SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
10 marzo 2021 ( *1 )
«Impugnazione – Aiuti di Stato – Settimo programma quadro per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione – Raccomandazione 2003/361/CE – Decisione del gruppo di esperti di validazione della Commissione europea relativa alla qualificazione come microimprese, piccole o medie imprese (PMI) – Decisione 2012/838/UE, Euratom – Allegato – Punti 1.2.6 e 1.2.7 – Richiesta di revisione – Regolamento (CE) n. 58/2003 – Articolo 22 – Assenza di ricorso amministrativo – Collegamento tra la richiesta di revisione e il ricorso amministrativo – Diniego dello status di PMI nonostante il rispetto formale dei criteri della raccomandazione 2003/361 – Certezza del diritto – Legittimo affidamento – Svantaggi cui le PMI fanno fronte abitualmente – Assenza»
Nella causa C‑572/19 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 26 luglio 2019,
European Road Transport Telematics Implementation Coordination Organisation – Intelligent Transport Systems & Services Europe (Ertico – ITS Europe), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da M. Wellinger e K. T’Syen, avocats,
ricorrente,
sostenuta da:
Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil, O. Serdula e J. Očková, in qualità di agenti,
interveniente in sede d’impugnazione,
procedimento in cui l’altra parte è:
Commissione europea, rappresentata da R. Lyal e A. Kyratsou, in qualità di agenti,
convenuta in primo grado,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, M. Ilešič, E. Juhász, C. Lycourgos e I. Jarukaitis, giudici,
avvocato generale: J. Richard de la Tour
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con la sua impugnazione, l’European Road Transport Telematics Implementation Coordination Organisation – Intelligent Transport Systems & Services Europe (Ertico – ITS Europe) chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 22 maggio 2019, Ertico – ITS Europe/Commissione (T‑604/15; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2019:348), con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione del 18 agosto 2015 (in prosieguo: la «decisione controversa»), adottata dal gruppo di esperti di validazione previsto al punto 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838/UE, Euratom della Commissione, del 18 dicembre 2012, sull’adozione delle regole destinate a garantire una verifica coerente dell’esistenza e dello status giuridico, nonché della capacità operativa e finanziaria, dei partecipanti alle azioni indirette finanziate mediante sovvenzioni nell’ambito del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione e nell’ambito del settimo programma quadro della Comunità europea dell’energia atomica per le attività di ricerca e formazione nel settore nucleare (GU 2012, L 359, pag. 45), (in prosieguo: il «gruppo di esperti di validazione»), nei limiti in cui tale gruppo di esperti di validazione è giunto alla conclusione che la ricorrente non poteva essere qualificata come microimpresa, piccola o media impresa (PMI), ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU 2003, L 124, pag. 36) (in prosieguo: la «raccomandazione PMI»). |
Contesto normativo
Regolamento (CE) n. 58/2003
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L’articolo 22 del regolamento (CE) n. 58/2003 del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che definisce lo statuto delle agenzie esecutive incaricate dello svolgimento di alcuni compiti relativi alla gestione dei programmi comunitari (GU 2003, L 11, pag. 1), intitolato «Controllo della legalità», è così formulato: «1. Tutti gli atti di un’agenzia esecutiva che ledono un terzo possono essere deferiti alla Commissione da chiunque sia direttamente e individualmente interessato o da uno Stato membro, al fine di controllarne la legalità. Il ricorso amministrativo viene depositato alla Commissione entro un mese a decorrere dal giorno in cui l’interessato o lo Stato membro in causa prende conoscenza dell’atto contestato. Dopo aver ascoltato le ragioni addotte dall’interessato o dallo Stato membro in causa e quelle dell’agenzia esecutiva, la Commissione delibera in merito al ricorso amministrativo entro il termine di due mesi a decorrere dalla data in cui è stato proposto il ricorso. Fatto salvo l’obbligo, per la Commissione, di rispondere per iscritto e motivando la sua decisione, la mancata risposta da parte della Commissione entro tale termine vale come decisione implicita di rigetto del ricorso. 2. La Commissione può, di sua iniziativa, occuparsi di qualsiasi atto di un’agenzia esecutiva. Essa delibera entro il termine di due mesi a decorrere dal giorno in cui ha proceduto in tal senso, dopo aver ascoltato le ragioni addotte dall’agenzia esecutiva. 3. Allorché agisce ai sensi dei paragrafi 1 o 2, la Commissione può sospendere l’esecuzione dell’atto in causa o prescrivere misure provvisorie. Nella sua decisione definitiva la Commissione può mantenere l’atto dell’agenzia esecutiva o decidere che questa lo deve modificare, integralmente o parzialmente. 4. L’agenzia esecutiva è tenuta ad adottare, in tempi ragionevoli, le misure necessarie per conformarsi alla decisione della Commissione. 5. La decisione esplicita o implicita di rigetto, da parte della Commissione, del ricorso amministrativo può formare oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte di giustizia [dell’Unione europea], in conformità dell’articolo [263 TFUE]». |
Raccomandazione PMI
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A termini dei considerando 9 e 12 della raccomandazione PMI:
(...)
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L’articolo 1, paragrafo 1, di tale raccomandazione così dispone: «La presente raccomandazione riguarda la definizione delle [PMI] utilizzata nelle politiche [dell’Unione] applicate all’interno [dell’Unione europea] e dello Spazio economico europeo [(SEE)]». |
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L’articolo 1 dell’allegato a detta raccomandazione, intitolato «Impresa», prevede quanto segue: «Si considera impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica». |
6 |
L’articolo 2 dell’allegato alla medesima raccomandazione, intitolato «Effettivi e soglie finanziarie che definiscono le categorie di imprese», al suo paragrafo 1 così dispone: «La categoria delle [PMI] è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR». |
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L’articolo 3 dell’allegato alla raccomandazione PMI, intitolato «Tipi di imprese considerati ai fini del calcolo degli effettivi e degli importi finanziari», è così formulato: «1. Si definisce “impresa autonoma” qualsiasi impresa non identificabile come impresa associata ai sensi del paragrafo 2 oppure come impresa collegata ai sensi del paragrafo 3. 2. Si definiscono “imprese associate” tutte le imprese non identificabili come imprese collegate ai sensi del paragrafo 3 e tra le quali esiste la relazione seguente: un’impresa (impresa a monte) detiene, da sola o insieme a una o più imprese collegate ai sensi del paragrafo 3, almeno il 25% del capitale o dei diritti di voto di un’altra impresa (impresa a valle). (...) 3. Si definiscono “imprese collegate” le imprese fra le quali esiste una delle relazioni seguenti:
(...)». |
Decisione 2012/838
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Ai sensi del punto 1.2.6 dell’allegato alla decisione 2012/838, intitolato «Revisione amministrativa delle validazioni»:
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Tale punto 1.2.6 è accompagnato da una nota a piè di pagina, che enuncia quanto segue: «Ai sensi dell’articolo 22 del regolamento [n. 58/2003], gli atti di un’agenzia esecutiva possono essere trasmessi alla Commissione per la revisione della relativa legalità». |
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Il punto 1.2.7 dell’allegato a tale decisione, intitolato «Il gruppo di esperti di validazione», così dispone: «Le [direzioni generali (DG)] e le agenzie esecutive della [Commissione] incaricate di attuare il [settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013)] devono creare un gruppo di esperti inter-servizi a fini di coordinamento (indicato come gruppo di esperti di validazione) e provvedere a delegare un proprio rappresentante per tale gruppo di esperti. I servizi di validazione vi prendono parte senza diritto di voto e ne gestiscono il segretariato sotto la supervisione della presidenza del gruppo di esperti di validazione. La Commissione stabilisce le regole procedurali per i processi di coordinamento, compreso un registro di prassi comuni. Nel caso in cui una richiesta di revisione sia presentata ai servizi di validazione nel rispetto del precedente punto 1.2.7, essi devono deferire la questione al gruppo di esperti di validazione che si occupa di rivedere i casi di validazione del soggetto giuridico per poi decidere in merito. Nel mandato del gruppo di esperti di validazione non rientrano i casi relativi alla verifica della capacità finanziaria». |
Fatti
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I fatti all’origine della controversia figurano ai punti da 1 a 10 della sentenza impugnata e, ai fini del presente procedimento, possono essere sintetizzati come segue. |
12 |
La ricorrente, costituita nel 1991, è una società cooperativa a responsabilità limitata di diritto belga. Essa fornisce una piattaforma multisettoriale agli operatori, tanto privati quanto pubblici, del settore dei sistemi e dei servizi di trasporto intelligenti. Conformemente al suo statuto, essa mira a favorire, a promuovere e ad aiutare a coordinare l’attuazione, nell’infrastruttura di trasporto in Europa, di sistemi telematici di trasporto avanzati. |
13 |
Dal 31 dicembre 2006 si riteneva che la ricorrente avesse lo status di PMI ai sensi della raccomandazione PMI. Tale status le ha consentito di beneficiare per più anni di sovvenzioni supplementari da parte dell’Unione, in particolare nell’ambito del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013). |
14 |
Nel mese di dicembre 2013, nell’ambito della revisione dello status di PMI dei partecipanti ai programmi di ricerca esistenti, l’Agenzia esecutiva per la ricerca (REA), in qualità di servizio di validazione dello status di PMI dei partecipanti a tali programmi, ha chiesto alla ricorrente informazioni tali da giustificare che essa potesse continuare a beneficiare di detto status. A seguito di uno scambio di messaggi di posta elettronica, il 27 gennaio 2014 la REA ha deciso che la ricorrente non poteva più essere considerata come una PMI ai sensi della raccomandazione PMI (in prosieguo: la «decisione di diniego dello status di PMI»). |
15 |
Con messaggio di posta elettronica del 7 febbraio 2014, la ricorrente ha contestato la posizione adottata dalla REA, fornendo due pareri legali redatti dai suoi avvocati. |
16 |
Con messaggio di posta elettronica del 24 febbraio 2014, la REA ha comunicato alla ricorrente che poteva chiedere la revisione della decisione di diniego dello status di PMI dinanzi al gruppo di esperti di validazione, in forza dei punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838. |
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Con messaggio di posta elettronica del 25 febbraio 2014, la ricorrente ha quindi chiesto, presso la REA, la revisione di tale decisione dinanzi al gruppo di esperti di validazione. |
18 |
Il 15 aprile 2014 la REA ha informato la ricorrente della decisione del gruppo di esperti di validazione che confermava la decisione di diniego dello status di PMI (in prosieguo: la «prima decisione negativa»). |
19 |
Il 23 giugno 2014 la ricorrente ha proposto un ricorso avverso la prima decisione negativa dinanzi al Tribunale, iscritto a ruolo con il numero T‑499/14. Tale ricorso era rivolto, nel contempo, contro la Commissione e contro il gruppo di esperti di validazione. |
20 |
Il 18 novembre 2014 la REA ha informato la ricorrente della decisione del gruppo di esperti di validazione di revocare la prima decisione negativa, in attesa dell’adozione di una nuova decisione. Tale revoca era giustificata dalla circostanza che, nella prima decisione negativa, il gruppo di esperti di validazione non aveva risposto esplicitamente agli argomenti addotti dalla ricorrente nel suo messaggio di posta elettronica del 7 febbraio 2014. A seguito di detta revoca, il Tribunale ha considerato che il ricorso proposto nella causa T‑499/14 era divenuto privo di oggetto e ha dichiarato, con ordinanza del 30 aprile 2015, Ertico – ITS Europe/Commissione (T‑499/14, non pubblicata, EU:T:2015:285), che non vi era più luogo a statuire su tale ricorso. |
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Il 18 agosto 2015 il gruppo di esperti di validazione ha adottato la decisione controversa, nella quale è giunto alla conclusione, sul fondamento di un’argomentazione modificata rispetto a quella contenuta nella prima decisione negativa, che la ricorrente non poteva più beneficiare dello status di PMI. |
Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
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Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 ottobre2015, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. |
23 |
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tale ricorso. |
Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti
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Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:
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La Commissione chiede che la Corte voglia:
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Con decisione del presidente della Corte del 19 novembre 2019, la Repubblica ceca è stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente. |
Sull’impugnazione
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A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, il primo, su un’errata interpretazione dei punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 nonché dell’articolo 22 del regolamento n. 58/2003, il secondo, su una violazione della raccomandazione PMI nonché dei principi fondamentali di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento e, il terzo, su un errore manifesto di valutazione riguardante il suo status di PMI. |
Sul primo motivo
Argomenti delle parti
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Con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, in particolare ai punti da 28 a 42, 50 e da 68 a 77 della sentenza impugnata, nella parte in cui ha concluso che i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838, da un lato, e l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003, dall’altro, prevedono ricorsi distinti. Contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale ai punti da 28 a 31 di tale sentenza, dette disposizioni riguarderebbero un solo e unico procedimento. In particolare, i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 preciserebbero come le richieste di controllo della legalità di cui all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 debbano essere presentate alla Commissione. |
29 |
In primo luogo, i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 farebbero espresso riferimento all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003. La nota a piè di pagina 24 inserita al punto 1.2.6, paragrafo 2, dell’allegato alla decisione 2012/838 preciserebbe che il controllo interessato da tale punto è quello di cui all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003. Tale nota a piè di pagina stabilirebbe un nesso tra l’articolo 22 di detto regolamento, di rango superiore, e le disposizioni di attuazione di quest’ultimo, ossia i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838, di rango inferiore. |
30 |
In secondo luogo, mentre il punto 1.2.6, paragrafo 3, dell’allegato alla decisione 2012/838 preciserebbe che tale processo di revisione amministrativa non pregiudica i diritti del richiedente a presentare ricorso presso il Mediatore o la Corte di giustizia dell’Unione europea, esso non indicherebbe che il medesimo non pregiudichi il procedimento di controllo di cui all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003. |
31 |
In terzo luogo, la stessa Commissione avrebbe considerato che i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 e l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 riguardavano un solo e unico procedimento di controllo. La REA avrebbe infatti indicato, nel suo messaggio di posta elettronica del 24 febbraio 2014, che una richiesta di controllo della legalità doveva essere presentata conformemente ai punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838. La REA non avrebbe assolutamente menzionato l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003, cosa che avrebbe dovuto fare, e avrebbe certamente fatto, se il procedimento di controllo di cui all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 fosse distinto da quello menzionato ai punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838. |
32 |
Infatti, esisterebbe un principio generale del diritto in materia di procedimento amministrativo dell’Unione, secondo il quale le decisioni delle istituzioni e delle altre autorità amministrative dell’Unione che ledono i diritti o gli interessi di un privato devono indicare chiaramente i mezzi di ricorso possibili e gli strumenti per esercitarli. Tale requisito sarebbe parimenti espressamente previsto, segnatamente, all’articolo 133, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 2018, L 193, pag. 1). Tale regolamento costituirebbe il fondamento giuridico attuale dei requisiti normativi sui quali si fonderebbe la decisione 2012/838. |
33 |
In quarto luogo, applicando i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838, il gruppo di esperti di validazione e, di conseguenza, la Commissione, avrebbe in pratica, ottemperato al termine di due mesi stabilito all’articolo 22, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 58/2003. Infatti, il gruppo di esperti di validazione avrebbe emesso la prima decisione negativa entro due mesi dalla data in cui la ricorrente avrebbe formalmente chiesto alla REA di rinviare il suo fascicolo a quest’ultimo. |
34 |
Peraltro, la Commissione non avrebbe formulato alcuna obiezione riguardo al fatto che, da un lato, la ricorrente, nel suo ricorso nella causa che ha dato luogo all’ordinanza del 30 aprile 2015, Ertico – ITS Europe/Commissione (T‑499/14, non pubblicata, EU:T:2015:285), avrebbe espressamente identificato l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 come costituente una delle basi giuridiche di tale domanda e che, dall’altro, la ricorrente si sarebbe ampiamente fondata su tale articolo 22 nella sua lettera del 5 gennaio 2015 inviata al Tribunale. |
35 |
In quinto luogo, mentre l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 disporrebbe che la Commissione statuisca sul ricorso amministrativo entro un termine di due mesi a decorrere dalla data in cui è stato proposto, che la mancata risposta da parte della Commissione entro tale termine vale come decisione implicita di rigetto di tale ricorso amministrativo e che la decisione esplicita o implicita di rigetto, da parte della Commissione, di detto ricorso amministrativo può formare oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, conformemente all’articolo 263 TFUE, i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 non menzionerebbero alcun termine applicabile per l’adozione di una decisione da parte del gruppo di esperti di validazione, e, di conseguenza, da parte della Commissione, e non prevedrebbero alcuna norma riguardante il caso in cui il gruppo di esperti di validazione, e, di conseguenza, la Commissione, ometta di adottare una decisione. L’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 si applicherebbe quindi necessariamente nell’ambito del procedimento previsto ai punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838. In caso contrario, la ricorrente si chiede come l’interessato sia in grado di determinare il dies a quo del termine per proporre un ricorso contro una decisione negativa implicita. |
36 |
In sesto luogo, contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale nella sentenza impugnata, il ricorso previsto ai punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 e quello di cui all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 non si distinguerebbero per quanto riguarda i loro rispettivi procedimenti e la loro natura. |
37 |
Sotto un primo aspetto, il controllo sarebbe effettuato da un solo ed unico soggetto, ossia la Commissione. Ciò emergerebbe chiaramente dal testo dell’articolo 22 del regolamento n. 58/2003. Parimenti, i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 disporrebbero che il controllo di legalità sia effettuato dal gruppo di esperti di validazione, ossia un «gruppo di esperti inter-servizi» a fini di coordinamento delle DG e delle agenzie esecutive di detta istituzione incaricate del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013). |
38 |
Inoltre, il Tribunale avrebbe dichiarato che il gruppo di esperti di validazione e la Commissione dovevano essere considerati come un solo ed unico soggetto, il che non poteva essere ignorato da tale giudice nella sentenza impugnata, salvo violare il principio di res judicata. Infatti, il ricorso della ricorrente nella causa che ha dato luogo all’ordinanza del 30 aprile 2015, Ertico – ITS Europe/Commissione (T‑499/14, non pubblicata, EU:T:2015:285), sarebbe stato rivolto nel contempo contro la Commissione e contro il gruppo di esperti di validazione. Con telefax del 4 settembre 2014, la cancelleria del Tribunale avrebbe informato la ricorrente che la Settima Sezione di tale organo giurisdizionale aveva deciso che la Commissione doveva essere considerata l’unica parte convenuta. |
39 |
Il fatto che il gruppo di esperti di validazione e la Commissione debbano essere considerati come costituenti un solo ed unico soggetto sarebbe altresì confermato al punto 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838, il quale preciserebbe che tale istituzione deve adottare un regolamento interno che precisi il funzionamento del gruppo di esperti di validazione. Pertanto, chiedendo al gruppo di esperti di validazione di effettuare un controllo, la ricorrente avrebbe, in realtà, proposto un ricorso dinanzi alla Commissione. |
40 |
Sotto un secondo aspetto, la richiesta di revisione sarebbe introdotta mediante una richiesta inviata al servizio di validazione competente. Da numerose lettere scambiate tra la REA e la ricorrente risulterebbe che il servizio di validazione competente, nella fattispecie la REA, ha semplicemente agito come intermediario che ha trasferito la richiesta di revisione della ricorrente alla Commissione. |
41 |
Sotto un terzo aspetto, il controllo di legalità riguarderebbe atti di agenzie esecutive, come, nel caso di specie, la REA, il che non sarebbe stato contestato dalla Commissione né esaminato nella sentenza impugnata. |
42 |
Sotto un quarto aspetto, l’obiettivo della revisione sarebbe quello di consentire alla Commissione di esercitare una vigilanza e di garantire l’omogeneità dell’interpretazione, obiettivo che non sarebbe stato né contestato da tale istituzione né esaminato nella sentenza impugnata. |
43 |
Sotto un quinto aspetto, alla ricorrente sarebbe stata concessa la possibilità di far valere le proprie osservazioni. Conformemente alla formulazione dell’articolo 22 del regolamento n. 58/2003, la ricorrente avrebbe sempre sostenuto di dover essere ascoltata dalla Commissione. I punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 non indicherebbero chiaramente che il ricorrente debba avere la possibilità di presentare osservazioni. Ciò sarebbe tuttavia logico, dal momento che non sarebbe necessario prevedere espressamente quanto già previsto all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003. In ogni caso, il Tribunale stesso avrebbe confermato, al punto 52 della sentenza impugnata, che la ricorrente doveva essere messa in condizione di far conoscere utilmente il suo punto di vista prima che fosse adottata la decisione controversa, nonostante non fosse espressamente previsto un diritto di tal genere in virtù dei punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838. |
44 |
Sotto un sesto aspetto, dal punto 1.2.6 dell’allegato alla decisione 2012/838 e dall’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 risulterebbe che la revisione è di natura amministrativa e consiste in una revisione completa della sostanza dell’atto impugnato. |
45 |
Lo stesso Tribunale avrebbe indicato, al punto 30 della sentenza impugnata, che il controllo esercitato in applicazione dei punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 verte su una revisione completa della decisione, tanto in diritto quanto in fatto. Tuttavia, contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale ai punti 30 e 37 di tale sentenza nonché, implicitamente, al punto 41 della medesima, lo stesso dovrebbe necessariamente valere nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 22 del regolamento n. 58/2003. Al fine di vigilare sulle attività delle agenzie esecutive nonché di garantire l’omogeneità dell’interpretazione e di ascoltare gli argomenti del ricorrente, la Commissione dovrebbe, per definizione, essere in condizione di riesaminare la sostanza dell’atto impugnato. |
46 |
Sotto un settimo aspetto, la richiesta di revisione dovrebbe essere presentata entro un mese a decorrere dal giorno in cui l’interessato prende conoscenza dell’atto impugnato. Ciò discenderebbe dal testo dell’articolo 22 del regolamento n. 58/2003. Poiché tale norma di rango superiore porrebbe un termine, non sarebbe necessario ricordare il medesimo nelle disposizioni specifiche di applicazione della stessa, vale a dire i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838. |
47 |
Di conseguenza, la decisione controversa, che sarebbe stata emessa dopo la scadenza del termine di due mesi a decorrere dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo di cui all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003, dovrebbe essere considerata nulla e non avvenuta e lo status di PMI della ricorrente dovrebbe essere confermato. Dal momento che la prima decisione negativa sarebbe stata adottata entro il termine impartito di due mesi, non si può sostenere, il che sarebbe stato confermato dal Tribunale nell’ordinanza 30 aprile 2015, Ertico – ITS Europe/Commissione (T‑499/14, non pubblicata, EU:T:2015:285), che esisteva una decisione implicita di rigetto in applicazione dell’articolo 22, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 58/2003. |
48 |
La Commissione sostiene che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto inoperante e, in ogni caso, in quanto infondato. |
Giudizio della Corte
49 |
Si deve osservare che, anche supponendo che, come sostenuto dalla ricorrente, i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 precisino le modalità secondo le quali le richieste di controllo della legalità di cui all’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 devono essere presentate alla Commissione, di modo che l’insieme di tali disposizioni riguarda un solo e unico procedimento disciplinato in particolare da tale articolo 22, tuttavia quest’ultima disposizione precisa, al suo paragrafo 1, terzo comma, che «[f]atto salvo l’obbligo, per la Commissione, di rispondere per iscritto e motivando la sua decisione, la mancata risposta da parte della Commissione entro tale termine vale come decisione implicita di rigetto del ricorso». |
50 |
Ne consegue che il legislatore non ha escluso che la Commissione, alla scadenza del termine di due mesi previsto a detto articolo 22, possa limitarsi a un rigetto implicito del ricorso amministrativo. Di conseguenza, e senza che occorra esaminare, nell’ambito della presente impugnazione, quali requisiti, attinenti al rispetto del diritto ad una buona amministrazione, debbano essere rispettati dalla Commissione nell’esercizio di tale facoltà, occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo cui la decisione controversa deve essere annullata per il semplice fatto che è stata emessa dopo la scadenza di detto termine di due mesi. |
51 |
A tale riguardo, la ricorrente sostiene che l’adozione della prima decisione negativa osta all’applicazione nel caso di specie delle considerazioni esposte ai punti 49 e 50 della presente sentenza. A suo avviso, dall’ordinanza del 30 aprile 2015, Ertico – ITS Europe/Commissione (T‑499/14, non pubblicata, EU:T:2015:285), deriva che il fatto che la prima decisione negativa sia stata adottata entro il termine impartito di due mesi esclude che si possa ritenere che esistesse una decisione implicita di rigetto in applicazione dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 58/2003. |
52 |
Tuttavia, contrariamente a quanto la ricorrente sembra dedurre con la sua argomentazione al riguardo, il non luogo a statuire pronunciato dal Tribunale nell’ordinanza del 30 aprile 2015, Ertico – ITS Europe/Commissione (T‑499/14, non pubblicata, EU:T:2015:285), si fonda, come risulta, in particolare, dai punti 7 e 11 di tale ordinanza, sulla revoca della prima decisione negativa, ove quest’ultima è stata l’oggetto del ricorso di annullamento che ha dato luogo a detta ordinanza. Peraltro, né tale non luogo a statuire né la motivazione sviluppata dal Tribunale a sostegno di quest’ultimo escludono che detta revoca abbia avuto come conseguenza la mancata risposta della Commissione entro il termine impartito. |
53 |
D’altronde, il diritto della Commissione di revocare la prima decisione negativa non è, in quanto tale, assolutamente contestato nell’ambito della presente impugnazione. |
54 |
Ne consegue che, tenuto conto della revoca della prima decisione negativa e anche supponendo che l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 fosse stato applicabile al procedimento di revisione proposto dalla ricorrente avverso la decisione di diniego dello status di PMI, si deve in ogni caso ritenere che vi sia stata una «mancata risposta» da parte della Commissione entro il termine impartito, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, terzo comma, di tale regolamento, ove una siffatta mancata risposta vale come decisione implicita di rigetto del ricorso, conformemente a tale articolo 22. Occorre altresì osservare che, come risulta dai punti da 20 a 22 della presente sentenza, tale revoca ha avuto luogo prima dell’adozione della decisione controversa e della proposizione, da parte della ricorrente, del suo ricorso di annullamento contro la medesima. |
55 |
Dato che la mera circostanza che la decisione controversa sia stata adottata dopo la scadenza del termine di due mesi impartito alla Commissione per rispondere a un ricorso proposto sul fondamento dell’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 58/2003 non può comportare l’annullamento di tale decisione, l’argomentazione della ricorrente diretta a dimostrare che detta disposizione è applicabile al procedimento di ricorso da essa avviato avverso la decisione di diniego dello status di PMI è inoperante e, pertanto, deve essere respinta. |
56 |
Infine, per quanto riguarda l’argomentazione secondo cui la REA non avrebbe menzionato il fatto che l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 costituiva il fondamento di un mezzo di ricorso a disposizione della ricorrente, mentre essa avrebbe dovuto farlo se il procedimento previsto da tale articolo fosse distinto da quello menzionato ai punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838, occorre osservare che, nell’ambito della presente impugnazione, la ricorrente non sostiene che la violazione dell’asserito obbligo incombente alla REA di indicare i mezzi di ricorso disponibili giustifichi, di per sé, l’annullamento della decisione impugnata, ma si limita a far valere che l’esistenza di tale obbligo e il fatto che la REA non abbia menzionato l’articolo 22 del regolamento n. 58/2003 in quanto fondamento di un mezzo di ricorso per essa sostitutivo dimostrano che si deve ritenere che tale articolo e i punti 1.2.6 e 1.2.7 dell’allegato alla decisione 2012/838 prevedano un solo e unico mezzo di ricorso. Ne consegue che, in realtà, è il mancato rispetto del termine di due mesi previsto a detto articolo che, secondo la ricorrente, giustifica l’annullamento della decisione controversa e la conferma del suo status di PMI. Orbene, da quanto precede risulta che l’annullamento di tale decisione non si giustifica per tale motivo. |
57 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente il primo motivo di impugnazione. |
Sul terzo motivo
Argomenti delle parti
58 |
Con il terzo motivo di impugnazione, che occorre esaminare in secondo luogo, la ricorrente fa valere che il Tribunale ha commesso un errore manifesto di valutazione, in particolare ai punti 56, 59, da 139 a 146, 148, 150, 151 e 171 della sentenza impugnata, in quanto ha concluso che essa non faceva fronte agli svantaggi che le PMI subiscono abitualmente e che, pertanto, non era una PMI tenuto conto dell’obiettivo e della ratio della raccomandazione PMI. |
59 |
Sebbene tra i suoi azionisti vi siano grandi imprese ed organismi pubblici, la situazione della ricorrente non sarebbe in alcun caso diversa da quella delle altre PMI. In particolare, sarebbe manifestamente errato ritenere, come affermato dal Tribunale al punto 145 della sentenza impugnata, che la ricorrente possa, in forza del suo statuto, disporre di risorse provenienti dai propri membri, superiori a quelle di una PMI e che le consentano di coprire le proprie spese. |
60 |
In primo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente ignorato il fatto che, da un lato, le azioni della ricorrente sarebbero state detenute da 110 azionisti diversi alla data della pronuncia della sentenza impugnata e, dall’altro, tali azionisti avrebbero potuto ritirarsi in qualsiasi momento. |
61 |
In secondo luogo, il Tribunale, erroneamente, non avrebbe tenuto conto del fatto che ciascun azionista della ricorrente, da un lato, deterrebbe un numero pari di azioni e di diritti di voto e, dall’altro, avrebbe gli stessi diritti di voto all’assemblea generale di quest’ultima. Pertanto, nessuno di essi avrebbe interesse ad apportare fondi alla ricorrente, perché essi non potrebbero semplicemente decidere circa l’assegnazione e la destinazione di tali fondi. |
62 |
In terzo luogo, il contributo degli azionisti della ricorrente sarebbe strettamente limitato ai loro contributi annui il cui livello non sarebbe cambiato da 20 anni. Come il Tribunale avrebbe giustamente indicato al punto 144 della sentenza impugnata, l’importo del contributo annuo sarebbe determinato dal consiglio di vigilanza della ricorrente, il quale sarebbe composto di rappresentanti dei diversi settori rappresentati in seno a quest’ultima – che avrebbero tutti interessi divergenti – e che avrebbe contato 20 membri alla data di tale sentenza. Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale ai punti 144 e 145 di detta sentenza, sarebbe in pratica molto difficile per il consiglio di vigilanza decidere un aumento dei contributi annui, in quanto, da un lato, il consiglio di vigilanza prenderebbe le proprie decisioni all’unanimità o, in assenza di consenso, a maggioranza dei tre quarti dei voti dei membri presenti o rappresentati e, dall’altro, ciascun membro del consiglio di vigilanza disporrebbe di un voto. |
63 |
La constatazione effettuata dal Tribunale, al punto 142 della sentenza impugnata, secondo cui dall’articolo 3 dello statuto della ricorrente deriva che essa agisce principalmente per conto dei suoi membri, sarebbe del tutto irrilevante. Tutte le imprese agirebbero nell’interesse dei loro azionisti. Tale constatazione deriverebbe, del resto, da un’errata interpretazione del contenuto dello statuto della ricorrente. In realtà, l’articolo 3 di tale statuto indicherebbe che la ricorrente deve principalmente agire per i suoi membri. Inoltre, sebbene la ricorrente fornisca principalmente servizi ai suoi azionisti, ciò non la renderebbe meno vulnerabile di un’altra PMI. La natura incerta dei redditi della ricorrente sarebbe altresì confermata dal fatto che quest’ultima sarebbe considerata una PMI dalla sua banca e che anche la Commissione la considererebbe fragile dal punto di vista finanziario e chiederebbe, di conseguenza, che essa fornisca una garanzia bancaria al fine di ottenere un anticipo sulla sovvenzione dell’Unione. |
64 |
Lo stesso varrebbe per la constatazione di cui al punto 143 della sentenza impugnata, secondo la quale, conformemente all’articolo 5 dello statuto della ricorrente, il capitale autorizzato di quest’ultima è illimitato. Tale articolo significherebbe semplicemente che, sul piano giuridico, l’importo massimo di capitale sociale che la ricorrente è autorizzata a mobilitare non è limitato. Tale precisazione sarebbe importante per ragioni pratiche, poiché, in sua assenza, la ricorrente avrebbe l’obbligo di modificare il proprio statuto qualora nuovi membri desiderino entrare nel capitale, dato che il capitale sociale autorizzato potrebbe essere aumentato solo con l’approvazione degli azionisti. Il capitale sociale autorizzato non indicherebbe, pertanto, nulla riguardo alla solidità finanziaria della ricorrente. |
65 |
Di conseguenza, il Tribunale avrebbe commesso un errore nel dichiarare, al punto 143 della sentenza impugnata, che il capitale sociale autorizzato costituiva una garanzia nei confronti dei partner della ricorrente e degli eventuali creditori e che un capitale sociale rilevante agevolava la ricorrente nei suoi rapporti con i terzi. Il capitale sociale liberato sarebbe più pertinente a tale riguardo, vale a dire l’importo versato ad una società dai suoi azionisti in cambio di quote del suo capitale, cui il Tribunale avrebbe fatto riferimento quando ha menzionato, a tale punto 143, l’importo totale dei conferimenti a vantaggio della ricorrente. Pertanto, contrariamente a quanto affermato al predetto punto 143, la nozione di capitale autorizzato non corrisponderebbe all’importo totale dei conferimenti a vantaggio della ricorrente. |
66 |
Nel caso della ricorrente, il capitale sociale liberato sarebbe pari a EUR 68200, dato che 110 azionisti hanno versato EUR 620 ciascuno. Ciò non suggerirebbe assolutamente che la situazione finanziaria della ricorrente sia più solida di quella di un’altra PMI. |
67 |
La Commissione sostiene che il terzo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto manifestamente irricevibile, dal momento che la ricorrente si limita a contestare gli accertamenti di fatto operati dal Tribunale. In ogni caso, tale motivo dovrebbe essere respinto in quanto infondato. |
Giudizio della Corte
68 |
Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 256 TFUE e all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione deve limitarsi ai motivi di diritto. Di conseguenza, il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti. La valutazione di tali fatti non costituisce pertanto, salvo il caso di un loro snaturamento, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 97 e giurisprudenza ivi citata). |
69 |
Secondo una giurisprudenza costante della Corte, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenze del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 86 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 14 gennaio 2021, ERCEA/Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis, C‑280/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:23, punto 46. |
70 |
Peraltro, l’esame di una disposizione contrattuale da parte del Tribunale non può essere considerato come un’interpretazione del diritto e non può essere quindi verificato nell’ambito di un’impugnazione senza invadere la competenza del Tribunale ad accertare i fatti (sentenze del 29 ottobre2015, Commissione/ANKO, C‑78/14 P, EU:C:2015:732, punto 23, e del 14 gennaio 2021, ERCEA/Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis, C‑280/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:23, punto 43 nonché giurisprudenza ivi citata). |
71 |
Inoltre, dall’articolo 256 TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (sentenze del 12 gennaio 2017, Timab Industries e CFPR/Commissione, C‑411/15 P, EU:C:2017:11, punto 140 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 24 gennaio 2018, EUIPO/European Food, C‑634/16 P, EU:C:2018:30, punto 63). |
72 |
Occorre rilevare che, adducendo errori manifesti di valutazione commessi dal Tribunale, la ricorrente contesta, in realtà, il valore o la rilevanza attribuita dal Tribunale alle diverse circostanze di fatto che caratterizzano la sua situazione e alle disposizioni del suo statuto. Con l’insieme della sua argomentazione, la ricorrente chiede così che la Corte proceda essa stessa ad una valutazione relativa alla natura asseritamente incerta dei suoi redditi. Orbene, come risulta dalla giurisprudenza citata ai punti da 68 a 71 della presente sentenza, salvo il caso del loro snaturamento, il Tribunale è il solo competente a valutare i fatti ed esaminare lo statuto della ricorrente. |
73 |
Ne consegue che il terzo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto irricevibile. |
Sul secondo motivo
Argomenti delle parti
74 |
Con il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere che, in particolare ai punti 59 e da 97 a 153 della sentenza impugnata, il Tribunale ha disatteso la raccomandazione PMI e ha violato i principi fondamentali di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento in quanto l’ha privata dello status di PMI fondandosi sull’obiettivo e sulla ratio di tale raccomandazione, sebbene essa rispetti formalmente i criteri di quest’ultima. |
75 |
In particolare, il Tribunale avrebbe confermato o, quantomeno, non avrebbe contestato, innanzitutto, che la ricorrente aveva la qualità di impresa, ai sensi dell’articolo 1 dell’allegato alla raccomandazione PMI, poi, che essa rispettava formalmente il requisito dell’indipendenza posto da tale raccomandazione e costituiva pertanto un’impresa autonoma, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato a detta raccomandazione, e, infine, che essa rispettava formalmente i criteri relativi agli effettivi e alle soglie finanziarie di cui all’articolo 2 dell’allegato alla medesima raccomandazione. Invece di dedurne che la ricorrente era una PMI, ai sensi della raccomandazione PMI, il Tribunale avrebbe concluso che non doveva ritenersi che la ricorrente rispettasse il requisito dell’indipendenza né i criteri relativi agli effettivi e alle soglie finanziarie, in quanto essa non risentiva, in realtà, dei «tipici svantaggi» delle PMI e non costituiva pertanto una PMI alla luce dell’obiettivo e della ratio di tale raccomandazione. |
76 |
La violazione da parte del Tribunale della raccomandazione PMI nonché dei principi fondamentali di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento sarebbe confermata dai seguenti elementi. |
77 |
In primo luogo, come risulterebbe dal considerando 1 della raccomandazione PMI, lo scopo di quest’ultima sarebbe quello di garantire la certezza del diritto. Ciò sarebbe confermato anche dalla Guida dell’utente alla definizione di PMI, la quale sottolineerebbe, alla pagina 3, che la definizione di PMI è uno strumento pratico concepito per aiutare tali imprese a identificarsi come tali in modo da poter ricevere appieno il sostegno dell’Unione e dei suoi Stati membri. |
78 |
In secondo luogo, la formulazione della raccomandazione PMI sarebbe inequivocabile e, pertanto, non lascerebbe spazio all’interpretazione. La conclusione risultante da tale formulazione non potrebbe essere rimessa in discussione alla luce dell’obiettivo e della ratio asseriti di detta raccomandazione, in quanto ciò avrebbe come conseguenza di privare tale formulazione di qualsiasi effetto utile. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte derivante, in particolare, dalla sentenza del 15 luglio 2010, Commissione/Regno Unito (C‑582/08, EU:C:2010:429, punto 51), risulterebbe che non si può procedere, ignorando la formulazione chiara e precisa di una disposizione, ad un’interpretazione diretta a correggere la medesima. |
79 |
In terzo luogo, il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente i considerando 9 e 12 della raccomandazione PMI nonché la giurisprudenza del giudice dell’Unione. |
80 |
Per quanto riguarda i considerando 9 e 12 della raccomandazione PMI, secondo una giurisprudenza costante, come risulterebbe, in particolare, dalla sentenza del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punto 76), il preambolo di un atto dell’Unione non ha valore giuridico vincolante e non può essere invocato né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto di cui trattasi né per interpretare tali disposizioni in un senso manifestamente contrario alla loro formulazione. |
81 |
Inoltre, dalla lettura dei considerando 9 e 12 della raccomandazione PMI risulterebbe chiaramente che questi ultimi si limitino ad esporre il contenuto di tale raccomandazione. Tale considerando 9 si limiterebbe quindi ad esporre il motivo per cui l’articolo 3 dell’allegato a tale raccomandazione distingue le «imprese autonome», le «imprese associate» e le «imprese collegate». Detto considerando 9 non indicherebbe assolutamente che non sia sufficiente per un’impresa soddisfare i criteri stabiliti dalla suddetta raccomandazione per essere considerata una PMI. Allo stesso modo, tale considerando 12 non farebbe altro che spiegare la ragione per cui l’articolo 3, paragrafo 3, dell’allegato alla raccomandazione PMI dispone che le imprese possono essere «collegate» attraverso una persona fisica o un gruppo di persone fisiche che agiscono di concerto. Inoltre, la pagina 24 della Guida dell’utente alla definizione delle PMI deporrebbe per un’applicazione ampia della definizione delle PMI. |
82 |
Le tre cause menzionate dal Tribunale nella sentenza impugnata, ossia quelle che hanno dato luogo alle sentenze del 29 aprile 2004, Italia/Commissione (C‑91/01, EU:C:2004:244) e del 27 febbraio 2014, HaTeFo (C‑110/13, EU:C:2014:114), nonché alla sentenza del Tribunale del 14 ottobre2004, Pollmeier Malchow/Commissione (T‑137/02, EU:T:2004:304), avrebbero, in realtà, riguardato l’interpretazione di disposizioni specifiche della raccomandazione PMI che né il gruppo di esperti di validazione né il Tribunale avrebbero applicato nel caso di specie, piuttosto che una deroga pura e semplice a tale raccomandazione. Inoltre, i fatti della presente controversia sarebbero completamente diversi da quelli all’origine di queste tre cause, tutte attinenti ad una situazione in cui l’impresa o le imprese interessate erano direttamente o indirettamente controllate da un azionista a monte ed erano integrate in un gruppo più ampio. |
83 |
La Repubblica ceca condivide l’argomentazione dedotta dalla ricorrente nell’ambito del secondo motivo di impugnazione. In particolare, tale Stato membro sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’ambito della sua valutazione del requisito dell’indipendenza, in particolare, ai punti da 100 a 109 e da 135 a 146 della sentenza impugnata. |
84 |
La Commissione fa valere che il secondo motivo di impugnazione deve essere respinto. |
Giudizio della Corte
85 |
Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale ha erroneamente dichiarato che la decisione controversa era fondata sebbene la ricorrente rispetti formalmente i criteri della raccomandazione PMI, occorre ricordare che la Commissione è vincolata dalle discipline e dalle comunicazioni da essa emanate in materia di controllo degli aiuti di Stato, nei limiti in cui esse non derogano alle norme del Trattato FUE e vengono accettate dagli Stati membri (sentenza del 29 aprile 2004, Italia/Commissione,C‑91/01, EU:C:2004:244, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). |
86 |
A tale riguardo, la Corte ha osservato che la Commissione adotta un approccio favorevole rispetto agli aiuti di Stato alle PMI in considerazione dei fallimenti del mercato a causa dei quali tali imprese devono far fronte ad un certo numero di ostacoli che ne limitano il loro sviluppo socialmente ed economicamente auspicabile (v., in tal senso, sentenze del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑91/01, EU:C:2004:244, punto 46, e del 24 settembre 2020, NMI Technologietransfer, C‑516/19, EU:C:2020:754, punto 31). |
87 |
Tuttavia, la Corte ha altresì dichiarato che occorre interpretare la raccomandazione PMI tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (sentenza del 27 febbraio 2014, HaTeFo, C‑110/13, EU:C:2014:114, punto 30). |
88 |
A tale riguardo, come risulta dai considerando 9 e 12 nonché dall’articolo 1, paragrafo 1, di tale raccomandazione, quest’ultima mira ad adottare una definizione di PMI utilizzata nelle politiche dell’Unione applicate all’interno dell’Unione e del SEE, che tenga conto della realtà economica di tali imprese al fine di escludere da detta qualificazione i gruppi di imprese il cui potere economico supererebbe quello di una PMI e di riservare quindi alle imprese che ne hanno veramente bisogno i vantaggi derivanti alle PMI da varie regolamentazioni o misure a loro favore (v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2014, HaTeFo, C‑110/13, EU:C:2014:114, punto 31, e del 24 settembre 2020, NMI Technologietransfer, C‑516/19, EU:C:2020:754, punto 34). |
89 |
Infatti, come osservato dal Tribunale, in sostanza, al punto 100 della sentenza impugnata, i vantaggi accordati alle PMI costituiscono, il più delle volte eccezioni alle regole generali, come ad esempio nel settore degli aiuti di Stato, di modo che la definizione di PMI deve essere interpretata in senso stretto (sentenze del 27 febbraio 2014, HaTeFo, C‑110/13, EU:C:2014:114, punto 32, e del 24 settembre 2020, NMI Technologietransfer, C‑516/19, EU:C:2020:754, punto 65). |
90 |
In tale ottica, l’obiettivo del requisito dell’indipendenza è di garantire, come giustamente rilevato dal Tribunale ai punti 102 e 149 della sentenza impugnata, che le misure destinate alle PMI avvantaggino veramente le imprese che subiscono lo svantaggio delle loro dimensioni e non quelle che appartengono ad un grande gruppo e che, pertanto, hanno accesso ai mezzi e al sostegno di cui i loro concorrenti di dimensioni equivalenti non dispongono. Ciò considerato, al fine di includere unicamente le imprese che effettivamente costituiscono PMI indipendenti, si deve esaminare la struttura delle PMI che formano un gruppo economico la cui potenza supera quella di una tale impresa e impedire che la definizione di PMI venga aggirata per motivi puramente formali (v., in tal senso, sentenze del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑91/01, EU:C:2004:244, punto 50; e del 27 febbraio 2014, HaTeFo, C‑110/13, EU:C:2014:114, punto 33). |
91 |
Di conseguenza, occorre interpretare il requisito dell’indipendenza alla luce di tale obiettivo, come ricordato dal Tribunale al punto 103 della sentenza impugnata, in modo tale che un’impresa che risponde formalmente a tale requisito, ma che, in realtà, fa parte di un grande gruppo di imprese, non possa tuttavia essere considerata rispondente a detto requisito (v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2004, Italia/Commissione, C‑91/01, EU:C:2004:244, punto 51). L’articolo 3 dell’allegato alla raccomandazione PMI deve quindi essere interpretato alla luce di detto obiettivo (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, HaTeFo, C‑110/13, EU:C:2014:114, punto 34). |
92 |
In considerazione della giurisprudenza ricordata ai punti da 85 a 91 della presente sentenza, non si può ritenere che il Tribunale abbia introdotto un nuovo requisito nella raccomandazione PMI, secondo il quale occorre verificare se il soggetto interessato faccia fronte agli svantaggi che le PMI subiscono abitualmente, e che, così facendo, il Tribunale abbia violato tale raccomandazione e il principio della certezza del diritto o il principio di tutela del legittimo affidamento. |
93 |
Al contrario, il Tribunale ha correttamente applicato la giurisprudenza esistente in materia dichiarando, in particolare ai punti 106, 107, 140, 148 e 151 della sentenza impugnata, che il gruppo di esperti di validazione, senza incorrere in un errore di diritto, aveva potuto tener conto, nell’ambito della sua analisi, dell’obiettivo e della ratio della raccomandazione PMI, al fine di considerare che, sebbene la ricorrente rispetti formalmente il requisito dell’indipendenza previsto da tale raccomandazione, occorreva altresì esaminare se essa facesse fronte agli svantaggi cui le PMI sono confrontate abitualmente. |
94 |
Peraltro, dal momento che il terzo motivo di impugnazione è stato respinto e alla luce della giurisprudenza esposta ai punti da 87 a 91 della presente sentenza, il Tribunale ha altresì correttamente considerato, ai punti 106, 107 e da 140 a 146 della sentenza impugnata, che il requisito dell’indipendenza, quale previsto dalla raccomandazione PMI, era stato applicato correttamente dal gruppo di esperti di validazione nella decisione controversa, in quanto tale gruppo di esperti di validazione aveva indicato, da un lato, che, sebbene la ricorrente non rispettasse formalmente tale requisito, tuttavia, da un punto di vista economico, essa apparteneva de facto a un grande gruppo economico e, dall’altro, che, in considerazione dei vincoli organizzativi tra la ricorrente e i suoi partner o membri, la ricorrente aveva accesso a fondi, crediti e sostegni e che, dunque, essa non faceva fronte agli svantaggi che le PMI subiscono abitualmente, di modo che non poteva essere qualificata come PMI, ai sensi di tale raccomandazione. |
95 |
Dalla conclusione tratta al punto precedente deriva altresì che è senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha respinto, al punto 108 della sentenza impugnata, l’asserita violazione dei principi di certezza del diritto e di buona amministrazione che si fondava sull’eventuale violazione della raccomandazione PMI. |
96 |
Inoltre, alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti da 85 a 91 della presente sentenza, il Tribunale ha giustamente dichiarato, al punto 150 della sentenza impugnata, che la ricorrente non può dedurre il proprio status di PMI dal fatto che essa rispetta formalmente i criteri relativi agli effettivi e alle soglie finanziarie di cui all’articolo 2 dell’allegato alla raccomandazione PMI se, in realtà, essa non fa fronte agli svantaggi che le PMI subiscono abitualmente e, al punto 152 della sentenza impugnata, che detti criteri relativi agli effettivi e alle soglie finanziarie non possono essere accertati sulla base dei dati riguardanti solo la ricorrente, dal momento che quest’ultima non è un’impresa indipendente e i suoi membri sono imprese che non costituiscono PMI. |
97 |
Gli ulteriori argomenti dedotti dalla ricorrente non possono rimettere in discussione le considerazioni che precedono. |
98 |
In primo luogo, l’argomento secondo cui non sarebbe stata dimostrata dalla ricorrente nessuna intenzione di aggirare la definizione di PMI nella presente causa non consente di dimostrare che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’ambito della sua valutazione di tale definizione. Infatti, la realizzazione della condizione secondo cui, da un punto di vista economico, un’impresa appartiene de facto a un grande gruppo economico e, di conseguenza, ha accesso ai mezzi e al sostegno di cui non dispongono i suoi concorrenti di dimensioni equivalenti dipende dalle circostanze della causa e non può necessariamente essere subordinata alla constatazione dell’intenzione di tale impresa di aggirare la definizione di PMI (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, HaTeFo, C‑110/13, EU:C:2014:114, punti 35 e 39). |
99 |
In secondo luogo, non può neppure essere accolto l’argomento secondo cui occorre distinguere le sentenze della Corte e del Tribunale alle quali si fa riferimento al punto 82 della presente sentenza, per il motivo che tali sentenze riguardano l’interpretazione di nozioni specifiche della raccomandazione PMI, piuttosto che una deroga pura e semplice a tale raccomandazione, e che i fatti di cui alle cause che hanno dato luogo a dette sentenze sono diversi da quelli della presente causa. |
100 |
Per quanto riguarda, innanzitutto, l’oggetto dell’interpretazione nelle sentenze della Corte alle quali si fa riferimento al punto 82 della presente sentenza, che fanno parte della giurisprudenza su cui si fondano le considerazioni formulate ai punti da 85 a 91 della medesima, occorre osservare che tali sentenze riguardavano anch’esse il requisito dell’indipendenza quale definito dalla raccomandazione PMI o da quella che l’ha preceduta, la raccomandazione 96/280, e che la ricorrente non ha invocato alcun argomento idoneo a dimostrare che il ragionamento seguito dalla Corte in dette sentenze, secondo cui tale requisito non si può ritenere soddisfatto se, malgrado il rispetto formale delle condizioni previste dalla raccomandazione considerata, la realtà economica depone a favore dell’esclusione del soggetto interessato dai vantaggi riservati alle sole PMI, non è applicabile nelle circostanze della presente causa. |
101 |
Per quanto riguarda, poi, l’argomento della ricorrente diretto a distinguere i fatti della presente controversia da quelli delle cause precedenti, occorre rilevare, da un lato, che la ricorrente non ha esplicitato le ragioni per le quali il fatto, ammesso che sia verificato, che essa non sia controllata da un azionista a monte dovrebbe essere considerato un ostacolo a che l’approccio adottato dalla Corte nelle cause che hanno dato luogo alla giurisprudenza esposta ai punti da 85 a 91 della presente sentenza e al quale viene fatto riferimento anche al punto precedente della medesima sia seguito anche nella presente causa. |
102 |
Dall’altro lato, come risulta dalle considerazioni che precedono relative al secondo e al terzo motivo di impugnazione, la ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a dimostrare che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel dichiarare, ai punti 106 e 107 della sentenza impugnata, che il gruppo di esperti di validazione non aveva violato la raccomandazione PMI rilevando che la ricorrente apparteneva de facto a un grande gruppo economico e che, in considerazione dei vincoli organizzativi tra essa e i suoi partner o membri, non si poteva ritenere che la medesima facesse fronte agli svantaggi che le PMI subiscono abitualmente. |
103 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere il secondo motivo di impugnazione in quanto infondato e, pertanto, rigettare integralmente l’impugnazione. |
Sulle spese
104 |
In forza dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. |
105 |
Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
106 |
Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione. |
107 |
Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, di detto regolamento di procedura, secondo il quale le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico, la Repubblica ceca si farà carico delle proprie spese. |
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.