Causa C‑233/09

Gerhard Dijkman e Maria Dijkman-Lavaleije

contro

Belgische Staat

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo hof van beroep te Antwerpen)

«Libera prestazione dei servizi — Libera circolazione dei capitali — Fiscalità diretta — Differenza di trattamento a seconda del luogo di investimento o di collocamento»

Massime della sentenza

Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria

(Art. 56 CE)

L’art. 56 CE osta ad una normativa di uno Stato membro in base alla quale contribuenti residenti in tale Stato membro, i quali percepiscano interessi o dividendi provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati in un altro Stato membro, sono assoggettati ad un’imposta comunale addizionale qualora non abbiano scelto che tali redditi mobiliari siano loro versati da un intermediario stabilito nel loro Stato membro di residenza, mentre i redditi aventi stessa natura provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati nel loro Stato membro di residenza, essendo assoggettati ad una ritenuta alla fonte, possono non essere dichiarati e, in tal caso, non sono soggetti a siffatta imposta.

Infatti, l’introduzione da parte di uno Stato membro di una siffatta differenza di trattamento in funzione del luogo d’investimento dei capitali ha l’effetto di dissuadere un residente in tale Stato membro dall’investire o dal collocare i suoi capitali in una società stabilita in un altro Stato membro e produce altresì un effetto restrittivo per le società stabilite in altri Stati membri in quanto costituisce nei loro confronti un ostacolo alla raccolta di capitali nel primo Stato membro. In proposito, la situazione di un contribuente che ha effettuato collocamenti o investimenti nello Stato membro non si differenzia da quella di un contribuente che ha effettuato collocamenti o investimenti in un altro Stato membro. Infatti, nell’ambito di una tale normativa, un contribuente residente che abbia ricavato redditi da investimenti o da collocamenti effettuati in un altro Stato membro è assoggettato ad un’imposta su detti redditi nel suo Stato membro di residenza al pari di un contribuente residente che abbia realizzato redditi da investimenti o da collocamenti effettuati in quest’ultimo Stato membro. Pertanto, in un simile contesto, la circostanza che detti redditi siano assoggettati a tecniche differenti di tassazione è proprio all’origine della differenza di trattamento che comporta che solo i redditi relativi ad investimenti o a collocamenti effettuati in un altro Stato membro sono necessariamente assoggettati all’imposta comunale addizionale, ma non riflette una situazione diversa per i contribuenti interessati relativamente a detta imposta. Infatti, in relazione ad un’imposta siffatta, stabilita dai conglomerati urbani e dai comuni per tutti i contribuenti dello stesso conglomerato urbano o dello stesso comune e la cui base imponibile è costituita dall’imposta sui redditi delle persone fisiche, un contribuente residente che percepisce redditi da investimenti o da collocamenti effettuati in un altro Stato membro non si trova in una situazione oggettivamente differente da quella di un contribuente residente che percepisce redditi da investimenti o da collocamenti effettuati nel suo Stato membro di residenza. Ciò considerato, una normativa di questo tipo costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali.

Una restrizione siffatta non è giustificata dalla necessità di tutelare la coerenza del regime fiscale nazionale poiché non si menziona alcun determinato prelievo fiscale che compensi il vantaggio consistente nell’esenzione dall’imposta comunale addizionale per i redditi da collocamenti o da investimenti effettuati nello Stato membro di residenza del contribuente. Inoltre, anche se la necessità di tutelare l’efficacia dei controlli fiscali può confortare l’affermazione secondo cui la riscossione della ritenuta alla fonte può essere effettuata solo da intermediari stabiliti sul territorio nazionale, essa non può giustificare il fatto che i redditi assoggettati a tale ritenuta e i redditi che non lo sono subiscano un trattamento differente per quanto concerne l’imposta comunale addizionale.

(v. punti 31, 45‑48, 57, 59, 62 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

1° luglio 2010 (*)

«Libera prestazione dei servizi – Libera circolazione dei capitali – Fiscalità diretta – Differenza di trattamento a seconda del luogo di investimento o di collocamento»

Nel procedimento C‑233/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Hof van Beroep te Antwerpen (Belgio), con decisione 16 giugno 2009, pervenuta in cancelleria il 26 giugno 2009, nella causa

Gerhard Dijkman,

Maria Dijkman-Lavaleije

contro

Belgische Staat,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. E. Levits (relatore), M. Ilešič, M. Safjan e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Dijkman e la sig.ra Dijkman-Lavaleije, da essi stessi;

–        per il governo belga, dal sig. J.-C. Halleux, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, dai sigg. R. Lyal e W. Roels, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 56, n. 1, CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Dijkman e la sig.ra Dijkman-Lavaleije contro il Belgische Staat (Stato belga), in merito al rifiuto da parte dell’amministrazione tributaria belga di rimborsare loro, in particolare, l’imposta comunale addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (in prosieguo: l’«imposta comunale addizionale»), riscossa in base ai periodi d’imposta 2004 e 2005 proporzionalmente all’imposta sul reddito delle persone fisiche (in prosieguo: la «IPF»), che colpisce taluni redditi mobiliari provenienti da investimenti e da collocamenti effettuati nei Paesi Bassi.

 Contesto normativo nazionale

3        In forza dell’art. 261 del codice delle imposte sui redditi del 1992 (in prosieguo: il «CIR 1992»), sono tenuti al versamento della ritenuta d’imposta, segnatamente, gli abitanti del Regno del Belgio, le società residenti, le associazioni, le istituzioni, gli stabilimenti e qualsiasi ente, nonché le persone giuridiche soggette all’imposta sulle persone giuridiche debitrici di redditi da capitale e da beni mobili, come pure gli intermediari stabiliti in Belgio che intervengono a qualunque titolo nel pagamento di redditi da capitale e da beni mobili di origine estera, salvo, in particolare, venga loro dimostrato che la ritenuta alla fonte è stata effettuata da un intermediario precedente.

4        Conformemente all’art. 313 del CIR 1992, i contribuenti soggetti alla IPF non sono tenuti a menzionare nella loro dichiarazione annuale relativa a detta imposta i redditi da capitale e da beni mobili per i quali sia stata versata una ritenuta d’imposta né quelli che ne sono esenti in forza di disposizioni legislative e regolamentari, con riserva di alcuni tipi di redditi di cui non si tratta nella causa principale. La ritenuta d’imposta dovuta su siffatti redditi non dichiarati non può essere imputata alla IPF dovuta né essere restituita.

5        L’art. 465 del CIR 1992 prevede che i conglomerati urbani e i comuni possono istituire un’imposta addizionale alla IPF.

6        L’art. 466 del CIR 1992 così dispone:

«L’imposta comunale addizionale (…) e l’imposta dei conglomerati urbani addizionale alla [IPF] sono calcolate sulla [IPF] determinata:

–      prima della compensazione con gli acconti di cui agli artt. 157‑168 e 175‑177, dalle ritenute, dalla parte forfettaria dell’imposta estera e dai crediti d’imposta di cui agli artt. 134 e 277‑296;

–      prima dell’applicazione delle maggiorazioni di cui agli artt. 157‑168, dal bonifico di cui agli artt. 175‑177, nonché dalle maggiorazioni d’imposta di cui all’art. 444».

7        Conformemente all’art. 467 del CIR 1992, l’imposta addizionale alla IPF è stabilita dal comune o dal conglomerato urbano a carico degli abitanti del Regno del Belgio soggetti ad imposta, rispettivamente, in tale comune o nei comuni appartenenti a detto conglomerato urbano.

8        L’art. 468 del CIR 1992 prevede quanto segue:

«L’imposta addizionale è fissata per tutti i contribuenti dello stesso conglomerato urbano o dello stesso comune in una percentuale uniforme dell’imposta dovuta allo Stato.

(…)».

 Causa principale e questione pregiudiziale

9        I ricorrenti della causa principale, residenti belgi, hanno dichiarato, nella loro dichiarazione fiscale IPF per l’esercizio d’imposta 2004, redditi mobiliari riscossi all’estero, nella fattispecie i Paesi Bassi, vale a dire interessi di depositi per un importo pari a EUR 33 780 e dividendi corrispondenti a EUR 90 030,52, senza trattenuta della ritenuta d’imposta.

10      Nell’avviso di imposizione relativo a detto esercizio, detti interessi e dividendi sono stati assoggettati ad imposta separatamente alle aliquote rispettive del 15% e del 25%. Inoltre, l’imposta così stabilita è stata maggiorata dell’imposta comunale addizionale, fissata dal comune del domicilio dei ricorrenti nella misura dell’8% dell’imposta dovuta allo Stato.

11      I ricorrenti nella causa principale hanno proposto reclamo contro detto avviso di imposizione, opponendosi, da un lato, alla riscossione dell’imposta del 25% sui dividendi, in quanto il Regno dei Paesi Bassi aveva già prelevato un’imposta sui dividendi provenienti da tale paese, e, dall’altro, alla riscossione dell’imposta comunale addizionale.

12      Riguardo all’esercizio d’imposta 2005, i ricorrenti nella causa principale hanno presentato una dichiarazione fiscale IPF, dichiarando, in particolare, redditi mobiliari riscossi all’estero, vale a dire dividendi pari a EUR 14 551,23 da parte del sig. Dijkman e a EUR 15 359,53 da parte della sig.ra Dijkman-Lavaleije, i quali non sono stati assoggettati ad una ritenuta alla fonte.

13      Poiché tali importi, nell’avviso di imposizione relativo a detto esercizio, sono stati assoggettati ad imposta separatamente all’aliquota del 25% oltre all’imposta comunale addizionale corrispondente, i ricorrenti nella causa principale hanno proposto reclamo avverso tale avviso, adducendo gli stessi addebiti formulati contro l’avviso di imposizione relativo all’esercizio 2004.

14      A seguito del rigetto dei loro reclami, i ricorrenti nella causa principale hanno adito il Rechtbank van eerste aanleg van Antwerpen (Tribunale di primo grado di Anversa), il quale ha respinto i loro ricorsi.

15      Dinanzi allo Hof van Beroep te Antwerpen (Corte di appello di Anversa), i ricorrenti nella causa principale chiedono, da un lato, che la ritenuta olandese riscossa sui dividendi dichiarati per gli esercizi d’imposta 2004 e 2005 sia imputata alla IPF dovuta in Belgio e, di conseguenza, che lo Stato belga sia condannato a rimborsare loro gli importi di EUR 11 906 e di EUR 3 479, vale a dire gli importi statali riscossi su tali dividendi. Dall’altro, essi chiedono il rimborso degli importi pari a EUR 2 206 e a EUR 800 corrispondenti all’imposta comunale addizionale.

16      Lo Hof van Beroep te Antwerpen ha dichiarato l’infondatezza delle richieste dei ricorrenti nella causa principale relative all’imputazione della ritenuta olandese all’imposta dovuta in Belgio.

17      Riguardo all’imposta comunale addizionale, detto giudice statuisce che, quando i contribuenti percepiscono redditi mobiliari esteri che non sono ancora stati assoggettati alla ritenuta d’imposta, essi non possono avvalersi della norma di cui all’art. 313 del CIR 1992, riguardante la ritenuta d’imposta liberatoria, e sono tenuti a denunciare tali redditi. Orbene, qualora i redditi mobiliari siano dichiarati, l’imposta comunale addizionale è sempre dovuta, conformemente agli artt. 465 e 466 del CIR 1992. Per contro, laddove i contribuenti percepiscano redditi mobiliari belgi, questi ultimi sono assoggettati alla ritenuta d’imposta liberatoria. Orbene, nel regime della ritenuta d’imposta liberatoria, l’importo dei redditi mobiliari che sono stati così oggetto di una ritenuta alla fonte non deve essere dichiarato e, di conseguenza, non è assoggettato a tale imposta. Il solo modo per questi contribuenti di avvalersi della norma enunciata nell’art. 313 del CIR 1992 e di sottrarsi in tal modo all’imposta comunale addizionale sui loro redditi mobiliari esteri consisterebbe nel farsi pagare tali redditi da un intermediario belga che tratterrebbe la ritenuta d’imposta.

18      Ciò considerato, lo Hof van Beroep te Antwerpen ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se si configuri una violazione dell’art. 56, n. 1, (...) CE, il fatto che residenti in Belgio che investono o effettuano collocamenti all’estero, ad esempio nei Paesi Bassi, al fine di evitare di essere assoggettati all’imposta addizionale comunale ai sensi dell’art. 465 del [CIR 1992], sono tenuti ad avvalersi di un intermediario belga per l’erogazione dei redditi mobiliari, mentre i residenti in [Belgio] che investono o effettuano collocamenti nel Belgio possono sempre usufruire del regime della ritenuta d’imposta liberatoria di cui all’art. 313 del [CIR 1992], sottraendosi in tal modo all’imposta comunale addizionale di cui all’art. 465 del [CIR 1992], in quanto la ritenuta d’imposta è stata già trattenuta alla fonte».

 Sulla questione pregiudiziale

19      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 56 CE osti alla normativa di uno Stato membro in base alla quale contribuenti residenti in tale Stato membro che percepiscano interessi o dividendi provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati in un altro Stato membro sono assoggettati ad un’imposta comunale addizionale, qualora essi non abbiano scelto che tali redditi mobiliari siano versati loro da un intermediario stabilito nel loro Stato membro di residenza, mentre i redditi aventi stessa natura provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati nel loro Stato membro di residenza, essendo assoggettati ad una ritenuta prelevata alla fonte, possono non essere dichiarati e, in tal caso, non sono assoggettati ad una simile imposta.

 Sull’esistenza di una restrizione alle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE

20      Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, anche se la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze 12 dicembre 2006, causa C‑374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, Racc. pag. I‑11673, punto 36; 8 novembre 2007, causa C‑379/05, Amurta, Racc. pag. I‑9569, punto 16, nonché 19 novembre 2009, causa C‑540/07, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑10983punto 28).

21      Al riguardo, occorre anzitutto rilevare che il governo belga ritiene che la presente causa debba essere esaminata alla luce dell’art. 49 CE, e non dell’art. 56 CE. Infatti, a parere di tale governo, dato che solo gli intermediari belgi possono effettuare la trattenuta della ritenuta d’imposta liberatoria, l’accesso o meno al regime di tale ritenuta per un contribuente residente in Belgio, il quale collochi o investa capitali in un altro Stato membro, dipende dal luogo in cui egli riscuote i propri redditi mobiliari, e non dal luogo in cui egli colloca o investe i suoi capitali.

22      Pertanto, occorre preliminarmente stabilire se, ed entro quali limiti, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale possa compromettere l’esercizio della libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali.

23      Orbene, va rammentato, da un lato, che l’art. 49 CE impone l’eliminazione di qualsiasi restrizione della libera prestazione di servizi, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi (v. sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I‑7633, punto 51, e la giurisprudenza ivi citata).

24      Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, l’art. 49 CE conferisce diritti non soltanto al prestatore di servizi, ma anche al destinatario degli stessi (v., in tal senso, sentenza 3 ottobre 2006, causa C‑290/04, FKP Scorpio Konzertproduktionen, Racc. pag. I‑9461, punto 32, e la giurisprudenza ivi citata).

25      D’altro lato, costituiscono restrizioni ai movimenti di capitali, ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, in particolare, misure imposte da uno Stato membro atte a dissuadere i suoi residenti dal contrarre prestiti o compiere investimenti in altri Stati membri (v., in particolare, sentenze 26 settembre 2000, causa C‑478/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑7587, punto 18, nonché 11 giugno 2009, cause riunite C‑155/08 e C‑157/08, X e Passenheim-van Schoot, Racc. pag. I‑5093, punto 33).

26      Da una giurisprudenza consolidata risulta che, per determinare se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in questione (v., in tal senso, sentenza 24 maggio 2007, causa C‑157/05, Holböck, Racc. pag. I‑4051, punto 22, e la giurisprudenza ivi citata).

27      Una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale introduce una differenza di trattamento sia in funzione dell’origine dei redditi mobiliari dei contribuenti residenti sia in funzione del prestatore che versa loro detti redditi.

28      In particolare, da un lato, come constata il giudice del rinvio, la normativa di cui trattasi nella causa principale introduce una differenza di trattamento dei redditi mobiliari dei residenti belgi derivanti da investimenti o da collocamenti effettuati in un altro Stato membro rispetto ai redditi da investimenti o da collocamenti effettuati in Belgio, poiché i primi devono essere dichiarati e, di conseguenza, sono assoggettati ad una tassazione supplementare, vale a dire all’imposta comunale addizionale, mentre i secondi ne sono esenti, grazie al regime della ritenuta d’imposta liberatoria.

29      Dall’altro lato, come fatto valere dal governo belga, un residente belga che ha effettuato investimenti o collocamenti in un altro Stato membro può scegliere che i redditi mobiliari attinenti a tali investimenti o collocamenti gli siano versati da un intermediario stabilito in Belgio, nel qual caso detti redditi possono beneficiare del regime della ritenuta d’imposta liberatoria e, pertanto, non essere assoggettati all’imposta comunale addizionale. Orbene, l’erogazione dei redditi provenienti da investimenti o da collocamenti effettuati in un altro Stato membro costituisce una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 49 CE.

30      Una siffatta normativa, di conseguenza, è tale da compromettere sia l’esercizio della libera circolazione dei capitali sia quello della libera prestazione dei servizi.

31      Pertanto, l’introduzione da parte di uno Stato membro di una differenza di trattamento in funzione del luogo d’investimento dei capitali ha l’effetto di dissuadere un residente in tale Stato membro dall’investire o dal collocare i suoi capitali in una società stabilita in un altro Stato membro e produce altresì un effetto restrittivo per le società stabilite in altri Stati membri in quanto costituisce nei loro confronti un ostacolo alla raccolta di capitali nel primo Stato membro (v., in tal senso, sentenze 12 dicembre 2006, causa C‑446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I‑11753, punto 166, e 18 dicembre 2007, causa C‑436/06, Grønfeldt, Racc. pag. I‑12357, punto 14).

32      Del pari, poiché solo gli intermediari stabiliti in Belgio possono percepire la ritenuta d’imposta liberatoria, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale pone gli intermediari stabiliti nello Stato membro interessato in una posizione più vantaggiosa per quanto concerne la fornitura delle prestazioni relative all’erogazione ai residenti belgi dei redditi provenienti da investimenti o da collocamenti effettuati in altri Stati membri rispetto ad intermediari non stabiliti in questi e, di conseguenza, rende meno attraenti i servizi di questi ultimi.

33      Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta che la Corte esamina il provvedimento di cui trattasi, in linea di principio, con riferimento ad una sola delle due libertà qualora si verifichi che, nelle circostanze di cui alla causa principale, una delle due è affatto secondaria rispetto all’altra e può esserle ricollegata (sentenza 3 ottobre 2006, causa C‑452/04, Fidium Finanz, Racc. pag. I‑9521, punto 34; v. altresì, per analogia, sentenza 17 settembre 2009, causa C‑182/08, Glaxo Wellcome, Racc. pag. I‑8591, punto 37).

34      Nella fattispecie, la controversia principale riguarda l’assoggettamento all’imposta comunale addizionale dei redditi da collocamenti nonché da investimenti effettuati in un altro Stato membro e verte, quindi, sulle conseguenze derivanti per un contribuente residente dall’esercizio della libera circolazione dei capitali.

35      In tal senso, è proprio l’esercizio di tale libertà che comporta per il contribuente residente la necessità di scegliere un intermediario per il pagamento dei redditi provenienti dagli investimenti e dai collocamenti considerati. La scelta di detto intermediario e, di conseguenza, gli aspetti relativi alla libera prestazione dei servizi sono secondari, in un tale contesto, rispetto a quelli attinenti alla libera circolazione dei capitali.

36      Pertanto, tenuto conto delle considerazioni di cui al punto 31 della presente sentenza, si deve constatare che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’art. 56 CE.

37      Nulla tolgono a questa constatazione gli argomenti del governo belga che, da un lato, cerca di minimizzare gli effetti della differenza di trattamento derivante dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale e, dall’altro, fa valere che, in relazione al regime della ritenuta d’imposta liberatoria, un contribuente che investe in Belgio si trova in una situazione diversa da quella di un contribuente che investe in un altro Stato membro.

38      Per quanto concerne il primo punto, occorre anzitutto rilevare che, relativamente al trattamento accordato agli interessi e ai dividendi in esame nella causa principale, è irrilevante che alcuni altri tipi di redditi mobiliari non siano assoggettati alla ritenuta d’imposta liberatoria anche qualora siano riscossi in Belgio e, di conseguenza, siano sempre assoggettati all’imposta comunale addizionale, dato che gli interessi e i dividendi della stessa natura riscossi in Belgio sono assoggettati al regime della ritenuta d’imposta.

39      Il governo belga afferma inoltre che gli effetti della differenza di trattamento non sono necessariamente sfavorevoli per i beneficiari di redditi mobiliari provenienti da un altro Stato membro, in quanto il pagamento dell’imposta tramite la ritenuta d’imposta liberatoria comporta uno svantaggio finanziario per il contribuente che viene immediatamente privato dell’importo di tale imposta, mentre, in caso di pagamento dell’imposta nel normale ambito della riscossione della IPF, egli può conservare detto importo, in media per due anni e, pertanto, ricavarne un reddito.

40      Al riguardo, si deve rilevare che l’assoggettamento da parte di uno Stato membro dei redditi mobiliari provenienti da collocamenti e da investimenti effettuati in un altro Stato membro ad una tassazione supplementare rispetto a quelli provenienti da collocamenti e da investimenti effettuati nel primo Stato membro costituisce di per sè un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con la libera circolazione dei capitali.

41      Orbene, conformemente alla giurisprudenza, un trattamento fiscale sfavorevole in contrasto con una libertà fondamentale non può essere considerato compatibile con il diritto dell’Unione per l’esistenza di altri vantaggi, anche supponendo che tali vantaggi esistano (v., in tal senso, sentenze 6 giugno 2000, causa C‑35/98, Verkooijen, Racc. pag. I‑4071, punto 61, e Amurta, cit., punto 75).

42      Peraltro, anche una limitazione di una libertà fondamentale di debole portata o di importanza minore è vietata dal Trattato (v., in tal senso, sentenze 15 febbraio 2000, causa C‑34/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑995, punto 49; 11 marzo 2004, causa C‑9/02, de Lasteyrie du Saillant, Racc. pag. I‑2409, punto 43, nonché 14 dicembre 2006, causa C‑170/05, Denkavit Internationaal e Denkavit France, Racc. pag. I‑11949, punto 50).

43      Il governo belga non può, pertanto, utilmente sostenere che l’assoggettamento ai redditi da collocamenti realizzati in un altro Stato membro all’imposta comunale addizionale può essere compensato dal vantaggio finanziario di cui disporrebbe il contribuente residente che percepisce tali redditi, a differenza dei redditi da collocamenti del contribuente residente realizzati nello Stato membro di residenza, i quali sono assoggettati ad una ritenuta d’imposta.

44      Per quanto concerne il secondo punto, il governo belga afferma che la situazione di un contribuente che ha effettuato collocamenti o investimenti in Belgio si differenzia da quella di un contribuente che ha effettuato collocamenti o investimenti in un altro Stato membro. Infatti, in quest’ultimo caso, la gestione e la riscossione della ritenuta d’imposta liberatoria non potrebbero essere conferite al debitore di redditi mobiliari non residente senza generare un rischio di difficoltà di recupero in caso di riscossione insufficiente di tale ritenuta. Orbene, nella sentenza 22 dicembre 2008, causa C‑282/07, Truck Center (Racc. pag. I‑10767), la Corte avrebbe implicitamente ammesso che difficoltà siffatte non trovano una soluzione soddisfacente negli strumenti internazionali di assistenza al recupero e che i contribuenti stabiliti all’estero sono, pertanto, in una situazione diversa da quella dei contribuenti residenti per quanto concerne il recupero dell’imposta.

45      Al riguardo, è sufficiente rilevare che, nell’ambito di una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale, un contribuente residente che abbia ricavato redditi da investimenti o da collocamenti effettuati in un altro Stato membro è assoggettato ad un’imposta su detti redditi nel suo Stato membro di residenza al pari di un contribuente residente che abbia realizzato redditi da investimenti o da collocamenti effettuati in quest’ultimo Stato membro.

46      Pertanto, in un simile contesto, la circostanza che detti redditi siano assoggettati a tecniche differenti di tassazione è proprio all’origine della differenza di trattamento che comporta che solo i redditi relativi ad investimenti o a collocamenti effettuati in un altro Stato membro sono necessariamente assoggettati all’imposta comunale addizionale, ma non riflette una situazione diversa per i contribuenti interessati relativamente a detta imposta.

47      Infatti, in relazione ad un’imposta quale quella di cui trattasi nella causa principale, stabilita dai conglomerati urbani e dai comuni per tutti i contribuenti dello stesso conglomerato urbano o dello stesso comune e la cui base imponibile è costituita dall’imposta sui redditi delle persone fisiche, un contribuente residente che percepisce redditi da investimenti o da collocamenti effettuati in un altro Stato membro non si trova in una situazione oggettivamente differente da quella di un contribuente residente che percepisce redditi da investimenti o da collocamenti effettuati nel suo Stato membro di residenza.

48      Ciò considerato, è giocoforza concludere che una normativa di uno Stato membro come quella di cui trattasi nella causa principale costituisce una restrizione della libera circolazione dei capitali.

 Sulla giustificazione della restrizione della libera circolazione dei capitali

49      Come risulta da una giurisprudenza consolidata, provvedimenti nazionali che limitano la libera circolazione dei capitali possono essere giustificati per le ragioni di cui all’art. 58 CE o per motivi imperativi di interesse generale, purché siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v., in tal senso, sentenza 23 ottobre 2007, causa C‑112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑8995, punti 72 e 73, nonché la giurisprudenza ivi citata).

50      Secondo il governo belga, la normativa di cui trattasi nella causa principale è giustificata da motivi attinenti alla coerenza e alla specificità del sistema fiscale belga nonché alla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

51      In tal senso, il monopolio sulla redazione della dichiarazione ad hoc della ritenuta e sul versamento della ritenuta d’imposta conferito agli intermediari stabiliti in Belgio sarebbe inerente al sistema fiscale belga e costituirebbe per i contribuenti una modalità semplice di riscossione dell’imposta, poco onerosa per lo Stato, poiché gli intermediari assoggettati a tale ritenuta sopportano l’onere amministrativo della riscossione e del pagamento di quest’ultima.

52      Centralizzando la riscossione dell’imposta da parte degli intermediari belgi sui redditi mobiliari percepiti all’estero, il sistema fiscale belga razionalizzerebbe le misure di controllo limitandole a qualche centinaia di intervenienti, il che, consentendo un controllo globale dei flussi finanziari presso ogni intermediario assoggettato alla ritenuta d’imposta, garantirebbe l’efficacia del controllo fiscale. Il fatto di permettere al contribuente persona fisica residente belga di effettuare la trattenuta della ritenuta d’imposta dovuta sui propri redditi mobiliari riscossi all’estero renderebbe quasi impossibile un siffatto controllo di tali flussi, in quanto occorrerebbe analizzare questi ultimi tramite dichiarazioni di ritenuta d’imposta fatte da milioni di intervenienti.

53      Del pari, autorizzare i debitori di redditi mobiliari o gli intermediari finanziari stabiliti in un altro Stato membro a percepire la ritenuta d’imposta liberatoria per conto di un residente belga non consentirebbe nemmeno di garantire l’efficacia dei controlli fiscali realizzati dall’amministrazione fiscale belga, dato che gli strumenti internazionali di assistenza alla determinazione delle imposte non possono completamente garantire l’efficacia dei controlli fiscali in relazione ad operatori stabiliti in altri Stati membri.

54      Riguardo alle giustificazioni così enunciate, occorre ricordare, da un lato, che la Corte ha già ammesso che l’esigenza di garantire la coerenza di un regime fiscale può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (sentenze 28 gennaio 1992, causa C‑204/90, Bachmann, Racc. pag. I‑249, punto 28; 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen, Racc. pag. I‑7477, punto 42, e 27 novembre 2008, causa C‑418/07, Papillon, Racc. pag. I‑8947, punto 43).

55      Affinché un simile argomento di giustificazione possa essere accolto, la Corte esige tuttavia un nesso diretto tra il vantaggio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale, dovendosi determinare il carattere diretto del suddetto nesso alla luce della finalità della normativa in questione (v. sentenza Papillon, cit., punto 44, e la giurisprudenza ivi citata).

56      Orbene, come già dichiarato al punto 46 della presente sentenza, una differenza di trattamento come quella di cui trattasi nella causa principale non si limita all’applicazione di differenti tecniche di tassazione a seconda che i redditi interessati provengano da collocamenti o da investimenti realizzati in un altro Stato membro o nello Stato membro di residenza. Infatti, le differenti tecniche di tassazione considerate comportano che redditi mobiliari provenienti da una collocazione o da un investimento effettuati in un altro Stato membro e non assoggettati alla ritenuta d’imposta subiscano un’imposizione supplementare nella forma dell’imposta comunale addizionale, mentre i redditi provenienti da una collocazione o da un investimento effettuati in Belgio possono esserne esenti, non dovendo essere dichiarati poiché sono stati assoggettati alla ritenuta d’imposta.

57      Il governo belga, tuttavia, non ha menzionato alcun determinato prelievo fiscale che compensi il vantaggio consistente in tale esenzione.

58      D’altro lato, la Corte ha ammesso che l’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d’interesse generale che può giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (v., in tal senso, sentenza X e Passenheim-van Schoot, cit., punto 45, e la giurisprudenza ivi citata).

59      Tuttavia, anche se la necessità di tutelare l’efficacia dei controlli fiscali può confortare l’opinione del governo belga secondo cui la riscossione della ritenuta d’imposta liberatoria può essere effettuata solo da intermediari stabiliti in Belgio, essa non può giustificare il fatto che i redditi assoggettati a tale ritenuta e i redditi che non lo sono subiscano un trattamento differente per quanto concerne l’imposta comunale addizionale.

60      Inoltre, la Corte ha già dichiarato che difficoltà di ordine pratico non possono giustificare di per sé il pregiudizio recato ad una libertà fondamentale garantita dal Trattato (v. sentenza Papillon, cit., punto 54, e la giurisprudenza ivi citata).

61      Pertanto, si deve constatare che i motivi invocati dal governo belga non possono giustificare la restrizione della libera circolazione dei capitali derivante da una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale.

62      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che l’art. 56 CE osta ad una normativa di uno Stato membro in base alla quale contribuenti residenti in tale Stato membro, i quali percepiscano interessi o dividendi provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati in un altro Stato membro, sono assoggettati ad un’imposta comunale addizionale qualora non abbiano scelto che tali redditi mobiliari siano loro versati da un intermediario stabilito nel loro Stato membro di residenza, mentre i redditi aventi stessa natura provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati nel loro Stato membro di residenza, essendo assoggettati ad una ritenuta alla fonte, possono non essere dichiarati e, in tal caso, non sono soggetti a siffatta imposta.

 Sulle spese

63      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 56 CE osta ad una normativa di uno Stato membro in base alla quale contribuenti residenti in tale Stato membro, i quali percepiscano interessi o dividendi provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati in un altro Stato membro, sono assoggettati ad un’imposta comunale addizionale qualora non abbiano scelto che tali redditi mobiliari siano loro versati da un intermediario stabilito nel loro Stato membro di residenza, mentre i redditi aventi stessa natura provenienti da collocamenti o da investimenti effettuati nel loro Stato membro di residenza, essendo assoggettati ad una ritenuta alla fonte, possono non essere dichiarati e, in tal caso, non sono soggetti a siffatta imposta.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.