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Document 62022TJ0371

    Sentenza del Tribunale (Nona Sezione) del 17 luglio 2024 (Estratti).
    Marco Montanari contro EUCAP Sahel Niger.
    Politica estera e di sicurezza comune – Missione EUCAP Sahel‑Niger – Personale nazionale distaccato – Molestie psicologiche – Rigetto di una domanda risarcitoria – Ricorso di annullamento – Carenza di interesse ad agire – Irricevibilità – Responsabilità extracontrattuale – Diritto alla dignità – Articoli 1 e 31 della Carta dei diritti fondamentali – Procedura dinanzi al mediatore – Mancata comunicazione della relazione del mediatore – Mancata attuazione delle raccomandazioni del mediatore – Diritto a un buon andamento dell’amministrazione – Articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali – Dovere di sollecitudine – Danno morale – Danno materiale – Nesso di causalità.
    Causa T-371/22.

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2024:494

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

    17 luglio 2024 (*)

    « Politica estera e di sicurezza comune – Missione EUCAP Sahel‑Niger – Personale nazionale distaccato – Molestie psicologiche – Rigetto di una domanda risarcitoria – Ricorso di annullamento – Carenza di interesse ad agire – Irricevibilità – Responsabilità extracontrattuale – Diritto alla dignità – Articoli 1 e 31 della Carta dei diritti fondamentali – Procedura dinanzi al mediatore – Mancata comunicazione della relazione del mediatore – Mancata attuazione delle raccomandazioni del mediatore – Diritto a un buon andamento dell’amministrazione – Articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali – Dovere di sollecitudine – Danno morale – Danno materiale – Nesso di causalità »

    Nella causa T‑371/22,

    Marco Montanari, residente a Reggio Emilia (Italia), rappresentato da S. Rodrigues e A. Champetier, avvocati,

    ricorrente,

    contro

    EUCAP Sahel Niger, rappresentata da E. Raoult, avvocata,

    convenuta,

    IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

    composto da L. Truchot (relatore), presidente, H. Kanninen e T. Perišin, giudici,

    cancelliere: L. Ramette, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento, e segnatamente:

    –        le eccezioni di incompetenza e di irricevibilità sollevate dalla convenuta con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2022;

    –        le osservazioni del ricorrente su dette eccezioni, depositate presso la cancelleria del Tribunale il 4 novembre 2022;

    –        l’ordinanza di riunione di tali eccezioni al merito del 16 dicembre 2022,

    in seguito all’udienza del 29 novembre 2023,

    ha pronunciato la presente

    Sentenza (1)

    1        Con il suo ricorso il sig. Marco Montanari, ricorrente, chiede, da un lato, sulla base dell’articolo 263 TFUE, l’annullamento della decisione della missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) dell’Unione europea in Niger (EUCAP Sahel Niger; in prosieguo: la «Missione»), del 28 aprile 2022, con cui è stata respinta la sua domanda risarcitoria del 4 febbraio 2022 e, dall’altro, sulla base dell’articolo 268 TFUE, il risarcimento dei danni che egli avrebbe subito in ragione di una situazione di molestie psicologiche, oltre che della violazione del diritto a un buon andamento dell’amministrazione e del dovere di sollecitudine.

     Fatti

    2        Il ricorrente è stato distaccato dal governo italiano presso la Missione in qualità di consulente politico a partire dal 14 aprile 2015.

    3        Nel settembre 2016, il distacco del ricorrente presso la Missione è stato rinnovato sino al 14 aprile 2018.

    4        L’8 marzo 2017 il ricorrente ha chiesto al vice capomissione di avviare un procedimento disciplinare a carico del responsabile dell’ufficio stampa e informazione al pubblico (in prosieguo: il «PPIO») per una serie di fatti configuranti molestie di cui il ricorrente sarebbe stato vittima da parte sua (in prosieguo: la «prima denuncia dell’8 marzo 2017»).

    5        Lo stesso giorno il ricorrente ha chiesto al vice capomissione di avviare un procedimento disciplinare a carico del capomissione e del PPIO, nonché a carico del primo firmatario dell’autorizzazione di congedo concessa al PPIO per recarsi, via terra, in Burkina Faso il 25 e 26 febbraio 2017 poiché, da un lato, tale spostamento integrava, da parte del PPIO, un comportamento sleale nei confronti dell’autorità della Missione e, dall’altro, detta autorizzazione di congedo rappresentava, da parte del capomissione, una negligenza grave tale da pregiudicare il dovere di sollecitudine. In subordine, laddove il vice capomissione fosse stato il primo firmatario di detta autorizzazione di congedo, il ricorrente chiedeva a quest’ultimo di trasmettere la sua domanda di avvio di un procedimento disciplinare alla direzione della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e precisava che, in tal caso, egli chiedeva anche l’avvio di un procedimento disciplinare a suo carico per negligenza grave (in prosieguo: la «seconda denuncia dell’8 marzo 2017»).

    6        Il 24 marzo 2017 il vice capomissione ha informato il ricorrente dell’avvenuta archiviazione della prima denuncia dell’8 marzo 2017.

    7        Il 28 marzo 2017 il ricorrente ha informato il direttore della CPCC, nella sua veste di comandante dell’operazione civile (COC) della Missione, dell’avvenuto deposito della prima e della seconda denuncia dell’8 marzo 2017 e gli ha chiesto di farsene carico (in prosieguo: la «segnalazione del 28 marzo 2017»).

    8        Il 15 maggio 2017 il vice COC ha informato il capomissione che la seconda denuncia dell’8 marzo 2017 sarebbe stata trattata come una questione di carattere organizzativo, senza ricorrere a un procedimento disciplinare formale.

    9        Il 17 luglio 2017 il ricorrente ha chiesto al COC di avviare un’indagine per molestie contro il capomissione e il suo vice (in prosieguo: la «segnalazione del 17 luglio 2017»). Più tardi, lo stesso giorno, il capomissione ha inviato al ricorrente un ammonimento scritto contestandogli di avergli mancato di rispetto in occasione di una riunione tenutasi il 10 aprile precedente (in prosieguo: il «primo ammonimento scritto»).

    10      Il 18 luglio 2017 il ricorrente ha trasmesso il primo ammonimento scritto al COC chiedendogli di tenerne conto nell’ambito dell’indagine sulla segnalazione del 17 luglio 2017.

    11      Il 20 luglio 2017 il ricorrente è stato informato della nomina di un agente della CPCC (in prosieguo: il «mediatore») chiamato a valutare la situazione in loco nel corso della settimana successiva.

    12      Il 25 e 26 luglio 2017 il mediatore ha avuto numerosi colloqui in seno alla Missione, tra cui alcuni con il ricorrente.

    13      Il 27 luglio 2017 il servizio risorse umane della Missione (in prosieguo: il «servizio HR») ha chiesto al ricorrente di compilare il modulo di valutazione delle sue prestazioni entro e non oltre il 4 agosto 2017, ai fini del rinnovo del suo distacco a partire dal 14 aprile 2018.

    14      Lo stesso giorno, il capo del servizio HR ha inviato al ricorrente un conteggio aggiornato dei suoi congedi a seguito di una domanda volta a ottenere, da parte sua, la giustificazione di giornate di assenza irregolare.

    15      Il 28 luglio 2017 il ricorrente ha informato il COC degli scambi intervenuti con il servizio HR menzionati nei precedenti punti 13 e 14, per integrare il fascicolo della segnalazione del 17 luglio 2017.

    16      Il 29 luglio 2017 il mediatore ha presentato la sua relazione (in prosieguo: la «relazione del 29 luglio 2017»).

    17      Il 23 agosto 2017 il ricorrente ha comunicato al servizio HR che egli non avrebbe chiesto la proroga del suo distacco presso la Missione a partire dal 14 aprile 2018.

    18      Il 25 ottobre 2017 il ricorrente ha presentato al COC nuovi elementi ad integrazione del fascicolo della segnalazione del 17 luglio 2017.

    19      Il 22 novembre 2017 la Missione ha informato le autorità italiane del fatto che, tra il 17 e il 20 novembre 2017, il ricorrente era stato assente ingiustificato e che essa intendeva effettuare una trattenuta di quattro giorni sulle indennità giornaliere a lui spettanti.

    20      Il 23 novembre 2017 il capomissione ha respinto la domanda del ricorrente volta a regolarizzare un’assenza ingiustificata di tre giorni e gli ha inviato un secondo ammonimento scritto (in prosieguo: il «secondo ammonimento scritto»). Lo stesso giorno, il ricorrente ha chiesto al COC l’avvio di una nuova indagine, deducendo che i fatti menzionati al precedente punto 19 integravano una situazione di molestie da parte del capomissione e del suo vice (in prosieguo: la «segnalazione del 23 novembre 2017»).

    21      Il 28 novembre 2017 il ricorrente ha informato il COC di aver subito una trattenuta sullo stipendio di tre giorni e gli ha chiesto altresì di chiarire la sua posizione in merito alle segnalazioni del 17 luglio e del 23 novembre 2017.

    22      Il 4 dicembre 2017 il ricorrente ha trasmesso al vice segretario generale del SEAE, responsabile della CPCC, il contenuto delle segnalazioni del 17 luglio e del 23 novembre 2017.

    23      Il 17 gennaio 2018 il ricorrente ha chiesto al segretario generale del SEAE di informarlo al più presto in merito alle conclusioni del mediatore e del seguito riservato alle segnalazioni del 17 luglio e del 23 novembre 2017.

    24      Il 18 marzo 2018 il ricorrente ha rassegnato le proprie dimissioni da consulente politico presso la Missione.

    25      Il 10 aprile 2018, in risposta alla lettera menzionata al precedente punto 23, il COC ha comunicato al ricorrente che le asserite carenze da quest’ultimo segnalate rientravano tra le «questioni di carattere organizzativo della Missione» e che «gli elementi del fascicolo non giustificavano l’avvio di un procedimento disciplinare» (in prosieguo: la «decisione del 10 aprile 2018»).

    26      Il 31 luglio 2018 il ricorrente ha chiesto di visionare, in particolare, la relazione del 29 luglio 2017.

    27      Con decisione del 24 ottobre 2018, il SEAE ha respinto definitivamente la domanda di divulgazione menzionata al precedente punto 26.

    28      Con sentenza del 12 dicembre 2019, Montanari/SEAE (T‑692/18, non pubblicata, EU:T:2019:850), il Tribunale ha annullato la decisione del 24 ottobre 2018.

    29      Il 13 dicembre 2019, nonché il 13 marzo e il 9 luglio 2020, il ricorrente ha chiesto al SEAE quale seguito intendesse dare alla sentenza menzionata al precedente punto 28.

    30      Con lettera del 24 luglio 2020, il SEAE ha inviato al ricorrente la relazione del 29 luglio 2017 nella sua interezza, fatta eccezione per i dati personali relativi agli altri interessati.

    31      Il 26 maggio 2021 il ricorrente ha chiesto al SEAE il pagamento della somma di EUR 971 395,92 a titolo di risarcimento dei danni materiali, fisici e morali risultanti da comportamenti integranti molestie psicologiche e violazioni del diritto a un buon andamento dell’amministrazione e del dovere di sollecitudine, che il ricorrente imputava alla Missione.

    32      Il 24 settembre 2021 il SEAE ha respinto la domanda risarcitoria menzionata al precedente punto 31 poiché, segnatamente, il ricorrente non era mai stato alle dipendenze del SEAE e la Missione era un soggetto del tutto distinto dal SEAE, sia dal punto di vista giuridico che dal punto di vista operativo.

    33      Il 22 dicembre 2021 il ricorrente ha inviato al SEAE un reclamo fondato sull’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione (in prosieguo: lo «Statuto»), volto a contestare la decisione di rigetto della domanda risarcitoria menzionata al precedente punto 31.

    34      Il 4 febbraio 2022, con due distinte lettere, il ricorrente ha chiesto al Consiglio dell’Unione europea e alla Missione il pagamento della somma di EUR 972 395,92 a titolo di risarcimento dei danni materiali, fisici e morali risultanti da comportamenti integranti molestie psicologiche e violazioni del diritto a un buon andamento dell’amministrazione e del dovere di sollecitudine (in prosieguo, per quanto attiene alla domanda diretta alla Missione: la «terza domanda risarcitoria»).

    35      Il 25 marzo 2022 il Consiglio ha respinto la domanda risarcitoria ad esso rivolta, di cui al precedente punto 34.

    36      Il 28 aprile 2022 la Missione ha respinto la terza domanda risarcitoria.

    37      Il 30 maggio 2022 il SEAE ha respinto il reclamo menzionato al precedente punto 33.

     Conclusioni delle parti

    38      Il ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

    –        annullare la decisione del 28 aprile 2022, recante rigetto della terza domanda risarcitoria;

    –        condannare la Missione a corrispondergli la somma di EUR 982 840;

    –        condannare la Missione alle spese.

    39      La Missione chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

    –        in via principale, respingere il ricorso in quanto proposto dinanzi a un giudice incompetente;

    –        in subordine, respingere il ricorso in quanto irricevibile;

    –        in ulteriore subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

    –        condannare il ricorrente alle spese.

     In diritto

     Sulleccezione di incompetenza

    40      La Missione sostiene che il Tribunale non sarebbe competente a pronunciarsi sul presente ricorso in quanto il ricorrente ha esercitato le funzioni di consulente politico in seno alla Missione in qualità di esperto distaccato dal Ministero degli Affari esteri italiano, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della decisione 2012/392/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea in ambito PSDC in Niger (EUCAP Sahel Niger) (GU 2012, L 187, pag. 48).

    41      La Missione ritiene, quindi, che tutte le azioni del ricorrente legate all’esercizio delle sue funzioni debbano essere dirette contro le autorità nazionali italiane. A questo proposito, la Missione richiama un’azione che il ricorrente avrebbe avviato dinanzi a un tribunale italiano. Essa cita altresì la posizione accolta dal Tribunale nell’ordinanza del 23 aprile 2015, Chatzianagnostou/Consiglio e a. (T‑383/13, non pubblicata, EU:T:2015:246), che sarebbe stata confermata dalla Corte.

    42      Il ricorrente contesta l’eccezione di incompetenza sollevata dalla Missione precisando, in particolare, che l’azione da lui depositata dinanzi alla Sezione Lavoro del Tribunale di Roma (Italia) non presenterebbe alcun legame con la terza domanda risarcitoria e con il presente ricorso.

    43      A tal riguardo, occorre ricordare che la Missione è stata istituita con la decisione 2012/392 per sostenere lo sviluppo di capacità degli operatori della sicurezza nigerini di combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.

    44      In particolare, l’articolo 7, paragrafo 1, della decisione 2012/392 prevede che il personale della Missione è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE, che sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale da essi distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità diverse da quelle giornaliere.

    45      Inoltre, vero è che l’articolo 7, paragrafo 2, della decisione 2012/392 stabilisce che lo Stato membro, l’istituzione dell’Unione o il SEAE, rispettivamente, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona.

    46      Tuttavia, in primo luogo, dalla giurisprudenza formatasi con riferimento a disposizioni che disciplinano l’attività di altre missioni rientranti nella politica estera e di sicurezza comune (PESC) e formulate in termini analoghi, se non addirittura identici, a quelli della decisione 2012/392, emerge che, posto che i membri del personale distaccati dagli Stati membri e quelli distaccati dalle istituzioni dell’Unione sono assoggettati alle stesse norme per quanto riguarda l’esercizio delle loro funzioni a livello di teatro delle operazioni, il giudice dell’Unione è competente a controllare la legittimità degli atti di gestione del personale relativi a membri del personale distaccati dagli Stati membri aventi l’obiettivo di rispondere alle esigenze di dette missioni a livello di teatro delle operazioni (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e a., C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punti 50 e 55).

    47      Infatti qualunque altra interpretazione implicherebbe in particolare che, allorché uno stesso atto di gestione del personale relativo alle operazioni a livello di teatro delle operazioni riguarda al contempo membri del personale distaccati dagli Stati membri e membri del personale distaccati dalle istituzioni dell’Unione, la decisione adottata con riferimento ai primi potrebbe essere incompatibile con quella pronunciata dal giudice dell’Unione con riferimento a questi ultimi (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e a., C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 57).

    48      Di conseguenza, il Tribunale e, in caso d’impugnazione, la Corte sono competenti a conoscere di tali atti. Una siffatta competenza discende, rispettivamente, per quanto riguarda il controllo della legittimità di detti atti, dall’articolo 263 TFUE e, per quanto riguarda le controversie in materia di responsabilità extracontrattuale, dall’articolo 268 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 340, secondo comma, TFUE, alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») (sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e a., C‑455/14 P, EU:C:2016:569, punto 58).

    49      In secondo luogo, occorre constatare che, nel presentare al Tribunale le conclusioni citate al punto 38 che precede, il ricorrente solleva la questione della legittimità di atti di gestione del personale relativi alle operazioni a livello di teatro delle operazioni e non questioni connesse al distacco ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della decisione 2012/392.

    50      Infatti dalla terza domanda risarcitoria e dalle conclusioni presentate dal ricorrente emerge che quest’ultimo contesta al capomissione di aver adottato nei suoi confronti, quando era distaccato in seno alla Missione e prestava servizio a livello di teatro delle operazioni, decisioni idonee a integrare una situazione di molestie psicologiche contraria alle disposizioni della Carta che garantiscono il diritto alla salute e il diritto alla dignità dei lavoratori. Inoltre il ricorrente contesta, sempre al COC della Missione e non alle autorità italiane, violazioni del diritto a un buon andamento dell’amministrazione e del dovere di sollecitudine nell’ambito del trattamento delle segnalazioni per molestie psicologiche da lui presentate nel corso del suo periodo di servizio sul campo.

    51      Dalla giurisprudenza emerge altresì che il Tribunale si è dichiarato competente a pronunciarsi su controversie analoghe originanti da un membro del personale nazionale distaccato presso una Missione rientrante nella PESC, e da un membro del personale internazionale della Missione assunto su base contrattuale, senza che, in quest’ultimo caso, vi ostasse la presenza, nei contratti di assunzione, di una clausola che attribuiva la competenza ai giudici di uno Stato membro (sentenze del 12 aprile 2018, PY/EUCAP Sahel Niger, T‑763/16, EU:T:2018:181, e del 18 novembre 2020, H/Consiglio, T‑271/10 RENV II, EU:T:2020:548).

    52      In terzo luogo, gli argomenti addotti dalla Missione non possono rimettere in discussione la competenza del Tribunale a pronunciarsi sulla presente causa.

    53      Infatti, anzitutto, la Missione non può invocare utilmente la soluzione accolta dal Tribunale nell’ordinanza del 23 aprile 2015, Chatzianagnostou/Consiglio e a. (T‑383/13, non pubblicata, EU:T:2015:246), poiché detta ordinanza, che non ha dato luogo a impugnazione, è anteriore alla sentenza del 19 luglio 2016, H/Consiglio e a. (C‑455/14 P, EU:C:2016:569), e alla giurisprudenza ivi citata al precedente punto 51. Pertanto, la soluzione adottata dal Tribunale nell’ordinanza succitata non può essere considerata come espressione dello stato attuale del diritto.

    54      In secondo luogo, dalla sentenza del Tribunale di Roma del 19 ottobre 2020 emerge che la causa avviata dal ricorrente dinanzi a detto giudice riguardava il calcolo degli stipendi e delle indennità di base, a lui corrisposte dal governo italiano nel corso del suo periodo di distacco presso la Missione. Pertanto detta controversia, il cui oggetto era diverso da quello del presente ricorso, non verteva sulla legittimità di atti di gestione della Missione o sulla sussistenza di una responsabilità di quest’ultima in sede di adozione di tali atti ed è, quindi, irrilevante ai fini della competenza del Tribunale a pronunciarsi sul presente ricorso.

    55      Di conseguenza, l’eccezione di incompetenza sollevata dalla Missione non è fondata e deve essere respinta.

     Sulle eccezioni di irricevibilità

    56      La Missione solleva, sostanzialmente, cinque eccezioni di irricevibilità, vertenti, la prima, sulla non imputabilità dei fatti che le sono contestati, la seconda, sulla tardività del ricorso, la terza, su una prescrizione quinquennale o quadriennale, la quarta, sull’incompletezza della terza domanda risarcitoria e, la quinta, sull’assenza di mezzi invocati a sostegno delle domande di annullamento.

    57      Inoltre, posto che il Tribunale ha sollevato d’ufficio, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, la questione della ricevibilità della domanda di annullamento, occorre esaminare anzitutto tale questione.

     Sulla ricevibilità della domanda di annullamento

    58      Da una giurisprudenza costante risulta che un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove quest’ultima abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento dell’atto possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa, pertanto, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto. L’interesse ad agire costituisce quindi il presupposto essenziale e preliminare di qualsiasi azione giurisdizionale. Per contro, l’interesse ad agire manca qualora l’esito favorevole di un ricorso non sia comunque idoneo a dare soddisfazione al ricorrente (v. sentenza del 6 luglio 2023, Julien/Consiglio, C‑285/22 P, non pubblicata, EU:C:2023:551, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

    59      Occorre inoltre ricordare che spetta al ricorrente fornire la prova del proprio interesse ad agire. Infatti affinché il ricorso di annullamento di un atto, presentato da una persona fisica o giuridica, sia ricevibile, occorre che detta persona giustifichi in modo pertinente l’interesse che per essa riveste l’annullamento di tale atto (v., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Binca Seafoods/Commissione, C‑268/16 P, EU:C:2017:1001, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

    60      Pertanto, in mancanza di una siffatta giustificazione, tale questione, che verte sulla ricevibilità del ricorso, integra un motivo di ordine pubblico che deve essere sollevato d’ufficio dal Tribunale (v. sentenza del 24 novembre 2021, LTTE/Consiglio, T‑160/19, non pubblicata, EU:T:2021:817, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

    61      Inoltre, secondo una giurisprudenza anch’essa consolidata l’azione risarcitoria ex articolo 340, secondo comma, TFUE è stata prevista come mezzo autonomo, dotato di una particolare funzione nell’ambito del regime delle impugnazioni e subordinato, quanto al suo esercizio, a condizioni attinenti al suo specifico oggetto (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Carvalho e a./Parlamento e Consiglio, C‑565/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:252, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

    62      Infatti l’azione risarcitoria si differenzia dal ricorso di annullamento in quanto tende non alla revoca, all’abrogazione o alla modifica di un atto lesivo ma al risarcimento di un danno arrecato da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 24 ottobre 1973, Merkur‑Außenhandel/Commissione, 43/72, EU:C:1973:108, punto 4, e del 1º febbraio 2023, Klymenko/Consiglio, T‑470/21, non pubblicata, EU:T:2023:26, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

    63      Orbene, conclusioni volte ad ottenere l’annullamento del rifiuto, da parte di un’istituzione, di un organo o di un organismo dell’Unione, di riconoscere un diritto al risarcimento che una parte ricorrente reclama, peraltro, ai sensi degli articoli 268 e 340 TFUE, o ad ottenere, da detto Tribunale, l’accertamento dell’obbligo, incombente all’istituzione, organo od organismo di cui trattasi, di riconoscere l’esistenza di un siffatto diritto, mirano ad ottenere l’accertamento dell’obbligo di risarcimento in capo a tale istituzione, organo o organismo e devono essere respinte come irricevibili quando il ricorrente non offre prova, in linea di principio, di un interesse a presentare tali conclusioni in aggiunta alla sua domanda di risarcimento (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 giugno 1972, Compagnie d’approvisionnement, de transport et de crédit e Grands Moulins de Paris/Commissione, 9/71 e 11/71, EU:C:1972:52, punti da 9 a 11; v. altresì, per analogia, sentenza del 3 ottobre 2019, DQ e a./Parlamento, T‑730/18, EU:T:2019:725, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

    64      Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente chiede al Tribunale, oltre al risarcimento dei danni materiali e morali che egli imputa alla Missione, l’annullamento della decisione di rigetto della sua terza domanda risarcitoria, diretta ad ottenere in via transattiva il risarcimento dei suddetti danni.

    65      Orbene, in risposta a una misura di organizzazione del procedimento, con cui il Tribunale ha invitato le parti a prendere posizione sull’interesse del ricorrente a chiedere l’annullamento della decisione del 28 aprile 2022 con cui la Missione ha respinto la sua terza domanda risarcitoria, quest’ultima ha risposto che, con la sua domanda di annullamento, egli non mirava a un beneficio distinto da quello che otterrebbe se la sua domanda di risarcimento fosse infine accolta.

    66      Occorre quindi constatare che il ricorrente non ha giustificato un interesse a chiedere, in aggiunta alla sua domanda di risarcimento, l’annullamento della decisione della Missione che respinge la sua terza domanda risarcitoria. Pertanto, la domanda di annullamento deve essere respinta in quanto irricevibile, senza che occorra esaminare né la quarta eccezione di irricevibilità, né la quinta, riferite specificamente a tale domanda.

     Sulla prima eccezione di irricevibilità, vertente sulla non imputabilità alla Missione dei fatti che le sono contestati

    67      La Missione sostiene di non poter essere considerata responsabile del trattamento delle segnalazioni effettuate dal ricorrente a partire dal 28 marzo 2017, poiché tali segnalazioni sarebbero state dirette a un’autorità distinta dalla Missione, vale a dire il COC. A questo proposito, essa si richiama alle disposizioni dell’articolo 9, lettera c), e dell’articolo 11 del codice di condotta e disciplina per le missioni civili dell’UE in ambito PSDC (in prosieguo: il «codice di condotta»).

    68      Parimenti, la Missione precisa che il ricorrente non può rimproverarle di aver dovuto avviare un procedimento contenzioso contro il SEAE per accedere alla relazione del 29 luglio 2017, poiché la Missione non è né l’autore, né il destinatario di detta relazione e non controllava l’accesso alla medesima.

    69      Il ricorrente contesta la fondatezza delle affermazioni della Missione.

    70      A tal proposito, da una giurisprudenza consolidata emerge che un’azione diretta ad ottenere il risarcimento di un danno causato da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione deve essere diretta contro tale istituzione, organo o organismo (v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2004, Mediatore/Lamberts, C‑234/02 P, EU:C:2004:174, punto 67, e ordinanza del 15 novembre 2017, Pilla/Commissione ed EACEA, T‑784/16, non pubblicata, EU:T:2017:806, punto 70).

    71      Pertanto, la questione dell’identificazione dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo incaricato di rappresentare l’Unione nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale, fondato sull’articolo 268 TFUE e sull’articolo 340, secondo comma, TFUE, rientra nella valutazione della ricevibilità di detto ricorso (v., in tal senso, ordinanza del 2 febbraio 2015, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, non pubblicata, EU:T:2015:80, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

    72      Orbene, in primo luogo, è pacifico che le carenze che integrano, a parere del ricorrente, una situazione di molestie psicologiche e sono oggetto di un primo motivo a sostegno della sua domanda di risarcimento sono collegate, in base al contenuto delle sue memorie, a taluni atti adottati dal capomissione e dal suo vice, oltre che dal capo del servizio HR operante sotto la loro responsabilità.

    73      In particolare il ricorrente lamenta, anzitutto, di essere stato escluso dal capomissione dalle riunioni politiche settimanali tra quest’ultimo e il capo della Delegazione dell’Unione in Niger (in prosieguo: la «Delegazione»); poi, di aver ricevuto dal capomissione un primo ammonimento scritto il 17 luglio 2017, meno di un’ora dopo la segnalazione dello stesso giorno; inoltre, di aver ricevuto dal servizio HR, il 27 luglio 2017, vale a dire il giorno dopo la partenza del mediatore, la richiesta di compilare il modulo di valutazione delle sue prestazioni in vista del rinnovo del suo distacco nell’aprile 2018, e, infine, di aver ricevuto dal capo del servizio HR, lo stesso giorno, un calcolo aggiornato dei suoi congedi a seguito di una domanda da parte di detto servizio con cui gli veniva chiesto di giustificare alcune giornate di assenza irregolare.

    74      Orbene, l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione 2012/392, nella sua versione all’epoca vigente, prevedeva che il capomissione assumesse la responsabilità della Missione a livello di teatro delle operazioni e che ne esercitasse il comando e il controllo. L’articolo 6, paragrafo 1 bis, della medesima decisione precisava che il capomissione, sotto la sua responsabilità generale, poteva delegare compiti di gestione riguardanti il personale a membri del personale della Missione. Infine, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, di detta decisione, il capomissione esercitava il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori.

    75      Gli atti elencati al precedente punto 73, che il ricorrente contesta alla Missione nell’ambito del primo motivo dedotto a sostegno della domanda di risarcimento, si ricollegano pertanto all’esercizio, da parte del capomissione, dei poteri che egli trae dalla decisione 2012/392 e, quindi, all’attuazione, da parte della Missione, del suo mandato, di cui essa deve essere ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, della decisione di cui trattasi.

    76      Inoltre, la Missione non ha dimostrato, e nemmeno dedotto, che gli atti descritti nel primo motivo integrerebbero una colpa grave del capomissione, di cui solo quest’ultimo dovrebbe assumersi la responsabilità ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, della decisione 2012/392.

    77      Date le circostanze, la prima eccezione di irricevibilità deve essere respinta in quanto infondata con riferimento al primo motivo dedotto a sostegno della domanda di risarcimento.

    78      In secondo luogo, nell’ambito del secondo motivo dedotto a sostegno della domanda di risarcimento, il ricorrente afferma che numerose carenze da lui contestate non soltanto al capomissione, ma anche al COC, costituirebbero violazioni del diritto a un buon andamento dell’amministrazione e del dovere di sollecitudine, imputabili alla Missione.

    79      In particolare il ricorrente lamenta, anzitutto, il mancato trattamento, entro un termine ragionevole, delle sue denunce e delle sue segnalazioni da parte del capomissione e del COC; poi, la mancata comunicazione degli accertamenti e della raccomandazione formulati nella relazione del 29 luglio 2017, e, infine, la mancata attuazione di detta raccomandazione da parte del COC.

    80      A tal proposito occorre anzitutto osservare che l’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2012/392 prevedeva che la Missione disponesse di una catena di comando unificata, come operazione di gestione delle crisi, e l’articolo 5, paragrafo 1, della medesima decisione indicava il direttore del CPCC del SEAE quale COC della Missione. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, di detta decisione, il COC esercitava quindi il comando e il controllo della Missione a livello strategico e, a norma del suo articolo 5, paragrafo 3, egli doveva assicurare, riguardo alla condotta delle operazioni, l’attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del comitato politico e di sicurezza (CPS), anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico.

    81      Da dette disposizioni emerge che esse non escludono l’adozione, da parte del COC, degli atti di gestione del personale necessari all’esecuzione del mandato della Missione a livello di teatro delle operazioni (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 4 dicembre 2019, H/Consiglio, C‑413/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1044, punti da 69 a 71).

    82      In secondo luogo, dalle disposizioni del codice di condotta, adottato con decisione del Consiglio del 18 luglio 2016, risulta che il COC è autorizzato ad adottare gli atti di gestione del personale necessari all’esecuzione del mandato della Missione a livello di teatro delle operazioni.

    83      A tal proposito, dall’articolo 6, paragrafo 3, del codice di condotta, che, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, lettera a), si applica allo stesso modo a tutti i membri delle missioni civili dell’Unione rientranti nella PSDC, ivi compresi i membri distaccati dagli Stati membri, risulta che ogni segnalazione relativa a un’eventuale violazione da parte del capomissione deve essere indirizzata al COC.

    84      Inoltre, sempre dall’articolo 9 del codice di condotta risulta che l’autorità chiamata a dare seguito a eventuali mancanze del capomissione è il COC, che esercita il comando e il controllo della Missione sotto il controllo politico e la direzione strategica del CPS e l’autorità generale dell’Alto rappresentante. Conformemente all’articolo 11 del medesimo codice, in una situazione siffatta il COC può archiviare il fascicolo, trattare il caso come una questione di organizzazione, senza ricorrere a un procedimento disciplinare formale, o avviare un’indagine preliminare o disciplinare.

    85      Infine, l’articolo 10 del codice di condotta fissa le condizioni in presenza delle quali il COC può chiedere al suo vice di subentrare irrevocabilmente al capomissione in una particolare situazione.

    86      Pertanto le carenze elencate al precedente punto 79, che il ricorrente contesta alla Missione nell’ambito del secondo motivo, si ricollegano all’esercizio, da parte del COC, di poteri che esso trae dalla decisione 2012/392 e dal codice di condotta e, quindi, all’attuazione da parte della Missione del suo mandato, di cui quest’ultima deve essere ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, della decisione di cui trattasi.

    87      Il ricorrente fa quindi valere correttamente contro la Missione la sua azione risarcitoria fondata sulle carenze descritte nel precedente punto 79 e da lui contestate al COC. Ne consegue che la prima eccezione di irricevibilità deve essere respinta in quanto infondata anche con riferimento al secondo motivo e che, pertanto, detta eccezione di irricevibilità deve essere respinta nella sua interezza.

     Sulla seconda eccezione di irricevibilità, vertente sulla tardività del ricorso

    88      La Missione sostiene che la decisione del 10 aprile 2018 costituisce una decisione amministrativa che arreca pregiudizio ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Il ricorrente, non avendo contestato detta decisione nel termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica, o all’atto della notifica, il 23 luglio 2020, della relazione del 29 luglio 2017, sarebbe decaduto dal diritto di far valere la responsabilità della Missione in ragione dell’illegittimità di detta decisione.

    89      La Missione osserva altresì che il ricorrente non ha spiegato per quali ragioni non ha proposto ricorso di annullamento avverso il primo e il secondo ammonimento scritto.

    90      Il ricorrente contesta l’argomentazione della Missione.

    91      A tal riguardo, dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 61, vertente sull’autonomia dell’azione risarcitoria, emerge che l’eventuale irricevibilità della domanda di annullamento di una decisione all’origine di un danno non implica automaticamente quella della domanda di risarcimento di detto danno (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Carvalho e a./Parlamento e Consiglio, C‑565/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:252, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

    92      Tuttavia, se è pur vero che una parte può esperire un’azione per responsabilità senza essere tenuta da alcuna norma a chiedere l’annullamento dell’atto illegittimo che le ha arrecato pregiudizio, essa non può tuttavia eludere in tal modo l’irricevibilità della domanda diretta contro la stessa illegittimità e intesa ad ottenere lo stesso risultato patrimoniale (v. sentenza del 25 marzo 2021, Carvalho e a./Parlamento e Consiglio, C‑565/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:252, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

    93      Pertanto, un ricorso per risarcimento danni dev’essere dichiarato irricevibile laddove sia, in realtà, diretto alla revoca, all’abrogazione o alla modifica di una decisione individuale divenuta definitiva e laddove avrebbe l’effetto, nell’ipotesi di un suo accoglimento, di annullare tutti o parte degli effetti giuridici della decisione medesima. Ciò si verifica quando il ricorrente miri, mediante una domanda risarcitoria, a ottenere un risultato identico a quello che avrebbe ottenuto con l’accoglimento di un ricorso di annullamento che non ha presentato in tempo utile (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Carvalho e a./Parlamento e Consiglio, C‑565/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:252, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

    94      Parimenti, deve essere respinta come irricevibile un’azione risarcitoria formulata sotto forma di ingiunzione volta non a risarcire un danno riconducibile a un atto illecito o a un’omissione, ma a modificare l’atto controverso (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Carvalho e a./Parlamento e Consiglio, C‑565/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:252, punto 105).

    95      Nel caso di specie, l’azione per responsabilità proposta dal ricorrente mira a ottenere il risarcimento dei danni che egli avrebbe patito in ragione delle carenze del capomissione e del COC elencate, rispettivamente, ai precedenti punti 73 e 79, di cui talune possono essere qualificate come decisioni che arrecano pregiudizio, in quanto tali carenze integrerebbero, da un lato, una situazione di molestie psicologiche vietata dalle disposizioni della Carta e, dall’altro, violazioni del dovere di sollecitudine e del diritto a un buon andamento dell’amministrazione.

    96      Pertanto, un ricorso siffatto non mira ad ottenere la revoca, l’abrogazione o la modifica di eventuali decisioni che il capomissione e il COC possano aver adottato e che siano divenute definitive, bensì ad ottenere il risarcimento dei danni imputabili alla Missione insorti in ragione dell’adozione di dette decisioni. In particolare, dalle memorie presentate dal ricorrente non emerge che egli chieda un risarcimento in forma specifica che imponga alla Missione di avviare un’indagine preliminare o disciplinare nei confronti del capomissione e del suo vice, il che equivarrebbe a chiedere l’annullamento della decisione del 10 aprile 2018. Ne consegue che il carattere definitivo di detta decisione individuale non può ostacolare la ricevibilità del ricorso.

    97      Infine, l’autonomia dell’azione risarcitoria ricordata ai precedenti punti 61 e 91 dispensava altresì il ricorrente dal giustificare i motivi per cui egli non ha presentato ricorso di annullamento contro il primo e il secondo ammonimento scritto.

    98      Di conseguenza, questa seconda eccezione di irricevibilità deve essere respinta in quanto infondata.

     Sulla terza eccezione di irricevibilità, vertente su una prescrizione quinquennale o quadriennale

    99      La Missione sostiene che il ricorrente agirebbe nei suoi confronti solo cinque anni dopo il sopravvenire dei fatti di cui trattasi, avendo egli azionato la propria domanda risarcitoria contro di essa solo nel febbraio 2022. Essa afferma altresì che il ricorrente non potrebbe fondarsi, quattro anni dopo, sulla relazione del 29 luglio 2017.

    100    Il ricorrente contesta l’argomentazione della Missione obiettando che il ricorso sarebbe conforme alle disposizioni dell’articolo 46, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

    101    A tal proposito occorre ricordare, in primo luogo, che, in forza dell’articolo 21, primo comma, della Statuto della Corte, applicabile ai procedimenti dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, l’istanza deve contenere l’oggetto della controversia, le conclusioni e un’esposizione sommaria dei motivi invocati, fermo restando che tali indicazioni devono essere sufficientemente chiare e precise per consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, eventualmente, senza altre informazioni a sostegno (v. ordinanza del 7 settembre 2022, Rosca/Commissione, C‑802/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:677, punto 4 e giurisprudenza ivi citata).

    102    In particolare, gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fonda un ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso (sentenza del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 78).

    103    Pertanto, il giudice dell’Unione non è tenuto a rispondere agli argomenti dedotti in giudizio da una parte che non siano sufficientemente chiari e precisi, qualora essi non siano ulteriormente sviluppati e non siano corredati di un’argomentazione specifica a loro suffragio (v. sentenza del 18 novembre 2021, Grecia/Commissione, C‑107/20 P, non pubblicata, EU:C:2021:937, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

    104    Inoltre, l’obbligo di precisione risultante dall’articolo 21 dello Statuto della Corte e dall’articolo 76 del regolamento di procedura si impone anche, per analogia, al convenuto quando solleva un’eccezione di irricevibilità poiché tale obbligo ha unicamente l’obiettivo di consentire alla controparte di preparare la sua difesa e al giudice di esercitare il suo controllo, tanto più quando il convenuto sostiene che il ricorso non sarebbe ricevibile in ragione dell’intervenuta prescrizione.

    105    Infatti da una giurisprudenza consolidata risulta che, a differenza dei termini processuali, il rispetto del termine di prescrizione non è di ordine pubblico e non può essere esaminato d’ufficio dal giudice dell’Unione, ma dev’essere eccepito dalla parte interessata al fine di estinguere l’azione di responsabilità (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, C‑469/11 P, EU:C:2012:705, punto 51 e giurisprudenza ivi citata, e del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

    106    Nel caso di specie, in primo luogo, dal fascicolo emerge che la Missione, pur menzionando un termine di cinque anni al termine del quale è stato presentato il presente ricorso, non ha precisato il fondamento giuridico di detta eccezione di irricevibilità, né ha invocato l’articolo 46 dello Statuto della Corte, ai sensi del quale le azioni nei confronti dell’Unione in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine.

    107    In secondo luogo, dal fascicolo emerge che la Missione ha altresì citato una durata di quattro anni, distinta da quella prevista dall’articolo 46 dello Statuto della Corte, che impedirebbe al ricorrente di richiamarsi alla relazione del 19 luglio 2017, senza invocare disposizioni precise a supporto di tale deduzione.

    108    In terzo luogo, anche ipotizzando che la Missione abbia invocato la prescrizione quinquennale prevista dall’articolo 46 dello Statuto della Corte, essa non ha indicato quale sarebbe, a suo avviso, il fatto generatore del credito azionato dal ricorrente nell’ambito del presente ricorso, né il dies a quo del termine di prescrizione, così come non ha illustrato i motivi in fatto e in diritto per cui, a suo avviso, il credito di cui trattasi sarebbe prescritto.

    109    In tali circostanze, occorre constatare che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Missione e vertente su una prescrizione quinquennale o quadriennale non è supportata da precisazioni tali da consentire di valutarne la fondatezza.

    110    La terza eccezione di irricevibilità deve, pertanto, essere respinta in quanto insufficientemente precisa e, quindi, irricevibile.

     Sulla fondatezza della domanda di risarcimento

    111    A sostegno della sua domanda di risarcimento il ricorrente invoca sostanzialmente quattro motivi vertenti, il primo, su una violazione degli articoli 1 e 31 della Carta e dell’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto, in quanto egli sarebbe stato vittima di molestie psicologiche da parte del capomissione e del suo vice; il secondo, sulla violazione del dovere di sollecitudine e del diritto a un buon andamento dell’amministrazione; il terzo, sull’esistenza di danni reali e certi, e, il quarto, sull’esistenza di un nesso diretto tra le violazioni invocate nell’ambito del primo e del secondo motivo e i danni dedotti nell’ambito del terzo motivo.

    112    Prima di esaminare l’argomentazione del ricorrente, occorre precisare a quali condizioni può essere fatta valere la responsabilità della Missione nei confronti di un membro del personale nazionale distaccato presso di essa.

     Sulle condizioni determinanti la sussistenza di una responsabilità in capo alla Missione

    113    Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, affinché possa essere fatta valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione in un determinato caso è necessario, tra le altre condizioni, che il soggetto che chiede il risarcimento del danno o dei danni che ritiene di aver subìto, a causa di un comportamento o di un atto dell’Unione, dimostri l’esistenza di una violazione di una norma giuridica preordinata a conferire diritti agli individui (v. sentenza del 22 settembre 2022, IMG/Commissione, C‑619/20 P e C‑620/20 P, EU:C:2022:722, punto 145 e giurisprudenza ivi citata).

    114    Inoltre tale violazione deve essere, in linea di principio, sufficientemente qualificata, requisito che dipende a sua volta dal potere discrezionale di cui dispone l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione che avrebbe violato tale norma e dalla questione se l’istituzione, l’organo o l’organismo di cui trattasi abbiano violato in modo grave e manifesto i limiti imposti a tale potere, tenuto conto, in particolare, del grado di chiarezza e di precisione di detta norma, delle difficoltà di interpretazione o applicazione che possano derivarne e della complessità della situazione da disciplinare (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, IMG/Commissione, C‑619/20 P e C‑620/20 P, EU:C:2022:722, punto 146 e giurisprudenza ivi citata).

    115    Tuttavia da una giurisprudenza consolidata risulta che, alla luce della responsabilità accresciuta dell’Unione quando essa agisce in qualità di datore di lavoro, il solo accertamento di un illecito commesso, a seconda dei casi, dall’autorità che ha il potere di nomina (APN) o dall’autorità abilitata a concludere contratti di assunzione (AACC) è sufficiente per considerare soddisfatta la prima delle tre condizioni, necessarie alla sussistenza di una responsabilità dell’Unione per i danni causati ai suoi funzionari e agenti a seguito di una violazione del diritto della funzione pubblica dell’Unione, e ciò, di conseguenza, senza che occorra chiedersi se si tratti di una violazione «sufficientemente qualificata» di una norma giuridica avente ad oggetto il conferimento di diritti agli individui (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2020, AL/Commissione, T‑83/19, non pubblicata, EU:T:2020:254, punti 66 e 67).

    116    Infatti, il contenzioso in materia di funzione pubblica ai sensi dell’articolo 270 TFUE e degli articoli 90 e 91 dello Statuto, compreso quello diretto al risarcimento di un danno causato a un funzionario o a un agente, risponde a norme particolari e speciali rispetto a quelle derivanti dai principi generali che disciplinano la responsabilità extracontrattuale dell’Unione nell’ambito dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. Difatti, a differenza di qualsiasi altro soggetto, il funzionario o l’agente dell’Unione è legato all’istituzione, all’organo o all’organismo presso cui presta servizio da un rapporto giuridico d’impiego implicante un equilibrio di specifici diritti ed obblighi reciproci, che si manifesta nel dovere di sollecitudine dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo nei confronti dell’interessato (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2022, SU/AEAPP, T‑296/21, EU:T:2022:808, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

    117    Orbene, come già osservato al precedente punto 46, per quanto attiene all’esercizio delle loro funzioni a livello di teatro delle operazioni, i membri del personale nazionale distaccati presso la Missione dagli Stati membri, pur non rientrando nell’ambito di applicazione dello Statuto, sono tuttavia soggetti alle medesime norme applicabili ai membri del personale distaccato dalle istituzioni dell’Unione, la cui situazione è disciplinata dallo Statuto.

    118    Di conseguenza, il solo accertamento di un illecito è sufficiente per considerare soddisfatta la prima delle tre condizioni necessarie per la sussistenza di una responsabilità dell’Unione, per i danni causati a un membro del personale nazionale distaccato presso la Missione in occasione dell’esercizio delle sue funzioni a livello di teatro delle operazioni (v., per analogia, sentenza del 18 novembre 2020, H/Consiglio, T‑271/10 RENV II, EU:T:2020:548, punto 104).

    119    Compete pertanto al Tribunale esaminare, in ordine successivo, le violazioni dedotte dal ricorrente a sostegno del primo e del secondo motivo di ricorso per verificare se esse siano o meno dimostrate, senza che occorra esaminare se si tratti di violazioni sufficientemente qualificate.

     Sul primo motivo, vertente sulla violazione degli articoli 1 e 31 della Carta e dell’articolo 12 bis dello Statuto

    120    Il ricorrente sostiene che le quattro mancanze elencate al precedente punto 73, rilevate nella relazione del 29 luglio 2017 e che, ai fini della presente sentenza, devono essere considerate come altrettante parti a sostegno del primo motivo, caratterizzerebbero una situazione di molestie psicologiche di cui egli asserisce di essere vittima e che sarebbe vietata dagli articoli 1 e 31 della Carta e dall’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto, il quale troverebbe applicazione per analogia.

    121    La Missione contesta le affermazioni del ricorrente.

    122    Prima di esaminare le quattro parti menzionate nel precedente punto 120 e procedere a una loro valutazione contestuale, occorre, in primo luogo, stabilire se il ricorrente possa invocare utilmente l’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto, in secondo luogo, ricordare la definizione di molestie psicologiche e il livello di prova richiesto in materia, in terzo luogo, richiamare a quali condizioni l’autorità di assunzione deve fornire assistenza al funzionario o all’agente che sostiene di essere vittima di molestie psicologiche, e, in quarto luogo, stabilire il livello di controllo del Tribunale nella presente causa.

    –       Sull’applicabilità alla controversia dell’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto

    123    Occorre ricordare che lo Statuto non si applica ai membri del personale o agli esperti nazionali distaccati che siano occasionalmente occupati presso un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione, C‑485/08 P, EU:C:2010:188, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

    124    Di conseguenza, le disposizioni dello Statuto relative alle molestie psicologiche e alla protezione funzionale dei funzionari e degli agenti temporanei o contrattuali dell’Unione non sono direttamente applicabili al ricorrente.

    125    Tuttavia, i membri del personale distaccati presso la Missione dalle istituzioni dell’Unione, la cui situazione è disciplinata dallo Statuto, e quelli distaccati dagli Stati membri devono, in applicazione della decisione 2012/392, essere soggetti alle medesime norme per quanto riguarda l’esercizio delle loro funzioni a livello di teatro delle operazioni. In forza del principio di parità di trattamento, il Tribunale è tenuto ad applicare al caso del ricorrente, per analogia, le disposizioni dello Statuto relative alle molestie psicologiche e alla protezione funzionale dei funzionari e degli agenti temporanei o contrattuali oltre alla giurisprudenza emanata sulla base di dette disposizioni (v., per analogia, sentenza del 18 novembre 2020, H/Consiglio, T‑271/10 RENV II, EU:T:2020:548, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

    126    Infatti il principio di parità di trattamento, sancito all’articolo 20 della Carta, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione il quale esige che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate allo stesso modo, a meno che un siffatto trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 14 luglio 2022, Commissione/VW e a., da C‑116/21 P a C‑118/21 P, C‑138/21 P e C‑139/21 P, EU:C:2022:557, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

    127    Il requisito relativo alla comparabilità delle situazioni, al fine di determinare l’esistenza di una violazione del principio di parità di trattamento, deve essere valutato alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano e, in particolare, alla luce dell’oggetto e dello scopo perseguito dall’atto che istituisce la distinzione di cui trattasi, fermo restando che devono essere presi in considerazione, a tal fine, i principi e gli obiettivi del settore in cui rientra tale atto. Nei limiti in cui le situazioni non siano comparabili, una differenza di trattamento delle situazioni in questione non viola l’uguaglianza davanti alla legge sancita dall’articolo 20 della Carta (v. sentenza del 14 luglio 2022, Commissione/VW e a., da C‑116/21 P a C‑118/21 P, C‑138/21 P e C‑139/21 P, EU:C:2022:557, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

    128    Pertanto, benché ai membri del personale distaccati presso la Missione dagli Stati membri non sia applicabile lo Statuto, diversamente da quanto accade per quelli distaccati dalle istituzioni, tale differente situazione non può oggettivamente giustificare il fatto che i primi, quando esercitano le loro funzioni a livello di teatro delle operazioni e sono quindi posti in una situazione comparabile a quella dei secondi, non beneficino delle stesse norme e del medesimo livello di protezione contro le molestie psicologiche.

    129    Il ricorrente può pertanto invocare utilmente l’articolo 12 bis dello Statuto, in aggiunta agli articoli 1 e 31 della Carta.

    –       Sulla definizione di molestie psicologiche e sul livello di prova richiesto

    130    In primo luogo, va ricordato che l’articolo 1 e l’articolo 31, paragrafo 1, della Carta prevedono, rispettivamente, da un lato, che la dignità umana è inviolabile e deve essere rispettata e tutelata, e, dall’altro, che ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.

    131    Inoltre, l’articolo 12 bis dello Statuto prevede che ogni funzionario deve astenersi da ogni forma di molestia psicologica o sessuale.

    132    In particolare, la nozione di «molestia psicologica», ai sensi dell’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto, si definisce come una «condotta inopportuna» che, da un lato, si concretizza attraverso comportamenti, parole, scritti, gesti e atti manifestati «in maniera durevole, ripetitiva o sistematica», il che implica che la molestia psicologica dev’essere intesa come un processo che si svolge necessariamente nel tempo e presuppone l’esistenza di azioni ripetute o continuate e che siano «intenzionali», in opposizione ad «accidentali». Dall’altro, per rientrare nella nozione di «molestia psicologica» detti comportamenti, parole, scritti, gesti e atti devono avere l’effetto di ledere la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di una persona (v. sentenza del 2 giugno 2022, EM/Parlamento, C‑299/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:429, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

    133    Tuttavia non è necessario dimostrare che i comportamenti, le parole, gli atti, i gesti o gli scritti di cui trattasi siano stati attuati con l’intenzione di ledere la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di una persona. In altri termini, le molestie psicologiche possono essere qualificate senza che sia dimostrato che il molestatore abbia voluto, con il proprio comportamento, screditare la vittima o deteriorarne intenzionalmente le condizioni di lavoro. È sufficiente che tali comportamenti, ove volontari, abbiano comportato obiettivamente conseguenze del genere (v. sentenza del 20 ottobre 2021, ZU/Commissione, T‑671/18 e T‑140/19, non pubblicata, EU:T:2021:715, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

    134    In secondo luogo, poiché il comportamento di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto, deve presentare un carattere inopportuno, la qualificazione come «molestia» è subordinata alla condizione che quest’ultima presenti una realtà oggettiva sufficiente, nel senso che un osservatore imparziale e ragionevole, dotato di normale sensibilità e posto nelle stesse condizioni, considererebbe il comportamento o l’atto controverso eccessivo e censurabile (v. sentenza del 20 ottobre 2021, ZU/Commissione, T‑671/18 e T‑140/19, non pubblicata, EU:T:2021:715, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

    135    In terzo luogo, le molestie psicologiche possono essere, per loro stessa definizione, il risultato di un insieme di comportamenti diversi che, presi isolatamente, non configurerebbero necessariamente di per sé una molestia psicologica ma che, valutati globalmente e in maniera contestuale, anche in ragione del loro cumularsi nel tempo, potrebbero essere considerati tali. Per questo motivo, quando viene esaminata la questione se comportamenti denunciati da un agente interessato costituiscano molestie psicologiche, occorre esaminare tali fatti sia isolatamente sia congiuntamente in quanto elementi di un ambiente di lavoro complessivo creato dai comportamenti di un membro del personale nei confronti di un altro membro di tale personale (v. sentenza del 20 ottobre 2021, ZU/Commissione, T‑671/18 e T‑140/19, non pubblicata, EU:T:2021:715, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

    136    In quarto luogo, ogni decisione adottata nel corso del periodo in cui una persona sostiene di essere stata vittima di molestie psicologiche e di cui non sia stata contestata la liceità, in quanto tale, integra un elemento di fatto che può costituire un indizio di molestia di cui tener conto unitamente ad altri, senza che si debba procedere ad un esame della sua liceità o che la scadenza del termine di ricorso ad esso relativo osti a che il giudice accerti l’esistenza di una molestia. Compete quindi al giudice valutare se una decisione, quale elemento di fatto, possa essere considerata come un indizio di molestia psicologica, tenendo conto dell’intero contesto di fatto rilevante (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2021, FD/Entreprise commune Fusion for Energy, T‑641/19, non pubblicata, EU:T:2021:388, punto 44).

    –       Sul dovere di assistenza dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo datore di lavoro in caso di asserite molestie psicologiche

    137    Occorre ricordare che, in base a una giurisprudenza consolidata, l’articolo 24 dello Statuto è stato pensato per tutelare i funzionari dell’Unione da molestie o trattamenti degradanti di qualsiasi natura da parte, in particolare, dei loro superiori gerarchici o dei loro colleghi (v. sentenza del 9 dicembre 2020, GV/Commissione, T‑705/19, non pubblicata, EU:T:2020:590, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

    138    Pertanto, quando all’APN o all’AACC venga rivolta, conformemente all’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, una domanda di assistenza ai sensi dell’articolo 24 di detto Statuto, tale autorità è tenuta, in virtù dell’obbligo di assistenza ad essa incombente e se si trova di fronte a un incidente incompatibile con l’ordine e la serenità del servizio, a intervenire con tutta l’energia necessaria, rispondendo con la tempestività e la sollecitudine richieste dalle circostanze del caso specifico al fine di accertare i fatti e di trarne, con cognizione di causa, le opportune conclusioni. A tal fine, è sufficiente che il funzionario o l’agente che chiede la tutela dell’APN o dell’AACC fornisca un principio di prova della sussistenza dei comportamenti che egli asserisce di stare subendo. In presenza di tali elementi, l’istituzione, l’organo o l’organismo di cui trattasi è tenuto ad adottare gli opportuni provvedimenti, in particolare procedendo ad un’indagine amministrativa, al fine di accertare i fatti all’origine della denuncia, in collaborazione con l’autore di quest’ultima e, alla luce delle risultanze dell’indagine, ad adottare i provvedimenti necessari, come l’avvio di un procedimento disciplinare a carico della persona chiamata in causa qualora l’amministrazione concluda, in esito all’indagine amministrativa, nel senso dell’esistenza di molestie psicologiche (sentenze del 3 ottobre 2019, DQ e a./Parlamento, T‑730/18, EU:T:2019:725, punto 80, e del 14 luglio 2021, AI/ECDC, T‑65/19, EU:T:2021:454, punto 64).

    139    In particolare, in presenza di asserite molestie l’obbligo di assistenza comporta il dovere da parte dell’amministrazione di esaminare seriamente, con rapidità e in assoluta riservatezza, la domanda di assistenza in cui vengano lamentate molestie psicologiche e di informare il richiedente del seguito riservato alla domanda (sentenza del 3 ottobre 2019, DQ e a./Parlamento, T‑730/18, EU:T:2019:725, punto 81).

    140    Infine, chiamato a pronunciarsi su un motivo vertente sulla violazione dell’articolo 12 bis dello Statuto, il Tribunale deve verificare se l’istituzione, l’organo o l’organismo interessato abbiano commesso un errore di valutazione dei fatti alla luce della definizione di molestia prevista in tale disposizione, e non un errore manifesto di valutazione di tali fatti (v. sentenza del 9 dicembre 2020, GV/Commissione, T‑705/19, non pubblicata, EU:T:2020:590, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

    141    In particolare, la fondatezza della decisione di respingere una domanda di assistenza senza che sia stata avviata un’indagine amministrativa deve essere valutata dal giudice alla luce degli elementi portati a conoscenza dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo interessato, segnatamente, da parte dell’autore della domanda di assistenza (v., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2020, GV/Commissione, T‑705/19, non pubblicata, EU:T:2020:590, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

    –       Sul livello di controllo del Tribunale nella presente causa

    142    Al fine di determinare il livello di controllo applicabile nel caso di specie, compete al Tribunale valutare se la relazione del 29 luglio 2017 equivalga al risultato di un’indagine amministrativa ai sensi della giurisprudenza ivi citata ai precedenti punti 138 e 141, che avrebbe avuto l’obiettivo di accertare i fatti all’origine delle segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017.

    143    Infatti, se così non fosse spetterebbe al Tribunale, in applicazione delle disposizioni e dei principi ricordati ai precedenti punti da 130 a 141 stabilire, nell’esaminare le parti corrispondenti, se le quattro carenze contestate dal ricorrente al capomissione e al suo vice costituiscano non un caso di molestie psicologiche ma indizi di siffatte molestie, che avrebbero giustificato l’avvio di un’indagine amministrativa.

    144    A tal riguardo, dalla decisione del 10 aprile 2018 emerge che la relazione del 29 luglio 2017 è stata elaborata da un agente della CPCC del SEAE in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), del codice di condotta, che autorizza il COC, in caso di segnalazione che chiami in causa il capomissione, a trattare la causa come una questione di carattere organizzativo senza ricorrere a un procedimento disciplinare formale, se del caso, ricorrendo a una procedura dinanzi al mediatore.

    145    Risulta così che la relazione del 29 luglio 2017 è stata redatta nell’ottica di render conto di un tentativo di mediazione e non per stabilire, nell’ambito dell’indagine preliminare o disciplinare prevista alle lettere c) e d) dell’articolo 11, paragrafo 1, del codice di condotta, la fondatezza delle eccepite molestie psicologiche di cui alle segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017.

    146    Tale interpretazione è corroborata dal fatto che, nella sua relazione del 29 luglio 2017, il mediatore non ha espressamente preso posizione sulla questione se i fatti contestati dal ricorrente al capomissione e al suo vice caratterizzassero una situazione di molestie o costituissero indizi di una situazione siffatta.

    147    È vero che dalla conclusione della relazione del 29 luglio 2017 si può dedurre che il mediatore ha implicitamente ritenuto che taluni fatti contestati dal ricorrente alla Missione, segnatamente quelli oggetto delle quattro parti dedotte a sostegno del primo motivo, costituissero indizi di molestie psicologiche.

    148    In detta conclusione il mediatore propone, infatti, una misura di carattere conciliativo, vale a dire un’assegnazione temporanea del ricorrente a Bruxelles (Belgio) al termine delle ferie estive, riferendosi espressamente a talune normative nazionali in materia di molestie e a norme applicabili alle istituzioni dell’Unione che prevedono la possibilità di una fase informale prima dell’avvio del procedimento formale e in considerazione del fatto che, nel caso di specie, le condizioni si prestavano a una siffatta fase informale.

    149    Tuttavia, la valutazione personale del mediatore contenuta nella relazione del 29 luglio 2017 non è stata fatta propria dalla Missione.

    150    In particolare va osservato che, con la decisione del 10 aprile 2018, intervenuta successivamente alla cessazione del distacco del ricorrente presso la Missione, il COC l’ha informato del trattamento delle segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017 come una questione di carattere organizzativo, conformemente all’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), del codice di condotta, senza aprire un’indagine preliminare o disciplinare, né avviare un procedimento disciplinare formale nei confronti del capomissione e del suo vice.

    151    Occorre pertanto constatare che, in tal modo, la Missione ha ritenuto che le denunce di molestie psicologiche contenute nelle segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017 non fossero fondate o, in ogni caso, che non fossero state corroborate a sufficienza per costituire indizi idonei a giustificare l’apertura di un’indagine preliminare o disciplinare.

    152    Pertanto, posto che, con la decisione del 10 aprile 2018, la Missione si è astenuta dall’avviare un’indagine amministrativa per verificare la fondatezza delle deduzioni del ricorrente, nonché dal prendere posizione sull’eventualità che le carenze contestate dal ricorrente al capomissione e al suo vice integrassero una situazione di molestie psicologiche, una siffatta decisione equivale, nei suoi effetti, al rigetto di una domanda di assistenza senza l’avvio di un’indagine amministrativa, di cui il Tribunale deve, conformemente alla giurisprudenza ivi citata al precedente punto 141, valutare la fondatezza alla luce degli elementi che il ricorrente ha portato a conoscenza della Missione.

    –       Sulla prima parte, relativa all’esclusione del ricorrente dalle riunioni politiche settimanali tra il capomissione e il capo della Delegazione

    153    A sostegno di questa parte il ricorrente asserisce, sostanzialmente, che la sua esclusione dalle riunioni politiche settimanali tra il capomissione e il capo della Delegazione (in prosieguo: le «riunioni di stato maggiore») avrebbe costituito un indizio di molestie psicologiche che avrebbe giustificato l’avvio di un’indagine amministrativa.

    154    A tal riguardo, da un messaggio di posta elettronica del 26 maggio 2017 risulta che, a partire da tale data, il capomissione ha chiesto al ricorrente di non partecipare più alle riunioni di stato maggiore.

    155    Dalla relazione del 29 luglio 2017 risulta pertanto che il ricorrente ha ritenuto che la sua esclusione da tali riunioni lo abbia privato di una fonte importante di informazioni per esercitare le sue funzioni di consulente politico, gli abbia impedito di esercitare la sua funzione di coordinamento con la Delegazione ai fini dell’elaborazione di relazioni su questioni politiche e abbia nuociuto alla sua reputazione.

    156    Tuttavia da detta relazione emerge altresì, in primo luogo, che la decisione del capomissione del 26 maggio 2017, citata al precedente punto 154, faceva seguito alla sua insoddisfazione riguardo al ricorrente che non avrebbe, dal canto suo, dato seguito a dette riunioni settimanali e, in secondo luogo, che dette riunioni settimanali erano politicamente delicate e il capomissione aveva ragione di credere che informazioni provenienti da tali riunioni fossero state divulgate alle autorità italiane.

    157    Nella sua relazione del 29 luglio 2017, il mediatore ha in effetti ritenuto che l’esclusione del ricorrente dalle riunioni di stato maggiore e la decisione di invitarlo unicamente alle riunioni settimanali di carattere organizzativo non fossero attuabili, considerate le sue funzioni di consulente politico e di coordinamento in detto settore, e che sarebbe stato più opportuno che il ricorrente restasse coinvolto occasionalmente nelle riunioni di stato maggiore.

    158    Tuttavia, per quanto attiene al primo motivo di esclusione del ricorrente dalle riunioni di stato maggiore, da un messaggio di posta elettronica inviata dal capomissione al ricorrente in data 6 aprile 2017 emerge altresì che, in occasione di dette riunioni settimanali, il contributo del ricorrente era nullo.

    159    A questo proposito occorre ricordare, anzitutto, che l’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della decisione 2012/392 dispone che il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori e impartisce istruzioni a tutto il personale della Missione per la sua condotta efficace nel teatro delle operazioni, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana.

    160    Inoltre, dalla giurisprudenza si evince che l’amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale in materia di organizzazione del servizio (v., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 1981, Arning/Commissione, 125/80, EU:C:1981:248, punto 19).

    161    Orbene, il ricorrente non produce alcun elemento idoneo a confutare le deduzioni del capomissione secondo cui il suo contributo alle riunioni di stato maggiore era inesistente cosicché, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui quest’ultimo disponeva e alla luce del dovere imperativo di efficacia ricordato all’articolo 6 della decisione 2012/392, non sembra che la sua decisione di esonerare il ricorrente da ogni partecipazione a dette riunioni fosse eccessiva o censurabile tenuto conto dell’interesse del servizio.

    162    Inoltre, sempre dall’articolo 6, paragrafo 7, della decisione 2012/392 risulta che, fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dal capo della Delegazione.

    163    Pertanto, posto che le riunioni di stato maggiore avevano, segnatamente, l’obiettivo di trasmettere l’orientamento politico locale da parte del capo della Delegazione, non sembra che la presenza del ricorrente a dette riunioni fosse indispensabile.

    164    Infine, non è dimostrato e nemmeno dedotto che le riunioni di stato maggiore costituissero l’unico canale di comunicazione tra la Missione e la Delegazione sulle questioni politiche, cosicché non sembra che l’esclusione del ricorrente da dette riunioni ostasse all’esercizio delle sue funzioni per il fatto che esse implicavano un coordinamento con il suo o i suoi omologhi della Delegazione sulle questioni politiche.

    165    Di conseguenza, e senza che occorra esaminare il secondo motivo della decisione del 26 maggio 2017 menzionato al precedente punto 156, vertente sull’inosservanza del carattere riservato di dette riunioni e sulla divulgazione, da parte del ricorrente, di talune informazioni alle autorità italiane, detta decisione di escluderlo dalle riunioni di stato maggiore, considerata isolatamente, non può essere ritenuta un indizio di molestie psicologiche nei confronti del ricorrente, cosicché la prima parte deve essere respinta in quanto infondata.

    –       Sulla seconda parte, relativa al ricevimento, da parte del ricorrente, del primo ammonimento scritto il 17 luglio 2017, meno di un’ora dopo la segnalazione dello stesso giorno

    166    Nell’ambito di questa parte il ricorrente afferma, sostanzialmente, che la notifica del primo ammonimento scritto meno di un’ora dopo che egli aveva effettuato la segnalazione del 17 luglio 2017 costituisce un indizio di molestie psicologiche nei suoi confronti.

    167    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 7, paragrafo 1, del codice di condotta dispone che il membro della Missione che ha segnalato un’eventuale carenza non è penalizzato in ragione o a seguito di detta segnalazione, a condizione che egli abbia agito in maniera ragionevole e in buona fede.

    168    Nel caso di specie, dalle dichiarazioni delle parti emerge che, il 17 luglio 2017, il capomissione ha inviato al ricorrente un ammonimento scritto per avergli mancato di rispetto in occasione di una riunione tenutasi il 10 aprile 2017 durante la quale la Missione aveva accolto una personalità politica di uno Stato membro. Infatti il capomissione ha contestato al ricorrente di aver manifestato chiaramente, con il suo linguaggio del corpo, il suo fastidio nel dover prendere appunti nel corso di detta riunione benché egli sia tenuto a farlo, e di aver assunto una mimica o una gestualità inappropriate ogniqualvolta il capomissione prendeva la parola.

    169    In particolare, detto primo ammonimento è stato inviato al ricorrente il 17 luglio 2017, meno di un’ora dopo che quest’ultimo aveva trasmesso al COC una segnalazione che chiamava in causa il capomissione e il suo vice per molestie psicologiche.

    170    In primo luogo, dall’articolo 11 del codice di condotta emerge che, sulla base di una relazione che segnala un’eventuale carenza, la decisione dell’autorità responsabile sul seguito da dare a detta carenza, che può portare l’autorità a trattare il caso come una questione di carattere organizzativo, deve essere adottata entro un termine di dieci giorni lavorativi.

    171    Nel caso di specie, posto che il primo ammonimento scritto non ha fatto seguito a un procedimento disciplinare formale e che, dal suo titolo, risulta che esso ha carattere «organizzativo», in assenza di un diverso fondamento giuridico dedotto dalla Missione si deve dare atto che esso è stato adottato conformemente all’articolo 11, lettera b), del codice di condotta.

    172    In secondo luogo, benché dalla relazione del 29 luglio 2017 risulti che il capomissione ha giustificato di fronte al mediatore il tardivo invio del primo ammonimento scritto richiamando istruzioni della CPCC del SEAE che l’avrebbe invitato a posticipare detto invio, la Missione non ha fornito alcuna prova di detta corrispondenza tale da comprovare la veridicità di siffatta giustificazione. Inoltre essa non ha dimostrato, né tanto meno dedotto, che la CPCC o il COC avrebbero approvato l’iniziativa del capomissione di notificare il primo ammonimento scritto al ricorrente il 17 luglio 2017.

    173    Di conseguenza, anche ipotizzando che il termine di dieci giorni lavorativi fissato dall’articolo 11, lettera b), del codice di condotta non costituisca un termine imperativo, resta il fatto che la Missione non ha giustificato i motivi per cui l’invio del primo ammonimento scritto è avvenuto il 17 luglio 2017, più di tre mesi dopo l’evento all’origine di detto ammonimento, e meno di un’ora dopo che il ricorrente aveva compiuto una segnalazione che chiamava in causa il capomissione.

    174    In terzo luogo, è vero che la segnalazione del 17 luglio 2017 è stata effettuata dal ricorrente mediante un messaggio di posta elettronica diretta unicamente al COC e al vice di quest’ultimo e che la Missione sostiene che il capomissione e il suo vice non erano a conoscenza di detta segnalazione nel momento in cui è stata effettuata.

    175    Tuttavia, benché il Tribunale non possa far gravare sulla Missione l’onere di dimostrare la correttezza delle sue affermazioni, posto che un siffatto onere equivarrebbe a imporle di fornire una prova negativa, esso non può nemmeno esigere dal ricorrente che dimostri se il COC abbia informato il capomissione dell’esistenza e, eventualmente, del contenuto della segnalazione del 17 luglio 2017 e, se del caso, la data esatta di ciò, poiché non vi è motivo di ritenere che il ricorrente disponesse di tali informazioni.

    176    Pertanto, in mancanza di prova quanto alla data esatta in cui il COC ha informato il capomissione dell’esistenza della segnalazione del ricorrente del 17 luglio 2017 e del contenuto preciso di detta informazione, occorre constatare, anzitutto, che la Missione non ha dedotto alcuna disposizione che avrebbe ostato alla trasmissione di detta informazione al capomissione o al suo vice.

    177    Inoltre, la Missione non ha nemmeno indicato al Tribunale la data esatta in cui il COC o la CPCC hanno informato il capomissione dell’arrivo del mediatore, benché sia ragionevole presumere che, all’atto della trasmissione di detta informazione, il capomissione abbia saputo dell’esistenza e, se del caso, del contenuto della segnalazione del 17 luglio 2017.

    178    Da quanto precede emerge che, in assenza di una giustificazione da parte della Missione per la tardiva formulazione del primo ammonimento, con riferimento sia al termine di cui all’articolo 11 del codice di condotta che al tempo trascorso dai fatti all’origine di detto ammonimento, e in mancanza di indicazioni quanto alla data esatta in cui il capomissione è venuto a conoscenza della segnalazione del 17 luglio 2017, la notifica di detto ammonimento meno di un’ora dopo detta segnalazione può essere considerata eccessiva o criticabile.

    179    Infatti tale notifica può essere interpretata come volta a penalizzare il ricorrente in ragione di detta segnalazione, contrariamente a quanto imposto dall’articolo 7 del codice di condotta e pertanto, valutata isolatamente, costituisce un indizio di molestie psicologiche.

    180    Di conseguenza, la seconda parte del presente motivo deve essere accolta.

    –       Sulla terza parte, relativa alla richiesta ricevuta dal ricorrente, il 27 luglio 2017, di compilare il modulo di valutazione delle prestazioni in vista del rinnovo del suo distacco

    181    Nell’ambito di questa parte, il ricorrente deduce, in sostanza, che il momento scelto dal servizio HR per riavviare la procedura di valutazione delle sue prestazioni, il 27 luglio 2017, vale a dire il giorno dopo la partenza del mediatore, costituirebbe un indizio di molestie psicologiche nei suoi confronti.

    182    In particolare, dalla relazione del 29 luglio 2017 emerge che il ricorrente riteneva che la procedura di valutazione delle prestazioni non fosse prevista dalle norme sulla gestione del personale della Missione, e che l’avvio di detta procedura nei suoi confronti avesse il solo obiettivo di escluderlo dal servizio.

    183    A tal riguardo dal fascicolo emerge che, il 6 aprile 2017, il capomissione ha deciso di avviare una procedura al fine di elaborare un rapporto di valutazione delle prestazioni (PER) nei confronti del ricorrente e che quest’ultimo si è opposto eccependo, in sostanza, che una tale procedura non era formalmente prevista dal piano operativo rivisto della Missione (in prosieguo: l’«OPLAN») il 13 luglio 2022.

    184    Il 27 luglio 2017 un membro del personale del servizio HR ha inviato al ricorrente il progetto di PER da completare, con una nuova scadenza fissata al 4 agosto 2017. Tuttavia, il ricorrente si è nuovamente rifiutato di compilare il suo PER eccependo che questa nuova procedura sarebbe stata prematura in considerazione del termine del suo distacco previsto per il 14 aprile 2018. Il capo del servizio HR ha quindi spiegato al ricorrente che detta procedura riguardava tutto il personale della Missione il cui distacco doveva concludersi al più tardi il 30 aprile 2018 e che, in mancanza di una sua partecipazione, il suo posto sarebbe stato dichiarato vacante.

    185    Infine, il 23 agosto 2017 il capo del servizio HR ha sollecitato il ricorrente chiedendogli, ancora una volta, di trasmettere il suo PER debitamente compilato. Il ricorrente ha nuovamente respinto tale domanda in quanto non avrebbe chiesto la proroga del suo distacco a partire dall’aprile 2018.

    186    In via preliminare va precisato che l’articolo 7 dell’allegato IX all’OPLAN, relativo alle risorse umane, subordina la proroga del distacco di un membro del personale distaccato al consenso del capomissione, sulla base di una domanda in tal senso presentata dal membro del personale interessato tre mesi prima della conclusione del periodo di distacco in corso e alla redazione, da parte del suo responsabile gerarchico diretto, di un PER positivo.

    187    Inoltre, l’articolo 10 dell’allegato IX all’OPLAN prevede che tutti i membri della Missione devono essere oggetto di un PER a cadenza regolare, in particolare prima che lascino definitivamente la Missione.

    188    La Missione ha richiamato infine un documento intitolato «Lignes directrices pour l’évaluation des performances au sein des missions PESD» (Orientamenti per la valutazione delle prestazioni in seno alle missioni PESD), da cui risulta che la procedura di elaborazione del PER veniva avviata sistematicamente prima della partenza dalla Missione del membro del personale interessato, era fortemente raccomandata al termine di ciascun periodo quinquennale di distacco o di contratto, era consigliata al termine di un periodo di sei mesi nel caso di impiego iniziale del membro del personale per un periodo di un anno ed era possibile in ogni momento ove reputato necessario, in caso di variazione del superiore gerarchico o di cambiamenti nelle prestazioni del membro del personale interessato, di concerto con il servizio HR.

    189    In primo luogo va constatato che, benché la facoltà di valutare un membro del personale della Missione in caso di variazione del superiore gerarchico o di cambiamenti nelle prestazioni non sia espressamente prevista nell’allegato IX all’OPLAN, non sembra che questa norma osti a una siffatta prassi, posto che l’articolo 10 di detto allegato non definisce in maniera tassativa i casi in cui i membri della Missione debbano essere sottoposti a valutazione.

    190    Inoltre, il ricorrente non si è richiamato a un’altra norma che avrebbe ostato alla valutazione delle sue prestazioni da parte del capomissione.

    191    Al contrario, dall’articolo 6 della decisione 2012/392 e dalla giurisprudenza citata al precedente punto 160 emerge che il capomissione dispone di un ampio margine discrezionale per decidere di elaborare il PER di uno dei suoi subordinati, qualora ritenga che detta procedura sia necessaria all’efficacia nel teatro delle operazioni.

    192    Non si può quindi ritenere che la decisione del capomissione del 6 aprile 2017 di procedere alla valutazione delle prestazioni del ricorrente fosse, in linea di principio, eccessiva o criticabile alla luce dell’interesse del servizio, tanto più che in udienza è emerso che le prestazioni del ricorrente non erano più state sottoposte a valutazione dal mese di giugno 2016.

    193    In secondo luogo, dalla nuova domanda del servizio HR del 27 luglio 2017, con cui si chiedeva al ricorrente di compilare il suo PER, emerge nondimeno che detta domanda non si riferiva alla decisione del capomissione del 6 aprile 2017, menzionata ai precedenti punti 183 e 192, bensì alla necessità di raccogliere le domande di rinnovo di distacco e di conoscere in anticipo eventuali posti vacanti per tutti i membri del personale distaccati in seno alla Missione sino al 30 aprile 2018, al fine di procedere alla pubblicazione dei posti dei membri del personale il cui distacco si sarebbe concluso a quest’ultima data.

    194    Orbene, benché sia pacifico che detta decisione non riguardava unicamente il ricorrente, resta il fatto che la Missione non ha spiegato per quali motivi il servizio HR abbia avviato detto iter amministrativo il 27 luglio 2017, mentre dall’articolo 7 dell’allegato IX all’OPLAN, relativo alle risorse umane, risulta che la procedura di valutazione degli agenti che intendono chiedere il rinnovo del loro distacco presso la Missione deve avvenire all’atto della presentazione di una domanda in tal senso da parte loro, al più tardi, tre mesi prima della conclusione del distacco, vale a dire, per il ricorrente, il 14 gennaio 2018.

    195    In terzo luogo, va osservato che la domanda del servizio HR menzionata ai precedenti punti 184 e 193 è stata inoltrata il giorno successivo alla partenza del mediatore.

    196    Orbene, si può ragionevolmente ritenere che le segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017 e la decisione adottata dal COC il 20 luglio 2017 di inviare un mediatore in loco dal 25 luglio 2017 imponessero alla Missione, in attesa delle conclusioni del mediatore, di agire nei confronti del ricorrente con la prudenza che impone, in particolare, il principio di buon andamento dell’amministrazione.

    197    Infatti, oltre al fatto che tale obbligo di agire con prudenza è insito nel principio di buon andamento dell’amministrazione, sancito all’articolo 41 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2022, SGL Carbon e a./Commissione, C‑65/21 P e da C‑73/21 P a C‑75/21 P, EU:C:2022:470, punto 30 e giurisprudenza ivi citata) e, in particolare, nell’obbligo di diligenza, nel caso di specie esso si imponeva anche in ragione dell’articolo 7 del codice di condotta, che vieta alla Missione di penalizzare un proprio membro che abbia segnalato un’eventuale carenza, in ragione o a seguito di detta segnalazione.

    198    Dalla relazione del 29 luglio 2017 emerge difatti che il mediatore ha ritenuto che l’iniziativa del servizio HR di riavviare, il 27 luglio 2017, vale a dire immediatamente dopo la sua visita di valutazione in loco, la procedura di valutazione del ricorrente fosse inopportuna e fosse stata realizzata in maniera anticipata rispetto alla prassi abituale.

    199    In tale contesto si può giudicare che, nelle circostanze particolari della sua adozione, la decisione di riavviare la procedura di valutazione del ricorrente già il giorno successivo alla partenza del mediatore, senza attendere le sue conclusioni, e più di nove mesi prima del termine del distacco del ricorrente, è eccessiva o censurabile.

    200    Infatti, un siffatto riavvio della procedura può essere interpretato come volto ad allontanare il ricorrente dalla Missione al termine del suo distacco senza attendere le proposte del mediatore, cosicché detta decisione rappresenta, considerata isolatamente, un indizio di molestie psicologiche.

    201    La terza parte deve pertanto essere accolta.

    –       Sulla quarta parte, relativa al ricevimento da parte del ricorrente del conteggio aggiornato dei suoi congedi a seguito di una richiesta del servizio HR volta a ottenere, da parte sua, la giustificazione di giornate di assenza irregolare

    202    Nell’ambito di questa parte, il ricorrente si duole della reazione del capo del servizio HR quanto al suo rientro posticipato da un periodo di congedo nel giugno 2017.

    203    A tal riguardo, da un messaggio di posta elettronica del 28 luglio 2017 indirizzata al COC emerge che il ricorrente ha integrato la segnalazione del 17 luglio 2017 con uno scambio di messaggi di posta elettronica intercorso tra lui e il capo del servizio HR in merito al suo rientro dal congedo, nel giugno 2017, successivamente alla scadenza inizialmente prevista.

    204    In particolare, da detti messaggi di posta elettronica risulta che il ricorrente ha ricevuto una lettera con cui gli veniva chiesto di giustificare per quale motivo fosse rientrato dal congedo il lunedì 3 luglio 2017 invece della data inizialmente prevista, ovvero il giovedì 29 giugno 2017. In un messaggio di posta elettronica del 24 luglio 2017, il ricorrente ha invocato «motivi personali» e ha precisato di aver chiesto a taluni colleghi di avvertire la Missione, essendosi trovato nell’impossibilità di farlo egli stesso. Con messaggio di posta elettronica del 27 luglio 2017, il capo del servizio HR ha poi inviato al ricorrente un «conteggio aggiornato dei congedi» che menzionava le giornate del 29 e del 30 giugno 2017, mettendo in copia, in particolare, il capomissione e il suo vice. Il ricorrente ha quindi comunicato che non aveva chiesto detto documento e che voleva sapere perché il suo interlocutore avesse messo in copia altri destinatari, trattandosi di un documento, a suo avviso, strettamente riservato.

    205    In primo luogo, risulta che la domanda di giustificare i congedi inviata dal servizio HR recava la data del 24 luglio 2017 ed è stata notificata lo stesso giorno al ricorrente, cosicché essa risale alla vigilia dell’arrivo del mediatore.

    206    Orbene, dal fascicolo non risulta che il ricorrente abbia segnalato al mediatore detta domanda di giustificare i congedi in occasione degli incontri bilaterali avuti con quest’ultimo il 25 e 26 luglio 2019, pur avendo avuto la possibilità di farlo.

    207    Occorre quindi constatare che il ricorrente non ha ritenuto che la domanda formulatagli il 24 luglio 2017 di giustificare i congedi costituisse un indizio di molestie psicologiche nei suoi confronti, ma ha ritenuto che lo fosse l’invio del calcolo aggiornato dei congedi il 27 luglio 2017.

    208    In secondo luogo, occorre altresì osservare che il ricorrente era rientrato in ritardo da un periodo di congedo nel maggio 2017 e che ha fatto lo stesso nell’agosto 2017, senza rispettare le norme interne in materia di domande di congedo.

    209    In terzo luogo, va osservato che, fatto salvo l’obbligo di diligenza e, segnatamente, di prudenza, menzionato al precedente punto 197, né gli articoli 1 e 31 della Carta, né l’articolo 12 bis dello Statuto né, nella fattispecie, le disposizioni dell’allegato IX all’OPLAN e del codice di condotta imponevano alla Missione, in attesa delle conclusioni del mediatore, di esentare il ricorrente dalle procedure di gestione delle risorse umane della Missione per il solo fatto che egli aveva presentato segnalazioni per molestie psicologiche nei confronti del capomissione e del suo vice.

    210    Le segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017 non impedivano pertanto al servizio HR, sotto il controllo del capomissione e del suo vice, di inviare al ricorrente, il 27 luglio 2017, un modulo recante il calcolo aggiornato dei suoi congedi a seguito delle giornate di assenza irregolare del 29 e 30 giugno 2017 poiché tale documento è necessario, in linea di principio, per conoscere con precisione i diritti a congedo dell’agente interessato per il resto dell’anno in corso.

    211    L’invio da parte del servizio HR al ricorrente, in data 27 luglio 2017, di un conteggio aggiornato dei suoi congedi non può pertanto essere considerato, preso isolatamente, un atto eccessivo o criticabile tale da integrare un indizio di molestie psicologiche a suo carico, cosicché la quarta parte deve essere respinta in quanto infondata.

    –       Sulla valutazione globale e contestuale delle condotte contestate dal ricorrente al capomissione e al suo vice

    212    Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 135, compete al Tribunale procedere alla valutazione globale e contestuale delle condotte contestate dal ricorrente al capomissione e al suo vice.

    213    A tal proposito, da un messaggio di posta elettronica inviata dal capomissione al ricorrente il 6 aprile 2017 emerge che il primo aveva comunicato alle autorità italiane e al COC la sua volontà di ottenere il rimpatrio del secondo, in ragione di una perdita di fiducia legata ad asserite violazioni del segreto professionale da parte di quest’ultimo.

    214    Vero è che l’articolo 8 dell’allegato IX all’OPLAN consente al capomissione di porre fine al distacco di un agente prima del termine previsto, in particolare per motivi disciplinari, conformemente al codice di condotta, o in ragione dell’incapacità dell’agente interessato di rispettare i requisiti di base della Missione.

    215    Tuttavia, dal fascicolo non emerge che la Missione abbia chiesto alle autorità italiane di porre fine al distacco del ricorrente prima della sua conclusione, né che essa abbia avviato la procedura prevista dall’articolo 8 dell’allegato IX all’OPLAN.

    216    Infatti, in risposta a un quesito posto in udienza, la Missione ha precisato che la procedura di cessazione anticipata del distacco prevista all’articolo 8 dell’allegato IX all’OPLAN comportava una serie di oneri amministrativi e richiedeva la creazione di un comitato chiamato a valutare la situazione dell’agente interessato e i motivi per cui il capomissione programmava la fine anticipata del suo distacco.

    217    L’ambiente di lavoro in cui si inserivano i fatti dedotti dal ricorrente era contrassegnato pertanto, nel suo complesso, dall’intenzione del capomissione, come risulta dal messaggio di posta elettronica del 6 aprile 2017 citata al precedente punto 213, di separarsi dal ricorrente senza tuttavia porre in essere la procedura prevista all’articolo 8 dell’allegato IX all’OPLAN.

    218    Orbene, da un lato, l’esistenza di un siffatto contesto poteva corroborare la valutazione fatta dal ricorrente dei fatti contestati al capomissione e al suo vice nell’ambito della seconda e della terza parte che, a giudizio del Tribunale, costituivano indizi di molestie psicologiche. Dall’altro, i fatti contestati dal ricorrente al capomissione e al suo vice nell’ambito della prima e della quarta parte che, secondo il Tribunale, non costituivano, considerati isolatamente, indizi di molestie psicologiche, potevano apparire essi stessi tali alla luce di detto contesto, segnatamente in ragione del verificarsi dell’insieme di tali fatti nell’arco di un periodo di tempo limitato.

    219    Di conseguenza il ricorrente ha ragione nel sostenere che, omettendo di avviare un’indagine amministrativa a seguito delle sue denunce di molestie psicologiche, la Missione ha violato l’articolo 1 e l’articolo 31, paragrafo 1, della Carta, nonché l’articolo 12 bis dello Statuto e occorre accogliere il primo motivo nella sua interezza.

     Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del diritto a un buon andamento dell’amministrazione e del dovere di diligenza

    220    Nell’ambito di questo motivo, il ricorrente sostiene che le tre asserite carenze elencate al precedente punto 79 e che, ai fini della presente sentenza, devono essere considerate come altrettante parti a sostegno del presente motivo, costituirebbero violazioni del diritto a un buon andamento dell’amministrazione e del dovere di sollecitudine.

    221    La Missione contesta la fondatezza delle affermazioni del ricorrente.

    222    Prima di esaminare queste tre parti, è opportuno che il Tribunale esamini se il ricorrente possa utilmente invocare una violazione del dovere di sollecitudine e, in caso affermativo, se il contenuto di detto obbligo differisca dal diritto a un buon andamento dell’amministrazione.

    –        Sull’applicabilità alla controversia del dovere di sollecitudine

    223    Va ricordato che, secondo una giurisprudenza consolidata, il dovere di sollecitudine dell’amministrazione nei confronti dei suoi dipendenti rispecchia l’equilibrio dei diritti e degli obblighi reciproci creato dallo Statuto nei rapporti tra i dipendenti del servizio pubblico e la pubblica amministrazione. Unitamente al principio di buon andamento dell’amministrazione, questo equilibrio implica in particolare che, quando si pronuncia sulla situazione di un funzionario, l’amministrazione prenda in considerazione il complesso degli elementi che possono determinare la sua decisione e che, nel far ciò, tenga conto non solo dell’interesse del servizio ma anche di quello del funzionario interessato [v. ordinanza del 31 marzo 2022, Barata/Parlamento, C‑305/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:253, punti 7 e 8 (presa di posizione dell’avvocato generale, paragrafo 14 e giurisprudenza ivi citata)].

    224    Tuttavia, come risulta dai precedenti punti da 125 a 129, il principio di parità di trattamento impone di applicare per analogia al caso dei membri del personale nazionale distaccati presso un organo o un organismo, come la Missione, talune disposizioni dello Statuto e la giurisprudenza specifica per la materia della funzione pubblica dell’Unione, quando tali membri del personale si trovano in una situazione comparabile a quella degli agenti soggetti allo Statuto e la differenza nella situazione degli uni e degli altri non può oggettivamente giustificare il fatto che i primi, quando esercitano le loro funzioni nel teatro delle operazioni, non beneficino delle stesse norme e del medesimo livello di protezione dei secondi.

    225    Lo stesso vale, segnatamente, per il dovere di sollecitudine dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione datore di lavoro nei confronti dei suoi funzionari e dei suoi agenti (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2020, H/Consiglio, T‑271/10 RENV II, EU:T:2020:548, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

    226    Il ricorrente può pertanto invocare utilmente il dovere di sollecitudine.

    –       Sulla portata del dovere di sollecitudine e del diritto a un buon andamento dell’amministrazione

    227    Occorre ricordare che il ricorrente lamenta, sostanzialmente, nell’ambito di una prima parte, che la Missione non avrebbe trattato le sue denunce dell’8 marzo 2017 e le sue segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017 entro un termine ragionevole; nell’ambito di una seconda parte, di non aver avuto conoscenza degli accertamenti e della raccomandazione contenuti nella relazione del 29 luglio 2017, e, nell’ambito di una terza parte, che la Missione non avrebbe dato seguito alle raccomandazioni del mediatore.

    228    A tal riguardo l’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dispone che ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione. Inoltre, l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta prevede che il diritto ad un buon andamento dell’amministrazione comprende il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le arrechi pregiudizio.

    229    Per contro, il dovere di sollecitudine, come definito dalla giurisprudenza, non menziona l’obbligo per l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione datore di lavoro di pronunciarsi sulla situazione o sulla domanda di uno dei suoi agenti entro un termine ragionevole, o dopo averlo sentito, né, in particolare, l’obbligo di aderire alle raccomandazioni formulate da un mediatore nominato a seguito di una denuncia per molestie psicologiche.

    230    Inoltre, dalla giurisprudenza non risulta alcun legame diretto o esplicito tra, da un lato, il dovere di sollecitudine e, dall’altro, l’obbligo di istruire una domanda, segnatamente una denuncia per molestie psicologiche, entro un termine ragionevole, il diritto di essere sentito e l’eventuale obbligo di aderire alle raccomandazioni formulate da un mediatore nominato a seguito di una denuncia per molestie psicologiche.

    231    Dalla giurisprudenza si evince certamente che il dovere di sollecitudine corrisponde a un accresciuto obbligo di responsabilità delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione quando agiscono in veste di datori di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2022, SU/AEAPP, T‑296/21, EU:T:2022:808, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

    232    Tuttavia, nel caso di specie il ricorrente non ha precisato la natura degli obblighi che, nella presente causa, sarebbero gravati sulla Missione in forza del dovere di sollecitudine e che sarebbero distinti da quelli derivanti dal diritto a un buon andamento dell’amministrazione.

    233    Occorre pertanto constatare che il presente motivo, che si fonda su un’eventuale violazione del dovere di sollecitudine, non è supportato da precisazioni sufficienti a consentire di valutarne la fondatezza e, in tale misura, deve essere respinto come insufficientemente preciso e irricevibile, ai sensi dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

    –       Sulla prima parte, vertente sulla mancata trattazione delle denunce dell’8 marzo 2017 e delle segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017 entro un termine ragionevole

    234    Nell’ambito di questa parte il ricorrente afferma, in sostanza, che la Missione non avrebbe trattato le sue denunce dell’8 marzo 2017 e le sue segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017 entro un termine ragionevole, poiché essa sarebbe stata interpellata nel mese di marzo 2017, il mediatore avrebbe elaborato la sua relazione il 29 luglio 2017 e la Missione avrebbe risposto al ricorrente solo il 10 aprile 2018.

    235    In primo luogo, occorre ricordare che il ricorrente ha inviato, l’8 marzo 2017, due denunce al capomissione, di cui una per molestie psicologiche da parte di un collega di lavoro, prima di effettuare, il 28 marzo 2017, una segnalazione dinanzi al COC affinché istruisse le suddette due denunce.

    236    Orbene, la prima denuncia dell’8 marzo 2017 per molestie psicologiche è stata archiviata dal vice capomissione, circostanza questa di cui il ricorrente è stato informato a mezzo messaggio di posta elettronica il 24 marzo 2017.

    237    Non si può quindi ritenere che detta prima denuncia non sia stata istruita entro un termine ragionevole.

    238    Per quanto attiene poi alla seconda denuncia dell’8 marzo 2017, dai documenti prodotti dalla Missione emerge che, il 20 marzo 2017, il capomissione ha chiesto l’applicazione, da parte del COC, dell’articolo 10 del codice di condotta affinché il vice COC subentrasse irrevocabilmente ai fini dell’istruzione di detta denuncia, domanda, questa, accolta dal COC e di cui il ricorrente è stato informato il 30 marzo 2017. Il 24 aprile 2017 il vice COC ha presentato una relazione d’indagine preliminare e, con messaggio di posta elettronica del 15 maggio 2017, ha informato il capomissione che, conformemente al codice di condotta, egli aveva deciso di trattare detta denuncia come una questione di carattere organizzativo, senza ricorrere a un procedimento disciplinare formale.

    239    In particolare, con detto messaggio di posta elettronica il vice COC ha ricordato al capomissione la necessità che tutti i membri della Missione rispettassero le disposizioni applicabili in materia di sicurezza e gli ha chiesto di vigilare sul rispetto di detto obbligo.

    240    Il ricorrente è stato informato telefonicamente, il 29 maggio 2017, dell’esito della seconda denuncia dell’8 marzo 2017, cosicché non si può ritenere che la durata del trattamento di detta denuncia, che si è protratto per poco più di due mesi, sia stata irragionevole.

    241    In secondo luogo, il ricorrente ha effettuato una prima segnalazione il 28 marzo 2017, affinché il COC garantisse l’istruzione delle due denunce dell’8 marzo 2017.

    242    Orbene, per quanto attiene alla seconda denuncia dell’8 marzo 2017, dal precedente punto 238 risulta che, alla data del 28 marzo 2017, essa era in corso di istruttoria e che era stata istruita dal vice COC il 15 maggio 2017.

    243    Di conseguenza, il COC non aveva avuto alcun motivo di interferire nel trattamento di detta denuncia, tanto più che dal codice di condotta non risulta che il COC disponga di una siffatta prerogativa con riferimento alle segnalazioni presentate al capomissione o al suo vice.

    244    Infine, per quanto attiene alla prima denuncia dell’8 marzo 2017 per molestie psicologiche, dalle disposizioni del codice di condotta non emerge nemmeno che il COC abbia la facoltà di modificare la decisione del capomissione o del suo vice di archiviare una denuncia di un membro del personale relativa a un’eventuale violazione delle norme di sicurezza applicabili alla Missione.

    245    Di conseguenza, la segnalazione del 28 marzo 2017, volta a sottoporre al COC la prima denuncia dell’8 marzo 2017, non poteva avere l’effetto di riaprire un nuovo termine di istruzione.

    246    In terzo luogo, per quanto attiene alla segnalazione per molestie psicologiche presentata dal ricorrente al COC il 17 luglio 2017 nei confronti del capomissione e del suo vice, occorre ricordare che il ricorrente è stato informato, fin dal 20 luglio 2017, dell’arrivo del mediatore nel corso della settimana successiva e che il mediatore ha elaborato la sua relazione il 29 luglio 2017.

    247    In particolare, le conclusioni del mediatore raccomandavano di non avviare, in detta fase, un’indagine formale come quella prevista dal codice di condotta, conformemente alla facoltà prevista all’articolo 11, lettera b), di detto codice, che consente alla Missione di trattare una segnalazione come una questione di carattere organizzativo senza ricorrere a un procedimento disciplinare formale e di sottoporla, se del caso, a una procedura dinanzi al mediatore.

    248    In tali circostanze, occorre constatare che la segnalazione del 17 luglio 2017 per molestie psicologiche è stata oggetto di una prima istruzione conclusasi il 29 luglio 2017, e che la durata di detta istruzione non aveva carattere irragionevole.

    249    Occorre pertanto respingere la prima parte del presente motivo in quanto infondata.

    –       Sulla seconda parte, vertente sulla mancata comunicazione al ricorrente degli accertamenti e della raccomandazione contenuti nella relazione del 29 luglio 2017

    250    Nell’ambito di questa parte il ricorrente contesta alla Missione di non averlo messo a conoscenza degli accertamenti e della raccomandazione formulati nella relazione del 29 luglio 2017.

    251    A tal proposito dalla giurisprudenza emerge che, nell’ambito di una procedura di istruzione di una domanda di assistenza o di una denuncia per molestie psicologiche, l’asserita vittima di tali molestie può avvalersi del diritto di essere sentita sul fondamento del principio di buon andamento dell’amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, SEAE/De Loecker, C‑187/19 P, EU:C:2020:444, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

    252    In particolare l’articolo 41, paragrafo 2, della Carta prevede che il diritto a un buon andamento dell’amministrazione comprende, in particolare, il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le arrechi pregiudizio e il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale, nonché l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.

    253    Più precisamente il diritto di essere ascoltato garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (v. sentenza del 25 giugno 2020, HF/Parlamento, C‑570/18 P, EU:C:2020:490, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

    254    Dalla giurisprudenza risulta pertanto che, nell’ambito di controversie in materia di molestie che coinvolgano funzionari o agenti dell’Unione, la persona che ha presentato una denuncia per molestie ha il diritto, al fine di poter presentare utilmente le proprie osservazioni all’istituzione interessata prima che quest’ultima adotti una decisione, di farsi comunicare, quanto meno, una sintesi delle dichiarazioni della persona accusata di molestie e dei vari testimoni ascoltati nel corso del procedimento d’indagine; la comunicazione di tale sintesi deve essere effettuata, se del caso, nel rispetto del principio di riservatezza (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, HF/Parlamento, C‑570/18 P, EU:C:2020:490, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

    255    Lo stesso vale nei limiti in cui tali dichiarazioni siano state utilizzate nella relazione trasmessa all’autorità che ha adottato la decisione di non dare seguito alla denuncia, e che comprende raccomandazioni sulle quali tale autorità ha fondato la propria decisione (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, HF/Parlamento, C‑570/18 P, EU:C:2020:490, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

    256    Al fine di garantire la riservatezza delle testimonianze e gli obiettivi da essa tutelati, assicurandosi al contempo che il funzionario o l’agente che ha presentato una domanda di assistenza per molestie psicologiche sia ascoltato utilmente prima che venga adottata una decisione che gli arreca pregiudizio, si può ricorrere a determinate tecniche quali l’anonimato, la divulgazione del contenuto delle testimonianze sotto forma di sintesi o ancora la schermatura di talune parti del contenuto delle testimonianze (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, HF/Parlamento, C‑570/18 P, EU:C:2020:490, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

    257    Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente, pur essendo stato sentito dal mediatore in occasione della sua visita in loco del 25 e 26 luglio 2017, non ha avuto conoscenza né del contenuto delle dichiarazioni del capomissione e del suo vice, né del contenuto delle dichiarazioni degli altri testimoni sentiti dal mediatore.

    258    È altresì pacifico che il ricorrente non è stato messo a conoscenza della raccomandazione che il mediatore intendeva formulare al COC.

    259    Orbene, nell’adottare la decisione del 10 aprile 2018 sulla base della relazione del 29 luglio 2017 e alla luce della raccomandazione ivi contenuta, il COC avrebbe dovuto garantire il rispetto del diritto del ricorrente di essere ascoltato, dandogli l’opportunità di far valere le sue osservazioni su detta relazione e di fornire eventualmente informazioni aggiuntive prima di adottare detta decisione. Infatti, l’audizione del ricorrente avrebbe potuto condurre il COC ad adottare una conclusione diversa, vale a dire quella di avviare un’indagine amministrativa (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, SEAE/De Loecker, C‑187/19 P, EU:C:2020:444, punto 73).

    260    Inoltre, se il ricorrente fosse stato informato della raccomandazione del mediatore contenuta nella relazione del 29 luglio 2017, egli sarebbe stato in grado, dopo aver constatato la mancata attuazione di detta raccomandazione, di avvalersene dinanzi alla Missione, in particolare per contestare la decisione di diniego dell’apertura di un’indagine preliminare o disciplinare, di cui è venuto a conoscenza solo il 10 aprile 2018.

    261    Di conseguenza, il ricorrente ha ragione di sostenere che la Missione ha violato il diritto a un buon andamento dell’amministrazione, omettendo di comunicargli gli accertamenti e la raccomandazione contenuti nella relazione del 29 luglio 2017, quantomeno sotto forma di sintesi anonimizzata, e ciò al fine di consentirgli di formulare utilmente osservazioni sul contenuto di detto documento, prima che il COC adottasse una decisione sul seguito da dare ai succitati accertamenti e alla suddetta raccomandazione relativi alle segnalazioni del 28 marzo e del 17 luglio 2017.

    262    È vero che la Missione sostiene che il capomissione non ha ricevuto comunicazione della relazione del 29 luglio 2017, cosicché era impossibilitato a notificare detta relazione al ricorrente.

    263    Orbene, anche ammettendo che ciò risponda al vero, tale circostanza non incide sull’imputabilità alla Missione delle violazioni menzionate al precedente punto 261, poiché dai precedenti punti da 78 a 87 emerge che le decisioni adottate dal COC con riferimento al ricorrente, in applicazione del codice di condotta, sono idonee a far sussistere una responsabilità della Missione.

    264    Date le circostanze, la seconda parte del secondo motivo deve essere accolta.

    –       Sulla terza parte, vertente sulla mancata attuazione della raccomandazione del mediatore

    265    Nell’ambito di questa parte il ricorrente contesta alla Missione di non aver attuato la raccomandazione del mediatore consistente nel prevedere un periodo di riflessione, in particolare assegnandolo a Bruxelles.

    266    A questo proposito, dall’esame del primo motivo emerge che il ricorrente sostiene fondatamente che le carenze contestate al capomissione e al suo vice, nell’ambito delle quattro parti che compongono questo motivo, costituivano indizi di molestie psicologiche che giustificavano l’apertura di un’indagine amministrativa nell’ottica di accertarne la fondatezza.

    267    Orbene, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 138 emerge che quando l’autorità-datore di lavoro è chiamata a pronunciarsi su una domanda di assistenza essa è tenuta, in virtù dell’obbligo di assistenza, se si trova di fronte a un incidente incompatibile con l’ordine e la serenità del servizio, non solo a rispondere con la tempestività e la sollecitudine richieste dalle circostanze del caso specifico al fine di accertare i fatti, ma anche ad adottare misure appropriate quando il funzionario o l’agente che chiede la sua tutela fornisce un principio di prova della sussistenza delle aggressioni di cui asserisce essere oggetto.

    268    Quest’obbligo di assistenza rappresenta una declinazione dell’obbligo di diligenza risultante dal diritto a un buon andamento dell’amministrazione e che impone alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione di agire con accuratezza e prudenza esaminando tutti gli elementi rilevanti della fattispecie (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2022, SGL Carbon e a./Commissione, C‑65/21 P e da C‑73/21 P a C‑75/21 P, EU:C:2022:470, punti 30 e 31 e giurisprudenza ivi citata).

    269    Nel caso di specie, posto che dall’esame del primo motivo risulta che il ricorrente aveva fornito un principio di prova delle molestie psicologiche da lui denunciate, competeva alla Missione, da un lato, avviare, conformemente al codice di condotta, un’indagine preliminare o disciplinare nell’ottica di stabilire la sussistenza di tali molestie e, dall’altro, tutelare il ricorrente, se del caso, assegnandogli temporaneamente una destinazione che lo sottraesse all’autorità diretta del capomissione e del suo vice, in mancanza di un’altra misura più appropriata per garantire detta protezione temporanea.

    270    A tal riguardo, la Missione non può fondatamente sostenere che non avrebbe potuto, per ragioni pratiche, assegnare temporaneamente il ricorrente a Bruxelles, poiché sia dall’articolo 6, paragrafo 3, della decisione 2012/392 che dal suo organigramma risulta che essa dispone di una «componente di sostegno» sita in tale città.

    271    Di conseguenza, anche la terza parte del secondo motivo deve essere accolta.

    [omissis]

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1)      La domanda diretta all’annullamento della decisione del 28 aprile 2022, con cui l’EUCAP Sahel Niger ha respinto la domanda risarcitoria del sig. Marco Montanari in data 4 febbraio 2022, è irricevibile.

    2)      L’EUCAP Sahel Niger è condannata a versare al sig. Marco Montanari la somma di EUR 6 000.

    3)      L’EUCAP Sahel Niger è condannata alle spese.

    4)      Per il resto, il ricorso è respinto.

    Truchot

    Kanninen

    Perišin

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 luglio 2024.

    Firme


    *      Lingua processuale: il francese.


    1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.

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