SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

12 febbraio 2020 ( *1 )

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione nella Repubblica democratica del Congo – Congelamento dei capitali – Proroga dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco delle persone interessate – Obbligo di motivazione – Diritti della difesa – Obbligo per il Consiglio di comunicare gli elementi nuovi che giustificano il rinnovo delle misure restrittive – Errore di diritto – Errore manifesto di valutazione – Diritto di proprietà – Proporzionalità – Presunzione d’innocenza – Eccezione di illegittimità»

Nella causa T‑163/18,

Gabriel Amisi Kumba, residente in Kinshasa (Repubblica democratica del Congo), rappresentato da T. Bontinck, P. De Wolf, M. Forgeois e A. Guillerme, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da J.-P. Hix, H. Marcos Fraile e S. Van Overmeire, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (PESC) 2017/2282 del Consiglio, dell’11 dicembre 2017, che modifica la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2017, L 328, pag. 19), nella parte in cui riguarda il ricorrente,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise, R. da Silva Passos (relatore), K. Kowalik-Bańczyk e C. Mac Eochaidh, giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 luglio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza ( 1 ) ( 2 )

Fatti

1

Il ricorrente, sig. Gabriel Amisi Kumba, è cittadino della Repubblica democratica del Congo.

2

La causa in esame si colloca nell’ambito delle misure restrittive imposte dal Consiglio dell’Unione europea al fine di instaurare una pace duratura nella Repubblica democratica del Congo e di esercitare pressioni sulle persone ed entità che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda detto Stato.

3

Il 18 luglio 2005 il Consiglio ha adottato, sul fondamento degli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE, il regolamento (CE) n. 1183/2005, che istituisce misure restrittive specifiche nei confronti delle persone che violano l’embargo sulle armi per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo (GU 2005, L 193, pag. 1).

4

Il 20 dicembre 2010 il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 29 TUE, la decisione 2010/788/PESC concernente misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo e che abroga la posizione comune 2008/369/PESC (GU 2010, L 336, pag. 30).

5

Il 12 dicembre 2016 il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 215 TFUE, il regolamento (UE) 2016/2230 recante modifica del regolamento n. 1183/2005 (GU 2016, L 336 I, pag. 1).

6

Alla stessa data, il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 29 TUE, la decisione (PESC) 2016/2231 che modifica la decisione 2010/788 (GU 2016, L 336 I, pag. 7).

7

I considerando da 2 a 4 della decisione 2016/2231 così recitano:

«(2)

Il 17 ottobre 2016 il Consiglio ha adottato conclusioni nelle quali ha espresso profonda preoccupazione per la situazione politica nella Repubblica democratica del Congo (RDC). In particolare, ha condannato fermamente gli atti di estrema violenza verificatisi il 19 e 20 settembre 2016 a Kinshasa, rilevando che tali atti hanno aggravato ulteriormente la situazione di stallo in cui si trova il paese a causa della mancata convocazione delle elezioni presidenziali entro il termine previsto dalla Costituzione del 20 dicembre 2016.

(3)

Il Consiglio ha sottolineato che, al fine di creare un clima favorevole al dialogo e alle elezioni, il governo della RDC deve impegnarsi in modo chiaro a garantire il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto e porre fine a ogni strumentalizzazione della giustizia. Inoltre, ha esortato tutti i soggetti interessati a rifiutare l’uso della violenza.

(4)

Il Consiglio ha altresì indicato di essere pronto a utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione, compreso il ricorso a misure restrittive nei confronti di coloro che sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e incitano alla violenza e coloro che cercano di ostacolare una soluzione della crisi consensuale e pacifica, che rispetti l’aspirazione del popolo della RDC a eleggere i suoi rappresentanti».

8

L’articolo 3, paragrafo 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, prevede quanto segue:

«Le misure restrittive previste all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, sono imposte nei confronti delle persone ed entità che:

a)

ostacolano una soluzione consensuale e pacifica a favore di elezioni nella [Repubblica democratica del Congo], anche mediante atti di violenza, repressione o incitamento alla violenza, oppure compromettendo lo stato di diritto;

b)

sono implicate nel pianificare, dirigere o compiere atti nella [Repubblica democratica del Congo] che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani;

c)

sono associate a quelle di cui alle lettere a) e b);

elencate nell’allegato II».

9

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, «[g]li Stati membri adottano le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio delle persone indicate all’articolo 3».

10

L’articolo 5, paragrafi 1, 2 e 5, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, prevede quanto segue:

«1.   Sono congelati tutti i fondi, le attività finanziarie e risorse economiche di altro tipo posseduti o controllati direttamente o indirettamente dalle persone o entità di cui all’articolo 3 o detenuti da entità possedute o controllate, direttamente o indirettamente, da tali persone o entità ovvero da persone o entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione, quali indicate nell’allegato I e II.

2.   Non sono messi a disposizione fondi, altre attività finanziarie o risorse economiche direttamente o indirettamente o a beneficio delle persone o entità di cui al paragrafo 1.

(...)

5.   Per quanto riguarda le persone ed entità di cui all’articolo 3, paragrafo 2, l’autorità competente di uno Stato membro può autorizzare, alle condizioni che ritiene appropriate, lo svincolo o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche congelati dopo aver stabilito che i fondi o le risorse economiche in questione sono:

a)

necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone ed entità e dei familiari a carico di tali persone fisiche, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, locazioni o garanzie ipotecarie, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenze di servizi pubblici;

b)

destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli e al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;

(...)

d)

necessari per coprire spese straordinarie, purché l’autorità competente abbia notificato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione i motivi per cui ritiene che debba essere concessa un’autorizzazione specifica almeno due settimane prima dell’autorizzazione».

11

L’articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, prevede quanto segue:

«2.   Il Consiglio, deliberando su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, stabilisce e modifica l’elenco contenuto nell’allegato II».

12

L’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, prevede quanto segue:

«2.   Il Consiglio comunica la decisione di cui all’articolo 6, paragrafo 2, compresi i motivi dell’inserimento nell’elenco, alla persona o all’entità interessata direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando a tale persona o entità la possibilità di presentare osservazioni.

3.   Qualora siano presentate osservazioni o siano addotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione e ne informa di conseguenza la persona o l’entità interessata».

13

Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, «[l]e misure di cui all’articolo 3, paragrafo 2, si applicano fino al 12 dicembre 2017» e, «[s]e del caso, sono prorogate o modificate qualora il Consiglio ritenga che i loro obiettivi non siano stati raggiunti».

14

Quanto al regolamento n. 1183/2005, l’articolo 2 ter, paragrafo 1, dello stesso, come modificato dal regolamento 2016/2230, prevede quanto segue:

«1.   L’allegato I bis comprende le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi designati dal Consiglio per uno dei seguenti motivi:

(...)

b)

pianificano, dirigono o compiono atti che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani [nella Repubblica democratica del Congo]».

15

Il nome del ricorrente è stato aggiunto dalla decisione 2016/2231 all’elenco delle persone ed entità di cui all’allegato II della decisione 2010/788 (in prosieguo: l’«elenco controverso») e dal regolamento 2016/2230 all’elenco delle persone ed entità di cui all’allegato I bis del regolamento n. 1183/2005.

16

Nell’allegato II della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, e nell’allegato I bis del regolamento n. 1183/2005, come modificato dal regolamento 2016/2230, il Consiglio ha giustificato l’adozione delle misure restrittive nei confronti del ricorrente con i seguenti motivi:

«Comandante della 1a zona di difesa dell’esercito congolese (FARDC) le cui forze hanno preso parte all’uso sproporzionato della forza e della repressione violenta nel settembre 2016 a Kinshasa. In questa veste, Gabriel Amisi Kumba è stato quindi implicato nel pianificare, dirigere o compiere atti che costituiscono gravi violazioni dei diritti umani nella [Repubblica democratica del Congo]».

17

Il 13 dicembre 2016 il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone soggette alle misure restrittive previste dalla decisione 2010/788, modificata dalla decisione 2016/2231, e dal regolamento n. 1183/2005, modificato dal regolamento 2016/2230, concernenti misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo (GU 2016, C 463, pag. 2). In tale avviso era precisato, tra l’altro, che le persone interessate potevano, entro il 1o ottobre 2017, presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta volta a ottenere il riesame della decisione con cui i loro nomi erano stati inseriti nell’elenco controverso e nell’elenco delle persone ed entità di cui all’allegato I bis del regolamento n. 1183/2005. Detto avviso indicava inoltre che tutte le osservazioni ricevute sarebbero state prese in considerazione ai fini del prossimo riesame, da parte del Consiglio, in conformità dell’articolo 9 della decisione 2010/788.

18

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 marzo 2017, il ricorrente ha proposto un ricorso diretto, in sostanza, all’annullamento del regolamento 2016/2230 nella parte in cui tale atto lo riguardava. Detto ricorso è stato iscritto a ruolo con il numero di causa T‑141/17.

19

Il 29 maggio 2017 il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 31, paragrafo 2, TUE e dell’articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2010/788, la decisione di esecuzione (PESC) 2017/905, che attua la decisione 2010/788 (GU 2017, L 138 I, pag. 6). Alla stessa data, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2017/904, che attua l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento n. 1183/2005 (GU 2017, L 138 I, pag. 1). Con tali atti sono stati aggiunti i nomi di altre persone fisiche, rispettivamente, all’elenco controverso e all’elenco di cui all’allegato I bis del regolamento n. 1183/2005.

20

L’11 dicembre 2017, in esito al procedimento di riesame delle misure controverse, il Consiglio ha adottato, sul fondamento dell’articolo 29 TUE, la decisione (PESC) 2017/2282, che modifica la decisione 2010/788 (GU 2017, L 328, pag. 19; in prosieguo: la «decisione impugnata»). L’articolo 1 di detta decisione ha quindi sostituito il testo dell’articolo 9, paragrafo 2, della decisione 2010/788 con il testo seguente:

«Le misure di cui all’articolo 3, paragrafo 2, si applicano fino al 12 dicembre 2018. Se del caso, sono prorogate o modificate qualora il Consiglio ritenga che i loro obiettivi non siano stati raggiunti».

21

In seguito alla rinuncia agli atti da parte del ricorrente, la causa T‑141/17, menzionata al punto 18 supra, è stata cancellata dal ruolo del Tribunale con ordinanza del 7 dicembre 2018.

Procedimento e conclusioni delle parti

22

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 marzo 2018, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

23

Con decisione del 12 ottobre 2018, il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha deciso di riunire la presente causa alle cause T‑164/18 Kampete/Consiglio, T‑165/18 Kahimbi Kasagwe/Consiglio, T‑166/18, Luyoyo/Consiglio, T‑167/18, Kanyama/Consiglio, T‑168/18, Numbi/Consiglio, e T‑169/18, Kibelisa Ngambasai/Consiglio, ai fini della fase scritta e dell’eventuale fase orale del procedimento.

24

Su proposta del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale del procedimento. Il 15 maggio 2019 il Tribunale ha rinviato la causa dinanzi alla Nona Sezione ampliata.

25

Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 4 luglio 2019.

26

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata, nella parte in cui tale atto lo riguarda;

condannare il Consiglio alle spese.

27

Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

in subordine, in caso di annullamento della decisione impugnata, mantenere gli effetti della stessa nei confronti del ricorrente fino alla scadenza del termine di impugnazione della sentenza del Tribunale o, qualora sia proposta un’impugnazione entro tale termine, fino al rigetto di quest’ultima;

condannare il ricorrente alle spese.

In diritto

28

A sostegno della sua domanda di annullamento della decisione impugnata, il ricorrente deduce quattro motivi, riguardanti, il primo, la violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto di essere sentiti; il secondo, un errore di diritto e un errore manifesto di valutazione; il terzo, la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, del diritto di proprietà e del principio di proporzionalità e, il quarto, l’illegittimità dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788 nonché dell’articolo 2 ter, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1183/2005.

Sul primo motivo, concernente la violazione dell’obbligo di motivazione e del diritto di essere sentiti

29

Il primo motivo è suddiviso in due parti, relative, rispettivamente, la prima, alla violazione dell’obbligo di motivazione e, la seconda, alla violazione del diritto di essere sentiti.

Sulla prima parte del primo motivo

30

Nella prima parte del primo motivo, il ricorrente sostiene che il Consiglio ha violato l’obbligo di motivazione di un atto che arreca pregiudizio previsto dall’articolo 296 TFUE. Il ricorrente afferma che la motivazione della decisione impugnata è particolarmente succinta, in quanto il Consiglio non formula alcuna accusa precisa né menziona alcun fatto particolare e identificabile che consenta senza alcun dubbio di attribuirgli gli addebiti formulati nei suoi confronti in detta motivazione. Secondo il ricorrente, la decisione impugnata sarebbe quindi fondata su mere affermazioni presuntive, impossibili da verificare e tali da costringerlo a fornire prove negative dell’inesistenza dei fatti generici che gli sono addebitati, con conseguente inversione dell’onere della prova.

31

Il Consiglio contesta tali argomenti.

32

A tale proposito, anzitutto, si deve ricordare che l’obbligo di motivare un atto che arreca pregiudizio, come previsto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consenta di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione europea e, dall’altro lato, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo sindacato di legittimità su tale atto. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione al quale si può derogare solo sulla base di ragioni imperative. Pertanto, la motivazione, in linea di principio, deve essere comunicata all’interessato contestualmente all’atto che gli arreca pregiudizio, e la sua mancanza non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione (sentenza del 7 dicembre 2011, HTTS/Consiglio, T‑562/10, EU:T:2011:716, punto 32).

33

Inoltre, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari o altre persone interessate direttamente e individualmente dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 54, e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 82).

34

L’obbligo di motivazione cui il Consiglio è tenuto riguarda, da un lato, l’indicazione della base giuridica del provvedimento adottato e, dall’altro, le circostanze che consentono di ritenere che uno dei criteri di inserimento sia soddisfatto nel caso degli interessati (sentenza del 18 settembre 2014, Central Bank of Iran/Consiglio, T‑262/12, non pubblicata, EU:T:2014:777, punto 86).

35

Di conseguenza, occorre esaminare se la motivazione dell’atto impugnato contenga riferimenti espliciti al criterio di inserimento controverso e se tale motivazione possa eventualmente essere considerata sufficiente a consentire alla parte ricorrente di verificare la fondatezza dell’atto impugnato e di difendersi dinanzi al Tribunale e, a quest’ultimo, di esercitare il proprio controllo (v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2014, Central Bank of Iran/Consiglio, T‑262/12, non pubblicata, EU:T:2014:777, punto 88).

36

Infine, la motivazione di un atto del Consiglio che impone una misura restrittiva deve identificare non soltanto la base giuridica di tale misura, ma anche i motivi specifici e concreti per cui il Consiglio considera, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che l’interessato debba essere oggetto di una misura siffatta (sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 52, e del 25 marzo 2015, Central Bank of Iran/Consiglio, T‑563/12, EU:T:2015:187, punto 55).

37

Nel caso di specie, occorre sottolineare che la decisione impugnata è intesa a prorogare l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso mantenendo la motivazione addotta dal Consiglio, in occasione dell’inserimento iniziale del suo nome, nella decisione 2016/2231, che ha modificato la decisione 2010/788.

38

Secondo il ricorrente, tale motivazione è particolarmente succinta, in quanto il Consiglio non formula alcun addebito preciso che consenta di attribuirgli le accuse mosse nei suoi confronti in detta motivazione.

39

A tal riguardo, occorre rammentare che l’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788, inserito in quest’ultima dalla decisione 2016/2231, stabilisce che l’allegato II comprende le persone ed entità che secondo il Consiglio «sono implicate nel pianificare, dirigere o compiere atti nella [Repubblica democratica del Congo] che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani».

40

Si deve inoltre ricordare che la motivazione addotta dal Consiglio per l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso, riprodotta al punto 16 supra, riguarda la sua qualità di comandante della prima zona di difesa delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) e l’implicazione di queste ultime nell’uso sproporzionato della forza e nella repressione violenta ordinati nel settembre 2016 a Kinshasa (Repubblica democratica del Congo).

41

Tale motivazione individua gli elementi specifici e concreti, relativi sia alle funzioni professionali esercitate dal ricorrente sia al tipo di atto in questione, e indica che il ricorrente sarebbe stato implicato in gravi violazioni dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo. Essa consente, in effetti, di comprendere i motivi che hanno indotto il Consiglio ad adottare misure restrittive nei confronti del ricorrente per la sua presunta responsabilità, in ragione delle sue funzioni di comandante della prima zona di difesa delle FARDC, per l’uso sproporzionato della forza e della repressione violenta ordinati nel settembre 2016 a Kinshasa.

42

Come giustamente sostenuto dal Consiglio, la motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso, prorogato dalla decisione impugnata, espone le ragioni specifiche e concrete per le quali i criteri di inserimento erano applicabili nei suoi confronti e segnatamente, da un lato, menziona una base giuridica chiaramente individuata che rinvia ai criteri di inserimento e, dall’altro, si fonda su motivi riguardanti le attività del ricorrente che consentono a quest’ultimo di comprendere le ragioni che hanno giustificato l’inserimento del suo nome nell’elenco controverso. Inoltre, il contesto in cui è stata adottata la decisione impugnata era noto al ricorrente, dato che egli ha contestato, in sostanza, dinanzi al Tribunale la legittimità del primo inserimento del suo nome, come ricordato ai punti 18 e 21 supra, e i motivi di tale inserimento non sono stati modificati dalla decisione impugnata.

43

Di conseguenza, il ricorrente non poteva ragionevolmente ignorare che il Consiglio, allorché ha confermato, con la decisione impugnata, i motivi dell’inserimento iniziale del suo nome nell’elenco controverso, deciso con la decisione 2016/2231, ha fatto riferimento alla circostanza che, date le sue funzioni di comandante della prima zona di difesa delle FARDC, egli aveva il potere di fatto di influire direttamente sul comportamento dei militari delle FARDC, i quali sarebbero stati implicati nell’uso sproporzionato della forza e nella repressione violenta ordinati nel settembre 2016 a Kinshasa.

44

Alla luce dei motivi dell’inserimento del suo nome nell’elenco controverso, il ricorrente era in grado di contestare utilmente la fondatezza delle misure restrittive adottate nei suoi confronti. Egli avrebbe quindi potuto mettere in dubbio la veridicità dei fatti sui quali si basa la decisione impugnata, in particolare negando la propria qualità di comandante nell’ambito delle FARDC o la sua responsabilità per l’uso sproporzionato della forza e la repressione violenta in cui le FARDC sono state coinvolte nel settembre 2016 a Kinshasa, oppure contestando l’esistenza di tali fatti, o ancora confutando il fatto che egli fosse implicato nel pianificare, dirigere o compiere, nella Repubblica democratica del Congo, atti che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani. Ciò è peraltro quanto ha fatto in sostanza nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, concernente un errore manifesto di valutazione.

45

Ne consegue che la motivazione della decisione impugnata era sufficiente per consentire al ricorrente di contestarne la validità e al Tribunale di esercitare il proprio controllo di legittimità. Occorre pertanto respingere la prima parte del primo motivo.

Sulla seconda parte del primo motivo

46

Con la seconda parte del primo motivo, il ricorrente sostiene che il Consiglio ha violato il suo diritto di essere sentito. Egli considera che, se è pur vero che l’effetto sorpresa necessario per una misura di congelamento dei capitali implica che il Consiglio non sia tenuto a procedere a un’audizione prima dell’inserimento iniziale del nome di una persona o entità in un elenco che impone misure restrittive, ciò non toglie che, nell’ambito di un riesame di una siffatta decisione di inserimento iniziale, come nel caso di specie, tale effetto non abbia più ragion d’essere e il principio del contraddittorio debba essere rispettato per quanto riguarda sia la comunicazione dei motivi prima della decisione di mantenimento nell’elenco controverso, sia il diritto di essere sentiti. Aggiunge di avere chiesto un’audizione dinanzi al Consiglio, il quale, tuttavia, alla data di deposito del ricorso in esame, non si era pronunciato su tale richiesta.

47

Nella replica, il ricorrente afferma, da un lato, di non essere mai stato sentito dal Bureau conjoint des Nations unies aux droits de l’homme (Ufficio congiunto delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, BCNUDH) durante l’elaborazione delle varie relazioni utilizzate dal Consiglio a sostegno della decisione impugnata, il che non sarebbe conforme ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza e dimostrerebbe che egli avrebbe dovuto essere sentito prima dell’adozione della decisione impugnata, a maggior ragione in quanto ha fornito al Consiglio, il 21 febbraio 2018, elementi idonei a rimettere in discussione la fondatezza dei motivi addotti. Dall’altro, il ricorrente sostiene che, rispetto alla decisione iniziale di inserimento del suo nome nell’elenco controverso, il Consiglio ha preso in considerazione nuovi elementi di prova a suo carico ai fini dell’adozione della decisione impugnata.

48

Il Consiglio contesta tali argomenti sottolineando che la decisione impugnata si basa sugli stessi motivi che hanno fondato l’inserimento iniziale del nome del ricorrente nell’elenco controverso, in forza della decisione 2016/2231. Ne conseguirebbe che esso non era tenuto ad ascoltare il ricorrente prima di adottare la decisione impugnata.

49

A tale proposito, occorre rammentare che l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») prevede che ogni individuo ha il diritto di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio.

50

Secondo la giurisprudenza, nell’ambito di una procedura volta ad adottare la decisione di inserire o mantenere il nominativo di una persona nell’elenco di cui all’allegato di un atto recante misure restrittive, il rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva postula che l’autorità competente dell’Unione comunichi alla persona interessata gli elementi a suo carico di cui dispone per fondare la propria decisione, affinché tale persona possa difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e decidere con piena cognizione di causa se sia opportuno adire il giudice dell’Unione. Inoltre, in occasione di questa comunicazione, l’autorità competente dell’Unione deve permettere a questa persona di esprimere in maniera proficua la sua opinione sui motivi posti a suo carico (sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C 584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 111112, e del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 93).

51

Per quanto riguarda il primo atto con cui vengono congelati i capitali di una persona o di un’entità, il Consiglio non è tenuto a comunicare previamente alla persona o all’entità interessata i motivi sui quali intende fondare l’inserimento iniziale del suo nominativo nell’elenco delle persone ed entità i cui capitali sono congelati. Affinché l’efficacia di una misura di questo genere non sia compromessa, tale misura deve infatti, per la sua stessa natura, poter dispiegare un effetto sorpresa e potersi applicare immediatamente. In un’ipotesi del genere, in linea di principio è sufficiente che l’istituzione proceda a comunicare la motivazione alla persona o all’entità interessata e le riconosca il diritto ad essere sentita in concomitanza con l’adozione della decisione di congelamento dei capitali o immediatamente dopo tale adozione (sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61).

52

Al contrario, nel caso di una decisione successiva di congelamento di capitali, in forza della quale il nome di una persona o di un’entità già figurante nell’elenco delle persone ed entità i cui capitali sono congelati venga ivi mantenuto, tale effetto sorpresa non è più necessario per garantire l’efficacia della misura, cosicché l’adozione di una decisione di questo genere, in linea di principio, deve essere preceduta dalla comunicazione degli elementi a carico del destinatario e alla persona o all’entità interessata dev’essere conferita l’opportunità di essere previamente sentita (sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 62).

53

A tale proposito, la Corte ha sottolineato che l’elemento di tutela garantito dall’obbligo di comunicazione degli elementi a carico e dal diritto di presentare osservazioni prima dell’adozione di atti che mantengono il nome di una persona o di un’entità in un elenco di persone o entità destinatarie di misure restrittive è fondamentale ed essenziale per i diritti della difesa. Ciò vale a maggior ragione considerato che le misure restrittive in questione incidono in modo significativo sui diritti e sulle libertà delle persone e dei gruppi che ne sono destinatari (sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 64).

54

Il diritto di essere sentiti prima dell’adozione di tali atti si impone quando il Consiglio abbia preso in considerazione, nella decisione che comporta il mantenimento del suo nome nel suddetto elenco, nuovi elementi nei confronti di tale persona, ossia elementi che non erano stati presi in considerazione nella decisione iniziale di inserimento del suo nome nel medesimo elenco (v., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2015, Ipatau/Consiglio, C‑535/14 P, EU:C:2015:407, punto 26 e giurisprudenza citata, e del 7 aprile 2016, Central Bank of Iran/Consiglio, C‑266/15 P, EU:C:2016:208, punto 33).

55

È vero che nel caso di specie, come rilevato dal Consiglio, il mantenimento dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso, deciso nella decisione impugnata, si fonda sugli stessi motivi che hanno giustificato l’adozione dell’atto iniziale che impone le misure restrittive in questione.

56

Tuttavia, tale circostanza non può comportare di per sé che il Consiglio non fosse tenuto a rispettare i diritti della difesa del ricorrente, e in particolare non fosse tenuto a dargli la possibilità di far conoscere utilmente il suo punto di vista quanto agli elementi di fatto in base ai quali esso ha adottato la decisione impugnata, che comporta il mantenimento dell’inserimento del suo nome nell’elenco controverso.

57

Infatti, l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, e segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 102 e giurisprudenza citata).

58

A tale proposito, si deve sottolineare che le misure restrittive hanno natura cautelare e, per definizione, provvisoria e la loro validità è sempre subordinata al permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base della loro adozione nonché alla necessità del loro mantenimento al fine della realizzazione dell’obiettivo ad esse correlato (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2014, Yusef/Commissione, T‑306/10, EU:T:2014:141, punti 6263). È in quest’ottica che l’articolo 9, paragrafo 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, prevede che le misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo si applichino fino al 12 dicembre 2017 e, «[s]e del caso, [siano] prorogate o modificate qualora il Consiglio ritenga che i loro obiettivi non siano stati raggiunti».

59

Ne consegue che, in occasione del riesame periodico di tali misure restrittive, il Consiglio deve procedere ad una valutazione aggiornata della situazione e trarre un bilancio dell’impatto di dette misure, per stabilire se esse abbiano consentito di raggiungere gli obiettivi perseguiti con l’inserimento iniziale dei nominativi delle persone ed entità interessate nell’elenco controverso o se si possa ancora giungere alla stessa conclusione riguardo a dette persone ed entità.

60

A tale proposito, nella sentenza del 27 settembre 2018, Ezz e a./Consiglio (T‑288/15, EU:T:2018:619, punto 316 e giurisprudenza citata), il Tribunale ha giudicato che il rispetto dei diritti della difesa implica che il Consiglio comunichi ai ricorrenti, prima di adottare una decisione recante il rinnovo delle misure restrittive nei loro confronti, gli elementi con i quali aveva proceduto, in occasione del riesame periodico delle misure in questione, all’aggiornamento delle informazioni che avevano giustificato l’inserimento iniziale del loro nome nell’elenco delle persone sottoposte a tali misure restrittive.

61

Pertanto, nel caso di specie, tenuto conto dell’obiettivo iniziale perseguito dalle misure restrittive nei confronti della Repubblica democratica del Congo, vale a dire, in sostanza, garantire un clima favorevole alle elezioni e far cessare le violazioni dei diritti umani (v. punto 7 supra), si deve considerare che il Consiglio era tenuto, in occasione del riesame periodico delle misure restrittive imposte al ricorrente, a comunicargli, se del caso, gli elementi nuovi con i quali aveva aggiornato le informazioni relative non solo alla sua situazione personale, ma altresì alla situazione politica e della sicurezza nella Repubblica democratica del Congo.

62

Orbene, dai documenti del fascicolo risulta che il Consiglio, come quest’ultimo ha confermato all’udienza in risposta a un quesito posto dal Tribunale, ha adottato la decisione impugnata tenendo conto, oltre che delle informazioni di cui disponeva già al momento dell’inserimento iniziale del nome del ricorrente nell’elenco controverso, di quelle contenute nel documento interno del 23 ottobre 2017 recante il riferimento COREU CFSP/1492/17. In primo luogo, detto documento del 23 ottobre 2017 menzionava la mancata pubblicazione, a tale data, di un calendario elettorale e l’annuncio della Commissione elettorale nazionale indipendente, dell’11 ottobre 2017, secondo cui sarebbero occorsi almeno 504 giorni per organizzare le elezioni. In secondo luogo, nel medesimo documento era indicato che la Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Monusco) aveva segnalato, da un lato, un deterioramento della situazione della sicurezza in molte parti della Repubblica democratica del Congo e, dall’altro, un aumento dell’instabilità regionale in seguito alla partenza di civili in fuga dalle zone di conflitto. In terzo luogo, detto documento riportava che le libertà di riunione, di opinione e di espressione erano ancora represse, come dimostravano il divieto di manifestazioni contro la mancata pubblicazione di un calendario elettorale e, nell’agosto 2017, il blocco delle reti sociali dopo l’annuncio di uno sciopero generale.

63

Analogamente, dalle conclusioni del Consiglio dell’11 dicembre 2017 emerge che quest’ultimo era a conoscenza, al momento dell’adozione della decisione impugnata, di un altro elemento di aggiornamento, vale a dire l’annuncio di un calendario elettorale che, in data 5 novembre 2017, aveva fissato le elezioni presidenziali per il 23 dicembre 2018. Tuttavia, tale annuncio non ha impedito al Consiglio di considerare che lo status quo persisteva nella Repubblica democratica del Congo.

64

Pertanto, sebbene con la decisione impugnata il Consiglio abbia prorogato le misure restrittive nei confronti del ricorrente per motivi identici a quelli addotti per l’inserimento iniziale del suo nome nell’elenco controverso, nella decisione 2016/2231 gli elementi di aggiornamento menzionati ai punti 62 e 63 supra costituiscono elementi nuovi di cui il Consiglio ha tenuto conto in sede di adozione della decisione impugnata. Di conseguenza, il Consiglio avrebbe dovuto raccogliere le osservazioni del ricorrente su tali elementi prima di adottare una decisione siffatta, come indicato al punto 61 supra. Orbene, è pacifico che ciò non è avvenuto.

65

A tale proposito è irrilevante il fatto che, da un lato, l’inserimento iniziale del nome del ricorrente nell’elenco controverso sia stato seguito dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale di un avviso alle persone interessate da tali misure, secondo il quale dette persone potevano presentare una richiesta di riesame al Consiglio entro il 1o ottobre 2017 e, dall’altro, che il ricorrente non si sia avvalso di questa possibilità. Infatti, il Consiglio non può essere esentato dall’obbligo ad esso incombente di rispettare i diritti della difesa in ragione del fatto che una persona sottoposta a misure restrittive ha la possibilità di chiedere che tali misure cessino di essere applicate nei suoi confronti.

66

Peraltro, dai documenti del fascicolo non emerge che il ricorrente potesse prevedere che il Consiglio avrebbe concluso per lo status quo riguardo alla situazione nella Repubblica democratica del Congo tenendo conto degli elementi descritti ai punti 62 e 63 supra, relativi alla mancata pubblicazione di un calendario elettorale, al peggioramento della situazione della sicurezza e al protrarsi della repressione delle libertà pubbliche in molte regioni del paese, elementi sui quali il ricorrente non è stato messo in condizione di presentare le proprie osservazioni prima dell’adozione della decisione impugnata. A tal riguardo si deve ricordare che le misure restrittive hanno carattere provvisorio (v. punto 58 supra), il quale è garantito dalle stesse disposizioni della decisione impugnata (v. punto 20 supra).

67

In tali circostanze, si deve ritenere che la decisione impugnata sia intervenuta in esito a un procedimento durante il quale non sono stati rispettati i diritti della difesa del ricorrente.

68

Tuttavia, da quanto precede non si può dedurre che la mancata comunicazione al ricorrente, da parte del Consiglio, degli elementi nuovi menzionati nel documento interno del 23 ottobre 2017, recante il riferimento COREU CFSP/1492/17, e nelle conclusioni del Consiglio dell’11 dicembre 2017 nonché il fatto che il ricorrente non sia stato messo in condizione di presentare le proprie osservazioni su tali elementi prima che il Consiglio adottasse la decisione impugnata comportino l’annullamento di quest’ultima.

69

Infatti, spetta al giudice dell’Unione verificare, allorché si trovi in presenza di un’irregolarità che lede i diritti della difesa, se, in funzione delle circostanze di fatto e di diritto del caso di specie, il procedimento in questione avrebbe potuto comportare un risultato diverso qualora il ricorrente avesse potuto difendersi più efficacemente in assenza di tale irregolarità (v., in tal senso, sentenze del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punti 81, 88, 92, 94107, e del 27 settembre 2018, Ezz e a./Consiglio, T‑288/15, EU:T:2018:619, punto 325 e giurisprudenza citata).

70

Orbene, nel caso di specie nessun elemento del fascicolo lascia supporre che, se fossero stati comunicati al ricorrente gli elementi nuovi con i quali il Consiglio ha aggiornato la sua valutazione della situazione politica e della sicurezza nella Repubblica democratica del Congo, le misure restrittive in questione avrebbero potuto non essere mantenute nei suoi confronti.

71

A tale proposito, occorre rilevare che il ricorrente non ha fornito alcun elemento preciso indicante che, se fosse stato messo in condizione, prima dell’adozione della decisione impugnata, di presentare le proprie osservazioni sugli elementi nuovi descritti ai punti 62 e 63 supra, avrebbe potuto rimetterne in discussione il contenuto o la rilevanza ai fini della proroga dell’inserimento del suo nome nell’elenco controverso.

72

Peraltro, in risposta a un quesito posto dal Tribunale in udienza, il ricorrente non ha contestato l’esistenza in sé di uno status quo nella Repubblica democratica del Congo tra il momento dell’inserimento iniziale del suo nome nell’elenco controverso, deciso il 13 dicembre 2016, e l’adozione della decisione impugnata, che mantiene in vigore le misure restrittive di cui trattasi.

73

In tali circostanze, non si può ritenere che, se fossero stati comunicati al ricorrente gli elementi menzionati ai punti 62 e 63 supra prima dell’adozione della decisione impugnata, l’esito del procedimento avrebbe potuto essere diverso. Neppure il fatto che il Consiglio abbia tenuto conto di taluni elementi nuovi in sede di rinnovo delle misure restrittive nei confronti del ricorrente è idoneo ad inficiare la legittimità della decisione impugnata.

74

Inoltre, nella misura in cui il ricorrente trae argomenti a sostegno della seconda parte del primo motivo dalla circostanza che non sarebbe stato sentito dal BCNUDH nel contesto dell’elaborazione, da parte di quest’ultimo, delle relazioni fatte valere dal Consiglio a sostegno della decisione impugnata, è sufficiente rilevare che i giudici dell’Unione non hanno competenza per controllare la conformità ai diritti fondamentali delle indagini condotte dagli organi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) (v., in tal senso, sentenza del 20 luglio 2017, Badica e Kardiam/Consiglio, T‑619/15, EU:T:2017:532, punto 65).

75

Infine, deve essere respinto l’argomento del ricorrente secondo cui il Consiglio avrebbe dovuto procedere alla sua audizione, dato che né la normativa in questione né il principio generale del rispetto dei diritti della difesa gli conferiscono il diritto a un’audizione formale (v., per analogia, sentenza del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, EU:T:2013:397, punto 105 e giurisprudenza citata).

76

Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere la seconda parte del primo motivo in quanto infondata e, pertanto, tale motivo nel suo complesso.

Sul secondo motivo, concernente un errore di diritto e un errore manifesto di valutazione

77

Con il secondo motivo, il ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore laddove ha concluso che egli era stato «implicato nel pianificare, dirigere o compiere atti che costituiscono gravi violazioni dei diritti umani [nella Repubblica democratica del Congo]».

78

Il motivo in esame è suddiviso in due parti. Con la prima parte, il ricorrente sostiene, in sostanza, che il Consiglio ha commesso un errore di diritto mantenendo l’inserimento del suo nome nell’elenco controverso sulla base di fatti che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, erano cessati. Con la seconda parte, il ricorrente contesta la valutazione operata dal Consiglio in merito alle sue funzioni e ai suoi compiti nonché l’esistenza di elementi di fatto sufficientemente precisi e concreti a sostegno del mantenimento dell’inserimento del suo nome nell’elenco controverso.

Sulla prima parte del secondo motivo

79

Con la prima parte del secondo motivo, il ricorrente sostiene che i fatti addotti dal Consiglio nella motivazione dell’inserimento del suo nome nell’elenco controverso si riferiscono a un periodo temporale passato. Infatti, dall’uso dell’indicativo presente all’articolo 3, paragrafo 2, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, risulterebbe che i fatti addebitati alle persone o entità sottoposte a misure restrittive devono perdurare al momento del rinnovo di queste ultime. Orbene, l’assenza di implicazione attuale del ricorrente nei fatti che gli erano addebitati alla data di adozione della decisione impugnata comporterebbe l’obsolescenza delle misure restrittive in questione.

80

Il ricorrente aggiunge che, mantenendo tali misure per fatti che non erano più attuali, il Consiglio avrebbe adottato, in realtà, una sanzione penale dissimulata, mentre le misure restrittive hanno soltanto una portata cautelare e mirano ad indurre i destinatari delle stesse a modificare il loro comportamento.

81

A tale proposito, si deve sottolineare che, come ricordato al punto 8 supra, l’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2017/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, dispone che le misure restrittive sono imposte nei confronti delle persone ed entità che «sono implicate nel pianificare, dirigere o compiere atti nella [Repubblica democratica del Congo] che costituiscono gravi violazioni o abusi dei diritti umani». Su tale base il nome del ricorrente è stato inizialmente inserito nell’elenco controverso, con la decisione 2016/2231, per il motivo che, in qualità di comandante della prima zona di difesa delle FARDC, egli è stato implicato nella partecipazione di queste ultime all’uso sproporzionato della forza e della repressione violenta ordinati nel settembre 2016 a Kinshasa (v. punto 16 supra). Con la decisione impugnata, il Consiglio ha prorogato le misure restrittive nei confronti del ricorrente fino al 12 dicembre 2018, mantenendo gli stessi motivi dell’inserimento iniziale del suo nome nell’elenco controverso (v. punto 20 supra).

82

Orbene, in primo luogo, non si può ritenere che l’utilizzo, all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione 2016/2231, dell’indicativo presente nella definizione dei criteri di inserimento nell’elenco controverso implichi che i fatti all’origine dell’inserimento del nome di una persona o entità in detto elenco debbano perdurare nel momento in cui vengono decisi l’inserimento o il mantenimento del medesimo. Infatti, è già stato dichiarato che, nell’ambito dell’inserimento in un elenco dei nomi delle persone e delle entità destinatarie di misure restrittive, l’indicativo presente si riferisce al senso generale che caratterizza le definizioni legali, e non a un determinato periodo temporale (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 108).

83

In secondo luogo, il fatto che la motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso si riferisca a fatti verificatisi prima dell’adozione della decisione impugnata e già conclusi a tale data non implica necessariamente l’obsolescenza delle misure restrittive mantenute nei suoi confronti con tale decisione. È evidente che, nella misura in cui il Consiglio ha deciso di fare riferimento, nella motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco controverso, a situazioni specifiche che coinvolgono le forze armate da lui comandate, poteva trattarsi soltanto di azioni compiute in passato. Un tale riferimento non può quindi essere considerato come privo di rilevanza per il solo motivo che i comportamenti in questione risalgono ad un passato più o meno remoto (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Tomana e a./Consiglio e Commissione, T‑190/12, EU:T:2015:222, punto 236).

84

Tale interpretazione è corroborata dall’articolo 9, paragrafo 2, seconda frase, della decisione 2010/788, come modificato dalla decisione impugnata, secondo cui le misure restrittive in questione, se del caso, sono prorogate o modificate qualora il Consiglio ritenga che i loro obiettivi non siano stati raggiunti. A meno che non si voglia privare detta disposizione del suo effetto utile, si deve ritenere che essa consenta di mantenere nell’elenco controverso i nomi di persone ed entità che non hanno commesso alcuna nuova violazione dei diritti umani nel corso del periodo che precede il riesame, se tale mantenimento è giustificato alla luce dell’insieme delle circostanze rilevanti e, in particolare, del fatto che gli obiettivi perseguiti dalle misure restrittive non sono stati raggiunti (v., per analogia, sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 108).

85

Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la motivazione dell’inserimento del suo nome nell’elenco controverso non conferisce carattere penale alle misure restrittive cui egli è stato sottoposto e che sono state prorogate dalla decisione impugnata.

86

Pertanto, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta.

[omissis]

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Il sig. Gabriel Amisi Kumba è condannato alle spese.

 

Gervasoni

Madise

da Silva Passos

Kowalik-Bańczyk

Mac Eochaidh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 febbraio 2020.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.

( 2 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale. Per quanto riguarda i punti omessi, si rinvia alla sentenza del Tribunale del ..., .../... (T-..., EU:...).