SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
4 ottobre 2024 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Articolo 49 TFUE – Imposta sulle società – Prestito transfrontaliero infragruppo diretto a finanziare l’acquisizione o l’ampliamento di una partecipazione in una società non collegata al gruppo medesimo la quale, a seguito di tale operazione, diviene collegata a tale gruppo – Deduzione degli interessi corrisposti per tale prestito – Prestito contratto a condizioni di piena concorrenza – Nozione di “costruzione puramente artificiosa” – Principio di proporzionalità»
Nella causa C‑585/22,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), con decisione del 2 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 7 settembre 2022, nel procedimento
X BV
contro
Staatssecretaris van Financiën,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, T. von Danwitz, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele (relatrice), giudici,
avvocato generale: N. Emiliou
cancelliere: A. Lamote, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in esito all’udienza del 15 novembre 2023,
considerate le osservazioni presentate:
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per X BV, da S.C.W. Douma e R. van Scharrenburg, consulenti fiscali; |
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per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e M.H.S. Gijzen, in qualità di agenti; |
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per il governo belga, da S. Baeyens e J.-C. Halleux, in qualità di agenti; |
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per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente; |
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per la Commissione europea, da W. Roels, in qualità di agente, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale presentate all’udienza del 14 marzo 2024,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49, 56 e 63 TFUE. |
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2 |
La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia sorta tra X BV, società costituita secondo la normativa dei Paesi Bassi, e lo Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato delle Finanze, Paesi Bassi) (in prosieguo: l’«Amministrazione finanziaria») in merito alla deducibilità fiscale degli interessi versati in relazione a un prestito infragruppo contratto al fine di finanziare l’acquisizione di una società non collegata al gruppo medesimo. |
Contesto normativo dei Paesi Bassi
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3 |
L’articolo 10a della Wet op de vennootschapsbelasting 1969 (legge sull’imposta sulle società del 1969), nel testo vigente nel 2007 (Stb. 2006, n. 631) (in prosieguo: la «Legge sull’imposta sulle società»), così dispone: «1. Ai fini della determinazione degli utili (...), non sono deducibili gli interessi – inclusi costi e risultati valutari – relativi a debiti contratti, di diritto o di fatto, direttamente o indirettamente, con un’entità collegata o con una persona fisica collegata, laddove il debito sia connesso, direttamente o indirettamente, di diritto o di fatto, a uno dei seguenti negozi giuridici: (...)
(...) 3. Il paragrafo 1 non si applica qualora il contribuente dimostri che:
4. Ai fini del presente articolo (...), si considera entità collegata al soggetto passivo:
(...)». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
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4 |
X fa parte di un gruppo multinazionale di società. L’azionista unico di X è A, una società di diritto belga, le cui azioni erano detenute da B, altra società di diritto belga, nella misura del 39% del suo capitale nel periodo compreso tra il 2000 e il 22 dicembre 2002, e nella misura del 44,47% del capitale da quest’ultima data in poi. Le altre azioni di A erano quotate alla Borsa di Bruxelles (Belgio) e, quindi, detenute dal pubblico. |
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5 |
Il gruppo costituito da B e A comprende C, una società con sede in Belgio. Tra il 1999 e il 2010, C godeva, ai fini fiscali, dello status di «centro di coordinamento», ai sensi della normativa tributaria belga. Conseguentemente, C beneficiava di un regime fiscale speciale in base al quale, in particolare, il suo utile imponibile era stato determinato su base forfettaria senza dover trattenere alcuna ritenuta mobiliare sui pagamenti di interessi. Nel 2000, A deteneva il 53,05% delle azioni o quote di C e B il 46,95% delle azioni o quote di C. Il 22 dicembre 2002, le partecipazioni di A e B divenivano, rispettivamente, il 64,3% e il 27,8% delle azioni o quote di C, mentre il restante 7,9% restava in possesso di terzi. |
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6 |
Nel corso del 2000, X acquisiva da terzi il 72% delle azioni di F, società costituita secondo la normativa dei Paesi Bassi, e A acquisiva il restante 28% del capitale azionario dai terzi medesimi. X finanziava l’acquisizione di tale pacchetto azionario mediante l’assunzione di prestiti concessi da C, la quale utilizzava a tal fine fondi propri costituiti per mezzo di un apporto di capitale operato da A. |
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7 |
Nell’avviso di accertamento comunicato a X per l’esercizio 2007 relativamente all’imposta sulle società, l’Amministrazione finanziaria negava la deducibilità degli interessi corrisposti da detta società a C. X impugnava tale diniego, in un primo momento, dinanzi al Rechtbank Gelderland (Tribunale di Gelderland, Paesi Bassi) e, successivamente, dinanzi al Gerechtshof Arnhem-Leeuwarden (Corte d’appello di Arnhem-Leeuwarden, Paesi Bassi). Con sentenza del 20 ottobre 2020, quest’ultimo giudice dichiarava che gli articoli 49, 56 e 63 TFUE non ostavano alla restrizione della deducibilità degli interessi prevista dall’articolo 10a della legge sull’imposta sulle società, che esclude la deducibilità degli interessi sui debiti contratti con un’entità collegata, laddove tali debiti siano connessi all’acquisizione o all’ampliamento di una partecipazione in un’entità la quale, a seguito dell’acquisizione o dell’ampliamento stessi, divenga un’entità collegata al contribuente, salvo che questi non dimostri la sussistenza di una delle due condizioni di cui all’articolo 10a, paragrafo 3. |
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Avverso tale sentenza X ha proposto ricorso dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), che è il giudice del rinvio. A parere di quest’ultimo, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale è tale da svantaggiare le fattispecie transfrontaliere. Infatti, un’entità residente collegata al contribuente soddisferebbe, in linea generale, la condizione di cui all’articolo 10a, paragrafo 3, lettera b), della legge sull’imposta sulle società, mentre un’entità non residente collegata al contribuente medesimo soddisferebbe, di fatto, tale requisito meno frequentemente e la deducibilità degli interessi passivi relativi a un prestito contratto con quest’ultima entità resterebbe possibile solo in presenza della condizione di cui all’articolo 10a, paragrafo 3, lettera a), della medesima legge. |
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9 |
Una restrizione del genere risulterebbe tuttavia giustificata, ad avviso del giudice del rinvio, dalla necessità di combattere la frode e l’evasione fiscali, considerato che la normativa oggetto del procedimento principale sarebbe specificamente volta ad ostacolare le condotte di due o più entità collegate consistenti nella creazione di costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, volte ad eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale mediante interessi passivi creati artificiosamente, vale a dire quelli dovuti a fronte di un debito derivante da un prestito contratto arbitrariamente e senza motivazioni economiche. |
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10 |
Il giudice medesimo precisa che i debiti derivanti da prestiti sono contratti arbitrariamente e senza motivazioni economiche, segnatamente, quando, all’interno di un gruppo di entità collegate, il metodo di finanziamento di un’operazione, di per sé economicamente giustificata, è dettato da ragioni fiscali in misura tale da includere atti giuridici non necessari per la realizzazione di obiettivi economicamente giustificati, i quali, in assenza di tali ragioni di ordine fiscale, non sarebbero stati compiuti, sebbene gli interessi passivi sui debiti stessi siano identici a quelli che sarebbero stati convenuti tra imprese indipendenti. La normativa oggetto del procedimento principale riguarderebbe, quindi, un’erosione della base imponibile derivante non da interessi passivi eccessivi, bensì da interessi passivi creati artificiosamente. |
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A parere del giudice del rinvio, il diniego totale della deducibilità di interessi passivi così artificiosamente creati risulterebbe proporzionato all’obiettivo della lotta contro la frode e l’evasione fiscali, in quanto, da un lato, si limiterebbe alle fattispecie in cui l’assunzione di prestiti all’interno di un gruppo di società collegate sia dettata da ragioni di natura fiscale in misura tale che tali prestiti non siano necessari per il conseguimento di obiettivi economicamente fondati e che i prestiti stessi non sarebbero stati contratti tra entità tra le quali non sussista alcun rapporto specifico, e, dall’altro, le condizioni che devono essere soddisfatte per fornire la relativa prova e poter procedere alla deduzione degli interessi passivi non sarebbero così rigorose da privare tale deduzione di qualsiasi effettiva portata. |
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Il giudice del rinvio si chiede, tuttavia, se la sua analisi resti fondata alla luce, in particolare, della sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34, punti 51 e 56). In primo luogo, si chiede se da tale sentenza possa dedursi che le operazioni concluse a condizioni di piena concorrenza non costituiscano, di per sé, una costruzione puramente artificiosa. Infatti, al punto 56 di tale sentenza, la Corte ha, sostanzialmente, dichiarato che la normativa nazionale oggetto di tale causa era tale da estendere la propria sfera di applicazione ad operazioni concluse a condizioni di piena concorrenza le quali, conseguentemente, non costituiscono costruzioni puramente artificiose o fittizie concepite allo scopo di eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale. In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga se debba attribuirsi rilevanza al fatto che, a differenza della normativa oggetto della causa che ha dato origine a tale sentenza, la normativa oggetto del procedimento principale nella specie riguardi non solo il trasferimento di partecipazioni all’interno del gruppo, bensì parimenti l’acquisizione di un’entità esterna che divenga, a seguito dell’acquisizione medesima, un’entità collegata al gruppo. |
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Tutto ciò premesso, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha disposto la sospensione del procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulla richiesta di riapertura della fase orale del procedimento
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Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 10 aprile 2024, a seguito della presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale, X ha chiesto la riapertura della fase orale del procedimento ai sensi dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte. |
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A sostegno di tale domanda, X rileva, sostanzialmente, che l’avvocato generale, nell’invitare la Corte a riconsiderare la posizione da essa accolta nella sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34), si è basato, al paragrafo 71 delle proprie conclusioni, su un argomento che non sarebbe stato discusso tra le parti. X vorrebbe, pertanto, formulare argomenti relativi al rispetto del principio della certezza del diritto, sostenendo la necessità di un periodo transitorio nel caso in cui l’approccio sostenuto dall’avvocato generale dovesse essere fatto proprio dalla Corte, rilevando parimenti che tale approccio avrebbe effetti potenzialmente discriminatori nei propri confronti, avendo essa sede nei Paesi Bassi e non in Svezia. A parere di X, occorrerebbe anche affrontare la questione degli effetti dell’approccio sulla giurisprudenza della Corte dell’Associazione di libero scambio (EFTA). |
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A tale riguardo, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale presenta pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate in merito alle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né da tali conclusioni né dalla motivazione in base alla quale l’avvocato generale giunge a formularle (sentenza del 21 dicembre 2023, Chief Appeals Officer e a., C‑488/21, EU:C:2023:1013, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata). |
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Inoltre, il disaccordo di un interessato, contemplato dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da esso esaminate nelle proprie conclusioni, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale del procedimento (sentenza del 21 dicembre 2023, Chief Appeals Officer e a., C‑488/21, EU:C:2023:1013, punto 35 nonché la giurisprudenza ivi citata). |
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18 |
È vero che la Corte, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del regolamento di procedura, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa deve essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza del 21 dicembre 2023, Chief Appeals Officer e a., C‑488/21, EU:C:2023:1013, punto 36). |
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Tuttavia, tale ipotesi non ricorre nella specie. Da un lato, infatti, si deve necessariamente rilevare che la questione della portata della sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34), è stata discussa nell’ambito delle fasi scritta ed orale del procedimento. Inoltre, la domanda di riapertura della fase orale del procedimento non contiene alcun fatto nuovo in grado di influenzare in modo decisivo l’emananda decisione della Corte nella presente causa. |
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Ciò premesso, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di essere sufficientemente edotta alla luce dei vari argomenti dinanzi ad essa dibattuti e che, di conseguenza, non occorra disporre la riapertura della fase orale del procedimento. |
Questioni pregiudiziali
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Con le sue tre questioni, che appare opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49, 56 e 63 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in base alla quale, in sede di calcolo degli utili del soggetto passivo, sia esclusa in toto la deducibilità degli interessi corrisposti in relazione a debiti risultanti da un prestito contratto con un’entità collegata, relativo all’acquisizione o all’ampliamento di una partecipazione in un’altra entità, che divenga, per effetto dell’acquisizione o dell’ampliamento medesimi, un’entità collegata al contribuente stesso, laddove si debba ritenere che tale debito costituisca una costruzione puramente artificiosa ovvero faccia parte di detta costruzione, e ciò anche quando il debito sia stato contratto a condizioni di piena concorrenza e l’importo degli interessi non superi quello che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti. |
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22 |
Va rilevato, in limine, che il procedimento principale riguarda un avviso di accertamento relativo all’esercizio fiscale 2007, con la conseguenza che il Trattato CE risulta ad esso applicabile ratione temporis. Ciò premesso, poiché l’interpretazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione dei servizi e alla libera circolazione dei capitali si applica, in ogni caso, anche alle corrispondenti disposizioni del Trattato CE, si farà riferimento agli articoli 49, 56 e 63 TFUE, richiamati dal giudice del rinvio. |
Sulla libertà fondamentale rilevante nella specie
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23 |
Da una giurisprudenza costante risulta che, per determinare se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE, occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa di cui trattasi (sentenza del 16 febbraio 2023, Gallaher, C‑707/20, EU:C:2023:101, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata). |
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Ricade, pertanto, nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE una normativa nazionale destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni che consentono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di una società e di determinare le attività di quest’ultima (sentenza del 16 febbraio 2023, Gallaher, C‑707/20, EU:C:2023:101, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata). |
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Dalla giurisprudenza della Corte emerge inoltre che, se una normativa nazionale riguarda solo relazioni nell’ambito di uno stesso gruppo societario, essa incide prevalentemente sulla libertà di stabilimento (sentenza del 16 febbraio 2023, Gallaher, C‑707/20, EU:C:2023:101, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata). |
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26 |
Nel caso di specie, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale riguarda il trattamento fiscale degli interessi corrisposti in relazione a debiti da prestito contratti da un contribuente con un’entità o una persona fisica ad esso collegata, laddove tali debiti siano connessi con l’acquisizione o l’ampliamento di una partecipazione in un’altra entità che, per effetto dell’acquisizione o dell’ampliamento di cui trattasi, divenga un’entità anch’essa collegata al contribuente medesimo. |
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27 |
Ai sensi dell’articolo 10a, paragrafo 4, della legge sull’imposta sulle società, le entità sono collegate quando una detiene direttamente o indirettamente il 33,3% delle partecipazioni dell’altra, o quando una terza entità detiene direttamente o indirettamente il 33,3% delle partecipazioni delle altre due entità. |
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Secondo la giurisprudenza della Corte, una siffatta percentuale è in grado di consentire alla società partecipante di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società con cui è collegata (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2018, C‑382/16, Hornbach-Baumarkt, EU:C:2018:366, punto 29). |
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29 |
Di conseguenza, la normativa in esame nel procedimento principale, considerato che il suo oggetto riguarda il trattamento fiscale degli interessi corrisposti per debiti all’interno di un gruppo di società, tra entità in grado di esercitare, direttamente o indirettamente, una sicura influenza l’una sull’altra, rientra nell’ambito della libertà di stabilimento. |
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Supponendo che il regime fiscale oggetto del procedimento principale produca effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi o sulla libera circolazione dei capitali, tali effetti costituirebbero l’inevitabile conseguenza di un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento e non giustificano un esame separato delle questioni pregiudiziali con riguardo agli articoli 56 TFUE e 63 TFUE (v., per analogia, sentenza del 17 marzo 2022, AllianzGI-Fonds AEVN, C‑545/19, EU:C:2022:193, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata). |
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31 |
Le questioni pregiudiziali devono pertanto essere risolte alla luce dell’articolo 49 TFUE. |
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32 |
A tal proposito, si deve rammentare che detto articolo impone la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Tale libertà comprende, per le società costituite secondo la legislazione di uno Stato membro e aventi la loro sede sociale, la loro amministrazione centrale o la loro sede principale all’interno dell’Unione, il diritto di svolgere la loro attività in altri Stati membri mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (sentenza del 20 gennaio 2021, C‑484/19, Lexel, EU:C:2021:34, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata). |
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33 |
Una disparità di trattamento, risultante dalla normativa di uno Stato membro a detrimento delle società che esercitano la loro libertà di stabilimento, è ammissibile soltanto qualora essa riguardi situazioni che non siano oggettivamente comparabili o qualora sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e sia proporzionata a quest’ultimo, il che implica che sia idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito e che non vada al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo medesimo [v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2022, Cilevičs e a., C‑391/20, EU:C:2022:638, punto 65 nonché la giurisprudenza ivi citata, e 22 settembre 2022, W, C‑538/20(Deducibilità delle perdite definitive di una stabile organizzazione non residente), EU:C:2022:717, punto 18 nonché la giurisprudenza ivi citata]. |
Sull’esistenza di una disparità di trattamento
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34 |
Si deve rilevare che, laddove una società madre, stabilita in uno Stato membro, eserciti la propria attività in un altro Stato membro tramite una controllata, la propria libertà di stabilimento può essere pregiudicata da qualsiasi restrizione che colpisca la controllata stessa (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2020, Vodafone Magyarország, C‑75/18, EU:C:2020:139, punto 41). |
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35 |
Inoltre, in una fattispecie caratterizzata da un gruppo societario e dal diniego, da parte dell’Amministrazione finanziaria di uno Stato membro nei confronti di una società stabilita nello Stato medesimo, la cui società madre sia stabilita in un altro Stato membro, di consentire la deducibilità di taluni costi degli interessi corrisposti ad un’altra società dello stesso gruppo, stabilita in quest’altro Stato membro, mentre tale deducibilità sarebbe stata possibile se la società beneficiaria degli interessi fosse stata stabilita nel primo Stato membro, la Corte ha ritenuto che una disparità di trattamento di tal genere è atta ad incidere negativamente sulla libertà di stabilimento (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel, C‑484/19, EU:C:2021:34, punti 40 e 41). |
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36 |
Occorre pertanto esaminare se la normativa oggetto del procedimento principale produca una disparità di trattamento tale da incidere negativamente sulla libertà di stabilimento. |
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37 |
Si deve ricordare, a tal riguardo, che sono vietate non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla sede delle società, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo stesso risultato (sentenza del 3 marzo 2020, Tesco-Global Áruházak, C‑323/18, EU:C:2020:140, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata). |
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38 |
In particolare, un regime fiscale che preveda un criterio di differenziazione apparentemente obiettivo ma che sfavorisca nella maggior parte dei casi, tenuto conto delle loro caratteristiche, le società aventi sede in un altro Stato membro e che si trovino in una situazione comparabile a quella di società aventi sede nello Stato membro di imposizione, costituisce una discriminazione indiretta basata sul luogo della sede delle società, vietata dagli articoli 49 e 54 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2023, Cofidis, C‑340/22, C:2023:1019, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata). |
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39 |
Nella specie, va rilevato che l’articolo 10a, paragrafo 1, lettera c), della legge sull’imposta sulle società, il quale, in presenza delle condizioni indicate nella disposizione medesima, nega la deducibilità degli interessi corrisposti a titolo di debiti da prestiti contratti con un’entità collegata, non opera alcuna distinzione a seconda che il gruppo di società interessato sia transfrontaliero o meno (v., per analogia, sentenza del 22 febbraio 2018, X e X, C‑398/16 e C‑399/16, EU:C:2018:110, punto 35). |
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40 |
L’articolo 10a, paragrafo 3, lettere a) e b), della legge medesima, che stabilisce i requisiti in presenza dei quali tale deducibilità è nondimeno consentita, si applica indistintamente alle fattispecie tanto nazionali quanto transfrontaliere. |
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41 |
Tuttavia, come rilevato supra al punto 8, il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 10a, paragrafo 3, lettera b), della legge sull’imposta sulle società, che esige che sia accertato, in primo luogo, che un’imposta sia in definitiva prelevata sugli interessi in questione e, in secondo luogo, che tale imposta sia ragionevole secondo i criteri del diritto dei Paesi Bassi, vale a dire che preveda un’imposizione quantomeno pari al 10% sugli utili imponibili determinati secondo tali criteri, produce tuttavia l’effetto di svantaggiare le situazioni transfrontaliere. |
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42 |
Spetterà al giudice nazionale, che è l’unico competente a valutare i fatti del procedimento principale e a interpretare la normativa nazionale in questione, stabilire se un’imposizione ad un’aliquota inferiore al 10% sugli utili imponibili, determinati in base a tali criteri, possa trovare applicazione nei confronti di entità collegate beneficiarie di interessi che abbiano sede nei Paesi Bassi. |
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43 |
Se così non fosse o se, pur essendo possibile in teoria, tale imposizione non venisse applicata in pratica, si dovrebbe ritenere che l’articolo 10a, paragrafo 3, lettera b), della legge sull’imposta sulle società, pur prevedendo una condizione apparentemente oggettiva, istituisca una condizione che risulterà, de facto, soddisfatta nel caso di una società stabilita nei Paesi Bassi che corrisponda interessi ad un’entità collegata stabilita nello Stato membro medesimo. Ne conseguirebbe, parimenti, che unicamente le società stabilite nei Paesi Bassi che corrispondano interessi ad un’entità collegata stabilita in un altro Stato membro potrebbero trovarsi in una situazione in cui tale condizione non sia soddisfatta, qualora quest’ultimo Stato membro, come il Regno del Belgio nella specie, assoggetti tale entità ad imposta inferiore. |
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44 |
Di conseguenza, se, nell’ambito del sistema fiscale dei Paesi Bassi, una tassazione ad un’aliquota inferiore al 10% non venisse praticata, la conseguenza inevitabile e non casuale (v., a contrario, sentenza del 3 marzo 2020, Tesco-Global Áruházak, C‑323/18, EU:C:2020:140, punto 72) di una condizione come quella prevista dall’articolo 10a, paragrafo 3, lettera b), della legge sull’imposta sulle società sarebbe che essa riguarderebbe unicamente le fattispecie transfrontaliere. |
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45 |
In tal modo, il trattamento sfavorevole nei confronti di una società, figlia da una società madre stabilita in un altro Stato membro, fondato sull’ubicazione della sede dell’entità collegata beneficiaria degli interessi corrisposti dalla controllata medesima, è tale da dissuadere la società madre dall’esercitare la propria attività nei Paesi Bassi tramite la società figlia in questione, pur mantenendo tale entità collegata in detto altro Stato membro, dove è soggetta a un regime fiscale favorevole. Come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle proprie conclusioni, un trattamento sfavorevole di tal genere è anche atto a dissuadere una società madre stabilita nei Paesi Bassi dall’esercitare la propria libertà di stabilimento costituendo un’entità collegata in un altro Stato membro in cui sarebbe soggetta a un regime fiscale favorevole. |
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46 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve ritenere che, pur essendo indistintamente applicabile, la normativa oggetto del procedimento principale implica una disparità di trattamento tale da pregiudicare l’esercizio della libertà di stabilimento. |
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47 |
Occorre quindi acclarare, conformemente alla giurisprudenza richiamata supra al punto 33, se tale disparità di trattamento riguardi fattispecie non oggettivamente comparabili. |
Sulla comparabilità delle fattispecie
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48 |
Dalla giurisprudenza della Corte deriva, da un lato, che la comparabilità o meno di una situazione transfrontaliera con una situazione interna deve essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni della normativa nazionale interessata, nonché dell’oggetto e del contenuto di tali disposizioni e, dall’altro, che solo i criteri distintivi rilevanti fissati dalla normativa di cui trattasi devono essere presi in considerazione al fine di valutare se la differenza di trattamento risultante da siffatta normativa rispecchi una differenza di situazione oggettiva (sentenza del 27 aprile 2023, L Fund, C‑537/20, EU:C:2023:339, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata). |
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49 |
Come osservato supra al punto 29, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale ha ad oggetto il trattamento fiscale dei costi degli interessi corrisposti per debiti all’interno di un gruppo di società tra entità in grado di esercitare, direttamente o indirettamente, una sicura influenza l’una sull’altra. Tale normativa è volta a consentire la deducibilità, ai fini della determinazione degli utili, degli interessi relativi a debiti nei confronti di un’entità collegata unicamente nel caso in cui tali interessi passivi non siano creati artificiosamente. |
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50 |
Orbene, si deve rilevare che, con riguardo ad un vantaggio fiscale, quale la deducibilità, ai fini della determinazione degli utili, degli interessi inerenti a debiti nei confronti di un’entità collegata, un contribuente non si trova in una situazione diversa a seconda che l’entità beneficiaria degli interessi sia o meno stabilita nello stesso Stato membro o a seconda che sia o meno soggetta, in un altro Stato membro, a un trattamento fiscale più o meno vantaggioso (v., per analogia, sentenza del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 31). In tutte queste fattispecie, il prestito per il quale vengono corrisposti gli interessi in questione e il relativo negozio giuridico possono fondarsi su considerazioni economiche. |
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51 |
Ciò detto, e fatto salvo l’esame della questione se la normativa oggetto del procedimento principale sia eventualmente giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, si deve ritenere che una società non si trovi in una situazione differente per il solo fatto che l’entità collegata, beneficiaria degli interessi in questione, sia stabilita in un altro Stato membro, nel quale tali interessi siano assoggettati ad un’aliquota non superiore al 10% su un utile imponibile determinato secondo i criteri del diritto dei Paesi Bassi. |
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52 |
La Corte ha peraltro affermato che la fattispecie in cui una società stabilita in uno Stato membro corrisponda oneri finanziari su un mutuo contratto presso una società, appartenente allo stesso gruppo, stabilita in un altro Stato membro non differisce, per quanto riguarda la corresponsione dei relativi oneri finanziari, dalla situazione in cui il beneficiario degli oneri finanziari stessi sia una società del gruppo stabilita nel medesimo Stato membro (sentenza 20 gennaio 2021, Lexel, C‑484/19, EU:C:2021:34, punto 44). |
Sulla giustificazione
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53 |
Occorre esaminare, alla luce della giurisprudenza richiamata supra al punto 32, se la disparità di trattamento di cui trattasi nel procedimento principale possa essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e se sia proporzionata a tale obiettivo. |
Sulla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale.
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54 |
Il giudice nazionale, i governi che hanno presentato osservazioni e la Commissione europea sostengono che la restrizione creata dalla normativa oggetto del procedimento principale sia giustificata dalla necessità di prevenire la frode e l’evasione fiscali. In particolare, il giudice nazionale precisa, come menzionato supra al punto 9, che tale normativa è diretta a prevenire l’erosione della base imponibile nei Paesi Bassi mediante interessi passivi creati artificiosamente, vale a dire interessi dovuti a fronte di debiti derivanti da prestiti contratti arbitrariamente e privi di giustificazione economica, in particolare quando, nell’ambito di un gruppo di entità collegate, le modalità di finanziamento di un’operazione economicamente giustificata sono dettate da motivi fiscali in misura tale da includere atti giuridici non necessari ai fini del raggiungimento degli obiettivi economicamente giustificati e che, in assenza di tali motivi fiscali, non sarebbero stati effettuati. |
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55 |
A tal proposito, la Corte ha ritenuto che la lotta alla frode e all’evasione fiscali costituisce un motivo imperativo di interesse generale in grado di giustificare una restrizione all’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE (v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 36, e del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 63). |
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56 |
Una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento può essere altresì giustificata quando mira a contrastare le costruzioni puramente artificiose finalizzate ad eludere l’applicazione della legislazione dello Stato membro interessato (sentenza del 1o aprile 2014, Felixstowe Dock and Railway Company e a., C‑80/12, EU:C:2014:200, punto 31). |
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57 |
Secondo costante giurisprudenza, affinché una restrizione alla libertà di stabilimento prevista dall’articolo 49 TFUE risulti giustificata dai motivi richiamati supra ai punti 55 e 56, l’obiettivo specifico della restrizione stessa deve essere volto ad impedire condotte consistenti nella creazione di costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, finalizzate a eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale (v., in particolare, sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punti 51 e 55; del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, C‑524/04, EU:C:2007:161, punti 72 e 74; del 26 febbraio 2019, Società intermedie con sede in paesi terzi), C‑135/17, EU:C:2019:136, punto 73, nonché del 20 gennaio 2021, Lexel, C‑484/19, EU:C:2021:34, punto 49). |
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58 |
La Corte ha parimenti precisato che il principio del divieto di pratiche abusive si applica, in materia fiscale, quando il perseguimento di un vantaggio fiscale costituisce lo scopo essenziale delle operazioni in questione (sentenza del 26 febbraio 2019, N Luxembourg 1 e a., C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 107 e la giurisprudenza ivi citata). |
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59 |
Infatti, se è pur vero che la ricerca, da parte di un contribuente, del regime fiscale più vantaggioso per il medesimo non può, di per sé, legittimare una presunzione generale di frode o di abuso, resta il fatto che il contribuente stesso non può beneficiare di un diritto o di un vantaggio riconosciuto dal diritto dell’Unione quando l’operazione de qua sia puramente artificiosa sul piano economico e sia diretta a sottrarre l’impresa in questione alla normativa dello Stato membro interessato (sentenza del 26 febbraio 2019 nella causa N Luxembourg 1 e a., C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 109 nonché la giurisprudenza ivi citata). |
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60 |
Si deve rilevare, a tal proposito, che, nelle cause che hanno dato origine alla sentenza del 22 febbraio 2018, X e X, (C‑398/16 e C‑399/16, EU:C:2018:110, punti 46 e 48), vertenti sull’articolo 10a, paragrafo 2, lettera b), della legge sull’imposta sulle società nel testo vigente nel 2004, sostanzialmente corrispondente all’articolo 10a, paragrafo 3, lettera b), della legge sull’imposta sulle società, come confermato dal giudice del rinvio nel procedimento principale, la Corte ha dichiarato che tale disposizione persegue innegabilmente l’obiettivo di contrastare la frode e l’evasione fiscali e mira a impedire che i fondi propri di un gruppo siano falsamente presentati come fondi mutuati da un’entità dei Paesi Bassi del gruppo stesso e che gli interessi relativi a tale prestito possano essere portati in deduzione dal risultato imponibile nei Paesi Bassi. |
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61 |
La circostanza che la normativa oggetto del procedimento principale riguardi non solo le situazioni in cui un contribuente contragga un debito da prestito concesso da un’entità collegata al fine di finanziare l’acquisizione o l’ampliamento di una partecipazione in un’entità già collegata al contribuente stesso, come avvenuto nelle cause sfociate nella sentenza del 22 febbraio 2018, X e X (C‑398/16 e C‑399/16, EU:C:2018:110), bensì anche in quelle in cui un’entità divenga un’entità collegata al contribuente medesimo solo a seguito di tale acquisizione o ampliamento, come nel caso di specie, non rimette in discussione tale conclusione. In tutti questi casi, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle proprie conclusioni, lo scopo della normativa è quello di prevenire la natura artificiosa delle operazioni in questione, derivante dalla presentazione fittizia di fondi propri e nella loro conversione in capitale mutuato. |
Sulla proporzionalità
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62 |
Come emerge dal punto 33 supra, occorre inoltre valutare se la normativa oggetto del procedimento principale sia atta a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito. |
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63 |
A tal proposito, occorre ricordare che, ai sensi della normativa oggetto del procedimento principale, un contribuente può dedurre dai propri utili imponibili gli interessi corrisposti in relazione a prestiti contratti con entità collegate e connessi all’acquisizione o all’ampliamento di una partecipazione in un’entità la quale, successivamente all’acquisizione o all’ampliamento, divenga collegata al contribuente medesimo, unicamente qualora questi dimostri che ricorrono le condizioni di cui all’articolo 10a, paragrafo 3, lettere a) o b), della legge sull’imposta sulle società. |
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64 |
Tale normativa è quindi tale da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito, in modo coerente e sistematico, neutralizzando gli effetti della condotta di due o più entità collegate consistente nella creazione di costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, create allo scopo di eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale, escludendo la deducibilità degli interessi passivi creati artificiosamente o, quanto meno, garantendo che tali interessi siano tassati a un’aliquota ragionevole nello Stato membro del beneficiario e che l’imposta sugli utili non risulti del tutto elusa. |
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65 |
Occorre pertanto verificare se la restrizione oggetto del procedimento principale non vada al di là di quanto necessario per il conseguimento di tale obiettivo. |
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66 |
A tal riguardo, l’accertamento dell’esistenza di una costruzione puramente artificiosa esige, oltre ad un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio fiscale, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito dalla libertà di stabilimento non sia stato conseguito (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata), nonché, per analogia, sentenza del 26 febbraio 2019, N Luxembourg 1 e a., C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, EU:C:2019:134, punto 124 e la giurisprudenza ivi citata). |
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67 |
Secondo la Corte, si può ritenere che una normativa nazionale non vada al di là di quanto necessario per prevenire pratiche abusive quando è fondata sull’esame di elementi oggettivi e verificabili al fine di determinare se un’operazione presenti la natura di costruzione puramente artificiosa a fini esclusivamente fiscali e che, in ogni caso in cui l’esistenza di un tale costruzione non possa essere esclusa, consenta al contribuente interessato, senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione sia stata conclusa [v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, X (Società di intermediazione stabilite in Paesi terzi), C‑135/17, EU:C:2019:136, punto 87 e la giurisprudenza ivi citata]. |
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68 |
Per verificare se un’operazione persegua un obiettivo di frode e di abuso, le autorità nazionali competenti non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, a un esame complessivo dell’operazione in questione. L’introduzione di un provvedimento fiscale di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di contribuenti dall’agevolazione fiscale, senza che l’amministrazione finanziaria sia tenuta a fornire il benché minimo principio di prova o di indizio di frode e abuso, eccederebbe quanto necessario per evitare le frodi e gli abusi (sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata). |
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69 |
Nella specie, la normativa oggetto del procedimento principale istituisce la presunzione secondo cui gli interessi corrisposti per debiti derivanti da prestiti contratti secondo i criteri di cui all’articolo 10a, paragrafo 1, lettera c), della legge sull’imposta sulle società costituiscono o fanno parte di costruzioni puramente artificiose. |
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70 |
Tali criteri, segnatamente il fatto che tali prestiti siano dovuti a un’entità collegata e siano connessi all’acquisizione o all’ampliamento di una partecipazione in un’entità che, in conseguenza dell’acquisizione o dell’ampliamento medesimi, divenga un’entità collegata, costituiscono indizi, ai sensi della giurisprudenza richiamata supra al punto 68, dell’esistenza di una costruzione puramente artificiosa. |
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71 |
La possibilità per il contribuente di invertire tale presunzione, dimostrando la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 10a, paragrafo 3, lettere a) e b), della legge sull’imposta sulle società, consente di limitare l’esclusione della deducibilità degli interessi derivanti da prestiti alle sole fattispecie in cui il prestito all’interno di un gruppo di società collegate sia dettato da motivi fiscali in misura tale che il prestito non risulti necessario ai fini del conseguimento di obiettivi economicamente fondati e che non sarebbe stato assolutamente contratto tra entità non legate da rapporti specifici. |
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72 |
A tal proposito, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio emerge che la condizione di cui all’articolo 10a, paragrafo 3, lettera a), della legge sull’imposta sulle società attiene tanto al motivo del prestito e del negozio giuridico ad esso connesso, quanto agli elementi oggettivi che caratterizzano il prestito e l’operazione giuridica, dovendo il contribuente dimostrare che tali elementi siano giustificati da considerazioni economiche e che avrebbero potuto essere convenuti tra soggetti non legati da tali specifici rapporti. Ne consegue, a parere del giudice del rinvio e come menzionato supra al punto 10, che, secondo la giurisprudenza del giudice medesimo, i debiti da prestiti contratti arbitrariamente e privi di motivazioni economiche costituiscono una costruzione puramente artificiosa, ancorché gli interessi passivi su tali debiti siano, di per sé, identici a quelli che sarebbero stati convenuti tra imprese indipendenti. |
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73 |
Orbene, come si evince supra dal punto 12, il giudice del rinvio si chiede se dalla sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34) e, in particolare, dal punto 56 della stessa, sia possibile dedurre il principio che le operazioni consistenti nel contrarre debiti con un’entità collegata al contribuente non costituiscono, per definizione, costruzioni puramente artificiose laddove siano state concluse a condizioni di mercato. |
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74 |
A tal riguardo, si deve rammentare, in primo luogo, che la Corte ha dichiarato che il fatto che una società abbia ottenuto un prestito da un’altra società a condizioni non corrispondenti a quelle che le società medesime avrebbero concordato a condizioni di piena concorrenza costituisce, per lo Stato membro di residenza della società mutuataria, un elemento oggettivo che può essere verificato da terzi al fine di accertare se l’operazione in questione costituisca, in tutto o in parte, una costruzione puramente artificiosa il cui scopo essenziale sia quello di sottrarsi alla giurisdizione tributaria di tale Stato membro. Occorre quindi acclarare se, in assenza di specifici rapporti tra le società interessate, il prestito in questione non sarebbe stato concesso o se sarebbe stato concesso per un importo o a un tasso di interesse differenti (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, C‑524/04, EU:C:2007:161, punto 81). |
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75 |
Da tale giurisprudenza emerge che l’esame del rispetto delle condizioni di piena concorrenza verte non solo sulle clausole del contratto di prestito relative, in particolare, all’importo mutuato o al tasso di interesse, ma anche sulla logica economica del prestito in questione e delle operazioni giuridiche ad esso connesse. Quest’ultimo esame comporta la verifica della validità economica dell’operazione di prestito e di quelle ad esse connesse, verificando che tali operazioni avrebbero potuto essere concluse tra le società contraenti pur in assenza di specifici rapporti. |
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76 |
Un esame volto ad accertare che non solo le condizioni del prestito in questione, bensì anche il fatto stesso della conclusione del medesimo nonché le operazioni giuridiche ad esso connesse corrispondano a quanto le società avrebbero convenuto in circostanze di piena concorrenza equivale ad accertare l’effettività economica delle operazioni, la cui assenza costituisce, come risulta dalla giurisprudenza richiamata supra ai punti 57, 59 e 67, uno dei fattori decisivi per qualificare un’operazione come una costruzione puramente artificiosa. |
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77 |
In secondo luogo, come ricordato dalla Corte nella sentenza del 21 dicembre 2023, BMW Bank e a. (C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, EU:C:2023:1014, punti 281 e 283), successivamente alla sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34), dal principio generale di diritto secondo cui i singoli non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme del diritto dell’Unione discende che uno Stato membro deve negare, anche in assenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedano tale diniego, il beneficio di disposizioni di diritto dell’Unione laddove queste vengano invocate da un soggetto non già al fine di realizzare le finalità delle disposizioni medesime, bensì al fine di godere di un vantaggio concesso a tale soggetto dal diritto dell’Unione, sebbene le condizioni oggettive richieste per poterne godere, previste dal diritto dell’Unione, siano rispettate solo formalmente. |
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78 |
Ne consegue che l’esame delle sole condizioni formali di una determinata operazione non è sufficiente per valutarne l’effettività economica. |
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79 |
In terzo luogo, al punto 29 della sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel, (C‑484/19, EU:C:2021:34), la Corte ha dichiarato che, malgrado una certa prossimità teorica, la normativa svedese oggetto della causa all’origine della sentenza medesima e la disciplina dei Paesi Bassi relativa alle entità fiscali differiscono notevolmente nei loro effetti pratici. |
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80 |
La Corte ha infatti ritenuto che l’obiettivo specifico della normativa oggetto di tale causa non fosse quello di combattere le costruzioni puramente artificiose, ma che esso si collocasse nella lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva sotto forma di deduzione degli oneri finanziari e che l’applicazione di tale normativa non fosse limitata a tali costruzioni, potendo il diniego di deduzione applicarsi anche alle operazioni concluse a condizioni di mercato, ossia in condizioni analoghe a quelle che sarebbero state applicate tra società indipendenti, ed essendo, infatti, l’intento della società interessata di assumere una passività principalmente per ragioni fiscali sufficiente a giustificare il diniego del diritto alla deduzione in una situazione transfrontaliera (sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel, C‑484/19, EU:C:2021:34, punti da 52 a 54). |
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81 |
La Corte ha parimenti rilevato che la normativa oggetto della causa all’origine della sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34, punto 53), era applicabile a debiti derivanti da operazioni di diritto civile, vale a dire quelle concluse a condizioni di piena concorrenza, senza tuttavia riguardare unicamente le costruzioni fittizie. |
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82 |
Ne consegue che, in tale sentenza, la Corte non ha preso posizione in merito alla fattispecie oggetto della normativa di cui trattasi nel procedimento principale specificamente volta alla lotta contro le costruzioni puramente artificiose, come emerge supra dai punti 60 e 61, vale a dire quando vengano contratti debiti in assenza di qualsiasi motivazione economica, sebbene le condizioni del prestito corrispondano a quelle che sarebbero state convenute tra imprese indipendenti. |
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83 |
In particolare, come risulta dalla sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34), la validità economica del prestito e delle operazioni ad esso connesse, oggetto della causa all’origine di tale sentenza, non era stata né contestata dinanzi alla Corte né esaminata da quest’ultima. |
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84 |
Conseguentemente, dal punto 56 della sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34) non può dedursi che, nell’ipotesi in cui un prestito e le operazioni ad esso connesse non siano giustificati da considerazioni economiche, il semplice fatto che le condizioni del prestito stesso corrispondano a quelle che sarebbero state convenute tra imprese indipendenti implichi che il prestito medesimo e tali operazioni non costituiscano, per definizione, una costruzione puramente artificiosa. |
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85 |
Si deve conseguentemente ritenere che la necessità di accertare che un prestito e l’operazione giuridica ad essa connessa siano fondati, in misura determinante, su considerazioni economiche non sembra andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito. |
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86 |
Il giudice del rinvio si chiede, inoltre, se il diniego totale del diritto alla deduzione vada al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito, considerato che, al punto 51 della sentenza del 20 gennaio 2021, Lexel (C‑484/19, EU:C:2021:34), la Corte ha ribadito la propria giurisprudenza secondo cui, qualora l’Amministrazione finanziaria ritenga, in esito alla verifica degli elementi relativi alle possibili ragioni commerciali per le quali un’operazione sia stata conclusa, che un prestito contratto da un contribuente con un’entità collegata costituisca una costruzione puramente artificiosa, priva di effettive ragioni commerciali, il principio di proporzionalità impone che l’esclusione della deducibilità sia limitato alla frazione degli interessi corrisposti a titolo di tale prestito eccedente quanto sarebbe stato convenuto in assenza di specifici rapporti tra le parti. |
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87 |
Tuttavia, come sottolineato dall’avvocato generale nei paragrafi da 103 a 105 delle proprie conclusioni, quando il carattere artificioso di una determinata operazione deriva da un tasso di interesse eccezionalmente elevato su un prestito infragruppo che peraltro riflette l’effettività economica, il principio di proporzionalità esige che il diniego di deducibilità si limiti alla frazione di interessi, corrisposti in relazione al prestito stesso, superiore al tasso di mercato abituale. Il diniego totale di deducibilità degli interessi di cui trattasi andrebbe, infatti, oltre l’obiettivo di prevenzione di costruzioni puramente artificiose. |
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88 |
Per contro, nel caso in cui il prestito in questione sia, di per sé, privo di giustificazione economica e, in assenza della specifica relazione tra le società interessate ed il vantaggio fiscale perseguito, il prestito non sarebbe mai stato contratto, l’esclusione in toto della deducibilità degli interessi di cui trattasi risulta coerente con il principio di proporzionalità, atteso che una costruzione puramente artificiosa di tal genere dev’essere ignorata dall’Amministrazione finanziaria ai fini della determinazione dell’imposta sulle società dovuta. L’esclusione della deducibilità con riguardo ad una sola frazione degli interessi corrisposti per il prestito de quo consentirebbe al contribuente di ottenere in parte, se non integralmente, il vantaggio fiscale perseguito con mezzi abusivi, il che metterebbe in discussione la coerenza del regime stesso. |
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89 |
Una normativa di tal genere non appare neppure in contrasto con le esigenze derivanti dal principio della certezza del diritto, che devono essere rispettate affinché non si possa ritenere che una normativa vada oltre quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 59). |
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90 |
A tal riguardo, la Corte ha affermato che il principio della certezza del diritto esige che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare quando esse possano avere conseguenze sfavorevoli per gli individui e le imprese (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata). |
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91 |
Orbene, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 87 e 88 delle proprie conclusioni, è inevitabile che una disposizione volta alla repressione delle pratiche abusive faccia ricorso a nozioni astratte che consentano di cogliere il più ampio ventaglio possibile di fattispecie create a fini di frode ed evasione fiscale. |
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92 |
Tuttavia, l’utilizzo di nozioni astratte non implica che l’applicazione della normativa oggetto del procedimento principale sia lasciata interamente alla discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria, rendendola imprevedibile nei suoi effetti, poiché, come rammentato supra ai punti 70 e 71, tale applicazione è subordinata a criteri chiaramente definiti nella normativa medesima, consentendo al contribuente di determinarne preventivamente e con sufficiente precisione la sfera di applicazione, senza lasciar sussistere incertezze quanto alla sua applicabilità (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2012, SIAT, C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 57). |
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93 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 49 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale la quale, ai fini della determinazione dell’utile di un contribuente, escluda in toto la deducibilità degli interessi corrisposti in relazione a debiti risultanti da un prestito contratto con un’entità collegata, relativo all’acquisizione o all’ampliamento di una partecipazione in un’altra entità, che divenga, per effetto dell’acquisizione o dell’ampliamento medesimi, un’entità collegata al contribuente stesso, laddove si debba ritenere che tale debito costituisca una costruzione puramente artificiosa ovvero faccia parte di detta costruzione, e ciò anche quando il debito sia stato contratto a condizioni di piena concorrenza e l’importo degli interessi non superi quello che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti. |
Sulle spese
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94 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
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Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: |
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L’articolo 49 TFUE |
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deve essere interpretato nel senso che: |
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esso non osta ad una normativa nazionale la quale, ai fini della determinazione dell’utile di un contribuente, escluda in toto la deducibilità degli interessi corrisposti in relazione a un debito risultante da un prestito contratto con un’entità collegata, relativo all’acquisizione o all’ampliamento di una partecipazione in un’altra entità, che divenga, per effetto dell’acquisizione o dell’ampliamento medesimi, un’entità collegata al contribuente stesso, laddove si debba ritenere che tale debito costituisca una costruzione puramente artificiosa ovvero faccia parte di detta costruzione, e ciò anche quando il debito sia stato contratto a condizioni di piena concorrenza e l’importo degli interessi non superi quello che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti. |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.