SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

9 settembre 2008 ( *1 )

«Impugnazione — Raccomandazioni e decisioni dell’organo per la risoluzione delle controversie dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) — Dichiarazione dell’organo per la risoluzione delle controversie che riguarda l’incompatibilità del regime comunitario d’importazione delle banane con le norme dell’OMC — Applicazione da parte degli Stati Uniti d’America di misure di ritorsione sotto forma di una sovrattassa doganale prelevata sulle importazioni di taluni prodotti provenienti da diversi Stati membri — Misure di ritorsione autorizzate dall’OMC — Mancanza di responsabilità extracontrattuale della Comunità — Durata del procedimento dinanzi al Tribunale — Termine ragionevole — Domanda di equo risarcimento»

Nei procedimenti riuniti C-120/06 P e C-121/06 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposte rispettivamente il 24 e il 27 febbraio 2006,

Fabbrica italiana accumulatori motocarri Montecchio SpA (FIAMM), con sede in Montecchio Maggiore,

Fabbrica italiana accumulatori motocarri Montecchio Technologies LLC, già Fabbrica italiana accumulatori motocarri Montecchio Technologies Inc. (FIAMM Technologies), con sede in East Haven, Delaware (Stati Uniti),

rappresentate dagli avv.ti I. Van Bael, A. Cevese e F. Di Gianni,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. A. Vitro, S. Marquardt e A. De Gregorio Merino, in qualità di agenti,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. P.J. Kuijper, V. Di Bucci, C. Brown e dalla sig.ra E. Righini, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuti in primo grado,

Regno di Spagna, rappresentato dai sigg. E. Braquehais Conesa e M. Muñoz Pérez, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente in primo grado (C-120/06 P),

e

Giorgio Fedon & Figli SpA, con sede in Vallesella di Cadore,

Fedon America, Inc., con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti),

rappresentate dagli avv.ti I. Van Bael, A. Cevese, F. Di Gianni e R. Antonini,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. A. Vitro, S. Marquardt e A. De Gregorio Merino, in qualità di agenti,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. P.J. Kuijper, V. Di Bucci, C. Brown e dalla sig.ra E. Righini, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuti in primo grado,

sostenuti da:

Regno di Spagna, rappresentato dal sig. Muñoz Pérez, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente nell’impugnazione dinanzi alla Corte (C-121/06 P),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, G. Arestis, U. Lõhmus, presidenti di sezione, K. Schiemann (relatore), E. Juhász, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský, J. Klučka, E. Levits e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 luglio 2007,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 febbraio 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con le loro impugnazioni la Fabbrica italiana accumulatori motocarri Montecchio SpA e la Fabbrica italiana accumulatori motocarri Montecchio Technologies LLC (in prosieguo, congiuntamente: la «FIAMM»), da una parte, e la Giorgio Fedon & Figli SpA e la Fedon America, Inc. (in prosieguo, congiuntamente: la «FEDON»), dall’altra parte, chiedono, rispettivamente, l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 14 dicembre 2005, causa T-69/00, FIAMM e FIAMM Technologies/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II-5393) (causa C-120/06 P), e l’annullamento della sentenza del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T-135/01, Fedon & Figli e a./Consiglio e Commissione (Racc. pag. II-29). Con tali sentenze (in prosieguo, rispettivamente: la «sentenza FIAMM» e la «sentenza Fedon», oppure, congiuntamente, le «sentenze impugnate»), il Tribunale ha respinto i ricorsi della FIAMM e della Fedon diretti ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente causato dalla sovrattassa doganale il cui prelievo da parte degli Stati Uniti d’America sull’importazione dei loro prodotti è stato autorizzato dall’organo per la risoluzione delle controversie (in prosieguo: l’«ORC») dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), in seguito all’accertamento da parte dell’ORC dell’incompatibilità del regime comunitario di importazione delle banane con gli accordi e i memorandum allegati all’accordo che istituisce l’OMC.

2

Con ordinanza del presidente della Corte 8 agosto 2006, il Regno di Spagna è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio dell’Unione europea e della Commissione delle Comunità europee nell’ambito della causa C-121/06 P.

3

Con ordinanza del presidente della Corte 12 aprile 2007, le cause C-120/06 P e C-121/06 P sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.

Contesto normativo

Gli accordi OMC

4

Con decisione 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1), il Consiglio ha approvato l’accordo che istituisce l’OMC nonché gli accordi di cui agli allegati 1-4 di tale accordo (in prosieguo: gli «accordi OMC»).

5

L’art. 3, nn. 2 e 7, del memorandum d’intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie (in prosieguo: l’«IRC»), contenuto nell’allegato 2 dell’accordo che istituisce l’OMC, dispone:

«2.   Il sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC svolge un ruolo essenziale nell’assicurare certezza e prevedibilità al sistema commerciale multilaterale. I membri riconoscono che esso serve a tutelare i diritti e gli obblighi dei membri derivanti dagli accordi contemplati, nonché a chiarire le disposizioni attuali di tali accordi conformemente alle norme di interpretazione abituali del diritto pubblico internazionale. Le raccomandazioni e le decisioni dell’[ORC] non possono ampliare né ridurre i diritti e gli obblighi previsti dagli accordi contemplati.

(…)

7.   Prima di presentare un ricorso, un membro considera se un’iniziativa ai sensi della presente procedura possa essere utile. Lo scopo del meccanismo di risoluzione delle controversie è garantire che una controversia possa essere positivamente risolta. Una soluzione reciprocamente accettabile per le parti di una controversia e compatibile con gli accordi contemplati è evidentemente preferibile. In assenza di una soluzione reciprocamente concordata, il primo obiettivo del meccanismo di risoluzione delle controversie è di norma garantire il ritiro delle misure in questione qualora esse risultino incompatibili con le disposizioni di uno degli accordi contemplati. Si dovrebbe ricorrere alle disposizioni in materia di compensazione unicamente qualora il ritiro immediato della misura in questione risulti impraticabile e quale misura provvisoria in attesa che venga ritirata la misura incompatibile con un accordo contemplato. L’ultima risorsa che la presente intesa offre al membro che adisce le procedure di risoluzione delle controversie è la possibilità di sospendere l’applicazione di concessioni o altri obblighi derivanti dagli accordi contemplati in maniera discriminatoria nei confronti dell’altro membro, previa autorizzazione di tali misure da parte dell’[ORC]».

6

L’art. 7 dell’IRC stabilisce che dei panel (o gruppi di esperti; in prosieguo: i «panel»), creati su richiesta di una parte che sporge reclamo, rilevano elementi che possano aiutare l’ORC a formulare raccomandazioni o adottare decisioni sulle questioni che è chiamato a risolvere. In forza dell’art. 12, n. 7, dell’IRC, quando le parti della controversia non riescono a trovare una soluzione reciprocamente soddisfacente, il panel presenta le sue constatazioni sotto forma di relazione scritta all’ORC.

7

Dall’art. 16, n. 4, dell’IRC risulta che, entro sessanta giorni dalla data in cui la relazione di un panel è stata distribuita ai membri, tale relazione viene adottata nel corso di una riunione dell’ORC, a meno che una parte della controversia notifichi formalmente all’ORC la sua decisione di presentare appello o che l’ORC decida all’unanimità di non adottare la relazione.

8

L’art. 17 dell’IRC prevede l’istituzione da parte dell’ORC di un organo d’appello permanente competente a conoscere degli appelli relativi ai casi sottoposti ai panel. Ai sensi del n. 6 del medesimo articolo, un appello si limita alle questioni giuridiche contemplate nella relazione del panel e alle interpretazioni giuridiche sviluppate dal medesimo. Come risulta dal n. 13 di detto articolo, l’organo d’appello può, nella relazione che deve adottare, confermare, modificare o annullare le constatazioni e le conclusioni giuridiche del panel.

9

L’art. 17, n. 14, dell’IRC recita:

«Una relazione dell’organo d’appello viene adottata dal[l’ORC] e accettata incondizionatamente dalle parti della controversia a meno che [l’ORC] decida all’unanimità di non adottare la relazione dell’organo d’appello entro il termine di trenta giorni da quando è stata distribuita ai membri (…)».

10

Ai sensi dell’art. 19, n. 1, dell’IRC:

«Qualora un panel o l’organo d’appello giunga alla conclusione che una misura è incompatibile con un accordo contemplato, esso raccomanda che il membro interessato renda tale misura conforme all’accordo. Oltre a formulare le proprie raccomandazioni, il panel o l’organo d’appello può suggerire i modi in cui il membro interessato potrebbe ottemperare a tali raccomandazioni».

11

L’art. 21 dell’IRC, intitolato «Verifica dell’applicazione delle raccomandazioni e delle decisioni» dell’ORC, dispone:

«1.   Per garantire un’efficace risoluzione delle controversie a vantaggio di tutti i membri è essenziale che le raccomandazioni e le decisioni [dell’ORC] siano prontamente rispettate.

(…)

3.   Nel corso di una riunione [dell’ORC] da tenersi entro trenta giorni dalla data di adozione della relazione di un panel o dell’organo d’appello, il membro interessato informa [l’ORC] delle sue intenzioni per quanto riguarda l’applicazione delle raccomandazioni e delle decisioni [dell’ORC]. Qualora non gli sia possibile ottemperare immediatamente a tali raccomandazioni e decisioni, il membro interessato può farlo entro un periodo ragionevole. Tale periodo ragionevole è:

a)

il periodo proposto dal membro interessato (…) approvato [dall’ORC], oppure, in assenza di tale approvazione,

b)

un periodo reciprocamente convenuto tra le parti della controversia (…), oppure, in assenza di tale accordo,

c)

un periodo stabilito tramite un arbitrato vincolante (…)

(…)

5.   In caso di disaccordo sull’esistenza o sulla compatibilità con un accordo contemplato delle misure prese per ottemperare alle raccomandazioni e alle decisioni, tale controversia si risolve facendo ricorso alle presenti procedure di risoluzione delle controversie, ricorrendo anche, ove possibile, al panel originale (…)

6.   [L’ORC] esercita una sorveglianza sull’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate. (…) Salvo diversa decisione del[l’ORC], la questione dell’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni è posta all’ordine del giorno della riunione del[l’ORC] sei mesi dopo la data un cui si è stabilito il periodo ragionevole conformemente al paragrafo 3 e rimane all’ordine del giorno del[l’ORC] finché non è risolta. (…)

(…)».

12

L’art. 22 dell’IRC, intitolato «Compensazione e sospensione di concessioni», dispone:

«1.   La compensazione e la sospensione di concessioni o di altri obblighi sono misure provvisorie cui si può fare ricorso nei casi in cui le raccomandazioni e le decisioni non siano applicate entro un periodo ragionevole. Tuttavia né la compensazione né la sospensione di concessioni o altri obblighi sono preferibili alla piena applicazione di una raccomandazione per rendere una misura conforme agli accordi contemplati. La compensazione è una misura spontanea e, se viene concessa, dev’essere compatibile con gli accordi contemplati.

2.   Qualora il membro interessato non renda la misura risultata incompatibile con un accordo contemplato conforme a detto accordo o non ottemperi altrimenti alle raccomandazioni e alle decisioni entro il periodo ragionevole stabilito ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 3, tale membro avvia, se invitato a farlo, e non oltre la scadenza del periodo ragionevole, negoziati con qualsiasi parte abbia invocato le procedure di risoluzione delle controversie, al fine di stabilire una compensazione reciprocamente accettabile. Qualora entro venti giorni dalla data di scadenza del periodo ragionevole non sia stata convenuta una compensazione reciprocamente accettabile, qualsiasi parte abbia invocato le procedure di risoluzione delle controversie può chiedere al[l’ORC] l’autorizzazione a sospendere l’applicazione di concessioni o altri obblighi derivanti dagli accordi contemplati nei confronti del membro interessato.

3.   Nel considerare quali concessioni o altri obblighi sospendere, la parte che sporge reclamo applica i principi e le procedure seguenti:

a)

il principio generale è che la parte che sporge reclamo dovrebbe in primo luogo chiedere di sospendere concessioni o altri obblighi relativi allo stesso settore o agli stessi settori rispetto ai quali il panel o l’organo d’appello ha riscontrato una violazione o altre forme di annullamento o pregiudizio dei benefici;

b)

qualora tale parte giudichi impossibile o inefficace sospendere concessioni o altri obblighi in relazione allo stesso settore o agli stessi settori, essa può chiedere di sospendere concessioni o altri obblighi in altri settori contemplati dallo stesso accordo;

c)

qualora tale parte giudichi impossibile o inefficace sospendere concessioni o altri obblighi relativi ad altri settori contemplati dallo stesso accordo, e le circostanze siano sufficientemente gravi, essa può chiedere di sospendere concessioni o altri obblighi derivanti da un altro accordo contemplato;

(…)

f)

ai fini del presente paragrafo, per «settore» si intende:

i)

per quanto riguarda le merci, tutte le merci;

(…)

(…)

4.   Il livello di sospensione di concessioni o altri obblighi autorizzato dal[l’ORC] è equivalente al livello dell’annullamento o del pregiudizio dei benefici.

(…)

6.   Quando si verifica la situazione di cui al paragrafo 2, [l’ORC] autorizza, a richiesta, la sospensione delle concessioni o di altri obblighi entro trenta giorni dalla scadenza del periodo ragionevole a meno che [l’ORC] decida all’unanimità di respingere la richiesta. Tuttavia, se il membro interessato contesta il livello della sospensione proposta, o sostiene che non si sono seguiti i principi e le procedure di cui al paragrafo 3 nei casi in cui una parte che ha sporto reclamo ha chiesto di essere autorizzata a sospendere concessioni o altri obblighi (…), la questione è sottoposta ad arbitrato. (…) Nel corso dell’arbitrato non si sospendono concessioni o altri obblighi.

7.   (…) [L’ORC] (…) autorizza, a richiesta, la sospensione di concessioni o altri obblighi se la richiesta è compatibile con la decisione dell’arbitro, a meno che [l’ORC] decida all’unanimità di respingere la richiesta.

8.   La sospensione di concessioni o altri obblighi è provvisoria e si applica soltanto finché non viene abolita la misura giudicata incompatibile con un accordo contemplato o finché il membro che deve applicare le raccomandazioni o le decisioni non trova una soluzione all’annullamento o al pregiudizio dei benefici, o finché non si trova una soluzione reciprocamente soddisfacente. Conformemente all’articolo 21, paragrafo 6, [l’ORC] continua a tenere sotto controllo l’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate, anche nei casi in cui è stata fornita una compensazione o sono stati sospesi concessioni o altri obblighi ma non sono state applicate le raccomandazioni per rendere una misura conforme agli accordi contemplati.

(…)».

La normativa comunitaria relativa all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana e la relativa controversia all’interno dell’OMC

13

Il 13 febbraio 1993 il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) n. 404, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), il cui titolo IV relativo al regime degli scambi con i paesi terzi prevedeva disposizioni preferenziali a vantaggio delle banane originarie di alcuni Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (in prosieguo: gli «Stati ACP») cofirmatari della quarta convenzione ACP-CEE firmata a Lomé il 15 dicembre 1989 (GU 1991, L 229, pag. 3).

14

In seguito a reclami presentati nel corso del mese di febbraio dell’anno 1996 da vari membri dell’OMC, tra cui l’Ecuador e gli Stati Uniti d’America, tale regime di scambi è stato oggetto di una procedura di risoluzione delle controversie.

15

Nella sua relazione, l’organo d’appello ha constatato che taluni elementi di detto regime di scambi erano incompatibili con gli impegni assunti dalla Comunità ai sensi degli accordi OMC e ha raccomandato che l’ORC invitasse la Comunità a rendere questo stesso regime conforme a questi ultimi. Questa relazione è stata adottata con decisione dell’ORD il 25 settembre 1997 (in prosieguo: la «decisione dell’ORD del 25 settembre 1997»).

16

Il 16 ottobre 1997 la Comunità ha informato l’ORC, conformemente all’art. 21, n. 3, dell’IRC, che avrebbe rispettato i suoi obblighi internazionali.

17

In applicazione dell’art. 21, n. 3, lett. c), dell’IRC, il termine ragionevole entro cui la Comunità avrebbe dovuto conformarsi ai suoi obblighi è stato fissato, con lodo arbitrale, al 1o gennaio 1999.

18

Come emerge dal suo secondo ‘considerando’, il regolamento (CE) del Consiglio 20 luglio 1998, n. 1637, che modifica il regolamento (CEE) n. 404/93 (GU L 210, pag. 28), ha emendato il regime degli scambi di banane con i paesi terzi con riferimento al fatto che è necessario «rispettare gli impegni internazionali contratti dalla Comunità nel quadro dell’[OMC], nonché gli impegni assunti nei confronti delle parti cofirmatarie della quarta convenzione ACP-CEE garantendo nel contempo la realizzazione degli obiettivi dell’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana».

19

Il regolamento (CE) della Commissione 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime d’importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32), è diventato applicabile a partire dal 1o gennaio 1999.

20

Ritenendo che il nuovo regime comunitario d’importazione delle banane così istituito mantenesse gli elementi illegali del regime precedente, in violazione degli accordi OMC e della decisione dell’ORC del 25 settembre 1997, il 14 gennaio 1999 gli Stati Uniti d’America hanno chiesto all’ORC, ai sensi dell’art. 22, n. 2, dell’IRC, l’autorizzazione a sospendere l’applicazione alla Comunità e ai suoi Stati membri di concessioni tariffarie e di obblighi connessi in virtù dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) del 1994 e dell’Accordo generale sul commercio dei servizi (GATS), per un importo di scambi commerciali pari a dollari americani (USD) 520 milioni.

21

Poiché la Comunità ha contestato tale importo e ha sostenuto che i principi e le procedure stabiliti dall’art. 22, n. 3, dell’IRC non erano stati rispettati, il 29 gennaio 1999 l’ORC ha deciso di sottoporre tale questione all’arbitrato, a norma dell’art. 22, n. 6, dell’IRC.

22

Con decisione 9 aprile 1999 gli arbitri, da un lato, hanno considerato numerose disposizioni del nuovo regime comunitario d’importazione di banane incompatibili con le disposizioni degli accordi OMC e, dall’altro, hanno fissato in USD 191,4 milioni all’anno il grado di annullamento o di riduzione dei vantaggi subìto dagli Stati Uniti d’America.

23

Il 19 aprile 1999, l’ORC ha autorizzato gli Stati Uniti d’America a prelevare sulle importazioni provenienti dalla Comunità dazi doganali sino a concorrenza di un importo annuo di scambi pari a USD 191,4 milioni.

24

Lo stesso giorno, le autorità degli Stati Uniti d’America hanno imposto un dazio ad valorem del 100% sull’importazione di diversi prodotti. Tra questi prodotti, originari dell’Austria, del Belgio, della Finlandia, della Francia, della Germania, della Grecia, dell’Irlanda, dell’Italia, del Lussemburgo, del Portogallo, della Spagna, della Svezia o del Regno Unito, rientravano in particolare le «batterie piombo-acido, diverse da quelle utilizzate per l’accensione di motori a pistoni o come fonte primaria di energia per i veicoli elettrici», nonché gli «oggetti da tasca con superficie esterna in plastica o con rinforzi in plastica».

25

Il regime comunitario d’importazione delle banane è stato oggetto di nuove modifiche, introdotte dal regolamento (CE) del Consiglio 29 gennaio 2001, n. 216, che modifica il regolamento n. 404/93 (GU L 31, pag. 2).

26

Ai sensi dei ‘considerando’ 1-6 del regolamento n. 216/2001:

«(1)

Numerose ed intense consultazioni si sono svolte con i paesi fornitori e con le altre parti interessate per porre fine alle contestazioni suscitate dal regime d’importazione definito dal regolamento (CEE) n. 404/93 (…) e per tener conto delle conclusioni del gruppo speciale istituito nell’ambito del sistema di risoluzione delle controversie dell’[OMC].

(2)

La disamina di tutte le possibilità presentate dalla Commissione porta a ritenere che l’istituzione, a medio termine, di un regime d’importazione fondato sull’applicazione di un dazio doganale ad un tasso adeguato e l’applicazione di una preferenza tariffaria per le importazioni originarie de[gli Stati] ACP costituirebbero il mezzo più idoneo per conseguire gli obiettivi dell’organizzazione comune dei mercati per quanto riguarda la produzione comunitaria e la domanda dei consumatori, come pure per rispettare le norme del commercio internazionale ed evitare nuove contestazioni.

(3)

Tale regime deve tuttavia essere definito a conclusione di negoziati con i partner della Comunità secondo le procedure dell’OMC, in particolare dell’articolo XXVIII [del GATT del 1994]. (…)

(4)

Fino all’entrata in vigore di tale regime, la Comunità deve essere approvvigionata mediante diversi contingenti tariffari, aperti per importazioni di qualsiasi origine e gestiti tenendo conto delle raccomandazioni dell’[ORC] (…)

(5)

In considerazione degli obblighi assunti nei confronti de[gli Stati] ACP e dell’esigenza di garantire loro adeguate condizioni di concorrenza, l’applicazione di una preferenza tariffaria di 300 EUR/t all’importazione delle banane originarie di tali paesi consente il mantenimento dei flussi commerciali in questione. In particolare, a tali importazioni sarà applicato un dazio zero nell’ambito dei (…) contingenti tariffari.

(6)

È opportuno autorizzare la Commissione ad avviare negoziati con i paesi fornitori aventi un interesse sostanziale nell’approvvigionamento del mercato comunitario per giungere ad una ripartizione negoziata dei primi due contingenti tariffari (…)».

27

L’11 aprile 2001, gli Stati Uniti d’America e la Comunità hanno concluso un memorandum d’intesa che definisce «gli strumenti che possono consentire di risolvere l’annosa controversia riguardo al regime d’importazione delle banane» nella Comunità. Tale memorandum prevede che la Comunità si impegni ad «[attuare] un regime unicamente tariffario per le importazioni di banane entro e non oltre il 1o gennaio 2006». Tale documento definisce i provvedimenti che la Comunità si impegna ad adottare durante il periodo provvisorio che scade il 1o gennaio 2006. In contropartita, gli Stati Uniti d’America si sono impegnati a sospendere provvisoriamente l’imposizione della sovrattassa doganale che erano autorizzati a prelevare sulle importazioni comunitarie.

28

A seguito dell’adozione del regolamento (CE) della Commissione 7 maggio 2001, n. 896, recante modalità di applicazione del regolamento n. 404/93 in ordine al regime di importazione delle banane nella Comunità (GU L 126, pag. 6), gli Stati Uniti d’America hanno sospeso l’applicazione della loro sovrattassa doganale. A partire dal 1o luglio 2001, il loro dazio all’importazione sulle batterie stazionarie e sugli oggetti da tasca originari della Comunità sono stati riportati ai loro tassi iniziali del 3,5% e del 4,6 %.

I ricorsi proposti dinanzi al Tribunale, lo svolgimento del procedimento e le sentenze impugnate

I ricorsi

29

La FIAMM svolge la sua attività precisamente nel settore delle batterie stazionarie e la FEDON in quello degli astucci per occhiali e dei prodotti accessori rientranti nella categoria degli oggetti da tasca.

30

Ritenendo la Comunità europea responsabile del danno che esse avrebbero subito in quanto tali prodotti erano compresi tra quelli che sono stati colpiti tra il 19 aprile 1999 e il 30 giugno 2001 dalla sovrattassa doganale imposta dalle autorità degli Stati Uniti d’America, la FIAMM e la Fedon hanno proposto dinanzi al Tribunale ricorsi per risarcimento del danno fondati sul combinato disposto degli artt. 235 CE e 288, secondo comma, CE e rivolti contro il Consiglio e la Commissione.

31

La FIAMM e la Fedon hanno concluso, in via principale, nel senso dell’esistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità in forza del comportamento illecito delle istituzioni di quest’ultima. Secondo quanto emerge dai punti 69 e 92-95 della sentenza FIAMM e dai punti 63 e 85-88 della sentenza Fedon, esse hanno più precisamente affermato, quanto all’asserito comportamento illecito, che la mancata adozione da parte del Consiglio e della Commissione di modifiche del regime comunitario di importazione delle banane tali da rendere quest’ultimo conforme agli impegni assunti dalla Comunità ai sensi degli accordi OMC, entro il termine imposto dall’ORC, violava il principio pacta sunt servanda, i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, i loro diritti di proprietà e di iniziativa economica e, infine, il principio di buona amministrazione.

32

In subordine, la FIAMM e la Fedon concludevano, in particolare, nel senso dell’esistenza di una responsabilità extracontrattuale della Comunità, anche in assenza di un comportamento illecito dei suoi organi.

Procedimento dinanzi al Tribunale

33

Dai punti 48-59 della sentenza FIAMM e 48-55 della sentenza Fedon risulta che il procedimento dinanzi al Tribunale si è svolto nel modo seguente.

34

Il ricorso della FIAMM è stato proposto il 23 marzo 2000 (causa T-69/00). Con ordinanza 11 settembre 2000, il Regno di Spagna è stato ammesso ad intervenire in tale causa.

35

Il ricorso della Fedon è stato, invece, proposto il 18 giugno 2001 (causa T-135/01).

36

Su istanza della Commissione presentata ai sensi dell’art. 51, n. 1, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, queste due cause sono state rimesse dinanzi ad una sezione ampliata, composta da cinque giudici, con decisioni del Tribunale 4 luglio e 7 ottobre 2002.

37

In seguito alla cessazione dalle funzioni del giudice relatore inizialmente designato per queste cause, è stato nominato un nuovo giudice relatore il 13 dicembre 2002.

38

Con ordinanza 3 febbraio 2003, la causa conclusasi con la sentenza FIAMM e le cause conclusesi con se’11 marzo 2003 si è svolta l’udienza in tali cause.

39

Con decisioni 23 marzo e 1o aprile 2004, il Tribunale ha riaperto la fase orale del procedimento in tali cause e ha rimesso dinanzi alla Grande Sezione del Tribunale tanto queste ultime quanto le cause connesse conclusesi con le sentenze del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T-320/00, CD Cartondruck/Consiglio e Commissione, e causa T-383/00, Beamglow/Parlamento e a. (Racc. pag. II-5459), e con la sentenza Fedon. Con ordinanza 19 maggio 2004, le sei cause citate sono state riunite ai fini della trattazione orale.

40

L’udienza ha avuto luogo il 26 maggio 2004.

Le sentenze impugnate

41

Con le sentenze impugnate, il Tribunale ha respinto i ricorsi della FIAMM e della Fedon.

42

Il Tribunale ha anzitutto respinto, ai punti 84-150 della sentenza FIAMM e ai punti 77-143 della sentenza Fedon, le domande di risarcimento del danno delle ricorrenti in quanto fondate sul regime di responsabilità extracontrattuale per comportamento illecito delle istituzioni della Comunità.

43

Il punto 100 della sentenza FIAMM è redatto come segue:

«Le ricorrenti osservano che tutti i principi violati dai convenuti sarebbero di rango superiore e sarebbero diretti a tutelare i singoli. Prima dell’istituzione della sovrattassa doganale americana, il regime dell’OMC avrebbe direttamente conferito alle ricorrenti il diritto di importare i loro prodotti negli Stati Uniti pagando la tassa all’importazione originaria al tasso ridotto del 3,5%. Anche supponendo che gli accordi OMC non debbano essere considerati direttamente applicabili, un tale effetto dovrebbe essere riconosciuto alla decisione dell’ORC [del 25 settembre 1997] che condanna la Comunità, la quale soddisferebbe tutte le condizioni stabilite a tale proposito dalla giurisprudenza comunitaria».

44

A sua volta, il punto 93 della sentenza Fedon precisa quanto segue:

«Le ricorrenti sottolineano che, anche qualora si dovesse ritenere che gli accordi OMC non spieghino effetti diretti, una tale proprietà dovrebbe invece essere riconosciuta alla decisione dell’ORC [del 25 settembre 1997] che ha condannato la Comunità. La Corte avrebbe riconosciuto la sua competenza a controllare la legittimità dell’azione delle istituzioni comunitarie quando, come nella fattispecie, esse hanno inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito del GATT».

45

Pronunciandosi sulla questione preliminare dell’invocabilità delle norme dell’OMC, il Tribunale ha in particolare dichiarato, ai punti 108-115 della sentenza FIAMM e 101-108 della sentenza Fedon:

«108

[101] Prima di procedere all’esame della liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie, occorre risolvere la questione se gli accordi OMC conferiscano ai soggetti dell’ordinamento comunitario il diritto di farli valere in giudizio per contestare la validità di una normativa comunitaria nell’ipotesi in cui l’ORC abbia dichiarato che tanto quest’ultima quanto la normativa successiva adottata dalla Comunità, in particolare al fine di conformarsi alle norme dell’OMC in questione, erano incompatibili con queste norme.

109

[102] Le ricorrenti invocano a tale proposito il principio pacta sunt servanda, che rientra effettivamente tra le norme di diritto il cui rispetto si impone alle istituzioni comunitarie nell’esercizio delle loro funzioni, quale principio fondamentale di ogni ordinamento giuridico, e in particolare dell’ordinamento giuridico internazionale (sentenza della Corte 16 giugno 1998, causa C-162/96, Racke, Racc. pag. I-3655, punto 49).

110

[103] Tuttavia, nel caso di specie il principio pacta sunt servanda non può essere utilmente opposto alle istituzioni convenute, dato che, secondo una giurisprudenza costante, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali il giudice comunitario controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie (sentenza della Corte 23 novembre 1999, causa C-149/96, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I-8395, punto 47; ordinanza della Corte 2 maggio 2001, causa C-307/99, OGT Fruchthandelsgesellschaft, Racc. pag. I-3159, punto 24; sentenze della Corte 12 marzo 2002, cause riunite C-27/00 e C-122/00, Omega Air e a., Racc. pag. I-2569, punto 93; 9 gennaio 2003, causa C-76/00 P, Petrotub e Republica, Racc. pag. I-79, punto 53, e 30 settembre 2003, causa C-93/02 P, Biret International/Consiglio, Racc. pag. I-10497, punto 52).

111

[104] Infatti, da un lato, l’accordo che istituisce l’OMC è fondato su una base di reciproca convenienza che lo distingue dagli accordi conclusi dalla Comunità con Stati terzi che instaurano una certa asimmetria degli obblighi. Orbene, è pacifico che alcune delle controparti commerciali più importanti della Comunità non fanno figurare gli accordi OMC tra le normative alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità delle loro norme di diritto interno. Un controllo della legalità dell’azione delle istituzioni comunitarie alla luce di tali norme rischierebbe quindi di condurre ad uno squilibrio nell’applicazione delle norme dell’OMC, privando gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità (sentenza Portogallo/Consiglio, cit. supra (…), punti 42-46).

112

[105] Dall’altro, imporre agli organi giurisdizionali l’obbligo di disapplicare le norme di diritto interno che siano incompatibili con gli accordi OMC avrebbe la conseguenza di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti contraenti della possibilità, offerta dall’art. 22 dell’IRC, di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate al fine di stabilire una compensazione reciprocamente accettabile (sentenza Portogallo/Consiglio, cit. […], punti 39 e 40).

113

[106] Ne consegue che l’eventuale violazione delle norme dell’OMC da parte delle istituzioni convenute non può, in linea di principio, far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità (sentenze del Tribunale 20 marzo 2001, causa T-18/99, Cordis/Commissione, Racc. pag. II-913, punto 51; causa T-30/99, Bocchi Food Trade International/Commissione, Racc. pag. II-943, punto 56, e causa T-52/99, T. Port/Commissione, Racc. pag. II-981, punto 51).

114

[107] Solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetterebbe al Tribunale controllare la legalità del comportamento delle istituzioni convenute alla luce delle norme dell’OMC (v., per quanto riguarda il GATT del 1947, sentenze della Corte 22 giugno 1989, causa 70/87, Fediol/Commissione, Racc. pag. 1781, punti 19-22, e 7 maggio 1991, causa C-69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 31, nonché, per quanto riguarda gli accordi OMC, [citate] sentenze Portogallo/Consiglio, punto 49, e Biret International/Consiglio, punto 53).

115

[108] Orbene, anche in presenza di una decisione dell’ORC che rilevi l’incompatibilità delle misure adottate da un membro con le norme dell’OMC, nessuna di queste due eccezioni è applicabile nel caso di specie».

46

Il Tribunale ha, poi, indicato i motivi in forza dei quali riteneva che nessuna di dette eccezioni poteva applicarsi.

47

Quanto all’eccezione relativa all’intenzione di dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, il Tribunale ha ritenuto quanto segue ai punti 116, 121, 122, 125-137 della sentenza FIAMM e 109, 114, 115, 118-130 della sentenza Fedon:

«116

[109] Assumendo l’impegno, dopo l’adozione della decisione dell’ORC 25 settembre 1997, di conformarsi alle norme dell’OMC, la Comunità non ha inteso assumere un obbligo particolare nell’ambito dell’OMC, tale da giustificare un’eccezione alla non invocabilità delle norme dell’OMC dinanzi al giudice comunitario e da consentire a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie rispetto a tali norme.

(…)

121

[114] L’IRC rende (…) possibili per il membro dell’OMC coinvolto in una controversia varie modalità di applicazione di una raccomandazione o di una decisione dell’ORC che stabilisce l’incompatibilità di una misura con le norme dell’OMC.

122

[115] Qualora il ritiro immediato della misura incompatibile risulti impraticabile, l’IRC prevede, al suo art. 3, n. 7, la possibilità di concedere al membro leso una compensazione o di autorizzarlo a sospendere temporaneamente l’applicazione di concessioni o altri obblighi, in attesa che venga ritirata la misura incompatibile (v. sentenza Portogallo/Consiglio, cit., punto 37).

(…)

125

[118] Anche alla scadenza del termine impartito per rendere la misura dichiarata incompatibile conforme alle norme dell’OMC e dopo l’autorizzazione e l’adozione di misure di compensazione o di sospensione di concessioni ai sensi dell’art. 22, n. 6, dell’IRC, il negoziato tra le parti della controversia continua a svolgere comunque un ruolo importante.

126

[119] L’art. 22, n. 8, dell’IRC sottolinea così la natura provvisoria della sospensione di concessioni o altri obblighi e ne limita la durata “finché non viene abolita la misura giudicata incompatibile con un accordo contemplato o finché il membro che deve applicare le raccomandazioni o le decisioni non trova una soluzione all’annullamento o al pregiudizio dei benefici, o finché non si trova una soluzione reciprocamente soddisfacente”.

127

[120] Questa stessa disposizione prevede inoltre che, conformemente all’art. 21, n. 6, l’ORC continui a tenere sotto controllo l’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate.

128

[121] In caso di disaccordo sulla compatibilità delle misure prese per ottemperare alle raccomandazioni e alle decisioni dell’ORC, l’art. 21, n. 5, dell’IRC prevede che la controversia sia risolta “facendo ricorso alle presenti procedure di risoluzione delle controversie”, che includono il tentativo delle parti di giungere ad una soluzione negoziata.

129

[122] Né la scadenza del termine impartito dall’ORC alla Comunità per rendere il suo regime d’importazione delle banane conforme alla decisione 25 settembre 1997 dell’ORC né la decisione 9 aprile 1999 con cui gli arbitri dell’ORC hanno espressamente dichiarato l’incompatibilità del nuovo dispositivo d’importazione delle banane stabilito dai regolamenti nn. 1637/98 e 2362/98 hanno comportato l’esaurimento delle modalità di risoluzione delle controversie previste dall’IRC.

130

[123] Ciò considerato, un controllo da parte del giudice comunitario della liceità del comportamento delle istituzioni convenute rispetto alle norme dell’OMC potrebbe avere l’effetto di rendere più fragile la posizione dei negoziatori comunitari nella ricerca di una soluzione reciprocamente accettabile della controversia e conforme alle norme dell’OMC.

131

[124] Pertanto, imporre agli organi giurisdizionali l’obbligo di disapplicare le norme di diritto interno che siano incompatibili con gli accordi OMC avrebbe la conseguenza di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti contraenti della possibilità, offerta segnatamente dall’art. 22 dell’IRC, di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate (sentenza Portogallo/Consiglio, cit., […], punto 40).

132

[125] Le ricorrenti deducono quindi erroneamente dagli artt. 21 e 22 dell’IRC un obbligo a carico del membro dell’OMC di conformarsi, entro un determinato termine, alle raccomandazioni e alle decisioni degli organi dell’OMC e, sempre erroneamente, sostengono che le decisioni dell’ORC sono esecutive a meno che le parti contraenti vi si oppongano all’unanimità.

133

[126] Peraltro, modificando nuovamente, con regolamento n. 216/2001, il regime d’importazione delle banane, il Consiglio ha perseguito la conciliazione di diversi obiettivi divergenti. Il preambolo del regolamento n. 216/2001, al primo ‘considerando’, rileva così che numerose ed intense consultazioni si sono svolte, segnatamente, per “tener conto delle conclusioni del gruppo speciale” e, al secondo ‘considerando’, che il nuovo regime d’importazione previsto costituisce il mezzo più idoneo sia per “conseguire gli obiettivi dell’[OCM banane] per quanto riguarda la produzione comunitaria e la domanda dei consumatori” sia “per rispettare le norme del commercio internazionale”.

134

[127] In definitiva, è in contropartita dell’impegno della Comunità di introdurre un regime unicamente tariffario per le importazioni di banane entro il 1o gennaio 2006 che gli Stati Uniti hanno accettato, ai termini del memorandum d’intesa concluso l’11 aprile 2001, di sospendere provvisoriamente l’imposizione della loro sovrattassa doganale.

135

[128] Orbene, un tale risultato avrebbe potuto essere compromesso da un intervento del giudice comunitario consistente nel controllare, ai fini del risarcimento del danno subito dalle ricorrenti, la liceità rispetto alle norme dell’OMC del comportamento adottato nella fattispecie dalle istituzioni convenute.

136

[129] Occorre rilevare a tal proposito che, come hanno espressamente sottolineato gli Stati Uniti, il memorandum d’intesa dell’11 aprile 2001 non costituisce di per sé una soluzione decisa di comune accordo ai sensi dell’art. 3, n. 6, dell’IRC e che la questione dell’attuazione da parte della Comunità delle raccomandazioni e delle decisioni dell’ORC continuava, il 12 luglio 2001, vale a dire successivamente alla proposizione del presente ricorso, ad essere iscritta all’ordine del giorno della riunione dell’ORC.

137

[130] Ne consegue che le istituzioni convenute, modificando il controverso regime comunitario d’importazione delle banane, non hanno inteso dare esecuzione ad obblighi particolari derivanti dalle norme dell’OMC alla luce delle quali l’ORC aveva accertato l’incompatibilità di tale regime».

48

Il Tribunale ha altresì escluso qualsiasi applicazione dell’eccezione fondata sul rinvio esplicito a precise disposizioni degli accordi OMC, dopo aver precisamente constatato ai punti 142 della sentenza FIAMM e 135 della sentenza Fedon che «dai preamboli dei diversi regolamenti che modificano il regime d’importazione delle banane non emerge che il legislatore comunitario abbia fatto riferimento a disposizioni specifiche degli accordi OMC quando ha inteso conformare tale regime a questi medesimi accordi».

49

Il Tribunale ha pertanto concluso, ai punti 144 e 145 della sentenza FIAMM nonché 137 e 138 della sentenza Fedon, che, «nonostante sia intervenuto un accertamento di incompatibilità da parte dell’ORC, le norme dell’OMC non costituiscono, nella fattispecie, né in forza di obblighi particolari a cui la Comunità avrebbe inteso dare esecuzione né in forza di un rinvio espresso a disposizioni precise, norme rispetto alle quali può essere valutata la liceità del comportamento delle istituzioni» e che «le ricorrenti non possono utilmente sostenere, ai fini della loro domanda di risarcimento, che il comportamento contestato al Consiglio e alla Commissione sia contrario alle norme dell’OMC».

50

Dopo aver rilevato, ai punti 146 della sentenza FIAMM e 139 della sentenza Fedon, che «[l]e censure che le ricorrenti fondano sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, sulla violazione del diritto di proprietà e di iniziativa economica e, infine, sull’inosservanza del principio di buona amministrazione si basano tutte sulla premessa della contrarietà alle norme dell’OMC del comportamento contestato alle istituzioni convenute», il Tribunale, ai punti 147 e 140 delle citate sentenze, ne ha dedotto che, poiché «queste norme non figurano tra quelle rispetto alle quali il giudice comunitario controlla la liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie, tali censure devono essere di conseguenza parimenti respinte».

51

In considerazione di quanto precede, il Tribunale ha dichiarato, ai punti 149 della sentenza FIAMM e 142 della sentenza Fedon, che, «[p]oiché l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni convenute non può essere dimostrata, una delle tre condizioni cumulative che fanno sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi non è soddisfatta». Di conseguenza, ha respinto il primo capo della domanda delle ricorrenti.

52

Quanto al capo della domanda fondata su un regime di responsabilità extracontrattuale della Comunità anche in assenza di comportamento illecito delle sue istituzioni, il Tribunale ha, anzitutto, affermato l’esistenza di tale regime ai punti 157-160 della sentenza FIAMM e 150-153 della sentenza Fedon. A tal riguardo, si è pronunciato nei seguenti termini:

«157

[150] Il fatto che, come nella fattispecie, l’illiceità del comportamento imputato alle istituzioni comunitarie non sia accertata non comporta che le imprese le quali, in quanto categoria di operatori economici, devono sopportare una parte sproporzionata degli oneri derivanti da una restrizione dell’accesso a mercati d’esportazione non possano in alcun caso ottenere una compensazione facendo valere la responsabilità extracontrattuale della Comunità (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 settembre 1987, causa 81/86, De Boer Buizen/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3677, punto 17).

158

[151] Infatti, l’art. 288, secondo comma, CE basa l’obbligo che esso impone alla Comunità di risarcire i danni causati dalle sue istituzioni sui “principi generali comuni ai diritti degli Stati membri” senza limitare, di conseguenza, la portata di tali principi al solo regime della responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito delle dette istituzioni.

159

[152] Orbene, i diritti nazionali della responsabilità extracontrattuale consentono ai singoli, anche se in misura variabile, in settori specifici e secondo modalità diverse, di ottenere in via giudiziale il risarcimento di taluni danni, anche in assenza di un’azione illecita dell’autore del danno.

160

[153] Nel caso di un danno causato da un comportamento delle istituzioni della Comunità la cui illiceità non è dimostrata, la responsabilità extracontrattuale della Comunità può sorgere quando siano cumulativamente soddisfatte le condizioni relative all’effettività del danno, al nesso di causalità tra il danno e il comportamento delle istituzioni comunitarie e al carattere anormale e speciale del danno in questione (v., in tal senso, sentenza 15 giugno 2000, [causa C-237/98 P], Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, [Racc. pag. I-4549], punto 19)».

53

Il Tribunale ha, inoltre, dichiarato l’esistenza di un danno effettivo e certo subito dalle ricorrenti.

54

D’altra parte, ha giudicato che vi fosse un nesso di causalità diretta tra, da un lato, il comportamento adottato dalle istituzioni convenute in materia di importazione di banane nella Comunità e, dall’altro lato, il danno in tal modo subìto dalle ricorrenti.

55

Infine, il Tribunale ha considerato che il danno subìto dalla FIAMM e dalla Fedon non aveva un carattere anormale e di conseguenza ha respinto le loro domande poiché esse erano fondate sul regime di responsabilità della Comunità in mancanza di comportamento illecito delle sue istituzioni.

56

Per giungere a questa conclusione, il Tribunale ha segnatamente dichiarato quanto segue ai punti 205 e 207 della sentenza FIAMM nonché 194 e 196 della sentenza Fedon:

«205

[194] Occorre (…) constatare che l’eventualità di una sospensione delle concessioni tariffarie, misura prevista dagli accordi OMC e caso presentatosi nella fattispecie, è una delle vicende inerenti al sistema attuale del commercio internazionale. Di conseguenza, tale vicenda viene necessariamente sopportata da qualsiasi operatore che decida di immettere la sua produzione sul mercato di uno dei membri dell’OMC.

(…)

207

[196] Inoltre, dall’art. 22, n. 3, lett. b) e c), dell’IRC, strumento internazionale che è stato oggetto di misure di pubblicità idonee ad assicurarne la conoscenza presso gli operatori comunitari, risulta che il membro dell’OMC che ha sporto reclamo può cercare di sospendere talune concessioni o altri obblighi in settori diversi da quello in cui il panel o l’organo d’appello hanno constatato una violazione da parte del membro di cui trattasi, vuoi in base al medesimo accordo vuoi in base a un altro accordo OMC».

Conclusioni delle parti e svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte

57

La FIAMM, nella causa C-120/06 P, e la Fedon, nella causa C-121/06 P, chiedono, rispettivamente, l’annullamento della sentenza FIAMM e l’annullamento della sentenza Fedon. Entrambe invocano due motivi a sostegno della propria impugnazione.

58

Con un primo motivo, esse sostengono che le sentenze impugnate sono prive di motivazione e di fondamento per quanto riguarda uno dei principali argomenti alla base del loro ricorso per responsabilità derivante da un comportamento illecito della Comunità, argomento vertente sull’effetto diretto delle decisioni dell’ORC.

59

Con un secondo motivo, la FIAMM e la Fedon sostengono che, concludendo nel senso che il danno da esse subìto non aveva carattere anormale e respingendo quindi la loro richiesta di risarcimento fondata su un regime di responsabilità applicabile in mancanza di comportamento illecito delle istituzioni della Comunità, il Tribunale avrebbe seguito un ragionamento non sufficientemente motivato, illogico e contraddittorio rispetto alla giurisprudenza costante esistente in materia.

60

Entrambe chiedono, inoltre, che la Corte:

statuisca nel merito, riconoscendo loro il diritto al risarcimento del danno derivante dalla responsabilità dei convenuti per atto illecito o per atto lecito;

in ogni caso, condanni i convenuti alle spese sia del presente procedimento sia di quello in primo grado.

61

In via subordinata, la FIAMM e la Fedon chiedono alla Corte di accordare loro un equo indennizzo a seguito dell’irragionevole durata del procedimento dinanzi al Tribunale e di adottare tutte le altre misure e provvedimenti che dovessero rendersi necessari in base ad equità.

62

Il Consiglio invita la Corte a:

sostituire alcune delle motivazioni del Tribunale o annullare parzialmente le sentenze impugnate, dichiarando inammissibile la responsabilità non contrattuale in assenza di fatto illecito per omissione di attività normativa o, in subordine, inesistenti gli elementi costitutivi di tale responsabilità;

dichiarare i ricorsi infondati;

condannare le ricorrenti alle spese.

63

La Commissione chiede che la Corte:

respinga l’impugnazione, procedendo per quanto necessario a sostituire la motivazione della sentenza impugnata;

in subordine, respinga la domanda di annullamento e la richiesta di condanna al risarcimento dei danni presentate in primo grado;

in estremo subordine, rinvii la causa dinanzi al Tribunale per riprendere il procedimento e proceda alla quantificazione del danno risarcibile, ai sensi dell’art. 61 dello Statuto della Corte di giustizia;

condanni le ricorrenti alle spese.

64

Tanto nella causa C-120/06 P, in cui ha depositato una comparsa di risposta nella sua qualità di parte nel procedimento dinanzi al Tribunale, quanto nella causa C-121/06 P, in cui ha la qualità di interveniente dinanzi alla Corte, il Regno di Spagna conclude che la Corte:

respinga l’impugnazione in quanto si riferisce alla responsabilità da atto illecito delle istituzioni convenute;

annulli parzialmente la sentenza impugnata, dichiarando l’inesistenza di responsabilità da atto lecito nell’ordinamento comunitario, o, in subordine, respinga l’impugnazione in quanto si riferisce alla responsabilità per atto lecito dalle istituzioni convenute o, in subordine, respinga la richiesta di risarcimento per atto lecito presentata dalle ricorrenti;

dichiari irricevibile la richiesta di indennizzo basata sulla durata irragionevole del procedimento dinanzi al Tribunale di primo grado;

condanni le ricorrenti alle spese.

65

In seguito alla presentazione delle comparse di risposta del Consiglio e della Commissione nelle cause C-120/06 P e C-121/06 P e della presentazione della comparsa di risposta del Regno di Spagna nella causa C-120/06 P, la FIAMM e la Fedon hanno ottenuto, su loro domanda, un diritto di replica ai sensi dell’art. 117, n. 1, del regolamento di procedura della Corte.

66

Nella causa C-120/06 P, la FIAMM ha fatto pervenire via fax alla cancelleria della Corte le sue memorie di replica e la sua comparsa di risposta all’impugnazione incidentale proposta dal Consiglio entro i termini rispettivamente indicati ai nn. 1 e 2 dell’art. 117 del detto regolamento di procedura. La versione originale di tali memorie non è stata tuttavia depositata nella cancelleria della Corte nel termine di dieci giorni previsto all’art. 37, n. 6, del medesimo regolamento. Pertanto, tali memorie e i loro originali pervenuti tardivamente alla cancelleria sono stati stralciati dal procedimento e restituiti alla FIAMM.

67

Nella causa C-121/06 P, la Fedon non ha presentato memorie di replica e neppure comparse di risposta all’impugnazione incidentale proposta dal Consiglio. La Fedon e la Commissione hanno invece presentato osservazioni sulla memoria di intervento del Regno di Spagna.

Sul primo motivo delle impugnazioni principali

Argomenti delle parti

68

Con il loro primo motivo, la FIAMM e la Fedon sostengono che le sentenze impugnate sono prive di motivazione e di fondamento in relazione ad uno dei principali argomenti invocati a sostegno dei loro rispettivi ricorsi per responsabilità derivante da un comportamento illecito della Comunità.

69

Come il Tribunale avrebbe, d’altronde, rilevato ai punti 100 della sentenza FIAMM e 93 della sentenza Fedon, esse avrebbero, infatti, insistito, tanto durante la fase scritta quanto nel corso dell’udienza, sugli effetti giuridici specifici derivanti dalla decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 che condanna la Comunità. Esse avrebbero così rilevato che l’esistenza di una tale decisione costituiva, accanto alle due eccezioni già sancite dalle citate sentenze Fediol/Commissione e Nakajima/Consiglio, una terza fattispecie che consentiva di far valere dinanzi al giudice comunitario una violazione degli accordi dell’OMC da parte degli organi comunitari, in particolare a fini esclusivi di risarcimento del danno.

70

Orbene, le valutazioni compiute dal Tribunale e il mero riferimento alla giurisprudenza precedente contenuti ai punti 110-112 della sentenza FIAMM e 103-105 della sentenza Fedon non sarebbero pertinenti al riguardo, poiché detta giurisprudenza si è pronunciata su una questione diversa, vale a dire quella di stabilire se una norma di diritto sostanziale contenuta negli accordi OMC possa essere invocata per controllare la legittimità delle regolamentazioni comunitarie e per dichiararle eventualmente inapplicabili.

71

Come risulterebbe in particolare dai punti 114 e 115 della sentenza FIAMM nonché 107 e 108 della sentenza Fedon, il Tribunale avrebbe preso in considerazione la decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 solo per stabilire se, in considerazione dell’esistenza di essa, una delle due eccezioni giurisprudenziali alla mancanza dell’effetto diretto degli accordi OMC già consacrate potesse applicarsi al caso di specie.

72

Procedendo in tal modo il Tribunale non avrebbe preso adeguatamente in considerazione l’argomento della FIAMM e della Fedon secondo cui una volta trascorso il termine ragionevole attribuito per attuare la decisione dell’ORC del 25 settembre 1997, la Comunità disponeva solo di due opzioni, vale a dire conformarsi a detta decisione oppure non conformarsi ad essa. In tal modo, verrebbe a mancare la flessibilità del sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC, che consente in particolare alle parti di trovare soluzioni negoziate e su cui si fonderebbe la giurisprudenza ricordata ai punti 112 della sentenza FIAMM e 105 della sentenza Fedon, che consacra l’impossibilità di procedere ad un controllo della legittimità di una normativa comunitaria rispetto agli accordi dell’OMC. Quindi non vi sarebbe motivo di non riconoscere, in tali circostanze, un effetto diretto ad una decisione dell’ORC.

73

Inoltre, il riconoscimento di un’illiceità che si limiti a prendere atto del mancato rispetto della decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 entro il termine stabilito non richiederebbe un esame nel merito del provvedimento comunitario in questione e non potrebbe quindi incidere sul modo in cui la Comunità decide di far cessare tale illiceità, rimanendo possibile qualsiasi soluzione purché conforme agli accordi OMC e accettata dalla controparte.

74

Il Tribunale non avrebbe neppure preso adeguatamente in considerazione l’argomento della FIAMM e della Fedon secondo cui, a differenza di una domanda di annullamento o di una domanda pregiudiziale per l’esame di validità, un’azione per risarcimento del danno non può portare ad eliminare o a rendere inapplicabile l’atto comunitario di cui trattasi e neppure, quindi, a privare gli organi delle parti degli accordi OMC della possibilità di trovare soluzioni negoziate. Questo ragionamento sarebbe tanto più valido che, nella fattispecie, la richiesta di risarcimento del danno è valutata successivamente alla chiusura della controversia.

75

Queste stesse considerazioni giustificherebbero il rigetto dell’argomento, richiamato ai punti 111 della sentenza FIAMM e 104 della sentenza Fedon, relativo al fatto che gli accordi dell’OMC sono fondati su basi di reciprocità e di mutua convenienza.

76

Il Consiglio, a sua volta, afferma che il Tribunale ha effettivamente condotto un’analisi parallela della possibilità di invocare le norme OMC e la decisione dell’ORC del 25 settembre 1997, come risulterebbe segnatamente dai punti 129 della sentenza FIAMM e 122 della sentenza Fedon.

77

Le sentenze impugnate sarebbero, inoltre, conformi alla giurisprudenza secondo la quale gli accordi OMC non figurano, generalmente, tra le norme rispetto alle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie, e il Tribunale avrebbe giustamente dichiarato che nella fattispecie non è applicabile alcuna delle due eccezioni ammesse a tale principio.

78

Poiché le norme dell’OMC non sono intese a conferire diritti ai singoli, l’eventuale violazione di detti accordi non potrebbe neanch’essa far sorgere la responsabilità della Comunità, a meno di non compromettere il margine di manovra di cui dispongono i membri dell’OMC per conformarsi o meno ad una decisione dell’ORC.

79

Il Consiglio ritiene, d’altra parte, che la distinzione proposta dalle ricorrenti tra gli effetti giuridici connessi a una decisione dell’ORC e quelli risultanti dalle norme sostanziali di cui tale decisione ha dichiarato la violazione sia artificiale. Infatti, tale decisione potrebbe essere presa in considerazione nell’ambito di un ricorso per risarcimento del danno solo se è stato precedentemente dichiarato l’effetto diretto delle summenzionate norme sostanziali.

80

Secondo la Commissione, la FIAMM e la Fedon, in primo grado, non hanno affatto teorizzato in modo specifico e autonomo la possibilità di invocare direttamente una decisione dell’ORC per provare l’illiceità del comportamento della Comunità, e neppure hanno incentrato la loro argomentazione su tale punto. Tali parti avrebbero in sostanza sviluppato un’argomentazione classica ai fini di provare che il mancato adattamento della normativa comunitaria al fine di conformarsi alle norme dell’OCM in seguito alla decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 comportava la violazione di norme giuridiche di rango superiore.

81

La FIAMM e la FEDON si sarebbero limitate a far valere, solo in via subordinata, senza tuttavia sviluppare e sostenere altrimenti tale affermazione, che, anche supponendo che gli accordi OMC non siano direttamente applicabili, un effetto diretto dovrebbe essere attribuito alla decisione dell’ORC del 25 settembre 1997.

82

Il Tribunale, che non sarebbe d’altronde obbligato a pronunciarsi su ciascuno degli argomenti delle ricorrenti, avrebbe, quindi, preso adeguatamente in considerazione l’argomentazione della FIAMM e della Fedon, concentrandosi in particolare, ai punti 108-150 della sentenza FIAMM e ai punti 101-143 della sentenza Fedon, sull’esame del comportamento delle istituzioni comunitarie, riferendosi, tuttavia, agli effetti della decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 ai punti 108 e 144 della sentenza FIAMM nonché 101 e 137 della sentenza Fedon. In considerazione della motivazione, seppur implicita, delle sentenze impugnate, la FIAMM e la Fedon sarebbero, d’altronde, in grado di capire le ragioni per cui il Tribunale ha dichiarato che l’illiceità del comportamento delle istituzioni non era stata provata anche dopo che era intervenuta una decisione dell’ORC.

83

Se la Corte dovesse tuttavia giudicare insufficiente la motivazione delle sentenze impugnate, essa avrebbe la facoltà di confermare il loro dispositivo, integrandone la motivazione.

84

Infatti, la questione se gli accordi OMC possano essere invocati dai singoli che hanno subìto un danno per contestare la validità di una normativa comunitaria, nell’ipotesi in cui una decisione dell’ORC abbia dichiarato l’incompatibilità di tale normativa con i summenzionati accordi e in cui il termine ragionevole fissato per conformarsi a tale decisione sia scaduto, sarebbe stata definitivamente decisa in senso negativo dalla Corte nella sua sentenza 1o marzo 2005, causa C-377/02, Van Parys (Racc. pag. I-1465).

85

Qualsiasi distinzione tra un controllo della legittimità dell’azione comunitaria a fini di annullamento e il medesimo controllo a fini di risarcimento del danno sarebbe a tale proposito irrilevante. Inoltre, il fatto di risarcire l’industria colpita da provvedimenti di sospensione conformi agli accordi OMC danneggerebbe il riequilibrio delle concessioni cui tali provvedimenti contribuiscono e quindi la reciprocità.

86

Il Regno di Spagna ritiene parimenti che le sentenze impugnate soddisfino l’obbligo di motivazione. Il Tribunale avrebbe, infatti, menzionato, ai punti 100 della sentenza FIAMM e 93 della sentenza Fedon, la tesi della FIAMM e della Fedon relativa all’effetto diretto di una decisione dell’ORC, e ai punti 116-150 della sentenza FIAMM nonché 109-143 della sentenza Fedon avrebbe respinto tale tesi esaminando se l’esistenza di tale decisione autorizzi il giudice comunitario a controllare la legittimità del comportamento delle istituzioni comunitarie in relazione alle norme dell’OMC.

87

D’altro canto, il Tribunale non avrebbe commesso alcun errore di diritto dichiarando l’impossibilità di procedere, nel caso di specie, a tale controllo. In particolare, il rischio, per la Comunità, di esporsi ad azioni di responsabilità sarebbe tale da indebolire la posizione di quest’ultima e da indurla a non prendere in considerazione l’eventualità di esaurire tutte le possibilità della procedura di risoluzione delle controversie, comprendente in particolare l’eventuale adozione di misure di ritorsione da parte della controparte e l’ulteriore ricerca di una soluzione.

88

Inoltre, non vi è alcun elemento che consenta, giuridicamente, di introdurre una distinzione a seconda che il controllo della legittimità dell’azione comunitaria intervenga a fini di annullamento o a fini di risarcimento, poiché i criteri di tale controllo sono immutabili e non possono certo dipendere dall’esistenza o meno di un danno o dal momento in cui tale danno è fatto valere.

Giudizio della Corte

89

In via preliminare, occorre rilevare, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 20 delle sue conclusioni, che, benché il primo motivo dell’impugnazione sia diretto, secondo la sua formulazione, a denunciare una carenza di motivazione delle sentenze impugnate, l’esame del contenuto dei ricorsi rivela che essi contengono anche censure di merito su cui del resto si è concentrata la discussione tra le parti sia durante la fase scritta del procedimento che all’udienza. Così, per statuire sul primo motivo occorre distinguere le due parti di cui consta, vertenti, la prima, su una carenza di motivazione delle sentenze impugnate e la seconda su un errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso in merito alle condizioni in presenza delle quali può esistere la responsabilità della Comunità per il comportamento illecito delle sue istituzioni.

Sulla prima parte del motivo

90

La questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente costituisce una questione di diritto che può essere, in quanto tale, invocata nell’ambito di un’impugnazione (v., in particolare, sentenza 11 gennaio 2007, causa C-404/04 P, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, punto 90).

91

A tal riguardo, si deve tuttavia ricordare, in primo luogo, che, come la Corte ha ripetutamente dichiarato, l’obbligo per il Tribunale di motivare le proprie decisioni non può essere interpretato nel senso che quest’ultimo fosse tenuto a replicare in dettaglio a tutti gli argomenti invocati dal ricorrente, specialmente se tali argomenti non avevano un carattere sufficientemente chiaro e preciso (v., in particolare, sentenze 6 marzo 2001, causa C-274/99 P, Connolly/Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 121; 11 settembre 2003, causa C-197/99 P, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-8461, punto 81, e Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, cit., punto 90).

92

Orbene, l’esame dei ricorsi proposti dalla FIAMM e dalla Fedon dinanzi al Tribunale rivela, anzitutto, che l’affermazione relativa ad un eventuale effetto diretto della decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 non rientra affatto nella sezione di tali ricorsi diretta a far accertare l’esistenza o l’invocabilità di una violazione degli accordi OCM da parte della Comunità. Infatti, tale affermazione si trova in una sezione dei ricorsi volta a provare che le norme giuridiche di rango superiore la cui violazione è in tal modo allegata, tra cui figurano, in particolare, il principio pacta sunt servanda e gli accordi OMC, «sono intese a tutelare i privati», per cui, sotto tale profilo, sarebbe soddisfatta una delle condizioni a cui la giurisprudenza subordina l’esistenza di una responsabilità della Comunità per un comportamento illecito delle sue istituzioni.

93

Inoltre, tale affermazione è stata formulata, nella prospettiva suesposta, solo a titolo assolutamente subordinato, giacché la FIAMM e la Fedon fanno semplicemente valere che, se non doveva riconoscersi agli accordi OMC un effetto diretto e il conseguente carattere di disposizione intesa a tutelare i privati, tali caratteri dovevano essere riconosciuti con riguardo alle decisioni dell’ORC.

94

Infine, tale affermazione che è contenuta, per quanto riguarda la FIAMM, in due punti del ricorso che ne contiene 177 e, per quanto riguarda la Fedon, in una nota a fondo pagina, non è oggetto, in tali ricorsi e neppure, del resto, nelle memorie di replica successivamente depositate dalla FIAMM e dalla Fedon, di alcuno sviluppo particolare né è accompagnata da un’argomentazione specifica destinata a sostenerla.

95

Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostengono la FIAMM e la Fedon nei ragionamenti molto specifici che consacrano a tale questione nell’ambito delle loro impugnazioni, con il pretesto di un’esortazione a controllare la motivazione delle sentenze impugnate, nei loro ricorsi dinanzi al Tribunale esse non hanno affatto sostenuto con la chiarezza e la precisione necessarie che l’eventuale effetto diretto collegato alle decisioni dell’ORC giustificherebbe che la violazione di esse sia consacrata come una nuova e terza eccezione al principio della non invocabilità degli accordi OMC a fini di controllo della legittimità degli atti comunitari derivati. Come risulta dal ricorso della Fedon e dalla memoria di replica della FIAMM, tali ricorrenti si sono al contrario espressamente avvalse di una delle due eccezioni tradizionalmente ammesse a tale mancanza di invocabilità, sostenendo che la Comunità avrebbe all’occorrenza indicato che intendeva dare esecuzione ad un’obbligazione particolare assunta nell’ambito del GATT.

96

In secondo luogo, si deve parimenti ricordare che l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia e che la motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in particolare, sentenze 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I-123, punto 372, e 25 ottobre 2007, causa C-167/06 P, Komninou e a./Commissione, punto 22).

97

Orbene, risulta, anzitutto, dai punti 108 della sentenza FIAMM e 101 della sentenza Fedon che il Tribunale ha, nella fattispecie, inteso decidere se gli accordi OMC, compreso l’IRC e le disposizioni di quest’ultimo consacrate all’attuazione delle decisioni dell’ORC, farebbero sorgere per i singoli il diritto di farli valere in giudizio per contestare la validità di una normativa comunitaria «nell’ipotesi in cui l’ORC abbia dichiarato che tanto quest’ultima quanto la normativa successiva adottata dalla Comunità, in particolare al fine di conformarsi alle norme dell’OMC in questione, erano incompatibili con queste norme».

98

In seguito, riferendosi anche agli «accordi OMC» così definiti, il Tribunale ha precisato, ai punti 110-112 della sentenza FIAMM e 103-105 della sentenza Fedon, che, secondo una giurisprudenza costante, e per i motivi che ricorda, detti accordi non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali il giudice comunitario controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie.

99

Infine, occorre rilevare che le sentenze impugnate contengono effettivamente importanti sviluppi per quanto riguarda la portata giuridica che può attribuirsi ad una decisione dell’ORC, in particolare laddove il termine fissato per l’attuazione di tale decisione sia scaduto.

100

Se è vero che tali sviluppi sono contenuti nei passi delle sentenze impugnate in cui il Tribunale esamina se una delle due eccezioni al principio della non invocabilità degli accordi OMC da parte dei singoli tradizionalmente ammesse dalla giurisprudenza sia applicabile nel caso di specie, cionondimeno le valutazioni compiute dal Tribunale in tale sede rispondono implicitamente, ma effettivamente, agli argomenti concreti che secondo le impugnazioni il Tribunale avrebbe mancato di esaminare.

101

Così, risulta in particolare dai punti 129-131 della sentenza FIAMM e 122-124 della sentenza Fedon che il Tribunale ha segnatamente dichiarato, al termine di un esame delle disposizioni rilevanti dell’IRC, che la scadenza del termine impartito alla Comunità per rendere il suo regime d’importazione delle banane conforme alla decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 non aveva comportato l’esaurimento delle modalità di risoluzione delle controversie previste dall’IRC. Il Tribunale ha, parimenti, affermato a tal proposito che un controllo della liceità del comportamento delle istituzioni convenute potrebbe avere l’effetto di rendere più fragile la posizione dei negoziatori comunitari nella ricerca di una soluzione reciprocamente accettabile della controversia e conforme alle norme dell’OMC e, se del caso, di privare gli organi legislativi o esecutivi delle parti contraenti della possibilità, offerta segnatamente dall’art. 22 dell’IRC, di trovare, sia pure a titolo provvisorio, soluzioni negoziate.

102

Inoltre, si deve sottolineare che, ai punti 132 della sentenza FIAMM e 125 della sentenza Fedon, il Tribunale ha concluso la propria analisi a tal riguardo affermando che le ricorrenti avevano pertanto dedotto erroneamente dagli artt. 21 e 22 dell’IRC un obbligo a carico del membro dell’OMC di conformarsi, entro un determinato termine, alle raccomandazioni e alle decisioni degli organi dell’OMC e, sempre erroneamente, avevano sostenuto che le decisioni dell’ORC erano esecutive a meno che le parti contraenti vi si opponessero all’unanimità.

103

Orbene, decidendo in tal modo il Tribunale si è pronunciato, per lo meno implicitamente, sull’affermazione delle ricorrenti secondo cui dovrebbe essere riconosciuto un effetto diretto a tali raccomandazioni o a tali decisioni una volta scaduto il termine per la loro attuazione.

104

Da quanto precede risulta che la motivazione delle sentenze impugnate risponde a sufficienza all’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti in primo grado e permette in particolare alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale, cosicché il motivo deve essere dichiarato infondato nella sua prima parte.

Sulla seconda parte del motivo

105

Per quanto riguarda la seconda parte del primo motivo, vertente su un errore di diritto relativo alle condizioni in cui può sorgere la responsabilità per un comportamento illecito della Comunità, occorre precisare quanto segue.

106

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, dall’art. 288, secondo comma, CE emerge che il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità e l’attuazione del diritto al risarcimento del danno dipendono della compresenza di un insieme di condizioni, riguardanti l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni comunitarie, la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (v., in particolare, sentenze 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e 15 settembre 1994, causa C-146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4199, punto 19).

107

Nel caso di specie, le ricorrenti hanno fatto valere in sostanza, a sostegno della loro domanda di risarcimento del danno dinanzi al Tribunale, che le istituzioni comunitarie hanno adottato un comportamento illecito e quindi colpevole, astenendosi dal rendere conforme la normativa comunitaria agli accordi OMC nel termine ragionevole impartito alla Comunità a tale scopo dopo che l’incompatibilità di tale normativa con tali accordi è stata dichiarata da una decisione dell’ORC.

108

Si deve ricordare che, a tal riguardo, gli effetti, nella Comunità, delle disposizioni di un accordo da questa concluso con Stati terzi non possono essere determinati prescindendo dall’origine internazionale delle disposizioni di cui trattasi. In conformità ai principi del diritto internazionale, le istituzioni comunitarie, che sono competenti a negoziare e concludere un tale accordo, sono libere di convenire con gli Stati terzi interessati gli effetti che le disposizioni di questo accordo devono produrre nell’ordinamento interno delle parti contraenti. Poiché tale questione non è stata disciplinata esplicitamente da detto accordo, incombe ai giudici competenti e in particolare alla Corte, nell’ambito della competenza attribuitale dal Trattato CE, risolverla al pari di qualunque altra questione d’interpretazione relativa all’applicazione dell’accordo in questione nella Comunità (v., in particolare, sentenze 26 ottobre 1982, causa 104/81, Kupferberg, Racc. pag. 3641, punto 17, e Portogallo/Consiglio, cit., punto 34), fondandosi precisamente sullo spirito, sulla struttura o sulla lettera di tale accordo (v., in tal senso, sentenza 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973, punto 110).

109

Così, in particolare, spetta alla Corte stabilire, basandosi precisamente sui sopra menzionati criteri, se il GATT attribuisca ai singoli cittadini della Comunità il diritto di far valere in giudizio le sue disposizioni avverso un atto comunitario (v., a proposito del GATT del 1947, sentenza 12 dicembre 1972, cause riunite 21/72-24/72, International Fruit Company e a., Racc. pag. 1219, punto 19).

110

A tal proposito, emerge in particolare dalla giurisprudenza della Corte che quest’ultima ritiene di poter procedere all’esame della validità di una normativa comunitaria derivata alla luce di un trattato internazionale solo ove ciò non sia escluso né dalla natura né dalla struttura di esso e, inoltre, le sue disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise (v., in particolare, sentenza 3 giugno 2008, causa C-308/06, Intertanko e a., Racc. pag. I-4057, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

111

Per quanto attiene, più precisamente, agli accordi OMC, secondo la costante giurisprudenza, tenuto conto della loro natura e della loro economia, questi accordi non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie (v., in particolare, citate sentenze Portogallo/Consiglio, punto 47; Biret International/Consiglio, punto 52, e Van Parys, punto 39).

112

Solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetta alla Corte controllare la legittimità dell’atto comunitario controverso alla luce delle norme dell’OMC (v. citate sentenze Biret International/Consiglio, punto 53, e Van Parys, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

113

A tal riguardo, si deve ricordare che la Corte ha già affermato che l’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana, quale è stata istituita dal regolamento n. 404/93 e successivamente modificata, non mira a garantire l’esecuzione nell’ordinamento giuridico comunitario di un obbligo particolare assunto nell’ambito del GATT e neppure rinvia espressamente a precise disposizioni di quest’ultimo (ordinanza OGT Fruchthandelsgesellschaft, cit., punto 28).

114

Per quanto attiene più precisamente al regolamento n. 1637/98 e ai regolamenti adottati per la sua attuazione, la Corte ha dichiarato, al punto 52 della sua sentenza Van Parys, citata, che questi ultimi non rinviano esplicitamente a precise disposizioni degli accordi OMC.

115

In questa stessa sentenza, la Corte ha parimenti ritenuto che con l’impegno assunto dalla Comunità, dopo l’adozione della decisione del ORC del 25 settembre 1997, di conformarsi alle norme dell’OMC e, segnatamente, agli artt. I, n. 1, e XIII del GATT del 1994, la Comunità non ha inteso assumere nell’ambito dell’OMC un obbligo particolare atto a giustificare un’eccezione all’impossibilità di invocare norme dell’OMC dinanzi al giudice comunitario e di permettere a quest’ultimo di controllare alla luce di queste la legittimità del regolamento n. 1637/98 e dei suoi regolamenti di attuazione (v., in tal senso, sentenza Van Parys, cit., punti 41 e 52).

116

Si deve rammentare che l’elemento decisivo in materia risiede nel fatto che la soluzione delle controversie concernenti la normativa dell’OMC si basa, in parte, su negoziati tra le parti contraenti. La revoca di provvedimenti illegittimi costituisce certamente la soluzione suggerita da tale normativa, ma questa consente altresì l’adozione di altre soluzioni (sentenza Omega Air e a., cit., punto 89).

117

Al punto 51 della sua sentenza Van Parys, citata, la Corte ha dunque ritenuto che la scadenza di detto termine, concesso dall’ORC per assicurare la messa in atto della sua decisione del 25 settembre 1997, non implica che la Comunità abbia esaurito le possibilità prospettate dall’ORC per comporre la controversia che la oppone ad altre parti. Ciò considerato, imporre al giudice comunitario, per il solo fatto della scadenza del termine, di controllare la legittimità delle misure comunitarie in questione alla luce delle norme dell’OMC potrebbe avere l’effetto di indebolire la posizione della Comunità nella ricerca di una soluzione reciprocamente accettabile della controversia e conforme alle dette regole.

118

Richiamando segnatamente l’accordo concluso con gli Stati Uniti d’America l’11 aprile 2001, la Corte ha più specificatamente sottolineato che una tale soluzione, con cui la Comunità ha cercato di conciliare gli impegni derivatile dagli accordi OMC con quelli sottoscritti nei confronti degli Stati ACP nonché con le esigenze inerenti all’attuazione della politica agricola comune, avrebbe potuto essere compromessa dal riconoscimento al giudice comunitario del controllo sulla legittimità delle misure comunitarie controverse alla luce delle norme dell’OMC alla scadenza del termine ragionevole concesso dall’ORC (v., in tal senso, sentenza Van Parys, cit., punti 49 e 50).

119

D’altronde, la Corte ha parimenti ricordato che il fatto di ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto comunitario alle norme dell’OMC incombe direttamente al giudice comunitario equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi della Comunità del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali della Comunità. È pacifico che alcune parti contraenti, fra cui le controparti più importanti della Comunità da un punto di vista commerciale, hanno appunto tratto, alla luce dell’oggetto e dello scopo degli accordi OMC, la conseguenza che questi ultimi non figurano tra le norme alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità del loro diritto interno. Una tale assenza di reciprocità, se la si ammettesse, rischierebbe di condurre a uno squilibrio nell’applicazione delle norme dell’OMC (sentenza Van Parys, cit., punto 53).

120

Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, non occorre inoltre operare una distinzione sotto tali aspetti a seconda che il controllo della legittimità dell’azione comunitaria debba intervenire ai fini del contenzioso di annullamento o per statuire su un ricorso di risarcimento (v., in tal senso, a proposito del periodo precedente la scadenza del termine ragionevole assegnato per attuare una decisione dell’ORC, sentenza Biret International/Consiglio, cit., punto 62).

121

Da un lato, infatti, e come è stato evidenziato dalla Corte, la prospettiva di azioni risarcitorie può ostacolare l’esercizio del potere legislativo ogni volta che esso deve adottare, nell’interesse generale, provvedimenti normativi che possono ledere interessi di singoli (sentenze 25 maggio 1978, cause riunite 83/76, 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, Bayerische HNL Vermehrungsbetriebe e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1209, punto 5, e 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I-1029, punto 45).

122

D’altra parte, qualsiasi dichiarazione di illegittimità di un atto comunitario proveniente dal giudice comunitario, anche quando non avviente a titolo del potere di annullamento attribuito a tale giudice dall’art. 230 CE, è per sua natura idonea ad avere conseguenze sull’atteggiamento che deve adottare l’istituzione da cui proviene l’atto di cui trattasi.

123

In tal modo è così che, secondo costante giurisprudenza, quando la Corte accerta, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’art. 234 CE, l’invalidità di un atto emanato dalle autorità comunitarie, la sua decisione produce la conseguenza giuridica di imporre alle istituzioni competenti della Comunità europea l’obbligo di adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio all’illegittimità accertata, applicandosi in tale caso per analogia l’obbligo previsto dall’art. 233 CE in caso di sentenza di annullamento (v., in particolare, ordinanza 8 novembre 2007, causa C-421/06, Fratelli Martini e Cargill, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

124

Orbene, non vi è nulla che consenta, a priori, di ritenere che la soluzione debba essere diversa nel caso di una sentenza che, pronunciata nell’ambito del contenzioso di risarcimento, dichiara l’illegittimità di un atto o di un’omissione comunitaria. Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, qualsiasi dichiarazione di illegittimità effettuata dal giudice comunitario, anche quando avviene nell’ambito di un ricorso per risarcimento, beneficia dell’autorità di giudicato e costringe quindi l’istituzione interessata ad adottare tutti i provvedimenti necessari per eliminare l’illegittimità rilevata.

125

Per quanto riguarda la distinzione che le ricorrenti intendono tracciare tra l’«effetto diretto» delle norme dell’OMC che impongono obblighi di natura sostanziale e l’«effetto diretto» di una decisione dell’ORC, affermando che dovrebbe essere possibile per i singoli ottenere dal giudice comunitario un controllo della liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie rispetto alla decisione dell’ORC in sé e per sé, in mancanza della possibilità di un simile controllo sulle norme dell’OMC di cui tale decisione dichiara la violazione, occorre precisare quanto segue.

126

Anche se la Corte non è stata ancora chiamata a pronunciarsi su una tale distinzione, risulta tuttavia inequivocabilmente dalla sua giurisprudenza precitata che essa non ha ragione di esistere.

127

Infatti, dichiarando che le norme dell’OMC la cui violazione è stata constatata da una decisione dell’ORC non potevano, nonostante la scadenza del termine previsto per dare esecuzione a tale decisione, essere invocate dinanzi al giudice comunitario per ottenere da quest’ultimo che esaminasse la liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie rispetto a tali norme, la Corte ha necessariamente escluso che tale controllo possa intervenire riguardo alla decisione dell’ORC in sé e per sé.

128

Una decisione dell’ORC, che non ha altro oggetto che pronunciarsi sulla conformità del comportamento di uno Stato membro dell’OMC con gli obblighi contratti in tale contesto dal membro di cui trattasi, non può in linea di principio essere fondamentalmente distinta dalle norme sostanziali che traducono tali obblighi e rispetto alle quali opera tale controllo, almeno quando si tratta di stabilire se una violazione di tali norme o della detta decisione possa o meno essere invocata dinanzi al giudice comunitario al fine di controllare la liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie.

129

Proprio come le norme sostanziali contenute negli accordi OMC, una raccomandazione o una decisione dell’ORC che constata il mancato rispetto di tali norme non è, a prescindere dalla portata giuridica precisa attribuita a tale raccomandazione o decisione, idonea ad attribuire ai singoli un diritto di farla valere dinanzi al giudice comunitario per ottenere un controllo della liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie.

130

Da un lato, infatti, e come risulta dai punti 113-124 della presente sentenza, le considerazioni legate alla natura degli accordi OMC nonché alla reciprocità e alla flessibilità che li caratterizzano, continuano a sussistere anche dopo che è stata adottata una decisione o raccomandazione e dopo che è scaduto il termine ragionevole assegnato per la sua attuazione. Le istituzioni comunitarie conservano, in particolare, un margine di valutazione discrezionale e di negoziazione rispetto ai loro partner commerciali nella prospettiva dell’adozione di provvedimenti destinati a dare seguito a tale decisione o raccomandazione e il detto margine discrezionale deve essere mantenuto.

131

Dall’altro lato, occorre sottolineare che, come risulta dall’art. 3, n. 2, dell’IRC, le raccomandazioni e decisioni dell’ORC non possono aumentare o diminuire i diritti e gli obblighi enunciati negli accordi considerati. Ne consegue in particolare che una decisione dell’ORC che constata la violazione di tale obbligo non può avere la conseguenza di costringere una parte negli accordi OMC a riconoscere ai singoli un diritto di cui essi non sono titolari in forza di tali accordi, in mancanza di detta decisione.

132

Orbene, a tal riguardo si deve segnatamente rammentare che la Corte ha già affermato a proposito delle norme del GATT del 1994, di cui l’ORC ha constatato la violazione nel caso di specie, che dette norme sono in particolare inidonee a creare in capo ai singoli diritti che questi possano invocare direttamente in giudizio ai sensi del diritto comunitario (v., in tal senso, ordinanza OGT Fruchthandelsgesellschaft, cit., punti 25 e 26).

133

Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il Tribunale ha giustamente deciso che, nonostante la scadenza del termine impartito per attuare una decisione dell’ORC, il giudice comunitario non poteva, nel caso di specie, procedere ad un controllo della liceità del comportamento delle istituzioni comunitarie rispetto alle norme dell’OMC.

134

Poiché il primo motivo dell’impugnazione non è fondato in nessuna delle sue due parti, occorre respingerlo.

Sul secondo motivo dell’impugnazione, sulle impugnazioni incidentali e sulle richieste di sostituzione dei motivi

Argomenti delle parti

135

Con un secondo motivo, la FIAMM e la Fedon sostengono che il Tribunale, laddove ha giudicato, in sede di esame delle loro domande formulate a titolo di responsabilità senza colpa della Comunità, che il danno da esse subìto non aveva un carattere anormale, ha seguito un ragionamento illogico e ha violato taluni principi giurisprudenziali consolidati.

136

Nelle sentenze impugnate, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del doppio requisito secondo cui il danno, per poter essere considerato normale, deve essere, da un lato, prevedibile e, dall’altro, inerente alle attività del settore di cui trattasi.

137

Secondo la FIAMM e la Fedon, infatti, un danno causato da sanzioni doganali adottate da uno Stato terzo nel settore delle batterie industriali o degli astucci per occhiali in seguito ad una controversia nel settore della banana non sarebbe inerente ai primi due settori citati, come del resto confermerebbe proprio l’art. 22, n. 3, lett. a), dell’IRC. Tale danno sarebbe ancor meno prevedibile in quanto avrebbe un carattere punitivo inedito e sarebbe senza precedenti nella storia del GATT e dell’OMC come nelle relazioni tra la Comunità e gli Stati Uniti d’America.

138

Il ragionamento del Tribunale secondo cui il pregiudizio subìto non sarebbe anormale, in quanto l’art. 22, n. 3, dell’IRC autorizza l’adozione di provvedimenti di ritorsione, sarebbe contraddittorio. Ritenere un danno normale perché esso è conseguenza di un atto autorizzato dalla legge applicabile equivarrebbe, in effetti, a escludere la possibilità che un danno causato da un atto illecito possa far sorgere la responsabilità, il che sarebbe invece ammesso dalle sentenze impugnate.

139

Il Consiglio ritiene che il Tribunale abbia giudicato a buon diritto che i danni allegati rientrano nei rischi normali che un esportatore deve assumersi nelle condizioni attuali del commercio mondiale.

140

Esso contesta tuttavia alcune delle motivazioni delle sentenze impugnate e chiede alla Corte di riformulare alcune delle motivazioni su tali punti o, nel pronunciarsi sulle impugnazioni incidentali che egli propone a tal riguardo, di annullare parzialmente dette sentenze.

141

In primo luogo, dal momento che soltanto in metà degli ordinamenti giuridici degli Stati membri si prevedrebbe la possibilità, per di più rigorosamente disciplinata, di ottenere un risarcimento del danno derivante da taluni atti leciti dell’autorità pubblica, il Consiglio contesta l’affermazione che figura ai punti 160 della sentenza Fiamm e 153 della sentenza Fedon secondo cui esisterebbe un principio generale comune agli Stati membri che permette di affermare la responsabilità della Comunità in mancanza di comportamento illecito dei suoi organi.

142

Anche supponendo l’esistenza di tale principio, il Tribunale avrebbe, in ogni caso, erroneamente giudicato che esso potrebbe applicarsi in una fattispecie come quella in esame, segnatamente in quanto:

una responsabilità per omissione normativa pregiudicherebbe la libera scelta inerente al diritto di iniziativa della Commissione e il margine discrezionale del legislatore, rimettendo in discussione la separazione dei poteri e l’equilibrio istituzionale voluto dal Trattato;

la mancanza di proporzionalità tra la responsabilità della Comunità per fatto di un atto illecito, sottoposta a condizioni assai restrittive per ciò che concerne l’illiceità del comportamento, e la responsabilità per omissione normativa lecita, che sarebbe legata solo al verificarsi di un danno anormale e speciale e che, di conseguenza, sarebbe più facile mettere in gioco, manifesterebbe un’incoerenza;

la tesi così accolta dal Tribunale sarebbe in contraddizione con il ragionamento seguito da quest’ultimo per affermare l’impossibilità di invocare le norme dell’OMC nel contesto di un ricorso per risarcimento del danno fondato su un comportamento illecito della Comunità e, in particolare, con la necessità di non privare gli organi comunitari del margine di manovra di cui dispongono gli organi delle controparti commerciali della Comunità.

143

In secondo luogo, le sentenze impugnate dichiarerebbero erroneamente l’esistenza di un danno reale, poiché la FIAMM e la Fedon non hanno provato né l’esistenza, né l’entità, né l’importo esatto di tale danno.

144

In terzo luogo, per quanto riguarda il nesso da causalità, il Tribunale avrebbe ignorato il requisito per cui il danno deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento dell’istituzione interessata. Infatti, non vi sarebbe alcun automatismo tra la decisione dell’ORC del 25 settembre 1997 e l’applicazione della sovrattassa doganale in esame, poiché le autorità degli Stati Uniti d’America avevano discrezionalmente stabilito il fondamento di quest’ultima, i prodotti colpiti e il tasso di imposizione, mentre avrebbero potuto accettare le compensazioni offerte dalla Comunità.

145

La Commissione ritiene, a sua volta, che il Tribunale, con le sentenze impugnate, abbia giustamente escluso l’esistenza di un danno anormale. Affinché un danno sia normale, non sarebbe necessario che il rischio del suo insorgere sia inerente al settore di attività dell’operatore. Il coinvolgimento nel commercio internazionale, a prescindere dal mercato di prodotti considerato, sarebbe seguito dal rischio di vedere un paese importatore adottare decisioni che influiscono per le ragioni più varie sulle relazioni commerciali.

146

Pur chiedendo pertanto che il secondo motivo delle impugnazioni sia respinto, la Commissione ritiene tuttavia, analogamente al Consiglio, che il Tribunale abbia commesso numerosi errori di diritto per quanto riguarda la problematica della responsabilità della Comunità in assenza di comportamento illecito dei suoi organi. Poiché il dispositivo delle sentenze impugnate è comunque fondato, essa chiede alla Corte di procedere ad alcune sostituzioni delle motivazioni a tale riguardo.

147

In primo luogo, e per quanto attiene all’affermazione relativa all’esistenza stessa del principio di una tale responsabilità, il Tribunale non poteva, secondo la Commissione, procedere ad un’innovazione così significativa, accontentandosi della motivazione generica contenuta ai punti 159 della sentenza FIAMM e 152 della sentenza Fedon.

148

Infatti, tale principio non sarebbe mai stato riconosciuto dalla giurisprudenza, che avrebbe sistematicamente evitato la questione limitandosi a formulare un quadro di riferimento esclusivamente ipotetico senza stabilire affatto le condizioni, i settori e le ipotesi in cui tale responsabilità potrebbe eventualmente insorgere.

149

Inoltre, enunciando ai punti 160 della sentenza FIAMM e 153 della sentenza Fedon le condizioni cui è subordinato il riconoscimento di tale responsabilità, il Tribunale avrebbe implicitamente ma inequivocabilmente deciso che detto principio di responsabilità si applica in qualsiasi ipotesi rientrante nella causa in esame, senza però verificare se tale condizione si giustificasse rispetto ai principi comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

150

In particolare, il Tribunale non avrebbe centrato il suo esame sulle ipotesi di responsabilità dei pubblici poteri in caso di azione legislativa, riferendosi invece, al punto 159 della sentenza FIAMM e al punto 152 della sentenza Fedon, in via assolutamente generale, alla possibilità di ottenere un risarcimento da parte dell’autore di un danno in assenza di colpa di quest’ultimo.

151

Orbene, l’esame dei 25 ordinamenti giuridici degli Stati membri indicherebbe che, a differenza di casi come l’espropriazione per pubblica utilità o di risarcimento da parte dello Stato dei danni generati dall’attività pericolosa del medesimo o in ragione di una relazione particolare con la vittima, che sono, nella fattispecie, privi di pertinenza, qualsiasi obbligo di risarcimento nascente da un atto lecito dello Stato che sia espressione di un notevole potere discrezionale, in base per esempio a considerazioni di solidarietà o equità, sarebbe in particolare sconosciuto nell’ordinamento giuridico di gran parte degli Stati membri. Se tale tipo di responsabilità si riscontra, in presenza di circostanze eccezionali, nell’ordinamento giuridico di taluni altri Stati membri, esso sarebbe, in genere, limitato ai soli atti amministrativi, ad eccezione del solo diritto francese che ammetterebbe chiaramente tale tipo di responsabilità in presenza di un’attività legislativa, purché il danno sia anormale, speciale, grave e diretto, il legislatore non persegua interessi generali e non abbia escluso un risarcimento.

152

Inoltre, il principio proprio del diritto francese non può essere trasposto nell’ordinamento giuridico comunitario. Infatti, mentre il fondamento di tale principio consisterebbe nel fatto che, in Francia, è escluso un controllo giurisdizionale della costituzionalità delle leggi da parte del Consiglio di Stato, l’ordinamento giuridico comunitario prevedrebbe, a sua volta, un sindacato della legittimità degli atti del legislatore rispetto al Trattato e ai principi fondamentali nonché una possibilità di invocare la responsabilità della Comunità in caso di violazione di queste norme superiori.

153

In secondo luogo, la Commissione ritiene che, nel dichiarare, nelle sentenze impugnate, l’esistenza di un danno effettivo e certo, il Tribunale avrebbe snaturato tale argomentazione, avrebbe omesso di accertare concretamente l’effettività e la certezza di tale danno e avrebbe violato i principi relativi all’attribuzione dell’onere della prova.

154

In terzo luogo, la Commissione ritiene, per ragioni analoghe a quelle esposte dal Consiglio, che il Tribunale abbia errato nella qualificazione giuridica dei fatti, dichiarando che la condizione relativa al nesso di causalità era soddisfatta nel caso di specie.

155

Il Regno di Spagna chiede, parimenti, il rigetto del secondo motivo delle impugnazioni. Il fatto di imporre misure di ritorsione nell’ambito dell’OMC, anche in settori diversi da quelli che sono oggetto di una controversia, non avrebbe nulla di imprevedibile o di eccezionale, come attesterebbe la prassi.

156

Con l’impugnazione incidentale che ha proposto nella causa C-120/06 P e nella sua memoria di intervento nella causa C-121/06 P, il Regno di Spagna chiede peraltro l’annullamento delle sentenze impugnate in quanto il Tribunale ha giudicato che il diritto comunitario prevedeva, in base al principio generale comune agli Stati membri, un sistema di responsabilità per un atto lecito. Inoltre, attribuendo a tale principio una portata altrettanto ampia di quella che risulta dalle condizioni enunciate ai punti 160 della sentenza FIAMM e 153 della sentenza Fedon, il Tribunale ignorerebbe quanto da esso stesso dichiarato ai punti 159 della sentenza FIAMM e 152 della sentenza Fedon.

157

Il fatto di ammettere la possibilità di una responsabilità della Comunità per un’omissione normativa, senza che esista una norma giuridica che possa essere fatta valere dal singolo danneggiato che obblighi la Comunità ad agire, equivarrebbe a violare il principio di reciprocità che il Tribunale ha fatto valere per negare l’esistenza di una responsabilità per comportamento illecito.

158

Nelle sue osservazioni sulla memoria d’intervento del Regno di Spagna, la FEDON rileva che il Tribunale ha giustamente dichiarato che il principio di responsabilità da atto lecito degli organi comunitari sia già stato sancito e definito da una giurisprudenza costante, come la Corte avrebbe ricordato nella sua citata sentenza Dorsch Consult/Consiglio e Commissione.

159

Poiché l’art. 288, secondo comma, CE tende a salvaguardare il principio fondamentale dello Stato di diritto, a tutela dei singoli e segnatamente dei loro diritti di proprietà e di iniziativa economica, in considerazione dell’orientamento liberale dell’ordinamento giuridico comunitario, esso dovrebbe essere interpretato in modo da favorire i principi più liberali che caratterizzano gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Inoltre, in un’Unione composta da 25 Stati membri, questa disposizione dovrebbe essere interpretata in modo flessibile, a meno che non si voglia renderla inapplicabile. Nella fattispecie, non occorrerebbe nemmeno prendere in considerazione gli ordinamenti giuridici dei nuovi Stati membri, essendo l’allargamento corrispondente successivo ai fatti del caso di specie.

160

La censura del Regno di Spagna, vertente segnatamente sul fatto che il comportamento addebitato consisterebbe in un’omissione, sarebbe irricevibile per non essere stata formulata in primo grado. In ogni caso, la responsabilità della Comunità potrebbe sorgere tanto dalle omissioni quanto dagli atti delle istituzioni.

Giudizio della Corte

161

Con il primo motivo delle loro rispettive impugnazioni incidentali, il Consiglio ha in particolare chiesto l’annullamento delle sentenze FIAMM e Fedon e il Regno di Spagna quello della sentenza FIAMM in quanto il Tribunale avrebbe commesso errori di diritto consacrando un principio di responsabilità della Comunità in mancanza di comportamento illegittimo imputabile alle sue istituzioni o, ad ogni modo, considerando che tale principio è applicabile in presenza di un comportamento come quello in discussione nel caso di specie. Senza introdurre un’impugnazione incidentale, la Commissione chiede alla Corte di confermare il dispositivo delle sentenze impugnate, procedendo però ad una sostituzione dei motivi a questo stesso proposito.

162

Poiché le censure così formulate contestano l’esistenza o l’applicabilità stessa del regime di responsabilità che le sentenze impugnate hanno applicato, occorre nel caso di specie esaminarle per prime.

163

Infatti, occorre rilevare che, se l’errore di diritto così invocato fosse accertato, non occorrerebbe più statuire sul secondo motivo delle impugnazioni principali relativo al carattere anormale del danno subìto né sui due altri motivi di impugnazione incidentale relativi, l’uno, alla mancanza di carattere certo del danno e, l’altro, alla mancanza di nesso di causalità; in assenza di queste tre condizioni il regime di responsabilità al quale esse si presumono collegate non può esistere o essere applicabile.

Sul primo motivo delle impugnazioni incidentali e sulle richieste di sostituzione di motivi, vertenti sull’inesistenza di un regime di responsabilità senza colpa come sancito dalle sentenze impugnate

164

In via preliminare occorre sottolineare che, secondo la giurisprudenza costante richiamata al punto 106 della presente sentenza, dall’art. 299, secondo comma, CE risulta che la responsabilità extracontrattuale della Comunità e l’attuazione del diritto al risarcimento del danno subìto dipendono dalla sussistenza di un insieme di condizioni relative all’illiceità del comportamento rimproverato alle istituzioni, all’effettività del danno e all’esistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento e il danno invocato.

165

La Corte ha, parimenti, ripetutamente ricordato che detta responsabilità non può sussistere se non ricorrono tutti i presupposti ai quali è subordinato l’obbligo di risarcimento di cui all’art. 88, secondo comma, CE (sentenza Oleifici Mediterranei/CEE, cit., punto 17).

166

Così la Corte ha ritenuto che il giudice comunitario, quando constata che nessun atto e nessun’asserita omissione di un’istituzione presentano natura illecita, per cui non è soddisfatta la prima condizione dalla quale dipende la responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, può respingere interamente il ricorso, senza che sia necessario esaminare le altre condizioni di tale responsabilità, vale a dire la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra i comportamenti delle istituzioni e il danno lamentato (v., in particolare, sentenza KYDEP/Consiglio e Commissione, cit., punti 80 e 81).

167

Poiché la giurisprudenza della Corte considera, ai sensi dell’art.  288, secondo comma, CE, l’esistenza del regime di responsabilità extracontrattuale della Comunità e le sue condizioni di applicazione come derivanti dal comportamento illecito delle sue istituzioni, tale regime è in tal modo definito con certezza. Al contrario, ciò non accade per quanto riguarda un regime di responsabilità extracontrattuale della Comunità in mancanza di un comportamento illecito.

168

Contrariamente a quanto il Tribunale ha dichiarato nelle sentenze impugnate, in primo luogo non si può dedurre dalla giurisprudenza anteriore a tali sentenze che la Corte avrebbe consacrato il principio di tale regime.

169

Come la Corte ha segnatamente ricordato al punto 18 della citata sentenza Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, cui il Tribunale fa riferimento ai punti 160 della sentenza FIAMM e 153 della sentenza Fedon, la Corte al contrario finora si è limitata, secondo i termini di una costante giurisprudenza, a precisare talune condizioni a cui tale responsabilità potrebbe sorgere nell’ipotesi di ammissione in diritto comunitario del principio della responsabilità della Comunità conseguente a un atto lecito (v. altresì, in termini analoghi, sentenza 6 dicembre 1984, causa 59/83, Biovilac/CEE, Racc. pag. 4057, punto 28). È solo a questo titolo che la Corte ha ricordato a tal riguardo, al punto 19 della citata sentenza Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, che, se tale responsabilità dovesse essere riconosciuta in linea di principio, essa richiederebbe almeno che fossero riunite tre condizioni cumulative costituite dall’effettività del danno, dall’esistenza di un nesso di causalità tra esso e l’atto in questione nonché dal carattere anormale e speciale del danno.

170

In seguito, quanto al regime di responsabilità riconosciuto nel diritto comunitario, la Corte, nel rammentare che è ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri che l’art. 288, secondo comma, CE fa rinvio in tema di responsabilità extracontrattuale della Comunità per i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni, ha considerato che il principio della responsabilità extracontrattuale della Comunità, che l’art. 288 sancisce così espressamente, altro non è se non un’enunciazione del generale principio, riconosciuto negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, in forza del quale un’azione o un’omissione illecita comporta l’obbligo della riparazione del danno arrecato (sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, cit., punti 28 e 29).

171

Per quanto riguarda specificamente la responsabilità derivante dall’attività legislativa, la Corte ha, inoltre, ben presto rilevato che se i principi che, negli ordinamenti giuridici degli Stati membri, disciplinano la responsabilità dei pubblici poteri per i danni recati ai singoli da atti normativi variano considerevolmente da uno Stato membro all’altro, è tuttavia possibile affermare che per gli atti normativi nei quali si traducono scelte di politica economica la responsabilità dei pubblici poteri sussiste solo eccezionalmente ed in circostanze particolari (sentenza Bayerische HNL Vermehrungsbetriebe e a./Consiglio e Commissione, cit., punto 5).

172

Anche la Corte ha segnatamente dichiarato che, trattandosi di un atto normativo che implica scelte di politica economica, la responsabilità della Comunità in conseguenza di questo atto sussiste, alla luce di quanto dispone l’art. 288, secondo comma, CE, unicamente in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli (v., in particolare, sentenze 13 giugno 1972, cause riunite 9/71 e 11/71, Compagnie d’approvisionnement, de transport et de crédit e Grands Moulins de Paris/Commissione, Racc. pag. 391, punto 13; Bayerische HNL Vermehrungsbetriebe e a./Consiglio e Commissione, cit., punto 4; 8 dicembre 1987, causa 50/86, Les Grands Moulins de Paris/CEE, Racc. pag. 4833, punto 8, e 6 giugno 1990, causa C-119/88, AERPO e a./Commissione, Racc. pag. I-2189, punto 18).

173

Essa ha precisato anche, a tal riguardo, che la norma giuridica la cui violazione dev’essere in tal modo constatata doveva essere preordinata a conferire diritti ai singoli [v., in tal senso, segnatamente, sentenze 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I-5291, punti 41 e 42, nonché 19 aprile 2007, causa C-282/05 P, Holcim (Germania)/Commissione, Racc. pag. I-2941, punto 47].

174

La Corte ha, d’altronde, dichiarato che la concezione restrittiva della responsabilità della Comunità derivante dall’esercizio delle proprie attività normative si spiega con la considerazione che l’esercizio del potere legislativo, anche nei casi in cui esiste un controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti, non deve essere ostacolato dalla prospettiva di azioni risarcitorie ogni volta che esso deve adottare, nell’interesse generale della Comunità, provvedimenti normativi che possono ledere interessi di singoli e che, per altro verso, in un contesto normativo caratterizzato dall’esistenza di un ampio potere discrezionale, indispensabile per l’attuazione di una politica comunitaria, la responsabilità della Comunità può sussistere solo se l’istituzione di cui trattasi ha disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che si impongono all’esercizio dei suoi poteri (v., in particolare, sentenza Brasserie du pêcheur et Factortame, cit., punto 45).

175

Infine, occorre constatare in proposito che, se l’esame comparativo degli ordinamenti giuridici degli Stati membri ha permesso alla Corte di procedere molto presto alla constatazione di cui al punto 170 della presente sentenza riguardante una convergenza di tali ordinamenti giuridici nel sancire un principio di responsabilità in presenza di un’azione o di un’omissione illecita della pubblica autorità, anche di ordine normativo, ciò non si verifica affatto per quanto riguarda l’esistenza eventuale di un principio di responsabilità in presenza di un atto o di un’omissione leciti della pubblica autorità, in particolare quando essi sono di ordine normativo.

176

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre concludere che, allo stato attuale dell’evoluzione del diritto comunitario, non esiste un regime di responsabilità che consenta di far sorgere la responsabilità della Comunità per un comportamento rientrante nella sfera della competenza normativa di quest’ultima in una situazione in cui l’eventuale non conformità di tale comportamento agli accordi OMC non può essere invocata dinanzi al giudice comunitario.

177

Orbene, occorre ricordare che, nel caso di specie, il comportamento che, secondo le ricorrenti, ha causato loro un danno si colloca nell’ambito dell’attuazione di un’organizzazione comune di mercato ed è evidentemente compreso nella sfera dell’attività legislativa del legislatore comunitario.

178

A tale proposito è indifferente che tale comportamento debba analizzarsi come un atto positivo, cioè l’adozione dei regolamenti nn. 1637/98 e 2362/98 in seguito alla decisione dell’ORC del 25 settembre 1997, o come un’omissione, cioè il fatto di essersi astenuto dall’adottare atti che siano idonei ad assicurare la corretta esecuzione di tale decisione. Infatti, l’omissione delle istituzioni comunitarie può rientrare del pari nella funzione normativa della Comunità, in particolare nell’ambito del contenzioso di responsabilità (v., in tal senso, sentenza Les Grands Moulins de Paris/CEE, cit., punto 9).

179

Da quanto precede risulta che il Tribunale ha commesso un errore di diritto proclamando nelle sentenze impugnate l’esistenza di un regime di responsabilità extracontrattuale della Comunità derivante dall’esercizio legittimo di attività rientranti nella sfera normativa.

180

A tale proposito, sono però necessarie due precisazioni.

181

In primo luogo, occorre sottolineare che quanto dichiarato al punto 179 della presente sentenza non pregiudica l’ampio potere di valutazione discrezionale di cui eventualmente dispone il legislatore comunitario per accertare se, al momento dell’adozione di un dato atto normativo, la presa in considerazione di taluni effetti dannosi derivanti da tale adozione giustifichi la previsione di talune forme di risarcimento (v., in tal senso, in materia di politica agricola, sentenza 10 luglio 2003, cause riunite C-20/00 e C-64/00, Booker Aquaculture e Hydro Seafood, Racc. pag. I-7411, punto 85).

182

In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, i diritti fondamentali fanno integralmente parte dei principi generali di cui la Corte assicura il rispetto.

183

Più precisamente, quanto al diritto di proprietà e alla libertà di esercizio delle attività professionali, la Corte ha da lungo tempo riconosciuto il loro carattere di principi generali del diritto comunitario, sottolineando che non costituiscono tuttavia prerogative assolute, ma che vanno considerati alla luce della loro funzione sociale. In questo modo, essa ha affermato che, se possono essere apportate restrizioni all’applicazione del diritto di proprietà e al libero esercizio di un’attività professionale, in particolare nell’ambito di un’organizzazione comune di mercato, ciò avviene a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder HS Kraftfutter, Racc. pag. 2237, punto 15; Germania/Consiglio, cit., punto 78, e 30 giugno 2005, causa C-295/03 P, Alessandrini e a./Commissione, Racc. pag. I-5673, punto 86).

184

Ne consegue che un atto normativo comunitario la cui applicazione determina restrizioni del diritto di proprietà e del libero esercizio di un’attività professionale che causerebbero un danno sproporzionale e inaccettabile alla sostanza stessa di tali diritti, per l’appunto nel caso in cui eventualmente non fosse stato previsto un risarcimento che possa evitare o attenuare tale danno, potrebbe far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità.

185

In considerazione delle caratteristiche delle presenti cause, si deve parimenti ricordare che emerge dalla giurisprudenza della Corte che un operatore economico non può rivendicare un diritto di proprietà su una quota di mercato da esso detenuta in un determinato momento, dato che tale quota di mercato costituisce soltanto una posizione economica temporanea, esposta all’alea di un mutamento di circostanze (v. segnatamente, in tal senso, le citate sentenze Germania/Consiglio, punto 79, e Alessandrini e a./Commissione, punto 88). La Corte ha del pari precisato che non si possono estendere la tutela conferita dal diritto di proprietà o dal principio generale che garantisce il libero esercizio dell’attività professionale alla protezione dei semplici interessi o possibilità d’indole commerciale, la cui natura aleatoria è insita nell’essenza stessa dell’attività economica (sentenza 14 maggio 1974, causa 4/73, Nold/Commissione, Racc. pag. 491, punto 14).

186

È così che un operatore la cui attività è diretta all’esportazione verso mercati di Stati terzi deve in particolare essere consapevole del fatto che la posizione commerciale di cui dispone in un dato momento può essere compromessa e modificata da diverse circostanze e che tra esse figura l’eventualità, del resto espressamente prevista e disciplinata dall’art. 22 dell’IRC, di vedere tale Stato terzo adottare misure di sospensione delle concessioni come reazione all’atteggiamento adottato dalle sue controparti commerciali nell’ambito dell’OMC e scegliere liberamente, in tale prospettiva, e come risulta dall’art. 22, n. 3, lett. a) e f), dell’IRC, i prodotti su cui applicare tali misure.

187

Nonostante risulti dai punti 176 e 179 della presente sentenza che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, occorre rammentare che emerge da una costante giurisprudenza che, se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto comunitario, ma il dispositivo della medesima sentenza appare fondato per altri motivi di diritto, il ricorso avverso tale sentenza deve essere respinto (v., in particolare, sentenze 15 dicembre 1994, causa C-320/92 P, Finsider/Commissione, Racc. pag. I-5697, punto 37; 16 dicembre 1999, causa C-150/98 P, CES/E, Racc. pag. I-8877, punto 17, e 13 luglio 2000, causa C-210/98 P, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. I-5843, punto 58).

188

Ciò avviene nel caso di specie. Infatti, la Corte ha constatato che il diritto comunitario, allo stato attuale, non prevede un regime che consenta di affermare la responsabilità della Comunità per un comportamento normativo di quest’ultima in una situazione in cui l’eventuale non conformità di tale comportamento agli accordi OMC non può essere fatta valere dinanzi al giudice comunitario. Orbene, le richieste di risarcimento del danno delle ricorrenti erano dirette in particolare a mettere in causa la responsabilità della Comunità per tale comportamento. In tali circostanze, il Tribunale non poteva che respingere tali richieste, quali che fossero gli argomenti dedotti dalle ricorrenti a proprio sostegno (v., per analogia, sentenza Salzgitter/Commissione, cit., punto 59). Il Tribunale sarebbe così stato tenuto a respingere per tale motivo le domande delle ricorrenti se non avesse commesso l’errore di diritto che l’ha condotto a respingerle per altre ragioni (v., per analogia, citate sentenze Finsider/Commissione, punto 38, e CES/E, punto 18).

189

Ne consegue che, benché fondato, il primo motivo dedotto a sostegno delle impugnazioni incidentali è irrilevante e dev’essere pertanto respinto (v., per analogia, sentenza Salzgitter/Commissione, cit., punto 60).

Sul secondo motivo delle impugnazioni principali e sul secondo e terzo motivo delle impugnazioni incidentali

190

Tenuto conto della constatazione effettuata al punto 176 della presente sentenza e di quanto esposto al punto 163 della presente sentenza, non occorre esaminare il secondo motivo delle impugnazioni principali, relativo al carattere anormale del danno asseritamente subìto dalle ricorrenti, nonché il secondo e terzo motivo delle impugnazioni incidentali, relativi, l’uno, alla mancanza di carattere certo di tale danno e, l’altro, alla mancanza di nesso di causalità tra questo stesso danno e il comportamento delle istituzioni comunitarie.

Sulle richieste di risarcimento del danno per la durata del procedimento di primo grado

Argomenti delle parti

191

In subordine, la FIAMM e la Fedon chiedono la concessione di un equo risarcimento in seguito alla durata eccessiva del procedimento di primo grado.

192

Richiamando la sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I-8417, punti 26-49), la FIAMM afferma in proposito che, in primo luogo, la causa è per lei di grande importanza finanziaria, in secondo luogo che le questioni di fatto sono assai chiare, in terzo luogo che il protrarsi della durata del procedimento non è dovuto al comportamento di alcuna delle parti e, in quarto luogo, che il Tribunale non si è trovato ad esaminare circostanze eccezionali.

193

La Commissione sostiene l’irricevibilità delle conclusioni della FIAMM e della Fedon su questo punto.

194

Per quanto riguarda l’impugnazione della Fedon, tale irricevibilità sarebbe anzitutto imposta dall’art. 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte, poiché la Fedon non ha affatto motivato tale domanda.

195

Per quanto attiene alle due impugnazioni, l’irricevibilità si imporrebbe ratione materiae. Da un lato, come risulta dagli artt. 57 e 58 dello Statuto della Corte, l’impugnazione non può vertere su fatti nuovi che non erano già stati contestati in prima istanza. Dall’altro, la lunghezza del procedimento dinanzi al Tribunale non può neppure essere qualificata come vizio di procedura, poiché non ha incidenza sulla soluzione dei litigi.

196

Infine, detta irricevibilità sarebbe parimenti giustificata ratione personae, essendo la Comunità rappresentata nel presente procedimento dal Consiglio e dalla Commissione e non dalla Corte, di cui fa integralmente parte il Tribunale cui nella fattispecie viene imputato il fatto all’origine della responsabilità richiamata.

197

D’altra parte, un risarcimento fondato sull’equità, del tipo di quello che è stato concesso nella causa che ha dato origine alla citata sentenza Baustahlgewebe/Commissione, non sarebbe possibile nel caso di specie, poiché la FIAMM e la Fedon non sono tenute a versare al bilancio comunitario un importo che si presta ad un’eventuale riduzione.

198

Infine, la lunghezza del procedimento dinanzi al Tribunale sarebbe, in ogni caso, giustificata dalla complessità della controversia, dalle alee procedurali collegate alla riunione di cause diverse proposte in cinque lingue diverse e in cui erano coinvolte tre istituzioni nonché una parte interveniente, dalla riassegnazione di tali cause ad un organo giurisdizionale a composizione allargata, nonché dalla circostanza che era pendente dinanzi alla Corte la citata causa Van Parys, che sollevava questioni di principio analoghe.

199

Secondo il Regno di Spagna, le domande della FIAMM e della Fedon sono irricevibili in quanto non sono state fatte valere in primo grado e, pertanto, non hanno potuto essere trattate nelle sentenze impugnate.

Giudizio della Corte

200

Le domande delle ricorrenti dirette ad ottenere un equo risarcimento del danno dovuto al fatto che il procedimento dinanzi al Tribunale avrebbe ecceduto la durata ragionevole non possono essere accolte nel caso di specie.

201

Per quanto riguarda la domanda della Fedon è sufficiente constatare che tale domanda, pur figurando nel petitum del ricorso, non è tuttavia affatto menzionata nel corpo del medesimo.

202

Orbene, ai sensi dell’art. 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, un atto di impugnazione deve contenere i motivi e gli argomenti di diritto invocati. Poiché tali motivi e argomenti che si distinguono dalle conclusioni del ricorso oggetto, a loro volta, dell’art. 112, n. 1, lett. d), del regolamento di procedura, sono del tutto assenti dal ricorso della Fedon, ne consegue che la domanda di equo risarcimento del danno presentata dalla medesima, che è del tutto priva di motivazione, deve essere respinta come manifestamente infondata.

203

Quanto alla domanda della FIAMM, si deve rammentare che, in mancanza di qualsivoglia indizio del fatto che la durata del procedimento avrebbe influito sulla soluzione della controversia, il motivo secondo cui la durata del procedimento dinanzi al Tribunale ha superato i limiti della ragionevolezza non può, in via generale, condurre all’annullamento della sentenza pronunciata da quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 49).

204

Nella presente causa, la FIAMM non ha d’altronde affermato che la durata asseritamente eccessiva del procedimento avrebbe avuto un’incidenza sulla soluzione della controversia, nè ha chiesto che la sentenza FIAMM fosse annullata per tale motivo.

205

Orbene, secondo quanto risulta dall’art. 113, n. 1, del regolamento di procedura, le conclusioni dell’atto di impugnazione debbono avere per oggetto l’annullamento totale o parziale della decisione del Tribunale e, se del caso, l’accoglimento, totale o parziale, delle conclusioni presentate in primo grado, esclusa ogni nuova conclusione.

206

A tal propostio, occorre rilevare che nella causa che ha dato orgine alla sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., fatta valere dalla FIAMM, l’impugnazione presentata alla Corte era diretta contro una sentenza del Tribunale che aveva inflitto alla ricorrente un’ammenda per violazione delle regole di concorrenza, in base alla competenza di piena giurisdizione di cui dispone a tale fine, competenza di piena giurisdizione di cui la Corte stessa può beneficiare quando annulla tale sentenza del Tribunale e statuisce sul ricorso.

207

Al punto 33 di detta sentenza, la Corte ha rammentato a tal proposito il diritto della ricorrente a un processo equo entro un termine ragionevole e, in particolare, ad ottenere una pronuncia sulla fondatezza delle accuse di violazione del diritto della concorrenza sollevate nei suoi confronti dalla Commissione e delle ammende inflittele per tale motivo.

208

Avendo constatato che tale termine, nella fattispecie, era stato disatteso dal Tribunale, la Corte ha affermato, per ragioni di economia processuale e al fine di garantire un rimedio immediato ed effettivo a tale vizio procedurale, che un annullamento e una riforma della sentenza del Tribunale limitate alla sola questione della determinazione dell’importo dell’ammenda permettevano nel caso di specie la concessione dell’equo risarcimento richiesto (sentenza Baustahlgewebe/Commissione, cit., punti 47, 48 e 141).

209

Al contrario, la presente impugnazione è diretta contro una sentenza del Tribunale che respinge un ricorso di risarcimento fondato sull’art. 288, secondo comma, CE.

210

Ne consegue che l’annullamento di tale sentenza non può portare alla concessione di un equo risarcimento per la durata eccessiva del procedimento dinanzi al Tribunale per una modifica della sentenza impugnata, poiché in tale procedimento il Tribunale non è affatto chiamato, come del resto neppure la Corte, a condannare le ricorrenti al pagamento di una somma da cui tale equo risarcimento potrebbe eventualmente essere sottratto.

211

Pertanto, la domanda della FIAMM diretta ad ottenere un equo risarcimento del danno derivante dalla durata asseritamente eccessiva del procedimento dinanzi al Tribunale deve anch’essa essere respinta come irricevibile.

212

D’altra parte, si deve precisare che, anche se la durata del procedimento dinanzi al Tribunale è stata effettivamente, nella fattispecie, notevole, la ragionevolezza di tale durata dev’essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascuna causa e, in particolare, della rilevanza della lite per l’interessato, della complessità della causa nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti (v., in particolare, sentenze Baustahlgewebe/Commissione, cit., punto 29, e 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I-8375, punto 210).

213

Quanto al comportamento dell’autorità competente e al livello di complessità della causa, è necessario constatare che la considerevole durata del procedimento dinanzi al Tribunale nella fattispecie può spiegarsi in gran parte con un concorso di circostanze oggettive dipendenti dal numero di cause parallele successivamente introdotte dinanzi al Tribunale nonché con l’importanza delle questioni di diritto che tali cause sollevavano.

214

Infatti, tali circostanze permettono di spiegare l’insorgere di una serie di rischi procedurali che hanno contribuito in modo decisivo a ritardare la soluzione delle controversie di cui trattasi e che non possono, nella fattispecie, essere considerati anormali, come la riunione, per motivi di connessione, di sei cause introdotte con lingue di procedura diverse o ancora la loro riassegnazione, prima ad una sezione ampliata, quindi ad un nuovo giudice relatore in seguito alla partenza del giudice relatore inizialmente designato e, infine, alla Grande Sezione del Tribunale, riassegnazione quest’ultima che ha comportato una riapertura della fase orale del procedimento.

Sulle spese

215

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il n. 4, primo comma, di detto art. 69 prevede che gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

216

Poiché il Consiglio e la Commissione hanno chiesto la condanna della FIAMM e della Fedon, queste ultime, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

217

Il Regno di Spagna sopporta le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Le impugnazioni principali sono respinte.

 

2)

Le impugnazioni incidentali sono respinte.

 

3)

La Fabbrica italiana accumulatori motocarri Montecchio SpA, la Fabbrica italiana accumulatori motocarri Montecchio Technologies LLC, la Giorgio Fedon & Figli SpA e la Fedon America, Inc. sono condannate a sopportare le spese sostenute dal Consiglio dell’Unione europea e dalla Commissione delle Comunità europee.

 

4)

Il Regno di Spagna sopporta le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.