SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
21 marzo 2012 ( *1 )
«Marchio comunitario — Procedimento di dichiarazione di nullità — Marchio comunitario figurativo FS — Malafede del richiedente — Articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuto articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009]»
Nella causa T-227/09,
Feng Shen Technology Co. Ltd, con sede a Guieshan Township (Taïwan), rappresentata da P. Rath e W. Festl-Wietek, avvocati,
ricorrente,
contro
Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da A. Folliard-Monguiral, in qualità di agente,
convenuto,
controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:
Jarosław Majtczak, residente a Łódź (Polonia), rappresentato inizialmente da J. Wyrwas, successivamente da J. Radłowski, avvocati,
avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI del 1o aprile 2009 (procedimento R 529/2008-4), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Feng Shen Technology Co. Ltd e il sig. Jarosław Majtczak,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),
composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe e dal sig. M. van der Woude (relatore), giudici,
cancelliere: sig.ra S. Spyropoulos, amministratore
visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 10 giugno 2009,
visto il controricorso dell’UAMI depositato nella cancelleria del Tribunale il 24 novembre 2009,
visto il controricorso dell’interveniente depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 novembre 2009,
vista la replica depositata nella cancelleria del Tribunale il 1o aprile 2010,
vista la controreplica depositata nella cancelleria del Tribunale il 29 giugno 2010,
in seguito all’udienza del 18 ottobre 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1 |
La ricorrente, Feng Shen Technology Co. Ltd, è una società taiwanese che produce e distribuisce vari articoli fra cui cerniere lampo. Essa è titolare, in particolare, di numerosi marchi taiwanesi registrati per designare, segnatamente, prodotti appartenenti alla classe 26 dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, corrispondenti, segnatamente, alla seguente descrizione: «Cerniere lampo», e costituiti dal seguente segno figurativo:
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2 |
Nel 2000 la ricorrente stringeva relazioni commerciali con l’interveniente, sig. Jarosław Majtczak, il quale esercitava attività commerciali in Polonia con la denominazione commerciale «P H U Berotex». |
3 |
Negli scambi di posta elettronica con la ricorrente, l’interveniente faceva riferimento ad un catalogo di quest’ultima di cerniere lampo. Le fatture emesse dalla ricorrente nell’ambito del suo rapporto commerciale con l’interveniente riportavano i marchi taiwanesi anteriori, con affiancato il simbolo ®. |
4 |
Il rapporto commerciale fra la ricorrente e l’interveniente terminava nel gennaio 2005. |
5 |
La ricorrente faceva ricorso a un altro distributore per la Polonia, ossia la società Pik Foison sp. z o.o., creata nel 2004. |
6 |
Il 7 giugno 2005 l’interveniente presentava una domanda di registrazione di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)]. |
7 |
Il marchio, la cui registrazione il 15 maggio 2006, con il numero 4431391, era stata richiesta per prodotti appartenenti alla classe 26 ai sensi dell’accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione: «Cerniere lampo», è il seguente segno figurativo:
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8 |
Il 29 settembre e il 2 ottobre 2006 le dogane polacche sequestravano alla Pik Foison, su richiesta dell’interveniente, alcuni lotti di cerniere lampo su cui comparivano i marchi taiwanesi anteriori. |
9 |
Il 17 ottobre 2006 la ricorrente depositava, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009], una domanda di dichiarazione di nullità del marchio registrato con il numero 4431391, sostenendo che l’interveniente aveva agito in malafede quando aveva depositato la domanda di marchio. La ricorrente faceva in particolare valere che l’interveniente sapeva che la ricorrente utilizzava un segno composto dalle lettere maiuscole «F» e «S» nell’Unione europea come marchio per cerniere lampo e che la domanda di registrazione del marchio contestato era stata depositata allo scopo di impedire quest’utilizzo. |
10 |
Il 24 gennaio 2008 la divisione di annullamento adottava una decisione di rigetto della domanda di dichiarazione di nullità. |
11 |
Il 25 marzo 2008 la ricorrente proponeva ricorso presso l’UAMI avverso la decisione della divisione di annullamento. |
12 |
Con decisione del 1o aprile 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI respingeva il ricorso. Essa rilevava, innanzitutto, che non esistevano definizioni normative della nozione di malafede e che si trattava, in generale, di un comportamento contrario alle consuetudini di lealtà in campo commerciale. |
13 |
La commissione di ricorso considerava, poi, che un richiedente potesse agire in malafede se depositava una domanda di marchio pur sapendo, date le relazioni dirette che intratteneva con un terzo, che quest’ultimo utilizzava in buona fede e in tutta legittimità un marchio identico per prodotti o servizi simili al di fuori del territorio dell’Unione. La commissione di ricorso precisava, al riguardo, che l’onere di provare l’esistenza di una simile malafede spettava a chi domandava l’annullamento del marchio comunitario. |
14 |
La commissione di ricorso riteneva che, nel caso di specie, la ricorrente non avesse fornito la prova di una simile malafede. A questo proposito, essa avanzava le sei considerazioni qui di seguito illustrate. |
15 |
In primo luogo, i marchi taiwanesi anteriori e il marchio contestato non erano simili sotto il profilo visivo e la ricorrente non aveva dimostrato di avere utilizzato i marchi taiwanesi anteriori prima della data di deposito del marchio contestato (punto 16 della decisione impugnata). |
16 |
In secondo luogo, la ricorrente si limitava a fabbricare cerniere lampo per l’interveniente, conformemente alle specifiche fornite da quest’ultimo (punto 18 della decisione impugnata). |
17 |
In terzo luogo, l’interveniente aveva iniziato a commercializzare egli stesso in Polonia nel 2000 le cerniere lampo munite del segno corrispondente al marchio contestato, apponendovi il segno ormai tutelato come marchio comunitario in Polonia (punti 19 e 22 della decisione impugnata). |
18 |
In quarto luogo, la ricorrente non aveva dimostrato di avere cercato di commercializzare essa stessa le proprie cerniere lampo nell’Unione nel periodo compreso tra il 2000 e il 2005 (punto 20 della decisione impugnata). |
19 |
In quinto luogo, la ricorrente non aveva manifestato interesse a tutelare un segno composto dal gruppo di lettere maiuscole «FS» nell’Unione prima della data di deposito del marchio contestato (punto 22 della decisione impugnata). |
20 |
In sesto luogo, l’interveniente non era legalmente tenuto a informare preventivamente la ricorrente della sua intenzione di chiedere la registrazione del marchio contestato (punto 22 della decisione impugnata). |
21 |
Sulla base di tali considerazioni, la commissione di ricorso giungeva alla conclusione, al considerando 24 della decisione impugnata, che l’interveniente non aveva agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione. |
Procedimento e conclusioni
22 |
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
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23 |
L’UAMI e l’interveniente chiedono, in sostanza, che il Tribunale voglia:
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In diritto
Sui documenti prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale
24 |
All’udienza, l’UAMI ha contestato la ricevibilità degli elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, ossia dei documenti che non figurano nel fascicolo dell’UAMI e che la ricorrente e l’interveniente hanno allegato alla replica e alla controreplica, eccettuati i documenti prodotti come risposta ai quesiti posti dal Tribunale. |
25 |
A tale riguardo si deve rammentare che il ricorso con cui viene adito il Tribunale è volto al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso ai sensi dell’articolo 63 del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 65 del regolamento (CE) n. 207/2009] e che, nelle controversie relative all’annullamento, la legittimità dell’atto impugnato deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data in cui l’atto è stato adottato. Pertanto, secondo giurisprudenza costante, la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove prodotte per la prima volta dinanzi ad esso. L’ammissione di tali documenti, infatti, sarebbe in contrasto con l’articolo 135, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso [v. sentenza del Tribunale dell’11 novembre 2009, Frag Comercio Internacional/UAMI — Tinkerbell Modas (GREEN by missako), T-162/08, non pubblicata nella Raccolta, punto 17 e giurisprudenza ivi citata]. |
26 |
Ne consegue che i documenti prodotti dalla ricorrente e dall’interveniente per la prima volta dinanzi al Tribunale, negli allegati alla replica e alla controreplica, non possono essere presi in considerazione e devono pertanto essere respinti. |
Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata
27 |
La ricorrente deduce un motivo unico, attinente alla violazione dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94. |
28 |
Secondo la ricorrente, vi è malafede ai sensi della disposizione summenzionata quando il richiedente il marchio tenta, tramite la registrazione del marchio, di «mettere le mani» sul marchio di un terzo con il quale ha intrattenuto relazioni contrattuali o precontrattuali. La ricorrente deduce che tutto il comportamento dell’interveniente integra la malafede in questo senso. Essa sottolinea, in particolare, di utilizzare i marchi taiwanesi anteriori nell’Unione europea a partire dal 2000 e che l’interveniente era informato di tale utilizzo. |
29 |
Secondo l’UAMI, non è dimostrato che la registrazione del marchio contestato abbia unicamente lo scopo di impedire alla ricorrente di importare prodotti muniti dei marchi taiwanesi anteriori nell’Unione. Infatti, l’interveniente avrebbe fatto un uso effettivo del marchio contestato al fine di identificare l’origine commerciale dei propri prodotti. |
30 |
L’interveniente nega di aver avuto conoscenza dei marchi taiwanesi anteriori in relazione alle cerniere lampo. Egli sostiene che la ricorrente fabbricava cerniere lampo in base alle specifiche che lui le dava ed aggiunge di aver fatto creare il marchio contestato nel dicembre 1999 e di averlo sviluppato nel mercato polacco a partire al 2000. |
31 |
Occorre rammentare, innanzitutto, che il regime del marchio comunitario riposa sul principio secondo il quale al primo depositante è conferito un diritto esclusivo, sancito all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009). In forza di tale principio, un marchio può essere registrato come marchio comunitario soltanto nei limiti in cui non vi osti un marchio anteriore, che si tratti, in particolare, di un marchio comunitario, di un marchio registrato in uno Stato membro o dall’ufficio del Benelux per la proprietà intellettuale, di un marchio oggetto di registrazione internazionale con effetto in uno Stato membro o, ancora, di un marchio oggetto di registrazione internazionale con effetto nell’Unione. Per contro, il solo fatto che un terzo utilizzi un marchio non registrato non osta a che un marchio identico o simile sia registrato come marchio comunitario, per prodotti o servizi identici o simili. Lo stesso discorso vale, in linea di principio, per quanto riguarda l’uso da parte di un terzo di un marchio registrato al di fuori dell’Unione. |
32 |
Questa regola è temperata, in particolare, dall’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94, in forza del quale un marchio comunitario è dichiarato nullo, su domanda presentata all’UAMI o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, qualora al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente abbia agito in malafede. Spetta al richiedente la declaratoria di nullità che intende fondarsi su tale motivo dimostrare le circostanze che consentono di pervenire alla conclusione che il titolare di un marchio comunitario ha agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione di quest’ultimo. |
33 |
Nella sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C-529/07, Racc. pag. I-4893; in prosieguo: la «sentenza Lindt Goldhase»), la Corte fornisce varie precisazioni sulla maniera in cui occorre interpretare il concetto di malafede, di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94. Così, al punto 53 di tale sentenza, la Corte rileva che la malafede del richiedente, ai sensi di tale disposizione, deve essere valutata complessivamente, tenendo conto di tutti i fattori del caso di specie, in particolare:
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34 |
La Corte ha anche precisato, nella sentenza Lindt Goldhase, punto 33 supra (punto 44), che l’intenzione di impedire la commercializzazione di un prodotto può, in talune circostanze, caratterizzare la malafede del richiedente. Ciò si verifica in particolare qualora in più si dia il caso che il richiedente abbia fatto registrare come marchio comunitario un segno senza l’intenzione di utilizzarlo, unicamente al fine di impedire che un terzo entri nel mercato. |
35 |
Per contro, emerge dalla sentenza Lindt Goldhase, punto 33 supra (punti 48 e 49), che il richiedente può del pari perseguire uno scopo legittimo nel desiderare di premunirsi dal tentativo di un terzo che con il suo recente ingresso nel mercato tenta di approfittare della reputazione del segno del richiedente. |
36 |
Ciò premesso, si evince dalla formulazione espressa nella sentenza Lindt Goldhase, punto 33 supra, che i fattori sopra elencati sono solo esemplificazioni all’interno di un insieme di elementi di cui si può tener conto agli effetti di pronunciarsi sull’eventuale malafede di un richiedente la registrazione, al momento del deposito della domanda. |
37 |
Nella fattispecie, la commissione di ricorso si è fondata sulle sei considerazioni illustrate al precedente punto 14 per constatare l’assenza di malafede dell’interveniente. Occorre perciò esaminarle alla luce degli argomenti dedotti dalla ricorrente. |
38 |
Così, in primo luogo, l’osservazione esposta al punto 16 della decisione impugnata, secondo la quale il marchio contestato si differenziava chiaramente dai marchi taiwanesi anteriori, risulta soltanto da un confronto visivo sommario degli elementi grafici dei due marchi. |
39 |
Orbene, secondo una giurisprudenza costante, l’identità o la somiglianza tra due segni, alla quale si riferisce la sentenza Lindt Goldhase, punto 33 supra (punto 53), deve essere esaminata in funzione delle loro somiglianze visive, fonetiche e concettuali. Tale esame deve fondarsi sull’impressione complessiva prodotta dai marchi di cui trattasi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (v. sentenza della Corte del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, Racc. pag. I-4529, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). |
40 |
In tale contesto, la commissione di ricorso ha commesso un errore giungendo alla conclusione che non sussisteva identità o somiglianza tra il marchio contestato e i marchi taiwanesi anteriori senza procedere ad un’analisi complessiva di tutti gli elementi pertinenti e, segnatamente, senza esaminare le somiglianze fonetiche e concettuali tra tali due marchi. Nel caso di specie, un’analisi del genere era ancor più opportuna giacché, come sostiene la ricorrente, il sequestro dei prodotti muniti dei marchi taiwanesi anteriori, effettuato dalle autorità doganali polacche su richiesta del titolare del marchio contestato, suggerisce che detti due marchi sono effettivamente simili al punto di creare un rischio di confusione. |
41 |
In secondo luogo, la ricorrente contesta l’osservazione, esposta dalla commissione di ricorso al considerando 18 della decisione impugnata, secondo cui essa si limitava a fabbricare cerniere lampo seguendo le istruzioni dell’interveniente. Essa sostiene che gli forniva cerniere lampo munite dei marchi taiwanesi anteriori, proprio come erano presentate nel suo catalogo commerciale. |
42 |
A questo proposito si deve necessariamente constatare che il catalogo commerciale prodotto dalla ricorrente in allegato al suo ricorso contiene effettivamente cerniere lampo munite dei marchi taiwanesi anteriori e che, nel messaggio di posta del 19 dicembre 2000, l’interveniente si è riferito a un catalogo della ricorrente per ordinare cerniere lampo. |
43 |
Ciò premesso, il Tribunale ha chiesto all’interveniente di produrre i documenti che consentissero di affermare che egli comunicava alla ricorrente le specifiche secondo cui dovevano essere fabbricate le cerniere lampo. L’interveniente ha risposto a tale quesito producendo qualche fattura e facendo riferimento agli atti del fascicolo. Orbene, tali documenti non contengono specifiche tecniche o commerciali. In particolare, essi non contengono alcun elemento che indichi che l’interveniente abbia chiesto alla ricorrente di apporre il marchio contestato sulle cerniere lampo. |
44 |
Occorre pertanto concludere che l’osservazione della commissione di ricorso secondo la quale la ricorrente fabbricava cerniere lampo conformemente alle istruzioni dell’interveniente non è corroborata dagli elementi del fascicolo. |
45 |
In terzo luogo, secondo i considerando 19 e 22 della decisione impugnata, l’interveniente ha iniziato nel 2000 a commercializzare in Polonia le cerniere lampo munite del segno corrispondente al marchio contestato. Sarebbe dunque l’interveniente ad aver fatto conoscere tale marchio nell’Unione. |
46 |
Tuttavia, come fa valere la ricorrente, da nessun elemento del fascicolo si può dedurre che l’interveniente abbia effettivamente utilizzato il marchio contestato per apporlo su prodotti, né prima della data della domanda di registrazione né dopo tale data. All’udienza, l’UAMI ha precisato che l’affermazione, fatta al considerando 19 della decisione impugnata, quanto all’utilizzo del marchio contestato era fondata solamente sulle parole dell’interveniente e non su oggettive constatazioni di fatto. |
47 |
Pertanto, la considerazione della commissione di ricorso sull’utilizzo effettivo del marchio contestato, la cui fondatezza è stata contestata dalla ricorrente e che è pertinente in sede di valutazione dell’intenzione dell’interveniente (v. punti 34 e 35 supra), non è corroborata dagli elementi del fascicolo. |
48 |
In quarto luogo, la ricorrente fa valere che, contrariamente a quanto ritenuto al punto 20 della decisione impugnata, essa ha venduto cerniere lampo in Polonia tra il 2000 e il 2005. A questo proposito, il Tribunale constata che, da un lato, tale affermazione della ricorrente è corroborata da elementi che essa ha versato agli atti e, dall’altro, è corroborata dall’interveniente, il quale ha precisato, rispondendo a un quesito scritto del Tribunale, che aveva deciso di porre fine alle sue relazioni commerciali con la ricorrente, perché quest’ultima aveva iniziato a fargli concorrenza nel mercato polacco tramite la Pik Foison. In tale contesto, è emerso al momento del procedimento dinanzi al Tribunale che la ricorrente aveva venduto alla Pik Foison svariati lotti di cerniere lampo munite dei marchi taiwanesi anteriori nel 2004. |
49 |
Ne consegue che la considerazione della commissione di ricorso relativa al fatto che la ricorrente non avesse venduto cerniere nell’Unione tra il 2000 e il 2005 è contraddetta dagli elementi del fascicolo. Orbene, tale considerazione rileva ai fini della valutazione degli sforzi di commercializzazione e di vendita della ricorrente e dell’interveniente nell’Unione e, pertanto, dell’intenzione di quest’ultimo. |
50 |
Alla luce di quanto precede, occorre concludere che quattro delle sei considerazioni effettuate dalla commissione di ricorso non riposano su un’analisi complessiva degli elementi pertinenti, quale richiesta dalla sentenza Lindt Goldhase, punto 33 supra (punto 53), e non sono corroborate dagli elementi del fascicolo o sono fondate su errate constatazioni di fatto. |
51 |
Per quanto riguarda le restanti due considerazioni, occorre constatare che esse non sono sufficienti, di per sé, a stabilire se l’interveniente abbia agito in malafede al momento del deposito della sua domanda di marchio comunitario. Infatti, la circostanza che la ricorrente non abbia manifestato interesse a tutelare i marchi taiwanesi anteriori nell’Unione e il fatto che l’interveniente non fosse legalmente tenuto a informare previamente la ricorrente della sua domanda di marchio comunitario non consentono di identificare l’intenzione dell’interveniente al momento del deposito di detta domanda. |
52 |
Pertanto, la commissione di ricorso non poteva legittimamente dichiarare che l’interveniente non avesse agito in malafede e respingere la domanda di declaratoria di nullità presentata dalla ricorrente sul fondamento di tali considerazioni. |
53 |
Occorre pertanto accogliere il motivo unico ed annullare la decisione impugnata. |
Sulla domanda di declaratoria di nullità del marchio contestato
54 |
In via preliminare, occorre rilevare che, chiedendo al Tribunale di dichiarare la nullità del marchio contestato, la ricorrente ha formulato, in forza dell’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, una domanda di riforma diretta a ottenere che il Tribunale adotti la decisione che la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 4 ottobre 2006, Freixenet/UAMI (Forma di una bottiglia smerigliata bianca), T-190/04, non pubblicata nella Raccolta, punti 16 e 17]. Di conseguenza, tale domanda è ricevibile, contrariamente a quanto afferma l’UAMI. |
55 |
Tuttavia, occorre rammentare che il potere di riforma non ha come effetto di conferire al Tribunale la facoltà di sostituire la propria valutazione a quella della commissione di ricorso, e neppure la facoltà di procedere ad una valutazione sulla quale tale commissione non ha ancora preso posizione. Pertanto, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, quale decisione la suddetta commissione era tenuta a prendere (sentenza della Corte del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C-263/09 P, Racc. pag. I-5853, punto 72). |
56 |
Nel caso di specie, gli elementi accertati nella decisione impugnata non consentono di determinare quale decisione la commissione di ricorso era tenuta a prendere. Infatti, sebbene tali elementi non giustifichino la considerazione secondo la quale l’interveniente non aveva agito in malafede, come constatato sopra nell’ambito dell’esame della domanda di annullamento, essi neppure giustificano, di per sé, la considerazione opposta. |
57 |
Date tali circostanze, occorre respingere la domanda di riforma presentata dalla ricorrente e diretta a ottenere che il Tribunale dichiari nullo il marchio contestato. |
Sulle spese
58 |
Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’UAMI, poiché è rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente. |
59 |
Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente sopporti le proprie spese. Nel caso di specie, l’interveniente sopporterà le proprie spese. |
Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Quarta Sezione) dichiara e statuisce: |
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Pelikánová Jürimäe Van der Woude Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 marzo 2012. Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.