SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

22 settembre 2015 ( *1 )

«Politica estera e di sicurezza comune — Misure restrittive nei confronti dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare — Congelamento dei capitali — Errore di valutazione — Obbligo di motivazione — Diritti della difesa — Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva — Proporzionalità»

Nella causa T‑161/13,

First Islamic Investment Bank Ltd, con sede in Labuan (Malesia), rappresentata da B. Mettetal e C. Wucher-North, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da Á. de Elera-San Miguel Hurtado e M. Bishop, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda di annullamento parziale della decisione 2012/829/PESC del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 356, pag. 71), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 1264/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 356, pag. 55), e, dall’altro, una domanda di annullamento della decisione del Consiglio di mantenere le misure restrittive nei confronti della ricorrente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, I. Pelikánová (relatore) e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 dicembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

La ricorrente, la First Islamic Investment Bank Ltd, è una banca malese.

2

La presente causa s’inscrive nell’ambito delle misure restrittive adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»).

3

Il nome della ricorrente è stato iscritto nell’elenco delle entità che concorrono alla proliferazione nucleare iraniana, il quale figura all’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39), attraverso la decisione 2012/829/PESC del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica la decisione 2010/413 (GU L 356, pag. 71).

4

Di conseguenza, il nome della ricorrente è stato iscritto nell’elenco che figura all’allegato IX del regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU L 88, pag. 1), attraverso il regolamento di esecuzione (UE) n. 1264/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che attua il regolamento n. 267/2012 (GU L 356, pag. 55).

5

L’iscrizione del nome della ricorrente nell’elenco che figura all’allegato II della decisione 2010/413 e in quello che figura all’allegato IX del regolamento n. 267/2012 ha avuto per effetto il congelamento dei suoi fondi e delle sue risorse economiche.

6

Per quanto concerne la ricorrente, la decisione 2012/829 e il regolamento di esecuzione n. 1264/2012 sono motivati come segue:

«La First Islamic Investment Bank (FIIB) aiuta entità designate a violare le disposizioni del regolamento UE sull’Iran e fornisce sostegno finanziario al governo dell’Iran. La FIIB fa parte del Sorinet Group detenuto e gestito da Babak Zanjani. È utilizzata per incanalare i pagamenti connessi al petrolio dell’Iran».

7

Il 22 dicembre 2012, il Consiglio dell’Unione europea ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2012/829 e dal regolamento di esecuzione n. 1264/2012 (GU C 398, pag. 8).

8

Con lettera del 3 gennaio 2013, il Consiglio ha informato la ricorrente dell’iscrizione del suo nome nell’elenco che figura all’allegato II della decisione 2010/413 e in quello che figura all’allegato IX del regolamento n. 267/2012.

9

Con lettera del 25 gennaio 2013, la ricorrente ha contestato la fondatezza dell’iscrizione del suo nome e ha chiesto al Consiglio di procedere a un riesame. Essa ha reiterato la sua domanda con lettera del 25 febbraio 2013, nella quale ha chiesto altresì di avere accesso alle informazioni e alle prove poste alla base di detta iscrizione.

10

Con lettera del 14 marzo 2014, il Consiglio ha risposto alla domanda di riesame formulata dalla ricorrente. In tale occasione, esso ha precisato che le ragioni dell’iscrizione del nome di quest’ultima nell’elenco che figura all’allegato II della decisione 2010/413 e in quello che figura all’allegato IX del regolamento n. 267/2012 erano corretti e che, di conseguenza, la suddetta iscrizione doveva essere mantenuta.

11

Il 15 marzo 2014, il Consiglio ha pubblicato un avviso all’attenzione delle persone e delle entità oggetto delle misure restrittive di cui alla decisione 2010/413 e al regolamento n. 267/2012 (GU C 77, pag. 1). In base a tale avviso, le suddette misure, incluse quelle nei confronti della ricorrente, dovevano continuare ad applicarsi.

Procedimento e conclusioni delle parti

12

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 marzo 2013, la ricorrente ha esperito il presente ricorso.

13

In seguito alla modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Prima Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa in data 23 settembre 2013.

14

Il 25 maggio 2014, la ricorrente ha adeguato le sue conclusioni chiedendo l’annullamento della decisione del Consiglio di mantenere le misure restrittive nei suoi confronti (in prosieguo: la «decisione di mantenimento») contenuta nel parere del 15 marzo 2014.

15

Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, le parti sono state invitate, con lettera del 23 ottobre 2014, a rispondere per iscritto ad alcuni quesiti e a produrre taluni documenti. Il Consiglio e la ricorrente hanno presentato le loro risposte il 12 novembre 2014.

16

Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 10 dicembre 2014. Durante l’udienza, la ricorrente è stata invitata a trasmettere al Tribunale una copia della lettera del Consiglio del 14 marzo 2014, per la sua acquisizione al fascicolo di causa. Il Consiglio ha affermato di non avere alcuna osservazione in merito a tale lettera.

17

La ricorrente ha ottemperato alla richiesta formulata dal Tribunale durante l’udienza entro il termine a tal fine impartito.

18

Il 22 dicembre 2014, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha dichiarato chiusa la fase orale del procedimento.

19

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare il punto I dell’allegato della decisione 2012/829, nella parte in cui esso la riguarda;

annullare il punto I dell’allegato del regolamento di esecuzione n. 1264/2012, nella parte in cui esso la riguarda;

annullare la decisione di mantenimento;

condannare il Consiglio alle spese.

20

Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Sulla ricevibilità

21

Il Consiglio afferma che il ricorso è irricevibile in quanto è stato presentato fuori termini. Infatti, a suo avviso, dalla sentenza del 23 aprile 2013, Gbagbo e a./Consiglio (da C‑478/11 P a C‑482/11 P, Racc., EU:C:2013:258), risulta che il termine di ricorso contro atti che prevedano misure restrittive individuali, previsto all’articolo 263 TFUE, inizia a decorrere dalla pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale, avente valore di notificazione degli atti in questione alle persone e agli enti interessati. Nella fattispecie, dato che l’avviso relativo all’iscrizione del nome della ricorrente negli elenchi in esame è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 22 dicembre 2012, il termine di due mesi previsto all’articolo 263 TFUE, aumentato del termine forfettario in ragione della distanza di dieci giorni di cui all’articolo 102, paragrafo 2, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, è scaduto il 4 marzo 2013, vale a dire dieci giorni prima della proposizione del ricorso, avvenuta il 14 marzo 2013.

22

La ricorrente replica, in particolare, che la soluzione accolta dalla sentenza Gbagbo e a./Consiglio, citata al punto 21 supra (EU:C:2013:258), non è applicabile perché, nel caso di specie, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale è stata seguita da una notifica individuale degli atti impugnati ad essa indirizzata.

23

A norma dell’articolo 263, sesto comma, TFUE, un ricorso di annullamento dev’essere proposto nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell’atto, dalla sua notificazione al ricorrente o, in mancanza, dal giorno in cui questi ne ha avuto conoscenza.

24

In forza dell’articolo 102, paragrafo 2, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il termine per l’impugnazione è aumentato di un termine forfettario in ragione della distanza di dieci giorni.

25

Riguardo agli atti mediante i quali sono state adottate o mantenute misure restrittive nei confronti di una persona o di un’entità, il termine per la proposizione di un ricorso di annullamento decorre, per ciascuna di tali persone ed enti, dalla data della notificazione che deve essere compiuta nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenza Gbagbo e a./Consiglio, cit. al punto 21 supra, EU:C:2013:258, punti 55 e 59).

26

Secondo l’articolo 24, paragrafo 3, della decisione 2010/413 e l’articolo 46, paragrafo 3, del regolamento n. 267/2012, il Consiglio, qualora sia noto l’indirizzo della persona o dell’entità interessata, trasmette loro gli atti in parola direttamente.

27

Nel caso di specie, l’indirizzo della ricorrente era necessariamente noto al Consiglio, essendo stato indicato nella decisione 2012/829 e nel regolamento di esecuzione n. 1264/2012.

28

Di conseguenza, il termine di ricorso avverso i due atti da ultimo menzionati decorre dalla data della loro notificazione individuale alla ricorrente, vale a dire a partire dalla data in cui la lettera del Consiglio del 3 gennaio 2013 le è stata recapitata.

29

A tal riguardo, occorre preliminarmente rilevare che, poiché il Consiglio si avvale della tardività del ricorso, spetta ad esso fornire la prova della data in cui la lettera del 3 gennaio 2013 è stata notificata alla ricorrente (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 1980, Belfiore/Commissione, 108/79, Racc., EU:C:1980:146, punto 7).

30

Al fine di determinare la data di tale notificazione, il Consiglio ha presentato alcuni elementi dai quali risulta che esso ha spedito la lettera del 3 gennaio 2013 ai tre indirizzi della ricorrente, ivi incluso quello indicato nel ricorso. Esso ha altresì prodotto l’avviso di ricevimento di una delle tre lettere, recante data 4 gennaio 2013. In siffatte circostanze, esso presume che, anche se gli avvisi di ricevimento delle altre due lettere non gli sono stati restituiti, queste ultime siano state recapitate al destinatario «alla stessa data o a una data molto ravvicinata».

31

La ricorrente afferma che la lettera del 3 gennaio 2013 le è stata trasmessa con posta semplice e che, di conseguenza, non è in grado di determinare la data precisa della sua comunicazione.

32

Occorre evidenziare che, sebbene l’avviso di ricevimento prodotto dal Consiglio rechi la data del 4 gennaio 2013, esso non costituisce una prova sufficiente che tale data corrisponda a quella della effettiva notificazione della lettera del 3 gennaio 2013 alla ricorrente.

33

Infatti, da un lato, stante la struttura dei vari campi dell’avviso di ricevimento in esame, sembra che la data indicata non sia quella del tentativo di consegna della lettera al destinatario, bensì quella del suo deposito presso l’ufficio postale. Ciò è tanto più vero, essendo estremamente improbabile che una lettera cui è stata apposta la data del 3 gennaio 2013 a Bruxelles (Belgio) possa essere consegnata alla posta belga, spedita in Malesia e rimessa a destinazione dalla posta malese nello spazio di un giorno.

34

Dall’altro lato, in ogni caso, l’avviso di ricevimento prodotto dal Consiglio reca un indirizzo che non è quello indicato dalla ricorrente nel ricorso e attesta un tentativo di consegna infruttuoso, dato che la posta malese ha indicato che il destinatario era «assente».

35

Ciò posto, occorre constatare che il Consiglio non è riuscito a dimostrare la data in cui la lettera del 3 gennaio 2013 era stata notificata alla ricorrente.

36

Del resto, va sottolineato che, ammettendo la data del 4 gennaio 2013, indicata dal Consiglio, quale punto di decorrenza del termine di ricorso, quest’ultimo sarebbe scaduto il 14 marzo 2013, con la conseguenza che il ricorso, depositato lo stesso giorno, lo sarebbe stato, in ogni caso, tempestivamente.

37

L’eccezione di irricevibilità avanzata dal Consiglio deve quindi essere respinta.

Nel merito

38

A sostegno delle sue richieste, la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, il primo, su un errore di valutazione, il secondo, su una violazione dell’obbligo di motivazione, dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, il terzo, su una violazione del principio di proporzionalità.

39

Il Consiglio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

Su primo motivo, vertente su un errore di valutazione

40

La ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore di valutazione quando ha adottato le misure restrittive che la riguardano e contesta la fondatezza dei motivi indicati riguardo ad essa.

41

Il Consiglio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

42

Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il controllo giurisdizionale di un atto che prevede misure restrittive nei confronti di una persona o di un’entità richiede in particolare che il giudice dell’Unione europea si assicuri che l’atto sia fondato su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò implica una verifica dei fatti addotti nell’esposizione della motivazione sottesa a tale atto, cosicché il controllo giurisdizionale non sia limitato alla valutazione dell’astratta verosimiglianza della motivazione dedotta, ma consista nell’accertamento se la motivazione, o, per lo meno, uno dei suoi elementi considerato di per sé sufficiente a suffragare l’atto medesimo, siano fondati (v., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, Racc., EU:C:2013:775, punti 58, 59 e 64 e giurisprudenza ivi citata).

43

A tal fine, spetta al giudice dell’Unione procedere a detto esame, chiedendo, se necessario, all’autorità competente dell’Unione di produrre informazioni o elementi probatori, riservati o meno, pertinenti per un siffatto esame (v. sentenza Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, cit. al punto 42 supra, EU:C:2013:775, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

44

Infatti, in caso di contestazione, incombe all’autorità competente dell’Unione la dimostrazione della fondatezza dei motivi posti a carico della persona o dell’entità interessata, e non a quest’ultima di fornire la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (v. sentenza Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, EU:C:2013:775, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

45

Si deve ricordare che, nei confronti della ricorrente, il Consiglio ha esposto i seguenti motivi:

«La First Islamic Investment Bank (FIIB) aiuta entità designate a violare le disposizioni del regolamento UE sull’Iran e fornisce sostegno finanziario al governo dell’Iran. La FIIB fa parte del Sorinet Group detenuto e gestito da Babak Zanjani. È utilizzata per incanalare i pagamenti connessi al petrolio dell’Iran».

46

In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio non ha dimostrato che essa ha violato la normativa dell’Unione o che ha fornito sostegno al governo iraniano. Essa precisa, in tale contesto, che, essendo detenuta dalla società tagika Arzish, non è collegata al governo iraniano e non ha mai effettuato transazioni con società iraniane, né transazioni relative agli asseriti pagamenti connessi al petrolio grezzo dell’Iran.

47

A tal riguardo, occorre rilevare che, sia nei suoi scritti difensivi che durante la fase orale del procedimento, il Consiglio non ha presentato elementi concreti o probanti volti a dimostrare la fondatezza dei motivi secondo i quali la ricorrente aiuterebbe entità terze a violare la normativa applicabile oppure sosterrebbe il governo iraniano, fungendo da intermediario per i pagamenti connessi al petrolio dell’Iran. Pertanto, siffatti motivi, la cui fondatezza è contestata dalla ricorrente, non possono giustificare le misure restrittive nei suoi confronti.

48

In secondo luogo, la ricorrente nega di essere detenuta o controllata dall’asserito Sorinet Group. In tale contesto, il Consiglio non avrebbe dimostrato né l’esistenza di detto gruppo né il fatto che lo stesso esercitasse un controllo sulla ricorrente.

49

Il Consiglio replica che dagli elementi allegati al controricorso risulta che, attraverso il Sorinet Group, la ricorrente è controllata dal sig. Babak Zanjani, il quale fornisce sostegno al governo iraniano.

50

Occorre preliminarmente ricordare che, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, si devono congelare i fondi e le risorse economiche appartenenti alle persone ed entità che forniscono sostegno al governo iraniano nonché alle entità di loro proprietà o sotto il loro controllo.

51

Mediante la decisione 2012/829 e mediante il regolamento di esecuzione n. 1264/2012, il nome del sig. Zanjani è stato iscritto nell’elenco che figura all’allegato II della decisione 2010/413 e in quello che figura all’allegato IX del regolamento n. 267/2012, in particolare motivando che egli fornisce sostegno al governo iraniano.

52

La motivazione secondo cui la ricorrente «fa parte del Sorinet Group detenuto e gestito da Babak Zanjani» rinvia alla circostanza che essa è di proprietà di quest’ultimo o si trova sotto il suo controllo, conformemente al criterio ricordato al punto 50 supra.

53

Ciò posto, occorre esaminare gli elementi presentati dal Consiglio al fine di verificare se essi consentano di concludere che la ricorrente era di proprietà del sig. Zanjani o si trovava sotto il suo controllo al momento dell’adozione degli atti impugnati.

54

Per prima cosa, a tal riguardo, da una segnalazione di un’agenzia di stampa tagika risulta che, nel 2011, l’Arzish, società controllante della ricorrente, è stata trasformata in una banca denominata Kont Bank Investment.

55

Per seconda cosa, secondo un estratto del sito Internet della Kont Bank Investment, quest’ultima è detenuta dalla società turca Kont Kozmetik ve Diş Ticaret Limited Şirketi.

56

Per terza cosa, da un estratto del sito Internet della Kont Kozmetik ve Diş Ticaret Limited Şirketi risulta che essa fa parte del Kont Group, che include società attive nei settori del turismo e dei servizi finanziari.

57

Per quarta cosa, l’estratto del sito Internet del Sorinet Group, da un lato, specifica che il sig. Zanjani è a capo di quest’ultimo e, dall’altro, identifica la ricorrente, la sua società controllante, la Kont Bank Investment, nonché altri membri del Kont Group come facenti parte del Sorinet Group.

58

Alla luce di tali circostanze, occorre concludere che gli elementi presentati dal Consiglio attestano, quanto meno, un rapporto di controllo tra il sig. Zanjani e la ricorrente, attraverso la Kont Kozmetik ve Diş Ticaret Limited Şirketi e la Kont Bank Investment.

59

Inoltre, dato che siffatti elementi provengono dai siti Internet di un’agenzia di stampa e delle stesse società interessate, si deve loro riconoscere un sufficiente valore probatorio.

60

La ricorrente sostiene altresì, a tal riguardo, che il Consiglio non ha dimostrato l’esistenza di un’entità denominata Sorinet Group.

61

Tuttavia, occorre constatare che, alla luce degli elementi presentati dal Consiglio, tale denominazione è effettivamente utilizzata pubblicamente per identificare le varie società controllate o detenute dal sig. Zanjani. Del resto, anche supponendo che questa denominazione non corrisponda a una struttura giuridica concreta e precisa, si tratta di una circostanza irrilevante riguardo all’esistenza di un nesso tra il sig. Zanjani e la ricorrente, quale risulta dai punti da 53 a 59 supra.

62

In considerazione di tutto quanto precede, si deve concludere che giustamente il Consiglio ha affermato che la ricorrente era di proprietà del sig. Zanjani o si trovava sotto il suo controllo. Dato che risulta dai punti da 50 a 53 supra che questo motivo era di per sé sufficiente a giustificare le misure restrittive nei confronti della ricorrente, occorre respingere il primo motivo.

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa della ricorrente e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

63

La ricorrente sostiene che il Consiglio ha violato l’obbligo di motivazione, i suoi diritti della difesa e il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

64

In primo luogo, essa precisa che i motivi fatti valere nei suoi confronti sono troppo sintetici per soddisfare l’obbligo di motivazione, cosicché è impossibile stabilire se le misure restrittive che la riguardano siano fondate. In particolare, il Consiglio non ha indicato le situazioni specifiche nelle quali essa avrebbe violato la normativa applicabile o fornito sostegno al governo iraniano, né ha precisato la natura del suo asserito rapporto con il Sorinet Group.

65

In secondo luogo, nonostante le sue esplicite richieste, la ricorrente non avrebbe ottenuto, da parte del Consiglio, prove o documenti atti a fondare le affermazioni nei suoi confronti.

66

In terzo luogo, le citate violazioni implicherebbero altresì una violazione del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

67

Il Consiglio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente, al contempo ammettendo che la domanda di accesso al fascicolo di quest’ultima è in corso di esame.

68

Occorre preliminarmente sottolineare che la censura della ricorrente secondo cui il Consiglio avrebbe violato il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva non è supportata da argomenti specifici, ma si limita a rinviare agli argomenti esposti nell’ambito delle altre censure. Pertanto, non occorre esaminare separatamente la censura vertente su una violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

69

In primo luogo, per quanto riguarda l’obbligo di motivazione, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare un atto pregiudizievole, che costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, persegue lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo l’esercizio del suo controllo sulla legittimità dell’atto stesso (v. sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, Racc., EU:C:2012:718, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

70

La motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni dei provvedimenti adottati e al giudice competente di esercitare il suo controllo (v. sentenza Consiglio/Bamba, cit. al punto 69 supra, EU:C:2012:718, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

71

Dato che la persona interessata non dispone di un diritto di essere sentita prima dell’adozione di una decisione iniziale di congelamento di fondi, il rispetto dell’obbligo di motivazione è tanto più importante in quanto costituisce l’unica garanzia che consente all’interessato, almeno dopo l’adozione di tale decisione, di avvalersi proficuamente dei mezzi di ricorso a sua disposizione per contestare la legittimità di detta decisione (v. sentenza Consiglio/Bamba, cit. al punto 69 supra, EU:C:2012:718, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

72

Pertanto, la motivazione di un atto del Consiglio che impone misure di congelamento di fondi deve identificare i motivi specifici e concreti per cui il Consiglio considera, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che l’interessato debba essere oggetto di una misura siffatta (v. sentenza Consiglio/Bamba, cit. al punto 69 supra, EU:C:2012:718, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

73

Tuttavia, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari o altre persone interessate direttamente e individualmente dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza Consiglio/Bamba, cit. al punto 69 supra, EU:C:2012:718, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

74

In particolare, un atto pregiudizievole è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (v. sentenza Consiglio/Bamba, cit. al punto 69 supra, EU:C:2012:718, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

75

Nel caso di specie, si deve ricordare che, nei confronti della ricorrente, il Consiglio ha esposto la seguente motivazione:

«La First Islamic Investment Bank (FIIB) aiuta entità designate a violare le disposizioni del regolamento UE sull’Iran e fornisce sostegno finanziario al governo dell’Iran. La FIIB fa parte del Sorinet Group detenuto e gestito da Babak Zanjani. È utilizzata per incanalare i pagamenti connessi al petrolio dell’Iran».

76

Va altresì ricordato che al punto 47 supra è stato constatato che i motivi secondo i quali la ricorrente aiuterebbe entità terze a violare la normativa applicabile, sosterrebbe il governo iraniano o fungerebbe da intermediario per i pagamenti connessi al petrolio dell’Iran non possono giustificare le misure restrittive nei suoi confronti. Pertanto, non vi è più luogo a verificare se il Consiglio abbia rispettato l’obbligo di motivazione per quanto concerne tali affermazioni.

77

Per quanto riguarda il motivo riguardante i rapporti tra il sig. Zanjani, la motivazione fornita è sufficiente, dato che il Consiglio ha identificato il gruppo mediante cui la ricorrente dovrebbe essere detenuta o controllata. Infatti, come mostra l’argomentazione della ricorrente esposta nell’ambito del primo motivo, quest’ultima è stata in grado di censurare la fondatezza di detta affermazione, contestando l’esistenza del Sorinet Group e deducendo di essere detenuta da una società tagika. Allo stesso modo, il Tribunale è stato in grado di statuire sulla fondatezza di tale motivo.

78

Di conseguenza, occorre respingere la censura vertente su una violazione dell’obbligo di motivazione nella parte in cui essa riguarda il motivo concernente i collegamenti tra la ricorrente e il sig. Zanjani.

79

In secondo luogo, per quanto riguarda l’accesso al fascicolo, si deve ricordare che, qualora siano state comunicate informazioni sufficientemente precise, che consentano all’entità interessata di far conoscere utilmente il suo punto di vista sugli elementi addotti a suo carico dal Consiglio, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica l’obbligo per tale istituzione di concedere spontaneamente l’accesso ai documenti contenuti nel suo fascicolo. È soltanto su richiesta della parte interessata che il Consiglio è tenuto a dare accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi (v. sentenza del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, Racc., EU:T:2013:397, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

80

A tal riguardo, in assenza di un termine esatto fissato dalla normativa applicabile, occorre considerare che il Consiglio è tenuto a dare accesso ai documenti di cui trattasi entro un termine ragionevole (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, Bank Kargoshaei e a./Consiglio, T‑8/11, EU:T:2013:470, punto 93). Ciò posto, durante l’esame del carattere ragionevole del termine trascorso, occorre tenere conto del fatto che, dato che la persona o l’entità interessata non dispone di un diritto di essere sentita preliminarmente all’iscrizione iniziale del suo nome negli elenchi delle persone ed entità interessate da misure restrittive, l’accesso al fascicolo di cui al punto 79 supra costituisce la prima opportunità per la stessa di prendere conoscenza dei documenti assunti dal Consiglio a sostegno della suddetta iscrizione e, pertanto, riveste un interesse particolare per la sua difesa.

81

Nella fattispecie, la ricorrente ha domandato l’accesso al fascicolo il 25 febbraio 2013.

82

Il Consiglio ha, certamente, allegato al suo controricorso, depositato il 4 giugno 2013, taluni documenti relativi ai rapporti tra la ricorrente e il sig. Zanjani, che sono stati trasmessi alla ricorrente nell’ambito del presente procedimento. Tuttavia, il Consiglio non afferma che la trasmissione di tali documenti costituisce una risposta alla domanda di accesso al fascicolo presentata dalla ricorrente. Allo stesso modo, la lettera del Consiglio del 14 marzo 2014 costituisce una risposta alla richiesta di riesame presentata dalla ricorrente, ma non alla sua domanda di accesso al fascicolo.

83

Di conseguenza, e alla luce della risposta del Consiglio a un quesito orale del Tribunale, si deve considerare che alla data dell’udienza del 10 dicembre 2014, vale a dire oltre 19 mesi dopo la presentazione della domanda di accesso al fascicolo della ricorrente, esso non aveva risposto a detta domanda. In tale contesto, occorre concludere che il Consiglio ha violato i diritti della difesa della ricorrente sotto tale profilo.

84

Per quanto riguarda le conseguenze di siffatta violazione, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, la mancata comunicazione o la comunicazione tardiva di un documento su cui il Consiglio si è basato per adottare o per mantenere le misure restrittive nei confronti di un’entità costituisce una violazione dei diritti della difesa idonea a giustificare l’annullamento degli atti di cui trattasi solo se si dimostra che le misure restrittive interessate non avrebbero potuto essere correttamente adottate o mantenute se avesse dovuto essere escluso come elemento a carico il documento non comunicato [sentenze Bank Melli Iran/Consiglio, cit. al punto 79 supra, EU:T:2013:397, punto 100, e del 6 settembre 2013, Persia International Bank/Consiglio, T‑493/10, Racc. (Per estratto), EU:T:2013:398, punto 85].

85

Nel caso di specie, da un lato, l’adozione della decisione 2012/829 e del regolamento di esecuzione n. 1264/2012 non è suffragata da alcun altro documento comunicato alla ricorrente entro un termine ragionevole successivamente alla loro adozione. Pertanto, il mancato accesso al fascicolo comporta la necessità di annullare la decisione 2012/829 e il regolamento di esecuzione n. 1264/2012.

86

Dall’altro, l’adozione della decisione di mantenimento è stata preceduta dalla comunicazione alla ricorrente dei documenti allegati al controricorso, relativi ai rapporti tra la ricorrente e il sig. Zanjani. Orbene, come risulta dai punti da 48 a 62 sopra, tali documenti dimostrano, in modo giuridicamente valido, la fondatezza di un motivo il quale giustifica, di per sé, le misure restrittive nei confronti della ricorrente.

87

Pertanto, la violazione del diritto di accesso al fascicolo della ricorrente non giustifica l’annullamento della decisione di mantenimento.

88

In considerazione di tutto quanto precede, il secondo motivo deve essere accolto nella parte in cui riguarda la decisione 2012/829 e il regolamento di esecuzione n. 1264/2012 e deve essere respinto nella parte in cui riguarda la decisione di mantenimento.

Sul terzo motivo, vertente su una violazione del principio di proporzionalità

89

La ricorrente ritiene che le misure restrittive nei suoi confronti violino il principio di proporzionalità. In primo luogo, essa invoca, a tale riguardo, la sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc., EU:C:2008:461), dalla quale risulterebbe che una violazione di tale principio consegue alla violazione dei suoi diritti procedurali, quale denunciata nell’ambito del secondo motivo.

90

In secondo luogo, le misure restrittive avrebbero un impatto significativo sulle attività e sulla reputazione della ricorrente, in quanto le impediscono di esercitare un’attività economica, arrecandole un danno. Orbene, siffatte conseguenze sarebbero sproporzionate, poiché le misure in discussione sono prive di un nesso razionale con l’obiettivo perseguito dal Consiglio, non avendo quest’ultimo identificato, né dimostrato, una qualsivoglia attività censurabile alla quale la stessa avrebbe partecipato.

91

Il Consiglio contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

92

In via preliminare, occorre rilevare che, poiché la decisione 2012/829 e il regolamento di esecuzione n. 1264/2012 sono stati annullati nell’ambito del secondo motivo, il presente motivo va esaminato soltanto nella parte in cui riguarda la decisione di mantenimento.

93

Sotto tale profilo, per quanto concerne il primo argomento della ricorrente, dai punti 84, 86 e 87 supra risulta che la violazione del diritto di accesso al fascicolo riscontrata dal Tribunale non giustifica l’annullamento della decisione di mantenimento. Ciò posto, la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui la violazione dei suoi diritti procedurali comporterebbe una violazione del principio di proporzionalità, non può neanch’essa condurre all’annullamento della suddetta decisione.

94

In merito al secondo argomento della ricorrente, va ricordato che, in forza del principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, la legittimità del divieto di un’attività economica è subordinata alla condizione che le misure di divieto siano adeguate e necessarie al conseguimento degli obiettivi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 79 supra, EU:T:2013:397, punto 179 e giurisprudenza ivi citata).

95

Nel caso di specie, da un lato, dall’analisi svolta ai punti da 48 a 62 supra risulta che giustamente il Consiglio ha concluso che la ricorrente era un’entità controllata dal sig. Zanjani, il quale a sua volta era stato riconosciuto come una persona che forniva sostegno al governo iraniano. Pertanto, l’adozione delle misure restrittive nei confronti della ricorrente risponde all’obiettivo perseguito dal Consiglio, segnatamente quello di privare il governo iraniano delle sue fonti di reddito al fine di costringerlo ad arrestare lo sviluppo del suo programma di proliferazione nucleare, in mancanza di risorse finanziarie sufficienti.

96

Dall’altro, sebbene la ricorrente affermi che le misure hanno un impatto significativo sulle sue attività e sulla sua reputazione, in quanto le impediscono di esercitare un’attività economica, essa non ha prodotto elementi concreti relativi alle restrizioni o ai danni che avrebbe concretamente subito. La sussistenza di un danno sostanziale è addirittura improbabile, dato che l’azionista unico della ricorrente è una società tagika e che, secondo quanto dalla stessa dichiarato, essa è focalizzata su progetti di investimento in Malesia.

97

In ogni caso, non si può escludere che il diritto di proprietà della ricorrente e la sua libertà di esercitare un’attività economica siano in una certa misura compressi dalle misure restrittive in discussione, poiché essa non può, in particolare, disporre dei suoi fondi eventualmente ubicati nel territorio dell’Unione o detenuti da suoi cittadini, né trasferire i suoi fondi verso l’Unione, a meno di autorizzazioni particolari. Allo stesso modo, le misure restrittive riguardanti la ricorrente possono, all’occorrenza, suscitare una certa sfiducia dei suoi clienti e dei suoi partner commerciali.

98

Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza che i diritti fondamentali invocati dalla ricorrente, segnatamente il diritto di proprietà e il diritto di esercitare un’attività economica, non sono prerogative assolute e il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Infatti, qualsiasi misura restrittiva economica o finanziaria comporta, per definizione, conseguenze negative sui diritti di proprietà e sul libero esercizio delle attività professionali, con danni per soggetti di cui non è stata dimostrata la responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle misure di cui trattasi. L’importanza degli obiettivi perseguiti dalla normativa controversa è tale da giustificare eventuali conseguenze negative, anche ingenti, per taluni operatori (v. sentenza del 9 luglio 2009, Melli Bank/Consiglio, T‑246/08 e T‑332/08, Racc., EU:T:2009:266, punto 111 e giurisprudenza ivi citata).

99

Nel caso di specie, data l’importanza fondamentale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, gli inconvenienti provocati alla ricorrente non sono sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti. Ciò è vero a maggior ragione in quanto, da un lato, siffatte restrizioni riguardano, al più, solo una parte degli attivi della ricorrente e, dall’altro, la decisione 2010/413 e il regolamento n. 267/2012 prevedono talune deroghe per consentire alle entità interessate da misure di congelamento di capitali di far fronte alle spese essenziali.

100

Ciò premesso, occorre respingere il terzo motivo.

101

In considerazione di tutto quanto precede, occorre, da un lato, annullare la decisione 2012/829 e il regolamento di esecuzione n. 1264/2012 e, dall’altro, respingere il ricorso nella parte in cui esso è rivolto contro la decisione di mantenimento.

102

Si deve peraltro rilevare che la decisione di mantenimento non è un mero atto confermativo, ma costituisce una decisione autonoma, adottata dal Consiglio all’esito del riesame periodico previsto all’articolo 26, paragrafo 3, della decisione 2010/413 e all’articolo 46, paragrafo 6, del regolamento n. 267/2012. Di conseguenza, se è vero che l’annullamento della decisione 2012/829 e del regolamento di esecuzione n. 1264/2012 comporta l’annullamento dell’iscrizione del nome della ricorrente nell’elenco che figura all’allegato II della decisione 2010/413 e in quello che figura all’allegato IX del regolamento n. 267/2012 relativamente al periodo anteriore all’adozione della decisione di mantenimento, detto annullamento non è, invece, idoneo a mettere in discussione la legittimità della medesima iscrizione relativamente al periodo successivo a detta adozione.

Sulle spese

103

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte. Nelle circostanze del caso di specie, occorre stabilire che ciascuna parte sopporterà la metà delle proprie spese nonché la metà di quelle sostenute dall’altra parte.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Sono annullati, nella parte in cui riguardano la First Islamic Investment Bank Ltd:

il punto I dell’allegato della decisione 2012/829/PESC del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

il punto I dell’allegato del regolamento di esecuzione (UE) n. 1264/2012 del Consiglio, del 21 dicembre 2012, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran.

 

2)

Il ricorso è respinto quanto al resto.

 

3)

La First Islamic Investment Bank sopporterà la metà delle proprie spese nonché la metà delle spese sostenute dal Consiglio dell’Unione europea. Il Consiglio sopporterà la metà delle proprie spese nonché la metà delle spese sostenute dalla First Islamic Investment Bank.

 

Kanninen

Pelikánová

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 settembre 2015.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.