ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
7 febbraio 2022 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Accise – Direttiva 2008/118/CE – Articolo 1, paragrafo 2 – Applicazione di altre imposte indirette aventi finalità specifiche – “Finalità specifiche” – Nozione – Finanziamento di un’impresa pubblica concessionaria della rete stradale nazionale – Obiettivi di riduzione dell’incidenza di sinistri e di sostenibilità ambientale – Finalità meramente finanziaria – Diniego di restituzione dell’imposta basato sull’arricchimento senza causa – Condizioni»
Nella causa C‑460/21,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa – CAAD) [Tribunale arbitrale tributario (Centro di arbitrato amministrativo – CAAD), Portogallo], con decisione del 12 luglio 2021, pervenuta in cancelleria il 26 luglio 2021, nel procedimento
Vapo Atlantic SA
contro
Autoridade Tributária e Aduaneira,
LA CORTE (Ottava Sezione),
composta da N. Jääskinen, presidente di sezione, N. Piçarra e M. Gavalec (relatore), giudici,
avvocato generale: J. Richard de la Tour
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,
ha emesso la seguente
Ordinanza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12), e dei principi generali del diritto dell’Unione di legittimità e di certezza del diritto. |
2 |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Vapo Atlantic SA e l’Autoridade Tributária e Aduaneira (autorità tributaria e doganale, Portogallo) (in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») con riferimento alla restituzione del contributo di servizio stradale (in prosieguo: la «CSR»; Contribuição de Serviço Rodoviário) versata da detta società per l’anno 2016. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 |
L’articolo 1 della direttiva 2008/118 così dispone: «1. La presente direttiva stabilisce il regime generale relativo alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo dei seguenti prodotti (“prodotti sottoposti ad accisa”):
(...) 2. Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni. (...)». |
Diritto portoghese
Legge n. 55/2007
4 |
La Lei no 55/2007, que regula o financiamento da rede rodoviária nacional a cargo da EP – Estradas de Portugal, E.P.E. (legge n. 55/2007 che disciplina il finanziamento della rete stradale nazionale a carico di EP – Estradas de Portugal, EPE), del 31 agosto 2007 (Diário da República n. 168/2007, serie I, del 31 agosto 2007), prevede il regime giuridico della CSR. |
5 |
L’articolo 3 di detta legge, recante il titolo «Contributo per il servizio stradale», dispone, al suo paragrafo 1, che la CSR rappresenta il corrispettivo per l’uso della rete stradale nazionale, come determinato in funzione del consumo di combustibili. Il suo paragrafo 2 precisa che la CSR costituisce una fonte di finanziamento della rete stradale nazionale a carico della EP – Estradas de Portugal, EPE (in prosieguo: la «EP»). |
6 |
In forza dell’articolo 4, paragrafo 1, di detta legge, la CSR grava sulla benzina e sul gasolio soggetti all’imposta sui prodotti petroliferi ed energetici e che non beneficiano di un’esenzione da quest’ultima. |
7 |
L’articolo 6 di detta stessa legge prevede che la CSR costituisce un’entrata propria della EP. |
Decreto legge n. 380/2007
8 |
Il regime giuridico della concessione della rete stradale nazionale alla EP è disciplinato dal Decreto-Lei n. 380/2007, que atribui à EP – Estradas de Portugal, SA, a concessão do financiamento, concepção, projecto, construção, conservação, exploração, requalificação e alargamento da rede rodoviária nacional e aprova as bases da concessão (decreto legge n. 380/2007 che attribuisce alla [EP], la concessione per il finanziamento, l’ideazione, la progettazione, la costruzione, la conservazione, lo sfruttamento, la riqualificazione e l’espansione della rete stradale nazionale e che approva la disciplina quadro della concessione), del 13 novembre 2007 (Diário da República n. 218/2007, serie I, del 13 novembre 2007). |
9 |
La disciplina quadro di detta concessione, approvata dal succitato decreto legge, prevede, segnatamente, che la CSR costituisce un’entrata propria della EP e stabilisce che il concessionario deve perseguire, nel quadro della sua attività, obiettivi di riduzione dell’incidenza di sinistri, in altre parole del numero di sinistri, e di sostenibilità ambientale. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
10 |
La Vapo Atlantic è una società che ha come oggetto sociale, in particolare, la gestione di stazioni di servizio e il commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi. Sulla base delle dichiarazioni di immissione in consumo di tale società, l’amministrazione tributaria emetteva degli atti di liquidazione congiunti dell’imposta sui prodotti petroliferi ed energetici, della CSR e di altri tributi per l’anno 2016, per un importo totale di EUR 21016425,44, di cui EUR 4873427,68 a titolo di CSR. |
11 |
Il 10 febbraio 2020, la Vapo Atlantic presentava domanda di riesame d’ufficio di tali atti tributari di liquidazione che veniva rigettata con decisione del direttore della dogana di Braga (Portogallo) del 23 luglio 2020. Secondo tale decisione, la CSR è compatibile con la direttiva 2008/118 e, considerato che tale contributo è sostenuto dai contribuenti in occasione dell’acquisto di combustibile, Vapo Atlantic beneficerebbe, in caso di accoglimento della sua domanda di rimborso, di un arricchimento senza causa. |
12 |
La Vapo Atlantic presentava ricorso avverso detta decisione dinanzi al giudice del rinvio, il Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa – CAAD) [Tribunale arbitrale tributario (Centro di arbitrato amministrativo – CAAD), Portogallo]. |
13 |
A fondamento del suo ricorso, la Vapo Atlantic afferma che la CSR è stata istituita per ragioni di ordine puramente di bilancio, per finanziare l’impresa pubblica concessionaria della rete stradale nazionale, il che violerebbe l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118. |
14 |
L’amministrazione tributaria replica, in primo luogo, che il decreto legge n. 380/2007, che attribuisce la concessione della rete stradale nazionale alla EP, divenuta nel frattempo Infraestruturas de Portugal, SA (in prosieguo: la «IP»), assegna a quest’ultima un obiettivo consistente nel ridurre l’incidenza di sinistri, e un obiettivo di sostenibilità, ambientale che rappresenterebbero la finalità specifica della CSR ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118. La CSR sarebbe inoltre un’entrata propria della IP. Detta impresa sarebbe così finanziata dagli utenti della rete stradale nazionale e solo in via sussidiaria dallo Stato. In secondo luogo, per quanto non esista un meccanismo formale di traslazione della CSR, la struttura tributaria propria di detto contributo fornisce prova della sua traslazione sul prezzo di vendita al pubblico, ragion per cui il rimborso delle somme versate dal soggetto passivo a tale titolo equivarrebbe a una situazione di arricchimento senza causa. |
15 |
Il giudice del rinvio si chiede se la CSR persegua una finalità specifica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118 e osserva che la Corte non si è espressamente pronunciata su tale punto. A questo riguardo, esso precisa che, ai sensi della legge n. 55/2007, la CSR mira ad assicurare, attraverso gli utenti della rete stradale nazionale e, in via sussidiaria, attraverso lo Stato portoghese, il finanziamento dell’attività di concezione, progettazione, costruzione, conservazione, sfruttamento, riqualificazione ed espansione di detta rete, attività questa affidata alla IP. Tale contribuito costituirebbe quindi un’entrata propria del concessionario che deve perseguire «obiettivi di riduzione dell’incidenza di sinistri e di sostenibilità ambientale». |
16 |
È in questo contesto che il Tribunal Arbitral Tributário (Centro de Arbitragem Administrativa – CAAD) [Tribunale arbitrale tributario (Centro di arbitrato amministrativo)] ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
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In forza dell’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte, quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta a tale questione pregiudiziale non dà adito a nessun ragionevole dubbio, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata. |
18 |
Tale disposizione deve essere applicata nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale. |
19 |
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118 debba essere interpretato nel senso che un contributo, il cui gettito è genericamente destinato a un’impresa pubblica concessionaria della rete stradale nazionale e la cui struttura non indica alcuna intenzione di scoraggiare il consumo dei principali combustibili stradali, persegue «finalità specifiche», ai sensi della disposizione di cui trattasi. |
20 |
Occorre ricordare anzitutto che detta disposizione, che mira a tenere conto della diversità delle tradizioni fiscali degli Stati membri in materia e del ricorso frequente alle imposte indirette per l’attuazione di politiche non di bilancio, consente agli Stati membri di istituire, in aggiunta all’accisa minima, altre imposte indirette che perseguono una finalità specifica (sentenze del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14, EU:C:2015:354, punto 58, e del 3 marzo 2021, Promociones Oliva Park, C‑220/19, EU:C:2021:163, punto 48). |
21 |
In conformità della disposizione in esame, gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette a due condizioni. Da una parte, tali imposte devono essere prelevate per finalità specifiche e, dall’altra, esse devono essere conformi alle norme fiscali dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’imposta sul valore aggiunto per la determinazione della base imponibile, nonché per il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta, fermo restando che sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni. |
22 |
Queste due condizioni, che mirano ad evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli scambi, hanno, come risulta dalla formulazione letterale stessa dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118, carattere cumulativo (v. sentenza del 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail, C‑553/13, EU:C:2015:149, punto 36, e, per analogia, sentenza del 25 luglio 2018, Messer France, C‑103/17, EU:C:2018:587, punto 36). |
23 |
Per quanto attiene alla prima di dette condizioni, la sola affrontata dalla prima questione pregiudiziale, dalla giurisprudenza della Corte risulta che una finalità specifica ai sensi della disposizione di cui trattasi è una finalità che non sia puramente di bilancio (sentenza del 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail, C‑553/13, EU:C:2015:149, punto 37). |
24 |
Ciononostante, siccome qualsiasi imposta persegue necessariamente uno scopo di bilancio, la sola circostanza che un’imposta miri ad un obiettivo di bilancio non può, di per sé sola, salvo privare l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118 di qualsivoglia sostanza, essere sufficiente ad escludere che l’imposta in parola possa essere considerata come dotata parimenti di una finalità specifica ai sensi di tale disposizione (sentenza del 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail, C‑553/13, EU:C:2015:149, punto 38 e giurisprudenza citata). |
25 |
Così, per ritenere che persegua una finalità specifica ai sensi della disposizione di cui trattasi, un’imposta deve, di per se stessa, mirare a garantire la realizzazione della finalità specifica invocata, e deve quindi sussistere un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la finalità dell’imposizione in questione (v., in tal senso, sentenze del 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail, C‑553/13, EU:C:2015:149, punto 41, e del 25 luglio 2018, Messer France, C‑103/17, EU:C:2018:587, punto 38). |
26 |
Inoltre, sebbene la destinazione predeterminata del gettito tributario al finanziamento dell’esercizio, da parte delle autorità di uno Stato membro, di competenze loro trasferite possa costituire un elemento di cui tenere conto al fine di identificare la sussistenza di una finalità specifica, una siffatta destinazione, relativa ad una semplice modalità di organizzazione interna del bilancio di uno Stato membro, non può, in quanto tale, costituire una condizione sufficiente, poiché ogni Stato membro può decidere di imporre, a prescindere dalla finalità perseguita, la destinazione del gettito di un’imposta al finanziamento di determinate spese. In caso contrario, qualsiasi finalità potrebbe essere considerata come specifica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118, ciò che priverebbe l’accisa armonizzata istituita dalla menzionata direttiva di ogni effetto utile e si porrebbe in contrasto con il principio in base al quale una disposizione derogatoria quale detto articolo 1, paragrafo 2, deve essere oggetto di interpretazione restrittiva (sentenza del 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail, C‑553/13, EU:C:2015:149, punto 39 e giurisprudenza citata). |
27 |
Infine, in assenza di un siffatto meccanismo di destinazione predeterminata del gettito, un contributo che grava sui prodotti soggetti ad accisa può essere considerato perseguire una finalità specifica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118 soltanto qualora tale contributo sia concepito, quanto alla sua struttura, segnatamente riguardo alla materia imponibile o all’aliquota d’imposta, in modo tale da influenzare il comportamento dei contribuenti nel senso di consentire la realizzazione della finalità specifica invocata, ad esempio mediante una forte tassazione dei prodotti di cui trattasi al fine di scoraggiarne il consumo (sentenza del 5 marzo 2015, Statoil Fuel & Retail, C‑553/13, EU:C:2015:149, punto 42 e giurisprudenza citata). |
28 |
Quando la Corte è adita con rinvio pregiudiziale volto a stabilire se un’imposta istituita da uno Stato membro persegua una finalità specifica, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118, la sua funzione consiste nel chiarire al giudice nazionale i criteri la cui attuazione gli permetterà di stabilire se detta imposta persegua effettivamente una tale finalità, piuttosto che nel procedere essa stessa a tale valutazione, tanto più che essa non dispone necessariamente di tutti gli elementi indispensabili a tale riguardo (v., per analogia, sentenze del 7 novembre 2002, Lohmann e Medi Bayreuth, da C‑260/00 a C‑263/00, EU:C:2002:637, punto 26, nonché del 16 febbraio 2006, Proxxon, C‑500/04, EU:C:2006:111, punto 23). |
29 |
Nella specie, occorre osservare, in primo luogo, che, come emerge dalla giurisprudenza citata al punto 26 della presente ordinanza, sebbene la destinazione predeterminata del gettito della CSR al finanziamento, da parte del concessionario della rete stradale nazionale, delle competenze generali ad esso devolute possa costituire un elemento di cui tenere conto al fine di identificare la sussistenza di una finalità specifica, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118, una siffatta destinazione non può, in quanto tale, costituire una condizione sufficiente. |
30 |
In secondo luogo, per ritenere che persegua una finalità specifica, ai sensi di detta disposizione, la CSR dovrebbe, di per sé stessa, mirare a garantire gli obiettivi di riduzione dell’incidenza di sinistri e di sostenibilità ambientale assegnati al concessionario della rete stradale nazionale. Ciò si verificherebbe, segnatamente, se il gettito di detto contributo dovesse obbligatoriamente essere destinato alla riduzione dei costi sociali e ambientali legati in maniera specifica all’utilizzo di tale rete su cui il contributo di cui trattasi grava. In tale caso sussisterebbe un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la finalità dell’imposizione in questione (v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2014, Transportes Jordi Besora, C‑82/12, EU:C:2014:108, punto 30, e del 25 luglio 2018, Messer France, C‑103/17, EU:C:2018:587, punto 38). |
31 |
In terzo luogo, come emerge dal punto 14 della presente ordinanza, è sì vero che l’amministrazione tributaria afferma che esiste un legame tra l’uso delle entrate generate dalla CSR e la finalità specifica che ha portato all’istituzione di detto contributo, poiché il decreto legge che attribuisce la concessione della rete stradale nazionale alla IP impone a quest’ultima di operare a favore, da una parte, della riduzione dell’incidenza di sinistri su detta rete e, dall’altra, della sostenibilità ambientale. |
32 |
Tuttavia, come osservato al punto 15 della presente ordinanza, dalla decisione di rinvio emerge che il gettito del contributo oggetto del procedimento principale non è destinato unicamente al finanziamento di operazioni che dovrebbero contribuire alla realizzazione dei due obiettivi citati nel punto precedente della stessa ordinanza. Infatti, i proventi derivanti dalla CSR mirano, in termini più generali, a garantire il finanziamento dell’attività di concezione, progettazione, costruzione, conservazione, sfruttamento, riqualificazione ed espansione di detta rete. |
33 |
In quarto luogo, i due obiettivi assegnati al concessionario della rete stradale nazionale portoghese sono formulati in termini molto generici e non lasciano trasparire, a prima vista, una reale volontà di scoraggiare l’utilizzo di detta rete o dei principali combustibili stradali, quali la benzina, il diesel o il gas di petrolio liquefatto (GPL) per autotrazione. A questo proposito, è significativo che il giudice del rinvio metta in risalto, nella formulazione della prima questione pregiudiziale, che l’entrata generata dall’imposta è genericamente destinata al concessionario della rete stradale nazionale e che la struttura di detta imposta non indica alcuna intenzione di scoraggiare un qualche consumo di detti combustibili. |
34 |
In quinto luogo, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene alcun elemento che consenta di ritenere che la CSR, gravando sugli utenti della rete stradale nazionale, sia concepita, quanto alla sua struttura, in maniera tale da dissuadere i soggetti passivi dall’utilizzare detta rete o da incoraggiarli ad adottare una condotta avente un impatto meno nocivo per l’ambiente e idonea a ridurre gli incidenti. |
35 |
Pertanto, fatte salve le verifiche che competerà al giudice del rinvio compiere tenendo conto delle indicazioni presenti nei punti da 29 a 34 della presente ordinanza, i due obiettivi specifici invocati dall’amministrazione tributaria per dimostrare che la CSR persegue una finalità specifica ai sensi l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118, non possono essere distinti da una finalità puramente di bilancio (v., per analogia, sentenza del 27 febbraio, Transportes Jordi Besora, C‑82/12, EU:C:2014:108, punti da 31 a 35). |
36 |
Alla luce delle considerazioni che precedono occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118 deve essere interpretato nel senso che non persegue «finalità specifiche», ai sensi di tale disposizione, un’imposta la cui entrata è genericamente destinata a un’impresa pubblica concessionaria della rete stradale nazionale e la cui struttura non indica alcuna intenzione di scoraggiare il consumo dei principali combustibili stradali. |
Sulla seconda e sulla terza questione
37 |
Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare insieme, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta a che le autorità nazionali possano negare il rimborso di un’imposta indiretta in contrasto con la direttiva 2008/118 presumendo la traslazione di detta imposta su terzi e, di conseguenza, l’arricchimento senza causa del soggetto passivo. |
38 |
Come emerge da una giurisprudenza costante, il diritto di ottenere il rimborso delle imposte riscosse da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione, nell’interpretazione loro data dalla Corte. Lo Stato membro è quindi tenuto, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione, seguendo le modalità procedurali nazionali in conformità ai principi di equivalenza e di effettività (v. in tal senso, segnatamente, sentenze del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 12, e del 1o marzo 2018, Petrotel‑Lukoil e Georgescu, C‑76/17, EU:C:2018:139, punto 32). |
39 |
L’obbligo di rimborsare le imposte riscosse da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione conosce una sola eccezione. Infatti, a pena di comportare un arricchimento senza causa degli aventi diritto, la tutela dei diritti garantiti in questa materia dall’ordinamento giuridico dell’Unione esclude, in linea di principio, il rimborso di dazi, imposte e tasse riscossi in violazione del diritto dell’Unione quando sia appurato che la persona tenuta al loro pagamento li ha di fatto riversati su altri soggetti (v., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punto 21, e del 1o marzo 2018, Petrotel‑Lukoil e Georgescu, C‑76/17, EU:C:2018:139, punto 33). |
40 |
Grava quindi sulle autorità e sui giudici nazionali l’onere di garantire il rispetto del principio del divieto di arricchimento senza causa anche nel silenzio del diritto nazionale. |
41 |
In condizioni come quelle menzionate nel punto 39 della presente ordinanza, l’onere dell’imposta indebitamente riscossa grava non sull’operatore soggetto passivo, ma sull’acquirente sul quale l’onere è traslato. Pertanto, il rimborso all’operatore dell’importo del tributo che questi ha già percepito dall’acquirente equivarrebbe, per detto operatore, a un doppio introito qualificabile come arricchimento senza causa, mentre resterebbero immutate le conseguenze che derivano all’acquirente dall’illegittimità del tributo (v., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punto 22, e del 1o marzo 2018, Petrotel‑Lukoil e Georgescu, C‑76/17, EU:C:2018:139, punto 34). |
42 |
Pertanto, uno Stato membro può opporsi al rimborso di un tributo indebitamente riscosso con riguardo al diritto dell’Unione soltanto se è provato dalle autorità nazionali che l’intero onere dell’imposta è stato sostenuto da una persona diversa dal soggetto passivo e che il rimborso dell’imposta comporterebbe, per quest’ultimo, un arricchimento senza causa. Ne consegue che, se soltanto una parte dell’imposta è stata ripercossa, le autorità nazionali sono tenute unicamente a rimborsare l’importo non ripercosso (v. in tal senso, segnatamente, sentenze del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 13; del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punti 27 e 28, e del 2 ottobre 2003, Weber’s Wine World e a., C‑147/01, EU:C:2003:533, punto 94). |
43 |
Dal momento che tale eccezione al principio del rimborso delle imposte incompatibili con il diritto dell’Unione costituisce una restrizione apportata a un diritto soggettivo basato sull’ordinamento giuridico dell’Unione, occorre interpretarla restrittivamente, tenendo conto in particolare del fatto che la traslazione di un’imposta sul consumatore non neutralizza necessariamente gli effetti economici del tributo sul soggetto passivo (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Weber’s Wine World e a., C‑147/01, EU:C:2003:533, punto 95, e del 1o marzo 2018, Petrotel‑Lukoil e Georgescu, C‑76/17, EU:C:2018:139, punto 35). |
44 |
Infatti, anche se, nella normativa nazionale, le imposte indirette sono concepite per essere ripercosse sul consumatore finale e, di regola, nell’attività commerciale tali imposte indirette sono parzialmente o totalmente ripercosse, non si può affermare in generale che in tutti i casi l’imposta sia effettivamente ripercossa. La traslazione effettiva, parziale o totale, dipende da vari fattori che accompagnano ciascuna operazione commerciale e la differenziano da altri casi situati in altri contesti. Di conseguenza, la questione della traslazione o della non traslazione in ciascun caso di un’imposta indiretta costituisce una questione di fatto che rientra nella competenza del giudice nazionale, dal momento che quest’ultimo valuta liberamente gli elementi di prova sottoposti al suo esame (v., in tal senso, sentenze del 25 febbraio 1988, Les Fils de Jules Bianco e Girard, 331/85, 376/85 e 378/85, EU:C:1988:97, punto 17, e del 2 ottobre 2003, Weber’s Wine World e a., C‑147/01, EU:C:2003:533, punto 96). |
45 |
Non si può ammettere, però, che, nel caso delle imposte dirette, esista una presunzione secondo cui vi è stata traslazione e che spetti al soggetto passivo fornire la prova negativa del contrario. Altrettanto deve dirsi quando il soggetto passivo è stato obbligato dalla normativa nazionale pertinente ad incorporare il tributo nel prezzo di costo del prodotto considerato. Infatti, un siffatto obbligo legale non consente di presumere che l’onere del tributo sia stato interamente traslato, nemmeno nell’ipotesi in cui la violazione di un obbligo siffatto comporterebbe una sanzione (sentenza del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punti 25 e 26). |
46 |
Il diritto dell’Unione esclude così l’applicazione di qualsiasi presunzione o principio in materia di prova volti a far gravare sull’operatore interessato l’onere di dimostrare che i tributi indebitamente pagati non sono stati trasferiti su altri soggetti e diretti a impedirgli di fornire elementi probatori per contestare il presunto trasferimento del tributo (sentenza del 21 settembre 2000, Michaïlidis, C‑441/98 e C 442/98, EU:C:2000:479, punto 42). |
47 |
Inoltre, anche quando è provato che l’onere del tributo indebitamente riscosso è stato riversato su terzi, il rimborso all’operatore del relativo importo non gli procura necessariamente un arricchimento senza causa, giacché l’incorporazione dell’importo del tributo nei prezzi praticati può avergli arrecato un danno per diminuzione del volume delle sue vendite (v., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punti da 29 a 32, e del 6 settembre 2011, Lady & Kid e a., C‑398/09, EU:C:2011:540, punto 21). |
48 |
Tanto premesso, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso osta a che le autorità nazionali possano motivare il loro diniego di rimborso di un’imposta indiretta in contrasto con la direttiva 2008/118 presumendo la traslazione di detta imposta su terzi e, di conseguenza, l’arricchimento senza causa del soggetto passivo. |
Sulle spese
49 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il portoghese.