senza previo stordimento ( 22 ). Pertanto, tale disposizione dà attuazione, a mio avviso, all’impegno dell’Unione verso una società tollerante, pluralistica, in cui vi sono punti di vista e convinzioni divergenti o, talora, confliggenti, che devono essere conciliati.

58.

Risulta tuttavia dai punti 56 e seguenti della sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335), che possono essere imposti condizioni o requisiti tecnici, volti a minimizzare la sofferenza degli animali durante l’abbattimento e a garantire la salute di tutti i consumatori di carne, applicati in modo neutro e non discriminatorio, alla libertà di procedere alla macellazione senza previo stordimento per fini religiosi, al fine di organizzare e gestire tale macellazione. Così, come già osservato, la Corte ha ritenuto, al punto 68 della sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335), che il requisito ai sensi del quale tale macellazione deve avvenire in un macello ( 23 )non comporta alcuna limitazione del diritto alla libertà di religione ( 24 ).

59.

Inoltre, nella sentenza del 26 febbraio 2019, Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2019:137, punti da 48 a 50), la Corte ha dichiarato, in sostanza, che sebbene il benessere degli animali possa essere sacrificato, in una certa misura, per permettere la pratica della macellazione rituale, la deroga prevista dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 non si estende al di là di quanto strettamente necessario per garantire il rispetto della libertà di religione. Il contenuto delle convinzioni in questione si estende al consumo di carne proveniente da animali macellati conformemente ai riti religiosi.

60.

Inoltre, da detta sentenza risulta, a mio avviso, che la prassi della macellazione rituale degli animali senza previo stordimento comporterà, in talune circostanze, un trattamento diverso dei prodotti derivati da tale rito rispetto ai prodotti ottenuti da macellazione effettuata in modo da rispettare criteri più elevati per quanto concerne il benessere degli animali.

61.

È evidente che l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, in quanto deroga alla regola contenuta nell’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, deve essere interpretato restrittivamente. Ciò è necessario per proteggere gli animali durante l’abbattimento nella misura più ampia possibile, garantendo al contempo il rispetto della libertà di religione e delle convinzioni religiose profonde. Nonostante l’evidente tensione tra questi due obiettivi, talora confliggenti, l’aspetto che più colpisce dell’interazione tra tali disposizioni del regolamento n. 1099/2009 è, a mio avviso, la formulazione assai rigorosa dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento e la portata del divieto da esso sancito. Ciò contrasta con l’assenza di limiti concreti o specifici alla deroga contenuta nell’articolo 4, paragrafo 4, ad eccezione del requisito ai sensi del quale la macellazione in questione deve essere prescritta da un rito religioso ed effettuata in un macello ( 25 ).

62.

In tale contesto, non posso evitare di rilevare che, purtroppo, l’espressione «agli animali sottoposti a particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi» di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 è vaga e, dunque, suscettibile di un’interpretazione estensiva a danno del benessere degli animali ( 26 ). Certamente, alla protezione del benessere degli animali di cui all’articolo 13 TFUE devono essere riconosciuti un peso e un significato reali da parte del legislatore dell’Unione. Sebbene esso debba piegarsi, in determinate circostanze, all’obiettivo ancor più importante di garantire le libertà e le convinzioni religiose, siffatte circostanze dovrebbero essere chiare e precise. Ci si può legittimamente chiedere se tutti i prodotti ottenuti da animali macellati ai sensi della deroga prevista dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 siano effettivamente destinati al consumo da parte di persone che esigono tale forma di macellazione al fine di adempiere alle prescrizioni della loro religione. Dal fascicolo dinanzi alla Corte risulta che prodotti ottenuti da animali macellati senza previo stordimento sono destinati al consumo da parte di membri del pubblico che, oltre a non essere a conoscenza di tale circostanza, non esigono tale tipo di macellazione per rispettare norme alimentari prescritte dalla religione ( 27 ). Infatti, taluni consumatori potrebbero sollevare obiezioni religiose, di coscienza o morali al consumo di tali prodotti, tenuto conto dell’evitabile sofferenza patita dagli animali in questione.

63.

Nonostante i termini chiari dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1099/2009, è difficile evitare la conclusione secondo cui l’unico modo in cui i consumatori dell’Unione possono essere certi della conformità dei prodotti di origine animale all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1099/2009 consiste nel consumare prodotti recanti il logo biologico dell’Unione europea. Con tutto ciò intendo sostenere che se è vero che gli Stati membri sono tenuti a rispettare le convinzioni religiose profonde dei fedeli islamici ed ebrei, consentendo la macellazione degli animali in tale forma, essi hanno obblighi anche per quanto attiene al benessere di detti esseri senzienti. In particolare, una situazione di fatto in cui prodotti a base di carne risultanti dalla macellazione di animali conformemente a riti religiosi possono, semplicemente, essere immessi nella catena alimentare generale ed essere consumati da clienti che ignorano il modo - e non sono stati informati al riguardo - in cui gli animali sono stati macellati non sarebbe conforme né allo spirito né al tenore letterale dell’articolo 13 TFUE.

64.

Dal fascicolo dinanzi alla Corte emerge che un numero crescente di Stati membri mira a condizionare o limitare, in vari modi, la portata della deroga prevista all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009. Ciò include vietare la macellazione degli animali senza previo stordimento o vietare la macellazione di animali senza previo stordimento (reversibile) o stordimento post-taglio, sulla base, in particolare, dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), di detto regolamento.

65.

Al centro della presente domanda di pronuncia pregiudiziale vi è la legittimità di tale prassi alla luce delle disposizioni del regolamento n. 1099/2009, e in particolare dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), di tale regolamento, sulla quale mi soffermerò ora.

C.   Articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009

66.

L’articolo 26, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1099/2009 consente agli Stati membri di mantenere o di adottare disposizioni nazionali intese a garantire una maggiore protezione degli animali ( 28 ) durante l’abbattimento diverse da quelle contenute in detto regolamento. Ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, gli Stati membri possono infatti prevedere una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento, per quanto concerne la macellazione e lo stordimento ( 29 ) di animali conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento.

67.

Ritengo che il testo dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 non contempli, di per sé, l’eliminazione o la quasi eliminazione ( 30 ), da parte degli Stati membri, della prassi della macellazione rituale. Ciò risulta chiaramente dalla formulazione della deroga contenuta all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento, che mira a proteggere la libertà di religione. I termini generali dell’articolo 26, paragrafo 2, non possono essere interpretati in modo tale da svuotare di contenuto le disposizioni specifiche dell’articolo 4, paragrafo 4.

68.

Di converso, l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 mantiene tale deroga, pur consentendo, in applicazione del principio di sussidiarietà e al fine di tener conto delle sensibilità nazionali per quanto concerne il benessere degli animali, l’adozione, da parte degli Stati membri, di norme nazionali supplementari o più rigorose rispetto all’obbligo esplicito previsto all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento, ai sensi del quale la macellazione degli animali sottoposti a particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi deve essere effettuata in un macello.

69.

Tali norme supplementari potrebbero, ad esempio, prevedere il requisito della presenza costante di un veterinario qualificato durante la macellazione rituale (oltre ai requisiti relativi a un responsabile della tutela del benessere animale di cui all’articolo 17 del regolamento n. 1099/2009), che la persona addetta a tale particolare forma di macellazione sia formata in modo adeguato, norme relative alla natura, alle dimensioni e all’affilatura del coltello utilizzato, nonché il requisito di un secondo coltello in caso di danneggiamento del primo durante la macellazione.

70.

Pertanto, l’adozione da parte degli Stati membri di norme più rigorose in applicazione dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 deve avvenire nel contesto e nel pieno rispetto della natura della deroga prevista all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento. Ciò non significa, tuttavia, che gli Stati membri possano avvalersi della facoltà prevista all’articolo 26, paragrafo 2, del regolamento n. 1099/2009 in modo tale da annullare, di fatto, la deroga prevista all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento, deroga che, del resto, è stata a sua volta concepita al fine di rispettare la libertà religiosa dei fedeli ebrei e islamici, per i quali la macellazione rituale degli animali costituisce una caratteristica essenziale delle tradizioni, pratiche e, altresì, identità religiose.

71.

Infatti, il considerando 18 del regolamento n. 1099/2009 chiarisce che la possibilità, per gli Stati membri, di mantenere o adottare norme più rigorose rispecchia la volontà del legislatore dell’Unione di «concede[re] (…) un certo livello di sussidiarietà a ciascuno Stato membro»mantenendo, al contempo, la deroga allo stordimento degli animali prima della macellazione di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 ( 31 ).

72.

L’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 consente quindi l’adozione di norme nazionali più rigorose al fine di proteggere il benessere degli animali, ma senza intaccare il «nucleo» della pratica religiosa di cui si tratta, vale a dire la macellazione rituale. Esso non autorizza quindi gli Stati membri a vietare la macellazione degli animali come prescritta da riti religiosi ed esplicitamente autorizzata dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 ( 32 ).

73.

A mio avviso, qualsiasi altra interpretazione dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, oltre ad essere contraria alla formulazione stessa della disposizione in questione ( 33 ) e al chiaro intento del legislatore dell’Unione ( 34 ), costituirebbe una limitazione della libertà di religione garantita dall’articolo 10, paragrafo 1, della Carta e richiederebbe una giustificazione esplicita e dettagliata, conformemente al triplice criterio stabilito all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. In questa sede, è sufficiente rilevare che il regolamento n. 1099/2009 non contiene siffatta giustificazione.

74.

Poiché sia i considerando del regolamento n. 1099/2009, sia la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 4, indicano chiaramente la volontà di preservare la macellazione rituale degli animali, la competenza supplementare riconosciuta agli Stati membri ai sensi delle disposizioni dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 ( 35 ) in materia di macellazione degli animali in modo conforme all’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, ha semplicemente lo scopo di consentire loro di adottare le misure supplementari che reputino opportune per promuovere il benessere degli animali di cui trattasi.

75.

Ribadisco, quindi, che tali misure supplementari non si estendono alla proibizione della macellazione rituale senza stordimento previo o post-taglio, poiché ciò equivarrebbe a negare la vera e propria natura dell’esenzione prevista all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009. Ciò, a sua volta, intaccherebbe l’essenza delle garanzie concernenti la religione contenute nell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta per i fedeli ebrei e islamici, in particolare per coloro i quali attribuiscono una profonda e personale importanza religiosa a tali riti. Ritengo quindi che, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, e conformemente alla sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335), gli Stati membri possano, ad esempio, prevedere condizioni o requisiti tecnici ( 36 ) intesi a minimizzare la sofferenza degli animali durante l’abbattimento e a promuovere il loro benessere, in aggiunta al requisito previsto all’articolo 4, paragrafo 4, secondo cui la macellazione rituale deve essere effettuata in un macello.

76.

Non reputo utile formulare congetture in merito al tipo di misure che potrebbero essere legittimamente adottate dagli Stati membri in forza dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 o ai sensi di qualsiasi altra base giuridica, poiché ciò esula chiaramente dalla portata del presente procedimento e, dunque, non ha formato oggetto di un effettivo dibattito in tale contesto ( 37 ). Non spetta alla Corte esprimere pareri consultivi in materia. È sufficiente limitarsi a dichiarare che tale competenza non si estende alla proibizione della macellazione rituale senza previo stordimento, così come previsto dal legislatore fiammingo nel procedimento di cui trattasi.

77.

La mia conclusione intermedia, dunque, è che l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafi 1 e 4 di tale regolamento e alla luce dell’articolo 10 della Carta e dell’articolo 13 TFUE, deve essere interpretato nel senso che non consente agli Stati membri di adottare norme che prevedano, da un lato, un divieto di macellazione di animali senza stordimento che si applichi anche alla macellazione effettuata nell’ambito di un rito religioso e, dall’altro, un procedimento di stordimento alternativo per la macellazione effettuata nell’ambito di un rito religioso, basato sullo stordimento reversibile e sulla condizione che lo stordimento non provochi la morte dell’animale.

78.

L’esame delle questioni proposte non ha rivelato alcun elemento idoneo a inficiare la validità dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, alla luce dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.

79.

Tali conclusioni non sono messe in discussione dal fatto che sarebbe sempre possibile, almeno in linea di principio, per le comunità ebraiche e islamiche importare, rispettivamente, carne kosher e carne halal. Oltre al fatto che il ricorso a tali importazioni non sarebbe sempre garantito (ad esempio, la Corte è stata informata all’udienza dell’8 luglio 2020 che taluni Stati membri, quali la Repubblica federale di Germania e il Regno dei Paesi Bassi, hanno imposto divieti di esportazione per tali prodotti a base di carne), è difficile che ciò possa essere soddisfacente se tale approccio fosse adottato da tutti gli Stati membri. Resta il fatto che il nucleo centrale del diritto garantito dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 si applica incondizionatamente in ogni Stato membro e che non può essere privato di contenuto dalla facoltà di adottare disposizioni supplementari ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), di tale regolamento.

80.

Tuttavia, il presente procedimento rivela, a suo modo, la fragilità del quadro legislativo attuale. Se (come ritengo) le prescrizioni di cui all’articolo 13 TFUE devono essere intese nel senso che impongono veri e propri obblighi in capo agli Stati membri, il legislatore dell’Unione deve garantire, quantomeno, che i consumatori siano informati in modo chiaro e inequivocabile quando i prodotti provengono da animali abbattuti senza previo stordimento.

81.

Un siffatto approccio, neutro e non discriminatorio, prevedendo che a tutti i consumatori siano fornite informazioni supplementari attraverso la tracciabilità e l’etichettatura dei prodotti derivati dagli animali, consentirebbe loro di compiere scelte libere e consapevoli per quanto concerne il consumo di tali prodotti ( 38 ). Inoltre, ciò costituirebbe un passo avanti nella promozione del benessere degli animali, riducendo la loro sofferenza durante l’abbattimento e tutelando, al contempo, la libertà di religione ( 39 ).

D.   Articolo 26, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009

82.

Inoltre, anche la facoltà, concessa agli Stati membri, di adottare disposizioni nazionali supplementari o più rigorose è condizionata o limitata dall’articolo 26, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009. Tale disposizione prevede che tali norme nazionali non possono ostacolare la libera circolazione dei prodotti di origine animale derivati da animali abbattuti in un altro Stato membro che preveda una protezione minore. Dunque, come previsto nel considerando 57 del regolamento n. 1099/2009, è consentita una maggiore protezione degli animali durante l’abbattimento, purché ciò non pregiudichi il funzionamento del mercato interno.

83.

Il giudice del rinvio ha indicato, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, che, secondo il legislatore fiammingo, «il decreto impugnato non aveva alcuna incidenza sulla possibilità per i credenti di ottenere la carne proveniente da animali macellati nel modo prescritto dai riti religiosi, dato che nessuna disposizione vieta l’importazione di tale carne nella regione fiamminga».

84.

Ritengo che i requisiti imposti dall’articolo 26, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, secondo cui le norme adottate dagli Stati membri sulla base dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009 non devono ostacolare il funzionamento del mercato interno, non incidano sul fatto che le misure adottate dagli Stati membri sulla base di quest’ultima disposizione devono operare nel contesto e nel pieno rispetto della deroga prevista all’articolo 4, paragrafo 4, di detto regolamento. Il fatto che prodotti animali rispondenti a particolari metodi di macellazione prescritti da riti religiosi possano essere ottenuti da un altro Stato membro non può sanare, di per sé, il mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009.

85.

Indubbiamente, nella sentenza Cha’are Shalom Ve Tsedek c. Francia (Corte EDU, 20 giugno 2000, CE:ECHR:2000:0627JUD002741795) la Corte EDU ha ritenuto che sussisterebbe un’ingerenza nella libertà di professare la propria religione soltanto qualora il divieto di effettuare legalmente una macellazione rituale rendesse impossibile il consumo di carne proveniente da animali macellati secondo le pertinenti prescrizioni religiose. Pertanto, secondo la Corte EDU, non sussiste violazione della libertà di professare la propria religione se una persona può facilmente ottenere da un altro Stato carni compatibili con le prescrizioni religiose ( 40 ).

86.

Sebbene il diritto garantito dall’articolo 10, paragrafo 1, della Carta corrisponda al diritto garantito dall’articolo 9 della CEDU, della quale tutti gli Stati membri sono firmatari e che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, ha lo stesso significato e la stessa portata, è chiaro che il legislatore dell’Unione, adottando l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 ed esigendo che l’articolo 26 del regolamento n. 1099/2009 operi entro i confini di tale disposizione, ha inteso concedere una protezione più specifica alla libertà di religione di quella richiesta dall’articolo 9 della CEDU.

87.

A mio avviso, non si può negare il fatto che, spesso, la preservazione della macellazione rituale degli animali mal si concilia con le moderne concezioni del benessere degli animali. La deroga prevista dall’articolo 4, paragrafo 4, costituisce, tuttavia, una scelta politica che il legislatore dell’Unione era certamente legittimato a compiere. Ne consegue che la Corte non può ammettere che tale scelta politica specifica sia svuotata del suo contenuto da singoli Stati membri che, in nome del benessere degli animali, pongano in essere un’azione concreta il cui effetto sostanziale sarebbe vanificare la deroga a favore di taluni fedeli religiosi. Tuttavia, nessuno di tali elementi rende incompatibile l’articolo 26 del regolamento n. 1099/2009, e in particolare, l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), di tale regolamento, con l’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.

VI. Conclusione

88.

Suggerisco pertanto di rispondere alla prima e alla seconda questione proposte dal Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio) nel modo seguente:

L’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafi 1 e 4 di tale regolamento e alla luce dell’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dell’articolo 13 TFUE, deve essere interpretato nel senso che non consente agli Stati membri di adottare norme che prevedano, da un lato, un divieto di macellazione di animali senza stordimento che si applichi anche alla macellazione effettuata nell’ambito di un rito religioso e, dall’altro, un procedimento di stordimento alternativo per la macellazione effettuata nell’ambito di un rito religioso, basato sullo stordimento reversibile e con la condizione che lo stordimento non provochi la morte dell’animale.

L’esame delle questioni proposte non ha rivelato alcun elemento idoneo a inficiare la validità dell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009, alla luce dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Il campo di applicazione delle disposizioni nazionali in questione è limitato agli animali vertebrati e non riguarda gli animali in generale. Ne consegue che la portata del procedimento dinanzi alla Corte è quindi circoscritta.

( 3 ) Il giudice del rinvio osserva inoltre che, con il decreto del 18 maggio 2017«che modifica gli articoli 3, 15 e 16 e introduce l’articolo 45 ter nella legge del 14 agosto 1986 relativa al benessere e alla protezione degli animali», la Regione della Vallonia ha adottato disposizioni il cui contenuto è molto simile a quello delle disposizioni contenute nel decreto della Regione delle Fiandre. Inoltre, dal fascicolo dinanzi alla Corte risulta chiaramente che una serie di Stati membri ha adottato analoghi divieti della macellazione di animali senza stordimento al fine di tutelare il benessere degli animali.

( 4 ) Regolamento del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento (GU 2009, L 303, pag. 1).

( 5 ) V. considerando 18 del regolamento n. 1099/2009 e sentenze del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335, punti 53 e da 55 a 57) e del 26 febbraio 2019, Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2019:137, punto 48).

( 6 ) V. considerando 18 del regolamento n. 1099/2009.

( 7 ) Per un’esposizione più dettagliata di tali argomenti e degli argomenti delle altre parti dinanzi al giudice del rinvio, v. la domanda di pronuncia pregiudiziale di cui alla presente causa.

( 8 ) V. punto B.23.2 della domanda di pronuncia pregiudiziale e pag. 6 della traduzione inglese.

( 9 ) La Commissione dichiara che la notificazione in questione è avvenuta il 27 novembre 2018.

( 10 ) Occorre rilevare che, a tale riguardo, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale) ha considerato, al punto B.22.3 della domanda di pronuncia pregiudiziale, che il decreto impugnato era stato notificato alla Commissione tempestivamente, dato che l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), secondo trattino, del regolamento n. 1099/2009 non prevede un termine e che, in conformità all’articolo 6 del decreto impugnato, ad esempio, è entrato in vigore soltanto il 1o gennaio 2019.

( 11 ) V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2017:926, paragrafi da 51 a 54) e le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2018:747, paragrafi 4647). Al paragrafo 51 di queste ultime conclusioni, l’avvocato generale Wahl ha dichiarato che «[a]ttualmente sul mercato esistono prodotti con etichetta “halal” ottenuti dalla macellazione di animali effettuata con stordimento preliminare. Analogamente, si è potuto evidenziare che la carne ottenuta da animali macellati in assenza di stordimento è distribuita nel circuito classico, senza che i consumatori ne siano informati (…). In definitiva, l’apposizione di un’etichetta “halal” su certi prodotti fornisce soltanto pochissime indicazioni riguardo al ricorso allo stordimento al momento della macellazione degli animali e, eventualmente, riguardo al metodo di stordimento scelto».

( 12 ) Conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa A./Veselibas Ministrija (C‑243/19, EU:C:2020:325, paragrafo 5).

( 13 ) Riconosco che tale approccio, ispirato dal necessario rispetto delle diverse concezioni e tradizioni religiose, che costituisce un elemento indispensabile per la garanzia della libertà di religione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, della Carta, possa essere difficile da conciliare con il fatto che l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009, in quanto deroga all’articolo 4, paragrafo 1, deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva.

( 14 ) V. anche conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2017:926, paragrafo 57). V. inoltre l’opinione dissenziente dei giudici Bratza, Fischbach, Thomassen, Tsatsa-Nikolovska, Panţîru, Levits e Traja nella causa Cha’are Shalom Ve Tsedek c. Francia (Corte EDU, 20 giugno 2000, CE:ECHR:2000:0627JUD002741795, §1) in cui tali giudici sostengono che «sebbene sia possibile che si generino tensioni quando una comunità e, in particolare, una comunità religiosa è divisa, si tratta di una delle conseguenze inevitabili della necessità di rispettare il pluralismo. In una situazione del genere, il ruolo delle autorità pubbliche non è quello di rimuovere le cause di tensione eliminando il pluralismo, bensì di adottare tutte le misure necessarie a garantire che i gruppi contrapposti si tollerino a vicenda». La Corte EDU, nella sua pronuncia del 17 marzo 2014, Vartic c. Romania (CE:ECHR:2013:1217JUD001415008) ha dichiarato, al punto 34, che «[l]a libertà di pensiero, di coscienza e di religione denota concezioni che raggiungono un certo grado di cogenza, serietà, coesione e importanza (...). Tuttavia, la Corte ha dichiarato che il dovere di neutralità e di imparzialità dello Stato, quale definito dalla sua giurisprudenza (…) è incompatibile con qualsiasi potere dello Stato di valutare la legittimità di convinzioni religiose (…)».

( 15 ) Siffatta considerazione delle convinzioni religiose è evidenziata dalle eccezioni contenute nel decreto impugnato in materia di stordimento reversibile che non comporta la morte dell’animale e di stordimento post-taglio dei bovini.

( 16 ) Il giudice del rinvio ha osservato, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, che dai lavori preparatori risulta che il legislatore fiammingo è partito dal principio secondo cui la macellazione degli animali senza stordimento provoca loro sofferenze evitabili. Con il decreto impugnato, il legislatore ha quindi inteso promuovere il benessere degli animali. Inoltre, il legislatore fiammingo era consapevole del fatto che il decreto impugnato avrebbe pregiudicato la libertà di religione e ha tentato di bilanciare, da un lato, il suo obiettivo di promozione del benessere degli animali e, dall’altro, il rispetto della libertà di religione.

( 17 ) V. sentenze del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335, punti da 55 a 57) e del 26 febbraio 2019, Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2019:137, punto 48).

( 18 ) Nella sentenza del 14 marzo 2017, G4S Secure Solutions (C‑157/15, EU:C:2017:203, punto 27), la Corte ha statuito che, come emerge dalle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17), il diritto garantito dall’articolo 10, paragrafo 1, di quest’ultima corrisponde a quello garantito dall’articolo 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») e, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, ha significato e portata identici a detto articolo. Secondo una giurisprudenza consolidata, la CEDU non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, uno strumento giuridico formalmente integrato nell’ordinamento dell’Unione. Pertanto, l’esame della validità del regolamento n. 1099/2009 può essere condotto alla luce unicamente dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta. V. sentenza del 28 luglio 2016, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. (C‑543/14, EU:C:2016:605, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

( 19 ) Trattasi di uno stabilimento autorizzato dalle competenti autorità nazionali e che, a tal fine, soddisfa i requisiti tecnici di costruzione, configurazione e attrezzature previste dal regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, GU 2004, L 139, pag. 55, e corrigendum GU 2004, L 226, pag. 22.

( 20 ) Sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335, punto 56).

( 21 ) Sentenza del 26 febbraio 2019, Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2019:137, punto 48). La Corte ha rilevato, al punto 49 di tale sentenza, che «se è pur vero che il regolamento n. 1099/2009 precisa, al suo considerando 43, che la macellazione senza stordimento previo richiede un taglio preciso della gola con un coltello affilato al fine di “ridurre al minimo” le sofferenze dell’animale, l’impiego di una tecnica siffatta non consente di ridurre “il più possibile” le sofferenze dell’animale (…)».

( 22 ) V. considerando 18 del regolamento n 1099/2009.

( 23 ) V., per analogia, Corte EDU, 27 giugno 2000, Cha’are Shalom Ve Tsedek c. Francia, (CE:ECHR:2000:0627JUD002741795, punti 76 e 77) in cui la Grande Sezione della Corte EDU ha affermato che «(…) stabilendo un’eccezione al principio dello stordimento degli animali prima della macellazione, il diritto francese ha concretizzato un impegno positivo dello Stato diretto a garantire il rispetto effettivo della libertà di religione. Il decreto del 1980, lungi dal limitare l’esercizio di tale libertà, procederebbe, al contrario, a disciplinarne e organizzarne il libero esercizio. La Corte ritiene, inoltre, che il fatto che il regime derogatorio diretto a disciplinare la prassi della macellazione rituale prevede che essa possa essere effettuata soltanto da macellatori rituali autorizzati da organismi religiosi riconosciuti non consenta, di per sé, di sostenere che vi sia un’ingerenza nella libertà di manifestare la propria religione. La Corte ritiene, al pari del governo, che vi sia un interesse generale a evitare la macellazione non regolamentata, effettuata in condizioni d’igiene dubbie, e che sia quindi preferibile che, se deve esservi macellazione rituale, questa sia effettuata in macelli controllati dalle autorità pubbliche (…)».

( 24 ) Dato che il requisito in questione non costituiva una limitazione o una restrizione alla libertà di religione riconosciuta dall’articolo 10, paragrafo 1, della Carta, non è stato necessario esaminare tale requisito alla luce del triplice criterio enunciato all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta. Tale criterio stabilisce che eventuali limitazioni all’esercizio, inter alia, della libertà di religione, devono: i) essere previste dalla legge; ii) rispettare il contenuto essenziale di detta libertà; e iii) rispettare il principio di proporzionalità, ai sensi del quale possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. Sebbene possa risultare difficile, in talune circostanze, soddisfare questo triplice criterio, dal ragionamento svolto dalla Corte ai punti 58 e seguenti della sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335), emerge chiaramente, a mio avviso, che se il requisito secondo cui la macellazione rituale deve avvenire in un macello fosse stato considerato una restrizione, esso avrebbe soddisfatto tale triplice criterio.

( 25 ) Non intendo suggerire che la macellazione rituale non sia soggetta ad alcun’altra condizione, ai sensi del regolamento n. 1099/2009, al fine di limitare la sofferenza degli animali al momento della morte. Come indicato dall’avvocato generale Wahl nelle sue conclusioni nella causa Oeuvre d’assistance aux bêtes d’abattoirs (C‑497/17, EU:C:2018:747, paragrafi 7980), la macellazione rituale degli animali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 deve «essere effettuat[a] in condizioni che garantiscano una limitazione della sofferenza degli animali. Così, il considerando 2 del regolamento n. 1099/2009 prevede segnatamente che “[è] opportuno che gli operatori o il personale addetto all’abbattimento adottino i provvedimenti necessari a evitare e a ridurre al minimo l’ansia e la sofferenza degli animali durante il processo di macellazione o abbattimento, tenendo conto delle migliori pratiche nel settore e dei metodi consentiti [da tale] regolamento”. Quanto al considerando 43 di detto regolamento, esso enuncia che “[l]a macellazione senza stordimento richiede un taglio preciso della gola con un coltello affilato al fine di ridurre al minimo le sofferenze”. Inoltre, conformemente agli articoli 9, paragrafo 3, e 15, paragrafo 2, primo comma, del medesimo regolamento, gli animali dovrebbero essere immobilizzati individualmente e unicamente “quando la persona preposta allo stordimento o al dissanguamento è pronta a stordirli o a dissanguarli quanto più rapidamente possibile”. Infine, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1099/2009, “[q]ualora, ai fini dell’articolo 4, paragrafo 4, gli animali siano abbattuti senza essere precedentemente storditi, le persone responsabili della macellazione effettuano controlli sistematici per garantire che gli animali non presentino segni di coscienza o sensibilità prima di essere liberati dal sistema di immobilizzazione e non presentino segni di vita prima di subire la preparazione o la scottatura”».

( 26 ) Ciò, in particolare, quando si tratta di una deroga alla norma molto rigorosa e inequivocabile contenuta nell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1099/2009.

( 27 ) Ad esempio, la Commissione ha indicato, nelle sue osservazioni presentate alla Corte, che le statistiche relative alla macellazione degli animali nelle Fiandre tra il 2010 e il 2016, redatte nel corso del procedimento legislativo che ha condotto all’adozione del decreto impugnato, «sembrano indicare chiaramente la probabilità che molte carni provenienti da macellazione rituale senza stordimento siano state immesse nella catena alimentare ordinaria, la quale, ovviamente, non è caratterizzata da alcun “requisito” religioso». La Commissione ha altresì affermato che ciò si spiega con una ragione economica: l’industria della macellazione ha interesse a mantenere aperto il maggior numero possibile di canali di distribuzione finale della carne ottenuta da animali macellati senza stordimento, ad esempio immettendo talune parti meno costose dell’animale sul mercato halal (ad esempio sotto forma di salsicce di merguez) e altre parti più costose (come il filetto) sulla catena alimentare ordinaria. Inoltre, secondo la Commissione, di regola, circa la metà di un animale macellato è rifiutata, in quanto non rispondente ai requisiti della carne kosher, di modo che, molto probabilmente, tale carne sarà immessa nella catena alimentare ordinaria.

( 28 ) Tali termini non sono definiti. Tuttavia, non ho alcun dubbio che, esigendo il previo stordimento reversibile degli animali o lo stordimento post-taglio dei bovini, il decreto impugnato preveda una maggiore protezione degli animali rispetto a quella risultante dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 e, quindi, rientri nell’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), di tale regolamento.

( 29 ) V. l’uso dei termini «operazioni correlate». È opportuno notare che tali termini, che si riferiscono anche al maneggiamento degli animali durante la macellazione, hanno una portata molto ampia e non sono assolutamente limitati né riferiti principalmente allo «stordimento» degli animali.

( 30 ) Pregiudicando, in tal modo, l’effetto utile della deroga contenuta nell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009.

( 31 ) V. anche il considerando 57 del regolamento n. 1099/2009, ai sensi del quale «è opportuno consentire una certa flessibilità agli Stati membri affinché mantengano o, in alcuni settori specifici, adottino disposizioni nazionali più ampie». Il corsivo è mio.

( 32 ) Inoltre, nonostante i notevoli sforzi compiuti dal legislatore fiammingo per tenere conto, per quanto possibile, delle posizioni delle comunità islamiche ed ebraiche attraverso l’introduzione delle eccezioni per quanto concerne il previo stordimento reversibile che non comporti la morte dell’animale o lo stordimento post-taglio nel caso dei bovini, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta, fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio, che tale soluzione non soddisfa le prescrizioni fondamentali dei riti religiosi in questione per quanto concerne taluni rappresentanti di tali comunità.

( 33 ) E, quindi, contra legem.

( 34 ) Il considerando 18 del regolamento n. 1099/2009 afferma che «[i]l presente regolamento rispetta di conseguenza la libertà di religione e il diritto di manifestare la propria religione (…) come stabilito dall’articolo 10 della Carta (…)».

( 35 ) E del principio di sussidiarietà. È chiaro che il legislatore dell’Unione non ha previsto un’armonizzazione completa in tale specifica materia.

( 36 ) Dal fascicolo dinanzi alla Corte emerge che molti Stati membri hanno interpretato le nozioni di «maggiore protezione» o «disposizioni nazionali più rigorose» nel senso di legittimarli a imporre requisiti tecnici supplementari alle modalità di macellazione degli animali, segnatamente esigendo lo stordimento previo o post-taglio. Ritengo che una maggiore protezione o siffatte disposizioni possano riguardare anche misure che non concernono specificamente il modo in cui gli animali sono macellati, ad esempio misure volte a garantire che il numero di animali macellati conformemente alla deroga di cui all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1099/2009 non ecceda quanto necessario al fine di soddisfare le prescrizioni alimentari di determinati gruppi religiosi. A tal riguardo, riconosco che vi sia una certa sovrapposizione concettuale tra l’articolo 4, paragrafo 4, e l’articolo 26, paragrafo 2, primo comma, lettera c), del regolamento n. 1099/2009. Ciò è dovuto, indubbiamente, a una certa vaghezza della prima disposizione. Tuttavia, è chiaro che la sostanza di tali riti, che per numerosi fedeli ebrei e islamici costituiscono una parte essenziale della loro tradizione ed esperienza religiosa, deve beneficiare di una tutela ai sensi del regolamento n. 1099/2009, come interpretato alla luce dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta.

( 37 ) Esempi di siffatte misure tecniche sono stati menzionati al paragrafo 69 delle presenti conclusioni. Anche l’etichettatura dei prodotti di cui trattasi al fine di informare chiaramente i consumatori che la carne è ottenuta da un animale non sottoposto a stordimento potrebbe costituire una modifica legislativa auspicabile. L’indicazione secondo cui la carne è kosher o halal è destinata soltanto a taluni gruppi religiosi, e non a tutti i consumatori di prodotti provenienti da animali e, quindi, in quanto tale, non è, a mio avviso, sufficiente a tal fine. V. paragrafi 80 e 81 delle presenti conclusioni.

( 38 ) V., per analogia, articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU 2011, L 304, pag. 18), ai sensi del quale «[l]a fornitura di informazioni sugli alimenti tende a un livello elevato di protezione della salute e degli interessi dei consumatori, fornendo ai consumatori finali le basi per effettuare delle scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche». Il corsivo è mio. Il ruolo delle considerazioni etiche nell’etichettatura dei prodotti alimentari nell’ambito del regolamento n. 1169/2011 è stato esaminato nella sentenza della Corte del 12 novembre 2019, Organisation juive européenne e Vignoble Psagot (C‑363/18, EU:C:2019:954) e nelle mie conclusioni in tale causa.

( 39 ) Sia di coloro la cui religione esige la macellazione rituale, sia di coloro che nutrono obiezioni religiose, di coscienza e morali nei confronti della macellazione di animali senza stordimento.

( 40 ) Nella loro opinione dissenziente nella causa Cha’are Shalom Ve Tsedek c. Francia (Corte EDU, 20 giugno 2000, CE:ECHR:2000:0627JUD002741795), i giudici Bratza, Fischbach, Thomassen, Tsatsa-Nikolovska, Panţîru, Levits e Traja hanno ritenuto che il mero fatto che l’approvazione della macellazione rituale fosse già stata concessa a un organismo religioso non dispensava le autorità francesi dall’obbligo di esaminare attentamente qualsiasi ulteriore domanda presentata da altri organismi religiosi appartenenti alla medesima fede. Essi hanno ritenuto che rifiutare l’autorizzazione all’associazione ricorrente, e al contempo concedere tale autorizzazione a un’altra associazione, conferendo in tal modo a quest’ultima il diritto esclusivo di autorizzare i macellatori rituali, equivalesse a violare il pluralismo religioso o a negare un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. Inoltre, il fatto che carne «glatt» (l’animale macellato non deve essere impuro) potesse essere importata in Francia dal Belgio non consentiva, a loro avviso, di concludere per l’assenza di un’ingerenza nel diritto di professare la propria religione attraverso l’effettuazione della macellazione rituale. Essi hanno ritenuto che la possibilità di ottenere tale carne con altri mezzi fosse irrilevante ai fini della valutazione della portata di un atto o di un’omissione dello Stato volti a limitare l’esercizio del diritto alla libertà di religione.

Top