Causa C-42/01

Repubblica portoghese

contro

Commissione delle Comunità europee

 

«Controllo comunitario delle operazioni di concentrazione tra imprese — Art. 21, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio n. 4064/89 — Tutela degli interessi legittimi da parte degli Stati membri — Competenza della Commissione»

Massime della sentenza

1.        Concorrenza — Concentrazioni — Esame della Commissione — Obbligo degli Stati membri di dare comunicazione di qualsiasi interesse pubblico ex art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento n. 4064/89 — Potere della Commissione di pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario di un siffatto interesse, nonostante l’omessa comunicazione

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 4064/89, art. 21, n. 3, secondo e terzo comma]

2.        Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisione che interviene in un contesto conosciuto dal destinatario — Ammissibilità di una motivazione sommaria

(Art. 253 CE)

1.        L’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento n. 4064/89, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese, non può essere interpretato nel senso che, in assenza di comunicazione di interessi, diversi da quelli enunciati nel detto n. 3, secondo comma, protetti mediante disposizioni nazionali, la Commissione non possa emanare una decisione sulla compatibilità con il diritto comunitario dei suddetti interessi.

Infatti, ove, in assenza di comunicazione da parte dello Stato membro interessato, la Commissione fosse costretta a proporre un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, sarebbe impossibile ottenere una decisione comunitaria nei brevi termini previsti dal regolamento n. 4064/89, con la conseguenza di un aumento del rischio che una decisione del genere venga emanata solo dopo che i provvedimenti nazionali abbiano già definitivamente pregiudicato l’operazione di concentrazione di dimensione comunitaria. Inoltre, una siffatta interpretazione svuoterebbe l’art. 21, n. 3, terzo comma, del detto regolamento della sua efficacia pratica offrendo agli Stati membri la possibilità di sottrarsi agevolmente ai controlli previsti da tale disposizione.

Ne risulta che, perché il controllo degli interessi pubblici diversi da quelli previsti dall’art. 21, n. 3, secondo comma, del medesimo regolamento, affidato alla Commissione dal detto n. 3, terzo comma, sia efficace, occorre riconoscere a tale istituzione la competenza a pronunciarsi mediante decisione sulla compatibilità di tali interessi con i principi generali e con le altre disposizioni del diritto comunitario, anche se detti interessi non le siano stati comunicati.

Se è vero che la mancata comunicazione da parte dello Stato membro di cui trattasi può rendere più incerto e complesso il compito della Commissione, in quanto questa potrebbe avere difficoltà nell’individuazione degli interessi tutelati dai provvedimenti nazionali, non è men vero che la Commissione ha pur sempre la possibilità di chiedere informazioni allo Stato membro interessato. Qualora, nonostante tale richiesta, quest’ultimo non fornisca le informazioni richieste, la Commissione può adottare una decisione sulla base degli elementi di cui dispone.

(v. punti 54-58)

2.        La motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi.

Pertanto, se adottata in un contesto ben noto allo Stato membro interessato, quello di un ricorso per inadempimento a suo carico, una decisione della Commissione relativa a una procedura ai sensi dell’art. 21 del regolamento n. 4064/89, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione fra imprese, durante la quale questo Stato membro non abbia fornito la benché minima indicazione in merito alla compatibilità con il diritto comunitario degli interessi pubblici alla cui tutela mirino i provvedimenti oggetto della detta decisione, può essere motivata in modo sommario.

(v. punti 66, 69‑70)




SENTENZA DELLA CORTE (seduta plenaria)
22 giugno 2004(1)

«Controllo comunitario delle operazioni di concentrazione tra imprese – Art. 21, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio n. 4064/89 – Tutela degli interessi legittimi da parte degli Stati membri – Competenza della Commissione»

Nella causa C-42/01,

Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L.I. Fernandes e dalla sig.ra L. Duarte, in qualità di agenti, assistiti dal sig. M. Mendes, advogado, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. P. Oliver e M. França, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 22 novembre 2000, C(2000) 3543 def.-PT, relativa a una procedura ai sensi dell'art. 21 del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (pratica n. COMP/M.2054 – Secil/Holderbank/Cimpor),



LA CORTE (seduta plenaria),,



composta dai sigg. V. Skouris, presidente, P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, C. Gulmann, J.-P. Puissochet e J.N. Cunha Rodrigues, presidenti di sezione, dai sigg. A. La Pergola e R. Schintgen, dalla sig.ra N. Colneric e dal sig. S. von Bahr (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano
cancelliere: sig.ra Múgica Arzamendi, amministratore principale

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 9 settembre 2003,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 22 gennaio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 1° febbraio 2001, la Repubblica portoghese ha proposto, ai sensi dell’art. 230, primo comma, CE, un ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione 22 novembre 2000, C(2000) 3543 def.-PT, relativa a una procedura ai sensi dell’art. 21 del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (pratica n. COMP/M.2054 – Secil/Holderbank/Cimpor; in prosieguo: la «decisione impugnata»).


Contesto normativo

La normativa comunitaria

2
L’art. 4, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU L 395, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 30 giugno 1997, n. 1310 (GU L 180, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento sulle concentrazioni»), dispone:

«Le operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria di cui al presente regolamento devono essere notificate alla Commissione entro una settimana dalla conclusione dell’accordo o dalla pubblicazione dell’offerta d’acquisto o di scambio o dall’acquisizione di una partecipazione di controllo. Il termine comincia a decorrere dal verificarsi del primo fra gli eventi indicati».

3
Ai sensi dell’art. 6, n. 1, del regolamento sulle concentrazioni, la Commissione procede all’esame della notificazione non appena questa le è pervenuta.

4
Dall’art. 10, n. 1, del regolamento sulle concentrazioni risulta che la Commissione dispone del termine di un mese per decidere di avviare o meno la procedura formale di esame della compatibilità dell’operazione di concentrazione con il mercato comune. In conformità al n. 3 dello stesso articolo, la decisione che dichiara la concentrazione notificata incompatibile con il mercato comune deve intervenire entro il termine massimo di quattro mesi a decorrere dalla data dell’avvio della procedura formale.

5
L’art. 21 del regolamento sulle concentrazioni prevede:

«1.     Fatto salvo il controllo da parte della Corte di giustizia, la Commissione ha competenza esclusiva ad adottare le decisioni previste dal presente regolamento.

2.       Gli Stati membri non applicano la loro normativa nazionale sulla concorrenza alle operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria.

(…)

3.       Nonostante i paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono adottare opportuni provvedimenti per tutelare interessi legittimi diversi da quelli presi in considerazione dal presente regolamento e compatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario.

A tal fine sono considerat[e] interessi legittimi la sicurezza pubblica, la pluralità dei mezzi di informazione, le misure cautelari.

Qualsiasi altro interesse pubblico è comunicato dallo Stato membro interessato alla Commissione ed accettato dalla stessa, previo esame della sua compatibilità con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario, prima che siffatte disposizioni possano essere prese. La Commissione notifica la sua decisione allo Stato membro interessato entro un mese dalla data della suddetta comunicazione».

La normativa nazionale

6
Il regime legale delle privatizzazioni nell’ordinamento giuridico portoghese comprende, ai fini del presente procedimento, la legge 5 aprile 1990, n. 11, legge quadro sulle privatizzazioni (Diário da República I, serie A, n. 80, del 5 aprile 1990, pag. 1664), e il decreto legge 15 novembre 1993, n. 380 (Diário da República I, serie A, n. 267, del 15 novembre 1993, pag. 6362), che è stato adottato in applicazione della suddetta legge quadro. Il decreto legge n. 380/93 istituisce e disciplina una procedura speciale di controllo da parte dello Stato dell’evoluzione delle strutture azionarie delle imprese che sono in fase di privatizzazione. Ai sensi dell’art. 1 di tale decreto legge, l’acquisizione con diritto di voto di più del 10% del capitale sociale di imprese non ancora interamente privatizzate richiede un’autorizzazione del Ministro delle Finanze.


Fatti all’origine della controversia

7
Il 15 giugno 2000 la Secilpar SL, società di diritto spagnolo (in prosieguo: la «Secilpar»), al 100% di proprietà della Secil-Companhia Geral de Cal e Cimento, SA, società di diritto portoghese (in prosieguo: la «Secil»), pubblicava l’annuncio preliminare di lancio di un’offerta pubblica di acquisto vertente sulle azioni della Cimpor-Cimentos de Portugal SGPS, SA, società di diritto portoghese (in prosieguo: la «Cimpor»). La Cimpor è una ex impresa pubblica, privatizzata all’inizio del 1994, nella quale lo Stato portoghese, avendo gradualmente venduto le sue quote, possedeva, al momento della pubblicazione dell’annuncio preliminare, il 12,7% delle azioni, di cui il 10% corrispondeva a diritti speciali. Nell’annuncio preliminare si precisava che la Holderbank Financière Glaris, SA, società di diritto svizzero (in prosieguo: la «Holderbank»), agiva di concerto con la Secilpar e la Secil.

8
Secondo il suddetto annuncio preliminare, le condizioni applicabili all’offerta pubblica di acquisto erano in particolare:

l’accettazione dell’offerta da parte degli azionisti che detenevano almeno il 67% dell’insieme delle azioni nella Cimpor;

la cessazione dei diritti speciali di cui lo Stato portoghese godeva in quanto azionista della Cimpor;

l’eliminazione delle limitazioni all’esercizio del diritto di voto previste nel contratto di società della Cimpor.

9
Il 16 giugno 2000, in conformità al decreto legge n. 380/93, la Secilpar e la Holderbank chiedevano al Ministro portoghese delle Finanze l’autorizzazione ad acquistare mediante offerta pubblica di acquisto una partecipazione fino al 100% del capitale sociale con diritto di voto della Cimpor nei termini precisati e alle condizioni indicate, segnatamente, nell’annuncio preliminare.

10
Nella domanda si precisava che l’offerta pubblica di acquisto comprendeva, in una prima fase, l’acquisto fino al 100% delle azioni della Cimpor tramite la Secilpar, specificamente costituita a tal fine. In una seconda fase, la Secil e la Holderbank avrebbero spartito gli elementi patrimoniali della Cimpor, con il risultato finale che la Secil avrebbe acquisito le attività della Cimpor in Spagna e in Egitto nonché una parte delle sue attività in Brasile e che la Holderbank avrebbe acquisito le attività della Cimpor in Portogallo, in Marocco, in Tunisia e in Mozambico, più l’altra parte delle sue attività in Brasile.

11
Il 4 luglio 2000 la Commissione riceveva notificazione, in conformità all’art. 4 del regolamento sulle concentrazioni, del progetto di concentrazione con cui la Holderbank e la Secil avrebbero acquisito, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del suddetto regolamento, il controllo congiunto della Cimpor tramite l’offerta pubblica di acquisto annunciata il 15 giugno 2000 (v. notifica preventiva di una concentrazione, GU C 198, pag. 5; in prosieguo: la «notifica del 4 luglio 2000»).

12
Con decreto del 5 luglio 2000 il Ministro delle Finanze respingeva la domanda del 16 giugno 2000 precisando che lo Stato portoghese non intendeva rinunciare ai diritti speciali di cui godeva in quanto azionista della Cimpor e si opponeva all’eliminazione delle limitazioni all’esercizio del diritto di voto previste dal contratto di società della Cimpor.

13
Con lettera 7 luglio 2000, in risposta a una lettera del giorno precedente, la Secil informava la Comissão do Mercato de Valores Mobiliários (commissione del mercato dei valori mobiliari; in prosieguo: la «CMVM») delle sue intenzioni riguardanti l’offerta pubblica di acquisto. In pari data, la Secilpar e la Holderbank rivolgevano al Ministro delle Finanze una nuova domanda per l’acquisizione, in conformità al decreto legge n. 380/93, di oltre il 10% delle azioni della Cimpor, segnatamente sul mercato. In tale domanda esse rinunciavano in particolare a subordinare l’offerta pubblica di acquisto alla condizione della cessazione dei diritti speciali dello Stato portoghese in qualità di azionista della Cimpor.

14
Il 20 luglio 2000 la Commissione, ritenendo che la notifica del 4 luglio 2000 fosse incompleta, concedeva alle parti un termine che andava fino al 28 agosto 2000 per integrarla. Tale termine veniva poi prorogato al successivo 15 settembre su richiesta delle parti. Non avendo tuttavia queste ultime comunicato alla Commissione le informazioni richieste, la Commissione stessa ha sospeso l’analisi della concentrazione.

15
Con decreto 11 agosto 2000 il Ministro delle Finanze ha precisato, da una parte, che l’assemblea generale della Cimpor aveva respinto la proposta di eliminare le limitazioni all’esercizio del diritto di voto, sicché l’offerta pubblica di acquisto sembrava divenuta priva di effetto. D’altra parte, esso respingeva di nuovo la domanda della Secilpar e della Holderbank precisando che le finalità perseguite dalle parti erano, in generale, in contrasto con gli obiettivi della riprivatizzazione. Nel decreto 11 agosto 2000 si rilevava che i motivi del rigetto andavano individuati: i) nel fatto che l’acquisizione avrebbe comportato il ritiro della Cimpor dal mercato portoghese dei capitali; ii) nell’incompatibilità del progetto industriale delle richiedenti con le strategie del governo portoghese relative alla ristrutturazione del settore; iii) nel fatto che l’acquisizione avrebbe impedito la cessione a buone condizioni economico-finanziarie della partecipazione dello Stato portoghese nella Cimpor, nonché iv) nel fatto che l’acquisizione avrebbe comportato una violazione del principio di uguaglianza di trattamento nell’ambito dell’ultima fase del processo di privatizzazione della Cimpor.

16
Lo stesso 11 agosto 2000 la Secilpar informava la CMVM di talune modifiche dell’annuncio preliminare di offerta pubblica di acquisto di azioni della Cimpor, intese a rispondere a preoccupazioni espresse dalle autorità portoghesi.

17
Con lettera di pari data la CMVM, prendendo in considerazione il decreto 11 agosto 2000 e ritenendo che le modifiche dell’annuncio preliminare fossero divenute non pertinenti, informava la stessa Secilpar della sua decisione di disporre il ritiro dell’offerta pubblica di acquisto previamente annunciata da tale società.

18
Con lettera 16 agosto 2000 il capo di gabinetto del Ministro portoghese delle Finanze comunicava, a titolo privato, una copia del decreto 11 agosto 2000 al capo di gabinetto del commissario responsabile per la politica di concorrenza.

19
Con lettera 21 settembre 2000 quest’ultimo informava il Ministro delle Finanze della notificazione del 4 luglio 2000 precisando che la prima reazione della Commissione era che la Repubblica portoghese era venuta meno all’obbligo, in forza delle norme comunitarie in materia di controllo delle concentrazioni, di comunicare previamente alla Commissione la sua intenzione di rifiutare un’operazione di concentrazione nonché gli interessi che essa cerca di tutelare con detto provvedimento.

20
Nella suddetta lettera si precisava che sembrava che la Repubblica portoghese fosse venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dall’art. 21, n. 3, del regolamento sulle concentrazioni, decidendo di opporsi alla proposta di acquisto della Cimpor da parte della Secil e della Holderbank, senza aver informato la Commissione dei suoi motivi e senza averle consentito di valutare la compatibilità dei motivi d’interesse pubblico con la normativa comunitaria prima dell’adozione dei provvedimenti in questione. Nel caso in cui la Commissione giungesse alla conclusione che i motivi fatti valere dalla Repubblica portoghese non corrispondessero ad alcuna delle tre condizioni menzionate nell’art. 21, n. 3, del regolamento sulle concentrazioni, la Commissione avrebbe potuto adottare i provvedimenti che si rendevano necessari in forza della detta disposizione. La Repubblica portoghese è stata invitata a presentare le sue osservazioni su tale questione entro il 5 ottobre 2000.

21
Infine, in tale lettera 21 settembre 2000 si precisava che, ove essa dovesse concludere che i decreti del Ministro delle Finanze non trovavano giustificazione nella tutela di altri interessi legittimi ai sensi dell’art. 21, n. 3, del regolamento sulle concentrazioni, la Commissione avrebbe adottato le misure adeguate. La Repubblica portoghese era stata invitata a presentare anche le sue osservazioni al riguardo entro il 5 ottobre 2000.

22
Con lettera 3 ottobre 2000, il Ministro delle Finanze rispondeva che egli non aveva applicato la normativa portoghese sulla concorrenza, ma il decreto legge n. 380/93, all’offerta pubblica di acquisto della Secilpar e della Holderbank. Esso precisava inoltre che a breve sarebbe avvenuta l’ultima fase della riprivatizzazione, il che avrebbe avuto l’effetto che sarebbero cessati i diritti speciali di cui godeva lo Stato portoghese in quanto azionista della Cimpor e che l’acquisizione di partecipazioni nella Cimpor non sarebbe più rientrata nell’ambito di applicazione del decreto legge n. 380/93.

23
Il 22 novembre 2000 la Commissione ha adottato la decisione impugnata.

24
L’11 gennaio 2001 è stata ritirata la notificazione del 4 luglio 2000.

25
Con sentenza 4 giugno 2002, causa C-367/98, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑4731), la Corte ha accolto un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione il 14 ottobre 1998, in quanto riguardava una violazione dell’art. 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE). La Corte ha dichiarato che, adottando e mantenendo in vigore, in particolare, la legge n. 11/90 e il decreto legge n. 380/93, la Repubblica portoghese era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del suddetto articolo.


La decisione impugnata

26
Dai punti 1 e 2 della motivazione della decisione impugnata risulta che questa riguarda la compatibilità dei decreti 5 luglio e 11 agosto 2000 con l’art. 21 del regolamento sulle concentrazioni.

27
Al punto 11 della motivazione della decisione impugnata la Commissione rileva che l’operazione notificata consiste nell’acquisizione della Cimpor da parte della Secil e della Holderbank allo scopo di spartire immediatamente gli elementi patrimoniali acquisiti. Tale acquisizione sarebbe diretta quindi a due concentrazioni, attraverso le quali ciascuna impresa acquisirebbe una parte della Cimpor.

28
Con il titolo «Compatibilità dei provvedimenti adottati dalle autorità portoghesi con l’art. 21 del regolamento [sulle concentrazioni]», la Commissione rileva, al punto 49 della motivazione della decisione impugnata, che le autorità portoghesi non le hanno comunicato alcun interesse pubblico che esse ritenessero necessario tutelare con i decreti 5 luglio e 11 agosto 2000.

29
Al punto 50 della motivazione della decisione impugnata, la Commissione osserva che «[l]’evoluzione dell’azionariato delle società in via di privatizzazione, nell’ottica del potenziamento della capacità imprenditoriale e dell’efficienza dell’apparato produttivo nazionale, in maniera compatibile con gli orientamenti della politica economica del Portogallo è stata menzionata nelle sentenze [5 luglio e 11 agosto 2000] in quanto obiettivo notorio del decreto legge n. 380/93».

30
La Commissione rileva, al punto 55 della motivazione della decisione impugnata, che tale obiettivo non fa parte degli interessi (sicurezza pubblica, pluralità dei mezzi d’informazione e misure cautelari) considerati legittimi in quanto tali ai sensi dell’art. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento sulle concentrazioni.

31
Ai punti 56 e 57 della motivazione della decisione impugnata la Commissione constata che, non avendole comunicato l’interesse di cui trattasi, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 21 del regolamento sulle concentrazioni. Essa rileva tuttavia che i motivi che sono alla base dei decreti 5 luglio e 11 agosto 2000 risultano chiaramente dal testo dei decreti stessi.

32
In proposito la Commissione rileva, al punto 58 della motivazione della decisione impugnata, «che gli argomenti sui quali sono fondate le due decisioni di opposizione alla concentrazione vengono menzionati nei testi del secondo decreto in base al quale è necessario proteggere l’evoluzione dell’azionariato delle società in via di privatizzazione nell’ottica del potenziamento della capacità imprenditoriale e dell’efficienza dell’apparato produttivo nazionale, in maniera compatibile con gli orientamenti di politica economica del Portogallo. Le due decisioni costituiscono restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali sancite nel Trattato e non possono considerarsi giustificate da alcuna ragione imperativa di interesse pubblico riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte di giustizia; in ogni caso, il governo portoghese non ha indicato nessuna siffatta ragione. Per di più, il principio generale di eguaglianza, a cui si riferisce il governo portoghese nella prima decisione, non aggiunge nulla al merito delle questioni sopra delineate».

33
La Commissione ne conclude, al punto 59 della motivazione della decisione impugnata, che, «lasciando da parte il fatto che la Repubblica portoghese non ha comunicato alla Commissione le ragioni delle decisioni secondo quanto previsto dall’art. 21, n. 3, del regolamento [sulle concentrazioni], la Commissione non può ritenerle legittime».

34
Al punto 60 della motivazione della decisione impugnata, che figura nella parte dal titolo «Conclusione», la Commissione precisa che, adottando le decisioni di non autorizzare l’acquisizione di oltre il 10% delle azioni della Cimpor, la Repubblica portoghese, in realtà, ha vietato l’acquisizione del controllo della Cimpor ad opera delle parti notificanti.

35
Al punto 61 della motivazione della decisione impugnata, la Commissione osserva che, dato che il decreto 5 luglio 2000, così come riformulato l’11 agosto successivo, recante rifiuto di autorizzare l’acquisizione di oltre il 10% delle azioni della Cimpor, non sembra fondarsi sulla sicurezza pubblica, sulla pluralità dei mezzi d’informazione e sulle misure cautelari, «le autorità portoghesi non potevano intervenire e vietare una concentrazione di dimensione comunitaria senza comunicare alla Commissione qualsiasi altro interesse pubblico che esse intendevano proteggere, ai sensi dell’art. 21, n. 3, del regolamento [sulle concentrazioni], prima di adottare le misure oggetto della presente decisione».

36
La Commissione rileva, al punto 62 della motivazione della decisione impugnata, che «[l]’art. 21, n. 3, [del regolamento sulle concentrazioni] sarebbe privo di qualsiasi effetto utile se, in considerazione della mancata comunicazione, la Commissione non potesse esaminare la questione se una misura adottata da uno Stato membro sia giustificata da uno degli interessi espressamente considerati legittimi dall’art. 21, n. 3. Gli Stati membri potrebbero facilmente evitare la valutazione della Commissione non comunicando siffatte misure. La struttura dell’art. 21 si basa sull’equilibrio tra, da una parte, l’obbligo che incombe agli Stati membri di comunicare preventivamente alla Commissione l’interesse che essi pretendono essere legittimo e, dall’altra, l’obbligo imposto alla Commissione di emanare una decisione sulla compatibilità dell’interesse addotto con il diritto comunitario entro il termine di un mese».

37
Ai sensi del punto 63 della motivazione della decisione impugnata, la Commissione ritiene che ne consegua che «l’art. 21 dev’essere interpretato nel senso che, indipendentemente dal fatto che una misura sia stata o no comunicata, la Commissione ha il diritto di adottare una decisione con cui essa determina se tale misura sia in contrasto con il principio della competenza esclusiva sancito nel regolamento [sulle concentrazioni]».

38
La Commissione conclude, al punto 64 della motivazione della decisione impugnata, che «le misure adottate dalle autorità portoghesi in relazione all’operazione notificata e, in particolare, [i decreti 5 luglio e 11 agosto 2000] non possono essere considerati come misure volte a tutelare interessi legittimi compatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario. Queste misure, di conseguenza, sono contrarie al diritto comunitario, in particolare all’art. 21 del regolamento [sulle concentrazioni]».

39
Il punto 65 della motivazione della decisione impugnata precisa che «la Repubblica portoghese è quindi obbligata ad adottare le necessarie misure per conformarsi al diritto comunitario ed a ritirare le summenzionate decisioni».

40
L’art. 1 della decisione impugnata dispone:

«Sono incompatibili con il diritto comunitario gli interessi sottostanti al decreto del Ministro portoghese delle Finanze [5] luglio 2000, come riformulato dal provvedimento dell’11 agosto 2000, entrambi non notificati alla Commissione in contrasto con quanto previsto dall’art. 21, n. 3, del regolamento [sulle concentrazioni]».


Sul ricorso

41
La Repubblica portoghese solleva in via preliminare una questione vertente sulla caducità della decisione impugnata. Essa deduce poi sei motivi a sostegno del ricorso riguardanti, rispettivamente:

la violazione dell’art. 253 CE derivante dalla mancata indicazione precisa e sufficiente del fondamento normativo della decisione impugnata;

la violazione dell’art. 253 CE per insufficiente motivazione in merito alla pretesa incompatibilità dei provvedimenti nazionali con il diritto comunitario;

la violazione degli artt. 7, n. 1, CE e 21, nn. 1 e 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni, in quanto la Commissione non era competente ad adottare la decisione impugnata in assenza della comunicazione da parte della Repubblica portoghese degli interessi tutelati dai suoi provvedimenti;

la violazione degli artt. 220 CE e 21, n. 1, del regolamento sulle concentrazioni, in quanto, avendo adottato la decisione impugnata in assenza della summenzionata comunicazione, la Commissione ha violato la riserva del sindacato giurisdizionale;

la violazione dell’art. 5, terzo comma, CE e del principio di proporzionalità, in quanto la Commissione, da un lato, non ha limitato il suo esame alla sola concentrazione di dimensione comunitaria, vale a dire Holderbank/Cimpor, e, dall’altro, ha adottato una misura definitiva ed irreversibile nonostante l’inerzia delle parti notificanti;

uno sviamento di procedura, in quanto, nonostante l’assenza della summenzionata comunicazione da parte della Repubblica portoghese, la Commissione ha adottato la decisione impugnata invece di proporre un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE.

Sulla questione preliminare relativa alla caducità della decisione impugnata

42
La Repubblica portoghese fa valere che la decisione impugnata è stata adottata in seguito e nell’ambito del procedimento iniziato con la notificazione del 4 luglio 2000. Ora, il ritiro di questa, l’11 gennaio 2001, in seguito all’adozione della decisione impugnata, avrebbe posto fine al procedimento cosicché sarebbe venuto meno il fondamento normativo su cui la Commissione poteva pretendere di basare la sua competenza per agire in forza dell’art. 21 del regolamento sulle concentrazioni. Quindi, la decisione impugnata sarebbe divenuta caduca.

43
In proposito è sufficiente constatare che, per i motivi rilevati dall’avvocato generale nei paragrafi 32 e 33 delle sue conclusioni, il ritiro della notifica dopo l’adozione della decisione impugnata non può in alcun caso rendere tale decisione caduca. La decisione impugnata continua quindi ad esistere ed a formare oggetto del ricorso proposto dalla Repubblica portoghese.

Sul terzo, sul quarto e sul sesto motivo

44
Con il terzo, con il quarto e con il sesto motivo, che occorre esaminare congiuntamente e in primo luogo, il governo portoghese sostiene, in sostanza, che, in mancanza di comunicazione da parte della Repubblica portoghese degli interessi tutelati dai decreti 5 luglio e 11 agosto 2000, la Commissione non era competente ad adottare la decisione impugnata.

45
Anzitutto, ammettendo che gli interessi sottostanti ai provvedimenti 5 luglio e 11 agosto 2000 non corrispondano ad alcuna delle categorie di interessi legittimi espressamente previsti dall’art. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento sulle concentrazioni, il governo portoghese rileva che il terzo comma di tale numero autorizza la tutela nazionale di altri interessi pubblici ponendo a carico dello Stato membro un obbligo di comunicazione alla Commissione.

46
Solo nel caso in cui uno Stato membro comunichi la sua volontà di far valere siffatti altri interessi pubblici alla Commissione, quest’ultima potrebbe notificare la sua decisione allo Stato membro interessato. Finché lo Stato membro non ha effettuato una siffatta comunicazione, la Commissione non avrebbe nemmeno competenza a pronunciarsi sugli interessi di cui all’art. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento sulle concentrazioni.

47
Il governo portoghese sostiene inoltre che, in assenza di comunicazione, la Commissione rischia di pronunciarsi su un interesse pubblico che non corrisponde a quello effettivamente perseguito dall’autore della decisione nazionale.

48
Il governo portoghese fa poi valere che, dato che, in assenza di comunicazione da parte dello Stato membro interessato, la Commissione non può adottare una decisione in forza dell’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni, la funzione di controllo e di garanzia della legittimità spetta alla Corte o, nell’ambito dei mezzi di tutela giurisdizionale interni, ai giudici nazionali. Adottando la decisione impugnata, la Commissione avrebbe quindi usurpato la competenza di questi ultimi in violazione dell’art. 21, n. 1, del suddetto regolamento e dell’art. 220 CE.

49
Infine, il governo portoghese sostiene che, a parte la competenza della Commissione ad adottare una decisione nelle condizioni di cui all’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni, così come interpretato da tale governo, qualsiasi situazione di violazione potenziale da parte degli Stati membri dell’obbligo di comunicazione o dei limiti sostanziali della conformità degli interessi pubblici deve, se del caso, costituire oggetto di un ricorso per inadempimento ex art. 226 CE. Pertanto, adottando la decisione impugnata, la Commissione avrebbe violato il suddetto articolo e commesso uno sviamento di procedura.

50
Occorre, in primo luogo, ricordare che il regolamento sulle concentrazioni poggia sul principio di una precisa ripartizione delle competenze tra le autorità di controllo nazionali e comunitarie. Il ventinovesimo ‘considerando’ del suo preambolo dispone che «le operazioni di concentrazione che sono previste dal presente regolamento rientrano in linea di massima nella competenza degli Stati membri». Al contrario, la Commissione è competente in via esclusiva a prendere tutte le decisioni relative alle operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria (sentenza 25 settembre 2003, causa C-170/02 P, Schlüsselverlag J.S. Moser e a./Commissione, Racc. pag. I‑9889, punto 32).

51
In secondo luogo, il regolamento sulle concentrazioni contiene altresì disposizioni il cui obiettivo è quello di limitare, per ragioni di certezza del diritto e nell’interesse delle imprese coinvolte, la durata delle procedure di verifica delle operazioni di competenza della Commissione. Pertanto, la notifica alla Commissione di un’operazione di dimensione comunitaria deve intervenire, ai sensi dell’art. 4 di detto regolamento, nel termine di una settimana. Gli artt. 6 e 10, n. 1, di tale regolamento prevedono che la Commissione proceda immediatamente al suo esame e che essa disponga di un termine pari, di regola, a un mese per decidere di avviare o meno la procedura formale di esame della compatibilità dell’operazione con il mercato comune. Secondo l’art. 10, n. 3, dello stesso testo normativo, la Commissione deve decidere sulla pratica entro un termine in genere di quattro mesi, che inizia a decorrere dalla decisione di avvio della procedura. Lo stesso articolo dispone, al n. 6, che, «[s]e la Commissione non ha preso una decisione (…) entro i termini (…), l’operazione di concentrazione è ritenuta essere dichiarata compatibile con il mercato comune» (sentenza Schlüsselverlag J.S. Moser e a./Commissione, cit., punto 33).

52
È anche così che, in forza dell’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni, qualsiasi interesse pubblico diverso dai tre interessi elencati nel secondo comma dello stesso numero dev’essere comunicato dallo Stato membro interessato alla Commissione e questa deve notificare la sua decisione entro un mese dalla data della suddetta comunicazione.

53
Occorre concluderne che il legislatore comunitario ha inteso effettuare una chiara ripartizione degli interventi delle autorità nazionali e comunitarie e che ha voluto garantire un controllo delle operazioni di concentrazione entro termini compatibili sia con le esigenze di una buona amministrazione sia con quelle del commercio (v., in tal senso, sentenza Schlüsselverlag J.S. Moser e a./Commissione, cit., punto 34).

54
Quindi, l’interpretazione dell’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni sostenuta dal governo portoghese, secondo la quale, in assenza di comunicazione degli interessi tutelati dai decreti 5 luglio e 11 agosto 2000, la Commissione non sarebbe competente ad emanare una decisione sulla compatibilità con il diritto comunitario dei suddetti interessi, non può essere accolta.

55
Infatti, come giustamente rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 51 delle sue conclusioni, ove, in assenza di comunicazione da parte dello Stato membro interessato, la Commissione fosse costretta a proporre un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, sarebbe impossibile ottenere una decisione comunitaria nei brevi termini previsti dal regolamento sulle concentrazioni, con la conseguenza di un aumento del rischio che una decisione del genere venga emanata solo dopo che i provvedimenti nazionali abbiano già definitivamente pregiudicato l’operazione di concentrazione di dimensione comunitaria.

56
Inoltre, l’interpretazione del governo portoghese svuoterebbe l’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni della sua efficacia pratica offrendo agli Stati membri la possibilità di sottrarsi agevolmente ai controlli previsti da tale disposizione.

57
Ne risulta che, perché il controllo degli interessi pubblici diversi da quelli previsti dall’art. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento sulle concentrazioni, affidato alla Commissione dal detto n. 3, terzo comma, sia efficace, occorre riconoscere a tale istituzione la competenza a pronunciarsi mediante decisione sulla compatibilità di tali interessi con i principi generali e con le altre disposizioni del diritto comunitario, anche se detti interessi non le siano stati comunicati.

58
Se è vero che la mancata comunicazione da parte dello Stato membro di cui trattasi può rendere più incerto e complesso il compito della Commissione, in quanto questa potrebbe avere difficoltà nell’individuazione degli interessi tutelati dai provvedimenti nazionali, non è men vero che, come è stato sottolineato dall’avvocato generale nel paragrafo 55 delle sue conclusioni, la Commissione ha pur sempre la possibilità di chiedere informazioni allo Stato membro interessato. Qualora, nonostante tale richiesta, quest’ultimo non fornisca le informazioni richieste, la Commissione può adottare una decisione sulla base degli elementi di cui dispone (v., per analogia, per quanto riguarda gli aiuti di Stato, sentenza 14 febbraio 1990, causa C-301/87, Francia/Commissione, detta «Boussac Saint Frères», Racc. pag. I‑307, punto 22).

59
Peraltro, in una situazione come quella del caso di specie, in cui lo Stato membro non ha comunicato gli interessi tutelati dai provvedimenti nazionali di cui trattasi, è inevitabile che la Commissione accerti anzitutto se i suddetti provvedimenti siano giustificati da uno degli interessi previsti dall’art. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento sulle concentrazioni. Infatti, ove, nel fare ciò, essa constati che uno Stato membro ha adottato i provvedimenti in questione per garantire la tutela di uno degli interessi legittimi elencati nel suddetto comma, essa non dovrà spingere oltre il suo esame ed accertare se i suddetti provvedimenti siano giustificati rispetto a qualsiasi altro interesse pubblico contemplato nel terzo comma.

60
Quindi, dato che, come risulta dal punto 57 della presente sentenza, la Commissione è competente, ai sensi dell’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni, ad adottare una decisione relativa alla compatibilità con i principi generali e con le altre disposizioni del diritto comunitario degli interessi pubblici protetti da uno Stato membro diversi da quelli elencati nel secondo comma del detto numero, anche in assenza della comunicazione dello Stato membro interessato da tali interessi, occorre concludere che, adottando la decisione impugnata, la Commissione non ha usurpato le competenze della Corte o dei giudici nazionali e non ha quindi violato l’art. 21, n. 1, del regolamento sulle concentrazioni, né l’art. 220 CE. Essa non ha nemmeno violato l’art. 226 CE o commesso uno sviamento di procedura.

61
Ne risulta che il terzo, il quarto e il sesto motivo devono essere respinti.

Sul primo motivo

62
Con il primo motivo il governo portoghese fa valere che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE non indicando in maniera sufficientemente precisa il fondamento normativo della decisione impugnata.

63
È sufficiente constatare che risulta chiaramente dalla lettera della decisione impugnata, in particolare dai punti 60-64 della sua motivazione, che essa è fondata sull’art. 21, n. 3, terzo comma, del regolamento sulle concentrazioni.

64
Anche il primo motivo dedotto dal governo portoghese deve quindi essere respinto.

Sul secondo motivo

65
Con il secondo motivo il governo portoghese contesta alla Commissione di avere insufficientemente motivato la pretesa incompatibilità dei provvedimenti nazionali con il diritto comunitario. In particolare, la decisione impugnata non conterrebbe alcuna specifica e sostanziale valutazione degli interessi sottostanti ai provvedimenti adottati dalle autorità portoghesi, fondata su elementi di fatto e di diritto, debitamente esplicitati alla luce del quadro comunitario pertinente.

66
Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v., in particolare, sentenze 13 marzo 1985, cause riunite 296/82 e 318/82, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione, Racc. pag. 809, punto 19; 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e 30 settembre 2003, causa C-301/96, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑9919, punto 87).

67
È vero che la decisione impugnata contiene un’esposizione sommaria dei motivi per i quali la Commissione ha ritenuto gli interessi sottostanti ai decreti 5 luglio e 11 agosto 2000 incompatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto comunitario.

68
Tuttavia, come ha osservato l’avvocato generale nei paragrafi 66 e 67 delle sue conclusioni, dopo aver individuato gli interessi tutelati dai provvedimenti nazionali e constatato che gli stessi non erano tra quelli considerati legittimi in quanto tali ai sensi dell’art. 21, n. 3, secondo comma, del regolamento sulle concentrazioni, la Commissione ha fornito al punto 58 della motivazione della decisione impugnata una motivazione che, sebbene estremamente succinta, consente di comprendere i passaggi sui quali si fonda il suo ragionamento.

69
Inoltre, come è stato sottolineato dall’avvocato generale nel paragrafo 68 delle sue conclusioni, la decisione impugnata è stata adottata in un contesto ben noto al governo portoghese, cioè nell’ambito del procedimento per inadempimento sfociato nella citata sentenza Commissione/Portogallo, e il governo portoghese non ha fornito la benché minima indicazione alla Commissione in merito alla compatibilità con il diritto comunitario degli interessi pubblici tutelati dai provvedimenti di cui trattasi, neppure in risposta alla lettera della Commissione 21 settembre 2000.

70
Tenuto conto di tale contesto, occorre constatare che la decisione impugnata poteva essere motivata in modo sommario (v., in proposito, sentenze 26 novembre 1975, causa 73/74, Groupement des fabricants de papiers peints de Belgique e a./Commissione, Racc. pag. 1491, punto 31, e 19 settembre 2000, causa C-156/98, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑6857, punto 105) e che essa era quindi sufficientemente motivata (v. sentenza 30 settembre 2003, Germania/Commissione, cit., punti 92 e 93).

71
Ne deriva che il terzo motivo dedotto dal governo portoghese è infondato.

Sul quinto motivo

72
Con il quinto motivo, che è relativo alla violazione del principio di proporzionalità, il governo portoghese fa valere, in una prima parte, che la Commissione è andata al di là di quanto necessario per far rispettare il diritto comunitario dichiarando nella decisione impugnata che la Repubblica portoghese deve revocare i decreti 5 luglio e 11 agosto 2000 nel loro complesso e affermando in generale nel dispositivo di tale decisione che gli interessi sottostanti ai suddetti decreti non sono compatibili con il diritto comunitario nonostante il fatto che risulti dalla decisione impugnata che l’operazione notificata avrebbe dato luogo a due concentrazioni, cioè Secil/Cimpor e Holderbank/Cimpor, e che solo la seconda avrebbe avuto dimensione comunitaria.

73
In una seconda parte di tale motivo, il governo portoghese sostiene che, dato che, a causa dell’assenza delle informazioni richieste alle parti notificanti, la procedura di valutazione della concentrazione notificata era sospesa nel momento in cui la decisione impugnata è stata adottata e che questa è quindi stata adottata durante un periodo caratterizzato da un’incertezza sul proseguimento o meno della procedura, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare maggiore prudenza, astenendosi dall’ordinare misure definitive. L’obbligo di revocare i decreti 5 luglio e 11 agosto 2000 non sarebbe né adeguato al perseguimento degli obiettivi ricercati né compatibile con questi e costituirebbe quindi una violazione del principio di proporzionalità.

74
Per quanto riguarda la prima parte di tale motivo, occorre constatare che, come ha osservato la Commissione, le due operazioni di concentrazione erano inscindibilmente connesse, dato che l’offerta pubblica di acquisto del capitale sociale della Cimpor, tramite la Secilpar, era stata lanciata nell’intento di spartire gli elementi patrimoniali della Cimpor tra la Secil e la Holderbank. Non era quindi possibile limitare gli effetti della decisione impugnata alla concentrazione Holderbank/Cimpor. Pertanto, giustamente, nella decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che la Repubblica portoghese era obbligata a revocare i decreti 5 luglio e 11 agosto 2000 nel loro complesso e ha dichiarato in generale che gli interessi sottostanti ai suddetti decreti erano incompatibili con il diritto comunitario.

75
Quanto alla seconda parte dello stesso motivo, è sufficiente constatare, come ha fatto l’avvocato generale nel paragrafo 74 delle sue conclusioni, che la Commissione ha potuto ritenere che l’inerzia delle parti notificanti fosse, perlomeno parzialmente, dovuta all’adozione dei decreti 5 luglio e 11 agosto 2000 e che, di conseguenza, fosse particolarmente importante ed urgente che essa intervenisse in modo definitivo.

76
Dalle considerazioni che precedono risulta che neppure il quinto motivo del ricorso è fondato.

77
Dato che il ricorso non è quindi fondato in alcuno dei suoi motivi, esso dev’essere respinto.


Sulle spese

78
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (seduta plenaria)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La Repubblica portoghese è condannata alle spese.

Skouris

Jann

Timmermans

Rosas

Gulmann

Puissochet

Cunha Rodrigues

La Pergola

Schintgen

Colneric

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 22 giugno 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: il portoghese.