SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)
13 luglio 2018 ( *1 )
«Funzione pubblica – Personale della BEI – Denuncia per molestie psicologiche – Inchiesta amministrativa – Nozione di “molestia psicologica” – Condizione che il comportamento addebitato sia ripetuto per poter costituire una “molestia psicologica” – Diniego di avvio del procedimento disciplinare contro l’autore di tali comportamenti – Obbligo di riservatezza relativo alla sussistenza di un procedimento d’inchiesta amministrativa in corso e, successivamente, alla decisione di chiusura del procedimento in cui si accerta la sussistenza di un caso di molestie psicologiche»
Nella causa T‑377/17,
SQ, dipendente della Banca europea per gli investimenti, rappresentata da N. Cambonie e P. Walter, avvocati,
ricorrente,
contro
Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresentata da G. Faedo e K. Carr, in qualità di agenti, assistite da B. Wägenbaur, avvocato, e J. Currall, barrister,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda, proposta ai sensi dell’articolo 50 bis, paragrafo 1, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 41 del regolamento del personale della BEI, diretta, da un lato, all’annullamento parziale della decisione del 20 marzo 2017 del presidente della BEI e, dall’altro, al risarcimento dei pretesi danni morale e materiale subiti dalla ricorrente a causa di molestie psicologiche da parte del suo superiore gerarchico e del comportamento della BEI,
IL TRIBUNALE (Prima Sezione),
composto da I. Pelikánová, presidente, P. Nihoul e J. Svenningsen (relatore), giudici,
cancelliere: E. Coulon,
vista la fase scritta del procedimento,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1 |
Conformemente all’articolo 308 TFUE, lo statuto della Banca europea per gli investimenti (BEI, o, in prosieguo: la «Banca») è stabilito dal protocollo n. 5 allegato a tale Trattato e al Trattato UE, di cui forma parte integrante. L’articolo 7, paragrafo 3, lettera h), di tale protocollo sullo Statuto della Banca prevede che il consiglio dei governatori approvi il regolamento interno della Banca. L’articolo 31 di tale regolamento interno, approvato il 4 dicembre 1958 e più volte modificato successivamente, prevede che i regolamenti relativi al personale della Banca siano adottati dal consiglio di amministrazione. A questo proposito, il 20 aprile 1960 il consiglio d’amministrazione della Banca ha approvato il regolamento del personale della Banca (in prosieguo: il «regolamento del personale»). |
2 |
Nella sua versione applicabile alla controversia, risultante dalla decisione del consiglio di amministrazione della Banca del 4 giugno 2013 ed entrata in vigore il 1o luglio successivo, l’articolo 41 del regolamento del personale così dispone: «Tutte le controversie di carattere individuale tra la Banca e i membri del suo personale sono sottoposte alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Ogni azione di un membro del personale contro un provvedimento della Banca che possa recargli pregiudizio dev’essere intentata entro tre mesi. Oltre all’azione dinanzi alla Corte di giustizia (…) e prima della proposizione della stessa, le controversie diverse da quelle derivanti dalla contestazione di provvedimenti previsti all’articolo 38 sono sottoposte a una procedura amichevole dinanzi alla commissione di conciliazione della Banca. La domanda di conciliazione dev’essere proposta entro tre mesi [a partire] dal verificarsi dei fatti o dalla notifica dei provvedimenti che formano oggetto della controversia. La commissione di conciliazione è costituita da tre membri. Quando la commissione deve riunirsi, uno dei membri è designato dal presidente della Banca, il secondo dall’interessato e queste due designazioni avvengono nel termine di una settimana a decorrere dalla richiesta rivolta da una delle parti all’altra. Il terzo membro, che presiede la commissione, è designato dai primi due entro il termine di una settimana dalla designazione dei primi due membri. Esso può essere scelto al di fuori della Banca. Se i primi due membri, entro la settimana successiva alla loro designazione, non possono accordarsi sulla designazione del presidente, vi si procede da parte del presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea. La procedura di conciliazione si considera fallita, a seconda dei casi:
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3 |
Il 1o agosto 2006, il consiglio di amministrazione della Banca ha adottato un codice di condotta del personale della Banca (in prosieguo: il «codice di condotta»). L’articolo 3.6 di tale codice, dal titolo «Dignità sul luogo di lavoro», dispone: «Qualsiasi forma di molestie o di intimidazione è inaccettabile. Qualsiasi vittima di molestie o di intimidazione può, conformemente alla politica della Banca in materia di rispetto della dignità sul luogo di lavoro, farne menzione al direttore [generale e capo del dipartimento del personale], senza che ciò possa esserle addebitato. La Banca ha l’obbligo di dar prova di sollecitudine nei confronti della persona interessata e di offrirle il proprio sostegno». |
4 |
Per quanto riguarda in particolare la nozione di molestia psicologica, l’articolo 3.6.1 del detto codice precisa: «3. 6.1 Molestia psicologica Si tratta della ripetizione, nel corso di un periodo abbastanza lungo, di commenti, atteggiamenti o comportamenti ostili o inappropriati, espressi o manifestati da uno o più membri del personale nei confronti di un altro membro del personale. Un commento scortese, una lite accompagnata da uso di espressioni sgradevoli pronunciate nella foga del momento non sono indicativi di molestie psicologiche. Per contro, scoppi di collera ripetuti, vessazioni, commenti spiacevoli o allusioni offensive, che si ripetono regolarmente, durante un periodo di settimane o mesi, sono indubbiamente indicativi di molestie sul lavoro. (…)». |
5 |
Sin dal 2003, la Banca si era tuttavia anche dotata di una «Politica in materia di rispetto della dignità della persona sul luogo di lavoro» (in prosieguo: la «politica di dignità sul luogo di lavoro»). Sotto il titolo «Intimidazione e molestia: di cosa si tratta?», la politica di dignità sul luogo di lavoro dispone quanto segue: «Le molestie e l’intimidazione possono assumere ciascuna numerose forme. Fisiche o verbali, le loro manifestazioni avvengono spesso nel corso del tempo, anche se possono prodursi gravi episodi isolati. Non ha rilevanza il fatto che il comportamento di cui trattasi sia intenzionale o meno. Il principio determinante è che le molestie e le intimidazioni sono comportamenti indesiderabili e inaccettabili che minano l’autostima e la fiducia in se stessi di coloro che ne sono vittime. (…)». |
6 |
La politica di dignità sul luogo di lavoro istituisce due procedure interne dirette a trattare i casi di intimidazione e di molestie, ossia, da un lato, una procedura informale mediante la quale il membro del personale interessato cerca una composizione amichevole del problema, e, dall’altro lato, un procedimento formale d’inchiesta (in prosieguo: il «procedimento d’inchiesta») nel quale detto membro presenta ufficialmente una denuncia, che è trattata da un comitato d’inchiesta composto da tre persone (in prosieguo: il «comitato d’inchiesta»). Tale comitato d’inchiesta è incaricato di svolgere un’indagine obiettiva e indipendente e di emanare una raccomandazione per il presidente della Banca, il quale alla fine decide sulle misure da adottare. |
7 |
Per quanto riguarda il procedimento d’inchiesta, la politica di dignità sul luogo di lavoro stabilisce quanto segue: «L’agente sottopone il caso, verbalmente o per iscritto, all’attenzione del [direttore generale e capo del dipartimento del personale]. Se quest’ultimo ritiene che non si tratti di un caso immediato ed evidente di ricorso a sanzioni disciplinari e che, alla luce delle circostanze in cui si situa, il caso possa configurare molestie, l’agente interessato può avviare il procedimento d’inchiesta nel seguente modo:
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8 |
Per quanto riguarda l’audizione, il procedimento d’inchiesta in materia di politica di dignità sul luogo di lavoro prevede quanto segue: «L’audizione persegue lo scopo di stabilire precisamente quanto accaduto e di riunire i fatti che consentiranno di redigere una raccomandazione motivata (…). Il comitato può decidere le modalità con cui procedere che considera adeguate. Di norma, l’audizione si presenta come una serie di colloqui separati, effettuati nel seguente ordine:
(…)». |
9 |
Per quanto riguarda l’esito dell’inchiesta, il procedimento d’inchiesta in materia di politica di dignità sul luogo di lavoro così prevede: «Dopo aver sentito tutte le parti e aver effettuato tutti gli eventuali accertamenti appropriati, il comitato dovrebbe essere nelle condizioni di pronunciarsi e di proporre una raccomandazione motivata. Esso non ha potere decisionale. Il comitato può emanare diverse raccomandazioni dirette a che:
La raccomandazione scritta del comitato viene redatta entro cinque giorni dalla fine dell’inchiesta e viene indirizzata al [p]residente [della Banca] ai fini della decisione». |
10 |
Per quanto riguarda la decisione adottata dal presidente della Banca, il procedimento d’inchiesta in materia di politica di dignità sul luogo di lavoro così dispone: «La decisione del [p]residente [della Banca] deve precisare le eventuali misure da adottare, nonché il relativo calendario di attuazione, tra le quali, ad esempio:
Se non risultano molestie, e in assenza di ogni violazione delle norme in vigore, si dovrà garantire alle due parti che il procedimento [d’inchiesta] non comporterà alcuna conseguenza negativa nei loro confronti. (…)». |
11 |
Sotto il titolo «Conservazione dei dati», nel procedimento d’inchiesta in materia di politica di dignità sul luogo di lavoro si precisa quanto segue: «Al fine di tutelare tutte le parti interessate, gli atti saranno conservati nella più rigorosa riservatezza e le informazioni saranno divulgate solo in caso di assoluta necessità. [Il servizio Risorse umane] conserverà, in maniera riservata e sotto il controllo del delegato alla protezione dei dati personali, i fascicoli contenenti i nomi, le date, le denunce e gli esiti, ai fini del controllo della politica e al fine di garantire la coerenza e l’equità». |
Fatti
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La ricorrente, SQ, dipendente della Banca, è entrata in servizio il 1o aprile 2008 in qualità di addetta [riservato] ( 1 ) assegnata al dipartimento [riservato] (in prosieguo: il «dipartimento di cui trattasi»). |
13 |
Nel 2011, il direttore responsabile all’epoca del dipartimento di cui trattasi ha deciso che la ricorrente doveva essere direttamente assegnata ai suoi servizi e, a tale titolo, la ricorrente si è vista affidare pratiche specifiche. Inoltre, a partire dall’ottobre 2011, la ricorrente è stata, di fatto, a capo di una compagine composta, nel 2013 e nel 2014, da un incaricato alla comunicazione, da un assistente a tempo pieno e da un giovane laureato. |
14 |
Secondo la ricorrente, il direttore del dipartimento di cui trattasi in carica all’epoca avrebbe più volte richiesto che il suo ruolo fosse rivalutato, che la compagine diretta della ricorrente fosse trasformata in unità e che, di conseguenza, quest’ultima divenisse capo unità. |
15 |
Nell’ottobre 2014, a seguito della partenza del direttore, è entrato in carica un nuovo direttore (in prosieguo: il «nuovo direttore»). Quest’ultimo è stato, in particolare, incaricato dalla Banca di ristrutturare il dipartimento di cui trattasi perché le prestazioni di quest’ultimo non erano soddisfacenti, anche a causa di una mancanza di competenze da colmare con assunzioni esterne. |
16 |
Nell’ambito della ristrutturazione del dipartimento di cui trattasi, la compagine di cui la ricorrente era incaricata non è stata mantenuta. Inoltre, la ricorrente ha ripetutamente richiesto, senza successo, al nuovo direttore che la descrizione delle sue mansioni fosse aggiornata. |
17 |
Il 2 giugno 2016 la ricorrente è stata collocata in congedo per malattia, che sarebbe stato la conseguenza di un burn out. |
18 |
L’8 settembre 2016 la ricorrente ha avuto un colloquio con il capo divisione Relazioni sociali e benessere sul lavoro del Dipartimento Relazioni sociali e servizi amministrativi della Direzione generale (DG) «Personale» nonché con un responsabile del servizio Risorse umane. In esito a detto colloquio, ella ha inviato a tali due interlocutori un messaggio di posta elettronica in cui descriveva taluni comportamenti del nuovo direttore configuranti, a suo dire, molestie psicologiche e discriminazione in base al genere. In tale messaggio di posta elettronica, ella chiedeva in particolare che a detta situazione fosse trovata una soluzione amichevole e rapida, che avrebbe potuto consistere vuoi nella concessione alla ricorrente di un’aspettativa per motivi personali (in prosieguo: un’«AMP») di due anni, vuoi nella sua nomina in un altro dipartimento in qualità di capo unità. |
19 |
Il 26 ottobre 2016 la ricorrente, mediante il modulo a tal fine previsto, ha presentato una domanda di AMP di due anni che, a suo parere, era giustificata dal fatto che ella era stata oggetto di molestie psicologiche da parte del nuovo direttore e che quest’ultimo aveva condotto una politica di discriminazione fondata sul sesso. Pertanto, da un lato, la ricorrente spiegava che un’AMP di due anni avrebbe permesso alla Banca di istruire i fatti e prendere i provvedimenti necessari per porre fine ai comportamenti del nuovo direttore senza che ella dovesse temere o subire eventuali misure di ritorsione. Dall’altro lato, detta AMP le avrebbe consentito di riacquisire fiducia nelle sue qualità di manager entrando in un’impresa o creandola. |
20 |
Parimenti, in data 26 ottobre 2016, la ricorrente, in base alle norme interne della Banca, ha presentato una denuncia (in prosieguo: la «denuncia») diretta a contestare i comportamenti del nuovo direttore nei suoi confronti come configuranti, in via principale, molestie psicologiche ai sensi degli articoli 3.6 e 3.6.1 del codice di condotta e una violazione delle norme interne relative al rispetto della dignità. In subordine, la ricorrente riteneva che tali comportamenti violassero gli articoli 1.1, 3.1, 3.3 e 3.5 del codice di condotta. |
21 |
Sempre il 26 ottobre 2016, la ricorrente, ai sensi dell’articolo 1.5.1 del codice di condotta, in combinato disposto con la «politica di segnalazione» adottata dalla Banca il 21 gennaio 2009 (in prosieguo: la «politica di segnalazione»), ha proceduto ad una segnalazione dei comportamenti del nuovo direttore, che rivelavano, a suo parere, una politica di violazione delle pari opportunità ai sensi dell’articolo 1.2 di detto codice, e una discriminazione fondata sul sesso, ai sensi dell’articolo 1.3 dello stesso codice (in prosieguo: la «segnalazione»). In sostanza, la ricorrente contestava il fatto che, tra i sei dipendenti di sesso femminile del dipartimento di cui trattasi, che avevano funzioni direttive, quattro sarebbero stati esclusi a vantaggio di dipendenti di sesso maschile. Il nuovo direttore si sarebbe così circondato essenzialmente di uomini e avrebbe messo in opera pratiche contrarie al codice di condotta. |
Sulla denuncia relativa a molestie psicologiche e sulla segnalazione
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Specificando che la sua carriera avrebbe avuto un brusco arresto a seguito dell’entrata in carica del nuovo direttore, la ricorrente sosteneva nella denuncia che il nuovo direttore aveva messo in opera pratiche dirette a escludere le donne manager del dipartimento di cui trattasi e, in tale contesto, a «distruggere» la ricorrente che godeva della piena fiducia del suo predecessore. Trasferendo la ricorrente ad un posto senza responsabilità e i cui obiettivi non sarebbero stati chiaramente definiti, il nuovo direttore l’avrebbe così «messa da parte». |
23 |
La ricorrente faceva valere, inoltre, uno «smantellamento», da parte del nuovo direttore, della compagine di tre persone da lei in precedenza diretta, una rimessa in discussione della legittimità della ricorrente riguardo a tali tre persone e critiche ripetute nei suoi confronti, l’attribuzione ad altre persone di lavori che in linea di principio avrebbero dovuto spettare a lei, un trattenimento di informazioni riguardanti la trattazione di pratiche di cui ella era incaricata, in particolare omettendo di invitarla a riunioni preparatorie di un’importante riunione col presidente della Banca, la mancanza di riscontro sulle sue prestazioni professionali, peraltro sottoposte al nuovo direttore al fine di un siffatto riscontro (feedback) nonché numerosi atti malevoli, anche dopo il suo collocamento in congedo per malattia. |
24 |
A quest’ultimo proposito, il nuovo direttore avrebbe in particolare denigrato la ricorrente presso una collega e amica di quest’ultima in tono aggressivo; egli avrebbe previsto di chiedere al servizio Risorse umane che la ricorrente subisse un controesame medico malgrado i certificati medici forniti dalla stessa; egli avrebbe fissato gli obiettivi annuali della ricorrente nel corso del mese di giugno 2016, quando invece ella si trovava in congedo per malattia, e, infine, avrebbe fatto procedere alla pubblicazione di un invito a presentare candidature al fine di ricoprire il posto della ricorrente, sebbene ella non avesse ancora informato la DG «Personale» del fatto che non intendeva riprendere servizio al termine del suo congedo per malattia. |
25 |
La ricorrente sosteneva ancora di essere stata penalizzata dal nuovo direttore nell’ambito di una procedura di selezione riguardante un impiego di capo unità. Infatti, mentre ella era candidata a tale impiego, il nuovo direttore avrebbe reso noto alla ricorrente, il 29 giugno 2015, che egli avrebbe presentato il nuovo organigramma del dipartimento di cui trattasi alla fine della giornata. Orbene, noncurante del colloquio della ricorrente con il comitato di selezione per il posto di capo unità che doveva tenersi l’indomani e che avrebbe normalmente dovuto essere determinante per la copertura di tale impiego, il nuovo direttore avrebbe presentato, al personale del dipartimento di cui trattasi, il nuovo organigramma del servizio non facendo figurare la ricorrente nel posto di capo unità, il che, secondo l’interessata, dimostrerebbe che il nuovo direttore aveva già deciso di escluderla da tale procedura di selezione. |
26 |
Inoltre, la ricorrente attribuiva al nuovo direttore commenti fuori luogo, aggressivi, sprezzanti e accusatori, anche in occasione di riunioni, la formulazione di domande senza senso, balzane e confuse nonché critiche nei suoi confronti in sua assenza. In particolare, il nuovo direttore avrebbe dichiarato che i dipendenti della Banca non avrebbero dovuto lamentarsi, perché avevano la fortuna di avere i posti e le retribuzioni che avevano. Inoltre, egli avrebbe affermato di non avere compreso, al momento della sua assunzione in qualità di direttore, che, contrariamente a quanto aveva potuto fare nelle sue attività precedenti, non avrebbe potuto licenziare a suo piacimento i dipendenti che non avessero fatto al caso suo. |
27 |
La ricorrente denunciava altresì, da un lato, atti di favoritismo a favore di taluni dipendenti, segnatamente persone che avevano lavorato presso un’altra organizzazione internazionale e di cui il nuovo direttore avrebbe agevolato l’assunzione e, dall’altro, un atteggiamento critico o disinteressato nei confronti del lavoro del personale, tra cui quello della ricorrente, che era già in servizio nel dipartimento prima della sua entrata in carica in qualità di direttore. |
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La ricorrente concludeva quindi la sua denuncia chiedendo alla Banca:
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Lo stesso 26 ottobre 2016, la ricorrente, in base all’articolo 1.5.1 del codice di condotta, aveva parimenti presentato una segnalazione nella quale menzionava una politica del nuovo direttore, messa in opera nel 2015 e nel 2016 e non rimessa in discussione dalla DG «Personale», tendente a costituire una violazione delle pari opportunità ai sensi dell’articolo 1.2 del codice di condotta nonché una discriminazione fondata sul sesso ai sensi dell’articolo 1.3 di tale codice. |
Sul procedimento d’inchiesta
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Con messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2016, il direttore generale e capo del dipartimento del personale della DG «Personale» (in prosieguo: il «capo del dipartimento del personale») ha in particolare chiesto alla ricorrente se intendesse citare testimoni a comparire nell’ambito del procedimento d’inchiesta e se, relativamente alla nota che doveva informare il nuovo direttore dell’esistenza di una denuncia che lo riguardava, intendesse redigere direttamente tale nota o limitarsi a commentare il progetto di nota redatto dai suoi servizi. Con messaggio di posta elettronica di risposta del 6 novembre successivo, la ricorrente ha precisato che, ai sensi dell’articolo 3, lettera a), e dell’articolo 4, lettera a), delle norme del procedimento d’inchiesta in materia di politica di dignità sul luogo di lavoro, spettava alla detta direzione generale redigere la nota, sotto la sua esclusiva responsabilità, a partire dalla denuncia della ricorrente e dagli elementi di prova forniti a sostegno di tale denuncia. Con messaggio di posta elettronica del 9 novembre 2016, un giurista della DG «Personale» ha trasmesso alla ricorrente il progetto di nota di cui trattasi invitandola a presentare le sue eventuali osservazioni, cosa che la ricorrente ha rifiutato di fare ribadendo, in un messaggio di posta elettronica dell’11 novembre successivo, che un tale modo di procedere sarebbe stato in contrasto con le disposizioni applicabili che affidano alla DG «Personale» la compilazione di detta nota da trasmettere alla persona chiamata in causa nella denuncia. |
31 |
Il 17 novembre 2016 l’avvocato della ricorrente ha contattato la Banca al fine di discutere dei termini di un eventuale accordo amichevole. |
32 |
Il 18 novembre 2016 il segretario generale della Banca e il capo del dipartimento del personale, in una lettera comune, hanno accusato ricezione delle richieste della ricorrente contenute nella lettera del suo avvocato del giorno precedente. In tale contesto, essi hanno informato la ricorrente che la direzione del controllo di conformità della Banca era stata incaricata di istruire le affermazioni della ricorrente. Quanto all’eventualità di dirimere la controversia mediante composizione amichevole, essi hanno affermato che, tenuto conto dei procedimenti amministrativi in corso e della gravità dei fatti asseriti, la Banca non poteva accogliere la richiesta della ricorrente. In particolare, relativamente alla richiesta di risarcimento da lei formulata, essa appariva, ai loro occhi, prematura fintanto che le procedure non avessero accertato l’eventuale veridicità dei fatti asseriti. |
33 |
Con lettera del 22 novembre 2016 la ricorrente è stata informata, dal capo del dipartimento del personale e dal direttore del dipartimento delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi, che la Banca aveva deciso di accogliere la sua domanda di AMP per il periodo dal 1o dicembre 2016 al 31 dicembre 2018, e ciò esclusivamente per il motivo addotto dalla ricorrente in ordine al suo progetto di entrare in un’impresa o di crearla. |
34 |
Il 25 novembre 2016 sono stati nominati i tre membri del comitato d’inchiesta istituito nell’ambito del procedimento d’inchiesta conformemente alla politica di dignità sul luogo di lavoro. Si trattava, nella fattispecie, di un professore di diritto, di uno psicologo che lavorava presso il governo lussemburghese e dell’ex direttore delle risorse umane della Banca ormai in pensione. |
35 |
Il 2 dicembre 2016 la ricorrente ha trasmesso alla DG «Personale» il nominativo dei sette testimoni che intendeva veder sentiti dal comitato d’inchiesta, ed informava altresì sin da quel momento il comitato d’inchiesta che, nel corso del colloquio, sarebbe stata assistita dal suo avvocato e dal marito. |
36 |
Ella è stata informata, il 5 dicembre successivo, del fatto che tale elenco era stato trasmesso al comitato d’inchiesta che avrebbe deciso sul seguito da dare a tale richiesta. La ricorrente era anche invitata, in tale contesto, a designare, conformemente alla politica di dignità sul luogo di lavoro, l’unica persona che l’avrebbe assistita nel corso del colloquio con il comitato d’inchiesta, con la raccomandazione però di escludere da tale scelta i familiari. |
37 |
Il 5 dicembre 2016 la ricorrente ha fornito ulteriori documenti, in particolare un referto del suo psichiatra attestante che era stata soggetta ad un burn out a motivo dei comportamenti del nuovo direttore ai quali era stata esposta. Inoltre, in pari data, ella ha formalmente richiesto di essere assistita legalmente dal suo avvocato e moralmente dal marito. |
38 |
Il 9 dicembre 2016 la ricorrente è stata segnatamente informata della decisione del comitato d’inchiesta di sentire solo tre dei sette testimoni da lei proposti e di negare, per tardività, l’acquisizione agli atti delle informazioni da lei trasmesse il 5 dicembre 2016. Inoltre, le è stato comunicato che il comitato d’inchiesta aveva accettato che fosse assistita dalle due persone da lei menzionate. |
39 |
Il 12 dicembre 2016 la ricorrente ha contestato tale decisione procedurale del comitato d’inchiesta. Da uno scambio di messaggi di posta elettronica successivi risulta che, in sostanza, il comitato d’inchiesta ha alla fine accettato di esaminare i documenti prodotti il 2 dicembre 2016, che la ricorrente è stata autorizzata a versare agli atti le testimonianze scritte dei quattro testimoni di cui il comitato d’inchiesta aveva rifiutato l’audizione e che era stato deciso, di comune accordo tra la Banca e la ricorrente, che le audizioni dinanzi al comitato d’inchiesta sarebbero state registrate, ma che, una volta adottata dal presidente della Banca la decisione che avrebbe definito il caso di specie, dette registrazioni sarebbero state distrutte. |
40 |
Il 4 gennaio 2017 la ricorrente, il nuovo direttore e i tre testimoni citati dalla ricorrente sono stati sentiti dal comitato d’inchiesta. Successivamente, quest’ultimo ha invitato la ricorrente a rispondere a un ultimo quesito scritto, invito a cui ella ha ottemperato con messaggio di posta elettronica del suo avvocato dell’8 febbraio 2017. |
41 |
Il 6 febbraio 2017 tramite il suo avvocato, la ricorrente aveva tuttavia inviato al presidente della Banca nonché ad altri otto destinatari in servizio presso la BEI, per via postale e per via elettronica, una lettera in cui ella denunciava disfunzioni nella politica di segnalazione della BEI in quanto ella non aveva ancora ricevuto risposta alla segnalazione da lei fatta in ordine alla politica del nuovo direttore che costituiva, a suo parere, una violazione delle pari opportunità e una discriminazione fondata sul sesso. Ella concludeva tale lettera invitando il presidente della Banca a procedere all’esame di detta segnalazione e ad adottare i provvedimenti conservativi o definitivi che si rendevano necessari entro il 1o marzo 2017. Se del caso, la ricorrente riteneva che, in applicazione del punto III.2., lettera d), della politica di segnalazione, sarebbe stata costretta ad adire il Mediatore dell’Unione europea. |
Sulla relazione d’inchiesta
42 |
Il 15 marzo 2017, il comitato d’inchiesta ha adottato la sua relazione (in prosieguo: la «relazione»), nella quale ha considerato che, tra i fatti lamentati dalla ricorrente nella denuncia, due elementi potevano obiettivamente essere ritenuti configurare molestie psicologiche, e cioè, da un lato, il fatto che il nuovo direttore avesse fornito una risposta scritta inadeguata alle richieste della ricorrente volte a veder definito il suo nuovo ruolo nel dipartimento di cui trattasi e, dall’altro, la violazione, da parte del nuovo direttore, del suo obbligo di fissare con la ricorrente gli obiettivi di quest’ultima con un anno di anticipo. Inoltre, il comitato d’inchiesta ha considerato che l’effetto di tali comportamenti configuranti molestie psicologiche era stato aggravato dall’incapacità del nuovo direttore di fornire alla ricorrente una comunicazione adeguata sull’attribuzione di taluni compiti nonché informazioni chiare. |
43 |
Per il resto, il comitato d’inchiesta ha esaminato uno ad uno gli elementi fatti valere dalla ricorrente nella sua denuncia, ma non ha ritenuto che, ad eccezione di quelli menzionati al punto precedente della presente sentenza, essi potessero rientrare nella nozione di «molestia psicologica». |
44 |
Per quanto riguarda la soppressione della compagine di tre persone di cui la ricorrente era incaricata, il comitato d’inchiesta ha in particolare rilevato che essa era stata prevista nel piano di riorganizzazione del dipartimento di cui trattasi che era stato approvato dalla direzione della Banca. Inoltre, per quanto riguarda la copertura del posto di capo unità, il comitato d’inchiesta ha constatato che, a questo proposito, il nuovo direttore aveva fatto ricorso ad una procedura di selezione, mentre invece, in seno alla Banca, i direttori potevano affidare la responsabilità di capo unità senza passare attraverso una procedura di selezione dinanzi ad un comitato. In tali circostanze, il comitato d’inchiesta ha ritenuto che, anche se poteva essere increscioso il fatto che il nuovo direttore avesse pubblicato il nuovo organigramma del servizio alla vigilia del colloquio della ricorrente per il posto di capo unità di cui trattasi, esso non fosse in grado di constatare un’irregolarità al riguardo, tanto più che la ricorrente, in tale procedura di selezione, non aveva raggiunto la seconda posizione per tale posto e che il comitato di selezione aveva giustificato la sua decisione di respingere la sua candidatura a seguito delle sue prestazioni in occasione del colloquio. Pertanto, esso ha concluso nel senso che non potessero essere considerate sussistenti molestie psicologiche a questo proposito. |
45 |
Per quanto riguarda la circostanza che il nuovo direttore abbia rimesso in discussione il ruolo della ricorrente in quanto capo di una compagine all’interno del dipartimento di cui trattasi e la prerogativa gerarchica della ricorrente di fissare obiettivi nonché di valutare i tre componenti di tale compagine, il comitato d’inchiesta ha ritenuto che, benché tale messa in discussione e dette critiche da parte del nuovo direttore fossero fuori luogo, sembrava che esse fossero intervenute in una sola occasione, di modo che non potevano essere considerate configuranti una forma di molestia psicologica. |
46 |
Quanto alla definizione delle funzioni della ricorrente nell’ambito del dipartimento di cui trattasi a seguito della ristrutturazione di quest’ultimo, il comitato d’inchiesta ha considerato che, in quanto responsabile gerarchico, il nuovo direttore aveva l’obbligo di dare risposta alle preoccupazioni della ricorrente. Pertanto, secondo il comitato d’inchiesta, la mancanza di precisione sul nuovo ruolo e sugli obiettivi annuali della ricorrente non soltanto costituiva un segno di cattiva gestione (poor management), ma, inoltre, sminuiva il rispetto di sé e la fiducia del destinatario di tale comportamento quando quest’ultimo aveva espressamente richiesto consigli e indicazioni specifiche a più riprese. Di conseguenza, il comitato d’inchiesta ha concluso nel senso che la mancata messa a disposizione in tempo utile di informazioni sulla descrizione del posto della ricorrente e degli obiettivi assegnati a quest’ultima configurava una molestia psicologica. |
47 |
Relativamente al fatto che il nuovo direttore aveva attribuito ad altre persone alcuni dei compiti in precedenza affidati alla ricorrente, all’epoca direttamente dipendente dal precedente direttore, il comitato d’inchiesta ha rilevato che non era chiaro in che misura tali compiti fossero effettivamente stati affidati ad altre persone. Al riguardo, pur avendo ritenuto che la mancanza di comunicazione adeguata tra superiori e subordinati fosse rivelatrice di una «cattiva gestione» (poor management), esso ha tuttavia considerato che essa non corrispondeva alla definizione di molestia psicologica, anche se poteva contribuire ad aggravare l’effetto della molestia psicologica risultante dalla mancanza di descrizione del posto della ricorrente e degli obiettivi assegnati. |
48 |
Per quanto concerne il preteso trattenimento di informazioni da parte del nuovo direttore, il comitato d’inchiesta l’ha deplorato, ma ha ritenuto che non costituisse una molestia psicologica. |
49 |
Per quanto riguarda l’assenza di reazione e di commenti da parte del nuovo direttore ai messaggi di posta elettronica e ai quesiti della ricorrente, il comitato d’inchiesta ha rilevato che quest’ultimo aveva tenuto numerose riunioni in presenza della ricorrente di modo che non poteva considerarsi esistente un tentativo di escludere la ricorrente. Pertanto, il comitato d’inchiesta ha considerato che il comportamento menzionato non poteva essere qualificato come una forma di molestia psicologica. |
50 |
Quanto al fatto che il nuovo direttore abbia previsto di chiedere alla ricorrente di sottoporsi ad un esame medico in quanto legittimo strumento a disposizione della Banca nella gestione delle assenze per malattia prolungate, il comitato d’inchiesta ha constatato che il nuovo direttore non aveva preso tale iniziativa, poiché alla fine non aveva preteso che la ricorrente si sottoponesse a tale esame. Pertanto, il comitato d’inchiesta è giunto alla conclusione che ciò non costituiva «un motivo di molestia». |
51 |
Relativamente all’adozione degli obiettivi della ricorrente durante la sua assenza per malattia, il comitato d’inchiesta, rilevando che il servizio medico della Banca aveva raccomandato al nuovo direttore e al capo divisione interessato di non contattare la ricorrente a tal riguardo durante il suo congedo per malattia, ha ritenuto che ciò non configurasse «un motivo di molestia». Analogamente, la ricorrente non poteva contestare alla Banca il fatto di aver pubblicizzato la vacanza del suo posto, dato che era in congedo per malattia di lunga durata. |
52 |
In ordine alla censura relativa all’impiego, da parte del nuovo direttore, di un linguaggio aggressivo, il comitato d’inchiesta ha considerato che la ricorrente non aveva sufficientemente provato tale affermazione, in particolare alla luce del tenore alquanto amichevole, se non cortese, dei messaggi di posta elettronica inviati alla ricorrente dal nuovo direttore. |
53 |
Per quanto riguarda le critiche inappropriate che sarebbero state mosse dal nuovo direttore alla ricorrente, il comitato d’inchiesta ha ritenuto che i commenti espressi non costituissero una molestia psicologica. In ordine al fatto che il nuovo direttore abbia prematuramente interrotto una riunione tenutasi tra il segretario generale aggiunto della Banca, la ricorrente e lui stesso, il comitato d’inchiesta ha ritenuto che il nuovo direttore avesse potuto considerare che, alla luce dei quesiti di base da lei posti nel corso della riunione, la ricorrente mancava di preparazione al riguardo. Ciò premesso, poiché il fatto si è prodotto una sola volta (a single event), «il comitato d’inchiesta non p[oteva] riconoscere che ciò potesse configurare una molestia». |
54 |
Il comitato d’inchiesta ha altresì respinto in quanto infondate le censure della ricorrente relative a pretese richieste di informazioni che il nuovo direttore le avrebbe rivolto senza fornire sufficienti ragguagli sullo scopo di tali richieste o senza che esse fossero urgenti. Analogamente, quanto ai commenti che il nuovo direttore avrebbe espresso dinanzi ad altri colleghi, da un lato, riguardo alla persona della ricorrente, e, dall’altro, riguardo alle condizioni di lavoro alla Banca, il comitato d’inchiesta non ha ritenuto che le censure della ricorrente fossero fondate. |
55 |
In ordine alla circostanza che il nuovo direttore, preoccupato di ovviare alla mancanza di professionalità del dipartimento di cui trattasi ricorrendo a nuove assunzioni esterne, abbia concentrato la sua attenzione su tali persone, a rischio di far sentire discriminato il personale con maggior anzianità di servizio, il comitato d’inchiesta ha ritenuto che, anche se il nuovo direttore non era riuscito a spiegare adeguatamente la situazione al personale già in servizio, un comportamento del genere da parte sua non configurasse una molestia psicologica. |
56 |
Pur ammettendo che, dal punto di vista soggettivo, la ricorrente avesse sofferto e continuasse a soffrire a causa della sua situazione lavorativa, il comitato d’inchiesta è giunto alla conclusione che il nuovo direttore poteva essere criticato per le sue modeste capacità di gestione e di comunicazione. Tuttavia, benché egli fosse a sua volta messo sotto forte pressione per procedere ad un’ampia ristrutturazione del dipartimento di cui trattasi, garantendo nel contempo la continuità delle operazioni giorno per giorno, il comitato d’inchiesta ha ritenuto che egli fosse al corrente del senso di insoddisfazione provato dalla ricorrente a seguito della perdita delle funzioni di capo di una compagine e che, di conseguenza, egli avrebbe dovuto raddoppiare gli sforzi per chiarire il suo nuovo ruolo nel dipartimento di cui trattasi. Orbene, il nuovo direttore non le avrebbe invece fornito una nuova descrizione del suo posto prima che ella fosse collocata in congedo per malattia. Pertanto, il suo stile di gestione e la sua mancanza di sensibilità nei confronti della ricorrente per oltre due anni, secondo il comitato d’inchiesta, aveva ridotto l’autostima, la fiducia in sé stessa e l’efficienza dell’interessata. |
57 |
Al termine della sua relazione, il comitato d’inchiesta raccomandava al presidente della Banca, da un lato, di esigere dal nuovo direttore che fornisse scuse formali e scritte alla ricorrente, e, dall’altro, di chiedergli di prendere in considerazione l’impatto del suo atteggiamento sugli altri dipendenti, e ciò con l’assistenza di un coaching professionale fornito dalla BEI che lo avrebbe aiutato a prendere effettiva consapevolezza dell’effetto del suo stile di gestione e/o di comunicazione e di maturare una maggiore empatia nei confronti del personale posto sotto la sua autorità. |
58 |
Il comitato d’inchiesta aggiungeva che il presidente della Banca avrebbe potuto auspicare che fosse formalmente avviato un procedimento disciplinare, ai sensi della politica di dignità sul luogo di lavoro, nel caso in cui il nuovo direttore non dovesse conformarsi alle misure di cui sopra o nel caso in cui un’altra denuncia che lo chiamasse in causa dovesse essere presentata entro i tre anni successivi alla decisione del presidente della Banca e fosse dichiarata fondata dal comitato d’inchiesta. |
Sulla decisione impugnata e sulle misure dirette alla sua attuazione
59 |
Con decisione del 20 marzo 2017 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), il presidente della BEI ha informato la ricorrente della chiusura del procedimento d’inchiesta e, nel trasmetterle la relazione del comitato d’inchiesta, le ha precisato di aver reso noto al nuovo direttore che, se, per il futuro, una nuova denuncia che lo chiamasse in causa dovesse essere presentata e considerata fondata dal comitato d’inchiesta, egli avrebbe avviato un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Inoltre, egli ha informato la ricorrente del fatto che, da un lato, egli aveva chiesto al nuovo direttore di presentarle formalmente le sue scuse per la sofferenza da lui causatale e, dall’altro, egli aveva incaricato il servizio Risorse umane di esaminare le possibilità di un coaching professionale del nuovo direttore sul suo stile di gestione e di comunicazione. |
60 |
Con lettera del 23 marzo 2017, indirizzata al presidente della BEI e, in copia, con messaggio di posta elettronica, al detto presidente nonché al segretario generale della BEI, al direttore del dipartimento delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi nonché al capo divisione delle relazioni e del benessere sul lavoro, la ricorrente ha contestato la legittimità della decisione impugnata, sottolineando, da un lato, che essa si basava sull’applicazione di un’interpretazione errata della nozione di molestia psicologica e su un esame parcellizzato e parzialmente contraddittorio, se non erroneo, dei fatti controversi, e, dall’altro, che la sanzione che essa prevedeva nei confronti del nuovo direttore era inadeguata alla luce della gravità dei comportamenti controversi nel caso di specie. Ella chiedeva inoltre che, entro e non oltre il 25 aprile 2017, i servizi della BEI le inviassero le scuse scritte del nuovo direttore e le proponessero un’eventuale offerta di risarcimento dei suoi danni materiale e morale. |
61 |
Con lettera del 10 aprile 2017, firmata congiuntamente dal capo del dipartimento del personale e dal direttore del dipartimento delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi, gli stessi, in risposta ad un messaggio di posta elettronica dell’avvocato della ricorrente dell’8 marzo 2017, hanno informato quest’ultimo del fatto che la procedura di segnalazione ai sensi della politica di dignità sul luogo di lavoro era in corso e che, in tale fase, la sua richiesta di componimento amichevole della controversia non poteva quindi essere presa in considerazione. Inoltre, nell’ambito di tale scambio di corrispondenza, i due firmatari hanno rilevato che l’avvocato della ricorrente aveva inviato la sua lettera del 6 febbraio 2017, di cui al punto 41 della presente sentenza, a numerose persone, quando invece l’oggetto di tale lettera era di natura estremamente riservata e tale da pregiudicare la reputazione professionale di un membro del personale della BEI. Pertanto, essi hanno reso noto a detto avvocato che tale modo di procedere poteva costituire una violazione delle regole in materia di riservatezza fondamentali nel contesto del procedimento d’inchiesta e poteva aver causato un pregiudizio ai colleghi della ricorrente coinvolti in tale procedimento. Di conseguenza, l’avvocato della ricorrente veniva informato del fatto che la Banca avrebbe esaminato le possibilità esistenti, sul piano legale, per eventuali azioni esperibili dinanzi alle autorità lussemburghesi al fine di rimediare a tale situazione nonché per eventuali misure interne alla Banca. |
62 |
Con lettera del 13 aprile 2017, l’avvocato della ricorrente ha in particolare chiesto al capo del dipartimento del personale, in primo luogo, che fosse revocata formalmente, entro il 25 aprile 2017, la sua minaccia, esplicitata nella lettera del 10 aprile precedente, di intraprendere azioni interne contro la ricorrente per una pretesa violazione di un obbligo di riservatezza; in secondo luogo, che fosse intentato un procedimento disciplinare contro il nuovo direttore per il motivo che egli non aveva ancora ottemperato alla sanzione consistente nel presentare una lettera di scuse, e, in terzo luogo, di formulare un’offerta di risarcimento del danno della ricorrente fino a concorrenza di un anno di stipendio. |
63 |
Con lettera del 9 maggio 2017, la Banca ha trasmesso alla ricorrente una lettera, in data 3 maggio 2017, nella quale il nuovo direttore comunicava segnatamente alla ricorrente, in primo luogo, di essere «realmente desolato per la sofferenza causata in lei dalla [s]ua mancanza di chiarezza nella fissazione degli obiettivi del 2015 e nella definizione del suo nuovo ruolo nel dipartimento [di cui trattasi]»; in secondo luogo, di accettare le conclusioni del comitato d’inchiesta relative all’accertamento della sussistenza di molestie psicologiche e, in terzo luogo, di sperare che, malgrado tale esperienza difficile, essi avrebbero potuto «porre le basi di una collaborazione fruttuosa e positiva nel futuro». Nella lettera del 9 maggio 2017, la ricorrente veniva altresì informata dell’avvio del coaching professionale del nuovo direttore a cui veniva fatto riferimento nella decisione impugnata. |
64 |
Con lettera del 2 giugno 2017, la ricorrente, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento del personale, ha presentato una domanda di conciliazione nella quale chiedeva alla commissione di conciliazione di annullare parzialmente la decisione impugnata in quanto essa minimizzava ingiustamente, da un lato, la gravità dei fatti configuranti molestie psicologiche di cui trattasi, e, dall’altro, la gravità della sanzione che si imponeva nel caso di specie. Ella chiedeva altresì un risarcimento, in primo luogo, del danno da lei subito a seguito delle molestie di cui trattasi fino a concorrenza di EUR 121992; in secondo luogo, del danno morale subito a seguito degli illeciti dell’amministrazione fino a concorrenza di EUR 25000 e, in terzo luogo, del danno derivante dalla pretesa violazione da parte del capo del dipartimento del personale dell’indipendenza della procedura di segnalazione e derivante altresì dalla minaccia o dall’intimidazione contenuta nella lettera del 10 aprile 2017, e ciò fino a concorrenza di EUR 25000. |
Procedimento e conclusioni delle parti
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Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 giugno 2017, la ricorrente ha proposto il presente ricorso. |
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La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
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La BEI chiede che il Tribunale voglia:
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Poiché le parti non hanno chiesto che fosse tenuta un’udienza di discussione ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il Tribunale (Prima Sezione), ritenendosi sufficientemente edotto alla luce degli atti del fascicolo di causa, ha deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di statuire senza la fase orale del procedimento. |
In diritto
Osservazioni preliminari sul regime di impiego proprio alla Banca e sul rispetto del procedimento precontenzioso proprio ai ricorsi riguardanti la Banca
69 |
In via preliminare, occorre ricordare che gli agenti della Banca non sono soggetti allo Statuto dei funzionari dell’Unione europea, risultante dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, quale modificato, da ultimo, dal regolamento (UE, Euratom) n. 1023/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013 (in prosieguo: lo «Statuto dei funzionari»), né al Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea, testi di cui agli articoli 270 e 336 TFUE. |
70 |
Infatti, gli agenti della Banca rientrano nell’ambito di applicazione di un corpus normativo differente, nella fattispecie il regolamento del personale adottato ai sensi dell’articolo 31 del regolamento interno della Banca, a sua volta adottato ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, lettera h), del protocollo n. 5 allegato al Trattato UE e al Trattato FUE. |
71 |
Per quanto riguarda il procedimento precontenzioso proprio alle controversie in cui è chiamata in causa la Banca, contrariamente a quanto avveniva prima del 1o luglio 2013 (sentenze del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI, T‑37/10 P, EU:T:2012:205, punto 75, e del 19 luglio 2017, Dessi/BEI, T‑510/16, non pubblicata, EU:T:2017:525, punti da 21 a 34), l’articolo 41 del regolamento del personale prevede ora che l’avvio della procedura di conciliazione preliminarmente alla proposizione di un ricorso contro la Banca ai sensi di tale disposizione ha carattere obbligatorio. |
72 |
Al riguardo, la ricorrente ha sostenuto che, così come da lei comunicato al presidente della Banca con lettera del 14 giugno 2017, la BEI non aveva nella fattispecie designato il membro del comitato di conciliazione entro il termine di una settimana di cui all’articolo 41 del regolamento del personale e che esso era decorso a partire dalla presentazione, da parte della ricorrente, della sua domanda di conciliazione il 2 giugno 2017. |
73 |
Pur riconoscendo, nella sua lettera di risposta del 26 luglio 2017, di non aver proceduto a tale designazione entro detto termine, il presidente della Banca ha tuttavia sostenuto che il termine di una settimana in parola era meramente indicativo, di modo che la mancata designazione, da parte della Banca, del membro del comitato di conciliazione non poteva equivalere ad uno dei due motivi di fallimento della procedura di conciliazione tassativamente elencati all’articolo 41 del regolamento del personale. Nel corso della fase contenziosa, la Banca non ha tuttavia contestato la ricevibilità del presente ricorso per un motivo tratto dal mancato rispetto della procedura di conciliazione di cui a tale articolo. |
74 |
A tale proposito, poiché la mancata designazione da parte della Banca del membro che deve comporre il comitato di conciliazione e deve poi scegliere, di comune accordo con quello designato dalla ricorrente, il terzo membro di tale comitato osta ad ogni regolare costituzione del comitato di conciliazione, si deve ritenere che la mancata designazione di tale membro da parte della Banca entro il termine di una settimana di cui all’articolo 41 del regolamento del personale determini il fallimento della procedura di conciliazione. |
75 |
Di conseguenza, nella fattispecie e per quanto riguarda la domanda di annullamento della decisione impugnata e quelle risarcitorie ad essa connesse, si deve ritenere che, alla data di presentazione del ricorso, la procedura di conciliazione fosse effettivamente fallita a seguito della mancata designazione, da parte della Banca, del suo membro nel comitato di conciliazione entro il termine ad essa impartito dall’articolo 41 del regolamento del personale. Ne consegue che la ricorrente aveva effettivamente sottoposto la controversia relativa a tali domande alla procedura di conciliazione preliminarmente alla proposizione del ricorso, il quale pertanto, in ogni caso, non è prematuro. |
76 |
Fatte tali precisazioni, occorre ora esaminare, nell’ordine, le domanda di annullamento e quelle risarcitorie. |
Sulla domanda diretta all’annullamento parziale della decisione impugnata
77 |
In via preliminare, la ricorrente precisa che la sua domanda di annullamento riguarda la decisione impugnata solo nelle parti in cui il presidente della Banca, in primo luogo, ha rifiutato di qualificare come molestie psicologiche le pratiche esposte dalla ricorrente e di cui ai punti da 20 a 25, 31, 34, 46, 50 e 51 della relazione (in prosieguo: i «comportamenti ancora controversi»); in secondo luogo, ha rifiutato di avviare il procedimento disciplinare a carico del nuovo direttore, e, in terzo luogo, ha disposto che la decisione impugnata restasse strettamente riservata nei confronti dei vice presidenti della Banca. |
78 |
Pertanto, a sostegno della domanda di annullamento così circoscritta, ella fa valere tre motivi, relativi, rispettivamente:
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Sul primo motivo, relativo a errori di diritto e a errori manifesti di valutazione nella qualificazione dei comportamenti ancora controversi
79 |
Nell’ambito del primo motivo, la ricorrente fa valere, quali due parti distinte, da un lato, che il comitato d’inchiesta ha commesso un errore di diritto considerando che, per poter qualificare come molestie psicologiche taluni dei comportamenti ancora controversi, sarebbe stato necessario che tali comportamenti fossero stati ripetuti, e, dall’altro, che, contrariamente a quanto ritenuto nella relazione, taluni dei comportamenti ancora controversi configuravano oggettivamente molestie psicologiche. |
– Sulla prima parte del primo motivo
80 |
A sostegno della prima parte del primo motivo, la ricorrente sostiene che le constatazioni del comitato d’inchiesta, figuranti ai punti 25, 34 e 46 della relazione e ratificate dal presidente della Banca nella decisione impugnata, sono errate in quanto, per rifiutare di qualificare come molestie psicologiche i comportamenti di cui trattasi in tali punti, il comitato d’inchiesta si è limitato a rilevare che essi si erano verificati una sola volta. |
81 |
Orbene, la ricorrente fa valere che, ai sensi dell’articolo 3.6.1 del codice di condotta, il requisito della ripetizione non riguarda la riproduzione di uno stesso identico atto, ma il ricorrere, nel corso di un periodo abbastanza lungo, di manifestazioni di ostilità risultanti da una molteplicità di atti o di comportamenti che non sono necessariamente e rigorosamente gli stessi. Ogni interpretazione contraria condurrebbe al risultato, a suo parere assurdo, che una persona destinataria di molteplici atti ostili non sarebbe considerata vittima di molestie psicologiche per il solo motivo che tali comportamenti non siano rigorosamente identici. |
82 |
Pertanto, escludendo, nella decisione impugnata, che i comportamenti di denigrazione, di trattenimento di informazioni e di aggressione verbale, quali esaminati, rispettivamente, ai punti 25, 34 e 46 della relazione, possano rientrare in molestie psicologiche o che abbiano potuto aggravare i comportamenti configuranti molestie psicologiche accertatati nella relazione del comitato d’inchiesta, il presidente della Banca avrebbe commesso un errore di diritto. |
83 |
Ad abundatiam, la ricorrente rileva, relativamente alla denigrazione di cui sostiene di essere stata oggetto, che un siffatto comportamento si è parimenti verificato nell’aprile e nel giugno 2016. Quindi, facendo propria la constatazione del comitato d’inchiesta secondo la quale si sarebbe verificato un comportamento denigratorio in una sola occasione, il presidente della Banca avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione al riguardo. |
84 |
La Banca conclude per il rigetto della prima parte del primo motivo in quanto infondata. Essa sottolinea che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la definizione di molestia psicologica contenuta nel punto 3.6.1 del codice di condotta, relativo alla dignità sul luogo di lavoro, non si limiterebbe ad esigere che il comportamento contestato sia stato ripetuto per «un periodo abbastanza lungo», ma richiederebbe altresì che gli atti fatti valere siano «inappropriati» nel senso di «inopportuni» analogamente a quanto prevede la giurisprudenza relativa alla nozione di molestia psicologica di cui all’articolo 12 bis dello Statuto dei funzionari. Inoltre, la Banca sostiene che la condizione della «ripetizione», sancita al detto punto 3.6.1, riguarderebbe la ripetizione di atti di uno stesso tipo che siano stati osservati a più riprese e che, a causa di tale ripetizione, sarebbero allora qualificabili come inopportuni. A questo proposito, essa ritiene che la posizione della ricorrente, contrastante con la giurisprudenza, equivalga a trasformare in un comportamento unico di molestia psicologica atti oggettivamente diversi e separati nel tempo. |
85 |
In ogni caso, i comportamenti ancora controversi non formerebbero un insieme. Al contrario, sarebbe proprio il loro carattere isolato e distinto che avrebbe impedito un siffatto accertamento di unicità di comportamento configurante, nella fattispecie, molestie psicologiche. |
86 |
Per quanto riguarda l’affermazione formulata ad abundantiam dalla ricorrente, la Banca fa valere che essa è priva di fondamento in fatto, in quanto il nuovo direttore avrebbe formulato una sola volta una critica nei confronti della ricorrente a destinazione di un terzo. |
87 |
In via preliminare, il Tribunale rileva che l’articolo 3.6.1 del codice di condotta definisce la molestia psicologica come la «ripetizione, nel corso di un periodo abbastanza lungo, di commenti, atteggiamenti o comportamenti ostili o inappropriati, espressi o manifestati da uno o più membri del personale nei confronti di un altro membro del personale». Tale disposizione del codice di condotta dev’essere letta congiuntamente alla disposizione della politica di dignità sul luogo di lavoro che tratta della definizione di molestia psicologica e ai sensi della quale «[n]on ha rilevanza il fatto che il comportamento di cui trattasi sia intenzionale o meno [; dato che i]l principio determinante è che le molestie e le intimidazioni sono comportamenti indesiderabili e inaccettabili che minano l’autostima e la fiducia in se stessi di coloro che ne sono vittime» (sentenza del 10 luglio 2014, CG/BEI, F‑103/11, EU:F:2014:185, punto 68). |
88 |
Di conseguenza, ai sensi della definizione di molestia psicologica data nella politica di dignità sul luogo di lavoro, letta congiuntamente con l’articolo 3.6.1 del codice di condotta, commenti, atteggiamenti o comportamenti di un membro del personale della Banca nei confronti di un altro membro di tale personale costituiranno «molestie psicologiche» qualora abbiano comportato oggettivamente una lesione dell’autostima e della fiducia in se stessa di tale persona (sentenza del 10 luglio 2014, CG/BEI, F‑103/11, EU:F:2014:185, punto 69). |
89 |
La definizione della nozione di «molestia psicologica» di cui all’articolo 3.6.1 del codice di condotta esige un carattere ripetitivo, per giunta «nel corso di un periodo abbastanza lungo», dei commenti, degli atteggiamenti o dei comportamenti ostili o inappropriati perché questi ultimi possano rientrare in tale nozione. Sotto tale profilo, detta definizione presenta un’analogia con quella, di cui all’articolo 12 bis dello Statuto dei funzionari, che definisce la «molestia psicologica», per i funzionari e agenti rientranti nella sfera di applicazione di tale statuto, come una «condotta inopportuna» che si concretizza con comportamenti, parole, atti, gesti o scritti manifestati «in maniera durevole, ripetitiva o sistematica», il che implica che la molestia psicologica va intesa come un processo che si colloca necessariamente nel tempo e presuppone l’esistenza di comportamenti ripetuti o continui e che siano «volontari», in opposizione ad «accidentali» (v. sentenze del 13 dicembre 2017, HQ/UCVV, T‑592/16, EU:T:2017:897, punto 101, e del 17 settembre 2014, CQ/Parlamento, F‑12/13, EU:F:2014:214, punti 76 e 77). |
90 |
Di conseguenza, tale riferimento nella giurisprudenza relativa all’articolo 12 bis dello Statuto dei funzionari ad un «processo che si colloca necessariamente nel tempo e [che] presuppone l’esistenza di comportamenti ripetuti o continui» può anche applicarsi, per analogia, ai fini dell’applicazione della nozione di «molestia psicologica» applicabile agli agenti della Banca [v., per analogia, per quanto riguarda il regime disciplinare della Banca centrale europea (BCE), sentenza del 17 marzo 2015, AX/BCE, F‑73/13, EU:F:2015:9, punto 103]. |
91 |
Al riguardo, occorre rilevare che la nozione di molestia psicologica si distingue da quella di «molestia sessuale», ai sensi dell’articolo 3.6.2 del codice di condotta, definita come «qualsiasi approccio o sollecitazione di natura sessuale non manifestamente desiderata dal suo destinatario, o qualunque commento, atteggiamento o comportamento a connotazione sessuale anch’esso manifestamente importuno» (v., altresì, analogamente, la definizione adottata all’articolo 12 bis, paragrafo 4, dello Statuto dei funzionari per i funzionari e gli agenti soggetti al detto statuto). |
92 |
Infatti, mentre l’accertamento di una molestia sessuale non dipende necessariamente dalla ripetizione del comportamento o dei comportamenti a connotazione sessuale non desiderati, l’accertamento di una molestia psicologica, dal canto suo, è la risultante dell’accertamento di un insieme di comportamenti e non può in linea di principio avvenire sulla base dell’accertamento di un comportamento isolato. Per questo motivo il fatto che un membro del personale abbia potuto accidentalmente adottare un tono inappropriato in occasione di riunioni o di discussioni con un altro membro del personale non rientra, in linea di principio, nella nozione di molestia psicologica (v., per analogia, sentenza del 17 settembre 2014, CQ/Parlamento, F‑12/13, EU:F:2014:214, punto 95). |
93 |
Tuttavia, pretendere, come raccomanda la Banca nel caso di specie, che la qualificazione di «molestia psicologica» dipenda dalla ripetizione nel tempo di comportamenti identici o dello stesso tipo contrasterebbe con tale nozione di processo nel tempo. Infatti, in quanto risultante di un siffatto processo, le molestie psicologiche possono essere, per definizione, il risultato di un insieme di comportamenti diversi da parte di un membro del personale della Banca nei confronti di un altro, comportamenti che, presi isolatamente, non configurerebbero necessariamente di per sé una molestia psicologica, ma che, valutati globalmente e in maniera contestuale, anche in ragione del loro cumularsi nel tempo, potrebbero essere considerati tali da aver «comportato oggettivamente una lesione dell’autostima e della fiducia in se stesso di [tale altro membro del personale]» destinatario dei detti comportamenti ai sensi dell’articolo 3.6.1 del codice di condotta. |
94 |
Per questo motivo, quando viene esaminata la questione se comportamenti fatti valere da una parte ricorrente costituiscano molestie psicologiche, occorre esaminare tali fatti sia isolatamente sia congiuntamente in quanto elementi di un ambiente di lavoro complessivo creato dai comportamenti di un membro del personale nei confronti di un altro membro di tale personale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 17 settembre 2014, CQ/Parlamento, F‑12/13, EU:F:2014:214, punti 81 e 128). |
95 |
Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal comitato d’inchiesta, in particolare ai punti 25, 34 e 46 della sua relazione, non si può dedurre che un comportamento contestato non configuri una «molestia psicologica» ai sensi dell’articolo 3.6.1 del codice di condotta dalla sola circostanza che tale comportamento sia stato osservato una sola volta. Al contrario, spettava al comitato d’inchiesta verificare se questo stesso comportamento, sia isolatamente sia congiuntamente con altri, avesse potuto «comporta[re] oggettivamente una lesione dell’autostima e della fiducia in se stesso di [tale altro membro del personale]» destinatario dei detti comportamenti ai sensi dell’articolo 3.6.1 del codice di condotta. |
96 |
Dato che, nella decisione impugnata, il presidente della Banca ha fatto proprie le valutazioni del comitato d’inchiesta e, pertanto, ha erroneamente richiesto che, per poter rientrare nella nozione di «molestia psicologica», un comportamento sia ripetuto in forma identica, senza considerare l’effetto cumulato di comportamenti diversi sulla lesione dell’autostima e della fiducia in se stesso del destinatario di siffatti comportamenti, la prima parte del primo motivo dev’essere accolta. |
– Sulla seconda parte del primo motivo
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Nell’ambito della seconda parte del primo motivo, la ricorrente fa valere che, rifiutando di qualificare i comportamenti ancora controversi come configuranti molestie psicologiche, la Banca ha commesso un errore manifesto di valutazione. Nella replica, ella menziona tuttavia otto pratiche, rientranti nei comportamenti ancora controversi, che, a torto, non sarebbero state riconosciute come costituenti molestie psicologiche nella decisione impugnata. Ella sottolinea altresì che la ristrutturazione del dipartimento di cui trattasi non poteva in alcun caso giustificare, ai fini della sua attuazione, comportamenti configuranti molestie psicologiche. |
98 |
La Banca conclude per il rigetto della seconda parte del primo motivo, sottolineando che le difficoltà interne al dipartimento di cui trattasi erano anteriori all’arrivo del nuovo direttore, il quale «era stato assunto per eseguire una ristrutturazione già decisa e porre termine a una penuria delle competenze necessarie in seno a tale servizio (skills shortage)». |
99 |
Al fine di statuire sulla fondatezza della seconda parte del primo motivo, in cui la ricorrente contesta la valutazione di vari comportamenti che, anche presi isolatamente, configurerebbero oggettivamente, a suo parere, molestie psicologiche, occorre innanzitutto esaminare in successione ciascuno di tali comportamenti contestati e, in tale contesto, rilevare che la nozione di «molestia psicologica» di cui all’articolo 3.6.1 del codice di condotta si fonda su una nozione oggettiva che, pur basandosi su una qualificazione contestuale di atti e di comportamenti di funzionari e di agenti non sempre semplice da effettuare, non implica tuttavia che si proceda a valutazioni complesse, del tipo di quelle che possono derivare da nozioni di natura economica (v., per quanto riguarda misure di protezione commerciale, sentenze del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punto 86, e del 27 settembre 2007, Ikea Wholesale, C‑351/04, EU:C:2007:547, punto 40), scientifica [v., per le decisioni dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), sentenza del 7 marzo 2013, Rütgers Germany e a./ECHA, T‑94/10, EU:T:2013:107, punti 98 e 99] o ancora tecnica [v., per le decisioni dell’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (UCVV), sentenza del 15 aprile 2010, Schräder/UCVV, C‑38/09 P, EU:C:2010:196, punto 77], che giustificherebbero il riconoscimento all’amministrazione di un margine di discrezionalità nell’applicazione della nozione di cui trattasi. Pertanto, in presenza di un’asserita violazione dell’articolo 3.6.1 del codice di condotta, occorre verificare se la Banca abbia commesso un errore di valutazione dei fatti alla luce della definizione di molestia psicologica prevista in tale disposizione, e non un errore manifesto di valutazione di tali fatti. |
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Per quanto riguarda, in primo luogo, la pretesa strategia di «messa da parte» della ricorrente, che sarebbe stata in particolare concretizzata dalla rivelazione, da parte del nuovo direttore, del fatto che la ricorrente non avrebbe ottenuto il posto di capo unità a cui aspirava, si deve rilevare che, nella denuncia, la ricorrente sosteneva unicamente che solo dalla decisione del nuovo direttore di presentare il nuovo organigramma del servizio nel pomeriggio del 29 giugno 2015, ossia alla vigilia del colloquio nell’ambito della procedura destinata alla copertura dell’impiego di capo unità a cui la ricorrente aspirava, poteva dedursi che egli aveva implicitamente deciso che la ricorrente non avrebbe ottenuto tale posto. Tuttavia, nel ricorso, ella afferma più categoricamente che il nuovo direttore l’avrebbe informata del fatto che non avrebbe ottenuto tale posto. |
101 |
A parte tale evoluzione nell’allegazione di cui trattasi, il Tribunale ritiene che la ricorrente non abbia provato che, malgrado il fatto che tale decisione dovesse essere adottata collegialmente da un comitato di selezione, il nuovo direttore avesse già deciso, prima del colloquio, sull’esito della procedura di assunzione riguardante il posto di capo unità e le avesse rivelato l’informazione che ella non sarebbe stata prescelta per tale posto in occasione o a causa della presentazione del nuovo organigramma del servizio nel corso della riunione del 29 giugno 2015. |
102 |
Inoltre, il Tribunale rileva che, nel messaggio di posta elettronica da lei inviato il 1o luglio 2015 a un membro del personale della Banca, la ricorrente affermava unicamente di non essere fiduciosa sull’esito della procedura di selezione, e, in tale contesto, ella rivelava che il nuovo direttore, relativamente al fatto che ella figurava in un certo posto nel nuovo organigramma che egli stava per presentare al dipartimento di cui trattasi, le aveva spiegato di aver dovuto procedere in tal modo per dare un’immagine completa del servizio, ma che ciò non avrebbe avuto alcuna influenza sul suo colloquio con il comitato. Orbene, ciò tende piuttosto a dimostrare che il nuovo direttore non aveva ancora preso alcuna decisione al riguardo. In ogni caso, la ricorrente non ha ritenuto necessario contestare l’esito della procedura di assunzione riguardante tale posto, pur asserendo che tale procedura sarebbe stata falsata a favore di una persona che era stata collega del nuovo direttore in un’altra organizzazione internazionale. |
103 |
In tali circostanze, il presidente della Banca, facendo propria l’analisi figurante nella relazione del comitato d’inchiesta, non ha commesso errori di valutazione nel ritenere, da un lato, che la ricorrente non avesse dimostrato l’irregolarità della procedura di selezione nella quale in ogni caso ella non era riuscita ad essere collocata in seconda posizione, ossia subito dopo la persona asseritamente nominata per favoritismo, e non fosse riuscita a dimostrare una sufficiente familiarità con talune delle conoscenze richieste per il posto, e che, dall’altro, tale allegazione non potesse essere considerata configurante una molestia psicologica. |
104 |
Allo stesso modo, per quanto riguarda, in secondo luogo, la decisione di smantellare la compagine ristretta di tre persone la cui gestione era in precedenza compito della ricorrente quando il dipartimento di cui trattasi era sotto la direzione del precedente direttore da cui ella dipendeva direttamente, il Tribunale ricorda che, così come le istituzioni e le agenzie dell’Unione, la Banca è libera di strutturare le sue unità amministrative tenendo conto di un insieme di fattori, quali la natura e l’estensione dei compiti loro affidati e le possibilità di bilancio, come pure dell’evoluzione delle sue priorità. Tale libertà implica quella di sopprimere impieghi e di modificare l’attribuzione delle mansioni degli impieghi mantenuti, nell’interesse di una maggior efficacia dell’organizzazione dei lavori, così come il potere di riassegnare mansioni precedentemente svolte dal titolare del posto soppresso (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 24 aprile 2017, HF/Parlamento, T‑584/16, EU:T:2017:282, punto 103, e del 10 settembre 2014, Tzikas/AFE, F‑120/13, EU:F:2014:197, punto 82). |
105 |
Pertanto, così come ha in sostanza rilevato il comitato d’inchiesta, anche se il nuovo direttore avrebbe potuto impiegare più tempo a spiegare alla ricorrente la necessità di far evolvere le mansioni da lei svolte in precedenza sotto la direzione del precedente direttore, tuttavia la riorganizzazione del dipartimento di cui trattasi era stata decisa dalla Banca, anteriormente all’entrata in carica del nuovo direttore, a seguito di prestazioni insufficienti di tale dipartimento e quindi la soppressione della compagine in precedenza gestita dalla ricorrente, in quanto derivante dall’attuazione di tale ristrutturazione, rientrava nell’ampio potere discrezionale della Banca nell’organizzazione dei suoi servizi e non poteva ragionevolmente essere interpretata come configurante molestie psicologiche da parte del nuovo direttore nell’attuazione della ristrutturazione del dipartimento di cui trattasi decisa dalla Banca. |
106 |
La censura della ricorrente deve di conseguenza essere respinta su questo punto, senza che sia necessario dar seguito alla sua domanda volta ad ottenere che la Banca sia invitata, a titolo di misura di organizzazione del procedimento, a produrre i rapporti informativi del nuovo direttore al fine di dimostrare che la gerarchia di quest’ultimo era al corrente dei problemi da lui incontrati con il personale nell’ambito della ristrutturazione del dipartimento di cui trattasi, nonché tutte le informazioni raccolte presso i dipendenti di tale dipartimento dai «business partners» e dai servizi medici quanto al comportamento del nuovo direttore da ottobre 2014 a giugno 2016. |
107 |
Per quanto concerne, in terzo luogo, le osservazioni espresse nel servizio dal nuovo direttore in ordine, da un lato, al fatto che i dipendenti della Banca non dovrebbero lamentarsi delle loro condizioni di lavoro e, dall’altro, al suo rammarico per non poter licenziare a suo piacimento i dipendenti che non avessero fatto al caso suo come avveniva nelle sue attività precedenti al di fuori della Banca, il comitato d’inchiesta ha concluso nella sua relazione che siffatte osservazioni non sembravano irragionevoli e che le censure della ricorrente a tale riguardo erano «infondate in quanto allegazioni di molestie». Una conclusione del genere non era, di per sé, errata, dato che non era provato che, per quanto maldestre esse fossero ai fini della buona gestione di un servizio, tali osservazioni riguardassero necessariamente e specificatamente la ricorrente. Pertanto, esse non possono neppure essere considerate come minacce proferite nei suoi confronti. |
108 |
Per quanto riguarda, in quarto luogo, il fatto che il nuovo direttore avrebbe rimesso in discussione il ruolo della ricorrente in quanto capo di una compagine, in particolare criticando, o addirittura negando il diritto di quest’ultima di fissare obiettivi ai tre membri di tale compagine e di valutarli, si deve ricordare che, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui godono le istituzioni nell’organizzazione dei loro servizi, né decisioni amministrative su questioni rientranti nell’organizzazione dei servizi, anche se difficili da accettare, né disaccordi con l’amministrazione sulle stesse questioni possono da soli provare l’esistenza di molestie psicologiche (v. sentenza del 17 settembre 2014, CQ/Parlamento, F‑12/13, EU:F:2014:214, punto 98 e giurisprudenza citata). |
109 |
Di conseguenza, poiché la funzione di capo di una compagine non era una funzione formalmente definita nelle norme applicabili all’interno della Banca e, nel caso della ricorrente, era una responsabilità affidatale dal precedente direttore, è senza commettere alcun errore di valutazione che il presidente della Banca, facendo proprio l’accertamento del comitato d’inchiesta su tale punto, ha considerato che tale rimessa in discussione, da parte del nuovo direttore, dell’autorità della ricorrente in quanto capo di una compagine, pur essendo inappropriata, nella fattispecie alla luce dell’articolo 3.3 del codice di condotta ai sensi del quale «[l]e osservazioni critiche [dei superiori gerarchici] devono essere espresse in maniera franca e onesta, senza allusioni né minacce velate», non costituiva una forma di molestia psicologica. |
110 |
Relativamente, in quinto luogo, alla circostanza che la ricorrente non è stata invitata a partecipare a talune riunioni, una siffatta decisione, in quanto tale, può rientrare nel potere discrezionale del nuovo direttore nell’organizzazione dei lavori del dipartimento di cui trattasi e, pertanto, non costituisce necessariamente, di per sé, una molestia psicologica. |
111 |
Allo stesso modo, relativamente, in sesto luogo, al fatto che il nuovo direttore abbia prematuramente interrotto una riunione tenutasi tra il segretario generale aggiunto della Banca, la ricorrente e lui stesso, a motivo di una mancanza di preparazione della ricorrente sul tema che formava oggetto di tale riunione, un siffatto comportamento non costituisce necessariamente, di per sé, una molestia psicologica nei confronti della ricorrente. |
112 |
Per quanto concerne, in settimo luogo, l’allegazione secondo cui il nuovo direttore avrebbe privilegiato nei suoi contatti le persone neoassunte sotto la sua direzione a scapito delle persone già in servizio al momento della sua entrata in carica, non sembra che, in quanto tale, questo comportamento, rientrante piuttosto in una carenza manageriale, possa essere considerato tale da costituire una molestia psicologica nei confronti della ricorrente. |
113 |
Infine, in ottavo luogo, quanto all’affermazione della ricorrente relativa al brusco arresto che avrebbe subito la sua carriera a seguito della partenza del precedente direttore del dipartimento di cui trattasi e dell’entrata in carica del nuovo direttore, si deve necessariamente sottolineare che, così come la promozione di un agente non permette di escludere che egli sia vittima di molestie o di azioni malevole da parte del suo superiore (sentenza del 16 settembre 2013, Faita/CESE, F‑92/11, EU:F:2013:130, punto 89), il fatto che la ricorrente abbia asseritamente subito un rallentamento nell’andamento della sua carriera non costituisce necessariamente, di per sé, una molestia psicologica. |
114 |
In particolare, in una situazione nella quale la ricorrente non ha contestato le sue valutazioni, né le decisioni concernenti il suo avanzamento asseritamente ormai più lento, occorre ricordare che, al di fuori delle procedure di valutazione, di promozione e di selezione nelle quali può contestare le decisioni che lo riguardano, un agente non può nutrire un legittimo affidamento nella perpetuazione di un andamento rapido della sua carriera o nell’accesso a funzioni di capo unità per le quali l’agente abbia avuto assicurazioni da parte del predecessore del suo attuale superiore gerarchico. |
115 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre, da un lato, accogliere parzialmente la seconda parte del primo motivo nei limiti in cui, relativamente ai comportamenti ancora controversi, il presidente della Banca non poteva concludere che essi non rientrassero nella nozione di «molestia psicologica» senza esaminarli in un contesto globale e, dall’altro, respingere tale parte quanto al resto per quanto riguarda la valutazione operata isolatamente dalla Banca di ciascuno dei comportamenti ancora controversi. |
Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto connesso al mancato avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del nuovo direttore
116 |
A sostegno del secondo motivo, la ricorrente fa valere in via principale che, rifiutando di avviare nella fattispecie il procedimento disciplinare nei confronti del nuovo direttore, il presidente della Banca ha violato tanto la politica di dignità sul luogo di lavoro quanto il procedimento disciplinare previsto agli articoli da 38 a 40 del regolamento del personale. A questo proposito, ella sostiene che, nella fattispecie e malgrado il riconoscimento di molestie psicologiche, il presidente della Banca non avrebbe adottato alcuna sanzione nei confronti del nuovo direttore, neppure un rimprovero scritto. Egli si sarebbe infatti limitato a minacciare l’interessato di avviare il procedimento disciplinare nei confronti di quest’ultimo in caso di recidiva entro tre anni, seguendo in ciò le raccomandazioni del comitato d’inchiesta. Orbene, secondo la ricorrente, che ritiene di disporre di un interesse ad agire a tale riguardo, il presidente della Banca non aveva altra scelta, nella fattispecie, se non quella di decidere di avviare un procedimento disciplinare. |
117 |
In particolare, la politica di dignità sul luogo di lavoro prevedrebbe solo cinque tipi di provvedimenti tra i quali non figurerebbe quello di una minaccia di procedimento disciplinare in caso di recidiva. In realtà, secondo la ricorrente, che si fonda al riguardo sul punto 68 della sentenza del 13 luglio 2017, OZ/BEI (T‑607/16, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2017:495), il comitato d’inchiesta non avrebbe avuto altra scelta se non quella di respingere la denuncia o di accoglierla e, in tal caso, di raccomandare procedimenti disciplinari, anche se, su quest’ultimo punto, la ricorrente afferma di non chiedere che al nuovo direttore venga necessariamente inflitta la sanzione più severa. |
118 |
Pertanto, rinunciando ad adottare, al proprio livello, la sanzione di un rimprovero scritto o a decidere l’avvio di un procedimento disciplinare dinanzi alla commissione paritetica disciplinare (joint committee) prevista dall’articolo 40 del regolamento del personale, il presidente della Banca avrebbe violato la ratio legis tanto della politica di dignità sul luogo di lavoro quanto delle disposizioni sul procedimento disciplinare. |
119 |
In ogni caso, la ricorrente ritiene, in subordine, che, anche supponendo che il presidente della Banca disponga di un margine discrezionale nei provvedimenti da adottare a seguito della relazione del comitato d’inchiesta, i provvedimenti adottati nella fattispecie sarebbero in ogni caso manifestamente insufficienti alla luce della gravità dei comportamenti contestati o, quanto meno, di quelli riconosciuti, nella relazione, come configuranti molestie psicologiche. Al riguardo, ella si fonda altresì su un referto del medico di fiducia della Banca secondo il quale esisterebbe, dal 2013, presso la BEI, una cultura che favorisce le molestie psicologiche. Così, il mancato avvio di un procedimento nel caso di specie farebbe parte della banalizzazione delle molestie psicologiche pur vietate all’interno della Banca. In particolare, la semplice minaccia di un procedimento disciplinare in caso di recidiva entro i tre anni successivi non sarebbe tale da assolvere alle funzioni di prevenzione e di dissuasione che debbono normalmente caratterizzare una sanzione amministrativa. |
120 |
La Banca conclude per il rigetto del secondo motivo in quanto infondato, ponendo nel contempo in dubbio l’interesse ad agire della ricorrente. Infatti, secondo la Banca, nessun agente avrebbe interesse a che un altro agente, nella fattispecie il nuovo direttore, sia sottoposto a procedimento disciplinare o subisca una sanzione disciplinare. |
121 |
Quanto al merito, la Banca sostiene che né la Politica di dignità sul luogo di lavoro, né alcun’altra disposizione applicabile al suo interno impone un obbligo di avviare il procedimento disciplinare, e ciò persino in un caso accertato di molestie psicologiche. Infatti, il presidente della Banca disporrebbe al riguardo di un ampio potere discrezionale nella definizione dei provvedimenti che si impongono in un caso del genere, così come il comitato d’inchiesta disporrebbe della facoltà di formulare varie raccomandazioni, ma non sarebbe necessariamente tenuto a raccomandare l’avvio di un procedimento disciplinare. Ne andrebbe qui, in sostanza, del rispetto, da parte del presidente della Banca, del principio di proporzionalità tra la gravità delle molestie accertate e i necessari provvedimenti da adottare di conseguenza. In tale contesto, la Banca ritiene che, contrariamente a quanto suggerisce la ricorrente, il suo presidente non sarebbe stato autorizzato ad infliggere la sanzione del rimprovero scritto senza adire la commissione paritetica disciplinare, adizione che costituirebbe invece una forma sostanziale. |
122 |
In ogni caso, la Banca respinge l’argomento della ricorrente secondo il quale i provvedimenti adottati nel caso di specie sarebbero stati insufficienti alla luce della gravità dei fatti accertati dal comitato d’inchiesta e riconosciuti dal presidente della BEI. A tal riguardo, essa ritiene che la vittima di molestie psicologiche non possa rivendicare il rispetto di un obiettivo di dissuasione e di prevenzione nella definizione dei provvedimenti adottati dal presidente della Banca in un caso accertato di molestie nei suoi confronti, poiché, sempre secondo la Banca, ciò equivarrebbe a conferire a tale vittima un diritto di agire nell’interesse della legge, il che sarebbe in contrasto con la giurisprudenza. |
123 |
In via ulteriormente subordinata, la Banca ritiene che il caso di specie, pur configurando molestie psicologiche, non fosse un caso grave, tale da giustificare l’avvio immediato di un procedimento disciplinare a carico del nuovo direttore. Infatti, se è vero che era stato soggettivamente percepito come grave dalla ricorrente, il comportamento del nuovo direttore, in realtà, sarebbe stato obiettivamente caratterizzato, nella sostanza, da cattiva gestione e comunicazione insufficiente. |
124 |
In via preliminare, nei limiti in cui la ricorrente contesta la decisione impugnata in quanto essa non costituisce un provvedimento adeguato del presidente della Banca in risposta alla sua denuncia, si deve respingere l’argomento della Banca relativo alla mancanza di interesse ad agire della ricorrente al riguardo. Infatti, è inerente ai requisiti di un sindacato giurisdizionale effettivo della decisione impugnata che la ricorrente possa contestare, nell’ambito del presente ricorso, l’inadeguatezza dei provvedimenti adottati in risposta alla sua denuncia. La circostanza che, così facendo, ella contesta alla Banca il fatto di non aver avviato il procedimento disciplinare nei confronti di un terzo, nella fattispecie il nuovo direttore, è ininfluente al riguardo, essendo pacifico che, nell’ambito del presente motivo, la ricorrente non agisce nell’interesse della legge e fa invece valere censure a lei personali. |
– Sui provvedimenti che, in forza della normativa applicabile alla BEI, possono essere raccomandati dal comitato d’inchiesta ed essere successivamente adottati dal presidente della Banca in un caso accertato di molestie psicologiche
125 |
Premessa questa precisazione, occorre ricordare che, conformemente al procedimento d’inchiesta in tema di Politica di dignità sul luogo di lavoro, «il comitato [d’inchiesta] può emanare diverse raccomandazioni dirette a che:
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126 |
Formalmente, la politica di dignità sul luogo di lavoro non prevede espressamente che, quando il comitato d’inchiesta accerta l’esistenza di molestie psicologiche in esito alla sua inchiesta, esso debba necessariamente raccomandare l’avvio del procedimento disciplinare, il quale è solo uno dei cinque tipi di raccomandazione espressamente previsti da tale norma. |
127 |
Tuttavia, in un siffatto caso di accertamento di molestie psicologiche, sono applicabili solo il primo e il quinto tipo di raccomandazione, e cioè la raccomandazione diretta a che il caso sia archiviato perché le due parti hanno potuto chiarire la situazione ed è stata trovata una soluzione per il futuro, accettabile per entrambe le parti, oppure quella riguardante l’avvio del procedimento disciplinare. |
128 |
In mancanza di una soluzione accettabile per il futuro trovata tra le parti, come avviene nella fattispecie in quanto, contestando la decisione impugnata, la ricorrente ha chiaramente espresso il suo disaccordo sui provvedimenti proposti dal comitato d’inchiesta e adottati dal presidente della Banca, la formulazione letterale della Politica in materia di dignità sul luogo di lavoro tende a indicare che l’accertamento di molestie psicologiche da parte del comitato d’inchiesta deve in linea di principio condurre quest’ultimo a raccomandare l’avvio del procedimento disciplinare. |
129 |
Per quanto riguarda i tipi di decisione che il presidente della Banca può adottare sulla base della relazione redatta dal comitato d’inchiesta, la Politica di dignità sul luogo di lavoro prevede un elenco di tre eventuali provvedimenti da adottare. Così essa dispone che «tra [essi vanno annoverati], ad esempio, l’avvio di un procedimento disciplinare [a carico del molestatore], il varo di ulteriori inchieste in un’unità lavorativa o in un dipartimento precisi, [o] una soluzione accettata di comune accordo tra le parti». Tenuto conto dell’impiego del termine «ad esempio», tale elenco non appare tassativo. |
130 |
Relativamente alle conseguenze disciplinari che possono essere immediatamente decise dal presidente della Banca a fronte di un caso accertato di molestie psicologiche, l’articolo 38 del regolamento del personale prevede un regime disciplinare, analogo a quello previsto all’articolo 86 dello Statuto dei funzionari, integrato dall’allegato IX di detto Statuto, ai sensi del quale tre provvedimenti disciplinari possono essere adottati a seconda della gravità dei casi. Mentre il primo, la «censura scritta», può essere adottato senza l’intervento della commissione paritetica disciplinare, analoga alla commissione di disciplina prevista dallo Statuto dei funzionari, gli altri due provvedimenti possono, a loro volta, essere adottati solo previo parere della commissione paritetica disciplinare la cui composizione è disciplinata dall’articolo 40 del regolamento del personale. Tali due ultimi provvedimenti sono il «licenziamento per gravi motivi, senza preavviso con o senza indennità di cessazione del servizio» e il «licenziamento per gravi motivi, senza preavviso né indennità di cessazione dal servizio, e con riduzione dei diritti a pensione». |
131 |
Su tale punto, contrariamente a quanto sostiene la Banca, alla luce della formulazione letterale dell’articolo 38 del regolamento del personale, l’irrogazione di una sanzione da parte del presidente della Banca non richiede, in ogni caso, l’adizione della commissione paritetica disciplinare. |
– Sulla natura e sul carattere sufficiente dei provvedimenti adottati nel presente caso di molestie psicologiche accertate
132 |
Nella fattispecie, il comitato d’inchiesta ha raccomandato l’avvio di un procedimento disciplinare, ma condizionandolo alla recidiva del nuovo direttore nella sua violazione del divieto di molestie psicologiche in seno alla Banca. Poiché il presidente della Banca ha ratificato tale raccomandazione del comitato d’inchiesta, si deve esaminare se, come sostiene la ricorrente, tale provvedimento potesse essere adottato da quest’ultimo nel caso di specie. |
133 |
Si pongono pertanto la questione del margine discrezionale del presidente della Banca nella determinazione del provvedimento o dei provvedimenti da adottare in presenza di molestie psicologiche accertate dal comitato d’inchiesta nonché quella del carattere adeguato dei provvedimenti adottati nella fattispecie. |
134 |
Al riguardo, poiché il corpus normativo applicabile alla Banca non prevede alcuna disposizione contenente un concetto analogo, occorre ispirarsi, alla luce degli obiettivi analoghi perseguiti dall’articolo 3.2.1 del codice di condotta e dall’articolo 12 bis dello Statuto dei funzionari, alla giurisprudenza relativa all’obbligo di assistenza derivante dall’articolo 24 dello Statuto dei funzionari, ai sensi del quale, da un lato, «[l]’Unione assiste il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni» e, dall’altro,«[e]ssa risarcisce solidalmente il funzionario dei danni subiti in conseguenza di tali fatti, sempreché egli, intenzionalmente o per negligenza grave non li abbia causati e non abbia potuto ottenerne il risarcimento dal responsabile». |
135 |
A questo proposito, per quanto concerne i funzionari e gli agenti soggetti alla normativa di cui all’articolo 336 TFUE, secondo una giurisprudenza costante, per quanto riguarda i provvedimenti da adottare in una situazione che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 24 dello Statuto dei funzionari, l’amministrazione dispone di un ampio potere discrezionale, sotto il controllo del giudice dell’Unione, nella scelta dei provvedimenti e dei mezzi di applicazione dell’articolo 24 dello Statuto dei funzionari (sentenze del 25 ottobre 2007, Lo Giudice/Commissione, T‑154/05, EU:T:2007:322, punto 137; del 24 aprile 2017, HF/Parlamento, T‑570/16, EU:T:2017:283, punto 48, e del 6 ottobre 2015, CH/Parlamento, F‑132/14, EU:F:2015:115, punto 89). |
136 |
D’altro canto, in materia di molestie, in termini generali, l’istituzione può adottare sanzioni disciplinari o di altro genere nei confronti di un asserito molestatore, si tratti o meno di un superiore gerarchico della presunta vittima, solo quando i provvedimenti istruttori disposti, ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto dei funzionari, dimostrino con certezza che la persona accusata dal funzionario o dall’agente ha adottato un comportamento lesivo del buon funzionamento del servizio o della dignità e della reputazione della presunta vittima (sentenze del 9 novembre 1989, Katsoufros/Corte di giustizia, 55/88, EU:C:1989:409, punto 16; del 28 febbraio 1996, Dimitriadis/Corte dei conti, T‑294/94, EU:T:1996:24, punto 39, e del 6 ottobre 2015, CH/Parlamento, F‑132/14, EU:F:2015:115, punto 90). |
137 |
Sulla base di tali considerazioni giurisprudenziali, si deve ritenere che, ai fini dell’attuazione della Politica di dignità sul luogo di lavoro, il presidente della Banca disponga di un ampio potere discrezionale nella definizione dei provvedimenti da adottare a seguito della relazione redatta dal comitato d’inchiesta. |
138 |
Nella fattispecie, il presidente della Banca non ha ritenuto necessario infliggere una censura scritta al direttore di cui trattasi. D’altro canto, la Banca non ha asserito, a sua difesa, che la precisazione secondo cui tale direttore si esporrebbe a procedimenti disciplinari in caso di recidiva entro tre anni dovesse essere interpretata come una censura, né che essa avesse preso una forma scritta messa agli atti nel fascicolo amministrativo del nuovo direttore. Inoltre è pacifico che il presidente della Banca non ha deciso di adire immediatamente la commissione paritetica disciplinare ai sensi degli articoli 38 e 40 del regolamento del personale. |
139 |
Quindi, in definitiva, in risposta ad un caso pur da lui accertato di molestie psicologiche, il presidente della Banca si è limitato a comunicare alla persona che ha presentato una denuncia ai sensi di tale politica che al membro del personale che l’aveva molestata era stato reso noto che egli sarebbe stato esposto a procedimenti disciplinari solo in caso di recidiva entro un termine di tre anni. |
140 |
Orbene, il Tribunale rileva, da un lato, che un provvedimento del genere, applicabile unicamente in caso di recidiva dell’interessato, implica che la sanzione dell’accertato comportamento configurante molestie psicologiche dipenda dall’accertamento di un nuovo comportamento censurabile, mentre invece tale accertamento dipenderebbe, eventualmente, dalla decisione aleatoria della nuova vittima di presentare o meno una denuncia ai sensi della Politica di dignità sul luogo di lavoro. |
141 |
Dall’altro lato, alla luce degli obiettivi assegnati al codice di condotta e alla Politica in materia di dignità sul luogo di lavoro, e, in particolare, della gravità intrinseca di ogni comportamento configurante molestie psicologiche affermata in tali normative adottate dalla Banca, si deve ritenere che, in considerazione delle circostanze del caso di specie, i provvedimenti adottati dal presidente della Banca fossero insufficienti e, pertanto, inadeguati rispetto alla gravità del caso di specie, quanto meno per quanto riguardava il seguito immediato da dare ai comportamenti già individuati dal presidente della Banca come configuranti molestie psicologiche. |
142 |
Pertanto, fatto salvo il nuovo esame d’insieme al quale la Banca dovrà procedere alla luce delle valutazioni del Tribunale nell’ambito del primo motivo e senza che sia necessario statuire sulla questione se il comitato d’inchiesta avrebbe dovuto maggiormente tener conto, nella formulazione delle sue raccomandazioni, delle pretese denunce di altri quattro membri del personale presso il servizio medico della Banca e, inoltre, se tali allegazioni costituiscano una censura personale alla ricorrente che, ai sensi della giurisprudenza, non conferisce ai funzionari e agenti un diritto di agire nell’interesse della legge o del personale di un’istituzione o di un’agenzia dell’Unione (v., in questo senso, sentenza del 28 aprile 2017, HN/Commissione, T‑588/16, non pubblicata, EU:T:2017:292, punto 90 e giurisprudenza citata), si deve accogliere il secondo motivo. |
Sul terzo motivo, relativo a errori di diritto e ad errori manifesti di valutazione quanto all’obbligo della ricorrente, nella sua qualità di vittima, di mantenere riservata la decisione impugnata
143 |
A sostegno del suo terzo motivo, la ricorrente fa valere che la Banca non poteva pretendere da lei che mantenesse riservati, anche nei confronti dei quadri dirigenti della Banca, l’esistenza e il contenuto della decisione impugnata. |
144 |
A tal riguardo, ella ammette che, nella fase della presentazione della denuncia, la Politica di dignità sul luogo di lavoro contiene un obbligo di riservatezza gravante sulla vittima, sul presunto molestatore, sui testimoni nonché sugli altri partecipanti alla procedura. Infatti, sarebbe legittimo proteggere la reputazione dei vari protagonisti fino a quando i fatti non siano accertati. La ricorrente ritiene però che, una volta terminato il procedimento d’inchiesta, nessuna disposizione giuridica autorizzi il presidente della Banca ad imporre il silenzio alla persona riconosciuta vittima di molestie psicologiche, dato che una siffatta imposizione favorirebbe la tutela della reputazione della persona chiamata in causa mentre invece essa è stata riconosciuta responsabile di atti configuranti molestie psicologiche. |
145 |
Pertanto, secondo la ricorrente, sarebbe connaturato con la Politica di dignità sul luogo di lavoro il fatto che la persona riconosciuta vittima di molestie psicologiche o, all’inverso, la persona coinvolta a torto in quanto presunto molestatore possa far valere l’esito del procedimento d’inchiesta. Per la vittima, ne andrebbe in particolare del ripristino della sua integrità professionale e del suo equilibrio psicologico. Orbene, quest’ultimo dipenderebbe necessariamente dal riconoscimento, da parte di tutti, della fondatezza della sua denuncia e della sofferenza a cui ella è stata esposta. Nella fattispecie, la ricorrente avrebbe, in particolare, interesse a poter spiegare al suo prossimo superiore gerarchico o al suo prossimo datore di lavoro le ragioni obiettive per le quali ella è stata vittima di un burn out e ha dovuto interrompere la sua carriera attraverso un’AMP di due anni. Ciò sarebbe corroborato dai punti 257 e 258 della sentenza del 5 dicembre 2012, Z/Corte di giustizia (F‑88/09 e F‑48/10, EU:F:2012:171). |
146 |
L’imposizione della Banca di mantenere riservata la decisione impugnata costituirebbe altresì un errore manifesto di valutazione, poiché tale decisione contribuirebbe a favorire le molestie psicologiche all’interno della Banca, mentre invece, alla luce delle norme applicabili, la BEI, in base anche al suo dovere di diligenza e di sollecitudine, sarebbe tenuta a garantire la rivelazione dell’esistenza del presente caso di molestie psicologiche, al fine di indurre a parlare le altre vittime potenziali, in particolare, nel caso di specie, le altre quattro persone del dipartimento di cui trattasi che si erano confidate su tale questione con il medico di fiducia della Banca. |
147 |
La Banca sostiene che, nei limiti in cui sarebbe diretto all’annullamento della decisione del 10 aprile 2017, il terzo motivo dovrebbe essere respinto in quanto irricevibile. In ogni caso, la circostanza che, in tale lettera, la questione della riservatezza sia stata ricordata alla ricorrente non può portare all’annullamento della decisione impugnata, in quanto, da un lato, si tratta di un atto posteriore a tale decisione e, dall’altro, si tratterebbe di un elemento accessorio e separabile dalla detta decisione. Inoltre, tale richiamo elementare del dovere di riservatezza della ricorrente non sarebbe consistito nella creazione di un nuovo obbligo di riservatezza e sarebbe stato comunque giustificato nel caso di specie. |
148 |
A questo proposito, occorre ricordare che la legittimità dell’atto impugnato dev’essere valutata in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (sentenze del 7 febbraio 1979, Francia/Commissione, 15/76 e 16/76, EU:C:1979:29, punto 7; del 17 maggio 2001, IECC/Commissione, C‑449/98 P, EU:C:2001:275, punto 87, e del 28 luglio 2011, Agrana Zucker, C‑309/10, EU:C:2011:531, punto 31). |
149 |
Nella fattispecie, come giustamente sottolinea la ricorrente, la decisione impugnata reca, in lettere maiuscole, la dicitura «Strettamente riservato» (strictly confidential), senza però che possa esserne immediatamente dedotto che, con tale dicitura, il presidente della Banca abbia inteso vietare alla ricorrente di rivelare ad altri membri del personale l’esistenza e il contenuto di tale decisione. |
150 |
Per comprendere la portata di tale dicitura figurante nella decisione impugnata, occorre riferirsi nel contempo all’articolo 9 del regolamento del personale della Banca e al procedimento d’inchiesta in materia di politica di dignità sul luogo di lavoro. Al riguardo, tale articolo 9 prevede che, nei confronti delle persone esterne alla Banca, «[i] membri del personale non possono, senza previa autorizzazione, comunicare o divulgare informazioni o documenti (…) riguardanti la Banca o riferentisi all’attività di quest’ultima». La Politica di dignità sul luogo di lavoro prevede dal canto suo che «tutte le parti coinvolte nell’inchiesta e nelle audizioni, compresi [gli] astanti e [i] testimoni, (…) sono soggette al dovere di riservatezza». Inoltre, essa prevede che, «[a]l fine di tutelare tutte le parti interessate, gli atti saranno conservati nella più stretta riservatezza e le informazioni saranno divulgate solo in caso di assoluta necessità». |
151 |
Pertanto, occorre ammettere che, apponendo in lettere maiuscole sulla decisione impugnata la dicitura: «Strettamente riservato», il presidente della Banca ha inteso vietare alla ricorrente, alla luce delle citate disposizioni, di far menzione dell’esistenza e del contenuto della decisione impugnata sia a persone esterne alla Banca sia ad altri membri del personale e ai quadri dirigenti della Banca. Tale constatazione corrisponde del resto a quanto fatto valere, in sostanza, dalla Banca nel suo controricorso. |
152 |
Al riguardo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, tale constatazione non è necessariamente corroborata dal fatto che, nella lettera del 10 aprile 2017 – contenente in lettere maiuscole, la dicitura «Personale e riservato» (Personal and confidential), ma di cui la ricorrente non chiede tuttavia l’annullamento nel caso di specie –, veniva constatato che si sarebbe potuto ritenere che la ricorrente fosse venuta meno alle regole in materia di riservatezza inviando il messaggio di posta elettronica del 6 febbraio 2017, il cui oggetto era «di natura estremamente riservata in quanto, tra l’altro, pregiudic[ava] la reputazione professionale di un membro del personale della BEI», a destinatari multipli. Infatti, a tale data, la procedura dinanzi al comitato d’inchiesta era in corso. Pertanto, a detta data, la ricorrente era tenuta all’obbligo di riservatezza previsto nella Politica di dignità sul luogo di lavoro finché il procedimento d’inchiesta era in corso e persino qualora ella intendesse menzionare unicamente la segnalazione da lei fatta ai sensi della politica di segnalazione. |
153 |
Per contro, il contenuto della lettera del 9 maggio 2017 conferma, dal canto suo, che, con l’apposizione della dicitura «Strettamente riservato» nella decisione impugnata, il presidente della Banca aveva inteso vietare alla ricorrente di far menzione dell’esistenza e del contenuto della decisione impugnata sia a persone esterne alla Banca sia ad altri membri del personale e ai quadri dirigenti della Banca. Infatti, nella lettera del 9 maggio 2017, veniva ricordato alla ricorrente che, come sapeva, tutti i documenti relativi alla procedura di dignità sul luogo di lavoro dovevano essere trattati con la più stretta riservatezza e che la lettera di scuse del nuovo direttore, redatta in esecuzione della decisione impugnata, non doveva essere rivelata o divulgata a terzi dalla ricorrente. |
154 |
Occorre dunque determinare se il presidente della Banca o i suoi servizi potessero attribuire alla decisione impugnata e alla lettera di scuse del nuovo direttore un grado di riservatezza tale da portare a vietare alla ricorrente di rivelare a terzi l’esistenza di tali documenti nonché il loro contenuto. |
155 |
Su questo punto, occorre rilevare che il punto 3, lettera d), del procedimento d’inchiesta in tema di politica di dignità sul luogo di lavoro prevede che quando un agente presenta una denuncia, «quest’ultima non può più essere ritirata e [che] la procedura deve andare sino alla sua conclusione». |
156 |
A questo proposito, l’importanza di condurre l’inchiesta amministrativa sino alla sua conclusione attiene in particolare al fatto, da un lato, che il riconoscimento eventuale, da parte della Banca, in esito all’inchiesta amministrativa, eventualmente condotta con l’ausilio di un organo distinto come il comitato d’inchiesta, della sussistenza di molestie psicologiche può, di per sé, avere un effetto benefico nel processo terapeutico di ricostituzione del funzionario o dell’agente molestato e potrà, inoltre, essere utilizzato dalla vittima ai fini di un’eventuale azione giurisdizionale nazionale. Dall’altro lato, il completo svolgimento di un’indagine amministrativa può, inversamente, consentire di smentire le asserzioni della presunta vittima, consentendo quindi di porre rimedio ai torti che una siffatta accusa, ove dovesse rivelarsi infondata, ha potuto cagionare al soggetto coinvolto in un procedimento d’inchiesta quale presunto molestatore (v., per analogia, sentenza del 6 ottobre 2015, CH/Parlamento, F‑132/14, EU:F:2015:115, punti 123 e 124 e giurisprudenza citata). |
157 |
Orbene, se dovesse essere imposto ad un membro del personale della Banca vittima di molestie psicologiche di tacere sull’esistenza di siffatte molestie, ciò avrebbe come conseguenza, al di là del fatto che quest’ultimo non sarebbe più necessariamente in grado di giustificare eventuali assenze per motivi di malattia connessi a dette molestie psicologiche, che l’interessato non potrebbe avvalersi degli accertamenti operati dal comitato d’inchiesta e dal presidente della Banca, rispettivamente nella relazione e nella decisione impugnata, in particolare nell’ambito di un’eventuale azione intentata dinanzi ad un giudice nazionale contro il responsabile delle molestie. |
158 |
Una siffatta interpretazione della normativa applicabile alla Banca entrerebbe in conflitto con l’obiettivo, sotteso al codice di condotta e alla politica di dignità sul luogo di lavoro, di prevenire e di sanzionare qualsiasi molestia psicologica all’interno delle istituzioni e degli organi dell’Unione, laddove invece le molestie psicologiche, in quanto pregiudicano la salute e la dignità della persona che ne è vittima, costituiscono una violazione dei diritti del lavoratore ai sensi dell’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. |
159 |
Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il terzo motivo dev’essere accolto e che, pertanto, entro i limiti di quanto constatato ai punti 115 e 142 della presente sentenza nonché nell’ambito della trattazione del terzo motivo, la decisione impugnata dev’essere annullata. |
Sulle domande risarcitorie
160 |
La ricorrente formula tre domande di risarcimento che occorre esaminare nell’ordine. |
161 |
Dal canto suo, la Banca conclude per il rigetto delle domande risarcitorie, contestando l’esistenza di qualsiasi illecito da parte sua. |
Sul risarcimento del danno morale risultante dalle pratiche di molestia accertate nella decisione impugnata
162 |
Secondo la ricorrente, le pratiche di molestia psicologica del nuovo direttore le avrebbero cagionato un danno che la Banca sarebbe tenuta a risarcire poiché i comportamenti la cui natura di molestie psicologiche è stata riconosciuta dal comitato d’inchiesta e dal presidente della Banca sarebbero stati adottati dal nuovo direttore nell’esercizio delle sue funzioni. La ricorrente reclama pertanto in via principale, a titolo di riparazione del pregiudizio arrecato alla sua reputazione e alla sua salute, il quale sarebbe provato dal certificato medico del suo psichiatra, un risarcimento dell’ammontare di EUR 121992, pari ad un anno di stipendio lordo, vale a dire alla metà dello stipendio che avrebbe percepito se non fosse stata costretta a chiedere un’AMP di due anni al fine di allontanarsi dal suo molestatore all’epoca presunto. |
163 |
In subordine, ella ritiene che l’importo del risarcimento reclamato a motivo dei comportamenti del nuovo direttore non possa essere inferiore all’ammontare del premio di rendimento percepito da quest’ultimo nel 2015 e nel 2016, anni durante i quali egli ha molestato psicologicamente la ricorrente. Infatti, un siffatto modo di valutare il suo danno permetterebbe di evitare che l’interessato venga ricompensato dalla Banca per gli atti censurabili da lui commessi e che sono stati riconosciuti come tali dal comitato d’inchiesta e dal presidente della Banca. Al fine di statuire su tale domanda proposta in via subordinata, la ricorrente invita il Tribunale a ingiungere alla BEI di informarla dell’ammontare di tale premio di rendimento vuoi nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, vuoi in occasione dell’udienza che ella non ha però alla fine richiesto. |
164 |
La Banca conclude per il rigetto della domanda di risarcimento, rilevando nel contempo che la pretesa della ricorrente non si baserebbe su alcun elemento medico credibile che dimostri un nesso tra le molestie accertate e l’asserito pregiudizio allo stato di salute della ricorrente. Essa ritiene altresì di aver seguito le procedure applicabili e di averle esperite tempestivamente. In particolare, essa fa valere che la ricorrente non ha dimostrato in cosa sarebbe consistito l’illecito della Banca. |
165 |
A tal riguardo, occorre ricordare che, in applicazione di una giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della BEI è subordinata al ricorrere di un insieme di condizioni, vale a dire l’illiceità del comportamento che le viene addebitato, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (v. sentenza del 1o giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 42 e giurisprudenza citata). |
166 |
Inoltre, secondo una giurisprudenza costante parimenti applicabile mutatis mutandis alle controversie tra la BEI e i membri del suo personale, il contenzioso tra l’Unione e i suoi agenti, indipendentemente dal regime di impiego ad essi applicato, obbedisce a regole particolari e speciali rispetto a quelle derivanti dai principi generali che disciplinano la responsabilità extracontrattuale dell’Unione nel quadro dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. Infatti, a differenza di qualsiasi altro soggetto che agisce ai sensi di queste ultime disposizioni, il funzionario o l’agente dell’Unione è legato all’istituzione o all’agenzia presso la quale presta servizio da un rapporto giuridico d’impiego che implica un equilibrio di specifici diritti ed obblighi reciproci, che si manifesta nel dovere di sollecitudine dell’istituzione nei confronti dell’interessato. Tale equilibrio è essenzialmente destinato a preservare il rapporto di fiducia che deve esistere tra le istituzioni e i loro agenti al fine di garantire ai cittadini il corretto svolgimento delle funzioni di interesse generale assegnate alle istituzioni. Ne consegue che, allorché agisce in qualità di datore di lavoro, l’Unione è soggetta ad una maggiore responsabilità, che si manifesta con l’obbligo di risarcire i danni causati al suo personale da qualsiasi illecito commesso nella sua qualità di datore di lavoro (sentenze del 16 dicembre 2010, Commissione/Petrilli, T‑143/09 P, EU:T:2010:531, punto 46, non riesaminata con decisione dell’8 febbraio 2011, Riesame Commissione/Petrilli, C‑17/11 RX, EU:C:2011:55, e del 12 luglio 2012, Commissione/Nanopoulos, T‑308/10 P, EU:T:2012:370, punto 103) e non unicamente, come avviene per i ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 268 e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, per le sole violazioni sufficientemente gravi di una norma giuridica diretta a conferire diritti ai singoli. |
167 |
Inoltre, qualora non ricorra una delle tre condizioni ricordate al punto 165 della presente sentenza, il ricorso dev’essere respinto nel suo insieme senza che sia necessario esaminare le altre condizioni della responsabilità extracontrattuale (sentenze del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 14). |
168 |
Per quanto riguarda gli asseriti danni subiti dalla ricorrente a seguito dei comportamenti del nuovo direttore, occorre sottolineare che, anche se tali comportamenti sono stati messi in atto da quest’ultimo nell’esercizio delle sue funzioni, nondimeno essi possono far sorgere la responsabilità personale dell’interessato nell’ambito di un ricorso proposto dalla ricorrente dinanzi al giudice nazionale competente, anche se, al riguardo, contrariamente a quanto avviene ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto dei funzionari, le norme applicabili alla BEI non prevedono un obbligo di assistenza che imponga alla Banca di assistere la ricorrente, in particolare sul piano finanziario, in una tale ricerca di risarcimento e di rispondere in solido, se del caso, dei danni causati da uno dei suoi agenti ad un altro dei suoi agenti (v., per quanto riguarda la portata dell’obbligo di assistenza ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto dei funzionari, sentenza del 12 dicembre 2013, CH/Parlamento, F‑129/12, EU:F:2013:203, punto 57). |
169 |
Pertanto, la responsabilità della Banca non può sorgere in base al comportamento di uno dei suoi agenti nei confronti di un altro agente a meno che tale comportamento non fosse stato richiesto dall’autorità gerarchica, il che non si è verificato nel caso di specie. |
170 |
Ne consegue che la condizione attinente all’illiceità di un comportamento della Banca manca per quanto riguarda il preteso danno subito dalla ricorrente a causa del comportamento configurante «molestie psicologiche» imputabile al nuovo direttore e passibile, in quanto tale, di risarcimento mediante un’azione intentata contro l’interessato dinanzi ad un giudice nazionale. |
171 |
Inoltre, la ricorrente non può ragionevolmente sostenere che la Banca ha mancato nell’applicazione delle sue procedure interne quando invece, nel caso di specie, essa ha condotto la procedura prevista dalla politica di dignità sul luogo di lavoro sino alla sua conclusione e, nella decisione impugnata, pur non avendone tratto tutte le conseguenze che si imponevano, il presidente della Banca ha riconosciuto l’esistenza di molestie psicologiche per quanto riguardava taluni dei comportamenti addebitati al nuovo direttore. |
172 |
Ne consegue che la ricorrente non ha provato l’illecito della Banca per quanto riguarda il preteso danno subito a seguito delle molestie psicologiche del nuovo direttore nei suoi confronti. |
173 |
In ogni caso, neppure la condizione attinente all’esistenza di un nesso di causalità tra l’illecito e il danno asserito è soddisfatta nel caso di specie. |
174 |
Infatti, risulta dal fascicolo che, nella sua domanda di AMP, la ricorrente aveva fatto valere due motivi di cui uno era attinente alla sua volontà di distanziarsi dal dipartimento di cui trattasi durante il procedimento d’inchiesta. Per contro, non risulta che ella abbia chiesto alla Banca di essere temporaneamente riassegnata ad un altro servizio, quanto meno nelle stesse funzioni, pur essendosi mostrata disponibile, a titolo di composizione amichevole, ad accettare una promozione in un posto del gruppo di funzioni dei capi unità in un altro dipartimento. |
175 |
Pertanto, alla luce del fatto che l’amministrazione ha accolto la sua domanda solo in considerazione dell’altro motivo, e cioè quello di creare una propria impresa o di entrare in un’altra impresa, è chiaro che il suo mancato reddito in provenienza dalla Banca per un periodo di due anni, nonché il suo danno morale al riguardo sono la conseguenza della sua scelta di prendere un’AMP. |
176 |
Da quanto precede risulta che, senza che sia necessario porsi la questione della pertinenza delle informazioni richieste dalla ricorrente quanto all’ammontare del premio di rendimento percepito dal nuovo direttore, la domanda risarcitoria vertente sulla riparazione del danno morale derivante dalle pratiche di molestia accertate nella decisione impugnata deve essere respinta. |
Sul risarcimento del danno morale separabile dai profili di illegittimità che viziano la decisione impugnata
177 |
La ricorrente fa valere di aver subito un danno morale, separabile dalle illegittimità che viziano la decisione impugnata e che non potrebbe essere integralmente risarcito solo con l’annullamento di tale decisione. |
178 |
Tale danno morale da lei valutato ex æquo et bono nella somma di EUR 25000 deriverebbe, in primo luogo, dalla scelta del comitato d’inchiesta e del presidente della Banca di non procedere ad un’inchiesta su tutte le pratiche censurabili di cui il nuovo direttore sarebbe stato l’autore e che sarebbero state menzionate dagli altri quattro dipendenti del dipartimento di cui trattasi; in secondo luogo, dalla mancata adozione, da parte della Banca, di provvedimenti diretti a ripristinare la reputazione professionale della ricorrente e, in particolare, dal divieto, durante il procedimento precontenzioso e contenzioso, di rivelare a chiunque all’interno della Banca che ella era stata vittima di molestie psicologiche; in terzo luogo, dal senso di ingiustizia e di sofferenza a cui ella è stata confrontata per essere stata costretta, al fine di veder riconosciuti i suoi diritti, ad avviare tali procedimenti, compreso quello di conciliazione e, in quarto luogo, dal fatto che il nuovo direttore ha presentato le sue scuse solo tardivamente. Ella menziona altresì la mancata propensione, da parte della Banca, a comporre la controversia per via amichevole, poiché quest’ultima non ha accettato di offrirle un posto di capo unità in un altro dipartimento, né un indennizzo. |
179 |
La Banca contesta l’esistenza di un danno morale separabile dalle pretese illegittimità che vizierebbero la decisione impugnata, sottolineando, in particolare, che essa non aveva alcun obbligo di istruire un procedimento d’inchiesta riguardante le quattro persone menzionate dalla ricorrente come vittime di molestie psicologiche, dato che tali persone non hanno presentato alcuna denuncia in tal senso e che la ricorrente non disporrebbe di alcun interesse ad agire a favore di terzi. Inoltre, in considerazione del grado di precisione e completezza della denuncia della ricorrente, il comitato d’inchiesta non aveva l’obbligo di indagare al di là dei fatti asseriti. Relativamente alla reputazione della ricorrente e all’obbligo di mantenere riservata la decisione impugnata che le sarebbe stato imposto, la Banca non vede come la ricorrente avrebbe subito un danno morale, in particolare perché la Banca avrebbe il diritto di avvalersi dei rimedi giuridici interni o esterni in caso di violazione, da parte dei membri del suo personale o dei terzi, di regole in materia di riservatezza applicabili al suo interno. Quanto alla mancata proposta di un nuovo posto, la Banca ricorda che la ricorrente era in AMP e che ella non era quindi destinata a riprendere il lavoro a breve, il che giustificava il fatto che non le sia stata fatta alcuna offerta di un altro impiego. |
180 |
Al riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità, quale la decisione impugnata, costituisce, di per sé, la riparazione adeguata e, in linea di principio, sufficiente, di qualunque danno morale che tale atto possa aver causato. Ciò non può tuttavia valere qualora la parte ricorrente dimostri di aver subito un danno morale separabile dall’illegittimità che fonda l’annullamento e che non possa essere integralmente riparato da tale annullamento (v., in tal senso, sentenze del 31 marzo 2004, Girardot/Commissione, T‑10/02, EU:T:2004:94, punto 131; del 19 maggio 2015, Brune/Commissione, F‑59/14, EU:F:2015:50, punto 80, e del 16 maggio 2017, CW/Parlamento, T‑742/16 RENV, non pubblicata, EU:T:2017:338, punto 64). |
181 |
Nella fattispecie, quanto alla scelta del comitato d’inchiesta e del presidente della Banca di non procedere a un’inchiesta su tutte le pratiche censurabili di cui il nuovo direttore sarebbe stato responsabile e che sarebbero state menzionate da altri quattro membri del dipartimento di cui trattasi, si deve ricordare che il presidente della Banca dispone di un ampio potere discrezionale nella determinazione dei provvedimenti necessari in un caso accertato di molestie psicologiche. |
182 |
Pertanto, anche se, tra i provvedimenti espressamente menzionati nel procedimento d’inchiesta in tema di politica di dignità sul luogo di lavoro figura il «varo di ulteriori inchieste in un’unità lavorativa o in un dipartimento precisi», non può ritenersi, alla luce dei comportamenti configuranti molestie psicologiche accertati in tale fase nella decisione impugnata e fatto salvo un nuovo esame del caso in seguito alla pronuncia della presente sentenza, che il presidente della Banca abbia, nella fattispecie, ecceduto i limiti del suo potere discrezionale non decidendo in tale fase, di estendere l’inchiesta a comportamenti del nuovo direttore posti in essere nei confronti di persone diverse dalla ricorrente. |
183 |
Per quanto riguarda il divieto imposto alla ricorrente di divulgare l’esistenza e il contenuto, da un lato, della decisione impugnata e, dall’altro, della lettera di scuse del nuovo direttore, occorre constatare che, anche se, nel corso del procedimento d’inchiesta, la ricorrente era tenuta ad un dovere di riservatezza, che implicava l’obbligo di dar prova di misura e di prudenza nell’invio di messaggi di posta elettronica a destinatari multipli non direttamente implicati nel procedimento d’inchiesta o in quello di segnalazione, nondimeno la Banca non poteva richiederle, una volta concluso il procedimento d’inchiesta, di mantenere il silenzio sulle molestie psicologiche di cui lo stesso presidente della Banca aveva tuttavia riconosciuto che ella era stata vittima. |
184 |
Tale illegittimità, che vizia la decisione impugnata, ha imposto alla ricorrente un periodo di silenzio indebito, di modo che un siffatto divieto di comunicare su tale argomento le ha causato un danno morale non integralmente risarcibile solo con l’annullamento della decisione impugnata (v., in questo senso, sentenza 7 febbraio 1990, Culin/Commissione, C‑343/87, EU:C:1990:49, punto 28). |
185 |
Circa la pretesa mancata propensione della Banca a comporre la controversia per via amichevole, si deve necessariamente constatare che, indipendentemente dall’esistenza della procedura di conciliazione prevista ai sensi dell’articolo 41 del regolamento del personale, la vittima di molestie psicologiche non può aver diritto di pretendere da un’istituzione che tali molestie psicologiche vietate dalle disposizioni applicabili in seno alla Banca siano compensate attraverso la concessione di un determinato posto, né, in particolare, di un impiego come quello di capo unità che può essere coperto mediante una procedura di selezione effettuata secondo i meriti dei candidati e aperta a tutti i dipendenti di tale istituzione. Analogamente, anche se, pro bono pacis, essa può prevedere un’iniziativa del genere, segnatamente nell’ambito della procedura di conciliazione, la Banca non era tenuta nella fattispecie a proporre alla ricorrente un indennizzo al fine di comporre la controversia tra quest’ultima e il nuovo direttore. |
186 |
Quanto alla lettera di scuse trasmessa alla ricorrente il 9 maggio 2018, ossia meno di due mesi dopo la decisione impugnata, è vero che essa avrebbe potuto essere redatta e inviata più rapidamente. Tuttavia, tale ritardo rimane relativo e non giustifica il fatto che venga riconosciuto un illecito, da parte della Banca, tale da far sorgere la responsabilità di quest’ultima. |
187 |
Alla luce delle considerazioni che precedono, il Tribunale ritiene che venga operata una giusta valutazione del danno morale subito dalla ricorrente e non integralmente risarcibile con l’annullamento della decisione impugnata, fissandolo, ex æquo et bono, nella somma di EUR 10000. |
Sul risarcimento del danno morale risultante dai pretesi illeciti commessi dal capo del dipartimento del personale
188 |
Secondo la ricorrente, con la sua lettera del 10 aprile 2017, il capo del dipartimento del personale avrebbe commesso due illeciti distinti che le avrebbero causato un danno di cui ella chiede il risarcimento. In primo luogo, la formulazione di tale lettera rivelerebbe una violazione dell’articolo 2 dei «Termini di riferimento» del direttore generale del controllo di conformità, che si presuppone proceda alle sue indagini in maniera indipendente dalle altre direzioni generali e dagli altri dipartimenti della Banca. Infatti, essa rivelerebbe, da un lato, che il capo del dipartimento del personale era al corrente dello stato di avanzamento dei provvedimenti adottati nell’ambito della procedura di segnalazione, nonché, dall’altro, il fatto che il capo del dipartimento del personale si sarebbe arrogato le prerogative del presidente e dei vicepresidenti della Banca nella sorveglianza di manifeste disfunzioni della procedura di segnalazione. |
189 |
In secondo luogo, la ricorrente ritiene che il capo del dipartimento del personale, in via principale, abbia proferito minacce di ritorsione o abbia commesso un atto di intimidazione nei confronti del suo avvocato e di lei stessa ai sensi dell’opuscolo sulla dignità sul luogo di lavoro e della politica di segnalazione, idonei a dissuaderla, in quanto vittima di molestie psicologiche, dall’esercitare i suoi diritti, in particolare contro il suo molestatore. In subordine, la ricorrente vede nei commenti del capo del dipartimento del personale contenuti nella lettera del 10 aprile 2017 una violazione dell’obbligo di diligenza e di sollecitudine che incombe alla Banca, violazione che sarebbe derivata dalla ricerca, da parte del capo del dipartimento del personale, di mezzi d’azione contro la ricorrente e il suo avvocato. In tale contesto, la ricorrente sostiene che le affermazioni contenute in detta lettera quanto ad una potenziale violazione da parte sua degli obblighi a lei derivanti in base alla riservatezza del procedimento d’inchiesta non sono per nulla suffragate e non si basano in realtà su alcun fondamento. La ricorrente non vede in particolare alcun motivo per cui le informazioni contenute nella sua lettera del 6 febbraio 2017 avrebbero dovuto essere riservate nei confronti del presidente e dei vicepresidenti della Banca, né alcuna potenziale lesione della reputazione del nuovo direttore, dato che quest’ultimo era stato riconosciuto colpevole di comportamenti configuranti molestie psicologiche nei confronti della ricorrente. |
190 |
Ritenendo che i comportamenti del capo del dipartimento del personale l’abbiano lasciata in uno stato di incertezza e di inquietudine grave che ha contribuito ad una perdita di fiducia nell’imparzialità della Banca, i cui responsabili avrebbero così dimostrato di cercare di proteggere ad ogni costo la reputazione del nuovo direttore anziché aiutarla a ripristinare la propria reputazione professionale in quanto vittima di molestie psicologiche, ella reclama una somma di un minimo di EUR 25000 a titolo di risarcimento del preteso danno morale da lei in tal modo subito. |
191 |
La Banca conclude, in via principale, per l’irricevibilità della domanda risarcitoria relativa alla lettera del 10 aprile 2017, nei limiti in cui tale lettera, concernente la procedura di segnalazione, distinta dal procedimento d’inchiesta che ha condotto all’adozione della decisione impugnata, non impone alcun obbligo di riservatezza in relazione a tale ultima decisione. Essa non costituirebbe quindi un atto impugnabile e non rispecchierebbe l’esistenza di un illecito amministrativo tale da dar luogo ad un risarcimento. Pertanto, la domanda risarcitoria su questo punto sarebbe prematura e, in ogni caso, la Banca fa valere, in subordine, che essa è infondata. |
192 |
A questo proposito, il Tribunale ricorda, innanzitutto, che, contrariamente a quanto sostiene la Banca, la circostanza che la lettera del 10 aprile 2017 non costituisca un atto lesivo non può comportare l’irricevibilità della presente domanda risarcitoria, tanto è pacifico che la ricorrente imputa alla BEI un comportamento tale da far sorgere la sua responsabilità e che, inoltre, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento del personale, una domanda del genere non dipende dalla presentazione di una domanda di annullamento di tale lettera, né dalla ricevibilità di siffatta domanda di annullamento. |
193 |
Il Tribunale ritiene poi che, in ogni caso, la stessa domanda risarcitoria debba essere respinta nel merito, senza che occorra determinare se essa, rientrante nell’ambito della seconda domanda di conciliazione presentata dalla ricorrente il 14 giugno 2017, rispetti l’obbligo di cui all’articolo 41 del regolamento del personale di sottoporre la controversia alla procedura di conciliazione prima della data di proposizione del presente ricorso, ossia il 15 giugno 2017. |
194 |
Infatti, il Tribunale constata che i primi tre paragrafi della lettera del 10 aprile 2017, firmata congiuntamente dal capo del dipartimento del personale e dal direttore del dipartimento delle relazioni sociali e dei servizi amministrativi, sono redatte in termini generali diretti a rassicurare la ricorrente sul fatto che la procedura di segnalazione seguiva il proprio corso e che i servizi della Banca si sforzavano di conformarsi alle disposizioni applicabili al suo interno. |
195 |
Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, tali termini generali non permettono di imputare al capo del dipartimento del personale una violazione dell’indipendenza del direttore generale del controllo di conformità nella trattazione della segnalazione fatta dalla ricorrente ai sensi della politica di segnalazione, né di dedurre che tale capo del dipartimento del personale avesse preso conoscenza dei dettagli dello stato di avanzamento e dei provvedimenti adottati nell’ambito della procedura di segnalazione, e neppure che quest’ultimo abbia usurpato le prerogative spettanti al presidente e ai vicepresidenti della Banca nella sorveglianza di eventuali manifeste disfunzioni della procedura di segnalazione. |
196 |
Quanto alla circostanza che il capo del dipartimento del personale l’abbia informata sul fatto che la Banca si riservava il diritto di esaminare le possibilità giuridiche di difendere i propri interessi, compresi quelli attinenti al rispetto delle regole in materia di riservatezza applicabili al suo interno, si deve rilevare che, quando la ricorrente ha inviato il suo messaggio di posta elettronica del 6 febbraio 2017 a destinatari multipli, il procedimento d’inchiesta avviata in seguito alla sua denuncia era in corso, di modo che la ricorrente era tenuta ad un obbligo di riservatezza, anche qualora ella intendesse menzionare la segnalazione, la cui procedura, peraltro, è anch’essa soggetta ad un regime di riservatezza. |
197 |
Di conseguenza, anche se, successivamente, il presidente della Banca ha dichiarato parzialmente fondata la denuncia della ricorrente e, pertanto, l’invio di tale messaggio di posta elettronica non ha potuto ledere in maniera ingiustificata la reputazione professionale del nuovo direttore, il capo del dipartimento del personale poteva tuttavia legittimamente attirare l’attenzione della ricorrente e del suo avvocato sul fatto che lo status di denunciante in un procedimento d’inchiesta relativo ad asseriti fatti di molestie psicologiche o quello di autore di una segnalazione di una condotta contraria al codice di condotta non le permetteva di esimersi dagli obblighi di riservatezza applicabili, indistintamente e al fine di evitare ogni indebito pregiudizio alla reputazione professionale di tutti i protagonisti, tanto all’asserita vittima quanto ai testimoni e al presunto molestatore, e ciò durante tutta la durata del procedimento d’inchiesta. |
198 |
Infine, neppure il contenuto della lettera del 10 aprile 2017 permette di dedurre la parzialità della Banca o dei suoi servizi nella trattazione, ancora in corso alla data di proposizione del presente ricorso, della segnalazione della ricorrente. |
199 |
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre accogliere parzialmente la domanda di annullamento e accogliere parzialmente le domande risarcitorie condannando la Banca a versare alla ricorrente, a titolo di danno morale subito, una somma di EUR 10000. |
Sulle spese
200 |
Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte. |
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Nelle circostanze del caso di specie, poiché la domanda di annullamento è stata sostanzialmente accolta e poiché, non designando il proprio membro nel comitato di conciliazione entro il termine di una settimana di cui all’articolo 41 del regolamento applicabile al personale, la Banca ha costretto la ricorrente ad esercitare il suo diritto di ricorso per far utilmente valere i suoi diritti relativamente a detta domanda, appare opportuno decidere che la Banca dovrà sopportare le proprie spese ed essere condannata a sopportare la metà delle spese della ricorrente. |
Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Prima Sezione) dichiara e statuisce: |
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Pelikánová Nihoul Svenningsen Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2018. Firme |
Indice
Contesto normativo |
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Fatti |
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Sulla denuncia relativa a molestie psicologiche e sulla segnalazione |
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Sul procedimento d’inchiesta |
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Sulla relazione d’inchiesta |
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Sulla decisione impugnata e sulle misure dirette alla sua attuazione |
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Procedimento e conclusioni delle parti |
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In diritto |
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Osservazioni preliminari sul regime di impiego proprio alla Banca e sul rispetto del procedimento precontenzioso proprio ai ricorsi riguardanti la Banca |
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Sulla domanda diretta all’annullamento parziale della decisione impugnata |
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Sul primo motivo, relativo a errori di diritto e a errori manifesti di valutazione nella qualificazione dei comportamenti ancora controversi |
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– Sulla prima parte del primo motivo |
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– Sulla seconda parte del primo motivo |
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Sul secondo motivo, relativo ad un errore di diritto connesso al mancato avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del nuovo direttore |
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– Sui provvedimenti che, in forza della normativa applicabile alla BEI, possono essere raccomandati dal comitato d’inchiesta ed essere successivamente adottati dal presidente della Banca in un caso accertato di molestie psicologiche |
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– Sulla natura e sul carattere sufficiente dei provvedimenti adottati nel presente caso di molestie psicologiche accertate |
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Sul terzo motivo, relativo a errori di diritto e ad errori manifesti di valutazione quanto all’obbligo della ricorrente, nella sua qualità di vittima, di mantenere riservata la decisione impugnata |
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Sulle domande risarcitorie |
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Sul risarcimento del danno morale risultante dalle pratiche di molestia accertate nella decisione impugnata |
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Sul risarcimento del danno morale separabile dai profili di illegittimità che viziano la decisione impugnata |
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Sul risarcimento del danno morale risultante dai pretesi illeciti commessi dal capo del dipartimento del personale |
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Sulle spese |
( *1 ) Lingua processuale: il francese.
( 1 ) Dati riservati omessi.