SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

14 dicembre 2023 ( *1 )

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Decisione fiscale anticipata (tax ruling) adottata da uno Stato membro – Aiuto dichiarato incompatibile con il mercato interno – Nozione di “vantaggio” – Determinazione del quadro di riferimento – Tassazione cosiddetta “normale” secondo il diritto nazionale – Principio di libera concorrenza (Arm’s length principle) – Controllo da parte della Corte dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto nazionale da parte del Tribunale»

Nella causa C‑457/21 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 22 luglio 2021,

Commissione europea, rappresentata da P.-J. Loewenthal e F. Tomat, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Granducato di Lussemburgo, rappresentato inizialmente da A. Germeaux e T. Uri, successivamente da A. Germeaux e T. Schell, in qualità di agenti, assistiti da J. Bracker, A. Steichen e D. Waelbroeck, avocats,

Amazon.com Inc., con sede in Seattle (Stati Uniti),

Amazon EU Sàrl, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo),

rappresentate da D. Paemen, M. Petite e A. Tombiński, avocats,

ricorrenti in primo grado,

Irlanda, rappresentata da A. Joyce, in qualità di agente, assistito da P. Baker, KC, C. Donnelly, SC, B. Doherty, BL, D. Fennelly, BL, e P. Gallagher, SC,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di Sezione, F. Biltgen, N. Wahl (relatore), J. Passer e M.L. Arastey Sahún, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 marzo 2023,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 giugno 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 maggio 2021, Lussemburgo e Amazon/Commissione (T‑816/17 e T‑318/18; in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2021:252), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione (UE) 2018/859 della Commissione, del 4 ottobre 2017, relativa all’aiuto di Stato SA.38944 (2014/C) (ex 2014/NN) cui il Lussemburgo ha dato esecuzione a favore di Amazon (GU 2018, L 153, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

Fatti

2

I fatti all’origine della controversia sono stati esposti nei punti da 1 a 71 della sentenza impugnata, nella sua versione pubblica, nei seguenti termini:

«1

Amazon.com, Inc., la cui sede sociale è situata negli Stati Uniti, e le imprese da essa controllate (in prosieguo, congiuntamente: il “gruppo Amazon”) esercitano attività online, e segnatamente operazioni di vendita al dettaglio online e di fornitura di diversi servizi online. A tal fine, il gruppo Amazon gestisce più siti Internet in diverse lingue dell’Unione europea, fra i quali amazon.de, amazon.fr, amazon.it e amazon.es.

2

Prima del maggio del 2006, le attività europee del gruppo Amazon erano gestite a partire dagli Stati Uniti. In particolare, le attività di vendita al dettaglio e di servizi sui siti Internet europei erano gestite da due entità stabilite negli Stati Uniti, ossia Amazon.com International Sales, Inc. (in prosieguo: la “AIS”) e Amazon International Marketplace (in prosieguo: la “AIM”), nonché da altre [entità] stabilite in Francia, in Germania e nel Regno Unito.

3

Nel 2003, è stata pianificata una ristrutturazione del gruppo Amazon in Europa. Tale ristrutturazione, la quale è stata effettivamente attuata nel 2006 (in prosieguo: la “ristrutturazione del 2006”), era articolata intorno alla creazione di due società stabilite a Lussemburgo (Lussemburgo). Più precisamente, si trattava, da un lato, della Amazon Europe Holding Technologies SCS (in prosieguo: la “LuxSCS”), una società in accomandita semplice lussemburghese, i cui soci erano imprese americane, e, dall’altro, della Amazon EU Sàrl (in prosieguo: la “LuxOpCo”), la quale, al pari della LuxSCS, aveva la propria sede sociale a Lussemburgo.

4

La LuxSCS, in un primo tempo, ha concluso diversi accordi con talune entità del gruppo Amazon stabilite negli Stati Uniti, ossia:

accordi di licenza e di cessione per i diritti di proprietà intellettuale preesistenti (License and Assignment Agreements For Preexisting Intellectual Property; in prosieguo, congiuntamente: l’”accordo di adesione”) con la Amazon Technologies, Inc. (in prosieguo: la “ATI”), entità del gruppo Amazon stabilita negli Stati Uniti;

un accordo sulla ripartizione dei costi (in prosieguo: l’”ARC”) concluso nel 2005 con la ATI e la A 9.com, Inc. (in prosieguo: la “A 9”), un’entità del gruppo Amazon stabilita negli Stati Uniti. In forza dell’accordo di adesione e dell’ARC, la LuxSCS ha ottenuto il diritto di sfruttare taluni diritti di proprietà intellettuale e le “opere derivate” dagli stessi, che erano detenuti e sviluppati dalla A 9 e dalla ATI. I beni immateriali previsti dall’ARC comprendevano essenzialmente tre categorie di proprietà intellettuale, ossia la tecnologia, i dati dei clienti e i marchi. In forza dell’ARC e dell’accordo di adesione, la LuxSCS poteva parimenti concedere i beni immateriali in sublicenza, segnatamente al fine di sfruttare i siti Internet europei. In cambio di tali diritti, la LuxSCS doveva corrispondere dei pagamenti da parte del soggetto entrante e la sua quota annuale dei costi relativi al programma di sviluppo dell’ARC.

5

In un secondo tempo, la LuxSCS ha stipulato con la LuxOpCo un accordo di licenza che è entrato in vigore il 30 aprile 2006, avente ad oggetto i summenzionati beni immateriali (in prosieguo: l’”accordo di licenza”). In virtù dello stesso, la LuxOpCo ha ottenuto il diritto di utilizzare i beni immateriali in cambio del pagamento di una royalty alla LuxSCS (in prosieguo: la “royalty”).

6

Infine, la LuxSCS ha stipulato un accordo di licenza e di cessione di diritti di proprietà intellettuale con la Amazon.co.uk Ltd, la Amazon.fr SARL e la Amazon.de GmbH, in forza del quale la LuxSCS ha ricevuto taluni marchi e i diritti di proprietà intellettuale sui siti Internet europei.

7

Nel 2014, il gruppo Amazon è stato oggetto di una seconda ristrutturazione e l’accordo contrattuale esistente fra la LuxSCS e la LuxOpCo non è stato più applicato.

A. Sulla decisione anticipata in materia fiscale (...) in questione

8

In preparazione della ristrutturazione del 2006, Amazon.com e un consulente fiscale, con lettere del 23 e del 31 ottobre 2003, hanno chiesto all’amministrazione fiscale lussemburghese l’adozione di un ruling fiscale che confermasse il trattamento riservato alla LuxOpCo e alla LuxSCS ai fini dell’imposta lussemburghese sul reddito delle società.

9

Con la sua lettera del 23 ottobre 2003, Amazon.com ha chiesto l’approvazione del calcolo del tasso di royalty che era previsto che la LuxOpCo versasse alla LuxSCS a partire dal 30 aprile 2006. Tale richiesta di Amazon.com si basava su una relazione sui prezzi di trasferimento preparata dai suoi consulenti fiscali (in prosieguo: la “relazione sui prezzi di trasferimento del 2003”). Gli autori di detta relazione proponevano, in sostanza, un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che, a loro avviso, consentiva di determinare il debito fiscale in termini di imposta sul reddito delle società che la LuxOpCo doveva versare in Lussemburgo. In particolare, con [tale] lettera (...), Amazon.com aveva chiesto conferma del fatto che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento ai fini dell’individuazione del tasso di royalty annuale dovuta dalla LuxOpCo alla LuxSCS ai sensi dell’accordo di licenza, nei termini in cui tale metodo risultava dalla relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, procurava alla LuxOpCo un “utile appropriato e accettabile” alla luce della politica in materia di prezzi di trasferimento e dell’articolo 56 e dell’articolo 164, paragrafo 3, della legge del 4 dicembre 1967 sull’imposta sul reddito, come modificata (...).

10

Con lettera del 31 ottobre 2003 redatta da un altro consulente fiscale, Amazon.com ha chiesto conferma del trattamento fiscale riservato alla LuxSCS, ai suoi soci stabiliti negli Stati Uniti e ai dividendi ricevuti dalla LuxOpCo nel quadro di tale struttura. Nella lettera veniva spiegato che la LuxSCS, in quanto società in accomandita semplice (société en commandite simple), non aveva una personalità fiscale distinta rispetto a quella dei suoi soci e che, pertanto, non era soggetta né all’imposta sul reddito delle società né all’imposta sul patrimonio in Lussemburgo.

11

Il 6 novembre 2003, l’Administration des contributions directes du Grand-Duché de Luxembourg (Amministrazione fiscale del Granducato di Lussemburgo; in prosieguo: l’”amministrazione fiscale lussemburghese” o le “autorità fiscali lussemburghesi”) ha inviato ad Amazon.com una lettera (in prosieguo: il “ruling fiscale in questione”) la quale così recita per estratto:

“(...) Signore,

[d]opo aver preso atto della lettera del 31 ottobre 2003, indirizzatami [dal vostro consulente fiscale], nonché della vostra lettera del 23 ottobre 2003 che illustra la vostra posizione riguardo al trattamento fiscale in Lussemburgo in vista delle vostre attività future, sono lieto di informarvi che posso approvare il contenuto di entrambe le lettere. (...)”

12

Su richiesta di Amazon.com, l’amministrazione fiscale lussemburghese ha prorogato la validità del ruling fiscale in questione nel 2010 e l’ha effettivamente applicato fino al giugno del 2014, quando la struttura europea del gruppo Amazon è stata modificata. Pertanto, il ruling fiscale in questione è stato applicato dal 2006 al 2014 (in prosieguo: il “periodo considerato”).

B. Sul procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

13

Il 24 giugno 2014, la Commissione europea ha chiesto al Granducato di Lussemburgo di fornirle talune informazioni sui ruling fiscali accordati al gruppo Amazon. Il 7 ottobre 2014, essa ha pubblicato la decisione di avvio di un procedimento di indagine formale, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE.

(...)

15

[Nell’ambito di tale procedimento] Amazon.com ha presentato alla Commissione una nuova relazione sui prezzi di trasferimento redatta da un consulente fiscale, il cui obiettivo era verificare a posteriori se la royalty versata dalla LuxOpCo alla LuxSCS, in conformità al ruling fiscale in questione, fosse conforme al principio di libera concorrenza (in prosieguo: la “relazione sui prezzi di trasferimento del 2017”).

C. Sulla decisione [controversa]

16

Il 4 ottobre 2017, la Commissione ha adottato la decisione [controversa].

17

L’articolo 1 di tale decisione così recita per estratto:

“Il [ruling fiscale in questione], tramite il quale il Granducato di Lussemburgo ha approvato un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento (…) che ha consentito [alla LuxOpCo] di determinare il suo debito in termini di imposta sul reddito delle società in Lussemburgo dal 2006 al 2014, da un lato, e la successiva accettazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sul reddito delle società fondata su tale ruling, dall’altro, costituiscono un aiuto di Stato (…)”.

1. Sulla presentazione del contesto fattuale e giuridico

(...)

a) Sulla presentazione del gruppo Amazon

(...)

21

Per il periodo considerato, la struttura europea del gruppo Amazon è stata schematizzata dalla Commissione come segue:

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22

In primo luogo, per quanto riguarda la LuxSCS, la Commissione ha rilevato che tale società non disponeva di presenza fisica né di dipendenti in Lussemburgo. Secondo la Commissione, nel corso del periodo considerato, la LuxSCS agiva esclusivamente in veste di impresa detentrice dei beni immateriali per le attività del gruppo Amazon in Europa, per le quali la LuxOpCo era responsabile in veste di operatore principale. Essa ha indicato tuttavia che la LuxSCS aveva altresì concesso prestiti infragruppo a diverse entità del gruppo Amazon. La Commissione ha precisato inoltre che la LuxSCS era parte di vari accordi infragruppo conclusi con la ATI, la A 9 e la LuxOpCo (...).

23

In secondo luogo, per quanto riguarda la LuxOpCo, la Commissione ha posto un accento particolare sul fatto che, nel corso del periodo considerato, la LuxOpCo era una società controllata al 100% dalla LuxSCS.

24

Secondo la Commissione, a partire dalla ristrutturazione del 2006 delle attività europee del gruppo Amazon, la LuxOpCo svolgeva le funzioni di sede sociale del gruppo Amazon in Europa ed agiva in veste di operatore principale in relazione alle attività di vendita al dettaglio online e di servizi del gruppo Amazon in Europa attuati attraverso il canale dei siti Internet europei. La Commissione ha indicato che, in tale veste, la LuxOpCo aveva dovuto gestire l’adozione di decisioni relative alle attività di vendita al dettaglio e di servizi svolte attraverso i siti Internet europei, nonché i principali componenti fisici delle attività di vendita al dettaglio. Inoltre, nella sua qualità di venditore ufficiale delle scorte del gruppo Amazon in Europa, la LuxOpCo sarebbe stata parimenti responsabile della gestione delle scorte sui siti Internet europei. Essa sarebbe stata proprietaria di dette scorte e si sarebbe fatta carico dei rischi e delle perdite. La Commissione ha precisato, inoltre, che la LuxOpCo aveva registrato nei propri conti il fatturato generato sia dalle vendite di prodotti sia dall’elaborazione degli ordini. Infine, la LuxOpCo avrebbe parimenti svolto funzioni di gestione della tesoreria delle attività europee del gruppo Amazon.

25

La Commissione ha poi indicato che la LuxOpCo aveva detenuto partecipazioni in Amazon Services Europe (in prosieguo: la “ASE”) e Amazon Media Europe (in prosieguo: la “AMEU”), due entità del gruppo Amazon residenti in Lussemburgo, nonché nelle controllate di Amazon.com costituite nel Regno Unito, in Francia e in Germania (in prosieguo: le “società collegate europee”), le quali avrebbero fornito vari servizi infragruppo a sostegno delle attività della LuxOpCo. Durante il periodo considerato, la ASE avrebbe gestito il servizio del gruppo Amazon per i venditori terzi nell’Unione, denominato “MarketPlace”. La AMEU, da parte sua, avrebbe gestito le “attività digitali” del gruppo Amazon nell’Unione, quali, ad esempio, la vendita di MP3 e libri digitali. Le società collegate europee avrebbero fornito, da parte loro, servizi per lo sfruttamento dei siti Internet europei.

26

Inoltre, la Commissione ha rilevato che, durante il periodo considerato, la LuxOpCo costituiva con la ASE e la AMEU, le quali erano residenti in Lussemburgo, un gruppo fiscale con riferimento al diritto tributario lussemburghese, all’interno del quale la LuxOpCo svolgeva il ruolo di società integrante. Le tre entità in parola avrebbero dunque costituito un unico e medesimo contribuente.

27

Infine, oltre all’accordo di licenza, concluso dalla LuxOpCo con la LuxSCS, la Commissione ha descritto in maniera dettagliata alcuni altri accordi infragruppo dei quali la LuxOpCo era parte durante il periodo considerato, ossia taluni accordi di prestazione di servizi conclusi il 1o maggio 2006 con le società collegate europee e accordi di licenza sulla proprietà intellettuale conclusi il 30 aprile 2006 con la ASE e la AMEU, in forza dei quali sarebbero state concesse a queste due entità sublicenze non esclusive sui beni immateriali.

b) Sulla presentazione del ruling fiscale in questione

28

Dopo avere esaminato la struttura del gruppo Amazon, la Commissione ha descritto il ruling fiscale in questione.

29

A tal riguardo, in primo luogo, essa ha fatto riferimento alle lettere del 23 e del 31 ottobre 2003, menzionate ai punti da 8 a 10 [della sentenza impugnata]

30

In secondo luogo, la Commissione ha illustrato il contenuto della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, sulla base della quale è stato proposto il metodo di determinazione dell’importo della royalty.

31

Anzitutto, la Commissione ha indicato che la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 offriva un’analisi funzionale della LuxSCS e della LuxOpCo, secondo la quale era indicato che le attività principali della LuxSCS si sarebbero limitate a quelle di una società che detiene beni immateriali e di un partecipante allo sviluppo costante di beni immateriali nell’ambito dell’ARC. La LuxOpCo sarebbe stata descritta in tale relazione come il gestore dell’adozione di decisioni strategiche relative alle attività di vendita al dettaglio e di fornitura di servizi dei siti Internet europei, nonché dei principali componenti fisici delle attività di vendita al dettaglio.

32

La Commissione ha poi indicato che la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 conteneva una sezione relativa alla scelta del metodo più appropriato di determinazione dei prezzi di trasferimento per valutare la conformità del tasso di royalty rispetto al principio della libera concorrenza. Due metodi sarebbero stati esaminati nella relazione: l’uno fondato sul metodo del confronto del prezzo sul libero mercato (in prosieguo: il “metodo CUP”), l’altro sul metodo della ripartizione degli utili residui.

33

Da un lato, in applicazione del metodo CUP, nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 sarebbe stata calcolata una gamma di prezzi di libera concorrenza per il tasso di royalty dal 10,6 al 13,6%, sulla base di un raffronto con un determinato accordo concluso da Amazon.com con un rivenditore al dettaglio degli Stati Uniti (...).

34

Dall’altro, in applicazione del metodo di ripartizione degli utili residui, la relazione sul prezzo di trasferimento del 2003 avrebbe contenuto una stima del rendimento associato alle “funzioni abituali di LuxOpCo nel suo ruolo di società di gestione europea” sulla base del margine sui costi sostenuti dalla LuxOpCo. Per farlo, si sarebbe ritenuto che il”ricarico sui costi” (net cost plus mark up) sarebbe stato l’indicatore di utile utilizzato per determinare la remunerazione a normali condizioni di mercato per le funzioni previste della LuxOpCo. Sarebbe stato proposto di applicare un margine di [riservato] sui costi di esercizio rettificati della LuxOpCo. La Commissione ha osservato che, secondo la relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, la differenza fra tale rendimento e il risultato di gestione della LuxOpCo avrebbe rispecchiato l’utile residuo, il quale sarebbe stato interamente imputabile all’uso dei beni immateriali concessi in licenza dalla LuxSCS. La Commissione ha parimenti precisato che, sulla base di tale calcolo, gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 avevano concluso che un tasso di royalty compreso tra il 10,1% e il 12,3% del fatturato netto della LuxOpCo avrebbe soddisfatto il criterio di libera concorrenza, in conformità con le linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

35

Infine, la Commissione ha indicato [che] gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 avevano ritenuto che i risultati fossero convergenti e avevano indicato il fatto che la gamma di prezzi di libera concorrenza per il tasso di royalty dovuto dalla LuxOpCo alla LuxSCS variava tra il 10,1% e il 12,3% delle vendite della LuxOpCo. Gli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 avrebbero tuttavia ritenuto che l’analisi della ripartizione degli utili residui sarebbe stata più affidabile e che occorresse dunque adottarla.

36

In terzo luogo, (...) la Commissione ha indicato che, con il ruling fiscale in questione, l’amministrazione fiscale lussemburghese aveva confermato che il metodo di determinazione del tasso di royalty, il quale, a sua volta, aveva determinato il reddito annuo imponibile della LuxOpCo nel Lussemburgo, era in linea con il principio di libera concorrenza. Essa ha aggiunto che, per predisporre la propria dichiarazione dei redditi annuale, la LuxOpCo si era basata sul ruling fiscale in questione.

c) Sulla presentazione del quadro giuridico nazionale applicabile

37

Per quanto riguarda il quadro giuridico nazionale applicabile, la Commissione ha citato l’articolo 164, paragrafo 3, della [legge sull’imposta sul reddito]. Secondo tale disposizione, “[i]l reddito imponibile comprende[va] la distribuzione dissimulata di utili” e la distribuzione dissimulata di utili “si [aveva] soprattutto quando un socio, un associato o un interessato riceve, direttamente o indirettamente, da una società o da un’associazione vantaggi che non avrebbe normalmente ottenuto se non fosse stato un socio, un associato o un interessato”. In tale contesto, la Commissione ha esposto segnatamente che, nel corso del periodo considerato, l’articolo 164, paragrafo 3, della [legge sull’imposta sul reddito] sarebbe stato interpretato dall’amministrazione fiscale lussemburghese nel senso che esso sanciva il “principio di libera concorrenza” nel diritto tributario lussemburghese.

d) Sulla presentazione del quadro dell’OCSE relativamente ai prezzi di trasferimento

38

Ai considerando da 244 a 249 della decisione [controversa] la Commissione ha presentato il quadro dell’OCSE sui prezzi di trasferimento. A suo avviso, con “prezzi di trasferimento”, come intesi dall’OCSE nelle linee guida pubblicate da tale organizzazione nel 1995, nel 2010 e nel 2017, si intendono i prezzi ai quali un’impresa trasferisce dei beni materiali, dei beni immateriali oppure rende servizi a imprese associate. In forza del principio di libera concorrenza, come applicato ai fini dell’imposizione delle società, le amministrazioni fiscali nazionali dovrebbero accettare i prezzi di trasferimento concordati tra imprese associate all’interno di un gruppo per le loro transazioni infragruppo soltanto se corrispondono a quanto sarebbe stato concordato nel contesto di transazioni sul libero mercato, ossia transazioni tra imprese indipendenti operanti in circostanze comparabili sul mercato. Inoltre, la Commissione ha precisato che il principio di libera concorrenza si basava sull’approccio dell’entità separata, secondo il quale, a fini fiscali, i membri di un gruppo di imprese erano trattati come entità separate.

39

La Commissione ha parimenti rilevato che, per definire un’approssimazione dei prezzi di libera concorrenza per le transazioni infragruppo, le linee guida dell’OCSE (nelle loro versioni del 1995, del 2010 e del 2017) elencavano cinque metodi. Solo tre di essi sarebbero stati rilevanti nell’ambito della decisione impugnata, ossia il metodo CUP, il metodo del margine netto della transazione (in prosieguo: il “TNMM”) e il metodo di ripartizione dell’utile. Ai considerando da 250 a 256 della decisione [controversa], la Commissione ha descritto in cosa consistevano tali metodi.

2. Sulla valutazione compiuta sul ruling fiscale in questione

(...)

44

Per quanto attiene alla terza condizione dell’esistenza di un aiuto di Stato, [prevista all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE,] la Commissione ha esposto che, quando un ruling fiscale approvava, senza giustificazione, un risultato che non rispecchiava in maniera affidabile il risultato che sarebbe stato ottenuto applicando normalmente il regime di diritto comune, una siffatta decisione concedeva un vantaggio selettivo al suo beneficiario nella misura in cui tale trattamento selettivo comportava una diminuzione dell’imposta dovuta dal contribuente rispetto alle imprese che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga. La Commissione ha parimenti ritenuto che, nella specie, il ruling fiscale in questione avesse conferito un vantaggio selettivo alla LuxOpCo riducendo l’imposta sul reddito delle società che quest’ultima doveva pagare nel Lussemburgo.

a) Sull’analisi dell’esistenza di un vantaggio

(...)

46

In via preliminare, la Commissione ha ricordato che, qualora si tratti di misure fiscali, un vantaggio, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, poteva essere concesso ad un contribuente riducendo la base imponibile o l’importo dell’imposta dovuta dal medesimo. Essa ha ricordato, al considerando 402 della decisione [controversa], che, secondo la giurisprudenza della Corte, per verificare se la determinazione del reddito imponibile procurava un vantaggio al beneficiario, era necessario confrontare detto regime con quello di applicazione generale, basato sulla differenza tra ricavi e costi, per un’impresa che svolge le proprie attività in condizioni di libera concorrenza. Di conseguenza, secondo la Commissione, un “ruling fiscale che consente a un contribuente di utilizzare, nelle sue transazioni infragruppo, dei prezzi di trasferimento che non riflett[eva]no i prezzi che sarebbero [stati] praticati in condizioni di libera concorrenza tra imprese indipendenti operanti in circostanze comparabili secondo il principio di libera concorrenza, concede[va] un vantaggio a tale contribuente in quanto determina[va] una riduzione dei redditi imponibili e, quindi, della sua base imponibile nel contesto del sistema comune relativo all’imposta sulle società”.

47

Alla luce di tali valutazioni, la Commissione ha concluso, al considerando 406 della decisione [controversa], che, al fine di stabilire che il ruling fiscale in questione concedeva un vantaggio economico alla LuxOpCo, di dover dimostrare che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato nel ruling fiscale in questione produceva un risultato che si discostava da un’approssimazione affidabile di un risultato basato sul mercato, aspetto questo che aveva avuto l’effetto di ridurre la base imponibile della LuxOpCo ai fini del calcolo dell’imposta sul reddito delle società. Secondo la Commissione, il ruling fiscale in questione aveva prodotto un tale risultato.

48

Tale conclusione si basa su una constatazione principale e su tre constatazioni sussidiarie.

1) Sulla constatazione principale del vantaggio

49

Nella (...) della decisione [controversa], (...) la Commissione ha ritenuto che, approvando un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento che attribuiva una remunerazione alla LuxOpCo esclusivamente per funzioni cosiddette «ordinarie» e che attribuiva l’intero utile generato dalla LuxOpCo, in eccedenza rispetto a tale remunerazione, alla LuxSCS sotto forma di una royalty, il ruling fiscale in questione avesse prodotto un risultato che si discostava da un’approssimazione affidabile di un risultato di mercato.

50

In sostanza, con la sua constatazione principale, la Commissione ha ritenuto che l’analisi funzionale della LuxOpCo e della LuxSCS adottata dagli autori della relazione sui prezzi di trasferimento del 2003 e, in fin dei conti, dall’amministrazione fiscale lussemburghese fosse errata e non consentisse di dare luogo ad un risultato di libera concorrenza. Al contrario, l’amministrazione fiscale lussemburghese avrebbe dovuto concludere che la LuxSCS non esercitava funzioni “uniche e di valore” in relazione ai beni immateriali, per i quali essa deteneva unicamente il titolo di proprietà giuridica.

(...)

62

Concludendo sulla sua prima constatazione dell’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha indicato che la “remunerazione di libera concorrenza” per la LuxSCS ai sensi dell’accordo di licenza sarebbe dovuta corrispondere alla somma dei costi di adesione e dei costi ai sensi dell’ARC, sostenuti da tale società, senza margine, più tutti i costi pertinenti sostenuti direttamente dalla LuxSCS, ai quali doveva essere applicato un margine del 5%, nella misura in cui tali costi corrispondevano a funzioni effettivamente svolte in nome della LuxSCS. Tale livello di remunerazione rifletteva quanto una parte indipendente, in una situazione analoga a quella della LuxOpCo, sarebbe stata disposta a pagare per i diritti e gli obblighi assunti ai sensi dell’accordo di licenza. Inoltre, secondo la Commissione, detto livello di remunerazione sarebbe stato sufficiente per consentire alla LuxSCS di coprire i suoi obblighi di pagamento ai sensi dell’accordo di adesione e dell’ARC (considerando 559 e 560 della decisione [controversa]).

63

Orbene, secondo la Commissione, poiché il livello di remunerazione della LuxSCS calcolato dalla Commissione sarebbe stato inferiore al livello di remunerazione della LuxSCS risultante dal metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato dal ruling fiscale in questione, detta decisione avrebbe conferito un vantaggio alla LuxOpCo sotto forma di riduzione della sua base imponibile ai fini dell’imposta lussemburghese sul reddito delle società, in relazione al fatturato delle imprese il cui utile imponibile corrispondeva a prezzi negoziati a normali condizioni di mercato (considerando 561 della decisione [controversa]).

2) Sulle constatazioni in via subordinata del vantaggio

64

Nella (...) decisione [controversa], (...), la Commissione ha illustrato la sua constatazione in via subordinata del vantaggio, secondo la quale, quandanche l’amministrazione fiscale lussemburghese avesse avuto ragione nell’accettare l’analisi delle funzioni della LuxSCS effettuata nella relazione sui prezzi di trasferimento del 2003, il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento approvato dal ruling fiscale in questione sarebbe comunque stato basato su scelte metodologiche inappropriate che avrebbero prodotto un risultato che si discosta da un’approssimazione affidabile di un risultato basato sul mercato. Essa ha precisato che il suo ragionamento (...) non mirava a determinare una remunerazione precisa di libera concorrenza per la LuxOpCo, ma che era piuttosto inteso a dimostrare che il ruling fiscale in questione aveva conferito un vantaggio economico, dal momento che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento avallato si fondava su tre scelte metodologiche errate che avrebbero comportato una diminuzione del reddito imponibile della LuxOpCo rispetto alle imprese il cui utile imponibile rifletteva i prezzi negoziati sul mercato a condizioni di libera concorrenza.

65

In tale contesto, la Commissione ha operato tre constatazioni sussidiarie distinte.

66

Nell’ambito della sua prima constatazione sussidiaria, la Commissione ha affermato che la LuxOpCo era stata erroneamente considerata svolgere esclusivamente funzioni di gestione “ordinarie” e che avrebbe dovuto essere applicato il metodo di ripartizione degli utili, con l’analisi del contributo.

(...)

b) Sulla selettività della misura

69

Nella sezione 9.3 della decisione [controversa], intitolata “Selettività”, la Commissione ha illustrato i motivi per cui essa aveva ritenuto che la misura in questione fosse selettiva.

c) Sull’individuazione del beneficiario dell’aiuto

70

Nella (...) decisione [controversa], (...) la Commissione ha constatato che qualsiasi trattamento fiscale favorevole concesso alla LuxOpCo aveva conferito un beneficio anche all’intero gruppo Amazon, mettendo a sua disposizione risorse supplementari, cosicché il gruppo doveva essere considerato come un’unica unità economica beneficiaria della misura di aiuto in questione.

71

(...) [L]a Commissione ha [ivi] affermato che, poiché la misura di aiuto è stata concessa ogni anno in cui la dichiarazione annuale relativa all’imposta della LuxOpCo era stata accettata dalle autorità tributarie, il gruppo Amazon non poteva far valere le norme in materia di prescrizione al fine di opporsi al recupero dell’aiuto. Ai considerando da 639 a 645 della decisione [controversa], la Commissione ha illustrato il metodo di recupero».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

3

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 dicembre 2017, il Granducato di Lussemburgo ha proposto ricorso nella causa T‑816/17, diretto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa e, in subordine, all’annullamento di tale decisione nella parte in cui vi è disposto il recupero dell’aiuto individuato in detta decisione.

4

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 maggio 2018, Amazon EU Sàrl e Amazon.com (in prosieguo, congiuntamente: «Amazon») hanno proposto ricorso nella causa T‑318/18, diretto, in via principale, all’annullamento degli articoli da 1 a 4 della decisione controversa e, in subordine, all’annullamento degli articoli da 2 a 4 di tale decisione.

5

A sostegno dei rispettivi ricorsi, il Granducato di Lussemburgo e Amazon avevano dedotto cinque e nove motivi di ricorso, che il Tribunale ha reputato sovrapporsi per la maggior parte nel modo seguente:

in primo luogo, nell’ambito del primo motivo di ricorso nella causa T‑816/17, nonché dei motivi dal primo al quarto nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestavano, in sostanza, la constatazione principale della Commissione quanto all’esistenza di un vantaggio a favore della LuxOpCo, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE;

in secondo luogo, nell’ambito della terza censura della seconda parte del primo motivo di ricorso nella causa T‑816/17 e del quinto motivo di ricorso nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestavano le constatazioni sussidiarie della Commissione vertenti sull’esistenza di un vantaggio fiscale a favore della LuxOpCo ai sensi della suddetta disposizione;

in terzo luogo, nell’ambito del secondo motivo di ricorso nella causa T‑816/17 e del sesto e del settimo motivo di ricorso nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestavano le constatazioni principali e sussidiarie della Commissione vertenti sulla selettività del ruling fiscale;

in quarto luogo, nell’ambito del terzo motivo di ricorso nella causa T‑816/17, il Granducato di Lussemburgo affermava che la Commissione aveva violato la competenza esclusiva degli Stati membri nel settore della fiscalità diretta;

in quinto luogo, nell’ambito del quarto motivo di ricorso nella causa T‑816/17 e nell’ambito dell’ottavo motivo di ricorso nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon sostenevano che la Commissione aveva violato i loro diritti della difesa;

in sesto luogo, nell’ambito della seconda parte del primo motivo di ricorso, nonché della prima censura della seconda parte del secondo motivo di ricorso nella causa T‑816/17 e dell’ottavo motivo di ricorso nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestavano la rilevanza, nella fattispecie, delle linee guida dell’OCSE nella loro versione del 2017, come utilizzate dalla Commissione ai fini dell’adozione della decisione controversa e,

in settimo luogo, nell’ambito del quinto motivo di ricorso, dedotto a sostegno delle conclusioni presentate in subordine nella causa T‑816/17 e del nono motivo di ricorso nella causa T‑318/18, il Granducato di Lussemburgo e Amazon mettevano in discussione la fondatezza del ragionamento della Commissione inteso al recupero dell’aiuto disposto da tale istituzione.

6

Nella sua memoria di intervento in primo grado, l’Irlanda invocava, in primo luogo, la violazione dell’articolo 107 TFUE in quanto la Commissione non aveva dimostrato l’esistenza di un vantaggio a favore della LuxOpCo; in secondo luogo, la violazione di tale articolo in quanto la Commissione non aveva dimostrato la selettività della misura; in terzo luogo, la violazione degli articoli 4 e 5 TUE in quanto la Commissione aveva proceduto ad un’armonizzazione fiscale dissimulata e, in quarto luogo, la violazione del principio di certezza del diritto, in quanto, con la decisione controversa, aveva disposto il recupero dell’aiuto individuato nella decisione in parola.

7

Dopo aver riunito le cause T‑816/17 e T‑318/18 ai fini della sentenza impugnata, il Tribunale, con quest’ultima, ha annullato la decisione controversa.

8

Innanzitutto, esso ha accolto la prima e la seconda censura della seconda parte e la terza parte del primo motivo di ricorso nella causa T‑816/17 nonché il secondo e il quarto motivo di ricorso nella causa T‑318/18, vertenti sul fatto che la Commissione non aveva dimostrato l’esistenza di un vantaggio nell’ambito della sua constatazione principale.

9

A tal riguardo, esso ha dichiarato, da un lato, che la Commissione aveva erroneamente ritenuto che la LuxSCS dovesse essere considerata quale parte da sottoporre a test ai fini dell’applicazione del TNMM e, dall’altro, che il calcolo della «remunerazione della LuxSCS» effettuato dalla Commissione, sulla base della premessa secondo cui la LuxSCS doveva essere l’entità da sottoporre a test, era inficiato da numerosi errori e non poteva essere considerato sufficientemente attendibile, né come tale da consentire di pervenire a un risultato di libera concorrenza. Dal momento che il metodo di calcolo adottato dalla Commissione doveva essere respinto, il Tribunale ne ha dedotto che tale metodo non poteva fondare la constatazione secondo cui la royalty avrebbe dovuto essere inferiore a quella effettivamente percepita dalla LuxSCS, in applicazione del ruling fiscale in questione, durante il periodo contestato. Di conseguenza, gli elementi considerati dalla Commissione, con riguardo alla constatazione principale dell’esistenza di un vantaggio, non consentivano, a parere del Tribunale, di dimostrare che l’onere fiscale della LuxOpCo fosse stato diminuito in modo artificioso a causa di una sopravvalutazione delle royalties (punti 296 e 297 della sentenza impugnata).

10

Il Tribunale ha poi accolto i motivi di ricorso e gli argomenti del Granducato di Lussemburgo e di Amazon volti a mettere in discussione la fondatezza delle tre constatazioni sussidiarie della Commissione relative all’esistenza di un vantaggio. In proposito, esso ha considerato quanto segue:

per quanto riguarda la prima constatazione sussidiaria, che la Commissione, ritenendo erroneamente che le funzioni della LuxOpCo in relazione alle attività commerciali fossero «uniche e di valore» e astenendosi dal verificare se dati esterni provenienti da imprese indipendenti fossero disponibili per determinare il valore dei contributi rispettivi della LuxSCS e della LuxOpCo, non ha giustificato il fatto che il metodo di ripartizione degli utili con analisi dei contributi, da essa adottato, fosse il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento appropriato nella specie (punti da 503 a 507 della sentenza impugnata). Il Tribunale ha, inoltre, ritenuto che la Commissione, in particolare in quanto non aveva cercato di verificare quale fosse la corretta chiave di ripartizione degli utili complessivi della LuxSCS e della LuxOpCo che sarebbe stata opportuna se tali imprese fossero state indipendenti, e neppure a individuare elementi concreti che consentissero di stabilire che le funzioni della LuxOpCo connesse allo sviluppo dei beni immateriali o all’esercizio delle funzioni di sede le avrebbero dato diritto a una quota maggiore degli utili rispetto alla quota degli utili effettivamente ottenuta in applicazione del ruling fiscale in questione, non fosse riuscita a dimostrare che, se il metodo da essa adottato fosse stato applicato, la remunerazione della LuxOpCo sarebbe stata più elevata e, pertanto, che tale decisione aveva conferito a detta società un vantaggio economico (punti 518 e 530 della sentenza impugnata);

per quanto riguarda la seconda constatazione sussidiaria, che la Commissione era tenuta a dimostrare che l’errore che essa aveva individuato nella scelta dell’indicatore di utile della LuxOpCo adottato nel ruling fiscale aveva condotto ad una riduzione dell’onere fiscale del beneficiario di tale decisione, il che comportava fornire una risposta alla questione di quale indicatore sarebbe stato effettivamente appropriato. Tenuto conto dell’interpretazione della decisione controversa fornita dalla Commissione, il Tribunale ha dichiarato che quest’ultima non aveva cercato di determinare la remunerazione di libera concorrenza della LuxOpCo, né a fortiori di stabilire se la remunerazione di tale società, approvata nel ruling fiscale in questione, fosse inferiore a tale remunerazione di libera concorrenza (punti 546 e 547 della sentenza impugnata);

per quanto riguarda la terza constatazione sussidiaria, che, sebbene la Commissione avesse correttamente ritenuto che il meccanismo di fissazione del massimale della remunerazione della LuxOpCo in funzione di una percentuale delle sue vendite annuali costituisse un errore metodologico, essa non aveva tuttavia dimostrato che tale meccanismo avesse inciso sul carattere di libera concorrenza della royalty pagata dalla LuxOpCo alla LuxSCS. Pertanto, il Tribunale ha dichiarato che la mera constatazione secondo la quale tale massimale era stato applicato per gli anni 2006, 2007 e da 2011 a 2013 non era sufficiente a dimostrare che la remunerazione della LuxOpCo ottenuta per detti anni non corrispondeva a un’approssimazione di un risultato di libera concorrenza e, di conseguenza, che, con la sua terza constatazione sussidiaria, la Commissione non aveva dimostrato l’esistenza di un vantaggio per la LuxOpCo (punti 575, 576, 585, 586 e 588 della sentenza impugnata).

11

Alla luce di tali considerazioni, sufficienti a suo avviso a comportare l’annullamento della decisione controversa, il Tribunale non ha esaminato gli altri motivi di ricorso e argomenti dei ricorsi.

Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti in sede di impugnazione

12

Con la sua impugnazione, la Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

respingere il primo motivo di ricorso nella causa T‑816/17 e il secondo, il quarto, il quinto e l’ottavo motivo di ricorso nella causa T‑318/18;

rinviare la causa al Tribunale di primo grado affinché si pronunci sui motivi di ricorso non ancora esaminati;

in subordine, statuire definitivamente sulla controversia, in applicazione dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, e

riservare le spese in caso di rinvio al Tribunale o condannare il Granducato di Lussemburgo e Amazon alle spese se la Corte statuisce definitivamente sulla controversia.

13

Il Granducato di Lussemburgo chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

in subordine, rinviare la causa al Tribunale, e

condannare la Commissione alle spese.

14

Amazon chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione e

condannare la Commissione alle spese.

Sull’impugnazione

Sulla ricevibilità

15

Il Granducato di Lussemburgo deduce, senza presentare formalmente un’eccezione di irricevibilità, che gli argomenti fatti valere a sostegno della prima parte del primo motivo e della seconda parte del secondo motivo di impugnazione, relative all’interpretazione e all’applicazione del principio di libera concorrenza, sono irricevibili in quanto sono diretti a mettere in discussione constatazioni di fatto del Tribunale. Poiché la Commissione non cercherebbe di dimostrare lo snaturamento di tali fatti, essa non sarebbe legittimata a contestarli nell’ambito della sua impugnazione. Peraltro, ipotetici errori del Tribunale nell’interpretazione e nell’applicazione del principio di libera concorrenza dovrebbero essere considerati come vertenti sul diritto nazionale lussemburghese, non avendo tale principio, secondo la giurisprudenza della Corte, un’esistenza autonoma nel diritto dell’Unione e, quindi, come errori di fatto. Orbene, le questioni di fatto non potrebbero essere invocate nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento dei fatti da parte del Tribunale. Gli argomenti sarebbero quindi parimenti, per tale motivo, irricevibili, dato che gli snaturamenti dedotti al riguardo dalla Commissione non sarebbero suffragati.

16

Amazon, dal canto suo, sostiene, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, che la Commissione tenta di presentare le valutazioni di fatto del Tribunale come questioni di diritto o di interpretazione giuridica affinché la Corte riesamini tali fatti. Orbene, quest’ultima, conformemente all’articolo 256 TFUE e all’articolo 58 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, potrebbe pronunciarsi solo sui motivi di diritto, salvo il caso di snaturamento, che la Commissione si limiterebbe nel caso di specie ad asserire, senza neppure tentare di dimostrarlo. Sotto tale profilo, l’impugnazione, e, in particolare, la prima parte del primo motivo e la seconda parte del secondo motivo, sarebbero irricevibili.

17

Occorre precisare che la Commissione sostiene in particolare, al punto 25 della sua impugnazione, che «un’interpretazione e un’applicazione erronee del principio di libera concorrenza costituiscono una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE per quanto riguarda la condizione del vantaggi» e, al punto 26 di quest’ultima, che, «interpretando e applicando erroneamente il principio di libera concorrenza, il Tribunale commette un errore “nell’ambito della sua valutazione ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE”». Quest’ultima censura viene ribadita nella sezione 6.2 dell’impugnazione.

18

Di conseguenza, indipendentemente dai motivi per i quali la Commissione ritiene che il Tribunale, in particolare ai punti da 162 a 251 della sentenza impugnata, abbia erroneamente interpretato e erroneamente applicato il principio di libera concorrenza, è giocoforza constatare che tale istituzione invita la Corte a verificare l’esatta interpretazione e la corretta applicazione del principio in parola da parte del Tribunale alla luce dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

19

A tal riguardo, occorre ricordare che la competenza della Corte a decidere su un’impugnazione proposta avverso una decisione emessa dal Tribunale viene definita dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE. Tale norma precisa che l’impugnazione deve essere limitata alle questioni di diritto e può essere proposta «alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo Statuto». Nell’ambito di un elenco contenente i motivi che possono essere dedotti a tale titolo, l’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia precisa che l’impugnazione può essere fondata sulla violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 46).

20

È vero che, in linea di principio, riguardo all’esame, nell’ambito di un’impugnazione, delle valutazioni del Tribunale in merito al diritto nazionale, che, nel settore degli aiuti di Stato, costituiscono valutazioni di fatto, la Corte è competente soltanto a verificare se vi sia stato uno snaturamento di tale diritto (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 82 e giurisprudenza ivi citata). La Corte non può tuttavia essere privata della possibilità di verificare se siffatte valutazioni non costituiscano esse stesse una violazione del diritto dell’Unione ai sensi della giurisprudenza citata al punto 19 della presente sentenza.

21

Orbene, determinare se il Tribunale abbia adeguatamente delimitato il sistema di riferimento pertinente e, per estensione, abbia applicato in maniera corretta le disposizioni che lo compongono, nella fattispecie il principio di libera concorrenza, costituisce una questione di diritto che può formare l’oggetto del sindacato della Corte nella fase dell’impugnazione. Infatti, gli argomenti diretti a mettere in discussione la scelta del sistema di riferimento nell’ambito della prima fase dell’analisi dell’esistenza di un vantaggio selettivo sono ricevibili, poiché tale analisi deriva da una qualificazione giuridica del diritto nazionale sulla base di una disposizione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 85 nonché del 5 dicembre 2023, Lussemburgo e a./Commissione, C‑451/21 P e C‑454/21 P, EU: C: 2023:948, punto 78).

22

Ammettere che la Corte non sia in grado di stabilire se il Tribunale si sia pronunciato senza commettere errori di diritto sulla delimitazione, l’interpretazione e l’applicazione da parte della Commissione del sistema di riferimento pertinente, quale parametro decisivo ai fini dell’esame dell’esistenza di un vantaggio selettivo, equivarrebbe ad accettare la possibilità che il Tribunale abbia, eventualmente, commesso una violazione di una disposizione del diritto primario dell’Unione, ossia l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, senza che tale violazione possa essere sanzionata nell’ambito dell’impugnazione, il che sarebbe contrario all’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, come sottolineato al punto 19 della presente sentenza.

23

Si deve quindi ritenere che, invitando la Corte a verificare se il Tribunale avesse correttamente interpretato e applicato il principio di libera concorrenza alla luce dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, per dichiarare che il sistema di riferimento adottato dalla Commissione al fine di definire una tassazione normale era errato e, pertanto, che l’esistenza di un vantaggio a favore del gruppo Amazon non era dimostrata, la Commissione abbia dedotto motivi di impugnazione e argomenti i quali, contrariamente a quanto sostengono il Granducato di Lussemburgo e Amazon, sono ricevibili.

Nel merito

24

A sostegno della sua impugnazione, la Commissione fa valere due motivi d’impugnazione, vertenti, il primo, su errori commessi dal Tribunale riguardo alla constatazione principale del vantaggio da essa illustrato nella decisione controversa e, il secondo, su errori del Tribunale relativi alla prima constatazione sussidiaria da essa effettuata riguardo a tale vantaggio.

25

Risulta opportuno esaminare tali due motivi d’impugnazione congiuntamente.

Argomenti delle parti

26

Il primo motivo d’impugnazione della Commissione si suddivide in due parti. La prima parte verte sul fatto che il Tribunale, ai punti da 162 a 251 della sentenza impugnata, ha erroneamente interpretato ed erroneamente applicato il principio di libera concorrenza, non ha motivato la sentenza impugnata su tale punto e ha violato le norme procedurali respingendo l’analisi funzionale della LuxSCS e la selezione di detta società come parte sottoposta a test nella decisione controversa. La seconda parte verte sull’errore risultante dal rigetto, da parte del Tribunale, ai punti da 257 a 295 della sentenza in parola, del calcolo del tasso di libera concorrenza della royalty.

27

A sostegno di tale motivo d’impugnazione, la Commissione deduce, in via preliminare, che, come avrebbe rilevato il Tribunale stesso, l’imposizione normale dovrebbe, nel caso di specie, essere valutata alla luce del principio di libera concorrenza, il quale costituirebbe uno «strumento» su cui essa dovrebbe basarsi per valutare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, interpretando e applicando erroneamente tale principio, il Tribunale avrebbe violato suddetta disposizione. In ogni caso, la Commissione sostiene che, se si dovesse ritenere che gli errori commessi dal Tribunale nell’applicazione del principio in parola riguardino soltanto il diritto lussemburghese, tali errori costituirebbero nondimeno snaturamenti manifesti di detto diritto, che il Tribunale ha reputato fondato su questo stesso principio.

28

Il Granducato di Lussemburgo e Amazon contestano tutti gli argomenti dedotti a sostegno del primo motivo d’impugnazione.

29

Il Granducato di Lussemburgo fa segnatamente osservare, nella sua comparsa di risposta, che, tanto al momento dell’adozione del ruling fiscale di cui trattasi quanto quando quest’ultimo è stato prorogato, non sussisteva alcun riferimento, nel diritto lussemburghese, alle linee guida dell’OCSE. Queste ultime non sarebbero vincolanti per i paesi membri di tale organizzazione, ma consentirebbero di chiarire le disposizioni di diritto lussemburghese pertinenti.

30

Il secondo motivo d’impugnazione, relativo ai punti da 314 a 442 e da 499 a 538 della sentenza impugnata, riguarda il rigetto da parte del Tribunale della prima constatazione sussidiaria formulata dalla Commissione nella decisione controversa. Nell’ambito della seconda parte di tale secondo motivo d’impugnazione, la Commissione sostiene nuovamente, alla sezione 6.2 dell’impugnazione, che «il Tribunale ha erroneamente interpretato ed erroneamente applicato il principio di libera concorrenza», circostanza contestata tanto dal Granducato di Lussemburgo quanto da Amazon.

Giudizio della Corte

31

Secondo una costante giurisprudenza della Corte, gli interventi degli Stati membri nei settori che non sono stati oggetto di armonizzazione nel diritto dell’Unione non sono esclusi dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al controllo degli aiuti di Stato. Gli Stati membri devono quindi astenersi dall’adottare qualsiasi misura fiscale che possa costituire un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

32

A tal riguardo, da una giurisprudenza consolidata della Corte risulta che la qualificazione di una misura nazionale come «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE richiede che siano soddisfatti tutti i requisiti seguenti. Sotto un primo profilo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. Sotto un secondo profilo, tale intervento deve essere idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri. Sotto un terzo profilo, esso deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. Sotto un quarto profilo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

33

Per quanto concerne il requisito relativo al vantaggio selettivo, esso impone di stabilire se, nell’ambito di un determinato regime giuridico, la misura nazionale in discussione sia idonea a favorire «talune imprese o talune produzioni» rispetto ad altre che si trovano, alla luce dell’obiettivo perseguito da detto regime, in situazioni di fatto e di diritto paragonabili e che sono quindi oggetto di un trattamento differenziato qualificabile, in sostanza, come discriminatorio (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

34

Ai fini della qualifica di una misura fiscale nazionale come «selettiva», la Commissione deve individuare, in un primo tempo, il sistema di riferimento, ossia il regime fiscale «normale» applicabile nello Stato membro interessato, e dimostrare, in un secondo tempo, che la misura fiscale di cui trattasi deroga a tale sistema di riferimento, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito da tale sistema, in una situazione materiale e giuridica comparabile. La nozione di «aiuto di Stato» non riguarda tuttavia le misure che stabiliscono una differenziazione tra imprese che si trovano, in relazione all’obiettivo perseguito dal regime giuridico in questione, in una situazione materiale e giuridica comparabile, e pertanto a priori selettive, qualora lo Stato membro interessato riesca a dimostrare, in un terzo tempo, che tale differenziazione è giustificata, nel senso che essa deriva dalla natura o dalla struttura del sistema tributario in cui tali misure si inseriscono (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

35

La determinazione dell’ambito di riferimento assume un’importanza maggiore nel caso di misure fiscali, stante il fatto che, come posto in rilievo al punto 23 della presente sentenza, l’esistenza di un vantaggio economico, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, può essere accertata solo con riferimento a un livello di tassazione definito «normale».

36

Pertanto, l’individuazione di tutte le imprese che si trovino in una situazione materiale e giuridica analoga dipende dalla definizione preliminare del regime giuridico alla luce del cui obiettivo deve, se del caso, essere esaminata la comparabilità della situazione materiale e giuridica, rispettivamente, delle imprese favorite dalla misura di cui trattasi e di quelle che non lo sono (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

37

Ai fini della valutazione del carattere selettivo di una misura fiscale, è quindi necessario che il regime fiscale comune o il sistema di riferimento applicabile nello Stato membro interessato sia correttamente individuato nella decisione della Commissione ed esaminato dal giudice investito di una contestazione vertente su tale individuazione. Poiché la determinazione del sistema di riferimento è il punto di partenza dell’esame comparativo da effettuare nel contesto della valutazione della selettività, un errore commesso durante tale determinazione inficia necessariamente tutta l’analisi della condizione di selettività (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

38

In siffatto contesto, occorre, in primo luogo, precisare che la determinazione dell’ambito di riferimento, che deve essere effettuata al termine di un dibattito in contraddittorio con lo Stato membro interessato, deve risultare da un esame obiettivo del contenuto, dell’articolazione e degli effetti concreti delle norme applicabili in forza del diritto nazionale di tale Stato (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

39

In secondo luogo, al di fuori dei settori in cui il diritto tributario dell’Unione è oggetto di armonizzazione, spetta allo Stato membro interessato determinare, attraverso l’esercizio delle proprie competenze in materia di imposte dirette e nel rispetto della propria autonomia fiscale, le caratteristiche costitutive dell’imposta, le quali definiscono, in linea di principio, il sistema di riferimento oppure il regime fiscale «normale», a partire dal quale occorre analizzare il requisito relativo alla selettività. Ciò vale in particolare per la determinazione della base imponibile, stante il suo fatto generatore ed eventuali esenzioni ad esso connesse (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

40

Ne consegue che solo il diritto nazionale applicabile nello Stato membro interessato deve essere preso in considerazione al fine di individuare il sistema di riferimento in materia di imposte dirette, essendo tale individuazione a sua volta un presupposto indispensabile, al fine di valutare non solo se esista un vantaggio, ma anche se quest’ultimo abbia carattere selettivo (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 74).

41

La presente causa, al pari di quella all’origine della sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859), verte sulla questione della legittimità di un ruling fiscale adottato dall’amministrazione tributaria lussemburghese e fondato sulla determinazione dei prezzi di trasferimento alla luce del principio di libera concorrenza.

42

Orbene, dalla summenzionata sentenza risulta, in primo luogo, che il principio di libera concorrenza può essere applicato solo qualora sia riconosciuto dal diritto nazionale interessato e secondo le modalità definite da quest’ultimo. In altri termini, non esiste, allo stato attuale del diritto dell’Unione, un principio autonomo di libera concorrenza che si applichi indipendentemente dal suo inserimento nel diritto nazionale ai fini dell’esame delle misure fiscali nel contesto dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 104).

43

A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che, sebbene il diritto nazionale applicabile alle società in Lussemburgo sia inteso, in materia di tassazione delle società integrate, a ottenere un’approssimazione affidabile del prezzo di mercato e sebbene tale obiettivo corrisponda, in linea generale, a quello del principio di libera concorrenza, resta nondimeno il fatto che, in assenza di armonizzazione nel diritto dell’Unione, le modalità concrete di applicazione del principio in parola sono definite dal diritto nazionale e devono essere prese in considerazione al fine di individuare il quadro di riferimento ai fini della determinazione dell’esistenza di un vantaggio selettivo (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 93).

44

In secondo luogo, occorre ricordare che le linee guida dell’OCSE non sono vincolanti per i Paesi membri dell’OCSE. Come sottolineato dalla Corte, anche se numerose autorità nazionali competenti in materia fiscale si ispirano a tali linee giuda nell’elaborazione e nel controllo dei prezzi di trasferimento, è unicamente alla luce delle disposizioni nazionali pertinenti che occorre determinare se date transazioni debbano essere esaminate in base al principio di libera concorrenza e, eventualmente, se prezzi di trasferimento, che fondano la base dei redditi imponibili da parte di un soggetto passivo e la sua ripartizione tra gli Stati interessati, si discostino o meno da un risultato di libera concorrenza. Pertanto, nell’esame dell’esistenza di un vantaggio fiscale selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e al fine di stabilire l’onere fiscale che deve normalmente gravare su un’impresa, non possono essere presi in considerazione parametri e regole esterni al sistema tributario nazionale di cui trattasi, quali le suddette linee guida, a meno che quest’ultimo non vi faccia esplicito riferimento (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 96).

45

Nel caso di specie, si deve sottolineare che, ai punti 121 e 122 della sentenza impugnata, il Tribunale di primo grado ha dichiarato quanto segue:

«121

Occorre inoltre precisare che la Commissione, quando applica il principio di libera concorrenza per verificare se l’utile imponibile di una società integrata in virtù di una misura fiscale corrisponda ad un’approssimazione attendibile di un utile imponibile generato alle condizioni di mercato, può accertare l’esistenza di un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE solo a condizione che la differenza tra i due elementi di confronto vada al di là delle imprecisioni inerenti al metodo applicato per ottenere tale approssimazione (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 152).

122

Anche se la Commissione non può essere formalmente vincolata dalle linee guida dell’OCSE, resta il fatto che queste ultime si basano su lavori svolti da gruppi di esperti, che riflettono il consenso raggiunto a livello internazionale per quanto riguarda i prezzi di trasferimento e che rivestono quindi un’importanza pratica certa nell’interpretazione delle questioni relative ai prezzi di trasferimento (sentenza del 24 settembre 2019, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑760/15 e T‑636/16, EU:T:2019:669, punto 155)».

46

Dal punto 121 della sentenza impugnata risulta che, avendo ivi considerato che la Commissione poteva, in linea generale, applicare il principio di libera concorrenza nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, mentre il principio in parola non ha un’esistenza autonoma nel diritto dell’Unione, senza precisare che detta istituzione era tenuta, in via preliminare, ad assicurarsi che il principio di cui trattasi fosse incorporato nel diritto tributario nazionale interessato, nella fattispecie il diritto tributario lussemburghese, e che vi si facesse espressamente riferimento in quanto tale, il Tribunale ha commesso un primo errore di diritto. Tale errore non è sanato dalla circostanza che il Tribunale, al punto 137 della sentenza impugnata, ha ritenuto, del resto a torto, per i motivi esposti ai punti 54 e 55 della presente sentenza, che il diritto lussemburghese sancisse, all’epoca dei fatti, detto principio.

47

Parimenti, indicando, al punto 122 della sentenza impugnata, che, nonostante la loro mancanza di carattere vincolante per la Commissione, le linee guida dell’OCSE rivestivano un’«importanza pratica certa» nella valutazione del rispetto del suddetto principio, il Tribunale ha omesso di ricordare che tali linee guida non erano neppure vincolanti nei confronti dei paesi membri dell’OCSE e che, quindi, esse rivestivano importanza pratica solo nei limiti in cui il diritto tributario dello Stato membro interessato vi facesse esplicitamente riferimento. Pertanto, esso non ha verificato se la Commissione si fosse accertata che siffatta ipotesi ricorresse nel caso del diritto tributario lussemburghese ed ha esso stesso ritenuto acquisita l’applicabilità di dette linee guida, commettendo così un secondo errore di diritto.

48

Ne consegue che, laddove, del resto, l’Irlanda aveva invocato, come risulta dal punto 132 della sentenza impugnata, l’assenza di fondamento, nel diritto dell’Unione, di un principio di libera concorrenza, il Tribunale, respingendo in quanto irricevibile tale argomento e non avendolo, di conseguenza, esaminato, mentre, nel merito, metteva in discussione l’esattezza del sistema di riferimento adottato dalla Commissione al fine di definire un’imposizione normale e, di conseguenza, dell’esistenza di un vantaggio a favore del gruppo Amazon, ha accolto un’interpretazione del principio di libera concorrenza contraria al diritto dell’Unione, come ricordato, in particolare, ai punti 96 e 104 della sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859), e ha quindi convalidato erroneamente la determinazione da parte della Commissione del sistema di riferimento.

49

Orbene, l’intera analisi effettuata dal Tribunale, ai punti da 162 a 251, da 257 a 295, da 314 a 442 e da 499 a 538 della sentenza impugnata, per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di un vantaggio selettivo, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è fondata sull’applicazione, ai fini della valutazione dell’esistenza di un siffatto vantaggio, del principio di libera concorrenza sulla base delle linee guida dell’OCSE indipendentemente dall’incorporazione di tale principio nel diritto lussemburghese.

50

Di conseguenza, poiché si basa su una determinazione erronea, da parte del Tribunale, del sistema di riferimento pertinente ai fini della valutazione dell’esistenza di un vantaggio selettivo, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, una siffatta analisi è, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 37 della presente sentenza, anch’essa erronea.

51

Occorre, nondimeno, ricordare che, qualora la motivazione di una decisione del Tribunale riveli una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo di quest’ultima appaia fondato per altri motivi di diritto, una tale violazione non è in grado di comportare l’annullamento della sentenza, e si deve dunque procedere a una sostituzione della motivazione e a respingere l’impugnazione (v., in tal senso, sentenze del 25 marzo 2021, Xellia Pharmaceuticals e Alpharma/Commissione, C‑611/16 P, EU:C:2021:245, punto 149, e del 24 marzo 2022, PJ e PC/EUIPO, C‑529/18 P e C‑531/18 P, EU:C:2022:218, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

52

È quanto avviene nel caso di specie.

53

Infatti, in primo luogo, la Commissione ha applicato il principio di libera concorrenza come se fosse stato riconosciuto in quanto tale nel diritto dell’Unione, come ne danno atto in particolare i considerando 402, 403, 409, 519, 520 e 561 della decisione controversa. Orbene, dal punto 104 della sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859) risulta che non esiste, allo stato attuale del diritto dell’Unione, un principio autonomo di libera concorrenza che si applichi indipendentemente dall’incorporazione di quest’ultimo nel diritto nazionale.

54

In secondo luogo, essa ha ritenuto, come risulta dai considerando 241 e 242 della decisione controversa, che l’articolo 164, paragrafo 3, della legge relativa all’imposta sul reddito fosse interpretato dall’amministrazione tributaria lussemburghese nel senso che esso sanciva il principio di libera concorrenza nel diritto tributario lussemburghese. Tuttavia, come risulta dai punti 96 e 104 della sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859), solo un’incorporazione di detto principio in quanto tale nel diritto nazionale, la quale richiede come minimo che quest’ultimo faccia esplicito riferimento a detto principio, consentirebbe alla Commissione di applicarlo nell’ambito della valutazione dell’esistenza di un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

55

Orbene, come riconosciuto dalla Commissione stessa al considerando 243 della decisione controversa, è solo dal 1o gennaio 2017, ossia successivamente all’adozione del ruling fiscale in discussione e alla sua proroga, che un nuovo articolo della legge relativa all’imposta sul reddito «formalizza esplicitamente l’applicazione del principio di libera concorrenza nel diritto tributario lussemburghese». È quindi accertato che il requisito di cui alla giurisprudenza citata al punto precedente non era soddisfatto al momento dell’adozione, da parte dello Stato membro interessato, della misura che la Commissione ha ritenuto costituire un aiuto di Stato, cosicché detta istituzione non poteva applicare retroattivamente tale principio nella decisione controversa.

56

In terzo luogo, applicando, ai considerando 246 e seguenti della decisione in parola, le linee guida dell’OCSE in materia di prezzi di trasferimento senza aver dimostrato che le medesime erano state, in tutto o in parte, esplicitamente riprese nel diritto lussemburghese, la Commissione ha violato il divieto, ricordato al punto 96 della sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione (C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859), di prendere in considerazione, nell’esame dell’esistenza di un vantaggio fiscale selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e al fine di stabilire l’onere fiscale che deve normalmente gravare su un’impresa, parametri e norme esterni al sistema fiscale nazionale di cui trattasi, come tali linee guida, a meno che quest’ultimo non vi faccia esplicito riferimento.

57

Occorre ricordare, a tale riguardo, che errori del genere nella determinazione delle norme effettivamente applicabili in forza del diritto nazionale pertinente e, pertanto, nell’individuazione della tassazione cosiddetta «normale» alla luce della quale doveva essere valutata la decisione fiscale anticipata controversa viziano necessariamente l’intero ragionamento relativo all’esistenza di un vantaggio selettivo (sentenza dell’8 novembre 2022, Fiat Chrysler Finance Europe/Commissione, C‑885/19 P e C‑898/19 P, EU:C:2022:859, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

58

Dall’insieme di tali considerazioni risulta che il Tribunale ha giustamente constatato, al punto 590 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva dimostrato l’esistenza di un vantaggio a favore del gruppo Amazon, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e ha annullato, di conseguenza, la decisione controversa.

59

Alla luce di quanto precede e procedendo con una sostituzione della motivazione conformemente alla giurisprudenza citata al punto 51 della presente sentenza, occorre quindi respingere i due motivi di impugnazione e, pertanto, respingere quest’ultima nella sua interezza.

Sulle spese

60

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, quest’ultima statuisce sulle spese.

61

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

62

Nel caso di specie, poiché la Commissione è rimasta soccombente, occorre condannarla a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Granducato di Lussemburgo e da Amazon, conformemente alla domanda di questi ultimi.

63

Peraltro, l’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, parimenti applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, di tale regolamento, prevede che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. L’Irlanda, interveniente, si farà quindi carico delle proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Commissione europea si farà carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Granducato di Lussemburgo, nonché da Amazon.com Inc. e da Amazon EU Sàrl.

 

3)

L’Irlanda si farà carico delle proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingue processuali: l’inglese e il francese.