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Document 62016CJ0684

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 6 novembre 2018.
Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften eV contro Tetsuji Shimizu.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesarbeitsgericht.
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Diritto alle ferie annuali retribuite – Normativa nazionale che prevede la perdita delle ferie annuali retribuite non godute e dell’indennità finanziaria per tali ferie se il lavoratore non ha formulato una richiesta di ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 31, paragrafo 2 – Invocabilità nell’ambito di una controversia tra privati.
Causa C-684/16.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:874

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

6 novembre 2018 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Diritto alle ferie annuali retribuite – Normativa nazionale che prevede la perdita delle ferie annuali retribuite non godute e dell’indennità finanziaria per tali ferie se il lavoratore non ha formulato una richiesta di ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 31, paragrafo 2 – Invocabilità nell’ambito di una controversia tra privati»

Nella causa C‑684/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania), con decisione del 13 dicembre 2016, pervenuta in cancelleria il 27 dicembre 2016, nel procedimento

Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften eV

contro

Tetsuji Shimizu,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, J.‑C. Bonichot, A. Prechal (relatore), M. Vilaras, T. von Danwitz, F. Biltgen, K. Jürimäe e C. Lycourgos, presidenti di sezione, M. Ilešič, J. Malenovský, E. Levits, L. Bay Larsen e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 gennaio 2018,

considerate le osservazioni presentate:

per la Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften eV, da J. Röckl, Rechtsanwalt;

per T. Shimizu, da N. Zimmermann, Rechtsanwalt;

per il governo tedesco, da T. Henze e J. Möller, in qualità di agenti;

per il governo francese, da D. Colas e R. Coesme, in qualità di agenti;

per il governo ungherese, da E. Sebestyén e M. Z. Fehér, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. van Beek e T. S. Bohr, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 maggio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), nonché dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Max‑Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften eV (in prosieguo: la «Max‑Planck») e il sig. Tetsuji Shimizu, uno dei suoi ex dipendenti, in merito al rifiuto opposto dalla Max-Planck di versargli un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute prima della fine del loro rapporto di lavoro.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Il quarto considerando della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 1993, L 307, pag. 18), enunciava quanto segue:

«considerando che [la] “Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori”, adottata nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989 dai Capi di Stato o di governo di undici Stati membri, in particolare al (…) punto 8 (…), statuisce:

“(…)

8.

Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali.

(…)”».

4

Come risulta dal suo considerando 1, la direttiva 2003/88, che ha abrogato la direttiva 93/104, ha proceduto a una codificazione delle disposizioni di quest’ultima.

5

Ai sensi dei considerando da 4 a 6 della direttiva 2003/88:

«(4)

Il miglioramento della sicurezza, dell’igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico.

(5)

Tutti i lavoratori dovrebbero avere periodi di riposo adeguati. Il concetto di “riposo” deve essere espresso in unità di tempo, vale a dire in giorni, ore e frazioni d’ora. I lavoratori [dell’Unione] devono beneficiare di periodi minimi di riposo giornaliero, settimanale e annuale e di adeguati periodi di pausa. (…)

(6)

Conviene tener conto dei principi dell’Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, compresi quelli relativi al lavoro notturno».

6

L’articolo 7 della direttiva 2003/88, che riproduce in termini identici l’articolo 7 della direttiva 93/104, è così formulato:

«1.   Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

2.   Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».

7

L’articolo 17 della direttiva 2003/88 prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. Tuttavia, nessuna deroga è ammessa per quanto riguarda l’articolo 7 della stessa.

Diritto tedesco

8

L’articolo 7 del Bundesurlaubsgesetz (legge federale relativa alle ferie), dell’8 gennaio 1963 (BGBl. 1963, pag. 2), nella sua versione del 7 maggio 2002 (BGBl. I, pag. 1529) (in prosieguo: il «BUrlG»), prevede quanto segue:

«(1)   Ai fini della determinazione del periodo in cui le ferie possono essere fruite occorre tenere in considerazione le preferenze del lavoratore, salvo che vi ostino necessità rilevanti dell’azienda o richieste di ferie di altri lavoratori, meritevoli di maggiore considerazione sotto il profilo sociale. Le ferie devono essere concesse quando il lavoratore le richieda a seguito di interventi medici di prevenzione o riabilitazione.

(…)

(3)   Le ferie devono essere concesse e godute nell’anno solare in corso. Un riporto delle ferie al successivo anno solare è ammissibile solo qualora sussistano rilevanti ragioni legate alla gestione dell’impresa o alla persona del lavoratore. (…)

(4)   Qualora le ferie non possano essere più concesse, integralmente o in parte, per cessazione del rapporto di lavoro, deve essere corrisposta un’indennità».

9

Il Tarifvertrag für den öffentlichen Dienst (contratto collettivo per il pubblico impiego), contiene un articolo 26, intitolato «Ferie», il cui paragrafo 1 così dispone:

«(…) Le ferie annuali devono essere concesse nell’anno in corso (…)

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10

Il sig. Shimizu era impiegato presso la Max-Planck, in virtù di una serie di contratti a tempo determinato, dal 1o agosto 2001 al 31 dicembre 2013. Il rapporto di lavoro tra le parti era disciplinato dalle disposizioni del BUrlG e dal contratto collettivo per il pubblico impiego.

11

Con lettera del 23 ottobre 2013 la Max-Planck ha invitato il sig. Shimizu a fruire delle sue ferie prima della fine del rapporto di lavoro, senza tuttavia costringerlo a goderne in date da essa fissate. Il sig. Shimizu ha preso due giorni di ferie, rispettivamente il 15 novembre e il 2 dicembre 2013.

12

Dopo aver chiesto invano, con lettera del 23 dicembre 2013, alla Max‑Planck il pagamento di un’indennità di EUR 11979 per i 51 giorni di ferie annuali retribuite non godute dovute per gli anni 2012 e 2013, il sig. Shimizu ha proposto un ricorso per ottenere la condanna della Max‑Planck a tale pagamento.

13

A seguito dell’accoglimento tanto in primo grado quanto in appello di tale ricorso, la Max-Planck ha proposto ricorso per Revision (cassazione) dinanzi al giudice del rinvio, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania).

14

Tale giudice afferma che i diritti alle ferie annuali retribuite oggetto del procedimento principale si sono estinti a norma dell’articolo 7, paragrafo 3, del BUrlG, poiché non sono stati goduti nel corso dell’anno per il quale le ferie erano riconosciute. In base all’articolo 7, paragrafo 3, del BUrlG, le ferie del lavoratore che non siano state utilizzate nell’anno per cui erano riconosciute si estinguono, in linea di principio, alla fine dell’anno medesimo, a meno che non siano soddisfatte le condizioni per il riporto enunciate in detta disposizione. Se, quindi, il lavoratore era in condizione di fruire delle proprie ferie nel corso dell’anno per cui esse erano attribuite, i diritti alle ferie annuali retribuite si estinguono al termine di tale anno. In ragione dell’estinzione di tali diritti, questi ultimi non potrebbero più essere convertiti in un diritto a un’indennità ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG. La soluzione sarebbe diversa solo se, nonostante una richiesta di ferie presentata in tempo utile dal lavoratore al datore di lavoro, quest’ultimo abbia rifiutato la concessione di tali ferie. L’articolo 7 del BUrlG non potrebbe invece essere interpretato nel senso che il datore di lavoro sarebbe tenuto a costringere il lavoratore a fruire delle ferie annuali retribuite.

15

Il giudice del rinvio ritiene che la giurisprudenza della Corte non consenta di determinare se una normativa nazionale che abbia gli effetti descritti al punto precedente sia o meno conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88 e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, e la dottrina è a sua volta divisa al riguardo. In particolare, si porrebbe la questione se il datore di lavoro sia tenuto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, a determinare unilateralmente la data delle ferie, o se la sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke (C‑118/13, EU:C:2014:1755), debba essere interpretata nel senso che il diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine dell’anno di riferimento o del periodo di riporto, neppure se il lavoratore è stato in condizione di esercitare tale diritto.

16

Inoltre, tale giudice spiega che la Max-Planck è un’organizzazione di diritto privato senza scopo di lucro finanziato sì, prevalentemente, con fondi pubblici, ma che non dispone di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra privati, di modo che essa dovrebbe essere considerata un soggetto privato. Ciò considerato, la Corte sarebbe altresì chiamata a chiarire se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 o l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta producano un eventuale effetto diretto nei rapporti tra privati.

17

Alla luce di quanto precede, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 7, della direttiva [2003/88] o l’articolo 31, paragrafo 2, della [Carta] ostino a una normativa nazionale, come quella di cui all’articolo 7 del [BUrlG], che, nel disciplinare le modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali, prevede che il lavoratore debba farne richiesta indicando le proprie preferenze quanto alla collocazione temporale delle stesse affinché il relativo diritto non si estingua, senza riconoscimento di alcuna indennità sostitutiva, al termine del periodo di riferimento, non ponendo a carico del datore di lavoro l’onere di fissare, unilateralmente e in maniera vincolante per il lavoratore, la collocazione temporale delle ferie nel periodo di riferimento.

2.

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Se lo stesso principio valga nel caso di rapporto di lavoro tra soggetti privati».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

18

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento interessato, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo, i giorni di ferie annuali retribuite maturati per tale periodo ai sensi delle suddette disposizioni, e, correlativamente, il diritto al pagamento di un’indennità finanziaria per tali ferie annuali non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

19

In via preliminare, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, EU:C:2014:1755, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

20

Peraltro, il diritto alle ferie annuali retribuite non solo riveste, in qualità di principio del diritto sociale dell’Unione, particolare importanza, ma è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei Trattati (sentenza del 30 giugno 2016, Sobczyszyn, C‑178/15, EU:C:2016:502, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

21

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’articolo 7 della direttiva 2003/88, si deve rilevare, anzitutto, che il procedimento principale verte su un rifiuto di versare un’indennità per ferie annuali retribuite non godute alla data di cessazione del rapporto di lavoro intercorso tra le parti nel procedimento principale.

22

Occorre in proposito ricordare che, quando il rapporto di lavoro è cessato, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite cui il lavoratore ha diritto non è più possibile. Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 riconosce al lavoratore il diritto a un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, EU:C:2014:1755, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

23

Come dichiarato dalla Corte, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato (sentenza del 20 luglio 2016, Maschek, C‑341/15, EU:C:2016:576, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

24

A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che tale disposizione osta a disposizioni o pratiche nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia versata alcuna indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che non sia stato in grado di fruire di tutti le ferie annuali cui aveva diritto prima della cessazione di tale rapporto di lavoro, in particolare perché era congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto (sentenze del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 62; del 20 luglio 2016, Maschek, C‑341/15, EU:C:2016:576, punto 31, nonché del 29 novembre 2017, King, C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 65).

25

La Corte ha inoltre dichiarato che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 non può essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali retribuite e, pertanto, quello all’indennità finanziaria di cui al paragrafo 2 di detto articolo possano estinguersi a causa del decesso del lavoratore. A tale riguardo, la Corte ha segnatamente precisato che, se l’obbligo di pagamento di una simile indennità dovesse estinguersi a causa della fine del rapporto di lavoro dovuta a decesso del lavoratore, tale circostanza avrebbe la conseguenza che un avvenimento fortuito comporterebbe retroattivamente la perdita totale dello stesso diritto alle ferie annuali retribuite (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, EU:C:2014:1755, punti 25, 2630).

26

In effetti, l’estinzione del diritto maturato da un lavoratore alle ferie annuali retribuite o del suo correlato diritto al pagamento di un’indennità per le ferie non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro, senza che l’interessato abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare detto diritto alle ferie annuali retribuite, arrecherebbe pregiudizio alla sostanza stessa del diritto medesimo (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2013, Riesame Commissione/Strack, C‑579/12 RX-II, EU:C:2013:570, punto 32).

27

Per quanto riguarda il procedimento principale, occorre rilevare che, secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, il rifiuto dell’ex datore di lavoro del sig. Shimizu di versargli un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute prima della cessazione del rapporto di lavoro si fonda su una norma di diritto nazionale ai sensi della quale il diritto a tali ferie si estingue, in linea di principio, non in conseguenza della cessazione del suddetto rapporto di lavoro in quanto tale, ma a causa del fatto che il lavoratore non ha chiesto, nel corso di detto rapporto di lavoro, di fruire delle ferie durante il loro periodo di riferimento.

28

La questione posta è quindi, in sostanza, di stabilire se, alla luce della giurisprudenza della Corte richiamata al punto 23 della presente sentenza, alla data in cui il rapporto di lavoro discusso nel procedimento principale è cessato, il sig. Shimizu avesse o meno ancora diritto a ferie annuali retribuite convertibili in indennità finanziaria a causa della cessazione del rapporto di lavoro.

29

Tale questione verte quindi, sotto un primo profilo, sull’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 ed è volta a chiarire se tale disposizione osti a che il mantenimento del diritto alle ferie annuali retribuite non godute al termine di un periodo di riferimento possa essere subordinato alla condizione che il lavoratore abbia chiesto, durante tale periodo, di esercitare detto diritto, e a che ne sia decretata la perdita in mancanza di una simile richiesta, senza che il datore di lavoro sia obbligato a fissare unilateralmente e in modo vincolante per il lavoratore la data delle ferie nel corso di tale periodo.

30

A tale riguardo, in primo luogo, non si può desumere dalla giurisprudenza della Corte menzionata ai punti da 22 a 25 della presente sentenza che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che, a prescindere dalle circostanze all’origine della mancata fruizione delle ferie annuali retribuite da parte di un lavoratore, quest’ultimo debba comunque continuare a godere del diritto alle ferie annuali di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo, e, in caso cessazione del rapporto di lavoro, del diritto all’eventuale indennità sostitutiva, ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo.

31

In secondo luogo, se è pur vero che, secondo costante giurisprudenza, con l’intento di garantire l’osservanza del diritto fondamentale del lavoratore alle ferie annuali retribuite sancito dal diritto dell’Unione, l’articolo 7 della direttiva 2003/88 non può essere oggetto di interpretazione restrittiva a scapito dei diritti che il lavoratore trae da questa (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, EU:C:2014:1755, punto 22 e giurisprudenza ivi citata), è tuttavia altresì importante ricordare che il pagamento delle ferie prescritto al paragrafo 1 di tale articolo è volto a consentire al lavoratore di fruire effettivamente delle ferie cui ha diritto (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2006, Robinson-Steele e a., C‑131/04 e C‑257/04, EU:C:2006:177, punto 49).

32

Secondo giurisprudenza costante della Corte, il diritto alle ferie annuali, sancito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, è infatti volto a consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo di relax e svago (sentenza del 20 luglio 2016, Maschek, C‑341/15, EU:C:2016:576, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

33

Del resto, prevedendo che il periodo minimo di ferie annuali retribuite non possa essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 mira anche a garantire che il lavoratore possa beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2006, Robinson-Steele e a., C‑131/04 e C‑257/04, EU:C:2006:177, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

34

In terzo luogo, come emerge dai termini stessi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della Corte, spetta agli Stati membri definire, nella loro normativa interna, le condizioni di esercizio e di attuazione di detto diritto alle ferie annuali retribuite, precisando le circostanze concrete in cui i lavoratori possono avvalersene (sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

35

A tale riguardo, la Corte ha segnatamente precisato che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato da tale direttiva, che comprenda finanche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, però, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali retribuite abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che tale direttiva gli conferisce (sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 43).

36

Orbene, una normativa nazionale quale l’articolo 7, paragrafi 1 e 3, del BurlG, secondo cui è necessario, in sede di determinazione delle date delle ferie, di tenere in considerazione le preferenze del lavoratore al riguardo, a meno che non vi siano ragioni rilevanti legate agli interessi dell’impresa o richieste di altri lavoratori, meritevoli di maggiore considerazione sotto il profilo sociale, o secondo cui le ferie dovrebbero di norma essere godute durante l’anno di riferimento, disciplina l’ambito delle modalità di esercizio delle ferie annuali retribuite, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 e della giurisprudenza della Corte citata al punto precedente.

37

Una normativa di questo tipo fa parte delle norme e delle procedure di diritto nazionale applicabili per la determinazione delle ferie dei lavoratori e volte a tener conto dei vari interessi in gioco (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2009, Vicente Pereda, C‑277/08, EU:C:2009:542, punto 22).

38

Tuttavia, come risulta dal punto 35 della presente sentenza, è necessario assicurarsi che l’applicazione di simili norme nazionali non possa comportare l’estinzione dei diritti alle ferie annuali retribuite maturati dal lavoratore, laddove quest’ultimo non abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare tali diritti.

39

Nel caso di specie, si deve rilevare come dalla decisione di rinvio emerga che le disposizioni nazionali menzionate al punto 36 della presente sentenza sono interpretate nel senso che il fatto che un lavoratore non abbia chiesto, durante il periodo di riferimento interessato, di fruire delle ferie annuali retribuite ha per conseguenza, in linea di principio, che, al termine di tale periodo, il lavoratore perde i suoi diritti a dette ferie e, correlativamente, il suo diritto a un’indennità per le ferie non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

40

Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, una siffatta perdita automatica del diritto alle ferie annuali retribuite, non subordinata alla previa verifica che il lavoratore abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare tale diritto, viola i limiti, ricordati al punto 35 della presente sentenza, che si impongono imperativamente agli Stati membri quando essi precisano le modalità di esercizio di tale diritto.

41

Il lavoratore dev’essere infatti considerato la parte debole nel rapporto di lavoro, cosicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti. Tenuto conto di tale situazione di debolezza, un simile lavoratore può essere dissuaso dal far valere espressamente i suoi diritti nei confronti del suo datore di lavoro, dal momento, in particolare, che la loro rivendicazione potrebbe esporlo a misure adottate da quest’ultimo in grado di incidere sul rapporto di lavoro in danno di detto lavoratore (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2010, Fuß, C‑429/09, EU:C:2010:717, punti 8081 e giurisprudenza ivi citata).

42

Inoltre, gli incentivi a rinunciare alle ferie come periodo di riposo ovvero a sollecitare i lavoratori a rinunciarvi sono incompatibili con gli obiettivi del diritto alle ferie annuali retribuite, ricordati ai punti 32 e 33 della presente sentenza e legati segnatamente alla necessità di garantire al lavoratore il beneficio di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute (v., in tal senso, sentenza del 6 aprile 2006, Federatie Nederlandse Vakbeweging, C‑124/05, EU:C:2006:244, punto 32). Pertanto, ogni azione o omissione di un datore di lavoro, avente un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione di ferie annuali da parte del lavoratore, è altresì incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite (sentenza del 29 novembre 2017, King, C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

43

Ciò considerato, è necessario evitare una situazione in cui l’onere di assicurarsi dell’esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite sia interamente posto a carico del lavoratore, il che offrirebbe invece al datore di lavoro la possibilità di andare esente dai propri obblighi invocando il fatto che il lavoratore non ha presentato richiesta di ferie annuali retribuite.

44

Sebbene occorra precisare, in risposta agli interrogativi sollevati al riguardo dalla prima questione, che il rispetto dell’obbligo derivante, per il datore di lavoro, dall’articolo 7 della direttiva 2003/88 non può estendersi fino al punto di costringere quest’ultimo a imporre ai suoi lavoratori di esercitare effettivamente il loro diritto a ferie annuali retribuite (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2006, Commissione/Regno Unito, C‑484/04, EU:C:2006:526, punto 43), resta il fatto che il datore di lavoro deve, per contro, assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2017, King, C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 63).

45

A tal fine, e come rilevato anche dall’avvocato generale ai paragrafi da 41 a 43 delle sue conclusioni, il datore di lavoro è segnatamente tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l’effetto utile dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in grado di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo, e nel contempo informandolo – in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.

46

Inoltre, l’onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro (v., per analogia, sentenza del 16 marzo 2006, Robinson-Steele e a., C‑131/04 e C‑257/04, EU:C:2006:177, punto 68). Ove quest’ultimo non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, si deve ritenere che l’estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violino, rispettivamente, l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88.

47

Se, invece, detto datore di lavoro è in grado di assolvere l’onere probatorio gravante sul medesimo a tale riguardo, e risulti quindi che il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle medesime, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2003/88 non osta alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute.

48

Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 50 e 51 delle sue conclusioni, un’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 che sia tale da incentivare il lavoratore ad astenersi deliberatamente dal fruire delle proprie ferie annuali retribuite durante i periodi di riferimento o di riporto autorizzato applicabili, al fine di incrementare la propria retribuzione all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, sarebbe, come risulta dal punto 42 della presente sentenza, incompatibile con gli obiettivi perseguiti con l’istituzione del diritto alle ferie annuali retribuite.

49

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, si deve ricordare che, come risulta da costante giurisprudenza della Corte, i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione sono applicabili in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione (v., segnatamente, sentenza del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale, C‑176/12, EU:C:2014:2, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

50

Quindi, poiché la normativa discussa nel procedimento principale procede a un’attuazione della direttiva 2003/88, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta è applicabile al procedimento medesimo (v., per analogia, sentenza del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale, C‑176/12, EU:C:2014:2, punto 43).

51

A tal riguardo, risulta, anzitutto, dalla formulazione stessa dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta che tale disposizione sancisce il «diritto» di ogni lavoratore a «ferie annuali retribuite».

52

Inoltre, secondo le spiegazioni relative all’articolo 31 della Carta, che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, di detta Carta, devono essere tenute in debito conto per l’interpretazione di quest’ultima, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta si ispira alla direttiva 93/104 nonché all’articolo 2 della Carta sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e riveduta a Strasburgo il 3 maggio 1996, e al punto 8 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata nella riunione del Consiglio europeo che ha avuto luogo a Strasburgo il 9 dicembre 1989 (sentenza del 19 settembre 2013, Riesame Commissione/Strack, C‑579/12 RX-II, EU:C:2013:570, punto 27).

53

Orbene, come emerge dal considerando 1 della direttiva 2003/88, questa ha codificato la direttiva 93/104, e l’articolo 7 della direttiva 2003/88, riguardante il diritto alle ferie annuali retribuite, riproduce esattamente il testo dell’articolo 7 della direttiva 93/104 (sentenza del 19 settembre 2013, Riesame Commissione/Strack, C‑579/12 RX-II, EU:C:2013:570, punto 28).

54

In questo contesto, si deve ricordare, infine, che possono essere apportate limitazioni al diritto fondamentale alle ferie annuali retribuite sancito dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta solamente rispettando le rigorose condizioni previste all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, e, in particolare, il contenuto essenziale di tale diritto In tal senso, gli Stati membri non possono derogare al principio derivante dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, letto alla luce dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, principio secondo cui un diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2017, King, C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 56).

55

Da tali considerazioni emerge che tanto l’articolo 7 della direttiva 2003/88 quanto, con riferimento alle situazioni che rientrano nell’ambito di applicazione della Carta, l’articolo 31, paragrafo 2, della medesima devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in applicazione della quale la circostanza che un lavoratore non abbia chiesto, durante il periodo di riferimento, di poter esercitare il proprio diritto alle ferie annuali retribuite maturato ai sensi di tali disposizioni comporta l’automatica conseguenza – senza, quindi, previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto in condizione di esercitare tale diritto – che detto lavoratore perde il beneficio del diritto in parola e, correlativamente, il proprio diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

56

Se, invece, il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle medesime, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2003/88 nonché l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non ostano alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto.

57

Spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale discussa nel procedimento principale possa essere interpretata conformemente all’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2003/88 e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta.

58

A tale proposito, occorre infatti ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali sono tenuti a interpretarlo per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione, così da conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

59

Il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

60

Come altresì dichiarato dalla Corte, l’esigenza di un’interpretazione conforme siffatta include in particolare l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva. Pertanto, un giudice nazionale non può, in particolare, validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il solo fatto che detta disposizione è stata costantemente interpretata in un senso che è incompatibile con tale diritto (sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punti 7273 e giurisprudenza ivi citata).

61

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo – automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un’informazione adeguata da parte di quest’ultimo, in condizione di esercitare questo diritto –, i giorni di ferie annuali retribuite maturati per tale periodo ai sensi delle suddette disposizioni, e, correlativamente, il proprio diritto a un’indennità finanziaria per dette ferie annuali non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Il giudice del rinvio è, a tale riguardo, tenuto a verificare, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, se gli sia possibile pervenire a un’interpretazione di tale diritto che sia in grado di garantire la piena effettività del diritto dell’Unione.

Sulla seconda questione

62

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, qualora sia impossibile interpretare una normativa nazionale come quella discussa nel procedimento principale in modo da garantirne la conformità all’articolo 7 della direttiva 2003/88 e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, tali disposizioni del diritto dell’Unione debbano essere interpretate nel senso che da esse consegue che una normativa nazionale siffatta dev’essere disapplicata dal giudice nazionale nell’ambito di una controversia tra un lavoratore e il suo ex datore di lavoro avente la qualità di privato, e che a detto lavoratore deve essere versata, a carico dell’ex datore di lavoro, un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite maturate ai sensi di tali disposizioni e non godute alla data della cessazione del rapporto di lavoro.

63

Con riferimento, in primo luogo, all’eventuale effetto diretto che occorrerebbe attribuire all’articolo 7 della direttiva 2003/88, risulta da costante giurisprudenza della Corte che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i privati possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l’abbia recepita in modo non corretto (sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, i privati, qualora siano in grado di far valere una direttiva nei confronti di uno Stato, possono farlo indipendentemente dalla veste, di datore di lavoro o di pubblica autorità, nella quale esso agisce. In entrambi i casi è infatti necessario evitare che lo Stato possa trarre vantaggio dalla propria inosservanza del diritto dell’Unione (sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

64

Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha ammesso che disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva possono essere invocate dai privati non soltanto nei confronti di uno Stato membro e di tutti gli organi della sua amministrazione, comprese le autorità decentrate, ma anche nei confronti di organismi ed enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato o a cui sia stato demandato da uno Stato membro l’assolvimento di un compito di interesse pubblico, e che dispongono a tal fine di poteri che eccedono quelli risultanti dalle norme applicabili nei rapporti fra privati (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

65

Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio, che del resto è l’unico a disporre delle informazioni utili in proposito, procedere alle verifiche necessarie sotto tale profilo. Orbene, detto giudice ha affermato, come risulta dal punto 16 della presente sentenza, che la Max‑Planck doveva essere ritenuta un soggetto privato.

66

Alla luce di tali considerazioni, occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante della Corte, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un privato e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti. Infatti, estendere l’invocabilità di una disposizione di una direttiva non recepita, o recepita erroneamente, all’ambito dei rapporti tra privati equivarrebbe a riconoscere all’Unione il potere di istituire con effetto immediato obblighi a carico di questi ultimi, mentre tale competenza le spetta solo laddove le sia attribuito il potere di adottare regolamenti (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

67

Pertanto, anche se chiara, precisa ed incondizionata, una disposizione di una direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai privati non può essere applicata in quanto tale nell’ambito di una controversia che ha luogo esclusivamente tra privati (sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

68

Pertanto, sebbene l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2003/88 soddisfi i criteri di incondizionalità e di sufficiente precisione richiesti per beneficiare di un effetto diretto (v., in tal senso, odierna sentenza Bauer e Willmeroth, C‑569/16 e C‑570/16, punti da 71 a 73), tali disposizioni non possono essere invocate in una controversia tra privati allo scopo di garantire la piena efficacia del diritto alle ferie annuali retribuite e di disapplicare ogni disposizione di diritto nazionale contraria (sentenza del 26 marzo 2015, Fenoll, C‑316/13, EU:C:2015:200, punto 48).

69

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta – disposizione che, come appurato ai punti da 49 a 55 della presente sentenza, è applicabile a una situazione come quella di cui al procedimento principale e dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa come quella discussa in detto procedimento –, occorre anzitutto ricordare che il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce un principio essenziale del diritto sociale dell’Unione.

70

Tale principio trae esso stesso origine tanto dagli atti elaborati dagli Stati membri a livello di Unione, come la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, peraltro menzionata all’articolo 151 TFUE, quanto dagli atti internazionali ai quali gli Stati membri hanno partecipato o aderito. Tra questi ultimi rientra la Carta sociale europea, di cui tutti gli Stati membri sono parti in quanto vi hanno aderito nella sua versione originaria, nella sua versione riveduta o nelle due versioni, anch’essa menzionata all’articolo 151 TFUE. Si deve altresì menzionare la convenzione n. 132 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, del 24 giugno 1970, relativa ai congedi annuali pagati, come riveduta, la quale, come rilevato dalla Corte ai punti 37 e 38 della sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18), indica dei principi di tale organizzazione di cui il considerando 6 della direttiva 2003/88 precisa che occorre tener conto.

71

A tale riguardo, il quarto considerando della direttiva 93/104 ricorda, in particolare, che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori statuisce, al punto 8, che ogni lavoratore dell’Unione ha diritto, segnatamente, a ferie annuali retribuite i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali (v., in tal senso, sentenza del 26 giugno 2001, BECTU, C‑173/99, EU:C:2001:356, punto 39).

72

L’articolo 7 della direttiva 93/104 e l’articolo 7 della direttiva 2003/88, non hanno, quindi, istituito direttamente il diritto alle ferie annuali retribuite, che trova segnatamente origine in vari atti internazionali (v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 75) e riveste, in quanto principio essenziale del diritto sociale dell’Unione, natura imperativa (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2006, Robinson-Steele e a., C‑131/04 e C‑257/04, EU:C:2006:177, punti 4868); tale principio essenziale comprende il diritto alle ferie annuali «retribuite» in quanto tale e il diritto, intrinsecamente collegato al primo, a un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro (v. odierna sentenza Bauer e Willmeroth, C‑569/16 e C‑570/16, punto 83).

73

Disponendo, in termini imperativi, che «[o]gni lavoratore» ha «diritto» a «ferie annuali retribuite», senza segnatamente rinviare in proposito – come fatto, ad esempio, dall’articolo 27 della Carta, che ha dato luogo alla sentenza del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale (C‑176/12, EU:C:2014:2) – ai «casi e alle condizioni previsti dal diritto dell’Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali», l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, riflette il principio essenziale del diritto sociale dell’Unione al quale non è possibile derogare se non nel rispetto delle rigorose condizioni di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e, in particolare, del contenuto essenziale del diritto fondamentale alle ferie annuali retribuite.

74

Il diritto a un periodo di ferie annuali retribuite, sancito per ogni lavoratore dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, riveste quindi, quanto alla sua stessa esistenza, carattere allo stesso tempo imperativo e incondizionato; quest’ultima non richiede infatti una concretizzazione ad opera delle disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, le quali sono solo chiamate a precisare la durata esatta delle ferie annuali retribuite e, eventualmente, talune condizioni di esercizio di tale diritto. Ne consegue che la suddetta disposizione è di per sé sufficiente a conferire ai lavoratori un diritto invocabile in quanto tale in una controversia contro il loro datore di lavoro, in una situazione disciplinata dal diritto dell’Unione e, di conseguenza, rientrante nell’ambito di applicazione della Carta (v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 76).

75

L’articolo 31, paragrafo 2, della Carta comporta quindi, in particolare, la conseguenza, in relazione alle situazioni che rientrano nel campo di applicazione della medesima, che il giudice nazionale deve disapplicare una normativa nazionale contrastante con il principio, richiamato al punto 54 della presente sentenza, secondo cui il lavoratore non può essere privato di un diritto maturato alle ferie annuali retribuite allo scadere dell’anno di riferimento e/o di un periodo di riposto fissato dal diritto nazionale, se detto lavoratore non è stato in condizione di fruire delle proprie ferie, o, correlativamente, essere privato del beneficio dell’indennità finanziaria sostitutiva al termine del rapporto di lavoro, in quanto diritto intrinsecamente collegato a detto diritto alle ferie annuali «retribuite». Ai sensi della medesima disposizione, non è neppure consentito ai datori di lavoro appellarsi all’esistenza di una normativa nazionale siffatta al fine di sottrarsi al pagamento di tale indennità finanziaria, pagamento al quale sono tenuti in forza del diritto fondamentale garantito dalla suddetta disposizione.

76

Per quanto riguarda l’effetto così prodotto dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta nei confronti dei datori di lavoro che hanno la qualità di privati, si deve rilevare che, sebbene l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta precisi che le sue disposizioni si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione, detto articolo 51, paragrafo 1, non affronta, tuttavia, la questione relativa alla possibilità che tali soggetti privati si trovino, all’occorrenza, direttamente obbligati al rispetto di determinate disposizioni di tale Carta e non può, pertanto, essere interpretato nel senso che esso esclude sistematicamente una simile possibilità.

77

Anzitutto, e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 78 delle sue conclusioni nelle cause riunite Bauer e Willmeroth (C‑569/16 e C‑570/16, EU:C:2018:337), il fatto che talune disposizioni di diritto primario si rivolgano, in primis, agli Stati membri non è idonea a escludere che esse possano applicarsi nei rapporti fra privati (v., in tal senso, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 77).

78

La Corte ha poi, segnatamente, già ammesso che il divieto sancito all’articolo 21, paragrafo 1, della Carta è di per sé sufficiente a conferire ai soggetti privati un diritto invocabile in quanto tale in una controversia che li vede opposti a un altro soggetto privato (sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 76), senza, quindi, che vi osti l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

79

Infine, e per quanto riguarda, più precisamente, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, va sottolineato che il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite implica, per sua stessa natura, un corrispondente obbligo in capo al datore di lavoro, ossia quello di concedere tali ferie retribuite o un’indennità per le ferie annuali retribuite non godute alla cessazione del rapporto di lavoro.

80

Nel caso in cui sia impossibile interpretare la normativa nazionale discussa nel procedimento principale in modo da garantirne la conformità all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, il giudice del rinvio sarà allora tenuto, in una situazione come quella che caratterizza detto procedimento, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica derivante dalla suddetta disposizione e a garantire la piena efficacia della medesima, disapplicando all’occorrenza tale normativa nazionale (v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 79).

81

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che, qualora sia impossibile interpretare una normativa nazionale come quella discussa nel procedimento principale in modo da garantirne la conformità all’articolo 7 della direttiva 2003/88 e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, deriva da quest’ultima disposizione che il giudice nazionale, investito di una controversia tra un lavoratore e il suo ex datore di lavoro avente qualità di privato, deve disapplicare tale normativa nazionale e assicurarsi che, ove detto datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto ai sensi del diritto dell’Unione, il lavoratore medesimo non possa essere privato dei diritti da lui maturati a dette ferie annuali retribuite, né, correlativamente, e in caso di cessazione del rapporto di lavoro, essere privato dell’indennità finanziaria per le ferie non godute, il cui pagamento è direttamente a carico, in tal caso, del datore di lavoro interessato.

Sulle spese

82

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo – automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un’informazione adeguata da parte di quest’ultimo, in condizione di esercitare questo diritto –, i giorni di ferie annuali retribuite maturati per tale periodo ai sensi delle suddette disposizioni, e, correlativamente, il proprio diritto a un’indennità finanziaria per dette ferie annuali non godute in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Il giudice del rinvio è, a tale riguardo, tenuto a verificare, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, se gli sia possibile pervenire a un’interpretazione di tale diritto che sia in grado di garantire la piena effettività del diritto dell’Unione.

 

2)

Qualora sia impossibile interpretare una normativa nazionale come quella discussa nel procedimento principale in modo da garantirne la conformità all’articolo 7 della direttiva 2003/88 e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali, deriva da quest’ultima disposizione che il giudice nazionale, investito di una controversia tra un lavoratore e il suo ex datore di lavoro avente qualità di privato, deve disapplicare tale normativa nazionale e assicurarsi che, ove detto datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto ai sensi del diritto dell’Unione, il lavoratore medesimo non possa essere privato dei diritti da lui maturati a dette ferie annuali retribuite, né, correlativamente, e in caso di cessazione del rapporto di lavoro, essere privato dell’indennità finanziaria per le ferie non godute, il cui pagamento è direttamente a carico, in tal caso, del datore di lavoro interessato.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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