SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

13 luglio 2023 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 6, paragrafo 1 – Condizioni generali di un contratto di mutuo ipotecario dichiarate nulle dai giudici nazionali – Ricorso giurisdizionale – Ottemperanza prima di qualsiasi contestazione – Normativa nazionale che impone ad un consumatore l’adempimento di una formalità precontenziosa nei confronti del professionista in questione al fine di non essere condannato alle spese del procedimento giurisdizionale – Principio di buona amministrazione della giustizia – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva»

Nella causa C‑35/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Audiencia Provincial de Málaga (Corte provinciale di Malaga, Spagna), con decisione del 14 dicembre 2021, pervenuta in cancelleria il 17 gennaio 2022, nel procedimento

CAJASUR Banco SA

contro

JO,

IM,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Quarta Sezione, L.S. Rossi, S. Rodin (relatore) e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 gennaio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

per la CAJASUR Banco SA, da V. Rodríguez de Vera Casado;

per il governo spagnolo, da A. Pérez-Zurita Gutiérrez, J. Ruiz Sánchez e J. Rodríguez de la Rúa Puig, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 marzo 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la CAJASUR Banco SA e, dall’altro, JO e IM, in merito alle spese sostenute nell’ambito di un procedimento giurisdizionale avviato da questi ultimi, volto a far dichiarare la nullità di una clausola delle condizioni generali di un contratto di mutuo ipotecario, a causa, in particolare, del carattere abusivo di tale clausola.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

4

L’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Normativa spagnola

5

A norma dell’articolo 1303 del Código civil (codice civile):

«Quando un’obbligazione stipulata in un contratto è dichiarata nulla, i contraenti devono restituirsi reciprocamente le cose che hanno costituito l’oggetto di tale contratto, i frutti prodotti da queste ultime e il prezzo pagato quale corrispettivo di tali cose, oltre agli interessi, tranne nei casi previsti dagli articoli seguenti».

6

L’articolo 395 della Ley 1/2000, de Enjuiciamiento Civil (legge 1/2000 relativa al codice di procedura civile), del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7, dell’8 gennaio 2000, pag. 575), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «LEC»), che prevede il regime di condanna alle spese in caso di ottemperanza, dispone quanto segue:

«1.   Se l’ottemperanza alla domanda interviene prima di qualsiasi contestazione, non si deve procedere alla condanna dell’una o dell’altra parte alle spese processuali, a meno che il giudice non accerti, in modo debitamente motivato, la malafede del convenuto.

La malafede del convenuto si considera sussistente se, prima della presentazione della domanda, il ricorrente abbia inviato a quest’ultimo una diffida di pagamento fondata e giustificata, sia stata avviata una procedura di mediazione o il convenuto sia stato convocato per la conciliazione».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7

Le parti nel procedimento principale hanno concluso un contratto di mutuo ipotecario. Nel 2018 JO e IM hanno proposto ricorso dinanzi allo Juzgado de Primera Instancia n. 18 bis de Málaga (Tribunale di primo grado n. 18 bis di Malaga, Spagna), diretto all’annullamento di una clausola delle condizioni generali di detto contratto relativa alle spese ipotecarie e al rimborso dell’importo versato in virtù di tale clausola, a causa del carattere abusivo di quest’ultima. A seguito della proposizione di tale ricorso, la CAJASUR Banco ha riconosciuto il carattere abusivo di detta clausola, ma, ritenendo che l’importo richiesto a tale titolo fosse eccessivo, ha accettato di rimborsarne solo una parte.

8

Con sentenza del 2 marzo 2020, lo Juzgado de Primera Instancia n. 18 bis de Málaga (Tribunale di primo grado n. 18 bis di Malaga) ha dichiarato la stessa clausola nulla di diritto a causa del suo carattere abusivo e, di conseguenza, ha condannato la CAJASUR Banco, da un lato, a restituire a JO e a IM una parte dell’importo richiesto nonché, dall’altro, a pagare le spese del procedimento.

9

La CAJASUR Banco ha proposto ricorso dinanzi all’Audiencia Provincial de Málaga (Corte provinciale di Malaga, Spagna), che è il giudice del rinvio, unicamente per quanto riguarda tale condanna alle spese. Essa fa valere che, avendo ottemperato alla domanda prima di qualsiasi contestazione, detta condanna alle spese è contraria all’articolo 395 della LEC, poiché tale articolo prevede che una siffatta condanna possa essere imposta solo qualora sia accertata la malafede del convenuto. Essa ricorda, in proposito, che, in base a detto articolo, la malafede si ritiene sussistente solo qualora, prima della presentazione della domanda, il convenuto abbia ricevuto una diffida di pagamento fondata e giustificata, sia stata avviata una procedura di mediazione nei suoi confronti o sia stato convocato per la conciliazione.

10

Come risulta dall’ordinanza di rinvio, tale posizione è conforme a una giurisprudenza consolidata del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), relativa all’applicazione del medesimo articolo.

11

Dall’ordinanza di rinvio emerge anche che JO e IM non hanno espletato alcuna formalità precontenziosa nei confronti della CAJASUR Banco.

12

In tali circostanze, l’Audiencia Provincial de Málaga (Corte provinciale di Malaga) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se sia contrario al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea esigere che il consumatore, prima di instaurare un procedimento [giurisdizionale], abbia presentato una diffida stragiudiziale, affinché la dichiarazione di nullità di una specifica condizione generale del contratto dovuta al carattere abusivo della stessa possa dar luogo a tutti gli effetti risarcitori (comprese le spese giudiziali) associati a tale nullità, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [93/13].

2)

Se sia compatibile con il diritto al pieno risarcimento, con l’effettività del diritto dell’Unione europea e con l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 stabilire un criterio per l’imposizione delle spese (incluse le spese legali) subordinato alla presentazione preventiva di una diffida di pagamento stragiudiziale formulata da [detto] consumatore all’istituto finanziario [interessato] al fine di eliminare tale clausola».

Sulla ricevibilità

13

Secondo il governo spagnolo, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile, in quanto il giudice del rinvio non avrebbe presentato correttamente il contesto di diritto e di fatto del procedimento principale. Infatti, il giudice del rinvio non avrebbe fornito alla Corte gli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni sollevate, che sarebbero di natura ipotetica, poiché, conformemente al diritto nazionale, tale giudice potrebbe risolvere la controversia principale senza sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale al riguardo.

14

Occorre ricordare che, in forza di una costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad esaminare e valutare i fatti del procedimento principale nonché ad interpretare e ad applicare il diritto nazionale. Parimenti spetta esclusivamente al giudice nazionale, investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della controversia, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 76, nonché del 22 settembre 2022, Servicios prescriptor y medios de pagos EFC, C‑215/21, EU:C:2022:723, punto 26).

15

Il rigetto da parte della Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è quindi possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 77, nonché del 22 settembre 2022, Servicios prescriptor y medios de pagos EFC, C‑215/21, EU:C:2022:723, punto 27).

16

Tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

17

Infatti, occorre constatare che la domanda di pronuncia pregiudiziale verte, in particolare, sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e mira a determinare se tale disposizione osti a una norma del diritto nazionale, quale l’articolo 395 della LEC, relativa alla ripartizione delle spese nei procedimenti giurisdizionali avviati da consumatori al fine di esercitare i diritti loro conferiti da tale direttiva.

18

Inoltre, dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che, in applicazione dell’articolo 395 della LEC, come interpretato dalla giurisprudenza nazionale, un consumatore, ai sensi della direttiva 93/13, rischia di essere condannato alle spese relative al ricorso giurisdizionale che ha proposto relativamente alle clausole di un contratto concluso con un professionista nonostante il giudice competente abbia constatato il carattere abusivo di una di tali clausole.

19

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve considerare che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

Nel merito

20

Sebbene il giudice del rinvio, con la sua prima questione, faccia riferimento, in particolare, all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dalla motivazione dell’ordinanza di rinvio risulta che tale giudice si interroga essenzialmente sull’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 93/13 per quanto concerne la portata del principio di effettività, che è menzionato nella seconda questione.

21

Pertanto, si deve considerare che, con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letto alla luce del principio di effettività, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale, in mancanza di adempimento da parte di un consumatore di una formalità precontenziosa nei confronti di un professionista con il quale abbia concluso un contratto contenente una clausola abusiva, tale consumatore deve sopportare le proprie spese relative al procedimento giurisdizionale che ha avviato contro detto professionista per far valere i diritti che gli conferisce la direttiva 93/13, qualora tale professionista abbia ottemperato alla domanda di detto consumatore prima di qualsiasi contestazione, anche se è stato accertato il carattere abusivo di tale clausola.

22

In via preliminare occorre ricordare che, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico alla tutela dei consumatori, i quali si trovano in una situazione d’inferiorità rispetto ai professionisti, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, di prevedere mezzi adeguati ed efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori» (sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 78 nonché giurisprudenza ivi citata).

23

Conformemente a una giurisprudenza costante, in mancanza di una disciplina specifica dell’Unione in materia, le modalità di attuazione della tutela dei consumatori prevista dalla direttiva 93/13 rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tali modalità, tuttavia, non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza), né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

24

Al riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la ripartizione delle spese di un procedimento giurisdizionale dinanzi ai giudici nazionali rientra nell’autonomia procedurale degli Stati membri, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 95).

25

Per quanto concerne il principio di effettività, che è l’unico di tali principi preso in considerazione nella domanda di pronuncia pregiudiziale, occorre rilevare che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento nonché dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo, si devono considerare, se del caso, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (v., in particolare, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

26

La direttiva 93/13 conferisce al consumatore il diritto di adire un giudice per far accertare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto che ha concluso con un professionista e di escluderne l’applicazione. In proposito, la Corte ha dichiarato che far dipendere l’esito della ripartizione delle spese di un simile procedimento dalle sole somme indebitamente pagate e di cui è ordinata la restituzione sarebbe tale da dissuadere detto consumatore dall’esercitare tale diritto, tenuto conto delle spese che un ricorso giurisdizionale comporterebbe (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).

27

La Corte ha dichiarato inoltre che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché il principio di effettività devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un regime che consente di far ricadere sul consumatore una parte delle spese processuali, a seconda del livello delle somme indebitamente pagate che gli sono restituite in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale per via del suo carattere abusivo, in quanto un simile regime crea un ostacolo sostanziale che può scoraggiare i consumatori dall’esercitare il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo del carattere potenzialmente abusivo di clausole contrattuali, quale riconosciuto dalla direttiva 93/13 (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 99).

28

Si deve altresì osservare che, sebbene il rispetto del principio di effettività non possa giungere al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato, occorre esaminare se sussista, alla luce delle peculiarità del procedimento nazionale di cui trattasi, un rischio non trascurabile che quest’ultimo sia dissuaso dal far valere i diritti ad esso conferiti dalla direttiva 93/13 [v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Vicente (Azione per il pagamento degli onorari di avvocato), C‑335/21, EU:C:2022:720, punto 56 e giurisprudenza ivi citata].

29

Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che l’articolo 395 della LEC, quale interpretato dal Tribunal Supremo (Corte suprema), prevede che la condanna del convenuto alle spese del procedimento giurisdizionale sia imposta solo se è dimostrata la sua malafede, la quale si considera sussistente nell’ipotesi in cui, prima della proposizione del ricorso giurisdizionale, il ricorrente abbia invano inviato al convenuto una diffida di pagamento fondata e giustificata, abbia avviato una procedura di mediazione o abbia convocato tale convenuto per la conciliazione.

30

Si deve osservare in proposito che, nell’ambito dei procedimenti tipici avviati in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il «consumatore», a norma di tale direttiva, è, nella maggior parte dei casi, il ricorrente, e il «professionista», ai sensi della medesima, è, nella maggior parte dei casi, il convenuto, il che implica che l’articolo 395 della LEC, quale interpretato dal Tribunal Supremo (Corte suprema), impone di fatto ad un consumatore, prima di qualsiasi ricorso giurisdizionale, di inviare una diffida di pagamento fondata e giustificata al professionista interessato, di avviare una procedura di mediazione con tale professionista o di convocare quest’ultimo per la conciliazione. In caso contrario, qualora detto professionista ottemperi alla domanda prima di qualsiasi contestazione, quest’ultimo si presume in buona fede e non può essere condannato alle spese, anche se il procedimento giurisdizionale così avviato ha consentito di accertare il carattere abusivo di una clausola contenuta nel contratto in questione.

31

Sebbene, come affermato dal governo spagnolo, gli obiettivi perseguiti da tale articolo 395, vale a dire il decongestionamento del sistema giurisdizionale nazionale e la buona amministrazione della giustizia, debbano essere considerati legittimi e, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 48 delle sue conclusioni, l’adempimento di una delle formalità precontenziose previste da tale articolo sembri costituire, per il consumatore interessato, un requisito procedurale ragionevole, resta cionondimeno il fatto che l’obbligo di adempiere una formalità precontenziosa grava, in definitiva, esclusivamente su tale consumatore.

32

Orbene, nel settore delle clausole abusive nei contratti stipulati da un professionista con un consumatore, che è oggetto di una copiosa giurisprudenza nazionale, un siffatto obbligo dovrebbe gravare allo stesso modo su entrambe le parti contraenti. Infatti, qualora il carattere abusivo di alcune clausole standardizzate sia stato constatato da una giurisprudenza nazionale consolidata, ci si può aspettare che gli istituti bancari prendano l’iniziativa di rivolgersi ai loro clienti i cui contratti contengano siffatte clausole prima che questi ultimi propongano un ricorso giurisdizionale per annullarne gli effetti.

33

Inoltre, anche se non è escluso che l’interesse generale ad una buona amministrazione della giustizia possa, in quanto tale, prevalere sugli interessi particolari dei consumatori, resta cionondimeno il fatto che le norme procedurali volte a dare attuazione a tale interesse generale non devono rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dalla direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2015, Baczó e Vizsnyiczai, C‑567/13, EU:C:2015:88, punti 5152 e giurisprudenza ivi citata).

34

Inoltre, una normativa nazionale, come l’articolo 395 della LEC, che faccia ricadere l’intera responsabilità dell’iniziativa dell’adempimento di una fase precontenziosa sul consumatore interessato non può indurre i professionisti a trarre, volontariamente e spontaneamente, tutte le conseguenze della giurisprudenza relativa alle clausole contrattuali abusive e favorisce in tal modo la persistenza degli effetti di tali clausole. Infine, facendo ricadere un rischio finanziario supplementare su tale consumatore, una siffatta normativa potrebbe creare un ostacolo idoneo a scoraggiare detto consumatore dall’esercitare il suo diritto a un controllo giurisdizionale effettivo del carattere potenzialmente abusivo di clausole contenute nel contratto che lo vincola ad un professionista.

35

Infine, non si può contestare a un consumatore che abbia concluso un contratto contenente una clausola abusiva di aver adito il giudice nazionale competente al fine di esercitare i diritti ad esso garantiti dalla direttiva 93/13 in caso di inerzia del professionista in questione nonostante la constatazione del carattere abusivo di clausole analoghe da parte di una giurisprudenza nazionale consolidata, che avrebbe dovuto indurre quest’ultimo a rivolgersi di propria iniziativa a tale consumatore e a porre fine quanto prima agli effetti di detta clausola abusiva.

36

Orbene, secondo il giudice del rinvio, esisterebbe una giurisprudenza consolidata del Tribunal Supremo (Corte suprema) che stabilisce il carattere abusivo dello stesso tipo di clausola contrattuale di cui trattasi nel procedimento principale. Esso afferma, al riguardo, che gli istituti bancari, invece di informare i consumatori in merito alle conseguenze della giurisprudenza nazionale relativa alle clausole contrattuali abusive, tendono ad aspettare di ricevere una domanda precontenziosa, a cui danno seguito, oppure ad aspettare l’avvio di un procedimento giurisdizionale, nel qual caso ottemperano immediatamente alla domanda prima di depositare qualsiasi controricorso al fine di evitare di sopportare le spese del procedimento.

37

Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, tenuto conto delle conoscenze che tali istituti dovrebbero avere in materia e della situazione di inferiorità dei consumatori rispetto a detti istituti, i comportamenti di cui al punto 36 della presente sentenza possono costituire seri indizi di malafede da parte degli stessi istituti. Occorre quindi che il giudice competente possa effettuare le verifiche necessarie al riguardo e, se del caso, trarre le conseguenze che ne derivano.

38

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letto alla luce del principio di effettività, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale, in mancanza di adempimento da parte di un consumatore di una formalità precontenziosa nei confronti di un professionista con il quale abbia concluso un contratto contenente una clausola abusiva, tale consumatore deve sopportare le proprie spese relative al procedimento giurisdizionale che ha promosso contro tale professionista per far valere i diritti che gli conferisce la direttiva 93/13, qualora tale professionista abbia ottemperato alla domanda di detto consumatore prima di qualsiasi contestazione, anche se è stato constatato il carattere abusivo di tale clausola, purché il giudice nazionale competente possa tener conto dell’esistenza di una giurisprudenza nazionale consolidata che accerti il carattere abusivo di clausole analoghe e del comportamento dello stesso professionista per concludere che quest’ultimo ha agito in malafede e, se del caso, condannarlo di conseguenza a sopportare tali spese.

Sulle spese

39

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letto alla luce del principio di effettività,

 

deve essere interpretato nel senso che:

 

esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale, in mancanza di adempimento da parte di un consumatore di una formalità precontenziosa nei confronti di un professionista con il quale abbia concluso un contratto contenente una clausola abusiva, tale consumatore deve sopportare le proprie spese relative al procedimento giurisdizionale che ha promosso contro tale professionista per far valere i diritti che gli conferisce la direttiva 93/13, qualora tale professionista abbia ottemperato alla domanda di detto consumatore prima di qualsiasi contestazione, anche se è stato constatato il carattere abusivo di tale clausola, purché il giudice nazionale competente possa tener conto dell’esistenza di una giurisprudenza nazionale consolidata che accerti il carattere abusivo di clausole analoghe e del comportamento dello stesso professionista per concludere che quest’ultimo ha agito in malafede e, se del caso, condannarlo di conseguenza a sopportare tali spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.