SENTENZA DELLA CORTE (Seduta Plenaria)
16 febbraio 2022 ( *1 )
Indice
I. Contesto normativo |
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A. Regolamento (CE) n. 1049/2001 |
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B. Regolamento interno del Consiglio |
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C. Linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio |
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D. Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 |
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E. Regolamento finanziario |
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II. Regolamento impugnato |
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III. Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte |
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IV. Sulla domanda di non prendere in considerazione alcuni passaggi del ricorso della Repubblica di Polonia |
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A. Argomenti delle parti |
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B. Giudizio della Corte |
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V. Sul ricorso |
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A. Sui motivi di ricorso primo, secondo, quinto, sesto e undicesimo, vertenti sull’incompetenza dell’Unione ad adottare il regolamento impugnato |
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1. Argomenti delle parti |
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2. Giudizio della Corte |
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a) Sulla base giuridica del regolamento impugnato |
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b) Sull’elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE |
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B. Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del protocollo n. 2 |
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1. Argomenti delle parti |
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2. Giudizio della Corte |
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C. Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE |
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1. Argomenti delle parti |
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2. Giudizio della Corte |
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D. Sul settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 4, paragrafo 2, seconda frase, e dell’articolo 5, paragrafo 2, TUE |
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1. Argomenti delle parti |
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2. Giudizio della Corte |
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E. Sull’ottavo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e sul mancato rispetto della loro identità nazionale, previsti all’articolo 4, paragrafo 2, prima frase, TUE |
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1. Argomenti delle parti |
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2. Giudizio della Corte |
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F. Sul nono motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto |
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1. Argomenti delle parti |
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2. Giudizio della Corte |
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G. Sul decimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità |
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1. Argomenti delle parti |
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2. Giudizio della Corte |
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Sulle spese |
«Ricorso di annullamento – Regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 – Regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione europea – Protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri – Base giuridica – Articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE – Articolo 311 TFUE – Articolo 312 TFUE – Asserita elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE – Asserite violazioni dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 5, paragrafo 2, dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE, dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, del protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità nonché dei principi di attribuzione, della certezza del diritto, di proporzionalità e dell’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati – Allegazione di sviamento di potere»
Nella causa C‑157/21,
avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto l’11 marzo 2021,
Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna e S. Żyrek, in qualità di agenti,
ricorrente,
sostenuta da:
Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e M.M. Tátrai, in qualità di agenti,
interveniente,
contro
Parlamento europeo, rappresentato da R. Crowe, F. Drexler, U. Rösslein, T. Lukácsi e A. Pospíšilová Padowska, in qualità di agenti,
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. de Gregorio Merino, E. Rebasti, A. Tamás e A. Sikora‑Kalėda, in qualità di agenti,
convenuti
sostenuti da:
Regno del Belgio, rappresentato da M. Jacobs, C. Pochet e L. Van den Broeck, in qualità di agenti;
Regno di Danimarca, rappresentato inizialmente da M. Søndahl Wolff e J. Nymann‑Lindegren, e successivamente da M. Søndahl Wolff e V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agenti;
Repubblica federale di Germania, rappresentata da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;
Irlanda, rappresentata da M. Browne, J. Quaney e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da D. Fennelly, BL;
Regno di Spagna, rappresentato inizialmente da J. Rodríguez de la Rúa Puig e S. Centeno Huerta, e successivamente da J. Rodríguez de la Rúa Puig e A. Gavela Llopis, in qualità di agenti;
Repubblica francese, rappresentata da A.‑L. Desjonquères, A.‑C. Drouant ed E. Leclerc, in qualità di agenti;
Granducato di Lussemburgo, rappresentato inizialmente da A. Germeaux e T. Uri, e successivamente da A. Germeaux, in qualità di agenti;
Regno dei Paesi Bassi, rappresentato da M.K. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;
Repubblica di Finlandia, rappresentata da H. Leppo e S. Hartikainen, in qualità di agenti;
Regno di Svezia, rappresentato da O. Simonsson, J. Lundberg, C. Meyer‑Seitz, A. Runeskjöld, H. Shev, M. Salborn Hodgson, H. Eklinder e R. Shahsavan Eriksson, in qualità di agenti;
Commissione europea, rappresentata da D. Calleja Crespo, J.‑P. Keppenne, J. Baquero Cruz e K. Herrmann, in qualità di agenti,
intervenienti,
LA CORTE (Seduta Plenaria),
composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev (relatore), A. Prechal, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, S. Rodin, I. Jarukaitis, N. Jääskinen, I. Ziemele e J. Passer, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.‑C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, N. Piçarra, L.S. Rossi, A. Kumin, N. Wahl, D. Gratsias, M.L. Arastey Sahún, M. Gavalec e Z. Csehi, giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez‑Bordona
cancellieri: M. Aleksejev, capo unità, e I. Illéssy, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 e del 12 ottobre 2021,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 dicembre 2021,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con il suo ricorso, la Repubblica di Polonia chiede alla Corte di annullare il regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione (GU 2020, L 433I, pag. 1, e rettifica in GU 2021, L 373, pag. 94; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). |
I. Contesto normativo
A. Regolamento (CE) n. 1049/2001
2 |
L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), al paragrafo 1 prevede quanto segue: «Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento». |
3 |
Ai sensi dell’articolo 4 di tale regolamento: «(...) 2. Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue: (...)
(...) a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. 3. L’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. L’accesso a un documento contenente riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata, viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, qualora la divulgazione del documento pregiudicherebbe seriamente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione. (...) 5. Uno Stato membro può chiedere all’istituzione di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo. 6. Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate. 7. Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. (...)». |
4 |
L’articolo 5 del medesimo regolamento così dispone: «Qualora uno Stato membro riceva una domanda di accesso a un documento in suo possesso, che provenga da un’istituzione, e non sia chiaro se il documento debba o non debba essere divulgato, lo Stato membro consulta l’istituzione in questione onde adottare una decisione che non metta in pericolo gli obiettivi del presente regolamento. In alternativa, lo Stato membro può deferire all’istituzione la domanda di accesso». |
B. Regolamento interno del Consiglio
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Il 1o dicembre 2009, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2009/937/UE, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU 2009, L 325, pag. 35). L’articolo 6 di tale regolamento interno (in prosieguo: il «regolamento interno del Consiglio»), intitolato «Segreto professionale e produzione in giustizia dei documenti», al paragrafo 2 prevede quanto segue: «Il Consiglio o il [Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri (Coreper)] possono autorizzare la produzione in giustizia di una copia o di un estratto dei documenti del Consiglio che non sono già stati resi accessibili al pubblico in conformità delle disposizioni in materia di accesso del pubblico ai documenti». |
6 |
Ai sensi dell’articolo 10 di detto regolamento interno, intitolato «Accesso del pubblico ai documenti del Consiglio»: «Le disposizioni specifiche riguardanti l’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio figurano nell’allegato II». |
7 |
L’allegato II dello stesso regolamento interno, intitolato «Disposizioni specifiche riguardanti l’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio», contiene un articolo 5, relativo alle «[d]omande deferite dagli Stati membri», il quale così recita: «Una domanda che sia deferita al Consiglio da uno Stato membro è trattata in conformità degli articoli 7 e 8 del [regolamento n. 1049/2001] e delle pertinenti disposizioni del presente allegato. In caso di rifiuto di accesso totale o parziale, si informa il richiedente che qualsiasi domanda di conferma deve essere indirizzata direttamente al Consiglio». |
C. Linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio
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Con nota 7695/18, del 10 aprile 2018, il Consiglio ha approvato le linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio. I punti 1, 2, 20 e 21 di tali linee guida sono del seguente tenore:
(...)
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D. Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013
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L’articolo 2, punto 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), definisce, ai fini di quest’ultimo, gli «interessi finanziari dell’Unione» come «entrate, spese e beni coperti dal bilancio dell’Unione europea, nonché quelli coperti dai bilanci delle istituzioni, degli organi e degli organismi e i bilanci da essi gestiti e controllati». |
E. Regolamento finanziario
10 |
Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»), intitolato «Definizioni»: «Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: (...)
(...)
(...)
(...)
(...)». |
11 |
L’articolo 56 di tale regolamento, intitolato «Esecuzione del bilancio in conformità del principio della sana gestione finanziaria», prevede quanto segue: «1. La Commissione esegue il bilancio in entrate e in spese conformemente al presente regolamento, sotto la propria responsabilità ed entro i limiti degli stanziamenti autorizzati. 2. Gli Stati membri cooperano con la Commissione affinché gli stanziamenti siano utilizzati secondo il principio della sana gestione finanziaria». |
12 |
L’articolo 62 di detto regolamento, intitolato «Metodi di esecuzione del bilancio», al paragrafo 1, primo comma, così dispone: «La Commissione esegue il bilancio secondo uno dei metodi seguenti:
(...)». |
13 |
L’articolo 63 del medesimo regolamento, intitolato «Gestione concorrente con gli Stati membri», al paragrafo 2 stabilisce quanto segue: «Nell’espletare le funzioni connesse all’esecuzione del bilancio, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie, comprese misure legislative, regolamentari e amministrative, per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, vale a dire:
Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, nel rispetto del principio di proporzionalità e in conformità del presente articolo, nonché della normativa settoriale pertinente, gli Stati membri effettuano controlli ex ante ed ex post, comprese, se opportuno, verifiche sul posto su campioni di operazioni rappresentativi e/o basati sul rischio. Essi recuperano inoltre i fondi versati indebitamente e, se necessario, avviano azioni legali a tale riguardo. Gli Stati membri irrogano sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive ai destinatari ove previsto dalla normativa settoriale o da disposizioni specifiche del diritto nazionale. Nell’ambito della sua valutazione del rischio e in conformità della normativa settoriale, la Commissione sorveglia i sistemi di gestione e di controllo istituiti negli Stati membri. Nell’ambito della sua attività di audit, la Commissione rispetta il principio di proporzionalità e tiene conto del livello di rischio valutato in conformità della normativa settoriale». |
14 |
L’articolo 135 del regolamento finanziario, intitolato «Tutela degli interessi finanziari dell’Unione attraverso l’individuazione dei rischi, l’esclusione e l’irrogazione di sanzioni pecuniarie», così dispone: «1. Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione istituisce e gestisce un sistema di individuazione precoce e di esclusione. Tale sistema mira a facilitare:
(...) 3. La decisione di registrare le informazioni relative a un’individuazione precoce dei rischi di cui al paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del presente articolo, di escludere persone o entità di cui al paragrafo 2 e/o di irrogare una sanzione pecuniaria nei confronti di un destinatario è adottata dall’ordinatore responsabile. Le informazioni relative a tali decisioni sono registrate nella banca dati di cui all’articolo 142, paragrafo 1. Se tali decisioni sono adottate a norma dell’articolo 136, paragrafo 4, le informazioni registrate nella banca dati comprendono anche le informazioni relative alle persone di cui al detto paragrafo. 4. La decisione di escludere persone o entità di cui al paragrafo 2 del presente articolo o di irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti di un destinatario si basa su una sentenza definitiva o, nelle situazioni che danno luogo a esclusione di cui all’articolo 136, paragrafo 1, su una decisione amministrativa definitiva, oppure su una qualificazione giuridica preliminare da parte del comitato di cui all’articolo 143, nelle situazioni di cui all’articolo 136, paragrafo 2, al fine di garantire una valutazione centralizzata di dette situazioni. Nei casi di cui all’articolo 141, paragrafo 1, l’ordinatore responsabile dispone il rigetto di un partecipante nell’ambito di una determinata procedura di aggiudicazione o di attribuzione. Fatto salvo l’articolo 136, paragrafo 5, l’ordinatore responsabile può adottare una decisione di esclusione di un partecipante o destinatario e/o di irrogazione di una sanzione pecuniaria nei confronti di un destinatario e una decisione di pubblicare le relative informazioni, sulla base di una qualificazione giuridica preliminare di cui all’articolo 136, paragrafo 2, solo dopo aver ottenuto una raccomandazione dal comitato di cui all’articolo 143». |
II. Regolamento impugnato
15 |
Dai visti del regolamento impugnato risulta che esso è stato adottato sulla base del «[T]rattato [FUE], in particolare [dell’]articolo 322, paragrafo 1, lettera a),» e del «[T]rattato [CEEA], in particolare [dell’]articolo 106 bis». |
16 |
I considerando 2, 3, da 5 a 10, da 12 a 19 e 26 del regolamento impugnato così recitano:
(...)
(...)
(...)
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17 |
L’articolo 1 del regolamento impugnato così dispone: «Il presente regolamento stabilisce le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri». |
18 |
Ai sensi dell’articolo 2 di tale regolamento: «Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
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19 |
L’articolo 3 del regolamento impugnato, intitolato «Violazioni dei principi dello Stato di diritto», prevede quanto segue: «Ai fini del presente regolamento, possono essere indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto:
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20 |
L’articolo 4 del medesimo regolamento, intitolato «Condizioni per l’adozione di misure», così recita «1. Sono adottate opportune misure qualora siano accertate, ai sensi dell’articolo 6, violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. 2. Ai fini del presente regolamento, una violazione dei principi dello Stato di diritto interessa uno o più dei seguenti aspetti:
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21 |
L’articolo 5 del regolamento succitato, intitolato «Misure di protezione del bilancio dell’Unione», ai paragrafi da 1 a 4 prevede quanto segue: «1. Purché siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 4 del presente regolamento, possono essere adottate una o più delle seguenti opportune misure secondo la procedura di cui all’articolo 6 del presente regolamento:
2. Salvo se altrimenti disposto nella decisione che adotta le misure, l’imposizione di opportune misure non pregiudica gli obblighi per i soggetti pubblici di cui al paragrafo 1, lettera a), o per gli Stati membri di cui al paragrafo 1, lettera b), di attuare il programma o il fondo interessati dalla misura e, in particolare, i loro obblighi nei confronti dei destinatari finali o dei beneficiari, compreso l’obbligo di effettuare i pagamenti a norma del presente regolamento e della normativa settoriale o finanziaria applicabile. Nell’esecuzione dei fondi dell’Unione in regime di gestione concorrente, gli Stati membri interessati dalle misure adottate a norma del presente regolamento riferiscono alla Commissione in merito al rispetto di tali obblighi ogni tre mesi a decorrere dall’adozione di tali misure. La Commissione verifica se è stato rispettato il diritto applicabile e, se necessario, adotta tutte le opportune misure per proteggere il bilancio dell’Unione, in conformità della normativa settoriale e finanziaria. 3. Le misure adottate sono proporzionate. Esse sono determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. La natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sono tenute in debita considerazione. Le misure riguardano, per quanto possibile, le azioni dell’Unione interessate dalle violazioni. 4. La Commissione fornisce informazioni e orientamenti a beneficio dei destinatari finali o dei beneficiari circa gli obblighi degli Stati membri di cui al paragrafo 2 attraverso un sito web o un portale internet. La Commissione fornisce altresì su detto sito web o portale internet gli strumenti adeguati per consentire ai destinatari finali o ai beneficiari di informare la Commissione in merito a qualsiasi violazione di tali obblighi che, secondo detti destinatari finali o beneficiari, li riguarda direttamente. Il presente paragrafo si applica in modo da garantire la protezione delle persone che segnalano le violazioni del diritto dell’Unione, in linea con i principi stabiliti dalla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU 2019, L 305, pag. 17)]. Le informazioni fornite dai destinatari finali o dai beneficiari in conformità del presente paragrafo sono corredate della prova che il destinatario o beneficiario finale interessato ha presentato una denuncia formale alla pertinente autorità dello Stato membro interessato». |
22 |
Ai sensi dell’articolo 6 dello stesso regolamento, intitolato «Procedura»: «1. Se conclude che vi sono motivi fondati per ritenere che le condizioni di cui all’articolo 4 siano soddisfatte, la Commissione, a meno che non ritenga che altre procedure previste dalla legislazione dell’Unione le consentano di proteggere più efficacemente il bilancio dell’Unione, trasmette allo Stato membro interessato una notifica scritta in cui espone gli elementi di fatto e i motivi specifici sui quali ha fondato la propria conclusione. La Commissione informa senza ritardo il Parlamento europeo e il Consiglio di tale notifica e del contenuto della stessa. 2. Alla luce delle informazioni ricevute a norma del paragrafo 1, il Parlamento europeo può invitare la Commissione a un dialogo strutturato sulle sue conclusioni. 3. Nel valutare se le condizioni di cui all’articolo 4 sono soddisfatte, la Commissione tiene conto delle pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili, comprese le decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e altri enti riconosciuti. 4. La Commissione può richiedere tutte le informazioni supplementari che ritiene necessarie per effettuare la valutazione di cui al paragrafo 3, sia prima sia dopo aver trasmesso la notifica scritta di cui al paragrafo 1. 5. Lo Stato membro interessato fornisce le informazioni necessarie e può formulare osservazioni sulle conclusioni contenute nella notifica di cui al paragrafo 1 entro un termine stabilito dalla Commissione, che dev’essere di almeno un mese e non superiore a tre mesi dalla data di notifica delle conclusioni. Nelle sue osservazioni lo Stato membro può proporre l’adozione di misure correttive per tener conto delle conclusioni che figurano nella notifica della Commissione. 6. Al momento di decidere se presentare una proposta di una decisione di esecuzione sulle opportune misure, la Commissione tiene conto delle informazioni ricevute e delle eventuali osservazioni formulate dallo Stato membro interessato, nonché dell’adeguatezza delle misure correttive proposte. La Commissione effettua la sua valutazione entro un termine indicativo di un mese a decorrere dal ricevimento di qualsiasi informazione da parte dello Stato membro interessato o delle sue osservazioni oppure, qualora non riceva informazioni o osservazioni, dalla scadenza del termine fissato conformemente al paragrafo 5 e, in ogni caso, entro un termine ragionevole. 7. Qualora la Commissione intenda formulare una proposta ai sensi del paragrafo 9, prima di farlo offre allo Stato membro la possibilità di presentare le proprie osservazioni, in particolare sulla proporzionalità delle misure previste, entro un mese. 8. Nel valutare la proporzionalità delle misure da imporre la Commissione tiene conto delle informazioni e degli orientamenti di cui al paragrafo 3. 9. Se la Commissione ritiene che le condizioni di cui all’articolo 4 siano soddisfatte e che le eventuali misure correttive proposte dallo Stato membro ai sensi del paragrafo 5 non tengano adeguatamente conto delle conclusioni contenute nella sua notifica, essa presenta al Consiglio una proposta di una decisione di esecuzione sulle opportune misure entro un mese dal ricevimento delle osservazioni dello Stato membro o, in assenza di osservazioni, senza indebito ritardo e in ogni caso entro un mese dal termine stabilito al paragrafo 7. La proposta espone i motivi specifici e gli elementi di prova su cui la Commissione ha fondato la propria conclusione. 10. Il Consiglio adotta la decisione di esecuzione di cui al paragrafo 9 del presente articolo entro un mese dal ricevimento della proposta della Commissione. Se si verificano circostanze eccezionali, il periodo per l’adozione di tale decisione di esecuzione può essere prorogato di due mesi al massimo. Al fine di garantire una decisione tempestiva, la Commissione esercita, qualora lo ritenga opportuno, i suoi diritti a norma dell’articolo 237 TFUE. 11. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può modificare la proposta della Commissione e adottare il testo modificato mediante una decisione di esecuzione». |
23 |
L’articolo 7 del regolamento impugnato, intitolato «Revoca delle misure», ai paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue: «1. In qualsiasi momento lo Stato membro interessato può adottare nuove misure correttive e presentare alla Commissione una notifica scritta comprensiva di elementi di prova per dimostrare che le condizioni di cui all’articolo 4 non sono più soddisfatte. 2. Su richiesta dello Stato membro interessato o di propria iniziativa e al più tardi un anno dopo l’adozione delle misure da parte del Consiglio, la Commissione riesamina la situazione nello Stato membro interessato, tenendo conto di tutti gli elementi di prova presentati dallo Stato membro interessato, nonché dell’adeguatezza delle eventuali nuove misure correttive adottate dallo Stato membro interessato. Se ritiene che le condizioni di cui all’articolo 4 non siano più soddisfatte, la Commissione presenta al Consiglio una proposta di decisione di esecuzione relativa alla revoca delle misure adottate. Se ritiene che la situazione che ha portato all’adozione delle misure sia stata parzialmente risolta, la Commissione presenta al Consiglio una proposta di decisione di esecuzione relativa all’adeguamento delle misure adottate. Se ritiene che la situazione che ha portato all’adozione delle misure non sia stata risolta, la Commissione indirizza allo Stato membro interessato una decisione motivata e ne informa il Consiglio. Quando lo Stato membro interessato presenta una notifica scritta ai sensi del paragrafo 1, la Commissione presenta la sua proposta o adotta la sua decisione entro un mese dal ricevimento di tale notifica. Tale periodo può essere prorogato in circostanze debitamente giustificate, nel qual caso la Commissione informa senza ritardo lo Stato membro interessato dei motivi della proroga. Si applica per analogia la procedura di cui all’articolo 6, paragrafi 3, 4, 5, 6, 9, 10 e 11, a seconda dei casi». |
III. Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte
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La Repubblica di Polonia chiede alla Corte di annullare il regolamento impugnato e di condannare il Parlamento e il Consiglio alle spese. |
25 |
Il Parlamento e il Consiglio chiedono alla Corte di respingere il ricorso e di condannare la Repubblica di Polonia alle spese. |
26 |
Con istanza del 12 maggio 2021, il Parlamento ha chiesto che la presente causa fosse trattata con procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 133 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno di tale istanza, il Parlamento ha sostenuto che l’adozione del regolamento impugnato costituiva una condizione politica essenziale per la sua approvazione del regolamento (UE, Euratom) 2020/2093 del Consiglio, del 17 dicembre 2020, che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021‑2027 (GU 2020, L 433I, pag. 11; in prosieguo: il «quadro finanziario pluriennale 2021‑2027») e che, data l’emergenza economica, i fondi disponibili nell’ambito del piano per la ripresa COVID‑19 intitolato «Next Generation EU» dovranno essere messi a disposizione degli Stati membri entro termini estremamente brevi. Esso ha precisato al riguardo, in particolare, che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento 2020/2094, almeno il 60% degli impegni giuridici dovrà essere contratto entro il 31 dicembre 2022 e che la totalità degli impegni giuridici dovrà esserlo entro il 31 dicembre 2023. Inoltre, il Parlamento ha sottolineato che, a seguito dell’entrata in vigore della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom (GU 2020, L 424, pag. 1), la Commissione lancerà dall’estate 2022 i suoi prestiti sui mercati dei capitali per finanziare il succitato piano per la ripresa. Secondo il Parlamento, il prestito e la messa a disposizione di fondi estremamente ingenti, in termini molto brevi, comporteranno inevitabilmente rischi per il bilancio dell’Unione che il regolamento impugnato mira a proteggere. Una simile protezione sarebbe importante, in quanto l’incapacità di proteggere efficacemente tale bilancio rischierebbe di comportare ripercussioni negative, in particolare per la solidarietà all’interno dell’Unione a lungo termine. |
27 |
L’articolo 133, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su istanza del ricorrente o del convenuto, il presidente della Corte può decidere, sentiti la controparte, il giudice relatore e l’avvocato generale, di trattare una causa con procedimento accelerato quando la natura della controversia impone un suo rapido trattamento. |
28 |
Nel caso di specie, il 9 giugno 2021, il presidente della Corte ha deciso, sentiti le controparti, il giudice relatore e l’avvocato generale, di accogliere tale istanza. Tale decisione è stata motivata dall’importanza fondamentale della presente causa per l’ordinamento giuridico dell’Unione, in particolare in quanto essa riguarda le competenze dell’Unione a difendere il proprio bilancio e i propri interessi finanziari da pregiudizi che possono derivare da violazioni dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE. |
29 |
Con decisione del presidente della Corte del 25 giugno 2021, il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione sono stati autorizzati a intervenire a sostegno delle conclusioni del Parlamento e del Consiglio. |
30 |
Con decisione del presidente della Corte dello stesso giorno, l’Ungheria è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia. |
31 |
Con istanza dell’11 maggio 2021, il Consiglio ha chiesto alla Corte di non prendere in considerazione i passaggi del ricorso della Repubblica di Polonia e degli allegati del medesimo che fanno riferimento al parere n. 13593/18 del suo servizio giuridico, del 25 ottobre 2018, concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri [(COM/2018) 324 final], all’origine del regolamento impugnato (in prosieguo: il «parere giuridico n. 13593/18»), o che riproducono il contenuto o il ragionamento di tale parere giuridico. Il 29 giugno 2021, la Corte ha deciso di rinviare l’esame di tale domanda al giudizio di merito. |
32 |
Il 7 settembre 2021, ritenendo che la presente causa rivesta un’importanza eccezionale, la Corte ha deciso, sentito l’avvocato generale, di rinviare la causa alla seduta plenaria, conformemente all’articolo 16, ultimo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. |
IV. Sulla domanda di non prendere in considerazione alcuni passaggi del ricorso della Repubblica di Polonia
A. Argomenti delle parti
33 |
A sostegno della sua domanda diretta a che non vengano presi in considerazione i punti 53, 75, 126, 133 e 139 del ricorso della Repubblica di Polonia, nella parte in cui essi fanno riferimento al parere giuridico n. 13593/18, ne riproducono il contenuto o ne riflettono l’analisi, il Consiglio afferma che tale parere giuridico costituisce un documento interno non classificato recante il contrassegno «LIMITE». Pertanto, esso sarebbe coperto dal segreto professionale e la sua produzione in giustizia sarebbe subordinata alle condizioni previste segnatamente all’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio nonché ai punti 20 e 21 delle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio. |
34 |
A norma dell’articolo 6, paragrafo 2, di tale regolamento interno, solo il Consiglio o il Coreper possono autorizzare la produzione in giustizia di una copia o di un estratto dei documenti del Consiglio che non sono già stati resi accessibili al pubblico in conformità delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di accesso del pubblico ai documenti. Inoltre, conformemente ai punti 20 e 21 di tali linee guida, un documento «LIMITE» non deve essere reso pubblico a meno che una decisione in tal senso non sia stata presa da un funzionario del Consiglio debitamente autorizzato, dall’amministrazione nazionale di uno Stato membro, previa consultazione del SGC, o, se del caso, dal Consiglio, conformemente al regolamento n. 1049/2001 e al regolamento interno del Consiglio. |
35 |
Orbene, nel caso di specie, ad oggi, il Consiglio avrebbe reso pubblici, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, solo i primi otto punti del parere giuridico n. 13593/18 e non avrebbe autorizzato la Repubblica di Polonia a produrlo nell’ambito del presente procedimento giurisdizionale. |
36 |
Secondo una giurisprudenza costante della Corte e del Tribunale, sarebbe contrario all’interesse pubblico, secondo il quale le istituzioni devono poter fruire dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, ammettere che la produzione di simili documenti interni possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi alla Corte senza che detta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o ordinata da tale giudice. |
37 |
Il Consiglio evidenzia che, se esso ha consentito solo parzialmente l’accesso al parere giuridico n. 13593/18 in seguito a domande fondate sul regolamento n. 1049/2001, ciò è dovuto, in particolare, al rischio che, nell’ambito di una controversia vertente sulla validità del regolamento impugnato, un ricorrente possa confrontarlo con gli argomenti espressi dal suo stesso servizio giuridico in detto parere giuridico, in violazione dei requisiti di un processo equo e della parità delle armi tra le parti di un procedimento giurisdizionale. Del resto, tali rischi si sarebbero concretizzati con la presentazione del ricorso in esame. |
38 |
Oltretutto, secondo il Consiglio, la Repubblica di Polonia ha sempre votato, sulla base di tali argomenti, a favore delle decisioni di diniego di accesso del pubblico al parere giuridico n. 13593/18. Se tale Stato membro avesse auspicato che tale parere giuridico fosse reso pubblico, esso avrebbe dovuto presentare una domanda in tal senso ai sensi del regolamento n. 1049/2001 o chiedere un’autorizzazione conformemente al regolamento interno del Consiglio e alle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio. |
39 |
Il Consiglio sostiene che, se la Repubblica di Polonia fosse autorizzata ad avvalersi del parere giuridico n. 13593/18 nella presente causa, sebbene essa non abbia seguito la procedura prevista a tal fine e la questione non sia stata sottoposta a un controllo giurisdizionale effettivo, le procedure previste dal regolamento n. 1049/2001 e dal regolamento interno del Consiglio risulterebbero eluse. Esso richiama a tale proposito la costante giurisprudenza della Corte che accoglie le domande delle istituzioni volte a ottenere il ritiro dei loro documenti interni dal fascicolo di cui dispone la Corte quando esse non ne hanno autorizzato la produzione in giudizio, e ritiene che ne consegua che il parere giuridico n. 13593/18 non possa essere utilizzato nella presente causa. |
40 |
Inoltre, il Consiglio sostiene che, se fosse ammessa la produzione del parere giuridico n. 13593/18 nel presente procedimento, esso si vedrebbe costretto a effettuare valutazioni dinanzi al giudice dell’Unione su un parere destinato a un uso interno e reso dal suo stesso servizio giuridico nell’ambito dell’elaborazione del regolamento impugnato, il che violerebbe i requisiti di un processo equo e pregiudicherebbe la possibilità per il Consiglio di ricevere pareri franchi, obiettivi e completi. |
41 |
Infine, secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che il parere giuridico n. 13593/18 sia stato divulgato senza autorizzazione del Consiglio sul sito Internet di un organo di stampa e che il suo contenuto sia stato così rivelato al pubblico sarebbe irrilevante ai fini di tali considerazioni. In più, il pregiudizio causato al Consiglio e alle istituzioni dell’Unione derivante dall’uso non autorizzato di tale parere giuridico nell’ambito del presente procedimento sarebbe di gran lunga maggiore rispetto a quello causato dalla pubblicazione di detto avviso giuridico sulla stampa. Infatti, consentire alla Repubblica di Polonia di basarsi sullo stesso parere giuridico minaccerebbe l’interesse pubblico consistente nel fatto che le istituzioni possano beneficiare dei pareri dei loro servizi giuridici in piena indipendenza e vanificherebbe l’efficacia delle procedure volte alla tutela di tale interesse. |
42 |
La Repubblica di Polonia contesta gli argomenti del Consiglio. |
B. Giudizio della Corte
43 |
Con i suoi argomenti, il Consiglio afferma in sostanza che la Repubblica di Polonia, avendo riprodotto, ai punti 53, 126, 133 e 139 del ricorso, alcuni passaggi del parere giuridico n. 13593/18 e avendo riformulato, al punto 75 dello stesso ricorso, il contenuto di tale parere, in primo luogo, ha violato l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio; in secondo luogo, ha disatteso l’interesse pubblico consistente nel fatto che il Consiglio possa fruire dei pareri del suo servizio giuridico, forniti in piena indipendenza; in terzo luogo, ha posto il Consiglio in una situazione tale da indurlo a pronunciarsi nel procedimento principale sulle analisi del suo stesso servizio giuridico, violando in tal modo il principio della parità delle armi; in quarto luogo, ha violato i punti 20 e 21 delle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio; e, in quinto luogo, ha violato il regolamento n. 1049/2001. |
44 |
Per quanto attiene all’asserita violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio, occorre ricordare che, ai sensi di tale disposizione, «[i]l Consiglio o il Coreper possono autorizzare la produzione in giustizia di una copia o di un estratto dei documenti del Consiglio che non sono già stati resi accessibili al pubblico». |
45 |
A tale riguardo, occorre constatare, anzitutto, che il ricorso fa riferimento a punti del parere giuridico n. 13593/18 diversi dagli otto punti che il Consiglio ha reso pubblici a norma del regolamento n. 1049/2001, poi, che la Repubblica di Polonia non ha chiesto al Consiglio l’autorizzazione a produrre in giudizio una copia o estratti di tale parere giuridico e, infine, che tale Stato membro non ha allegato al suo ricorso una copia dello stesso parere giuridico. |
46 |
Pertanto, occorre stabilire se si debba ritenere che la Repubblica di Polonia, avendo riprodotto o riformulato nel suo ricorso, citandoli, alcuni passaggi del parere giuridico n. 13593/18, abbia prodotto in giustizia estratti di quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio. |
47 |
A tale riguardo, va rilevato che i punti 53, 126 e 133 del ricorso contengono citazioni di tale parere, mentre i punti 75 e 139 di tale ricorso, ma anche il punto 126 dello stesso, contengono un’argomentazione propria della Repubblica di Polonia, che tale Stato membro afferma riflettere l’analisi effettuata in detto parere giuridico. Orbene, simili argomentazioni proprie corredate di semplici affermazioni di concordanza con il parere giuridico n. 13593/18, di cui il Consiglio contesta oltretutto l’esattezza, non possono essere considerate estratti di tale parere giuridico. |
48 |
Ciò premesso, si deve ritenere che solo i punti 53, 126 e 133 del ricorso possano essere considerati come contenenti «estratti» del parere giuridico n. 13593/18, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio. Inoltre, la presentazione di estratti del genere in un atto processuale costituisce una «produzione in giustizia», ai sensi della disposizione citata. |
49 |
Di conseguenza, la Repubblica di Polonia era tenuta, in linea di principio, in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio, a ottenere l’autorizzazione del Consiglio per poter produrre dinanzi alla Corte gli estratti del parere giuridico n. 13593/18 di cui ai punti 53, 126 e 133 del ricorso. |
50 |
A tale riguardo, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta senz’altro, come rileva il Consiglio, che sarebbe contrario all’interesse pubblico che esige che le istituzioni possano fruire dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, ammettere che la produzione di simili documenti interni possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi alla Corte senza che detta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o ordinata da tale giudice (ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 8 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 66). |
51 |
Infatti, con la produzione non autorizzata di un simile parere giuridico, il ricorrente pone l’istituzione interessata, nel procedimento vertente sulla validità di un atto impugnato, di fronte a un parere emesso dal suo stesso servizio giuridico nell’ambito dell’elaborazione di tale atto. Orbene, in linea di principio, il fatto di ammettere che tale ricorrente possa versare agli atti un parere giuridico di un’istituzione la cui divulgazione non è stata autorizzata da quest’ultima violerebbe i requisiti di un processo equo ed equivarrebbe ad aggirare la procedura di domanda di accesso a un tale documento, istituita dal regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 14 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 68). |
52 |
Tuttavia, occorre tener conto del principio di trasparenza, sancito all’articolo 1, secondo comma, e all’articolo 10, paragrafo 3, TUE nonché all’articolo 15, paragrafo 1, e all’articolo 298, paragrafo 1, TFUE, che consente, in particolare, di garantire una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 13 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, consentendo che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, la trasparenza contribuisce ad accrescere la fiducia di tali cittadini (sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 75 e giurisprudenza ivi citata). |
53 |
È vero che solo in via eccezionale il principio di trasparenza può giustificare la divulgazione nell’ambito di un procedimento giurisdizionale di un documento di un’istituzione che non è stato reso accessibile al pubblico e che contiene un parere giuridico. È per tale ragione che la Corte ha dichiarato che il mantenimento, nel fascicolo di una causa, di un documento contenente un parere giuridico di un’istituzione non è giustificato da alcun interesse pubblico prevalente qualora, da un lato, tale parere giuridico non riguardi una procedura legislativa per la quale si impone una trasparenza accresciuta e, dall’altro, l’interesse di tale mantenimento consista soltanto, per lo Stato membro interessato, nell’essere in grado di avvalersi di detto parere giuridico nell’ambito di una controversia. Invero, secondo la Corte, la produzione di un simile parere giuridico appare guidata dagli interessi propri del ricorrente a suffragare la propria argomentazione, e non da un qualsivoglia interesse pubblico prevalente, come quello di rendere pubblica la procedura che ha portato all’atto impugnato (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 18, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 71). |
54 |
Nel caso di specie, occorre constatare che, a differenza delle cause che hanno dato origine alla giurisprudenza citata al punto precedente, il parere giuridico n. 13593/18 riguarda una procedura legislativa. |
55 |
A tale riguardo, la Corte ha ritenuto che la divulgazione dei documenti contenenti un parere del servizio giuridico di un’istituzione su questioni giuridiche sorte nel corso del dibattito su iniziative legislative possa accrescere la trasparenza e l’apertura del processo legislativo e rafforzare il diritto dei cittadini europei di controllare le informazioni che hanno costituito il fondamento di un atto legislativo. Essa ne ha dedotto che non esiste un’esigenza generale di riservatezza connessa ai pareri del servizio giuridico del Consiglio relativi a un processo legislativo e che il regolamento n. 1049/2001 impone, in linea di principio, l’obbligo di divulgarli (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 67 e 68). |
56 |
Infatti, proprio la trasparenza su tale punto, nel consentire che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, contribuisce a dissipare i dubbi nei cittadini non soltanto sulla legittimità di un atto legislativo isolato, ma anche sulla legittimità del processo legislativo nel suo complesso (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 59), e contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e del rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 6 TUE e nella Carta, come ricorda il considerando 2 del regolamento n. 1049/2001. |
57 |
Tale trasparenza non impedisce tuttavia che la divulgazione di un parere giuridico specifico, reso nell’ambito di un determinato processo legislativo, ma avente contenuto particolarmente sensibile o portata particolarmente estesa che travalichi l’ambito di tale processo legislativo, venga negata richiamandosi alla tutela della consulenza legale, nel qual caso l’istituzione interessata è tenuta a motivare il diniego in modo circostanziato (sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 69). |
58 |
Orbene, nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale Campos Sánchez‑Bordona ai paragrafi da 70 a 72 delle conclusioni nella causa Ungheria/Parlamento e Consiglio (C‑156/21, EU:C:2021:974), il Consiglio non ha dimostrato che il parere giuridico n. 13593/18 abbia un contenuto particolarmente sensibile o una portata particolarmente estesa che travalichi l’ambito del relativo processo legislativo. |
59 |
Pertanto, né l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento interno del Consiglio né la giurisprudenza richiamata al punto 50 della presente sentenza ostavano a che la Repubblica di Polonia divulgasse in tutto o in parte tale parere giuridico nel suo ricorso. |
60 |
Tale constatazione non è inficiata dal fatto che la Repubblica di Polonia ha un interesse proprio a che i passaggi controversi del suo ricorso siano presi in considerazione dalla Corte. Invero, poiché il fatto che essi siano presi in considerazione è altresì idoneo a contribuire a dissipare i dubbi nei cittadini non soltanto sulla legittimità del regolamento impugnato, ma anche sulla legittimità del processo legislativo nel suo complesso, esso serve in ogni caso l’interesse pubblico prevalente ricordato ai punti 55 e 56 della presente sentenza. |
61 |
Di conseguenza, e senza che sia necessario pronunciarsi separatamente sui motivi di ricorso relativi alla violazione dei punti 20 e 21 delle linee guida per il trattamento di documenti interni al Consiglio, del regolamento n. 1049/2001 e del principio della parità delle armi, non potendo tali motivi di ricorso, in ogni caso, essere accolti, in considerazione delle valutazioni di cui ai punti da 52 a 60 della presente sentenza, la domanda del Consiglio diretta a che non vengano presi in considerazione i passaggi del ricorso della Repubblica di Polonia, nella parte in cui fanno riferimento al parere giuridico n. 13593/18, ne riproducono il contenuto o ne riflettono l’analisi, deve essere respinta in quanto infondata. |
V. Sul ricorso
62 |
A sostegno del suo ricorso, la Repubblica di Polonia deduce undici motivi. È opportuno esaminare, per primi e congiuntamente, i motivi di ricorso primo, secondo, quinto, sesto e undicesimo, vertenti, in sostanza, sull’incompetenza dell’Unione ad adottare il regolamento impugnato. |
A. Sui motivi di ricorso primo, secondo, quinto, sesto e undicesimo, vertenti sull’incompetenza dell’Unione ad adottare il regolamento impugnato
1. Argomenti delle parti
63 |
Con il primo motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che la natura e la portata delle competenze attribuite all’Unione dai trattati non consentono al Consiglio di istituire un meccanismo come quello previsto dal regolamento impugnato, il quale conferisce alle istituzioni dell’Unione il controllo del rispetto da parte degli Stati membri dei principi dello Stato di diritto e subordina al rispetto di tali principi il versamento dei fondi provenienti dal bilancio dell’Unione. |
64 |
È vero che il legislatore dell’Unione potrebbe legittimamente istituire, sulla base dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, un meccanismo che subordini i versamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto da parte degli Stati membri del principio della sana gestione finanziaria. Tuttavia, da tale principio come definito all’articolo 2, punto 59, del regolamento finanziario e dalle precisazioni di cui all’articolo 56, paragrafo 2, dello stesso regolamento emergerebbe che gli obblighi incombenti agli Stati membri in forza di detto principio devono essere concreti e risultare da specifiche disposizioni giuridiche che dimostrino il nesso diretto tra i requisiti stabiliti e il principio della sana gestione finanziaria dei fondi dell’Unione nonché della tutela dei suoi interessi finanziari. |
65 |
Orbene, con il regolamento impugnato, il legislatore dell’Unione, come risulterebbe dall’articolo 1 dello stesso, avrebbe istituito un meccanismo che subordina i versamenti provenienti dal bilancio dell’Unione non già al rispetto da parte degli Stati membri di obblighi concreti previsti dal diritto dell’Unione, connessi al rispetto del principio della sana gestione finanziaria, bensì al rispetto dei principi dello Stato di diritto. |
66 |
La Repubblica di Polonia ritiene che l’istituzione di un meccanismo del genere non rientri nei poteri conferiti al legislatore dell’Unione dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, sebbene l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato preveda che la violazione dei principi dello Stato di diritto constatata debba compromettere o rischiare seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
67 |
In primo luogo, il legislatore dell’Unione non potrebbe, in un regolamento adottato a norma dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, né definire la nozione di «Stato di diritto» né determinare gli elementi che consentano di constatare una violazione dei principi costitutivi di tale nozione. |
68 |
Anzitutto, i principi dello Stato di diritto deriverebbero dalle tradizioni costituzionali e politiche degli Stati membri e il loro contenuto sarebbe precisato nella giurisprudenza degli organi giurisdizionali costituzionali. Se è vero che le organizzazioni internazionali, in particolare il Consiglio d’Europa, hanno elaborato taluni criteri di valutazione in merito al rispetto di tali principi, la concretizzazione di detti principi si sarebbe limitata, nel diritto dell’Unione, alla menzione degli scopi da essi perseguiti. Orbene, tenuto conto delle differenze esistenti tra gli Stati membri relativamente alle loro identità nazionali, ai loro sistemi costituzionali e giuridici e alle loro tradizioni giuridiche, il legislatore dell’Unione non potrebbe precisare, per l’insieme dei principi dello Stato di diritto, i mezzi con i quali possono essere conseguiti gli obiettivi da essi perseguiti. Pertanto, l’obbligo per gli Stati membri di rispettare tali principi si limiterebbe alla necessità di garantirne il contenuto essenziale. |
69 |
Inoltre, sebbene l’Unione si fondi sui valori contenuti nell’articolo 2 TUE, i trattati non ne preciserebbero il contenuto e non conferirebbero alcuna competenza al legislatore dell’Unione per definirne la portata in atti di diritto derivato, neppure in forza dell’articolo 19 TUE. Quest’ultima disposizione non imporrebbe infatti alcun obbligo concreto quanto all’organizzazione della giustizia negli Stati membri, la quale rientrerebbe nella competenza esclusiva di questi ultimi. |
70 |
Infine, travalicando i limiti delle competenze conferitegli dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, il legislatore dell’Unione avrebbe definito all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato la nozione di «Stato di diritto», estendendone la portata ad altri valori parimenti contenuti nell’articolo 2 TUE. Analogamente, oltre al fatto che l’articolo 3 di tale regolamento enuncerebbe criteri che possono essere «indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto», l’articolo 4, paragrafo 2, del medesimo regolamento stilerebbe un elenco delle situazioni o condotte di autorità che devono essere interessate da una violazione dei principi dello Stato di diritto ai fini dello stesso regolamento, senza tuttavia che il legislatore dell’Unione precisi il rapporto esistente tra tali disposizioni e senza che tale elenco sia tassativo, tenuto conto della sua lettera h). |
71 |
Così facendo, il legislatore dell’Unione avrebbe altresì conferito alla Commissione e al Consiglio il potere di precisare ulteriormente, al momento dell’applicazione del regolamento impugnato, i requisiti connessi al rispetto dello Stato di diritto. Per di più, un tale potere verrebbe esercitato ex post, mediante la valutazione di una situazione esistente in uno Stato membro, consentendo loro in tal modo di adeguare detti requisiti alla violazione contestata allo Stato membro interessato e di applicarli con effetto retroattivo alla situazione esaminata. |
72 |
In secondo luogo, la Repubblica di Polonia ritiene che il legislatore dell’Unione non potesse, sulla base dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, stabilire una procedura alternativa a quelle previste rispettivamente all’articolo 7 TUE e all’articolo 258 TFUE, affidando alla Commissione e al Consiglio il potere di constatare violazioni dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri. |
73 |
Una violazione del genere potrebbe infatti essere constatata solo dal Consiglio europeo, a norma dell’articolo 7 TUE. Si potrebbe derogare a tale potere esclusivo del Consiglio europeo solo in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, e dell’obbligo da esso previsto di assicurare, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, una tutela giurisdizionale effettiva, nel qual caso la violazione di tale obbligo può essere constatata dalla Corte in occasione di un procedimento avviato ai sensi dell’articolo 258 TFUE. |
74 |
Il potere esclusivo del Consiglio europeo di constatare, a norma dell’articolo 7 TUE, violazioni dei principi dello Stato di diritto sarebbe giustificato dal fatto che il controllo del rispetto di tale valore ha carattere discrezionale e può dipendere da considerazioni politiche. Secondo i trattati, spetterebbe dunque ai rappresentanti dei governi degli Stati membri effettuare simili constatazioni, le quali sarebbero sottratte a qualsiasi sindacato giurisdizionale nel merito. Infatti, in assenza di requisiti chiari, la Corte non potrebbe valutare la conformità delle constatazioni del Consiglio europeo ai requisiti derivanti da tale valore. Per tale ragione, l’articolo 269 TFUE limiterebbe il sindacato giurisdizionale operato dalla Corte al solo rispetto delle «prescrizioni di carattere procedurale» definite all’articolo 7 TUE, non potendo tale sindacato vertere sulla constatazione da parte del Consiglio europeo di «una violazione grave e persistente» di detto valore da parte di uno Stato membro. |
75 |
Si porrebbe quindi la questione se una decisione di esecuzione del Consiglio che constati, conformemente al regolamento impugnato, la violazione da parte di uno Stato membro dei principi dello Stato di diritto possa essere oggetto di un sindacato giurisdizionale nel merito senza che venga pregiudicata la competenza esclusiva del Consiglio europeo, risultante dall’articolo 7 TUE e dall’articolo 269 TFUE, a valutare il rispetto da parte degli Stati membri dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE. |
76 |
In terzo luogo, la Repubblica di Polonia ritiene che, istituendo un meccanismo che consente di imporre sanzioni finanziarie agli Stati membri, il legislatore dell’Unione abbia travalicato i limiti delle competenze conferitegli dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
77 |
A tale riguardo, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, ricorda che, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, un meccanismo orizzontale e settoriale di condizionalità riguardante il versamento di fondi provenienti dal bilancio dell’Unione deve soddisfare tre requisiti. Anzitutto, esso dovrebbe definire con precisione le condizioni per ottenere i fondi dell’Unione e gli elementi di valutazione del rispetto di tali condizioni. Le condizioni per ottenere i versamenti stabilite nell’ambito del meccanismo dovrebbero poi presentare un «nesso sufficientemente diretto» con l’obiettivo del meccanismo, nel senso che il mancato rispetto della condizione minaccia direttamente l’obiettivo del finanziamento, la sana gestione finanziaria o gli interessi finanziari dell’Unione. Infine, l’esistenza di un nesso effettivo tra il mancato rispetto della condizione e la perdita del finanziamento dovrebbe essere dimostrata, in particolare ai fini della valutazione della proporzionalità della misura di protezione del bilancio dell’Unione. |
78 |
Dai requisiti summenzionati emerge che un meccanismo di condizionalità non potrebbe essere impiegato per sanzionare infrazioni al diritto dell’Unione prive di incidenza diretta sulla realizzazione dell’obiettivo del finanziamento o sul corretto utilizzo dei fondi. |
79 |
Orbene, il primo requisito non sarebbe soddisfatto nel caso di specie. Infatti, i principi dello Stato di diritto non possono rientrare nell’ambito di un simile meccanismo di condizionalità giacché né i trattati né il diritto derivato precisano tali principi o gli obblighi concreti che gli Stati membri devono rispettare a tale titolo. |
80 |
L’Unione non disporrebbe, oltretutto, di alcuna competenza in ordine a numerosi aspetti dello Stato di diritto quale definito all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato, tra cui il requisito di un processo legislativo trasparente, responsabile, democratico e pluralistico. Inoltre, atteso che l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafo 2, di tale regolamento sono formulati in termini molto generici, la constatazione della violazione da parte di uno Stato membro dei principi dello Stato di diritto non richiederebbe neppure di dimostrare la violazione di obblighi concreti e costituirebbe una valutazione discrezionale. Pertanto, non si potrebbe escludere che tale valutazione dipenda da considerazioni politiche, sia arbitraria o sia effettuata in violazione del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
81 |
Neppure il secondo requisito sarebbe soddisfatto. Infatti, i casi di violazione dei principi dello Stato di diritto da parte di uno Stato membro, quali enunciati all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, sarebbero formulati in termini generici, sarebbero contenuti in un elenco non tassativo e non stabilirebbero alcun obbligo giuridico preciso. Queste diverse caratteristiche svuoterebbero di contenuto l’obbligo di dimostrare «l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto» tra la violazione constatata e il rischio per la sana gestione finanziaria dei fondi dell’Unione. Pertanto, ad avviso della Repubblica di Polonia, tale requisito, che, a seconda dell’ipotesi considerata, sarà o automaticamente soddisfatto o impossibile da dimostrare, sarà necessariamente oggetto di una valutazione politica e offrirà alla Commissione e al Consiglio piena discrezionalità nel limitare l’accesso degli Stati membri ai finanziamenti dell’Unione. |
82 |
Il terzo requisito di un meccanismo di condizionalità sarebbe altrettanto carente, in quanto sarebbe impossibile dimostrare, nell’ambito di una valutazione esclusivamente politica, l’esistenza di un nesso effettivo tra il mancato rispetto della condizione per ottenere il finanziamento, vale a dire la violazione dei principi dello Stato di diritto, e la perdita del finanziamento proveniente dal bilancio dell’Unione. Poiché la limitazione del finanziamento e la portata di tale limitazione possono risultare solo da una valutazione politica, la decisione del Consiglio non potrebbe essere proporzionata e violerebbe le prescrizioni dell’articolo 5, paragrafo 3, e del considerando 18 del regolamento impugnato. |
83 |
In subordine, nel caso in cui la Corte ritenesse che il legislatore fosse competente ad adottare il regolamento impugnato, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, ritiene, con il secondo motivo di ricorso, che tale regolamento avrebbe dovuto fondarsi sull’articolo 311, terzo comma, TFUE, relativo al sistema delle risorse proprie dell’Unione, o sull’articolo 312, paragrafo 2, TFUE, relativo al quadro finanziario pluriennale. |
84 |
A questo proposito, tale Stato membro rileva che il suddetto regolamento si applicherà, in particolare secondo il suo considerando 7, non soltanto all’insieme degli impegni di bilancio assunti in forza del quadro finanziario pluriennale 2021‑2027, ma anche alle risorse assegnate dal regolamento 2020/2094, nonché ai prestiti e agli altri strumenti garantiti dal bilancio dell’Unione. Pertanto, tale regolamento sarebbe strettamente collegato alla decisione 2020/2053 e al quadro finanziario pluriannuale 2021‑2027, e non già ai diversi bilanci annuali dell’Unione. |
85 |
Poiché il regolamento impugnato è destinato ad applicarsi ai bilanci annuali successivi dell’Unione, solo l’articolo 311, terzo comma, TFUE o l’articolo 312, paragrafo 2, TFUE, il quale rappresenterebbe la base giuridica dei quadri finanziari pluriennali, potrebbero costituire una base giuridica adeguata per tale regolamento. |
86 |
Pertanto, l’adozione del regolamento impugnato sulla base dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE mediante la procedura legislativa ordinaria avrebbe consentito di eludere i requisiti procedurali derivanti dagli articoli 311 e 312 TFUE, disposizioni queste ultime che prevedono infatti procedure legislative speciali. |
87 |
Con il quinto motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che il regolamento impugnato istituisce un nuovo meccanismo di controllo del rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri, non previsto dai trattati e che elude la procedura di cui all’articolo 7 TUE. |
88 |
Tale meccanismo, infatti, che non sarebbe un meccanismo di condizionalità, avrebbe un oggetto analogo a quello della procedura prevista all’articolo 7 TUE, atteso che quest’ultima procedura e la procedura prevista dal regolamento impugnato mirerebbero entrambe a controllare il rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri e a imporre sanzioni in caso di mancato rispetto di tali principi. Queste due procedure sarebbero altresì indipendenti l’una dall’altra, in quanto il meccanismo istituito da tale regolamento non sarebbe subordinato all’avvio di una procedura ai sensi dell’articolo 7 TUE. |
89 |
In tal senso, anzitutto, mentre il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, è competente a constatare l’esistenza di una violazione dei principi dello Stato di diritto in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, TUE, il regolamento impugnato prevedrebbe che spetti dapprima alla Commissione constatare l’esistenza di una violazione del genere, mentre la decisione del Consiglio che impone le misure è adottata a maggioranza qualificata e riflette la valutazione della Commissione. |
90 |
Poi, mentre l’articolo 7 TUE richiede la constatazione di una violazione «grave e persistente» dei principi dello Stato di diritto, per il regolamento impugnato sarebbe sufficiente l’esistenza di una violazione semplice e isolata, come risulterebbe dal suo articolo 4, paragrafo 1, letto alla luce del considerando 15. |
91 |
Infine, la procedura di cui all’articolo 7 TUE comprenderebbe due decisioni, la prima, del Consiglio europeo, vertente sulla constatazione di una violazione, e la seconda, del Consiglio, vertente sull’adozione delle sanzioni, sicché la constatazione di una violazione non porterebbe necessariamente all’irrogazione di una sanzione. Il regolamento impugnato prevedrebbe invece l’adozione di un’unica decisione, da parte del Consiglio, vertente sia sull’esistenza di una violazione sia sulle misure di protezione del bilancio dell’Unione da adottare. |
92 |
Orbene, il regolamento impugnato, nello stabilire requisiti procedurali meno rigorosi di quelli previsti all’articolo 7 TUE, consentendo al contempo di raggiungere lo stesso obiettivo di quest’ultimo, priverebbe tale articolo di qualsiasi effetto utile. |
93 |
La Repubblica di Polonia precisa, in tale contesto, che il procedimento attualmente avviato nei suoi confronti ai sensi dell’articolo 7 TUE non ha ancora portato alla constatazione, da parte del Consiglio europeo, di una «violazione grave e persistente (...) dei valori di cui all’articolo 2 [TUE]», sulla base del paragrafo 2 di tale articolo, cosicché il Consiglio non può, allo stato attuale, adottare una sanzione a norma del paragrafo 3 del medesimo articolo. Pertanto, l’istituzione del meccanismo previsto dal regolamento impugnato avrebbe la finalità di eludere la procedura prevista all’articolo 7 TUE. |
94 |
In assenza di una revisione dei trattati in forza dell’articolo 48 TUE, l’introduzione di un meccanismo di controllo del rispetto degli impegni internazionali, che non trova fondamento nei trattati, costituirebbe un palese abuso del diritto e una violazione dei principi fondamentali del diritto internazionale, in particolare dei principi dell’uguaglianza sovrana degli Stati e della non ingerenza nei loro affari interni, codificati nella Carta delle Nazioni Unite e nella risoluzione 2625 (XXV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 24 ottobre 1970, intitolata «Dichiarazione relativa ai principi del diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati conformemente alla Carta delle Nazioni Unite». In forza di tali principi, le procedure che consentono di far sorgere la responsabilità degli Stati per violazioni dei loro impegni internazionali potrebbero derivare soltanto da norme di diritto internazionale liberamente accettate dai medesimi. |
95 |
Con il sesto motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che la Corte, in violazione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE, potrebbe essere chiamata a esaminare nel merito violazioni dei principi dello Stato di diritto dedotte dalla Commissione, nell’ambito di un sindacato giurisdizionale delle decisioni del Consiglio adottate ai sensi del regolamento impugnato. Infatti, per poter procedere a un simile sindacato, la Corte sarebbe indotta a elaborare criteri riguardanti il valore dello Stato di diritto, sulla base di una definizione di tale valore risultante da un atto di diritto derivato, criteri questi destinati a essere successivamente applicati nell’ambito di una procedura avviata ai sensi dell’articolo 7 TUE, nonostante che la Corte non sia competente a valutare nel merito censure sollevate contro uno Stato membro in forza di tale procedura. |
96 |
Orbene, l’articolo 7 TUE svolgerebbe un ruolo molto specifico nel sistema dei mezzi di ricorso previsto dai trattati, poiché autorizzerebbe eccezionalmente le istituzioni dell’Unione a controllare il rispetto da parte degli Stati membri dei valori fondamentali dell’Unione nei settori che rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri. |
97 |
Con l’undicesimo motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che il regolamento impugnato è viziato da uno sviamento di potere. Dalla giurisprudenza emergerebbe che un atto dell’Unione è viziato da sviamento di potere o di procedura quando, sulla base di indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, esso risulta essere stato adottato allo scopo esclusivo, o quantomeno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dallo stesso dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal trattato. |
98 |
Nel caso di specie, è vero che il regolamento impugnato avrebbe come obiettivo dichiarato, come risulta dal titolo del medesimo, la protezione del bilancio dell’Unione e il suo considerando 7 indicherebbe che, al fine di raggiungere tale obiettivo, è necessario rispettare il principio della sana gestione finanziaria, il che presupporrebbe di rispettare i valori dello Stato di diritto. Parimenti, a norma del suo articolo 1, lo stesso regolamento stabilirebbe le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. |
99 |
Tuttavia, tale obiettivo dichiarato non corrisponderebbe allo scopo reale del regolamento impugnato. La Repubblica di Polonia rileva, a tale riguardo, che la proposta che ha portato all’adozione del regolamento impugnato sottolineava che «alcuni recenti avvenimenti» avevano evidenziato «debolezze generalizzate del sistema nazionale di bilanciamento dei poteri, dimostrando che lo scarso rispetto dello Stato di diritto [poteva] diventare causa di grave preoccupazione comune per tutta l’Unione europea» e avevano indotto «l’opinione pubblica e istituzioni come il Parlamento europeo [a sollecitare] esplicitamente l’[Unione europea] a prendere provvedimenti per tutelare lo Stato di diritto». |
100 |
Inoltre, tale Stato membro sostiene, al pari di quanto già dallo stesso affermato nell’ambito del primo motivo di ricorso, che il meccanismo istituito dal regolamento impugnato è non già un meccanismo di condizionalità volto a proteggere il bilancio dell’Unione, bensì un meccanismo punitivo volto a sanzionare le violazioni dei principi dello Stato di diritto. Tale affermazione sarebbe avvalorata sia dal Biuro Analiz Sejmowych Kancelarii Sejmu RP (Ufficio di analisi parlamentari della Cancelleria della Camera Bassa del Parlamento della Repubblica di Polonia) sia dalle relazioni annuali della Corte dei conti, secondo le quali l’esecuzione del bilancio dell’Unione e la gestione delle finanze dell’Unione sarebbero in via di miglioramento. Infatti, la percentuale di errori, che si attestava al 4,4% nel 2014, sarebbe diminuita per raggiungere il 3,8% e poi il 3,1% nel 2015 e nel 2016. La necessità di proteggere il bilancio dell’Unione non avrebbe quindi giustificato l’adozione del regolamento impugnato. |
101 |
Pertanto, la Repubblica di Polonia condivide l’opinione del servizio giuridico del Consiglio, espressa nel suo parere giuridico n. 13593/18, secondo la quale il meccanismo previsto dalla proposta che ha portato all’adozione del regolamento impugnato «non mostra in che modo il rispetto dello Stato di diritto (...) sia correlato con l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione e con la tutela degli interessi finanziari dell’Unione». Sebbene in alcuni considerando di tale regolamento l’esistenza di una simile correlazione sia menzionata, essa non sarebbe tuttavia esplicitata e tantomeno dimostrata. |
102 |
La Repubblica di Polonia ne deduce che l’obiettivo reale di tale proposta non è tanto quello di proteggere il bilancio dell’Unione quanto quello di proteggere lo Stato di diritto mediante misure riguardanti il bilancio dell’Unione. Un’opinione simile sarebbe stata oltretutto espressa dai parlamenti nazionali e dal Comitato economico e sociale europeo, il quale ha affermato di interpretare «la proposta più come un potenziale strumento di difesa di tutti i valori dell’articolo 2 [TUE] attraverso la leva del bilancio dell’[Unione]». Tale opinione sarebbe corroborata, inoltre, dal considerando 14 del regolamento impugnato, che includerebbe il meccanismo previsto da tale regolamento tra gli strumenti di protezione dello Stato di diritto. |
103 |
L’obiettivo di tale meccanismo dovrebbe quindi essere considerato identico a quello della «procedura di controllo politico» prevista all’articolo 7 TUE. A tale riguardo, dal momento che né l’articolo 7, paragrafo 3, TUE né nessun’altra disposizione dei trattati prevedono limiti materiali quanto ai diritti di uno Stato membro che possono essere sospesi in caso di violazione grave e persistente dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, le misure di protezione del bilancio dell’Unione applicabili a uno Stato membro in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento impugnato potrebbero anche corrispondere a quelle che il Consiglio può adottare in forza dell’articolo 7, paragrafo 3, TUE qualora esso decida di sospendere «alcuni dei diritti derivanti (...) dall’applicazione dei trattati». |
104 |
Poiché misure del tipo di quelle previste all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento impugnato potevano essere disposte ancor prima dell’entrata in vigore di tale regolamento, in forza della procedura prevista all’articolo 7 TUE, il considerando 14 di detto regolamento errerebbe nell’affermare che il meccanismo da esso istituito integra gli strumenti giuridici esistenti destinati a contrastare le violazioni dei principi dello Stato di diritto. |
105 |
Inoltre, l’articolo 7, paragrafo 4, TUE e l’articolo 7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento impugnato, relativi alla modifica e alla revoca delle misure adottate, suggerirebbero che l’obiettivo di tali meccanismi è quello di incoraggiare lo Stato membro interessato al rispetto del valore dello Stato di diritto. Orbene, non richiedendo una decisione unanime del Consiglio europeo, detto regolamento stabilirebbe una procedura di adozione delle sanzioni assai meno gravosa di quella prevista all’articolo 7 TUE, privando in tal modo quest’ultima del suo effetto utile. |
106 |
In un parere del 27 maggio 2014, il servizio giuridico del Consiglio avrebbe affermato, da un lato, che l’articolo 7 TUE stabilisce volutamente un quadro di supervisione preciso, che si compone di varie fasi, un’elevata soglia ipotetica per avviare le procedure, maggioranze rafforzate in seno al Consiglio e al Consiglio europeo nonché un insieme di garanzie procedurali per lo Stato membro interessato, compresa la possibilità di un sindacato giurisdizionale limitato da parte della Corte, e, dall’altro lato, che tale articolo non prevede una base giuridica per sviluppare o modificare tale procedura. Tale posizione sarebbe stata espressamente ribadita nel parere giuridico n. 13593/18, il quale indica, inoltre, che il diritto derivato non può modificare o integrare detta procedura, né avere come conseguenza che quest’ultima sia privata del suo effetto utile. |
107 |
Pertanto, stante l’identità dell’obiettivo, dei principi e delle misure applicabili, il meccanismo istituito dal regolamento impugnato costituirebbe un’elusione manifesta e deliberata della procedura prevista all’articolo 7 TUE. |
108 |
La Repubblica di Polonia sostiene che la causa in esame presenta analogie con la causa che ha dato origine alla sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punti da 57 a 60). Essa ricorda che, nella sentenza summenzionata, la Corte, basandosi sul considerando 10 della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24), ha dichiarato che carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro di emissione di un mandato d’arresto europeo, per quanto gravi esse siano, non giustificano una sospensione di fatto dell’attuazione del meccanismo del mandato d’arresto europeo nei confronti di tale Stato membro, finché il Consiglio europeo e il Consiglio non abbiano adottato le decisioni contemplate all’articolo 7 TUE. |
109 |
Orbene, tale considerando 10 non farebbe che riflettere le conseguenze giuridiche derivanti dall’articolo 7 TUE. Dalla sentenza citata al punto precedente risulterebbe dunque che i diritti derivanti dai trattati possono essere sospesi nei confronti di uno Stato membro, per via della violazione da parte di quest’ultimo dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, soltanto dal Consiglio a norma dell’articolo 7, paragrafo 3, TUE. |
110 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano la fondatezza degli argomenti suesposti. |
2. Giudizio della Corte
111 |
Con i motivi di ricorso primo, secondo, quinto, sesto e undicesimo, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma, in sostanza, da un lato, che né l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE né nessun’altra disposizione del Trattato FUE potevano costituire una base giuridica adeguata per l’adozione del regolamento impugnato, in particolare dei suoi articoli da 2 a 4, precisando, in subordine, che, se la Corte dovesse ritenere che il legislatore dell’Unione fosse competente ad adottare il regolamento impugnato, quest’ultimo avrebbe dovuto essere adottato sulla base dell’articolo 311, terzo comma, TFUE o dell’articolo 312, paragrafo 2, TFUE. Essa aggiunge, dall’altro lato, che la procedura istituita dal medesimo regolamento elude quella prevista all’articolo 7 TUE, la quale riveste peraltro carattere esclusivo per la protezione dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, e pregiudica la limitazione delle competenze della Corte prevista all’articolo 269 TFUE. |
a) Sulla base giuridica del regolamento impugnato
112 |
In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, il Parlamento e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione della Corte dei conti, adottano mediante regolamenti «le regole finanziarie che stabiliscono in particolare le modalità relative alla formazione e all’esecuzione del bilancio, al rendiconto e alla verifica dei conti». |
113 |
Orbene, simili regole sono volte a disciplinare l’insieme degli aspetti connessi all’esecuzione del bilancio dell’Unione di cui al titolo II, rubricato «Disposizioni finanziarie», della parte sesta del Trattato FUE, relativa alle «[d]isposizioni istituzionali e finanziarie», e, pertanto, tale esecuzione in senso ampio. |
114 |
Infatti, oltre al fatto che l’articolo 322 TFUE è contenuto nel capo 5, intitolato «Disposizioni comuni», di tale titolo II, si deve rilevare che fanno riferimento a tale disposizione l’articolo 310, paragrafi 2 e 3, TFUE, contenuto nella parte introduttiva di detto titolo II, l’articolo 315, commi primo e secondo, e l’articolo 316, commi primo e secondo, TFUE, contenuti nel capo 3 dello stesso titolo II, rubricato «Bilancio annuale dell’Unione», nonché l’articolo 317 TFUE, contenuto nel capo 4 del medesimo titolo, rubricato «Esecuzione del bilancio e scarico». |
115 |
Orbene, gli articoli 310 e da 315 a 317 TFUE presentano tutti collegamenti con l’esecuzione del bilancio dell’Unione. |
116 |
Invero, l’articolo 310 TFUE stabilisce, al paragrafo 1, che tutte le entrate e le spese dell’Unione devono costituire oggetto di previsioni per ciascun esercizio finanziario ed essere iscritte nel bilancio, e prevede, al paragrafo 3, che l’esecuzione di spese iscritte nel bilancio richiede l’adozione preliminare di un atto giuridicamente vincolante dell’Unione che dà fondamento giuridico alla sua azione e all’esecuzione della spesa corrispondente in conformità del regolamento di cui all’articolo 322 TFUE, fatte salve le eccezioni previste da quest’ultimo. Infine, tale articolo 310 richiede, al paragrafo 5, che detto bilancio sia eseguito in conformità del principio di sana gestione finanziaria, e che gli Stati membri e l’Unione cooperino affinché gli stanziamenti ivi iscritti siano utilizzati secondo tale principio. |
117 |
Per quanto riguarda l’articolo 315 TFUE, esso dispone, al primo comma, che, se, all’inizio dell’esercizio finanziario, il bilancio non è stato ancora definitivamente adottato, le spese possono essere effettuate mensilmente per capitolo, in base alle disposizioni del regolamento stabilito in esecuzione dell’articolo 322 TFUE, nel limite di un dodicesimo degli stanziamenti aperti nel capitolo in questione del bilancio dell’esercizio precedente‚ senza poter superare il dodicesimo degli stanziamenti previsti nello stesso capitolo del progetto di bilancio. L’articolo 316 TFUE riguarda, dal canto suo, il riporto all’esercizio successivo di crediti inutilizzati alla fine di un esercizio finanziario. |
118 |
Quanto all’articolo 317 TFUE, esso dispone in particolare che la Commissione dà esecuzione al bilancio, in cooperazione con gli Stati membri, in base alle disposizioni del regolamento stabilito in esecuzione dell’articolo 322 TFUE, sotto la propria responsabilità e nei limiti dei crediti stanziati, in conformità del principio della buona gestione finanziaria. Esso richiede altresì che gli Stati membri cooperino con la Commissione per garantire che gli stanziamenti siano utilizzati secondo tale principio e precisa che un regolamento stabilito in esecuzione dell’articolo 322 TFUE prevede gli obblighi di controllo e di revisione contabile degli Stati membri nell’esecuzione del bilancio e le responsabilità che ne derivano. |
119 |
Ne consegue che le regole finanziarie che stabiliscono «in particolare le modalità relative all[’]» esecuzione del bilancio, al rendiconto e alla verifica dei conti, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, letto alla luce delle disposizioni di cui al punto 115 della presente sentenza, comprendono non soltanto le regole che definiscono il modo in cui sono, in quanto tali, eseguite le spese iscritte in tale bilancio, ma anche, in particolare, le regole che stabiliscono gli obblighi di controllo e di revisione contabile incombenti agli Stati membri quando la Commissione dà esecuzione al bilancio in cooperazione con essi, nonché le responsabilità che ne derivano. In particolare, risulta chiaramente che tali regole finanziarie sono volte, segnatamente, a garantire il rispetto, nell’ambito dell’esecuzione del bilancio dell’Unione, del principio della sana gestione finanziaria, anche da parte degli Stati membri. |
120 |
È alla luce delle considerazioni che precedono che occorre verificare, nel caso di specie, se l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE potesse costituire la base giuridica adeguata per l’adozione del regolamento impugnato. |
121 |
A tale riguardo, per costante giurisprudenza, la scelta della base giuridica di un atto dell’Unione deve fondarsi su elementi oggettivi che possano essere sottoposti a sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano la finalità e il contenuto di tale atto (sentenze del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 31; dell’8 dicembre 2020, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑620/18, EU:C:2020:1001, punto 38, e dell’8 dicembre 2020, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑626/18, EU:C:2020:1000, punto 43). |
122 |
Inoltre, può essere preso in considerazione, per determinare la base giuridica appropriata, il contesto giuridico nel quale si inserisce una nuova normativa, in particolare in quanto un simile contesto può fornire chiarimenti quanto all’obiettivo perseguito da tale normativa (sentenze del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 32; dell’8 dicembre 2020, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑620/18, EU:C:2020:1001, punto 39, e dell’8 dicembre 2020, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑626/18, EU:C:2020:1000, punto 44). |
123 |
Nel caso di specie, per quanto riguarda, anzitutto, la questione se il regolamento impugnato possa, in considerazione della sua finalità, poggiarsi sulla base giuridica costituita dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma, in sostanza, che l’obiettivo reale di tale regolamento consiste nel consentire l’applicazione, in caso di constatazione di violazioni dei principi dello Stato di diritto, di sanzioni mediante il bilancio dell’Unione, obiettivo che risulterebbe, in particolare, dall’articolo 7, paragrafo 2, secondo comma, dello stesso regolamento, dal suo considerando 14, ma anche dalla mancanza di dimostrazione di un nesso tra il rispetto dello Stato di diritto e la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione, dalla relazione che accompagna la proposta che ha portato all’adozione del regolamento impugnato e dalle statistiche da cui emergerebbe che, al momento dell’adozione di tale regolamento, non sussisteva alcuna necessità di proteggere il bilancio dell’Unione. |
124 |
A tale riguardo, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento impugnato, esso stabilisce «le norme necessarie per la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri». Dal tenore letterale di tale disposizione risulta quindi che tale regolamento mira a proteggere il bilancio dell’Unione dai pregiudizi che possono derivare a quest’ultimo da violazioni dei principi dello Stato di diritto negli Stati membri. |
125 |
In secondo luogo, da una lettura complessiva dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impugnato risulta che la procedura prevista ai fini dell’adozione di «opportune misure» di protezione del bilancio dell’Unione può essere avviata dalla Commissione solo qualora tale istituzione concluda che sussistono motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si verifichino violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
126 |
In più, dall’articolo 5, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento risulta che tali opportune misure consistono, essenzialmente, in sospensioni dei pagamenti, dell’esecuzione di impegni giuridici, dell’erogazione di versamenti, di un vantaggio economico nell’ambito di uno strumento garantito, dell’approvazione di programmi o di impegni, in risoluzioni di impegni giuridici, in divieti di assumere nuovi impegni giuridici o di concludere nuovi accordi, in rimborsi anticipati di prestiti garantiti, in riduzioni di un vantaggio economico nell’ambito di uno strumento garantito, di impegni o di prefinanziamenti, e in interruzioni dei termini di pagamento, e che esse devono essere proporzionate, vale a dire limitate a quanto è strettamente necessario alla luce dell’impatto effettivo o potenziale di violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. |
127 |
Inoltre, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento impugnato, la Commissione propone al Consiglio la revoca delle misure adottate qualora le condizioni previste all’articolo 4 dello stesso regolamento non siano più soddisfatte e, pertanto, in particolare qualora la sana gestione del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari non risultino più compromesse o non rischino più seriamente di essere compromesse, sicché, come rilevato dall’avvocato generale Campos Sánchez‑Bordona al paragrafo 185 delle conclusioni nella causa Ungheria/Parlamento e Consiglio (C‑156/21, EU:C:2021:974), tali misure devono essere revocate quando cessa l’impatto sull’esecuzione del bilancio, ancorché possano persistere le violazioni dei principi dello Stato di diritto che sono state constatate. |
128 |
Orbene, i tipi di misure che possono essere adottate, i criteri relativi alla scelta e alla portata delle stesse e le condizioni per l’adozione e la revoca di dette misure, in quanto si ricollegano tutti a un pregiudizio o a un rischio serio di pregiudizio per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, avvalorano la constatazione secondo cui il regolamento impugnato ha la finalità di proteggere il bilancio dell’Unione nel corso della sua esecuzione. |
129 |
Inoltre, dal tenore letterale dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento impugnato, letto alla luce del paragrafo 4 dello stesso articolo e del considerando 19 di tale regolamento, risulta che tale disposizione mira non già, come vorrebbe la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, a sanzionare uno Stato membro per la violazione di un principio dello Stato di diritto, bensì a tutelare i legittimi interessi dei destinatari finali e dei beneficiari nel caso in cui siano adottate opportune misure in forza di detto regolamento nei confronti di uno Stato membro. Tale disposizione stabilisce quindi le conseguenze di simili misure nei confronti dei terzi. Pertanto, la suddetta disposizione non è idonea a suffragare l’affermazione secondo cui il regolamento impugnato mirerebbe, anziché a proteggere il bilancio dell’Unione, a sanzionare, in quanto tali, violazioni dello Stato di diritto in uno Stato membro. |
130 |
In terzo luogo, come rilevato dall’avvocato generale Campos Sánchez‑Bordona al paragrafo 130 delle conclusioni nella causa Ungheria/Parlamento e Consiglio (C‑156/21, EU:C:2021:974), i considerando del regolamento impugnato corroborano la finalità perseguita da tale regolamento, quale risulta dal suo articolo 1, consistente nel proteggere il bilancio dell’Unione. Infatti, i considerando 2 e da 7 a 9 di tale regolamento indicano, in particolare, che il Consiglio europeo ha affermato che gli interessi finanziari dell’Unione devono essere tutelati in conformità dei valori di cui all’articolo 2 TUE; che, quando gli Stati membri eseguono il bilancio dell’Unione, il rispetto dello Stato di diritto è un presupposto essenziale per il rispetto dei principi di una sana gestione finanziaria, sanciti nell’articolo 317 TFUE; che gli Stati membri possono garantire una sana gestione finanziaria solo se le loro autorità pubbliche agiscono in conformità della legge, se le violazioni del diritto sono effettivamente perseguite e se le decisioni arbitrarie o illegittime delle autorità pubbliche possono essere soggette a un effettivo controllo giurisdizionale; e che l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura nonché dei servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale sono richieste come garanzia minima avverso decisioni illegittime e arbitrarie delle autorità pubbliche che possano ledere gli interessi finanziari dell’Unione. Secondo il considerando 13 del medesimo regolamento, in tale contesto, vi è pertanto «una chiara correlazione tra il rispetto dello Stato di diritto e l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione in conformità dei principi di sana gestione finanziaria», mentre il considerando 15 dello stesso precisa che «[l]e violazioni dei principi dello Stato di diritto, in particolare quell[e] che si ripercuotono sul corretto funzionamento delle autorità pubbliche e sull’effettivo controllo giurisdizionale, possono nuocere gravemente agli interessi finanziari dell’Unione». |
131 |
Quanto al considerando 14 del regolamento impugnato, pur indicando che il meccanismo da questo previsto «integra» gli strumenti che promuovono lo Stato di diritto e la sua applicazione, esso precisa che tale meccanismo contribuisce a tale promozione «proteggendo il bilancio dell’Unione da violazioni dei principi dello Stato di diritto che ne compromettono la sana gestione finanziaria o incidono sulla tutela degli interessi finanziari dell’Unione». |
132 |
In quarto luogo, quanto all’affermazione della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, secondo cui i considerando da 7 a 9, 13 e 15 del regolamento impugnato si riferiscono all’esistenza di un nesso tra il rispetto dello Stato di diritto e la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione senza tuttavia dimostrarlo, occorre rilevare che il legislatore dell’Unione ha potuto dedurre le constatazioni di cui ai suddetti considerando da valutazioni di esperti di cui esso si è avvalso nel corso della procedura legislativa, tra le quali figura il parere n. 1/2018 della Corte dei conti concernente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 maggio 2018, sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri (GU 2018, C 291, pag. 1), che ha portato al regolamento contestato. Dai punti 10 e 11 di tale parere risulta infatti che tale istituzione ha concordato con «l’opinione della Commissione secondo cui decisioni illegittime e arbitrarie delle autorità pubbliche responsabili della gestione dei fondi e del controllo giurisdizionale possono ledere gli interessi finanziari dell’Unione» e ha riconosciuto che «l’indipendenza e l’imparzialità del potere giudiziario sono essenziali per la sana gestione finanziaria e per la salvaguardia del bilancio dell’[Unione], in particolare quando si tratta di far rispettare l’esito dei procedimenti giudiziari, lottare contro le frodi e salvaguardare altri interessi legittimi dell’[Unione]». |
133 |
Analogamente, ai punti 1.3 e 1.4 del suo parere del 18 ottobre 2018 su tale proposta di regolamento (GU 2019, C 62, pag. 173), il Comitato economico e sociale europeo ha precisato che «soltanto con l’esistenza reale di uno Stato di diritto i cittadini possono avere fiducia che la spesa dell’[Unione] negli Stati membri sia sufficientemente tutelata», che «la proposta [che ha portato all’adozione di tale regolamento] rafforzerà (...) la protezione degli interessi finanziari dell’[Unione]» e che «una minaccia seria, persistente e sistemica per lo Stato di diritto, (...) – per [sua] stessa natura – [può] rappresentare direttamente un rischio per gli interessi finanziari dell’[Unione]». |
134 |
In quinto luogo, nella relazione che accompagna la sua proposta che ha portato all’adozione del regolamento impugnato, la Commissione ha indubbiamente affermato che erano stati espressi auspici affinché l’Unione prendesse provvedimenti per tutelare lo Stato di diritto e, pertanto, adottasse misure volte a garantirne il rispetto. Tuttavia, nella medesima relazione, la Commissione ha giustificato la sua proposta con la necessità di «tutelare gli interessi finanziari dell’Unione dal rischio di perdite finanziarie causate da carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto in uno Stato membro». |
135 |
In sesto luogo, per quanto riguarda le statistiche che dimostrano che, al momento dell’adozione del regolamento impugnato, non vi sarebbe stata alcuna necessità oggettiva di proteggere il bilancio dell’Unione, si deve rilevare che tali statistiche vertono, secondo la Repubblica di Polonia stessa, sulla percentuale di errori constatati negli anni dal 2014 al 2016. Orbene, tale regolamento mira a rimediare non già agli errori che possono essere commessi nell’esecuzione del bilancio dell’Unione, bensì ai pregiudizi e ai seri rischi di pregiudizi per tale bilancio o per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione che possono risultare da violazioni dei principi dello Stato di diritto. |
136 |
In ogni caso, l’argomentazione della Repubblica di Polonia diretta a rimettere in discussione l’opportunità stessa del regolamento impugnato, per il motivo che quest’ultimo non risponderebbe a una necessità oggettiva, non può essere sufficiente a dimostrare che il legislatore dell’Unione ha travalicato i limiti delle sue competenze. |
137 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre constatare che, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, la finalità del regolamento impugnato consiste nel proteggere il bilancio dell’Unione da pregiudizi derivanti per quest’ultimo in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro, e non già nel sanzionare, di per sé, simili violazioni. |
138 |
Orbene, tale finalità è coerente con l’esigenza secondo la quale il bilancio dell’Unione deve essere eseguito in conformità del principio di sana gestione finanziaria, prevista in particolare all’articolo 310, paragrafo 5, TFUE, esigenza che è applicabile all’insieme delle disposizioni del titolo II della parte sesta del Trattato FUE relative all’esecuzione del bilancio dell’Unione e, pertanto, in particolare, all’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
139 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma poi, in sostanza, che il regolamento impugnato non può legittimamente, in considerazione del suo contenuto, poggiarsi sulla base giuridica costituita dall’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, in particolare per quanto riguarda i suoi articoli da 2 a 4. L’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE non consentirebbe infatti né di precisare i valori contenuti nell’articolo 2 TUE né, pertanto, di definire la nozione di «Stato di diritto», di estendere tale nozione agli altri valori contenuti nell’articolo 2 TUE oppure di constatare violazioni dello Stato di diritto, indipendentemente dal loro nesso con il bilancio dell’Unione. Inoltre, all’Unione non sarebbe attribuita alcuna competenza a disciplinare taluni aspetti della nozione di «Stato di diritto», quali le caratteristiche del processo legislativo. La Repubblica di Polonia sottolinea che il meccanismo istituito dal regolamento impugnato subordina i versamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto da parte degli Stati membri non già di obblighi concreti, in relazione con il principio della sana gestione finanziaria, bensì dei principi dello Stato di diritto. Orbene, un meccanismo di condizionalità dovrebbe definire con precisione le condizioni per ottenere i fondi, le quali dovrebbero presentare un nesso sufficientemente diretto con gli obiettivi del finanziamento. Il nesso tra la violazione di una di tali condizioni e la perdita del finanziamento dovrebbe essere dimostrato e una sanzione potrebbe essere disposta solo qualora sia accertato che la violazione di cui trattasi incide sulla realizzazione degli obiettivi o sul corretto utilizzo dei fondi. L’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento in questione sarebbero nondimeno formulati in termini molto generici, che non forniscono criteri concreti di valutazione del rispetto dello Stato di diritto. In particolare, l’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del medesimo regolamento consentirebbe di ricomprendere situazioni e condotte non ancora identificate, aprendo così la strada all’elaborazione ex post dei criteri diretti a valutare violazioni dei principi dello Stato di diritto e, pertanto, a conferire al meccanismo istituito dal regolamento impugnato il carattere di un meccanismo sanzionatorio. |
140 |
A tale riguardo, in primo luogo, le parti del procedimento concordano nel ritenere che un «meccanismo di condizionalità», che subordina il beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto di talune condizioni, possa rientrare nella nozione di «regole finanziarie», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
141 |
Tuttavia, mentre la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, ritiene che una simile condizione debba essere strettamente connessa a uno degli obiettivi di un programma o di un’azione specifica dell’Unione, oppure alla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione, il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, ritengono che un meccanismo del genere possa anche avere il carattere di una «condizionalità orizzontale», nel senso che la condizione in questione può essere connessa al valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE, che deve essere rispettato in tutti i settori di azione dell’Unione. |
142 |
A questo proposito, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 2 TUE, l’Unione si fonda su valori, tra i quali lo Stato di diritto, che sono comuni agli Stati membri e che, conformemente all’articolo 49 TUE, il rispetto di tali valori costituisce una condizione preliminare per l’adesione all’Unione di qualsiasi Stato europeo che chieda di diventare membro dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punti 160 e 161 e giurisprudenza ivi citata). |
143 |
Infatti, come rilevato al considerando 5 del regolamento impugnato, quando uno Stato candidato diventa uno Stato membro, aderisce a una costruzione giuridica che poggia sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, i valori comuni contenuti nell’articolo 2 TUE, sui quali l’Unione si fonda. Tale premessa fa parte delle caratteristiche specifiche ed essenziali del diritto dell’Unione, attinenti alla sua stessa natura, che risultano dall’autonomia di cui gode detto diritto nei confronti dei diritti degli Stati membri nonché del diritto internazionale. Essa implica e giustifica l’esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto al riconoscimento di tali valori e, pertanto, al rispetto del diritto dell’Unione che li attua [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti da 166 a 168; sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 30, e del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 62]. Tale considerando precisa altresì che le leggi e le prassi degli Stati membri dovrebbero continuare a rispettare i valori comuni sui quali l’Unione si fonda. |
144 |
Ne consegue che il rispetto da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a tale Stato membro (sentenze del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 63; del 18 maggio 2021, AsociaţiaForumul Judecătorilor din România e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 162, e del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 162). Infatti, il rispetto di tali valori non può essere ridotto a un obbligo cui uno Stato candidato è tenuto al fine di aderire all’Unione e al quale potrebbe sottrarsi dopo la sua adesione. |
145 |
I valori contenuti nell’articolo 2 TUE sono stati identificati e sono condivisi dagli Stati membri. Essi definiscono l’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune. Pertanto, l’Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni previste dai trattati, di difendere detti valori. |
146 |
Ne consegue che, conformemente al principio di attribuzione delle competenze sancito all’articolo 5, paragrafo 2, TUE, nonché al principio di coerenza delle politiche dell’Unione previsto all’articolo 7 TFUE, il valore comune all’Unione e agli Stati membri costituito dallo Stato di diritto, il quale fa parte dei fondamenti stessi dell’Unione e del suo ordinamento giuridico, è idoneo a fondare un meccanismo di condizionalità rientrante nella nozione di «regole finanziarie» ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
147 |
A tale riguardo, occorre rilevare, da un lato, che il bilancio dell’Unione è uno dei principali strumenti che consentono di concretizzare, nelle politiche e nelle azioni dell’Unione, il principio di solidarietà, di cui all’articolo 2 TUE, il quale costituisce a sua volta uno dei principi fondamentali del diritto dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 15 luglio 2021, Germania/Polonia, C‑848/19 P, EU:C:2021:598, punto 38), e, dall’altro, che l’attuazione di tale principio, mediante tale bilancio, si basa sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri nell’utilizzo responsabile delle risorse comuni iscritte nello stesso bilancio. Orbene, tale fiducia reciproca si basa a sua volta, come ricordato al punto 143 della presente sentenza, sull’impegno di ciascuno degli Stati membri a conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e a rispettare in modo continuativo, come rileva altresì il considerando 5 del regolamento impugnato, i valori contenuti nell’articolo 2 TUE, tra i quali figura il valore dello Stato di diritto. |
148 |
Inoltre, come rilevato al considerando 13 del regolamento impugnato, vi è una chiara correlazione tra il rispetto del valore dello Stato di diritto, da un lato, e l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione, in conformità dei principi di sana gestione finanziaria, nonché la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, dall’altro. |
149 |
Tale sana gestione finanziaria e tali interessi finanziari possono infatti essere gravemente compromessi da violazioni dei principi dello Stato di diritto commesse in uno Stato membro, giacché tali violazioni possono comportare, in particolare, l’assenza di garanzia che spese coperte dal bilancio dell’Unione soddisfino tutte le condizioni di finanziamento previste dal diritto dell’Unione e, pertanto, rispondano agli obiettivi perseguiti dall’Unione quando essa finanzia spese di tal genere. |
150 |
In particolare, il rispetto di tali condizioni e di tali obiettivi, in quanto elementi del diritto dell’Unione, non può essere pienamente garantito in assenza di un sindacato giurisdizionale effettivo destinato ad assicurare il rispetto del diritto dell’Unione, fermo restando che l’esistenza di un simile sindacato, sia negli Stati membri sia a livello dell’Unione, da parte di organi giurisdizionali indipendenti, è intrinseca a uno Stato di diritto (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punti 219 e 222). |
151 |
Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, un meccanismo di condizionalità può rientrare nella nozione di «regole finanziarie» di cui all’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE anche allorché esso istituisce, ai fini del beneficio di finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione, una condizionalità orizzontale che è connessa al rispetto da parte di uno Stato membro del valore dello Stato di diritto, contenuto nell’articolo 2 TUE, e che si riferisce all’esecuzione del bilancio dell’Unione. |
152 |
Orbene, l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato istituisce un simile meccanismo di condizionalità orizzontale, in quanto prevede che siano adottate opportune misure qualora siano accertate violazioni dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
153 |
L’articolo 5, paragrafo 1, di tale regolamento, infatti, prevede tassativamente le «opportune misure» che possono essere adottate, le quali sono riassunte al punto 126 della presente sentenza e si riferiscono tutte effettivamente all’esecuzione del bilancio dell’Unione. |
154 |
Per quanto riguarda la condizione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato, relativa all’esistenza di «violazioni dei principi dello Stato di diritto», l’articolo 2, lettera a), del medesimo dispone che per «Stato di diritto» si intende, ai sensi di tale regolamento, il «valore dell’Unione sancito nell’articolo 2 TUE» e precisa che in tale nozione rientrano i principi di legalità, della certezza del diritto, del divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, della tutela giurisdizionale effettiva, della separazione dei poteri nonché della non discriminazione e dell’uguaglianza di fronte alla legge. La medesima disposizione sottolinea, nondimeno, che la nozione di «Stato di diritto», come definita ai fini dell’applicazione di detto regolamento, «è da intendersi alla luce degli altri valori e principi dell’Unione sanciti nell’articolo 2 TUE». Ne consegue che il rispetto di tali valori e di tali principi – in quanto partecipi della definizione stessa del valore dello «Stato di diritto» contenuto nell’articolo 2 TUE o, come emerge dalla seconda frase di tale articolo, intimamente collegati a una società rispettosa dello Stato di diritto – può essere richiesto nell’ambito di un meccanismo di condizionalità orizzontale come quello istituito dal regolamento impugnato. |
155 |
Inoltre, l’articolo 3 del regolamento impugnato, che cita casi che possono essere indicativi di violazioni di tali principi, tra i quali figura il fatto di non garantire l’assenza di conflitti di interesse, mira, come rilevato dall’avvocato generale Campos Sánchez‑Bordona ai paragrafi 152 e 280 delle conclusioni nella causa Ungheria/Parlamento e Consiglio (C‑156/21, EU:C:2021:974), a facilitare l’applicazione di tale regolamento. |
156 |
Quanto all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, da esso emerge che, per poter rientrare nel meccanismo di condizionalità orizzontale istituito al paragrafo 1 del medesimo articolo, le violazioni dei principi dello Stato di diritto devono interessare quelle situazioni o condotte di autorità che sono elencate alle lettere da a) a h) di tale paragrafo 2, purché siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
157 |
Da quanto precede risulta che l’articolo 2, lettera a), l’articolo 3, l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento impugnato sono elementi costitutivi del meccanismo di condizionalità orizzontale istituito all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, in quanto stabiliscono le definizioni necessarie per la sua attuazione, specificano il suo ambito di applicazione e prevedono le misure cui esso può condurre. Tali disposizioni costituiscono dunque parte integrante di tale meccanismo e rientrano, pertanto, nella nozione di «regole finanziarie», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE. |
158 |
In secondo luogo, tale constatazione non è inficiata dall’argomentazione della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, secondo cui all’Unione non sarebbe stata attribuita alcuna competenza ad adottare una normativa riguardante aspetti specifici della nozione di «Stato di diritto», quali un processo legislativo responsabile, democratico e trasparente. |
159 |
Invero, come rilevato al punto 125 della presente sentenza, da una lettura complessiva dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impugnato risulta che la procedura da esso prevista ai fini dell’adozione di «opportune misure» di protezione del bilancio dell’Unione può essere avviata dalla Commissione solo qualora tale istituzione concluda che sussistono motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si siano verificate violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
160 |
Inoltre, come constatato al punto 156 della presente sentenza, dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato emerge che, per poter rientrare nel meccanismo di condizionalità orizzontale istituito al paragrafo 1 del medesimo articolo, le violazioni dei principi dello Stato di diritto devono interessare quelle situazioni o condotte di autorità che sono elencate alle lettere da a) a h) di tale paragrafo 2, purché siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
161 |
Orbene, tale rilevanza può essere presunta per l’attività delle autorità che eseguono il bilancio dell’Unione e che sono preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari, di cui alle lettere a) e b) del suddetto paragrafo 2. Quanto ai servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale, il loro corretto funzionamento è contemplato, alla lettera c) dello stesso, solo nei limiti in cui esso riguarda violazioni del diritto dell’Unione relative all’esecuzione del bilancio dell’Unione o alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Lo stesso vale per la prevenzione e la sanzione, da parte degli organi giurisdizionali nazionali o delle autorità amministrative, delle violazioni del diritto dell’Unione menzionate alla lettera e). Quanto al controllo giurisdizionale menzionato alla lettera d), esso è contemplato solo nei limiti in cui riguarda la condotta delle autorità menzionata alle suddette lettere da a) a c). Il recupero dei fondi indebitamente versati, previsto alla lettera f), riguarda solo fondi provenienti dal bilancio dell’Unione, il che vale anche per la cooperazione con l’OLAF e la Procura europea (EPPO), menzionata alla lettera g). Infine, la lettera h) riguarda espressamente qualsiasi altra situazione o condotta di autorità rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
162 |
Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, da un lato, il regolamento impugnato consente alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni negli Stati membri solo nei limiti in cui esse siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari e, dall’altro, possono essere adottate opportune misure in forza di tale regolamento solo qualora sia accertato che situazioni del genere comportano una violazione di uno dei principi dello Stato di diritto che compromette o rischia seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o la tutela di tali interessi finanziari. |
163 |
Orbene, tali situazioni, rilevanti per l’esecuzione del bilancio dell’Unione, non solo ricadono nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, ma possono anche, come constatato al punto 151 della presente sentenza, rientrare nell’ambito di una regola finanziaria, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, che assume la forma di un meccanismo di condizionalità orizzontale collegato al rispetto da parte di uno Stato membro del valore dello Stato di diritto. |
164 |
In terzo luogo, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, il fatto che un meccanismo di condizionalità orizzontale rispondente ai criteri individuati al punto 151 della presente sentenza, relativi al rispetto da parte di uno Stato membro del valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE e riferiti all’esecuzione del bilancio dell’Unione, possa rientrare nella nozione di «regole finanziarie che stabiliscono in particolare le modalità relative (...) all’esecuzione del bilancio», ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, non estende la portata di tale nozione al di là di quanto è necessario per l’esecuzione efficiente del bilancio dell’Unione. |
165 |
Infatti, l’articolo 4 del regolamento impugnato limita, al paragrafo 2, l’ambito di applicazione del meccanismo di condizionalità istituito dallo stesso regolamento alle situazioni e alle condotte di autorità che presentano un nesso con l’esecuzione del bilancio dell’Unione e richiede, al paragrafo 1, che l’adozione di opportune misure sia subordinata all’esistenza di violazioni dei principi dello Stato di diritto che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. Quest’ultima condizione richiede quindi che venga accertato un nesso effettivo tra tali violazioni e un simile pregiudizio o un simile rischio serio di pregiudizio. |
166 |
Va sottolineato, al riguardo, che l’applicazione dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento impugnato è soggetta ai requisiti procedurali specificati all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del medesimo, i quali implicano, come rileva il considerando 26 del regolamento in questione, l’obbligo per la Commissione di basarsi, quando verifica se l’adozione di opportune misure sia giustificata, su elementi di prova e di rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
167 |
Per quanto riguarda, nello specifico, l’individuazione e la valutazione di violazioni dei principi dello Stato di diritto, il considerando 16 del regolamento impugnato precisa che tale valutazione deve essere oggettiva, imparziale ed equa. Inoltre, il rispetto di tutti questi obblighi è soggetto a un sindacato giurisdizionale completo da parte della Corte. |
168 |
In quarto luogo, per quanto concerne le obiezioni secondo le quali il meccanismo di condizionalità istituito dal regolamento impugnato non subordinerebbe i versamenti provenienti dal bilancio dell’Unione al rispetto da parte degli Stati membri di obblighi concreti definiti con precisione, l’articolo 3 e l’articolo 4, paragrafo 2, dello stesso regolamento utilizzerebbero termini generici che non stabilirebbero criteri concreti di valutazione del rispetto dello Stato di diritto e l’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del medesimo consentirebbe di ricomprendere situazioni e condotte non ancora individuate, occorre rilevare, anzitutto, che dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento in questione emerge che la condizione relativa allo Stato di diritto riguarda il rispetto dei principi menzionati all’articolo 2, lettera a), dello stesso regolamento. |
169 |
Orbene, il rispetto dei principi dello Stato di diritto costituisce un obbligo di risultato per gli Stati membri, che discende direttamente, come ricordato ai punti da 142 a 145 della presente sentenza, dalla loro appartenenza all’Unione. Il considerando 3 del regolamento impugnato sottolinea che tali principi sono stati oggetto di una copiosa giurisprudenza della Corte, mentre i considerando da 8 a 10 e 12 dello stesso regolamento enunciano i principali requisiti derivanti da questi ultimi. Detti principi sono ulteriormente precisati all’articolo 3 del regolamento in questione, mediante l’esposizione di casi che possono essere indicativi di violazioni degli stessi, nonché all’articolo 4, paragrafo 2, del medesimo regolamento, mediante l’individuazione di situazioni e di condotte di autorità che possono dar luogo all’adozione di opportune misure laddove siano soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 1 di tale articolo 4. |
170 |
Inoltre, la genericità dei termini utilizzati all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato non è tale da rimettere in discussione la scelta dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE quale base giuridica di tale regolamento. |
171 |
Da un lato, per quanto riguarda l’articolo 3 del regolamento impugnato, fatta salva la questione se gli elementi di valutazione del rispetto dei principi dello Stato di diritto fissati a tale articolo soddisfino i requisiti del principio della certezza del diritto, che è oggetto del nono motivo di ricorso, non si può pretendere che il legislatore dell’Unione precisi, nell’ambito di un simile meccanismo di condizionalità, tutte le ipotesi di violazione dei principi costitutivi dello Stato di diritto, ove una violazione del genere si caratterizza per l’inosservanza di requisiti noti in modo sufficientemente concreto e preciso agli Stati membri. Giacché, come rilevato al punto 155 della presente sentenza, detto articolo 3 si limita a citare casi che possono essere indicativi di violazioni dei principi costitutivi dello Stato di diritto, al fine di facilitare l’applicazione di tale meccanismo, questo stesso articolo è, come rilevato al punto 157 della presente sentenza, indissolubilmente legato allo stesso meccanismo e non è quindi idoneo a rimettere in discussione la scelta dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE quale base giuridica del regolamento impugnato. |
172 |
Dall’altro lato, per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, come ricordato al punto 156 della presente sentenza, tale disposizione precisa che, per poter rientrare nel meccanismo di condizionalità orizzontale istituito al paragrafo 1 di tale articolo, le violazioni dei principi dello Stato di diritto devono interessare quelle situazioni o condotte di autorità che sono ivi elencate, purché queste siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
173 |
Orbene, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, tale disposizione, in particolare la lettera h) della stessa, non è né tale da rendere non tassative le fattispecie ricomprese dal meccanismo di condizionalità istituito dal regolamento impugnato né insufficientemente precisa per far parte di quest’ultimo. |
174 |
Dal combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera h), del regolamento impugnato risulta infatti che sono adottate opportune misure qualora sia accertata la commissione di una violazione di uno dei principi menzionati all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento, che riguardi una situazione imputabile a un’autorità di uno Stato membro o una condotta di una tale autorità, purché tale situazione o condotta sia rilevante per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari, e purché detta violazione comprometta o rischi seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o tali interessi finanziari. |
175 |
Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, nella parte in cui si riferisce, alle lettere da a) a g), a talune autorità, tra cui le «autorità che eseguono il bilancio dell’Unione», le «autorità preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari» o ancora le «autorità amministrative», fornisce indicazioni sulle autorità alle quali fa riferimento la sua lettera h). |
176 |
Per di più, dalla definizione della nozione di «soggetto pubblico» di cui all’articolo 2, lettera b), del regolamento impugnato si può dedurre che sono contemplate le autorità pubbliche a qualsiasi livello di governo, comprese le autorità nazionali, regionali e locali, nonché gli istituti di diritto pubblico, o anche le entità di diritto privato investite di attribuzioni di servizio pubblico che presentano sufficienti garanzie finanziarie fornite dallo Stato membro. Tale constatazione è avvalorata dai considerando 3, 8, 9, 15 e 19 di tale regolamento e dall’articolo 3, lettera b), del medesimo, che fanno riferimento esclusivamente ad «autorità pubbliche», ad «autorità di contrasto» e ad «autorità nazionali». |
177 |
Di conseguenza, poiché dai termini dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato risulta inequivocabilmente che sono contemplate esclusivamente situazioni o condotte imputabili a un’autorità di uno Stato membro purché tali situazioni o condotte siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari, l’argomentazione della Repubblica di Polonia secondo cui essa non è in grado di individuare, sulla base di tali criteri, in modo sufficientemente concreto e preciso, le situazioni e le condotte contemplate e che, pertanto, tale disposizione non può essere un elemento costitutivo del meccanismo di condizionalità istituito dal regolamento impugnato sulla base dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE deve essere respinta. |
178 |
In quinto luogo, quanto alle critiche rivolte contro l’asserita mancanza di un obbligo di dimostrare l’esistenza di un nesso sufficientemente diretto tra la violazione di un principio dello Stato di diritto e la protezione del bilancio o degli interessi finanziari dell’Unione, occorre ricordare che l’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato subordina l’adozione di opportune misure ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo all’esistenza di una violazione dei principi dello Stato di diritto che interessi situazioni o condotte di autorità rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. Inoltre, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento, solo violazioni di tali principi che compromettano «in modo sufficientemente diretto» tale sana gestione finanziaria o tali interessi finanziari o che rischino seriamente di comprometterli «in modo sufficientemente diretto» possono giustificare l’adozione di misure ai sensi del regolamento di cui trattasi. |
179 |
Di conseguenza, l’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento impugnato richiede che sia sistematicamente dimostrato un nesso sufficientemente diretto tra una violazione del genere e un pregiudizio o un rischio serio di pregiudizio per tale sana gestione o per tali interessi finanziari, nesso che, come rilevato al punto 165 della presente sentenza, deve essere effettivo. Dai punti da 168 a 170 della presente sentenza risulta inoltre che tale nesso si collega all’inosservanza da parte di uno Stato membro di uno degli obblighi di risultato che fanno parte del valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE e che tale Stato si è impegnato, con la sua adesione all’Unione, ad assumere pienamente. |
180 |
Pertanto, e tenuto conto anche di quanto esposto al punto 166 della presente sentenza, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, erra nell’affermare che un simile nesso possa essere automaticamente constatato. |
181 |
In sesto luogo, non può essere accolta neppure l’affermazione secondo la quale il potere discrezionale conferito dal regolamento impugnato al Consiglio e alla Commissione consentirebbe a tali istituzioni di utilizzare il meccanismo di condizionalità istituito da tale regolamento come un meccanismo volto a sanzionare le violazioni dei principi dello Stato di diritto, basandosi su valutazioni di natura politica. |
182 |
Alla luce dei requisiti ricordati ai punti 166 e 167 della presente sentenza, non si può infatti presumere, come fa la Repubblica di Polonia, che il potere discrezionale conferito alla Commissione e al Consiglio consenta a tali istituzioni di applicare il meccanismo di condizionalità istituito dal regolamento impugnato come un meccanismo volto a sanzionare le violazioni dei principi dello Stato di diritto. |
183 |
In settimo luogo, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, erra nell’affermare che il regolamento impugnato avrebbe dovuto essere fondato sull’articolo 311, terzo comma, TFUE, relativo al sistema delle risorse proprie, o sull’articolo 312, paragrafo 2, TFUE, relativo al quadro finanziario pluriennale. |
184 |
Infatti, da un lato, ai sensi dell’articolo 311, terzo comma, TFUE, il Consiglio «adotta una decisione che stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie dell’Unione», con la precisazione che in «tale contesto [gli] è possibile istituire nuove categorie di risorse proprie o sopprimere una categoria esistente». |
185 |
Orbene, come correttamente sostenuto dal Consiglio, il regolamento impugnato non istituisce una nuova categoria di risorse proprie dell’Unione né ne sopprime alcuna. Inoltre, esso non disciplina l’interazione tra i diversi tipi di risorse proprie e non stabilisce modalità di applicazione relative alla riscossione di dette risorse proprie. |
186 |
Se è pur vero che tale regolamento può anche riguardare violazioni dei principi dello Stato di diritto che incidono sulla riscossione delle risorse proprie dell’Unione, resta tuttavia il fatto che esso ha lo scopo non già di modulare o di adeguare la riscossione di tali risorse a seconda delle violazioni constatate, bensì di adottare opportune misure riguardanti spese da effettuare a carico del bilancio dell’Unione qualora dette violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela degli interessi finanziari dell’Unione. Ne consegue che esso verte non già sulla riscossione delle risorse proprie dell’Unione, bensì sull’esecuzione del suo bilancio. |
187 |
Dall’altro lato, l’articolo 312, paragrafo 2, TFUE dispone che il Consiglio «adotta un regolamento che fissa il quadro finanziario pluriennale». |
188 |
Orbene, il regolamento impugnato non ha affatto lo scopo, come giustamente rilevato dal Consiglio, di pianificare le spese dell’Unione su un determinato periodo fissando gli importi dei massimali annui degli stanziamenti per impegni e degli stanziamenti per pagamenti. Tale regolamento è, inoltre, concepito come un meccanismo permanente di condizionalità che si applica al di là dei limiti di un determinato quadro finanziario pluriennale. |
189 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le affermazioni della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, vertenti sul difetto di base giuridica del regolamento impugnato, in quanto quest’ultimo non stabilirebbe regole finanziarie ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, devono essere respinte. |
190 |
Tuttavia, occorre ancora verificare se, come afferma, in sostanza, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, regole finanziarie come quelle previste dal regolamento impugnato non possano essere adottate dal legislatore dell’Unione, per via del fatto che esse eludono l’articolo 7 TUE e l’articolo 269 TFUE. |
b) Sull’elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE
191 |
In primo luogo, per quanto attiene al carattere esclusivo della procedura prevista all’articolo 7 TUE per la tutela dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma, in sostanza, che una violazione dei principi dello Stato di diritto può essere constatata solo dal Consiglio europeo, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, TUE. Solo tale istituzione potrebbe, in virtù della sua composizione, garantire il controllo del rispetto del valore dello Stato di diritto, il quale avrebbe carattere discrezionale e potrebbe dipendere da considerazioni politiche. L’unica eccezione a tale potere esclusivo del Consiglio europeo risulterebbe dall’obbligo per gli Stati membri, promanante dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, di garantire un controllo giurisdizionale effettivo. Tale potere esclusivo sarebbe confermato dalla sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:1033, punti da 57 a 60), con la quale la Corte ha dichiarato che, qualora siano constatate carenze sistemiche per quanto riguarda l’indipendenza del potere giudiziario di uno Stato membro, il meccanismo del mandato d’arresto europeo può essere sospeso solo dal Consiglio, a norma dell’articolo 7, paragrafo 3, TUE. |
192 |
A tale riguardo, occorre anzitutto ricordare che i valori fondanti dell’Unione e comuni agli Stati membri, contenuti nell’articolo 2 TUE, comprendono quelli del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, in una società caratterizzata in particolare dalla non discriminazione, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. |
193 |
Il preambolo della Carta ricorda, in particolare, che l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello Stato di diritto e riconosce i diritti, le libertà e i principi enunciati nella stessa Carta. Gli articoli 6, da 10 a 13, 15, 16, 20, 21 e 23 di quest’ultima precisano la portata dei valori della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza, del rispetto dei diritti umani, della non discriminazione e della parità tra donne e uomini, contenuti nell’articolo 2 TUE. L’articolo 47 della Carta e l’articolo 19 TUE garantiscono in particolare il diritto a un ricorso effettivo e il diritto a un giudice indipendente e imparziale precostituito per legge, per quanto riguarda la tutela dei diritti e delle libertà garantiti dal diritto dell’Unione. |
194 |
Inoltre, gli articoli 8 e 10, l’articolo 19, paragrafo 1, l’articolo 153, paragrafo 1, lettera i), e l’articolo 157, paragrafo 1, TFUE precisano la portata dei valori di uguaglianza, di non discriminazione e della parità tra donne e uomini e consentono al legislatore dell’Unione di adottare norme di diritto derivato dirette ad attuare tali valori. |
195 |
Dai due punti precedenti si ricava che, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, oltre alla procedura prevista all’articolo 7 TUE, numerose disposizioni dei trattati, frequentemente concretizzate da diversi atti di diritto derivato, conferiscono alle istituzioni dell’Unione la competenza a esaminare, constatare e, se del caso, sanzionare violazioni dei valori enunciati all’articolo 2 TUE commesse in uno Stato membro. |
196 |
Per quanto attiene in particolare al valore dello Stato di diritto, taluni aspetti di questo sono tutelati dall’articolo 19 TUE, come riconosce d’altronde la Repubblica di Polonia. Lo stesso vale per gli articoli da 47 a 50 della Carta, contenuti nel titolo VI della stessa, rubricato «Giustizia», che garantiscono, rispettivamente, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, la presunzione di innocenza e i diritti della difesa, i principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene e il diritto a non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato. |
197 |
Più nello specifico, la Corte ha dichiarato che l’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE, impone agli Stati membri, conformemente al paragrafo 1, secondo comma, dello stesso articolo 19, di prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca ai singoli il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici alla Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punti 108 e 109 e giurisprudenza ivi citata]. Orbene, il rispetto di tale requisito può essere controllato dalla Corte, in particolare nell’ambito di un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione ai sensi dell’articolo 258 TFUE [v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punti 58 e 59, e del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari), C‑192/18, EU:C:2019:924, punti 106 e 107]. |
198 |
La Corte ha inoltre dichiarato che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, interpretato alla luce dell’articolo 47 della Carta, pone a carico degli Stati membri un obbligo di risultato chiaro e preciso e non accompagnato da alcuna condizione con riferimento all’indipendenza che deve caratterizzare i giudici chiamati a interpretare e ad applicare il diritto dell’Unione, sicché un giudice nazionale è tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione del diritto nazionale che violi l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, se del caso dopo aver ottenuto dalla Corte un’interpretazione di quest’ultima disposizione nell’ambito di un procedimento di rinvio pregiudiziale [v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici alla Corte suprema – Ricorsi), C‑824/18, EU:C:2021:153, punti da 142 a 146]. |
199 |
Dalle considerazioni di cui ai punti da 195 a 198 della presente sentenza risulta quindi che l’argomentazione della Repubblica di Polonia secondo la quale il valore dello Stato di diritto può essere tutelato dall’Unione solo nell’ambito della procedura prevista all’articolo 7 TUE deve essere respinto. |
200 |
Poi, anche supponendo che il controllo, da parte dei rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio europeo e al Consiglio, del rispetto del valore dello Stato di diritto nell’ambito di una procedura ai sensi dell’articolo 7 TUE possa essere fondato su considerazioni politiche, in ogni caso, ciò non comporta tuttavia che qualsiasi valutazione del rispetto di tale valore ai sensi di un’altra disposizione del diritto dell’Unione sia necessariamente della stessa natura, come la Repubblica di Polonia d’altronde riconosce quando fa riferimento all’articolo 19 TUE. |
201 |
Orbene, per quanto riguarda il regolamento impugnato, come rilevato ai punti 168, 169 e 179 della presente sentenza, l’obbligo di rispettare i principi enunciati al suo articolo 2, lettera a), costituisce un obbligo di risultato per gli Stati membri, che discende direttamente, come ricordato ai punti da 142 a 145 della presente sentenza, dalla loro appartenenza all’Unione, in forza dell’articolo 2 TUE. Inoltre, il considerando 3 del regolamento impugnato ricorda che tali principi sono stati oggetto di una copiosa giurisprudenza della Corte, mentre i considerando da 8 a 10 e 12 di tale regolamento enunciano i principali requisiti derivanti da detti principi, i quali sono ulteriormente precisati sia all’articolo 3 del regolamento in questione, mediante l’esposizione di casi che possono essere indicativi di violazioni degli stessi, sia all’articolo 4, paragrafo 2, del medesimo regolamento, mediante l’individuazione di situazioni e di condotte di autorità che possono dar luogo all’adozione di opportune misure laddove siano soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 1 di tale articolo 4. |
202 |
Inoltre, ai punti 166 e 167 della presente sentenza è stato rilevato che le valutazioni della Commissione e del Consiglio sono soggette ai requisiti procedurali specificati all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del regolamento impugnato. |
203 |
Orbene, ciò considerato, la Repubblica di Polonia erra nell’affermare che i principi menzionati all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato sono di natura unicamente politica e che il controllo del loro rispetto non può essere oggetto di una valutazione strettamente giuridica. |
204 |
Infine, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica di Polonia, la sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C 412/20 PPU, EU:C:2020:1033), non ha affatto sancito il carattere esclusivo dell’articolo 7 TUE, ma si è limitata a determinare i casi in cui carenze sistemiche e generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario nello Stato membro di emissione di un mandato d’arresto europeo possono giustificare che non venga data esecuzione a tale mandato. |
205 |
In secondo luogo, per quanto riguarda la presunta elusione da parte del regolamento impugnato sia della procedura prevista all’articolo 7 TUE sia della limitazione delle competenze della Corte prevista all’articolo 269 TFUE, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma, in sostanza, che il meccanismo di condizionalità istituito da tale regolamento e la procedura prevista all’articolo 7 TUE coincidono in termini di obiettivi, di principi e di misure cui la loro attuazione può condurre. Orbene, il regolamento in questione fisserebbe norme procedurali più flessibili di quelle previste all’articolo 7 TUE e il suddetto meccanismo di condizionalità avrebbe una portata più ampia e potrebbe essere attuato più rapidamente della procedura prevista a tale articolo, di modo che esso priverebbe di qualsiasi effetto utile tale procedura, comportando un’elusione manifesta della stessa. Solo l’articolo 7 TUE autorizzerebbe infatti il Consiglio europeo e il Consiglio a controllare il rispetto dello Stato di diritto nei settori rientranti nella competenza esclusiva degli Stati membri. Di conseguenza, la Corte non disporrebbe di modelli di controllo sufficienti che le consentano di valutare, nell’ambito del sindacato giurisdizionale di una decisione del Consiglio adottata ai sensi del regolamento impugnato, la conformità dell’azione di uno Stato membro agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione. La definizione dello Stato di diritto di cui all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento diverrebbe dunque, in generale, vincolante, sia nell’ambito di una procedura avviata ai sensi dell’articolo 7 TUE, avente ad oggetto una violazione di tale valore o un rischio serio di violazione del medesimo, sia in quello di un sindacato giurisdizionale operato dalla Corte su una decisione che istituisce opportune misure ai sensi di detto regolamento, in violazione dell’articolo 269 TFUE. |
206 |
A tale riguardo, sotto un primo profilo, si deve rilevare che il legislatore dell’Unione non può istituire, senza violare l’articolo 7 TUE, una procedura parallela a quella prevista da tale disposizione, che abbia, in sostanza, il medesimo oggetto, persegua il medesimo obiettivo e consenta l’adozione di misure identiche, prevedendo al contempo l’intervento di altre istituzioni o condizioni sostanziali e procedurali diverse da quelle previste da detta disposizione. |
207 |
Tuttavia, il legislatore dell’Unione, quando dispone di una base giuridica a tal fine, è legittimato a istituire, in un atto di diritto derivato, altre procedure riguardanti i valori contenuti nell’articolo 2 TUE, tra i quali figura lo Stato di diritto, sempreché tali procedure si distinguano sia per il loro scopo sia per il loro oggetto dalla procedura prevista all’articolo 7 TUE (v., per analogia, sentenza del 7 febbraio 1979, Francia/Commissione, 15/76 e 16/76, EU:C:1979:29, punto 26; ordinanza dell’11 luglio 1996, An Taisce e WWF UK/Commissione, C‑325/94 P, EU:C:1996:293, punto 25, e sentenza dell’11 gennaio 2001, Grecia/Commissione, C‑247/98, EU:C:2001:4, punto 13). |
208 |
Nel caso di specie, quanto alle rispettive finalità della procedura di cui all’articolo 7 TUE e di quella prevista dal regolamento impugnato, dall’articolo 7, paragrafi da 2 a 4, TUE risulta che la procedura prevista da tale articolo consente in particolare al Consiglio, qualora il Consiglio europeo abbia constatato violazioni gravi e persistenti da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, di sospendere alcuni dei diritti derivanti a tale Stato membro dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro al Consiglio, e di decidere successivamente di modificare le misure adottate o di revocarle per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione. |
209 |
La procedura prevista all’articolo 7 TUE ha quindi la finalità di consentire al Consiglio di sanzionare violazioni gravi e persistenti dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, al fine, in particolare, di ingiungere allo Stato membro interessato di porre fine a tali violazioni. |
210 |
Invece, come risulta dai punti da 124 a 137 della presente sentenza, dalla natura delle misure che possono essere adottate in forza del regolamento impugnato nonché dalle condizioni per l’adozione e la revoca di tali misure risulta che la procedura istituita da tale regolamento ha la finalità di garantire, conformemente al principio di sana gestione finanziaria enunciato all’articolo 310, paragrafo 5, e all’articolo 317, primo comma, TFUE, la protezione del bilancio dell’Unione in caso di violazione dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro, e non già di sanzionare, mediante il bilancio dell’Unione, violazioni dei principi dello Stato di diritto. |
211 |
Ne consegue che la procedura prevista dal regolamento impugnato persegue una finalità diversa da quella dell’articolo 7 TUE. |
212 |
Per quanto riguarda l’oggetto di ciascuna di queste due procedure, si deve rilevare che l’ambito di applicazione della procedura prevista all’articolo 7 TUE verte sull’insieme dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, mentre quello della procedura istituita dal regolamento impugnato verte soltanto su uno di tali valori, ossia lo Stato di diritto. |
213 |
In più, nell’articolo 7 TUE può sussumersi qualsiasi violazione grave e persistente di un valore contenuto nell’articolo 2 TUE, mentre il regolamento impugnato autorizza l’esame delle violazioni dei principi dello Stato di diritto menzionati al suo articolo 2, lettera a), solo laddove sussistano motivi fondati per ritenere che esse abbiano un’incidenza sul bilancio. |
214 |
Quanto alle condizioni per l’avvio delle due procedure, occorre rilevare che la procedura prevista all’articolo 7 TUE può essere avviata, ai sensi del suo paragrafo 1, qualora sussista un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, nel qual caso il diritto di iniziativa spetta a un terzo degli Stati membri, al Parlamento o alla Commissione, e la soglia richiesta è inizialmente quella di un evidente rischio di violazione grave di tali valori e successivamente, per quanto riguarda la sospensione, in forza dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, di alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro interessato dall’applicazione dei trattati, quella di una violazione grave e persistente di tali valori da parte di quest’ultimo. La procedura istituita dal regolamento impugnato può invece essere avviata dalla sola Commissione, qualora sussistano motivi fondati per ritenere non soltanto che in uno Stato membro si siano verificate violazioni dei principi dello Stato di diritto, ma anche e soprattutto che tali violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
215 |
Inoltre, la sola condizione sostanziale richiesta per l’adozione di misure ai sensi dell’articolo 7 TUE risiede nella constatazione, da parte del Consiglio europeo, dell’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE. Invece, come rilevato al punto 165 della presente sentenza, a norma dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento impugnato, possono essere adottate misure ai sensi di tale regolamento solo qualora ricorrano due condizioni. Da un lato, deve essere accertato che una violazione dei principi dello Stato di diritto in uno Stato membro interessi almeno una delle situazioni o una delle condotte di autorità previste a tale paragrafo 2, purché queste siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. Dall’altro lato, deve altresì essere dimostrato che tali violazioni compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto tale sana gestione finanziaria o tali interessi finanziari, condizione questa che implica quindi di accertare l’esistenza di un nesso effettivo tra tali violazioni e un simile pregiudizio o un simile rischio serio di pregiudizio. |
216 |
Quanto alla natura delle misure che possono essere adottate sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 3, TUE, esse consistono nella sospensione di «alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio» e possono, pertanto, riguardare qualsiasi diritto derivante allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati. Le misure che possono essere adottate in forza del regolamento impugnato sono invece, dal canto loro, limitate a quelle elencate al suo articolo 5, paragrafo 1, e riassunte al punto 126 della presente sentenza, che sono tutte di natura finanziaria. |
217 |
Infine, l’articolo 7 TUE contempla la modifica e la revoca delle misure adottate solo per rispondere a cambiamenti della situazione che ha condotto alla loro adozione. L’articolo 7, paragrafo 2, commi secondo e terzo, del regolamento impugnato ricollega invece la revoca e la modifica delle misure adottate alle condizioni per l’adozione delle misure di cui all’articolo 4 di tale regolamento. Pertanto, tali misure possono essere revocate o modificate non soltanto nel caso in cui sia posto fine, almeno in parte, alle violazioni dei principi dello Stato di diritto nello Stato membro interessato, ma soprattutto in quello in cui tali violazioni, per quanto perduranti, non abbiano più incidenza sul bilancio dell’Unione. Ciò può verificarsi, in particolare, qualora esse non riguardino più almeno una delle situazioni o delle condotte di autorità di cui al paragrafo 2 di tale articolo, qualora tali situazioni o condotte non siano più rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari, qualora la violazione non comprometta più o non rischi più seriamente di compromettere tale sana gestione o tali interessi finanziari, o qualora il nesso tra la violazione di un principio dello Stato di diritto e un simile pregiudizio o un simile rischio serio di pregiudizio non presenti più un carattere sufficientemente diretto. |
218 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la procedura prevista all’articolo 7 TUE e quella istituita dal regolamento impugnato perseguono scopi diversi e hanno ciascuna un oggetto nettamente distinto. |
219 |
Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, non si può ritenere che il regolamento impugnato istituisca una procedura parallela che elude l’articolo 7 TUE. |
220 |
Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui solo l’articolo 7 TUE autorizzerebbe le istituzioni dell’Unione a controllare il rispetto dello Stato di diritto nei settori rientranti nella competenza esclusiva degli Stati membri, ai punti 162 e 163 della presente sentenza è stato constatato, da un lato, che il regolamento impugnato consente alle istituzioni dell’Unione di procedere a un esame di situazioni negli Stati membri solo nei limiti in cui esse siano rilevanti per l’esecuzione del bilancio dell’Unione, conformemente al principio di sana gestione finanziaria, o per la tutela degli interessi finanziari dell’Unione e, dall’altro, che possono essere adottate opportune misure ai sensi di tale regolamento solo qualora sia accertato che simili situazioni comportino una violazione di uno dei principi dello Stato di diritto che comprometta o rischi seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione finanziaria o la tutela di tali interessi finanziari. |
221 |
Orbene, poiché situazioni di tal genere si riferiscono all’esecuzione del bilancio dell’Unione e rientrano quindi nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, non può affermare che solo l’articolo 7 TUE consentirebbe il loro esame da parte delle istituzioni dell’Unione. |
222 |
Sotto un terzo profilo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui non esisterebbero modelli di controllo sufficienti che consentano alla Corte di valutare, in occasione di un sindacato giurisdizionale vertente su una decisione del Consiglio, la conformità dell’azione di uno Stato membro agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione, tale argomento deve essere respinto per le ragioni esposte ai punti 201 e 203 della presente sentenza. |
223 |
Sotto un quarto profilo, quanto all’affermazione della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, secondo cui la nozione di «Stato di diritto» quale definita all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato, diverrebbe, in generale, vincolante, sia nell’ambito di una procedura avviata ai sensi dell’articolo 7 TUE sia nell’ambito del sindacato giurisdizionale operato dalla Corte su una decisione che istituisce opportune misure ai sensi del medesimo regolamento, in violazione dell’articolo 269 TFUE, anzitutto, dai punti 144 e 154 della presente sentenza risulta che, fatta salva la questione se tale definizione soddisfi i requisiti del principio della certezza del diritto, che è oggetto del nono motivo di ricorso, la nozione di «Stato di diritto» di cui a tale articolo 2, lettera a), va intesa come il valore contenuto nell’articolo 2 TUE, che i principi ivi individuati fanno parte della definizione stessa di tale valore o sono intimamente collegati a una società rispettosa dello Stato di diritto e che, con la loro adesione all’Unione, gli Stati membri si sono impegnati a rispettare e a promuovere i valori contenuti nell’articolo 2 TUE, atteso che il loro rispetto costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti agli Stati membri dall’applicazione dei trattati. |
224 |
Ne consegue che il rispetto dei principi dello Stato di diritto menzionati all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato si impone già agli Stati membri, indipendentemente dal regolamento stesso. |
225 |
Va poi rilevato che l’articolo 269 TFUE riguarda, secondo il suo tenore letterale, soltanto il controllo di legittimità di un atto adottato dal Consiglio europeo o dal Consiglio in forza dell’articolo 7 TUE. |
226 |
Ciò posto, e alla luce delle constatazioni di cui ai punti 218 e 219 della presente sentenza, il controllo di legittimità che la Corte può essere indotta a effettuare, in particolare nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto sulla base dell’articolo 263 TFUE, su decisioni del Consiglio adottate ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 10, del regolamento impugnato non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 269 TFUE e non è, pertanto, soggetto alle norme specifiche previste da quest’ultimo. |
227 |
Ne consegue che il regolamento impugnato non attribuisce alla Corte alcuna nuova competenza. |
228 |
Infine, sentenze con cui la Corte statuisce su ricorsi proposti avverso decisioni del Consiglio adottate ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 10, di tale regolamento potrebbero essere prese in considerazione nell’ambito di una procedura avviata ai sensi dell’articolo 7 TUE, senza che ciò costituisca tuttavia una qualsivoglia elusione dell’articolo 269 TFUE. |
229 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere in quanto infondate le affermazioni della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, vertenti su un’elusione dell’articolo 7 TUE e dell’articolo 269 TFUE, sicché i motivi di ricorso primo, secondo, quinto, sesto e undicesimo devono essere respinti in quanto infondati. |
B. Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del protocollo n. 2
1. Argomenti delle parti
230 |
In subordine rispetto al primo motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che il regolamento impugnato è stato adottato in violazione dell’obbligo di consultazione derivante dal protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità (in prosieguo: il «protocollo n. 2»). |
231 |
Il principio di sussidiarietà, che si applicherebbe nei settori che non sono di competenza esclusiva dell’Unione, richiederebbe che l’Unione intervenga soltanto se e in quanto gli obiettivi perseguiti non possono essere conseguiti in misura sufficiente mediante un’azione degli Stati membri. Secondo il protocollo n. 2, i parlamenti nazionali vigilerebbero sul rispetto del principio di sussidiarietà conformemente alla procedura prevista nello stesso protocollo. |
232 |
Tuttavia, la protezione del bilancio dell’Unione rientrerebbe non già nella competenza esclusiva dell’Unione, bensì nelle competenze concorrenti con quelle degli Stati membri. Infatti, da un lato, tale protezione non sarebbe menzionata all’articolo 3, paragrafo 1, TFUE e, dall’altro, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE stabilirebbe un obbligo comune gravante sull’Unione e sugli Stati membri di lottare contro la frode e contro le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. |
233 |
La Commissione avrebbe dunque errato nel ritenere, nella sua proposta di regolamento che ha portato al regolamento impugnato, che la protezione del bilancio dell’Unione faccia parte dei settori rientranti nella competenza esclusiva di quest’ultima, sicché tale istituzione non avrebbe soddisfatto gli obblighi ad essa incombenti in forza del protocollo n. 2. In particolare, detta istituzione non avrebbe trasmesso tale proposta ai parlamenti nazionali in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, contrariamente alle prescrizioni dell’articolo 6, primo comma, di tale protocollo. Così facendo, la Commissione avrebbe altresì violato l’articolo 7, primo comma, del protocollo in questione, ai sensi del quale tale istituzione tiene conto dei pareri motivati trasmessi dai parlamenti nazionali. |
234 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, ritiene che simili violazioni debbano essere trattate in maniera analoga a quelle dei diritti del Parlamento nelle procedure legislative. A tale riguardo, la Corte avrebbe precisato che la partecipazione del Parlamento al processo legislativo è il riflesso del fondamentale principio democratico secondo il quale i popoli partecipano all’esercizio del potere attraverso un’assemblea rappresentativa, sicché la regolare consultazione del Parlamento nei casi previsti dal Trattato FUE costituirebbe una formalità sostanziale la cui inosservanza comporta la nullità dell’atto di cui trattasi. Poiché il protocollo n. 2 mira, secondo il suo preambolo, a garantire che le decisioni siano prese il più possibile vicino ai cittadini, la violazione dell’obbligo di consultazione dei parlamenti nazionali da esso previsto dovrebbe, nella fattispecie, comportare l’annullamento del regolamento impugnato. |
235 |
Tale annullamento sarebbe altresì giustificato dalla circostanza che la Commissione non ha pienamente adempiuto il proprio obbligo previsto all’articolo 4, primo comma, del protocollo n. 2, secondo il quale essa deve trasmettere i propri progetti di atti legislativi e i propri progetti modificati ai parlamenti nazionali. È vero che essa avrebbe trasmesso la propria proposta iniziale di regolamento a tali parlamenti, ma questa sarebbe stata significativamente modificata nelle fasi successive della procedura legislativa, senza che detti parlamenti fossero stati messi in condizione di procedere a un nuovo esame. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte emergerebbe che una nuova consultazione del Parlamento è necessaria ogniqualvolta il testo infine adottato, considerato complessivamente, si discosti nella sua sostanza da quello sul quale il Parlamento è già stato consultato, costituendo questa nuova consultazione una formalità sostanziale prescritta a pena di nullità. |
236 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
2. Giudizio della Corte
237 |
Dall’articolo 5, paragrafo 3, TUE risulta che le disposizioni del protocollo n. 2 relative al principio di sussidiarietà si applicano soltanto nei «settori che non sono di (...) competenza esclusiva» dell’Unione. |
238 |
Orbene, in primo luogo, contrariamente a quanto adduce la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, l’articolo 325, paragrafo 1, TFUE non è rilevante al fine di stabilire se il regolamento impugnato rientri in un simile settore. |
239 |
Dai punti da 112 a 189 della presente sentenza risulta infatti che il regolamento impugnato è giustamente fondato su un’altra base giuridica, ossia l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, dal momento che il regolamento in questione mira a proteggere il bilancio dell’Unione da situazioni o condotte imputabili alle autorità degli Stati membri che derivano da violazioni dei principi dello Stato di diritto e che compromettono o rischiano seriamente di compromettere in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari. |
240 |
In secondo luogo, a ragione la proposta di regolamento che ha portato all’adozione del regolamento impugnato precisa, sotto il titolo «Sussidiarietà (per la competenza non esclusiva)», che «[n]on sarebbe possibile adottare a livello degli Stati membri le regole finanziarie che disciplinano il bilancio dell’Unione ai sensi dell’articolo 322 [TFUE]». |
241 |
A tale riguardo, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 40 e 45 delle conclusioni, un regolamento come il regolamento impugnato, che contiene regole finanziarie che stabiliscono le modalità relative alla formazione e all’esecuzione del bilancio dell’Unione, ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, rientra nell’esercizio di una competenza dell’Unione relativa al suo funzionamento, la quale, per sua natura, può essere esercitata soltanto dall’Unione stessa. Pertanto, il principio di sussidiarietà non può trovare applicazione. |
242 |
Di conseguenza, l’argomentazione della Repubblica di Polonia vertente sull’inosservanza da parte della Commissione degli obblighi procedurali ad essa incombenti in forza delle disposizioni del protocollo n. 2 è infondata, sicché il terzo motivo di ricorso deve essere respinto. |
C. Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE
1. Argomenti delle parti
243 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che la motivazione del regolamento impugnato, quale figura nella proposta che ha portato a tale regolamento, non rispetta i requisiti previsti all’articolo 296, secondo comma, TFUE, il quale imporrebbe che tutti gli atti dell’Unione contengano un’illustrazione dei motivi che hanno portato alla loro adozione. |
244 |
I motivi per i quali sarebbe stato necessario adottare il regolamento impugnato non risulterebbero infatti dalla motivazione contenuta in tale proposta. |
245 |
Inoltre, sebbene l’illustrazione dei motivi della suddetta proposta abbia fatto riferimento all’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE come base giuridica del regolamento impugnato, tale scelta non sarebbe stata tuttavia né «spiegata né giustificata», contrariamente alle prescrizioni di cui al punto 25, primo comma, dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea (GU 2016, L 123, pag. 1). Pertanto, non sarebbe possibile verificare se tale regolamento sia stato adottato in forza di una competenza esclusiva dell’Unione o delle sue competenze concorrenti con quelle degli Stati membri, il che costituirebbe una violazione delle forme sostanziali e giustificherebbe l’annullamento del regolamento di cui trattasi. |
246 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
2. Giudizio della Corte
247 |
La Repubblica di Polonia ha confermato, in udienza, che il quarto motivo di ricorso riguarda la motivazione della proposta che ha portato all’adozione del regolamento impugnato e non quella di questo stesso regolamento, quale riflessa nei suoi considerando. |
248 |
Orbene, giacché il ricorso in esame è diretto all’annullamento non già di tale proposta, bensì del regolamento impugnato, l’argomentazione avanzata a sostegno di tale motivo di ricorso non è pertinente, come giustamente sottolineato dal Parlamento e dal Consiglio e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle conclusioni. |
249 |
Infatti, la giurisprudenza costante della Corte, secondo la quale la motivazione di un atto dell’Unione, richiesta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, deve far apparire in maniera chiara e inequivoca l’iter logico seguito dall’autore dell’atto di cui trattasi, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni della misura adottata e alla Corte di esercitare il proprio controllo (sentenza dell’11 dicembre 2018, Weiss e a., C‑493/17, EU:C:2018:1000, punto 31, e giurisprudenza ivi citata), si riferisce alla motivazione dell’atto di cui si esamina la legittimità. |
250 |
Sebbene il rispetto dell’obbligo di motivazione debba, inoltre, essere valutato alla luce non soltanto del tenore letterale dell’atto, ma anche del suo contesto e dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione (sentenza dell’11 dicembre 2018, Weiss e a., C‑493/17, EU:C:2018:1000, punto 33 e giurisprudenza ivi citata), tale contesto, in cui rientra in particolare la proposta dell’atto in questione, non può nondimeno giustificare, di per sé solo e indipendentemente dalla motivazione contenuta in tale atto, l’annullamento di quest’ultimo. |
251 |
In ogni caso, anche a voler ammettere che si riferiscano alla motivazione contenuta nel regolamento impugnato, le censure della Repubblica di Polonia quali riassunte ai punti 244 e 245 della presente sentenza dovrebbero essere respinte alla luce delle considerazioni esposte in particolare ai punti 124, 130, 131, 134, 149, 159, 162, 163 e 165 della presente sentenza. |
252 |
Ne consegue che il quarto motivo di ricorso deve essere respinto in quanto inoperante. |
D. Sul settimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 4, paragrafo 2, seconda frase, e dell’articolo 5, paragrafo 2, TUE
1. Argomenti delle parti
253 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, ritiene che nessuna disposizione dei trattati conferisse al legislatore dell’Unione la competenza ad adottare il regolamento impugnato, sicché esso avrebbe violato, adottandolo, il principio di attribuzione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 2, TUE. Così facendo, esso avrebbe altresì violato l’obbligo, previsto all’articolo 4, paragrafo 2, seconda frase, TUE, di rispettare le funzioni essenziali degli Stati membri. |
254 |
Gli elementi sulla base dei quali occorrerebbe valutare se gli Stati membri abbiano violato principi dello Stato di diritto di cui all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato riguarderebbero settori che rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri e che sarebbero fondamentali per l’esercizio delle loro funzioni essenziali, in particolare quelle che hanno ad oggetto la salvaguardia dell’integrità territoriale, il mantenimento dell’ordine pubblico e la tutela della sicurezza nazionale. Si farebbe infatti riferimento non solo al funzionamento di organi statali, quali gli organi giurisdizionali nazionali, le autorità preposte alla concessione degli appalti pubblici e al controllo finanziario e i servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale, ma anche alla loro organizzazione, inclusa la fornitura di risorse finanziarie e umane necessarie al corretto funzionamento di tali autorità, e alle norme procedurali loro applicabili. |
255 |
Contrariamente a quanto suggerirebbe il considerando 7 del regolamento impugnato, nessuna competenza del legislatore dell’Unione a tale riguardo potrebbe essere dedotta dall’importanza dei principi dello Stato di diritto per l’ordinamento giuridico dell’Unione, in particolare dal principio della sana gestione finanziaria rientrante nel medesimo, sancito dall’articolo 317 TFUE. |
256 |
Il legislatore dell’Unione avrebbe quindi adottato il regolamento impugnato conformemente alla logica dell’effetto di traboccamento («spillover effect»), vale a dire un processo al termine del quale un’azione che persegue un obiettivo preciso sfocia in una situazione nella quale l’obiettivo iniziale può essere raggiunto solo mediante nuove azioni. Nel caso di specie, tale effetto di traboccamento implicherebbe di dedurre dall’obiettivo legittimo di protezione del bilancio dell’Unione la necessità di riconoscere la competenza di quest’ultima in materia di valutazione sia delle procedure sia del fabbisogno finanziario e di personale dei servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale degli Stati membri, benché una simile competenza non abbia fondamento nei trattati. |
257 |
Orbene, la competenza degli Stati membri a organizzare i loro servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale sarebbe indissolubilmente connessa alle funzioni essenziali dello Stato, quali il mantenimento dell’ordine pubblico, che l’Unione deve rispettare, e alla sicurezza nazionale, la quale rientra, a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, nella responsabilità esclusiva di ciascuno degli Stati membri. |
258 |
Il servizio giuridico del Consiglio avrebbe altresì adottato una posizione simile, indicando nel parere giuridico n. 13593/18, anzitutto, che l’articolo 2 TUE non attribuisce alcuna competenza materiale all’Unione, ma elenca valori che le istituzioni dell’Unione e i suoi Stati membri devono rispettare quando agiscono nei limiti delle attribuzioni conferite all’Unione dai trattati, poi, che una violazione dei valori dell’Unione, compreso quello dello Stato di diritto, può essere dedotta nei confronti di uno Stato membro soltanto quando quest’ultimo agisce in un settore di competenza dell’Unione e, infine, che il rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri non può, secondo i trattati, essere oggetto di un’azione o di un controllo da parte delle istituzioni dell’Unione, a prescindere dall’esistenza di una competenza materiale specifica nella quale si inserisce tale azione, fatta salva solo la procedura descritta all’articolo 7. |
259 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
2. Giudizio della Corte
260 |
Con il settimo motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che il legislatore dell’Unione, adottando il regolamento impugnato e istituendo così, sulla base del principio di sana gestione finanziaria sancito all’articolo 317 TFUE, un controllo del rispetto da parte degli Stati membri dei principi dello Stato di diritto in settori di azione sovrana di detti Stati membri, che rientrano nella loro competenza esclusiva e che sono fondamentali per consentire loro di assumere le loro funzioni essenziali, ha privato di effetto utile sia il principio di attribuzione sancito all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 2, TUE, sia l’obbligo, previsto all’articolo 4, paragrafo 2, seconda frase, TUE, di rispettare le funzioni essenziali degli Stati membri. |
261 |
A tale riguardo, in primo luogo, come constatato ai punti da 112 a 189 della presente sentenza, il legislatore dell’Unione era legittimato a fondare il regolamento impugnato sull’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE, sicché l’argomento della Repubblica di Polonia secondo cui, adottando il regolamento di cui trattasi, il legislatore dell’Unione ha erroneamente dedotto la propria competenza dal principio di sana gestione finanziaria sancito all’articolo 317 TFUE non può essere accolto. |
262 |
In secondo luogo, come precisato ai punti da 124 a 138, da 152 a 157 e da 208 a 219 della presente sentenza, dalla finalità e dal contenuto del regolamento impugnato risulta che, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica di Polonia, quest’ultimo autorizza il Consiglio ad adottare non già sanzioni, bensì soltanto misure di protezione del bilancio dell’Unione e dei suoi interessi finanziari. |
263 |
In terzo luogo, come rilevato ai punti da 142 a 145, 168, 169 e 179 della presente sentenza, l’obbligo di rispettare i principi menzionati all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato costituisce un obbligo di risultato per gli Stati membri, che discende direttamente dagli impegni assunti da questi ultimi gli uni nei confronti degli altri nonché nei confronti dell’Unione, e che tale regolamento si limita ad attuare in relazione all’azione delle autorità nazionali relativa a spese coperte dal bilancio dell’Unione. |
264 |
A tale riguardo, si deve ricordare che l’articolo 2 TUE non costituisce una mera enunciazione di orientamenti o di intenti di natura politica, ma contiene valori che, come esposto al punto 145 della presente sentenza, fanno parte dell’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune, valori che sono concretizzati in principi che comportano obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri. |
265 |
Orbene, anche se, come risulta dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, cosicché tali Stati dispongono di una certa discrezionalità per garantire l’attuazione dei principi dello Stato di diritto, ciò non comporta in alcun modo che tale obbligo di risultato possa variare da uno Stato membro all’altro. |
266 |
Infatti, pur disponendo di identità nazionali distinte, insite nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, che l’Unione rispetta, gli Stati membri aderiscono a una nozione di «Stato di diritto» che condividono, quale valore comune alle loro proprie tradizioni costituzionali, e che si sono impegnati a rispettare in modo continuativo. |
267 |
In quarto luogo, l’argomento della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, secondo cui la valutazione della violazione da parte degli Stati membri dei principi dello Stato di diritto riguarda settori che rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri, è già stato respinto ai punti 162, 163, 220 e 221 della presente sentenza, con la motivazione che tale regolamento consente di valutare solo situazioni e condotte di autorità che si riferiscono all’esecuzione del bilancio dell’Unione o alla tutela dei suoi interessi finanziari. |
268 |
Non è certamente escluso che situazioni o condotte del genere siano imputabili a un’autorità che uno Stato membro ritiene partecipi alla sua azione sovrana in settori fondamentali per l’esercizio delle sue funzioni essenziali. Resta il fatto però che, qualora una simile situazione o condotta comprometta o rischi seriamente di compromettere la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari, non si può contestare all’Unione di attuare, a difesa della sua identità, in cui rientrano i valori contenuti nell’articolo 2 TUE, i mezzi necessari alla tutela di tale sana gestione finanziaria o di tali interessi finanziari mediante l’adozione di opportune misure che, conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento impugnato, riguardano esclusivamente l’esecuzione del bilancio dell’Unione. |
269 |
Va ricordato a tale riguardo che, secondo una giurisprudenza costante, se è vero che gli Stati membri sono liberi di esercitare le loro competenze in tutti i settori loro riservati, resta il fatto che essi sono tenuti ad esercitarle nel rispetto del diritto dell’Unione, atteso che non possono sottrarsi agli obblighi per essi derivanti da tale diritto [v., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 69 e giurisprudenza ivi citata; del 19 settembre 2017, Commissione/Irlanda (Tassa di immatricolazione), C‑552/15, EU:C:2017:698, punti 71 e 86; del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 56 e giurisprudenza ivi citata]. |
270 |
Inoltre, richiedendo agli Stati membri di rispettare in tal modo gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione, l’Unione non pretende affatto di esercitare essa stessa tali competenze né, pertanto, di arrogarsele [v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 52]. |
271 |
Alla luce delle considerazioni suesposte, occorre constatare che le affermazioni della Repubblica di Polonia vertenti sulla violazione del principio di attribuzione e dell’obbligo di rispettare le funzioni essenziali degli Stati membri sono del tutto infondate. |
272 |
Di conseguenza, il settimo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato. |
E. Sull’ottavo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e sul mancato rispetto della loro identità nazionale, previsti all’articolo 4, paragrafo 2, prima frase, TUE
1. Argomenti delle parti
273 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, ritiene che l’applicazione del regolamento impugnato sarà all’origine di violazioni dell’articolo 4, paragrafo 2, prima frase, TUE, secondo il quale l’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale. |
274 |
In primo luogo, ai sensi del considerando 16 del regolamento impugnato, l’individuazione di violazioni dei principi dello Stato di diritto richiede una valutazione qualitativa approfondita da parte della Commissione che si basi su pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili e da enti riconosciuti, tra le quali figurano le conclusioni e le raccomandazioni della Commissione di Venezia. Orbene, quest’ultima avrebbe indicato, nella sua relazione sulle nomine giudiziarie, adottata in occasione della sua 70a sessione plenaria, che occorreva distinguere gli Stati che fanno parte di «vecchie democrazie» da quelli che costituiscono «nuove democrazie», distinzione che può generare un serio rischio che la Commissione tratti in modo differenziato gli Stati membri nell’applicazione di tale regolamento. |
275 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, sottolinea inoltre che la Corte dei conti, nel suo parere n. 1/2018 sulla proposta di regolamento che ha portato al regolamento impugnato, ha criticato il fatto che tale proposta non stabilisse alcun criterio preciso per quanto riguarda, in particolare, le condizioni per l’avvio della procedura nonché la scelta e la portata delle misure da adottare, non consentendo così di garantire un’applicazione coerente delle disposizioni pertinenti di tale regolamento e, pertanto, di garantire l’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
276 |
In secondo luogo, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che l’istituzione, nel regolamento impugnato, di un meccanismo sanzionatorio ha costretto il legislatore dell’Unione a scegliere una procedura di adozione delle misure di protezione del bilancio dell’Unione che viola direttamente il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. Risulta, infatti, dall’articolo 6, paragrafi 10 e 11, di tale regolamento che le decisioni riguardanti tali misure sono adottate dal Consiglio alla maggioranza qualificata definita all’articolo 16, paragrafo 4, TUE, la quale implica la partecipazione dello Stato membro messo in discussione. |
277 |
Orbene, l’adozione di simili misure punitive a maggioranza qualificata, con la partecipazione dello Stato membro messo in discussione, porterebbe a una discriminazione diretta dei piccoli e medi Stati membri, giacché tale maggioranza richiede il voto di almeno quindici Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Unione. I grandi Stati membri, che rappresentano una maggiore percentuale della popolazione dell’Unione, sarebbero così favoriti durante le votazioni relative all’adozione delle misure di protezione del bilancio dell’Unione, e in particolare di quelle che li riguardano direttamente, rispetto ai piccoli e medi Stati membri, che rappresentano una percentuale di popolazione inferiore. Sebbene una simile correlazione non possa essere contestata nel caso dell’adozione di atti normativi produttivi di effetti in tutti gli Stati membri, la situazione sarebbe tuttavia diversa nel caso di misure sanzionatorie destinate a produrre effetti nei confronti di un solo Stato membro, come quelle che possono essere adottate ai sensi del regolamento impugnato. |
278 |
Inoltre, le disposizioni dei trattati che autorizzano le istituzioni dell’Unione a imporre sanzioni agli Stati membri escluderebbero sistematicamente dal voto gli Stati membri cui si riferisce la proposta di atto che impone sanzioni. In particolare, ciò avverrebbe per l’articolo 126 TFUE, relativo al disavanzo pubblico eccessivo, nonché per l’articolo 7 TUE e per l’articolo 354 TFUE, relativamente alla procedura prevista da detto articolo 7. |
279 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
2. Giudizio della Corte
280 |
Con l’ottavo motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che l’applicazione del regolamento impugnato sarà all’origine di violazioni del principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e della loro identità nazionale, che l’Unione è tenuta a rispettare in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, prima frase, TUE. Tali violazioni risulterebbero, anzitutto, dal fatto che la Commissione prenda in considerazione pareri e studi provenienti dalla Commissione di Venezia, poi, dalla mancanza di precisione dei criteri relativi, in particolare, alle condizioni per l’avvio della procedura prevista da tale regolamento nonché alla scelta e alla portata delle misure da adottare, e infine, dalla regola di voto prevista all’articolo 6, paragrafo 11, del regolamento in questione in riferimento alle decisioni che il Consiglio dovrebbe adottare in forza dell’articolo 6, paragrafo 10, del medesimo. |
281 |
A tale riguardo, in primo luogo, per quanto riguarda il fatto che la Commissione prenda in considerazione le informazioni pertinenti provenienti dalla Commissione di Venezia, si deve ricordare che il valore dello Stato di diritto che è al centro del meccanismo di condizionalità orizzontale istituito all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato mira al rispetto dei principi menzionati all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento. |
282 |
Come ricordato da ultimo al punto 263 della presente sentenza, tale obbligo di rispettare tali principi costituisce un obbligo di risultato per gli Stati membri, che discende direttamente dalla loro appartenenza all’Unione, in forza dell’articolo 2 TUE, che nessuno Stato membro può ignorare e che il regolamento impugnato si limita ad attuare per quanto concerne l’azione delle autorità nazionali relativa a spese coperte dal bilancio dell’Unione. |
283 |
Orbene, dai punti 265 e 266 della presente sentenza risulta che, sebbene la Commissione e il Consiglio debbano effettuare le loro valutazioni tenendo debitamente conto delle circostanze e dei contesti specifici di ciascuna procedura condotta ai sensi del regolamento impugnato e, in particolare, prendendo in considerazione le peculiarità del sistema giuridico dello Stato membro di cui trattasi e la discrezionalità di cui tale Stato membro dispone per garantire l’attuazione dei principi dello Stato di diritto, tale esigenza non è in alcun modo incompatibile con l’applicazione di criteri di valutazione uniformi. |
284 |
In particolare, poiché l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, le sue istituzioni devono tener conto, quando verificano se gli Stati membri soddisfano gli obblighi di risultato che derivano direttamente dalla loro appartenenza all’Unione, in forza dell’articolo 2 TUE, delle caratteristiche dei sistemi costituzionali e giuridici di tali Stati membri. |
285 |
A tale riguardo, la Commissione deve vigilare sulla pertinenza delle informazioni di cui essa si avvale e sull’affidabilità delle sue fonti, sotto il controllo del giudice dell’Unione. In particolare, l’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento impugnato non conferisce un valore probatorio specifico o assoluto e non attribuisce determinati effetti giuridici alle fonti di informazione da esso menzionate, né a quelle indicate al considerando 16 di tale regolamento, sicché tale disposizione non dispensa la Commissione dal suo obbligo di procedere a una valutazione diligente dei fatti. |
286 |
Inoltre, come ricordato al punto 202 della presente sentenza, le valutazioni della Commissione e del Consiglio sono soggette ai requisiti procedurali specificati all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del regolamento impugnato. Tali requisiti implicano in particolare, come rileva il considerando 26 di tale regolamento, l’obbligo per la Commissione di basarsi su elementi di prova e di rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati quando essa conduce procedure ai sensi di tale disposizione. Per quanto riguarda l’individuazione e la valutazione delle violazioni dei principi dello Stato di diritto, detti requisiti devono essere interpretati alla luce del considerando 16 del regolamento in questione, secondo il quale tale valutazione deve essere oggettiva, imparziale ed equa, e il rispetto dell’insieme di tali obblighi è soggetto a un sindacato giurisdizionale completo da parte della Corte. |
287 |
La Commissione resta quindi responsabile delle informazioni di cui si avvale e dell’affidabilità delle sue fonti. Inoltre, lo Stato membro interessato ha la facoltà, nel corso della procedura prevista all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del regolamento impugnato, di presentare osservazioni sulle informazioni che la Commissione intende utilizzare per proporre l’adozione di opportune misure. Pertanto, esso può contestare il valore probatorio di ciascuno degli elementi considerati, e la fondatezza delle valutazioni della Commissione può, in ogni caso, essere soggetta al controllo del giudice dell’Unione nell’ambito di un ricorso proposto avverso una decisione del Consiglio adottata ai sensi di tale regolamento. |
288 |
In secondo luogo, quanto all’asserita mancanza di precisione dei criteri applicabili alle condizioni per l’avvio della procedura nonché alla scelta e alla portata delle misure da adottare, da una lettura complessiva dell’articolo 4 e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impugnato risulta che, come è stato rilevato al punto 125 della presente sentenza, la Commissione può avviare tale procedura solo qualora essa concluda che sussistono motivi fondati per ritenere che almeno uno dei principi dello Stato di diritto menzionati all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento sia stato violato in uno Stato membro, che tale violazione interessi almeno una delle situazioni imputabili a un’autorità di uno Stato membro o almeno una delle condotte di tali autorità previste all’articolo 4, paragrafo 2, del medesimo regolamento, purché tali situazioni o condotte siano rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari, e che tale violazione comprometta o rischi seriamente di compromettere, in modo sufficientemente diretto, tale sana gestione o tali interessi finanziari, attraverso un nesso effettivo tra tali violazioni e tale pregiudizio o rischio serio di pregiudizio. |
289 |
Relativamente a tali principi, dalle constatazioni di cui al punto 169 della presente sentenza emerge che la Repubblica di Polonia non può affermare di non avere una conoscenza concreta e precisa degli obblighi di risultato cui essa è tenuta per via della sua adesione all’Unione, in relazione al rispetto del valore dello Stato di diritto. |
290 |
A tale riguardo, se è pur vero che l’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato non descrive dettagliatamente i principi dello Stato di diritto in esso menzionati, resta il fatto che il considerando 3 di tale regolamento ricorda che i principi di legalità, della certezza del diritto, del divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, della tutela giurisdizionale effettiva e della separazione dei poteri, contemplati da tale disposizione, sono stati oggetto di una copiosa giurisprudenza della Corte. Lo stesso vale per i principi di uguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione, parimenti menzionati, come risulta in particolare dai punti 94 e 98 della sentenza del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento (C‑650/18, EU:C:2021:426), nonché dai punti 57 e 58 della sentenza del 2 settembre 2021, État belge (Diritto di soggiorno in caso di violenza domestica) (C‑930/19, EU:C:2021:657). |
291 |
Tali principi dello Stato di diritto, come sviluppati sulla base dei Trattati dell’Unione nella giurisprudenza della Corte, sono quindi riconosciuti e precisati nell’ordinamento giuridico dell’Unione e trovano la loro fonte in valori comuni riconosciuti e applicati anche dagli Stati membri nei loro propri ordinamenti giuridici. |
292 |
Inoltre, i considerando da 8 a 10 e 12 del regolamento impugnato menzionano i principali requisiti derivanti da tali principi. In particolare, essi forniscono chiarimenti sui casi che possono essere indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto, previsti all’articolo 3 di tale regolamento, nonché sulle situazioni e condotte che tali violazioni devono interessare, descritte all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento in questione, per poter giustificare l’adozione di opportune misure ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del medesimo. |
293 |
Infine, le valutazioni della Commissione e del Consiglio sono soggette ai requisiti procedurali ricordati al punto 286 della presente sentenza. |
294 |
Quanto a quelle situazioni e condotte di autorità che sono elencate all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato e alla loro rilevanza per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per i suoi interessi finanziari, ai punti da 171 a 177 della presente sentenza è stato rilevato che esse sono sufficientemente precise perché la Repubblica di Polonia possa individuare in modo sufficientemente concreto e prevedibile le situazioni e condotte contemplate da tale disposizione. |
295 |
Per quanto attiene alle nozioni di «sana gestione finanziaria» e di «tutela degli interessi finanziari dell’Unione», la prima è altresì contemplata, in particolare, all’articolo 310, paragrafo 5, TFUE nonché all’articolo 317, primo comma, TFUE ed è definita all’articolo 2, punto 59, del regolamento finanziario come l’esecuzione del bilancio secondo i principi di economia, efficienza ed efficacia, mentre la seconda rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 325 TFUE e riguarda, secondo l’articolo 63, paragrafo 2, del regolamento finanziario, tutte le misure legislative, regolamentari e amministrative intese, in particolare, a prevenire, individuare e rettificare le irregolarità e le frodi nell’ambito dell’esecuzione del bilancio. |
296 |
A tale riguardo, l’articolo 2, punto 1, del regolamento n. 883/2013 definisce gli «interessi finanziari dell’Unione» come «entrate, spese e beni coperti dal bilancio dell’Unione europea, nonché quelli coperti dai bilanci delle istituzioni, degli organi e degli organismi e i bilanci da essi gestiti e controllati». L’articolo 135, paragrafi 1, 3 e 4, del regolamento finanziario prevede invece che, al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione istituisce e gestisce un sistema di individuazione precoce e di esclusione. |
297 |
La Corte ha inoltre dichiarato che la nozione di «interessi finanziari» dell’Unione, ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, comprende non solo le entrate messe a disposizione del bilancio dell’Unione, ma anche le spese coperte da tale bilancio (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 183). Tale nozione è quindi rilevante non solo nel contesto delle misure di lotta contro le irregolarità e la frode di cui a tale disposizione, ma anche per la sana gestione finanziaria di tale bilancio, dal momento che la tutela di tali interessi finanziari contribuisce parimenti a tale sana gestione. |
298 |
La prevenzione di pregiudizi come quelli di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato è, pertanto, un complemento alla correzione di pregiudizi del genere, che è insito sia nella nozione di «sana gestione finanziaria» sia in quella di «tutela degli interessi finanziari dell’Unione», e deve, pertanto, essere considerata come un’esigenza costante e orizzontale della normativa finanziaria dell’Unione. |
299 |
Inoltre, tale disposizione richiede che le violazioni dei principi dello Stato di diritto constatate rischino «seriamente» di compromettere la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o i suoi interessi finanziari e impone, di conseguenza, di dimostrare l’esistenza di una probabilità elevata che tale rischio si verifichi, in relazione alle situazioni o condotte di autorità di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, fermo restando che possono essere adottate opportune misure solo a condizione che sia accertato un nesso sufficientemente diretto, ossia un nesso effettivo, tra la violazione di uno dei principi dello Stato di diritto e tale rischio serio. Inoltre, al momento dell’adozione di tali misure, occorre altresì rispettare i requisiti procedurali ricordati da ultimo al punto 286 della presente sentenza. |
300 |
Per quanto riguarda il nesso sufficientemente diretto tra una violazione constatata di un principio dello Stato di diritto e la protezione del bilancio o degli interessi finanziari dell’Unione, è sufficiente rinviare ai punti da 178 a 180 della presente sentenza. |
301 |
Infine, la scelta e la portata delle misure che possono essere adottate ai sensi del regolamento impugnato sono limitate, in quanto, come rilevato al punto 153 della presente sentenza, l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento impugnato elenca tassativamente le diverse misure di protezione che possono essere adottate. |
302 |
Conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, di tale regolamento, misure del genere devono essere proporzionate e determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. La natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto devono essere tenute in debita considerazione e riguardare, per quanto possibile, le azioni dell’Unione che possono essere pregiudicate da tali violazioni. Ne consegue che le misure adottate devono essere strettamente proporzionate all’impatto delle violazioni constatate dei principi dello Stato di diritto sul bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. |
303 |
Alla luce delle considerazioni che precedono e dei requisiti procedurali ricordati da ultimo al punto 286 della presente sentenza, l’argomentazione della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, relativa alla mancanza di precisione dei criteri relativi, in particolare, alle condizioni per l’avvio della procedura nonché alla scelta e alla portata delle misure da adottare è del tutto infondata. |
304 |
In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione relativa all’asserita incompatibilità con il principio dell’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati della regola di voto prevista all’articolo 6, paragrafo 11, del regolamento impugnato per l’adozione delle decisioni da parte del Consiglio ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 10, dello stesso regolamento, va rilevato, da un lato, che tale affermazione si basa, in parte, sull’argomento secondo il quale le misure che possono essere adottate ai sensi di tale articolo 6, paragrafo 10, hanno carattere di sanzioni, per la cui adozione i trattati escluderebbero dal voto lo Stato membro convenuto. |
305 |
Orbene, come precisato ai punti da 112 a 229 della presente sentenza, le misure che possono essere adottate a norma del regolamento impugnato mirano non già a sanzionare uno Stato membro per violazioni dei principi dello Stato di diritto, bensì esclusivamente a proteggere la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o i suoi interessi finanziari. |
306 |
Inoltre, uno Stato membro può essere escluso dalla procedura di voto a maggioranza qualificata solo nei casi in cui i trattati lo prevedano espressamente e in cui, pertanto, la maggioranza qualificata sia fissata conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, TFUE. |
307 |
Dall’altro lato, se è vero che il legislatore dell’Unione dispone della facoltà di far adottare le disposizioni di esecuzione dei regolamenti di base secondo una procedura diversa da quella seguita per l’adozione del regolamento di base (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 1996, Parlamento/Consiglio, C‑303/94, EU:C:1996:238, punto 23 e giurisprudenza ivi citata), resta il fatto che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 96 delle conclusioni, la regola di voto prevista all’articolo 6, paragrafo 11, del regolamento impugnato, ossia quella della maggioranza qualificata con la partecipazione di tutti gli Stati membri, è quella di cui l’articolo 16, paragrafo 3, TUE prevede l’applicazione automatica nell’ambito delle deliberazioni del Consiglio, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente. |
308 |
Occorre aggiungere che tale regola di voto non solo è prevista dai trattati stessi, ma essa altresì non viola il principio dell’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati. |
309 |
In particolare, il fatto che gli interessi degli Stati membri possano divergere e che, a seconda che tutti gli Stati membri o soltanto alcuni di essi partecipino al voto in seno al Consiglio, una minoranza di blocco sia più o meno facile da raggiungere al termine di detto voto, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 4, TUE, non è affatto specifico della procedura istituita dal regolamento impugnato ed è pienamente compatibile con le scelte operate dagli autori dei trattati. Infatti, conformemente al valore della democrazia contenuto nell’articolo 2 TUE, tale disposizione mira a garantire che le decisioni del Consiglio siano fondate su una rappresentatività sufficiente sia degli Stati membri sia della popolazione dell’Unione. |
310 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’ottavo motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato. |
F. Sul nono motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto
1. Argomenti delle parti
311 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che le disposizioni del regolamento impugnato non rispettano i requisiti di chiarezza e di precisione derivanti dal principio della certezza del diritto, in quanto tale regolamento non precisa chiaramente i requisiti che devono essere rispettati dagli Stati membri per poter conservare i finanziamenti provenienti dal bilancio dell’Unione loro concessi e conferisce alla Commissione e al Consiglio un potere discrezionale troppo ampio. |
312 |
Porrebbe difficoltà a tale riguardo, in primo luogo, la nozione di «Stato di diritto», quale definita all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato. Tale nozione non potrebbe, per principio, essere oggetto di una definizione universale poiché conterrebbe un numero non tassativo di principi il cui senso può differire da uno Stato all’altro, a seconda delle sue caratteristiche costituzionali o delle sue tradizioni giuridiche specifiche. Inoltre, tale definizione estenderebbe indebitamente la portata di detta nozione quale valore dell’Unione, il quale sarebbe solo uno dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE, agli altri valori contenuti in tale disposizione. |
313 |
In secondo luogo, gli elementi di valutazione del rispetto dei principi dello Stato di diritto, stabiliti agli articoli 3 e 4 del regolamento impugnato, non soddisfarebbero i requisiti di chiarezza e di precisione, in quanto l’applicazione di tali principi presupporrebbe che essi siano preliminarmente concretizzati. Orbene, in assenza di definizione universale di detti principi e tenuto conto delle competenze molto limitate dell’Unione per concretizzarli, questi ultimi non avrebbero un contenuto sostanziale concreto nel diritto dell’Unione. Sebbene la Corte e la Corte europea dei diritti dell’uomo abbiano chiarito taluni aspetti del valore dello Stato di diritto, esse non avrebbero tuttavia ancora precisato il contenuto degli altri valori contenuti nell’articolo 2 TUE né il loro rapporto con il principio del rispetto dell’identità nazionale degli Stati membri di cui all’articolo 4, paragrafo 2, TUE. |
314 |
È vero che, nella sua sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 32), la Corte avrebbe fatto riferimento al valore dello Stato di diritto contenuto nell’articolo 2 TUE, ma essa avrebbe precisato che tale valore era concretizzato nell’articolo 19 TUE. Pertanto, per divenire applicabili, i valori contenuti nell’articolo 2 TUE dovrebbero essere concretizzati in altre disposizioni dei trattati. Tuttavia, poiché i valori diversi dallo Stato di diritto, indebitamente incorporati in quest’ultima nozione dal regolamento impugnato, non sarebbero chiaramente definiti, la Corte sarebbe chiamata a precisare, in particolare, le nozioni di «pluralismo», di «non discriminazione», di «tolleranza», di «giustizia» e di «solidarietà». L’interpretazione vincolante di tali nozioni da parte della Corte, nell’ambito del sindacato giurisdizionale di decisioni adottate ai sensi di tale regolamento, travalicherebbe pertanto i limiti delle competenze attribuite all’Unione. |
315 |
La mancanza di precisione dell’articolo 3 e dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, in quanto essi ricorrono a espressioni quali «il corretto funzionamento» delle «autorità» o dei «servizi» e «il corretto funzionamento di sistemi efficaci e trasparenti di gestione e responsabilità finanziarie», e la non tassatività delle elencazioni contenute in tali disposizioni consentiranno quindi alla Commissione e al Consiglio di precisarle al momento dell’applicazione di tale regolamento, il che avrà l’effetto, in sostanza, di consentire l’applicazione retroattiva delle norme così precisate. |
316 |
In terzo luogo, tra le fonti di informazione di cui la Commissione deve avvalersi in forza dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento impugnato, nell’ambito della constatazione di una violazione dei principi dello Stato di diritto, figurano le «conclusioni e le raccomandazioni» delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e di altri enti riconosciuti, mentre, in forza del diritto dell’Unione, tali fonti non vincolerebbero gli Stati membri. Tale regolamento non potrebbe quindi conferire loro carattere vincolante. Anche l’elenco indicativo contenuto nel considerando 16 del regolamento di cui trattasi non specificherebbe a sufficienza le «decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni» ivi menzionate. |
317 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
2. Giudizio della Corte
318 |
Con il nono motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che il regolamento impugnato viola il principio della certezza del diritto e attribuisce un margine di discrezionalità eccessivamente ampio alla Commissione e al Consiglio per via della mancanza di precisione, anzitutto, della nozione di «Stato di diritto», quale definita all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento, poi, dei criteri stabiliti all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, dello stesso regolamento e, infine, delle fonti di informazione sulle quali la Commissione è chiamata a fondare le proprie valutazioni conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, del medesimo. |
319 |
Secondo una costante giurisprudenza della Corte, il principio della certezza del diritto esige, da un lato, che le norme di diritto siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per i soggetti dell’ordinamento, in particolare quando esse possono avere conseguenze sfavorevoli. Detto principio impone in particolare che una normativa consenta agli interessati di conoscere con esattezza la portata degli obblighi che essa impone loro e che essi possano conoscere senza ambiguità i loro diritti e i loro obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza del 29 aprile 2021, Banco de Portugal e a., C‑504/19, EU:C:2021:335, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). |
320 |
Tuttavia, tali esigenze non possono essere intese nel senso che ostano a che il legislatore dell’Unione, nell’ambito di una norma che esso adotta, utilizzi una nozione giuridica astratta né nel senso che impongono che una simile norma astratta menzioni le diverse ipotesi concrete in cui essa può essere applicata, in quanto il legislatore non può determinare in anticipo tutte le suddette ipotesi (v., per analogia, sentenza del 20 luglio 2017, Marco Tronchetti Provera e a., C‑206/16, EU:C:2017:572, punti 39 e 40). |
321 |
Di conseguenza, il fatto che un atto legislativo conferisca un potere discrezionale alle autorità preposte alla sua attuazione non disattende di per sé l’esigenza di prevedibilità, a condizione che l’estensione e le modalità di esercizio di un simile potere vengano definite con sufficiente chiarezza, in considerazione del legittimo obiettivo in gioco, per fornire una protezione adeguata contro l’arbitrio (v., in tal senso, sentenze del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 94, e del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 57). |
322 |
È alla luce di tali considerazioni che occorre valutare, anzitutto, l’argomento vertente sul carattere impreciso e troppo ampio della nozione di «Stato di diritto» definita all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato. |
323 |
A tale riguardo, in primo luogo, tale disposizione non mira a definire in modo esaustivo tale nozione, ma si limita a specificare, ai soli fini di tale regolamento, vari principi che essa ricomprende e che sono, secondo il legislatore dell’Unione, i più pertinenti rispetto all’oggetto del regolamento in questione, che consiste nel garantire la protezione del bilancio dell’Unione. |
324 |
In secondo luogo, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, i principi menzionati all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato non travalicano i limiti della nozione di «Stato di diritto». In particolare, il riferimento alla tutela dei diritti fondamentali è effettuato solo a titolo di illustrazione dei requisiti del principio della tutela giurisdizionale effettiva, parimenti garantita all’articolo 19 TUE e che, come la stessa Repubblica di Polonia riconosce, fa parte di tale nozione. Lo stesso vale per i riferimenti ai principi di non discriminazione e di uguaglianza. Infatti, sebbene l’articolo 2 TUE menzioni separatamente lo Stato di diritto quale valore comune agli Stati membri e i principi di uguaglianza e di non discriminazione, occorre constatare che uno Stato membro la cui società sia caratterizzata dalla discriminazione non si può ritenere garantisca il rispetto dello Stato di diritto, ai sensi di tale valore comune. |
325 |
Tale constatazione è avvalorata dal fatto che, nel suo studio n. 711/2013, del 18 marzo 2016, recante una «lista dei criteri dello Stato di diritto», cui fa riferimento il considerando 16 del regolamento impugnato, la Commissione di Venezia ha precisato, in particolare, che la nozione di «Stato di diritto» si basa su un sistema di diritto sicuro e prevedibile, nel quale qualsiasi persona ha il diritto di essere trattata dai titolari di poteri decisionali in modo dignitoso, uguale e razionale, nel rispetto del diritto esistente, e di disporre di mezzi di ricorso per contestare le decisioni dinanzi a giudici indipendenti e imparziali, secondo un procedimento equo. Orbene, tali caratteristiche sono appunto riflesse nell’articolo 2, lettera a), di tale regolamento. |
326 |
In terzo luogo, alla luce di quanto esposto ai punti da 289 a 293 della presente sentenza, deve essere respinto in quanto del tutto infondato l’argomento della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, secondo cui i principi dello Stato di diritto menzionati all’articolo 2, lettera a), del regolamento impugnato non avrebbero un contenuto sostanziale concreto nel diritto dell’Unione. |
327 |
In quarto luogo, per quanto riguarda il rapporto tra questi stessi principi dello Stato di diritto e quello del rispetto dell’identità nazionale degli Stati membri di cui all’articolo 4, paragrafo 2, TUE, è sufficiente rinviare ai punti da 282 a 286 della presente sentenza. |
328 |
In quinto luogo, per quanto attiene all’argomento secondo cui, per divenire applicabili, i valori contenuti nell’articolo 2 TUE devono essere concretizzati in altre disposizioni dei trattati, da un lato, ai punti da 192 a 199 della presente sentenza è stato rilevato che i trattati contengono numerose disposizioni, frequentemente concretizzate da diversi atti di diritto derivato, che conferiscono alle istituzioni dell’Unione la competenza a esaminare, constatare e, se del caso, sanzionare violazioni dei valori contenuti nell’articolo 2 TUE commesse in uno Stato membro. Dall’altro lato, ai punti da 112 a 189 della presente sentenza è stato constatato che l’articolo 322, paragrafo 1, lettera a), TFUE costituisce una base giuridica che consente al legislatore dell’Unione di adottare disposizioni vertenti sulla constatazione di violazioni del valore dello Stato di diritto e sulle conseguenze giuridiche di tali violazioni, al fine di proteggere il bilancio dell’Unione e i suoi interessi finanziari qualora simili violazioni compromettano o rischino seriamente di compromettere tale bilancio e tali interessi. |
329 |
In sesto luogo, quand’anche la Corte fosse chiamata a interpretare, nell’ambito di un ricorso di annullamento diretto contro una decisione adottata ai sensi del regolamento impugnato, le nozioni di «pluralismo», di «non discriminazione», di «tolleranza», di «giustizia» o di «solidarietà», contenute nell’articolo 2 TUE, essa eserciterebbe, così facendo, a differenza di quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, solo le competenze che le sono state attribuite dai trattati, in particolare dall’articolo 263 TFUE. |
330 |
Quanto poi alla presunta mancanza di precisione dei criteri impiegati all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato, in primo luogo, dal punto 155 della presente sentenza risulta che tale articolo 3 non stabilisce obblighi per gli Stati membri, ma si limita a citare casi che possono essere indicativi di violazioni dei principi dello Stato di diritto e mira quindi a facilitare l’applicazione di tale regolamento, esplicitando i requisiti sottesi a tali principi. |
331 |
In secondo luogo, per quanto riguarda le nozioni asseritamente imprecise di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento in questione, si deve ricordare, prima di tutto, che quella «di autorità» è stata esaminata ai punti 174 e 176 della presente sentenza e che quella di «servizi» comprende i soli «servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale». |
332 |
Inoltre, per quanto riguarda il «corretto funzionamento» delle autorità pubbliche, comprese quelle di contrasto, che eseguono il bilancio dell’Unione e sono preposte al controllo, alla sorveglianza e all’audit finanziari, nonché dei servizi responsabili delle indagini e dell’azione penale, di cui all’articolo 3, lettera b), e all’articolo 4, paragrafo 2, lettere da a) a c), del regolamento impugnato, dai considerando 8 e 9 di tale regolamento risulta che tale espressione si riferisce alla capacità di tali autorità di svolgere correttamente e in modo effettivo ed efficace le loro funzioni rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari. |
333 |
Da ultimo, l’espressione «sistemi efficaci e trasparenti di gestione e responsabilità finanziarie», impiegata all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento impugnato, rinvia alla nozione di «gestione finanziaria», la quale rientra in quella di «sana gestione finanziaria», che figura nei trattati stessi, in particolare all’articolo 310, paragrafo 5, e all’articolo 317, primo comma, TFUE, e definita all’articolo 2, punto 59, del regolamento finanziario come l’esecuzione del bilancio secondo i principi di economia, efficienza ed efficacia. L’espressione «passività finanziaria» riflette invece, in particolare, gli obblighi di controllo, di sorveglianza e di audit finanziari menzionati al suddetto articolo 4, paragrafo 2, lettera b), mentre l’espressione «sistemi efficaci e trasparenti» implica l’istituzione di un insieme ordinato di norme che garantiscano in modo efficace e trasparente detta gestione e detta responsabilità finanziaria. |
334 |
In terzo luogo, l’argomentazione basata sulla non tassatività dell’elencazione delle situazioni o delle condotte di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento impugnato è stata respinta ai punti da 171 a 177 della presente sentenza e, per quanto riguarda i casi che possono essere indicativi di violazioni, citati all’articolo 3 di tale regolamento, al punto 171 della presente sentenza è stato rilevato che una definizione particolare della nozione di «violazione» non si impone in alcun modo ai fini di un meccanismo di condizionalità orizzontale come quello istituito dal medesimo regolamento. |
335 |
In quarto luogo, per quanto concerne il margine di discrezionalità concesso da tali disposizioni alla Commissione e al Consiglio, dalle considerazioni che precedono risulta che le espressioni criticate dalla Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, soddisfano, in quanto tali, i requisiti del principio della certezza del diritto richiamati ai punti da 319 a 321 della presente sentenza. Inoltre, per giustificare l’adozione di opportune misure ai sensi del regolamento impugnato, tali istituzioni devono dimostrare concretamente tutte le condizioni da ultimo rilevate ai punti 286 e 288 della presente sentenza. |
336 |
Infine, per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’articolo 6, paragrafi 3 e 8, del regolamento impugnato non definisce in modo sufficientemente preciso le fonti di informazione sulle quali la Commissione può basarsi, alcune delle quali non vincolerebbero gli Stati membri e alle quali tale regolamento non può conferire carattere vincolante, occorre ricordare che, ai sensi della disposizione citata, nell’esaminare se le condizioni di cui all’articolo 4 di tale regolamento siano soddisfatte e nel valutare la proporzionalità delle misure da imporre, la Commissione tiene conto delle pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili, comprese le decisioni, le conclusioni e le raccomandazioni delle istituzioni dell’Unione, di altre organizzazioni internazionali competenti e di altri enti riconosciuti. |
337 |
A tale riguardo, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento impugnato, spetta alla Commissione accertare che le condizioni di cui all’articolo 4 di tale regolamento siano soddisfatte. |
338 |
Inoltre, a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la Commissione è tenuta a esporre, in una notifica scritta allo Stato membro interessato, gli elementi di fatto e i motivi specifici sui quali ha fondato la propria conclusione che vi sono motivi fondati per ritenere che tali condizioni siano soddisfatte. |
339 |
Ne consegue che la Commissione è tenuta a procedere a una valutazione diligente dei fatti alla luce delle condizioni stabilite all’articolo 4 del regolamento impugnato. Lo stesso vale, conformemente all’articolo 6, paragrafi da 7 a 9, di tale regolamento, per il requisito di proporzionalità delle misure, previsto all’articolo 5, paragrafo 3, del medesimo. |
340 |
Secondo i considerando 16 e 26 del regolamento in questione, la Commissione deve inoltre procedere a una valutazione qualitativa approfondita, che deve essere oggettiva, imparziale ed equa, che deve rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e che deve essere condotta secondo un approccio imparziale e basato su elementi di prova. |
341 |
Ne consegue che la Commissione è tenuta ad assicurarsi, sotto il controllo del giudice dell’Unione, della pertinenza delle informazioni di cui essa si avvale e dell’affidabilità delle sue fonti. In particolare, tali disposizioni non conferiscono un valore probatorio specifico o assoluto e non attribuiscono effetti giuridici determinati alle fonti di informazione da esse menzionate né a quelle che sono indicate al considerando 16 del regolamento impugnato, sicché esse non dispensano la Commissione dal suo obbligo di procedere a una valutazione diligente dei fatti che soddisfi pienamente i requisiti ricordati al punto precedente. |
342 |
A tale riguardo, il considerando 16 del regolamento impugnato chiarisce che le pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili e da enti riconosciuti comprendono, in particolare, le sentenze della Corte, le relazioni della Corte dei conti, la relazione sullo Stato di diritto e il quadro di valutazione UE della giustizia elaborati annualmente dalla Commissione, le relazioni dell’OLAF, della Procura europea e dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali nonché le conclusioni e le raccomandazioni delle organizzazioni e reti internazionali pertinenti, compresi gli organi del Consiglio d’Europa come il GRECO e la Commissione di Venezia, in particolare il suo elenco di criteri per la valutazione dello Stato di diritto, e le reti europee delle Corti supreme e dei Consigli di giustizia. |
343 |
La Commissione resta dunque responsabile delle informazioni di cui si avvale e dell’affidabilità delle sue fonti. Inoltre, lo Stato membro interessato ha la facoltà, nel corso della procedura di cui all’articolo 6, paragrafi da 1 a 9, del regolamento impugnato, di presentare osservazioni sulle informazioni che la Commissione intende utilizzare per proporre l’adozione di opportune misure. Pertanto, esso può contestare il valore probatorio di ciascuno degli elementi presi in considerazione, potendo la fondatezza delle valutazioni della Commissione, in ogni caso, essere soggetta al controllo del giudice dell’Unione nell’ambito di un ricorso proposto avverso una decisione del Consiglio adottata ai sensi di tale regolamento. |
344 |
In particolare, la Commissione deve comunicare, in modo preciso, allo Stato membro interessato, una volta avviata la procedura ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento impugnato e, periodicamente, per tutta la durata di tale procedura, le pertinenti informazioni provenienti dalle fonti disponibili sulle quali essa intende fondare la proposta di decisione di esecuzione che dispone le opportune misure che essa presenterà al Consiglio. Del resto, contrariamente a quanto afferma la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, non è conferito alcun carattere vincolante alle raccomandazioni che possono essere prese in considerazione dalla Commissione, conformemente all’articolo 6, paragrafi 3 e 8, di tale regolamento. |
345 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il nono motivo di ricorso deve essere respinto in quanto infondato. |
G. Sul decimo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità
1. Argomenti delle parti
346 |
La Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che il legislatore dell’Unione, attraverso il meccanismo di condizionalità istituito dal regolamento impugnato, ha violato il principio di proporzionalità, poiché esisterebbero altre disposizioni del diritto dell’Unione intese a proteggere il bilancio dell’Unione. Essa rileva che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento, la Commissione applica tale meccanismo a meno che non ritenga che altre procedure previste dalla legislazione dell’Unione le consentano di proteggere più efficacemente il bilancio dell’Unione. Inoltre, il considerando 17 del medesimo regolamento preciserebbe che la legislazione finanziaria dell’Unione prevede già varie possibilità al fine di proteggere il bilancio dell’Unione. Orbene, il legislatore dell’Unione non avrebbe esposto le ragioni per le quali tali possibilità sarebbero inefficaci né spiegato in che modo lo stesso regolamento colmerebbe le presunte insufficienze. |
347 |
In particolare, non risulterebbe in modo chiaro la ragione per la quale la protezione del bilancio dell’Unione sia stata subordinata alla constatazione di violazioni dei principi dello Stato di diritto e non sia stata direttamente connessa al rispetto del principio della sana gestione finanziaria, principio già definito all’articolo 2, punto 59, del regolamento finanziario, precisato al capo 7 di tale regolamento ed assunto, all’articolo 56, paragrafo 2, del medesimo, a obbligo per gli Stati membri. Il legislatore dell’Unione avrebbe così potuto precisare nel regolamento finanziario gli obblighi degli Stati membri riguardanti il rispetto del principio della sana gestione finanziaria dei fondi dell’Unione. |
348 |
La ragione sottesa all’approccio adottato dal regolamento impugnato risulterebbe quindi essere la volontà del Parlamento, del Consiglio e della Commissione di eludere le restrizioni contenute nei trattati relativamente alla loro competenza a esaminare il rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri. Con l’adozione di tale regolamento, il legislatore dell’Unione avrebbe conferito al Consiglio e alla Commissione un diritto illimitato di valutare, sotto il profilo politico, il rispetto dei principi dello Stato di diritto e di ricollegare qualsiasi violazione constatata di tali principi, in generale, al principio della sana gestione finanziaria dei fondi dell’Unione. |
349 |
Omettendo di dimostrare il valore aggiunto del meccanismo istituito dal regolamento impugnato e del suo nesso con le altre disposizioni destinate a proteggere il bilancio dell’Unione, il legislatore dell’Unione avrebbe dunque violato il principio di proporzionalità. |
350 |
Inoltre, la constatazione delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla base di elementi politici e in assenza di disposizioni specifiche impedirebbe il rispetto del requisito di proporzionalità delle misure adottate in forza del regolamento impugnato, previsto all’articolo 5, paragrafo 3, del medesimo. Lo stesso varrebbe per l’esame della natura, della durata, della gravità e della portata di tali violazioni. Il principio di proporzionalità sarebbe quindi impossibile da rispettare, il che sarebbe tanto più grave in quanto le violazioni dei principi dello Stato di diritto da intendere ai sensi degli articoli 3 e 4, paragrafo 2, di tale regolamento sarebbero sistematiche nella loro natura. Sarebbe infatti difficile ammettere in pratica che il «corretto funzionamento delle autorità» sia pertinente solo per le spese attinenti a un fondo o a un programma specifico. Orbene, il carattere sistematico delle violazioni constatate e l’assenza di qualsivoglia criterio che guidi la scelta e la portata delle misure da adottare consentirebbero alla Commissione e al Consiglio di giustificare agevolmente l’adozione di misure di vasta portata e dalle gravi conseguenze finanziarie. |
351 |
Il Parlamento e il Consiglio, sostenuti dal Regno del Belgio, dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica federale di Germania, dall’Irlanda, dal Regno di Spagna, dalla Repubblica francese, dal Granducato di Lussemburgo, dal Regno dei Paesi Bassi, dalla Repubblica di Finlandia, dal Regno di Svezia e dalla Commissione, contestano gli argomenti suesposti. |
2. Giudizio della Corte
352 |
Con il decimo motivo di ricorso, la Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, afferma che il regolamento impugnato viola il principio di proporzionalità, argomentando, anzitutto, che il legislatore dell’Unione non avrebbe dimostrato, tenuto conto delle preesistenti possibilità di protezione del bilancio dell’Unione, la necessità della sua adozione, poi, che tale adozione farebbe emergere la volontà di tale legislatore di eludere i limiti posti dai trattati alla competenza delle istituzioni dell’Unione a esaminare il rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri, e, infine, che i criteri di cui, in particolare, all’articolo 3, all’articolo 4, paragrafo 2, e all’articolo 5, paragrafo 3, di tale regolamento sarebbero imprecisi. |
353 |
In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano i limiti di quanto è necessario alla realizzazione di tali obiettivi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza del 6 settembre 2017, Slovacchia e Ungheria/Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, EU:C:2017:631, punto 206 e giurisprudenza ivi citata). |
354 |
In primo luogo, quanto all’opportunità di adottare il regolamento impugnato, la Corte ha riconosciuto al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale che non riguarda esclusivamente la natura e la portata delle disposizioni da adottare nei settori in cui la sua azione richiede scelte di natura tanto politica quanto economica o sociale e in cui è chiamato a effettuare apprezzamenti e valutazioni complessi, ma anche, in una certa misura, l’accertamento dei dati di base, sicché non si tratta di stabilire se una misura emanata in un settore siffatto fosse l’unica o la migliore possibile, in quanto solo la manifesta inidoneità della misura rispetto all’obiettivo che le istituzioni competenti intendono perseguire può inficiare la legittimità della misura medesima (sentenze del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punti 77 e 78, e dell’8 dicembre 2020, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑626/18, EU:C:2020:1000, punti 95 e 97). |
355 |
Nel caso di specie, come rilevato dalla stessa Repubblica di Polonia nella sua argomentazione relativa ai motivi di ricorso quarto e undicesimo, la relazione che accompagna la proposta che ha portato al regolamento impugnato rilevava che «alcuni recenti avvenimenti hanno evidenziato debolezze generalizzate del sistema nazionale di bilanciamento dei poteri, dimostrando che lo scarso rispetto dello Stato di diritto può diventare causa di grave preoccupazione comune per tutta l’Unione», in particolare per «istituzioni come il Parlamento». |
356 |
Inoltre, risulta in particolare dai considerando 7, 8 e 17 del regolamento impugnato che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che potessero esistere situazioni derivanti da violazioni dei principi dello Stato di diritto menzionati all’articolo 2, lettera a), di tale regolamento che la legislazione esistente diretta a tutelare la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o dei suoi interessi finanziari non poteva adeguatamente ricomprendere. |
357 |
Orbene, la Repubblica di Polonia non ha addotto alcun elemento idoneo a dimostrare che il legislatore dell’Unione abbia ecceduto l’ampio potere discrezionale di cui dispone al riguardo quando esso ha ritenuto necessario porre rimedio, mediante il regolamento impugnato, a pregiudizi o a rischi seri di pregiudizi per tale sana gestione o per la tutela di tali interessi finanziari che potevano risultare da violazioni dei principi dello Stato di diritto. |
358 |
In secondo luogo, quanto alla presunta elusione delle competenze delle istituzioni dell’Unione a esaminare il rispetto dei principi dello Stato di diritto da parte degli Stati membri, occorre constatare che il legislatore dell’Unione non ha affatto conferito al Consiglio e alla Commissione un diritto illimitato di valutare, alla luce di considerazioni politiche, il rispetto dei principi dello Stato di diritto o di ricollegare qualsiasi violazione constatata di tali principi, in generale, al principio della sana gestione finanziaria dei fondi dell’Unione. Esso ha infatti subordinato l’avvio della procedura al soddisfacimento di tutti i criteri esposti al punto 288 della presente sentenza, i quali garantiscono, come rilevato ai punti da 112 a 189 e da 200 a 203 della presente sentenza, che le valutazioni di tali istituzioni rientrino nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e siano di natura giuridica e non politica. |
359 |
In terzo luogo, per quanto riguarda la presunta mancanza di precisione dei criteri che determinano la scelta e la portata delle misure da adottare, previsti segnatamente all’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento impugnato, ai punti da 301 a 303 della presente sentenza è stato rilevato che tali criteri sono sufficientemente precisi e che, in particolare, dalle frasi dalla prima alla terza di tale paragrafo risulta che le misure adottate devono essere strettamente proporzionate all’impatto delle violazioni constatate dei principi dello Stato di diritto sul bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. |
360 |
Tale disposizione precisa infatti, alla prima frase, che le misure adottate sono «proporzionate», alla seconda frase, che esse sono «determinate alla luce dell’impatto effettivo o potenziale» delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari e, alla terza frase, che la natura, la durata, la gravità e la portata delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sono «tenute in debita considerazione». |
361 |
Come rilevato dall’avvocato generale Campos Sánchez‑Bordona ai paragrafi 177 e 178 delle conclusioni nella causa Ungheria/Parlamento e Consiglio (C‑156/21, EU:C:2021:974), dall’ordine di tali frasi nonché dai termini utilizzati risulta che la proporzionalità delle misure da adottare è garantita, in maniera determinante, dal criterio dell’«impatto» delle violazioni dei principi dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sui suoi interessi finanziari. Quanto ai criteri della natura, della durata, della gravità e della portata di tali violazioni, essi possono essere «tenuti in debita considerazione» solo al fine di determinare l’ampiezza di tale impatto, che può variare a seconda delle caratteristiche delle violazioni constatate, quali evidenziate mediante l’applicazione di tali criteri. |
362 |
In ultimo luogo, quanto all’affermazione della Repubblica di Polonia, sostenuta dall’Ungheria, secondo cui violazioni constatate dei principi dello Stato di diritto possono essere sistematiche nella loro natura, cosicché esse incidono anche su settori diversi da quelli rilevanti per la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o per la tutela dei suoi interessi finanziari, ai punti da 267 a 270 della presente sentenza è stato rilevato che, qualora una simile violazione sia tale anche da compromettere o da rischiare seriamente di compromettere la sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o la tutela dei suoi interessi finanziari, non si può contestare all’Unione di attuare i mezzi necessari alla tutela di tale sana gestione o di tali interessi finanziari. |
363 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il decimo motivo di ricorso e, pertanto, il ricorso nel suo complesso. |
Sulle spese
364 |
Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
365 |
La Repubblica di Polonia, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda del Parlamento e del Consiglio. |
366 |
Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, di tale regolamento, il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione si faranno carico delle proprie spese in quanto parti intervenienti nella controversia. |
Per questi motivi, la Corte (Seduta Plenaria) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il polacco.