SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

28 novembre 2024 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Reati e sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti e di lotta contro la criminalità organizzata – Possibilità di riduzione delle pene applicabili – Portata – Decisione quadro 2004/757/GAI – Articoli 4 e 5 – Decisione quadro 2008/841/GAI – Articoli 3 e 4 – Normativa nazionale che non attua il diritto dell’Unione – Articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Tutela giurisdizionale effettiva – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Procedimento penale avviato a carico di più persone – Accordo di definizione della causa previsto nel diritto nazionale – Approvazione da parte di un collegio giudicante ad hoc – Consenso degli altri imputati»

Nella causa C‑432/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria), con decisione del 28 giugno 2022, pervenuta in cancelleria in pari data, nel procedimento penale a carico di

PT,

con l’intervento di:

Spetsializirana prokuratura,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, N. Jääskinen e N. Piçarra (relatore), giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Commissione europea, da S. Grünheid, M. Wasmeier e I. Zaloguin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 dicembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, riguardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti (GU 2004, L 335, pag. 8), dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU 2008, L 300, pag. 42), dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e degli articoli 47 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di PT e altre persone, perseguiti per aver diretto e/o partecipato alle attività di un’associazione per delinquere.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Il trattato UE

3

Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE:

«Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

Decisione quadro 2004/757

4

L’articolo 4 della decisione quadro 2004/757, intitolato «Sanzioni», al paragrafo 1 così dispone:

«Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui agli articoli 2 e 3 siano soggetti a pene detentive effettive, proporzionate e dissuasive.

Ciascuno Stato membro provvede affinché i reati di cui all’articolo 2 siano soggetti a pene detentive della durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni».

5

L’articolo 5 di tale decisione quadro, intitolato «Circostanze particolari», prevede quanto segue:

«In deroga all’articolo 4, ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie affinché le pene di cui all’articolo 4 possano essere ridotte nel caso in cui l’autore del reato:

a)

rinunci all’attività criminosa nell’ambito del traffico di stupefacenti e di precursori, e

b)

fornisca alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere con altri mezzi e che sono loro utili per:

i)

prevenire o attenuare gli effetti del reato,

ii)

individuare o consegnare alla giustizia i complici nel reato,

iii)

acquisire elementi di prova, o

iv)

prevenire la commissione di altri reati di cui agli articoli 2 e 3».

Decisione quadro 2008/841

6

L’articolo 3 della decisione quadro 2008/841, intitolato «Pene», al paragrafo 1, lettera a), così dispone:

«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che:

a)

il reato di cui all’articolo 2, lettera a), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima compresa tra due e cinque anni (...)».

7

L’articolo 4 di tale decisione quadro, intitolato «Circostanze particolari», prevede quanto segue:

«Ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie per far sì che le pene di cui all’articolo 3 possano essere ridotte o che l’autore del reato possa essere esentato dalla pena se, ad esempio:

a)

rinuncia alle sue attività criminali; e

b)

fornisce alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere diversamente e che sono loro utili per:

i)

prevenire, porre termine o attenuare gli effetti del reato;

ii)

individuare o consegnare alla giustizia i complici nel reato,

iii)

acquisire elementi di prova;

iv)

privare l’organizzazione criminale di risorse illecite o dei profitti ricavati dalle sue attività criminali; o

v)

prevenire la commissione di altri reati di cui all’articolo 2».

Diritto bulgaro

Il NK

8

L’articolo 55, paragrafo 1, del Nakazatelen kodeks (codice penale), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «NK») così dispone:

«In presenza di circostanze attenuanti eccezionali o numerose, qualora la pena più lieve prevista dalla legge risulti sproporzionata, il tribunale:

1. fissa una pena al di sotto del limite inferiore;

(...)».

9

L’articolo 321 del NK prevede quanto segue:

«(...)

(2)   La partecipazione a un’[associazione per delinquere] è punita con una pena privativa della libertà da uno a sei anni.

(3)   Qualora l’associazione [per delinquere] sia armata o formata a fini di arricchimento o allo scopo di commettere i reati di cui (...) all’articolo 354a, paragrafi 1 e 2, (...) le sanzioni sono le seguenti:

(...)

2.

per i reati di cui al paragrafo 2 una pena privativa della libertà da tre a dieci anni.

(...)».

10

Ai sensi dell’articolo 354a, paragrafo 1, del NK:

«Chiunque, privo di regolare autorizzazione, produce, trasforma, acquista o detiene, a fini di spaccio, ovvero spaccia, sostanze stupefacenti o analoghe sostanze è punito, ove si tratti di sostanze stupefacenti altamente pericolose o di sostanze analoghe a queste, con la reclusione da due a otto anni e con una multa da cinquemila a ventimila [leva bulgari (BGN) (circa da EUR 2260 a EUR 10230)] e, ove si tratti di sostanze stupefacenti pericolose o di sostanze analoghe a queste, con una pena privativa della libertà da uno a sei anni e una multa da duemila a diecimila BGN [(circa da EUR 1020 a EUR 5115)]. (...)».

Il NPK

11

L’articolo 381 del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale; in prosieguo: il «NPK»), intitolato «Accordo di definizione della causa nel procedimento preliminare», nella versione applicabile al procedimento principale prevede quanto segue:

«(1)   Al termine dell’indagine, su proposta del pubblico ministero o del difensore, è possibile concludere un accordo tra le parti per definire la causa. (...)

(...)

(4)   L’accordo può determinare la pena alle condizioni di cui all’articolo 55 del NPK anche in assenza di circostanze attenuanti eccezionali o numerose.

(5)   L’accordo deve essere redatto in forma scritta e in esso devono essere riconosciuti i seguenti punti:

1.

È stato commesso un atto; tale atto è stato commesso dall’imputato; l’atto è imputabile a quest’ultimo; l’atto costituisce un reato; l’atto riveste una determinata qualificazione giuridica;

2.

La natura e l’ammontare della pena.

(...)

(6)   L’accordo è firmato dal pubblico ministero e dal difensore. L’imputato firma l’accordo se lo accetta, dopo aver dichiarato di rinunciare a che la sua causa sia giudicata secondo il rito ordinario.

(7)   Quando il procedimento riguarda più coimputati o più reati, l’accordo può essere concluso da alcuni di tali imputati o per alcuni di tali reati.

(...)».

12

L’articolo 383 dell’NPK, intitolato «Le conseguenze dell’accordo di definizione della causa», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«L’accordo approvato dal tribunale produce gli effetti di una condanna passata in giudicato».

13

Ai sensi dell’articolo 384 del NPK, intitolato «Accordo di definizione della causa in un procedimento giudiziario»:

«(1)   Alle condizioni e secondo le procedure previste dal presente capo, il giudice di primo grado può approvare un accordo di definizione della causa pattuito dopo l’avvio del procedimento giudiziario ma prima della conclusione della fase giudiziaria istruttoria.

(...)

3.   In tali casi, l’accordo [di definizione della causa] è approvato solo dopo aver ottenuto il consenso di tutte le parti [del procedimento]».

14

L’articolo 384a del NPK, intitolato «Decisione su un accordo concluso con taluni degli imputati o per uno dei reati», prevede quanto segue:

«(1)   Qualora, dopo l’avvio del procedimento giudiziario, ma prima della conclusione della fase giudiziaria istruttoria, sia stato concluso un accordo con uno degli imputati o per uno dei reati, il giudice sospende il procedimento.

(2)   Un diverso collegio giudicante statuisce sull’accordo concluso (...).

(3)   Il collegio giudicante di cui al paragrafo 1 prosegue l’esame della causa dopo aver statuito sull’accordo».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15

Il 25 marzo 2020 la Spetsializirana prokuratura (Procura specializzata, Bulgaria) ha avviato un procedimento penale dinanzi allo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria), giudice del rinvio, a carico di 41 persone, tra cui SD e PT, per aver diretto e/o partecipato alle attività di un’associazione per delinquere finalizzata all’arricchimento attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti. PT è perseguito per partecipazione a detta associazione per delinquere e per detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio, ai sensi dell’articolo 321, paragrafo 2 e paragrafo 3, punto 2, e dell’articolo 354a, paragrafo 1, del NK.

16

Il 19 agosto 2020 la causa è stata rinviata dinanzi alla Spetsializirana prokuratura (Procura specializzata) al fine di sanare vizi di procedura che inficiavano l’atto di imputazione.

17

Il 26 agosto 2020, nell’ambito della fase preliminare del procedimento, il pubblico ministero e il difensore di SD hanno concluso un accordo in base al quale a SD veniva inflitta una pena meno severa di quella prevista dalla legge, in quanto aveva riconosciuto la propria colpevolezza per le accuse mosse nei suoi confronti. Tale accordo riportava i nomi completi e i numeri di identificazione nazionale degli altri 40 coimputati. Il consenso di tali coimputati non era stato richiesto ai fini dell’approvazione di detto accordo. Esso è stato approvato il 1o settembre 2020 da un collegio giudicante diverso da quello inizialmente investito della causa.

18

Il 28 agosto 2020 la Spetsializirana prokuratura (Procura specializzata) ha presentato una versione rettificata dell’atto di imputazione ed è stata avviata la fase giudiziaria del procedimento.

19

Il 17 novembre 2020 il pubblico ministero e il difensore di PT hanno raggiunto un accordo di definizione della causa in forza del quale a tale imputato, avendo egli riconosciuto la propria colpevolezza per le accuse addebitategli, è stata inflitta una pena privativa della libertà di tre anni, con sospensione condizionale di cinque anni. Per tener conto della sentenza del 5 settembre 2019, AH e a. (Presunzione di innocenza) (C‑377/18, EU:C:2019:670), tale accordo è stato modificato in modo da omettere i nomi e i numeri di identificazione nazionale degli altri coimputati. La versione rettificata di tale accordo è rimasta datata 17 novembre 2020.

20

Conformemente all’articolo 384a del NPK, il giudice del rinvio, il 18 gennaio 2021, ha trasmesso l’accordo di definizione della causa di cui al punto precedente al suo presidente, ai fini della designazione di un altro collegio giudicante per pronunciarsi su detto accordo. Il 21 gennaio 2021 il collegio giudicante così designato ha rifiutato di approvare detto accordo, con la motivazione che taluni imputati non avevano prestato il loro consenso, il quale è richiesto in forza dell’articolo 384, paragrafo 3, del NPK.

21

Il 10 maggio 2022 il pubblico ministero e il difensore di PT hanno concluso un nuovo accordo di definizione della causa, di contenuto identico, e hanno chiesto al giudice del rinvio di statuire su tale accordo senza chiedere il consenso degli altri imputati.

22

Il 18 maggio 2022 il collegio giudicante nominato in applicazione dell’articolo 384a del NPK ha rifiutato di approvare l’accordo di definizione della causa di cui al punto precedente, in quanto tale approvazione richiedeva il consenso degli altri 39 imputati, conformemente all’articolo 384, paragrafo 3, del NPK.

23

A seguito di detto rifiuto, lo stesso giorno il pubblico ministero, PT e il suo difensore hanno confermato che intendevano concludere un accordo di definizione della causa e che fosse il giudice del rinvio, dinanzi al quale erano state presentate tutte le prove, ad approvare il suddetto accordo senza chiedere il consenso degli altri imputati. Il pubblico ministero ha tuttavia manifestato dubbi circa l’imparzialità del giudice del rinvio a proseguire il procedimento riguardo agli altri imputati qualora esso avesse approvato detto accordo. PT, dal canto suo, ha fatto valere che l’impossibilità, per lui, di concludere un siffatto accordo comportava una violazione dei diritti conferitigli dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

24

Per quanto riguarda la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio osserva che la causa sottopostagli riguarda reati che rientrano nell’ambito di applicazione delle decisioni quadro 2004/757 e 2008/841 e, pertanto, nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Poiché, a suo avviso, in forza segnatamente dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della decisione quadro 2004/757, tali reati devono essere oggetto di pene effettive, proporzionate e dissuasive, il procedimento penale nel cui contesto tali disposizioni sono applicate è soggetto ai requisiti derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dall’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta. Tale giudice ritiene, inoltre, che le modalità previste dal diritto nazionale per concludere un accordo di definizione della causa costituiscano un’«attuazione del diritto dell’Unione», ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta: nella specie, dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841.

25

In tali circostanze, il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sulla compatibilità dell’articolo 384a del NPK con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta, per il motivo che, nell’ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di più persone, tale disposizione di diritto bulgaro esige che un collegio giudicante diverso da quello investito della causa sia nominato al fine di statuire sull’accordo di definizione della causa concluso da uno degli imputati nel corso della fase giudiziaria di tale procedimento. Tale giudice indica che l’articolo 384a del NPK persegue lo scopo di consentire al collegio giudicante investito della causa nel merito di proseguire il procedimento nei confronti degli altri imputati, senza rischio di perdere la sua obiettività e la sua imparzialità. Detto giudice considera, tuttavia, che il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sarebbe violato se le prove raccolte dinanzi al collegio giudicante inizialmente investito della causa dovessero essere valutate da un altro collegio giudicante.

26

Il giudice del rinvio si interroga, in secondo luogo, sulla compatibilità dell’articolo 384, paragrafo 3, del NPK, con l’articolo 5 della decisione quadro 2004/757, con l’articolo 4 della decisione quadro 2008/841, con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con gli articoli 47 e 52 della Carta, per il motivo che, qualora un accordo di definizione della causa sia concluso da uno degli imputati nel corso della fase giudiziaria di un procedimento penale promosso nei confronti di più persone, tale disposizione di diritto bulgaro richiede il consenso unanime degli altri imputati affinché un siffatto accordo possa essere approvato, il che non avviene nel corso della fase preliminare di un siffatto procedimento.

27

Secondo il giudice del rinvio, con la conclusione e l’approvazione giudiziaria di un accordo di definizione della causa l’imputato ottiene il risultato finale che cerca, vale a dire l’irrogazione di una sanzione più lieve di quella che gli sarebbe stata inflitta se tale causa fosse stata trattata nell’ambito di un procedimento ordinario. In tali circostanze, il requisito del consenso unanime degli altri imputati pregiudicherebbe l’equità del procedimento, ai sensi dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, e limiterebbe altresì l’accesso a un «rimedio giurisdizionale», ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in violazione del principio di proporzionalità di cui all’articolo 52 della Carta.

28

In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede se, qualora dovesse approvare l’accordo di definizione della causa relativo a PT, sarebbe poi tenuto, alla luce dell’ordinanza del 28 maggio 2020, UL e VM (C‑709/18, EU:C:2020:411), a dichiarare la propria incompetenza quanto all’esame dell’accusa formulata nei confronti degli altri imputati, al fine di garantire ad essi il diritto a un giudice imparziale, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta.

29

Tale giudice rileva che le risposte che la Corte fornirà alle sue questioni gli consentiranno, in sostanza, di stabilire se esso possa, o addirittura debba, a sua volta approvare, come gli viene chiesto da PT, l’accordo di definizione della causa concluso da quest’ultimo, e ciò senza il consenso degli altri imputati.

30

In tali circostanze, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Nel caso di un procedimento penale relativo ad un atto di accusa per fatti rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, se una normativa nazionale la quale prescrive che non sia il giudice di trattazione, dinanzi al quale sono stati acquisiti tutti gli elementi di prova, bensì un altro giudice a dover esaminare il contenuto di un accordo concluso tra il pubblico ministero e un imputato – qualora tale prescrizione sia motivata dalla presenza di altri coimputati che non hanno concluso alcun accordo – sia compatibile con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 47, paragrafi 1 e 2, della Carta.

2)

Se una legge nazionale secondo cui un accordo che definisce il procedimento penale può essere autorizzato solo se tutti gli altri coimputati e i loro difensori vi abbiano acconsentito, sia compatibile con l’articolo 5 della decisione quadro 2004/757, con l’articolo 4 della decisione quadro 2008/841, con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 52 [della Carta] in combinato disposto con l’articolo 47 della [stessa].

3)

Se l’articolo 47, paragrafo 2, della Carta imponga al giudice, dopo che questi abbia esaminato e approvato un accordo, di declinare la propria competenza a esaminare l’imputazione nei confronti degli altri coimputati, qualora detto giudice abbia statuito su tale accordo in modo tale da non pronunciarsi sulla partecipazione né sulla colpevolezza di questi ultimi».

31

Con lettera del 5 agosto 2022, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) ha comunicato alla Corte che, a seguito di una modifica legislativa entrata in vigore il 27 luglio 2022, lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato) è stato sciolto e che alcuni procedimenti penali pendenti dinanzi a quest’ultimo tribunale, tra cui il procedimento principale, sono stati trasferiti ad esso a partire da tale data.

Sulla competenza della Corte

32

In via preliminare, occorre ricordare che spetta alla Corte stessa esaminare le condizioni in presenza delle quali essa viene adita dal giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza o la ricevibilità della domanda ad essa sottoposta (v., in tal senso, sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 42, nonché dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 29).

Sull’applicabilità della Carta

33

L’articolo 51, paragrafo 1, della Carta prevede che le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Il paragrafo 2 di tale articolo 51 precisa che le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione europea definite nei trattati.

34

Tali disposizioni confermano la giurisprudenza della Corte secondo la quale i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse. Di conseguenza, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte può unicamente interpretare il diritto dell’Unione nei limiti delle competenze che le sono attribuite (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punti 3031 nonché giurisprudenza ivi citata).

35

La nozione di «attuazione del diritto dell’Unione», di cui all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, presuppone l’esistenza di un collegamento tra un atto del diritto dell’Unione e la misura nazionale in causa che vada al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione o dell’influenza indirettamente esercitata da una materia sull’altra (v., in tal senso, sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa,C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 24, e del 29 luglio 2024, protectus,C‑185/23, EU:C:2024:657, punto 42).

36

La Corte ha già affermato che erano inapplicabili i diritti fondamentali dell’Unione ad una normativa nazionale per il fatto che le disposizioni di diritto dell’Unione relative alla materia in questione non imponevano alcun obbligo specifico agli Stati membri in relazione alla situazione oggetto del procedimento principale (v., in tal senso, sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa,C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 26, e del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a., C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 35).

37

È alla luce di tali considerazioni che occorre stabilire se, come sostiene il giudice del rinvio, la normativa bulgara che disciplina l’accordo di definizione della causa attui il diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, e se, pertanto, la Corte sia competente a interpretare le disposizioni della Carta menzionate dal giudice del rinvio.

38

In primo luogo, nei limiti in cui tale giudice ritiene che detta normativa nazionale costituisca un’attuazione dell’articolo 5 della decisione quadro 2004/757, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, della stessa, e dell’articolo 4 della decisione quadro 2008/841, in combinato disposto con l’articolo 3 della stessa, occorre rilevare che tali disposizioni di diritto dell’Unione figurano in atti adottati sulla base dell’articolo 31, paragrafo 1, UE, le cui disposizioni sono state riprese all’articolo 83, paragrafo 1, primo comma, TFUE. Tale articolo 4, paragrafo 1, e detto articolo 3 contengono disposizioni minime relative alle sanzioni applicabili ai reati nelle sfere di criminalità rientranti nei rispettivi ambiti di applicazione di queste due decisioni quadro, vale a dire il traffico illecito di stupefacenti e la criminalità organizzata.

39

Così, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 32 e 33 delle sue conclusioni, la loro attuazione implica che gli Stati membri adottino misure legislative rientranti nel diritto penale sostanziale, quali l’articolo 321 e l’articolo 354a, paragrafo 1, del NK. Per contro, nel settore del diritto penale processuale, nel quale rientrano, in sostanza, le disposizioni di diritto bulgaro relative all’accordo di definizione della causa, vale a dire l’articolo 384, paragrafo 3, e l’articolo 384a del NPK, nessun atto legislativo dell’Unione avente ad oggetto tale tipo di accordi è stato adottato sul fondamento dell’articolo 31 UE o dell’articolo 82 TFUE, il quale definisce la competenza dell’Unione in materia di diritto penale processuale.

40

Ne consegue che il rapporto tra le disposizioni di diritto penale sostanziale dell’Unione di cui al punto 38 della presente sentenza e le disposizioni di diritto processuale penale bulgaro che disciplinano l’accordo di definizione della controversia di cui trattasi nel procedimento principale non vanno al di là dell’affinità o di un’influenza indirettamente esercitata delle prime sulle seconde. In tali circostanze, non può essere stabilito tra loro un collegamento nell’accezione della giurisprudenza ricordata al punto 35 della presente sentenza.

41

In secondo luogo, l’articolo 5 della decisione quadro 2004/757 e l’articolo 4 della decisione quadro 2008/841, entrambi intitolati «Circostanze particolari», si limitano a prevedere che gli Stati membri possano adottare le misure necessarie affinché le pene previste da tali decisioni quadro possano essere ridotte qualora l’autore del reato rinunci alle proprie attività criminali nei settori contemplati da dette decisioni quadro e fornisca alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere con altri mezzi, che siano utili per loro, tra l’altro, per individuare o consegnare alla giustizia i complici nel reato o per acquisire elementi di prova. Tali disposizioni di diritto dell’Unione non precisano né le modalità, né le condizioni che disciplinano la conclusione di un accordo di definizione della causa e non impongono neppure agli Stati membri di legiferare in tale settore, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza menzionata al punto 36 della presente sentenza affinché possa essere stabilito un collegamento tra dette disposizioni di diritto dell’Unione e quelle che disciplinano l’accordo di definizione della causa nel diritto bulgaro.

42

Dalle considerazioni che precedono risulta che le disposizioni del NPK relative alla conclusione e all’approvazione di un accordo di definizione della causa, in particolare l’articolo 384, paragrafo 3, e l’articolo 384a del NPK, non costituiscono un’«attuazione», ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, delle disposizioni delle decisioni quadro 2004/757 e 2008/841.

43

Pertanto, la Corte non è competente a rispondere alle questioni sollevate nella parte in cui vertono sull’articolo 5 della decisione quadro 2004/757, sull’articolo 4 della decisione quadro 2008/841, sull’articolo 47, primo e secondo comma, e sull’articolo 52 della Carta.

Sull’applicabilità dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE

44

Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. In tal senso, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca un controllo giurisdizionale effettivo in detti settori (sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses,C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 34, nonché dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

45

Per quanto concerne l’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, tale disposizione riguarda «i settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto (sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 29, nonché dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

46

L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è destinato a trovare applicazione, in particolare, nei confronti di qualsiasi organo nazionale che possa trovarsi a statuire, nell’esercizio di funzioni giurisdizionali, su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti dunque in settori disciplinati da tale diritto (v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 40, nonché dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

47

È quanto avviene nel caso del giudice del rinvio, il quale è chiamato, nel caso di specie, a statuire su questioni connesse all’interpretazione e all’applicazione delle decisioni quadro 2004/757 e 2008/841 che sono state recepite nell’ordinamento giuridico bulgaro mediante disposizioni del NK, cosicché tale giudice deve ottemperare ai requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

48

Ciò premesso, la Corte è competente a interpretare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nella causa in esame.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

49

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE debba essere interpretato nel senso che osta a una disposizione di diritto nazionale che attribuisce a un collegio giudicante ad hoc, e non a quello incaricato della causa, la competenza a statuire su un accordo di definizione della causa concluso tra un imputato ed il pubblico ministero nel corso della fase giudiziaria di un procedimento penale, laddove anche altri imputati sono perseguiti nel contesto del medesimo procedimento.

50

Sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri, e segnatamente l’istituzione, la composizione, le competenze e il funzionamento degli organi giurisdizionali nazionali, rientri nella competenza di tali Stati, questi ultimi, nell’esercizio di tale competenza, sono nondimeno tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione e, in particolare, dall’articolo 19 TUE (sentenza dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

51

Il principio della tutela giurisdizionale effettiva, cui fa riferimento l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che è stato sancito, in particolare, dall’articolo 47, secondo comma, della Carta. Quest’ultima disposizione deve pertanto essere debitamente presa in considerazione ai fini dell’interpretazione di detto articolo 19, paragrafo 1, secondo comma (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

52

Peraltro, in conformità alla prima frase dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, i diritti contenuti in quest’ultima posseggono lo stesso significato e la stessa portata dei corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU. In forza della seconda frase di tale disposizione, ciò non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa. Secondo le spiegazioni relative alla Carta (GU 2007, C 303, pag. 17), l’articolo 47, secondo comma, della stessa corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. La Corte deve, pertanto, sincerarsi che l’interpretazione da essa fornita nella presente causa assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

53

Ogni Stato membro deve, a norma dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, assicurare che gli organi che sono chiamati, in quanto «giudici» ai sensi del diritto dell’Unione, a statuire su questioni connesse all’applicazione o all’interpretazione di tale diritto e che rientrano quindi nel sistema nazionale di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva, tra cui quello dell’indipendenza (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punti 220224, nonché dell’11 luglio 2024, Hann-Invest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punto 47).

54

Peraltro, la Corte ha già precisato che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che pone a carico degli Stati membri un obbligo di risultato chiaro e preciso e non corredato da alcuna condizione con riferimento, in particolare, all’indipendenza e all’imparzialità dei giudici chiamati a interpretare e ad applicare il diritto dell’Unione, ha un effetto diretto che implica la disapplicazione di qualsiasi disposizione, giurisprudenza o prassi nazionale contraria a tali disposizioni del diritto dell’Unione, come interpretate dalla Corte [sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici), C‑204/21, EU:C:2023:442, punto 78 e giurisprudenza ivi citata].

55

Detto requisito di indipendenza implica due aspetti. Il primo aspetto, di carattere esterno, richiede che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni. Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di «imparzialità» e concerne l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Questo aspetto impone il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica (sentenza dell’11 luglio 2024, Hann-Ivest e a., C‑554/21, C‑622/21 e C‑727/21, EU:C:2024:594, punti 5051 e giurisprudenza ivi citata).

56

Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il pubblico ministero ha comunicato al giudice del rinvio i propri dubbi in merito all’imparzialità del collegio giudicante responsabile del procedimento principale a proseguire il procedimento riguardante gli altri imputati, qualora esso dovesse approvare l’accordo di definizione della causa concernente PT.

57

Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, quando, come nel caso di specie, più persone sono perseguite per la loro partecipazione alla stessa associazione per delinquere e una di esse concluda, nel corso della fase giudiziaria di tale procedimento, un accordo nel quale riconosce la propria colpevolezza, la designazione di un collegio giudicante ad hoc al fine di statuire su tale accordo costituisce una misura di amministrazione della giustizia che gli Stati membri possono prevedere al fine di garantire, se non addirittura di rafforzare, il rispetto dei requisiti di indipendenza e di imparzialità del collegio giudicante che dovrà giudicare gli imputati che non hanno ammesso la loro colpevolezza, requisiti che derivano dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

58

Nella sua sentenza del 25 novembre 2021, Mucha c. Slovacchia (CE:ECHR:2021:1125JUD006370319, §§ da 62 a 64 e 66), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha così constatato l’esistenza di una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, per quanto riguarda il principio di imparzialità e il principio della presunzione di innocenza, in una situazione in cui il medesimo collegio giudicante si era pronunciato, in un primo tempo, sugli accordi di ammissione della colpevolezza riguardanti otto persone imputate per partecipazione a una associazione per delinquere e, in un secondo tempo, sulla fondatezza dell’accusa formulata a carico di un altro imputato per partecipazione alla medesima associazione per delinquere, dal momento che le sentenze recanti approvazione di tali accordi contenevano una menzione specifica e individuale relativa ai fatti contestati a quest’ultima persona e avevano, quindi, pregiudicato il suo diritto di essere presunto innocente fino a quando la sua colpevolezza non fosse stata giuridicamente accertata. Tale giudice ha tratto da ciò la conclusione che i dubbi inerenti l’imparzialità di detto collegio giudicante fossero obiettivamente giustificati.

59

Il giudice del rinvio considera inoltre, che, nell’ambito di un procedimento penale in cui più persone sono imputate, la designazione di un collegio giudicante ad hoc al fine di statuire su un accordo di definizione della causa può ledere il principio di immediatezza del procedimento penale.

60

Tale principio implica che coloro su cui ricade la responsabilità di decidere in merito alla colpevolezza o all’innocenza dell’imputato devono, in linea di principio, sentire personalmente i testimoni e valutarne l’attendibilità, dal momento che uno degli elementi rilevanti di un processo penale equo è la possibilità per l’accusato di essere messo a confronto con i testimoni in presenza del giudice che, da ultimo, statuisce (v., in tal senso, sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka, C‑38/18, EU:C:2019:628, punti 4243).

61

Nel caso di specie, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, la designazione di un collegio giudicante ad hoc al fine di pronunciarsi su un accordo di definizione della causa come quello di cui trattasi nel procedimento principale non è tale da ledere il principio di immediatezza del procedimento penale. Infatti, poiché l’imputato sceglie di riconoscere la propria colpevolezza, volontariamente e in perfetta cognizione dei fatti che gli sono addebitati nonché degli effetti giuridici connessi a tale scelta, rinuncia, come risulta dall’articolo 381, paragrafo 6, del NPK, «a che la sua causa sia giudicata secondo il rito ordinario» e a taluni diritti che ne derivano.

62

Alla luce dell’insieme dei motivi suesposti, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una disposizione di diritto nazionale che attribuisce a un collegio giudicante ad hoc, e non a quello incaricato della causa, la competenza a statuire su un accordo di definizione della causa concluso tra un imputato e il pubblico ministero nel corso della fase giudiziaria di un procedimento penale, laddove anche altri imputati sono perseguiti nel contesto del medesimo procedimento.

Sulla seconda questione

Sulla ricevibilità

63

La Commissione europea afferma, nelle sue osservazioni scritte, che la motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla seconda questione, nella parte in cui verte sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, è «molto laconica» e non soddisfa i requisiti derivanti dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte.

64

Conformemente ad una costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che esso definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte [v., in questo senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C‑415/93, EU:C:1995:463, punto 61, nonché dell’8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Esame d’ufficio del trattenimento), C‑704/20 e C‑39/21, EU:C:2022:858, punto 61].

65

Dal momento che la decisione di rinvio funge da fondamento al procedimento di rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, è indispensabile che il giudice nazionale chiarisca, in tale decisione, il contesto di fatto e di diritto nel quale si inserisce la controversia principale e fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito. Tali requisiti cumulativi figurano espressamente nell’articolo 94 del regolamento di procedura [v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, C.F. (Controllo fiscale),C‑430/19, EU:C:2020:429, punto 23 e giurisprudenza ivi citata].

66

Nel caso di specie, il giudice del rinvio espone in modo giuridicamente adeguato le circostanze del procedimento principale e menziona, in modo dettagliato, le disposizioni nazionali applicabili. Esso illustra altresì le ragioni per cui nutre dubbi in merito alla compatibilità, in particolare, dell’articolo 384, paragrafo 3, del NPK con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Tale giudice considera, infatti, che il requisito del consenso di tutti gli altri imputati per l’approvazione di un accordo di definizione della causa concluso da uno di tali imputati, nel corso della fase giudiziaria di un procedimento penale promosso nei confronti di più persone, restringe «indebitamente» il «rimedio giurisdizionale» che, a suo avviso, tale accordo costituisce per questo imputato in quanto, con la conclusione e l’approvazione di tale accordo, detto imputato «ottiene il risultato finale che cerca, vale a dire ricevere una sanzione più lieve di quella che gli sarebbe stata inflitta se la causa fosse stata trattata nell’ambito del rito ordinario». Sempre secondo tale giudice, una siffatta restrizione può pregiudicare «l’equità del procedimento».

67

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, per quanto riguarda tale questione la domanda di pronuncia pregiudiziale soddisfa i requisiti stabiliti dall’articolo 94 del regolamento di procedura ed è, pertanto, ricevibile, nella parte in cui verte sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

Nel merito

68

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE debba essere interpretato nel senso che osta a una disposizione di diritto nazionale che, in un procedimento penale avviato a carico di più imputati per la loro partecipazione alla stessa associazione per delinquere, subordina l’approvazione giudiziaria di un accordo di definizione della causa, concluso tra uno degli imputati e il pubblico ministero nel corso della fase giudiziaria di tale procedimento, al consenso di tutti gli altri imputati.

69

Come spiegato dal giudice del rinvio, nel procedimento principale una siffatta esigenza «risponde all’interesse di alcuni degli altri [imputati] contro i quali PT potrebbe testimoniare in qualità di testimone dopo l’approvazione dell’accordo che lo riguarda». Inoltre, tale giudice ha precisato, in risposta a una richiesta di chiarimenti della Corte, rivolta in applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura, che il tribunale incaricato di giudicare gli altri imputati «è vincolato» dal contenuto dell’accordo di definizione della causa concluso da uno degli imputati.

70

In questa prospettiva, il requisito del consenso degli altri imputati rientra nel diritto ad un equo processo e nei loro diritti della difesa. Orbene, il rispetto di tali diritti costituisce uno degli elementi che formano parte integrante del principio fondamentale della tutela giurisdizionale effettiva, di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, al pari della nozione di «equo processo», di cui all’articolo 6 della CEDU. [v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C‑791/19, EU:C:2021:596, punto 203].

71

Tale principio fondamentale del diritto dell’Unione è violato se una decisione giurisdizionale si basa su fatti e documenti di cui le parti stesse, o una di esse, non abbiano potuto venire a conoscenza e in merito ai quali non abbiano avuto modo di esprimersi (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 1961, Snupat/Alta Autorità, 42/59 e 49/59, EU:C:1961:5, pag. 105, nonché del 17 novembre 2022, Harman International Industries, C‑175/21, EU:C:2022:895, punto 63). Inoltre, i principi del processo equo impongono che, in determinati casi, gli interessi della difesa siano confrontati con quelli dei testimoni o delle vittime chiamati a deporre (v. sentenza del 29 luglio 2019, Gambino e Hyka, C‑38/18, EU:C:2019:628, punto 41).

72

Alla luce di quanto precede, il principio del rispetto dei diritti della difesa non può essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni di diritto nazionale come l’articolo 384, paragrafo 3, del NPK, il cui scopo è garantire tali diritti in capo agli imputati che, non avendo riconosciuto la loro colpevolezza, devono essere giudicati nel corso di un procedimento penale successivo, tenendo conto non solo delle informazioni che li riguardano che possano figurare nell’accordo di definizione della causa concluso dall’imputato che ha riconosciuto la propria colpevolezza, ma anche delle dichiarazioni che quest’ultimo potrebbe formulare, in qualità di testimone, dinanzi al collegio giudicante che dovrà statuire sulla responsabilità penale degli altri imputati.

73

Alla luce dei suesposti motivi, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una disposizione di diritto nazionale che, in un procedimento penale avviato a carico di più imputati per la loro partecipazione alla stessa associazione per delinquere, subordina l’approvazione giudiziaria di un accordo di definizione della causa, concluso tra uno degli imputati e il pubblico ministero nel corso della fase giudiziaria di tale procedimento, al consenso di tutti gli altri imputati.

Sulla terza questione

74

Come risulta dal punto 42 della presente sentenza, la Corte non è competente a rispondere alla terza questione, dal momento che quest’ultima verte esclusivamente sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta.

Sulle spese

75

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una disposizione di diritto nazionale che attribuisce a un collegio giudicante ad hoc, e non a quello incaricato della causa, la competenza a statuire su un accordo di definizione della causa concluso tra un imputato e il pubblico ministero nel corso della fase giudiziaria di un procedimento penale, laddove anche altri imputati sono perseguiti nel contesto del medesimo procedimento.

 

2)

L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una disposizione di diritto nazionale che, in un procedimento penale avviato a carico di più imputati per la loro partecipazione alla stessa associazione per delinquere, subordina l’approvazione giudiziaria di un accordo di definizione della causa, concluso tra uno degli imputati e il pubblico ministero nel corso della fase giudiziaria di tale procedimento, al consenso di tutti gli altri imputati.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.