SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

20 ottobre 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2011/7/UE – Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali – Recupero, nei confronti di una pubblica amministrazione, di crediti ceduti da talune imprese a una società di recupero crediti – Risarcimento per le spese di recupero sostenute dal creditore in caso di ritardo di pagamento del debitore – Articolo 6 – Importo forfettario minimo pari a EUR 40 – Transazioni fra imprese e pubbliche amministrazioni – Articolo 4 – Procedura di certificazione della conformità delle merci o dei servizi – Termine di pagamento – Articolo 2, punto 8 – Nozione di “importo dovuto” – Presa in considerazione dell’imposta sul valore aggiunto ai fini del calcolo degli interessi di mora»

Nella causa C‑585/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Contencioso-Administrativo no 2 de Valladolid (Tribunale amministrativo n. 2 di Valladolid, Spagna), con decisione del 22 settembre 2020, pervenuta in cancelleria il 5 novembre 2020, nel procedimento

BFF Finance Iberia SAU

contro

Gerencia Regional de Salud de la Junta de Castilla y León,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, M. Safjan, N. Piçarra (relatore), N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Gerencia Regional de Salud de la Junta de Castilla y León, da D. Vélez Berzosa e L. Vidueira Pérez, in qualità di agenti;

per il governo spagnolo, da S. Jiménez García e M.J. Ruiz Sánchez, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da G. Gattinara, M. Jáuregui Gómez e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 aprile 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’articolo 6 e dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU 2011, L 48, pag. 1).

2

Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la BFF Finance Iberia SAU (in prosieguo: la «BFF») e la Gerencia Regional de Salud de la Junta de Castilla y León (amministrazione sanitaria regionale di Castiglia e León, Spagna) (in prosieguo: l’«amministrazione regionale») in merito al recupero da parte della BFF, presso tale amministrazione, dei crediti corrispondenti agli importi dovuti a titolo di corrispettivo delle forniture di merci e delle prestazioni di servizi effettuate da 21 società a centri medici dipendenti da detta amministrazione.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 2011/7

3

I considerando 3, 9, da 17 a 19, 23 e 26 della direttiva 2011/7 enunciano quanto segue:

«(3)

Nelle transazioni commerciali tra operatori economici o tra operatori economici e amministrazioni pubbliche molti pagamenti sono effettuati più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle condizioni generali che regolano gli scambi. Sebbene le merci siano fornite e i servizi prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine stabilito. Tali ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese. Essi compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. (...)

(...)

(9)

La presente direttiva dovrebbe disciplinare tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che siano effettuate tra imprese pubbliche o private ovvero tra imprese e amministrazioni pubbliche, dato che alle amministrazioni pubbliche fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese. (...)

(...)

(17)

Ai fini del diritto a interessi di mora, dovrebbe essere considerato tardivo il pagamento di un debitore qualora il creditore non possa disporre della somma a lui dovuta alla data di scadenza, a condizione che egli abbia adempiuto ai suoi obblighi legali e contrattuali.

(18)

Le fatture determinano richieste di pagamento e costituiscono documenti importanti nella catena delle transazioni per la fornitura di beni e servizi, tra l’altro ai fini della determinazione dei termini di pagamento. (...)

(19)

Un risarcimento equo dei creditori, relativo ai costi di recupero sostenuti a causa del ritardo di pagamento, serve a disincentivare i ritardi di pagamento. Tra i costi di recupero dovrebbero essere inclusi anche i costi amministrativi e i costi interni causati dal ritardo di pagamento, per i quali la presente direttiva dovrebbe determinare un importo minimo forfettario che possa cumularsi agli interessi di mora. Il risarcimento sotto forma di importo forfettario dovrebbe mirare a limitare i costi amministrativi e i costi interni legati al recupero. (...)

(...)

(23)

Di regola, le pubbliche amministrazioni godono di flussi di entrate più certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese. Molte pubbliche amministrazioni possono inoltre ottenere finanziamenti a condizioni più interessanti rispetto alle imprese. Allo stesso tempo, per raggiungere i loro obiettivi, le pubbliche amministrazioni dipendono meno delle imprese dall’instaurazione di relazioni commerciali stabili. Lunghi periodi di pagamento e ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni per merci e servizi determinano costi ingiustificati per le imprese. Di conseguenza per le transazioni commerciali relative alla fornitura di merci o servizi da parte di imprese alle pubbliche amministrazioni è opportuno introdurre norme specifiche che prevedano, in particolare, periodi di pagamento di norma non superiori a trenta giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò sia obiettivamente giustificato alla luce della particolare natura o delle caratteristiche del contratto, e in ogni caso non superiori a sessanta giorni di calendario.

(...)

(26)

Al fine di non compromettere il conseguimento dell’obiettivo della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire che nelle transazioni commerciali la durata massima di una procedura di accettazione o di verifica non ecceda, di norma, trenta giorni di calendario. Tuttavia, dovrebbe essere previsto che una procedura di verifica possa superare trenta giorni di calendario, ad esempio nel caso di contratti particolarmente complessi, se espressamente previsto nel contratto e nella documentazione di gara e se ciò non risulti gravemente iniquo per il creditore».

4

L’articolo 1 di tale direttiva, rubricato «Oggetto e ambito d’applicazione», ai paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:

«1.   Lo scopo della presente direttiva è di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle [piccole e medie imprese (PMI)].

2.   La presente direttiva si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale».

5

Ai sensi dell’articolo 2, punti 1, 2, 4 e 8, della suddetta direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

1)

“transazioni commerciali”: transazioni tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo;

2)

“pubblica amministrazione”; qualsiasi amministrazione aggiudicatrice quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/17/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, GU 2004, L 134, pag. 1] e all’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, GU 2004, L 134, pag. 114], indipendentemente dall’oggetto o dal valore dell’appalto;

(...)

4)

“ritardo di pagamento”: pagamento non effettuato durante il periodo di pagamento contrattuale o legale e in relazione al quale le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, o all’articolo 4, paragrafo 1, sono soddisfatte;

(...)

8)

“importo dovuto”: la somma principale che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento».

6

L’articolo 4 della direttiva 2011/7, rubricato «Transazioni fra imprese e pubbliche amministrazioni», è così formulato:

«1.   Gli Stati membri assicurano che, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è la pubblica amministrazione, alla scadenza del periodo di cui al paragrafo 3, 4 o 6 il creditore abbia diritto agli interessi legali di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a)

il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge; e

b)

il creditore non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore.

(...)

3.   Gli Stati membri assicurano che nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione:

a)

il periodo di pagamento non superi uno dei termini seguenti:

(...)

iv)

se la legge o il contratto prevedono una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto e se il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data dell’accettazione o della verifica, trenta giorni di calendario da quella data;

(...)

4.   Gli Stati membri possono prorogare i termini di cui al paragrafo 3, lettera a), fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario per:

a)

qualsiasi amministrazione pubblica che svolga attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato e che sia soggetta, come impresa pubblica, ai requisiti di trasparenza di cui alla direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese [(GU 2006, L 318, pag. 17)];

b)

enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine.

Ove uno Stato membro decida di prorogare i termini a norma del presente paragrafo, trasmette alla Commissione una relazione su tale proroga entro il 16 marzo 2018.

(...)

5.   Gli Stati membri assicurano che la durata massima della procedura di accettazione o di verifica di cui al paragrafo 3, lettera a), punto iv), non superi trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7.

6.   Gli Stati membri assicurano che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi il termine di cui al paragrafo 3, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche, e non superi comunque sessanta giorni di calendario».

7

L’articolo 6 della direttiva 2011/7, rubricato «Risarcimento delle spese di recupero», così dispone:

«1.   Gli Stati membri assicurano che, ove gli interessi di mora diventino esigibili in transazioni commerciali in conformità dell’articolo 3 o 4, il creditore abbia il diritto di ottenere dal debitore, come minimo, un importo forfettario di 40 EUR.

2.   Gli Stati membri assicurano che l’importo forfettario di cui al paragrafo 1 sia esigibile senza che sia necessario un sollecito e quale risarcimento dei costi di recupero sostenuti dal creditore.

3.   Il creditore, oltre all’importo forfettario di cui al paragrafo 1, ha il diritto di esigere dal debitore un risarcimento ragionevole per ogni costo di recupero che ecceda tale importo forfettario sostenuto a causa del ritardo di pagamento del debitore. Ciò potrebbe comprendere anche le spese che il creditore ha sostenuto per aver affidato un incarico a un avvocato o a una società di recupero crediti».

8

L’articolo 7 di tale direttiva, intitolato «Clausole contrattuali e prassi inique», ai suoi paragrafi 1 e 3 enuncia quanto segue:

«1.   (...)

Per determinare se una clausola contrattuale o una prassi sia gravemente iniqua per il creditore, ai sensi del primo comma, si tiene conto di tutte le circostanze del caso, tra cui:

(...)

c)

se il debitore abbia qualche motivo oggettivo per derogare (...) all’importo forfettario di cui all’articolo 6, paragrafo 1.

(...)

3.   Ai fini del paragrafo 1, si presume che una clausola contrattuale o una prassi che escluda il risarcimento per i costi di recupero di cui all’articolo 6 sia gravemente iniqua».

Direttiva 2006/112/CE

9

L’articolo 220 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), prevede quanto segue:

«Ogni soggetto passivo assicura che sia emessa una fattura, da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, nei casi seguenti:

1)

per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi che effettua nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo;

(...)».

10

L’articolo 226 di tale direttiva, è così formulato:

«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

(...)

10)

l’importo dell’IVA da pagare, tranne in caso di applicazione di un regime speciale per il quale la presente direttiva escluda tale indicazione;

(...)».

Diritto spagnolo

11

L’articolo 8, paragrafo 1, della Ley 3/2004, por la que se establecen medidas de lucha contra la morosidad en las operaciones comerciales (legge n. 3/2004 recante misure per la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), del 29 dicembre 2004 (BOE n. 314, del 30 dicembre 2004, pag. 42334), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge 3/2004»), così dispone:

«In caso di ritardo nell’adempimento della prestazione da parte del debitore, il creditore ha il diritto di ottenere dal medesimo un importo forfettario pari a EUR 40, che si somma in ogni caso e senza necessità di esplicita richiesta al debito principale.

Inoltre, il creditore ha diritto ad esigere dal debitore un risarcimento per tutti i costi di recupero debitamente comprovati che abbia sostenuto a causa della mora di quest’ultimo e che eccedano l’importo indicato al comma precedente».

12

L’articolo 198, paragrafo 4, della Ley 9/2017, de Contratos del Sector Público, por la que se transponen al ordenamiento jurídico español las Directivas del Parlamento Europeo y del Consejo 2014/23/UE y 2014/24/UE, de 26 de febrero de 2014 (legge 9/2017 sugli appalti pubblici, che recepisce nell’ordinamento giuridico spagnolo le direttive 2014/23/UE e 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014), dell’8 novembre 2017 (BOE n. 272, del 9 novembre 2017, pag. 107714; in prosieguo: la «legge 9/2017»), così prevede:

«L’amministrazione è tenuta al pagamento del prezzo entro 30 giorni dalla data di accettazione dello stato di avanzamento o dei documenti attestanti la conformità al contratto dei beni ceduti o delle prestazioni fornite, fatte salve le disposizioni dell’articolo 210, paragrafo 4, e in caso di ritardo, essa è tenuta a versare al contraente, alla scadenza del suddetto termine di 30 giorni, gli interessi di mora e il risarcimento per i costi di recupero, nei termini previsti dalla legge 3/2004 (...). Affinché gli interessi inizino a maturare, il contraente deve aver adempiuto l’obbligo di presentare la fattura nel registro amministrativo corrispondente, nei termini stabiliti dalla normativa in vigore in materia di fatturazione elettronica, nelle forme ed entro il termine impartito di 30 giorni dalla data della cessione effettiva dei beni o della prestazione del servizio.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13

La BFF, società di diritto spagnolo che esercita la propria attività nel settore del recupero crediti, ha acquistato i crediti vantati da 21 imprese come corrispettivo per la fornitura, tra il 2014 e il 2017, di beni e servizi a centri medici dipendenti dall’amministrazione regionale.

14

Il 31 maggio 2019, la BFF ha chiesto a tale amministrazione il pagamento delle somme corrispondenti all’importo principale, maggiorato degli interessi di mora, nonché un importo di EUR 40, a titolo di spese di recupero, per ciascuna delle fatture non pagate, ai sensi dell’articolo 8 della legge 3/2004.

15

Poiché la suddetta amministrazione non ha ottemperato a tale domanda, la BFF ha proposto prima un ricorso amministrativo dinanzi all’amministrazione regionale e poi un ricorso giurisdizionale dinanzi al Juzgado de lo Contencioso-Administrativo no 2 de Valladolid (Tribunale amministrativo n. 2 di Valladolid, Spagna), giudice del rinvio, chiedendo la condanna di tale amministrazione a versarle, in particolare, un importo principale di EUR 51610,67, maggiorato degli interessi di mora, un importo di EUR 40 a titolo di spese di recupero per ciascuna delle fatture non pagate e un importo di EUR 43626,79 a titolo di interessi legali.

16

Innanzitutto, il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2011/7 al fine di determinare, qualora sia presentata una domanda che ingloba un insieme di fatture non pagate alla scadenza, se l’importo forfettario di EUR 40 previsto da tale disposizione debba essere versato per ciascuna fattura o per ciascuna domanda.

17

Inoltre, tale giudice si interroga sulla conformità alla direttiva 2011/7 di una norma di diritto nazionale che prevede, in tutti i casi e per tutti i tipi di contratto, un periodo di pagamento di 60 giorni, composto da un periodo iniziale di 30 giorni per l’accettazione delle merci e dei servizi la cui fornitura o prestazione costituisce oggetto di tali contratti, e da un ulteriore periodo di 30 giorni per il pagamento.

18

Infine, il giudice del rinvio ritiene necessario stabilire se l’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/7 consenta di prendere in considerazione, ai fini del calcolo degli interessi di mora, l’importo dell’IVA indicato sulla fattura non pagata alla scadenza dal debitore, anche quando, alla data in cui si verifica tale ritardo, il creditore soggetto passivo non ha ancora versato tale importo all’Erario.

19

In tale contesto, il Juzgado de lo Contencioso-Administrativo no 2 de Valladolid (Tribunale amministrativo n. 2 di Valladolid) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Tenuto conto delle disposizioni degli articoli 4, paragrafo 1, 6 e 7, paragrafi 2 e 3, della [direttiva 2011/7]:

1)   se l’articolo 6 della direttiva debba essere interpretato nel senso che, in ogni caso, l’importo di EUR 40 è dovuto per ciascuna fattura, purché la parte creditrice abbia individuato le fatture nelle proprie domande in via amministrativa e contenzioso-amministrativa, oppure tale somma sia dovuta per ciascuna fattura in ogni caso, anche qualora siano state presentate domande congiunte e generiche.

2)   Come debba essere interpretato l’articolo 198, paragrafo 4, della legge 9/2017, che stabilisce un periodo di pagamento di 60 giorni in ogni caso e per tutti i contratti, prevedendo un periodo iniziale di 30 giorni per l’approvazione e un ulteriore periodo di 30 giorni per il pagamento, [alla luce del considerando 23 della direttiva 2011/7] (...).

3)   Come debba essere interpretato l’articolo 2 della direttiva. Se l’interpretazione d[i detta] direttiva consenta di ritenere che, nella base di calcolo degli interessi di mora che la medesima direttiva riconosce, sia compresa l’IVA dovuta sulla prestazione effettuata e il cui importo è incluso nella fattura, oppure si debba distinguere e determinare il momento in cui il fornitore effettua il versamento dell’imposta all’Amministrazione finanziaria».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

20

In via preliminare, occorre stabilire se una situazione in cui una società di recupero crediti, dopo il riscatto di crediti non pagati alla scadenza da parte di un’amministrazione pubblica alle imprese cedenti, chieda a tale amministrazione, in via giudiziaria, il pagamento di tali crediti, rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2011/7.

21

A tale proposito, occorre ricordare, da un lato, che la direttiva 2011/7, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 2, si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una «transazione commerciale» e, dall’altro lato, che tale nozione è definita in modo molto ampio all’articolo 2, punto 1, di tale direttiva come «transazioni tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo».

22

Per poter essere qualificata come «transazione commerciale» ai sensi di quest’ultima disposizione, una transazione deve, quindi, soddisfare due condizioni. Essa deve, da un lato, essere effettuata tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni. D’altro lato, essa deve comportare la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo (sentenza del 13 gennaio 2022, New Media Development & Hotel Services, C‑327/20, EU:C:2022:23, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

23

Nel caso di specie, è pacifico che i crediti reclamati riguardano compensi non pagati alla scadenza dall’amministrazione regionale, una «pubblica amministrazione» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/7, quale corrispettivo della fornitura di merci e di servizi da parte delle imprese cedenti e, pertanto, riguardano «transazioni commerciali», ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di tale direttiva.

24

La cessione di tali crediti e di tutti i diritti ad essi connessi a una società di recupero crediti – alla quale, come espressamente previsto dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2011/7, un creditore può ricorrere, a seguito di un ritardo di pagamento del debitore – si inserisce, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 16 delle sue conclusioni, nel solco delle transazioni commerciali iniziali.

25

Pertanto, una situazione come quella di cui al procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 2011/7.

Sulla prima questione

26

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6 della direttiva 2011/7 debba essere interpretato nel senso che l’importo forfettario minimo di EUR 40, a titolo di risarcimento del creditore per i costi di recupero sostenuti a causa di un ritardo di pagamento del debitore, sia dovuto per ogni transazione commerciale non pagata alla scadenza e attestata in una fattura, anche qualora tale fattura sia oggetto, insieme ad altre fatture, di un’unica domanda in via amministrativa o giudiziale, e se, in tale ipotesi, il creditore sia tenuto a presentare la fattura corrispondente a ciascuna transazione commerciale non pagata.

27

A tale riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2011/7 impone agli Stati membri di assicurare che, ove gli interessi di mora diventino esigibili in transazioni commerciali, il creditore abbia il diritto di ottenere dal debitore, come minimo, un importo forfettario di EUR 40, quale risarcimento per i costi di recupero. Inoltre, il paragrafo 2 di tale articolo 6 impone agli Stati membri di provvedere affinché tale importo forfettario minimo sia esigibile automaticamente, anche senza un sollecito al debitore, e che tale importo sia inteso a risarcire il creditore per i costi di recupero sostenuti. Inoltre, il paragrafo 3 di detto articolo 6 riconosce al creditore il diritto di esigere dal debitore, oltre all’importo forfettario minimo di EUR 40, un risarcimento ragionevole per ogni costo di recupero che ecceda tale importo forfettario sostenuto a causa del ritardo di pagamento del debitore.

28

La nozione di «ritardo di pagamento» di cui all’articolo 6, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2011/7, quale fondamento del diritto non solo agli interessi, ma anche a un importo forfettario minimo di EUR 40, è definita all’articolo 2, punto 4, di tale direttiva come qualsiasi pagamento non effettuato durante il periodo di pagamento contrattuale o legale. Orbene, poiché tale direttiva comprende, conformemente al suo articolo 1, paragrafo 2, «ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale», tale nozione di «ritardo di pagamento» è applicabile, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, a ciascuna transazione commerciale considerata singolarmente.

29

La direttiva 2011/7 stabilisce quindi un nesso tra l’importo forfettario minimo previsto all’articolo 6, paragrafo 1, e ogni transazione commerciale non pagata alla scadenza, attestata in una fattura o in una richiesta equivalente di pagamento. Infatti, come enunciato dal considerando 18 di tale direttiva, le fatture determinano richieste di pagamento e costituiscono pertanto documenti importanti nella catena delle transazioni commerciali, tra l’altro ai fini della determinazione dei termini di pagamento.

30

In secondo luogo, occorre sottolineare che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2011/7 definisce le condizioni di esigibilità dell’importo forfettario minimo di EUR 40 rinviando, per quanto riguarda le transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni, alle condizioni di esigibilità degli interessi di mora, definite all’articolo 4 di tale direttiva.

31

Ai sensi del paragrafo 1 di detto articolo 4, gli Stati membri assicurano che, in tali transazioni commerciali, un creditore che ha adempiuto ai suoi obblighi e che non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto, ha il diritto di ottenere, alla scadenza del termine di cui ai paragrafi 3, 4 e 6 di detto articolo, gli interessi legali di mora, senza che sia necessario un sollecito, salvo nel caso in cui il ritardo non sia imputabile al debitore (sentenza del 16 febbraio 2017, IOS Finance EFC, C‑555/14, EU:C:2017:121, punto 27).

32

Da tali elementi risulta, da un lato, che il diritto di chiedere interessi legali di mora e il diritto all’importo minimo forfettario di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2011/7, sorgono a causa di un «ritardo di pagamento», ai sensi dell’articolo 2, numero 4, di tale direttiva, e sono quindi collegati a «transazioni commerciali» considerate individualmente. Dall’altro lato, detti interessi legali, al pari di tale importo forfettario, divengono automaticamente esigibili alla scadenza del termine di pagamento previsto ai paragrafi 3, 4 e 6 del medesimo articolo 4 della direttiva 2011/7, purché le condizioni di cui al paragrafo 1 dello stesso siano soddisfatte. Il considerando 17 di tale direttiva enuncia, a tale riguardo, che «[d]ovrebbe essere considerato tardivo il pagamento di un debitore qualora il creditore non possa disporre della somma a lui dovuta alla data di scadenza, a condizione che egli abbia adempiuto ai suoi obblighi legali e contrattuali».

33

Orbene, nulla, nella formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2011/7 indica che la scelta del creditore di presentare ad uno stesso debitore una sola domanda comprendente più fatture non pagate alla scadenza possa modificare le condizioni di esigibilità degli interessi legali di mora previsti in tale disposizione o le condizioni di esigibilità dell’importo forfettario minimo di EUR 40 previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva. Al contrario, il fatto che detti interessi legali e tale importo forfettario siano esigibili automaticamente, «senza che sia necessario un sollecito», presuppone che le scelte del creditore per quanto riguarda le modalità di recupero dei crediti insoluti siano irrilevanti ai fini dell’esigibilità sia dei suddetti interessi legali sia di detto importo forfettario.

34

Pertanto, da un’interpretazione letterale e contestuale di tale disposizione risulta che l’importo forfettario minimo di EUR 40, a titolo di risarcimento per i costi di recupero, è dovuto al creditore che abbia adempiuto i propri obblighi per ogni pagamento non effettuato alla scadenza a titolo di corrispettivo di una transazione commerciale, attestato in una fattura o in una richiesta equivalente di pagamento, e il ritardo è imputabile al debitore.

35

In terzo luogo, tale interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2011/7 è confermata dalla finalità di quest’ultima. Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, letto alla luce del considerando 3, tale direttiva mira a lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, poiché tali ritardi influiscono negativamente sulla liquidità delle imprese, nonché sulla loro competitività e redditività.

36

Pertanto, la direttiva 2011/7 mira non solo a disincentivare i ritardi di pagamento, evitando che essi siano finanziariamente interessanti per il debitore, a causa del debole livello o della mancanza di interessi fatturati in una situazione del genere, ma anche a proteggere efficacemente il creditore da tali ritardi, garantendogli un risarcimento il più completo possibile delle spese di recupero da lui sostenute (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Česká pojišťovna, C‑287/17, EU:C:2018:707, punti 2526 e giurisprudenza ivi citata). Il considerando 19 di tale direttiva enuncia che i costi di recupero dovrebbero includere anche i costi amministrativi e i costi interni causati dal ritardo di pagamento e che il risarcimento forfettario dovrebbe mirare a limitare i costi amministrativi e i costi interni legati al recupero.

37

Sotto tale profilo, la presentazione di una richiesta di pagamento unico riguardante varie operazioni commerciali non pagate alla scadenza, debitamente attestate da fatture o richieste equivalenti di pagamento, non può avere l’effetto di ridurre l’importo minimo forfettario dovuto a titolo di risarcimento delle spese di recupero per ciascun ritardo di pagamento. Una siffatta riduzione equivarrebbe, innanzitutto, a privare di effetto utile l’articolo 6 di tale direttiva, il cui obiettivo, come sottolineato al punto precedente, è non solo quello di disincentivare tali ritardi di pagamento, ma anche di indennizzare i «costi di recupero sostenuti dal creditore», costi che tendono ad aumentare in proporzione al numero di pagamenti e agli importi che il debitore non versa alla scadenza. Una tale riduzione significherebbe, inoltre, concedere al debitore una deroga al diritto all’importo forfettario di cui all’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva, senza alcun «motivo oggettivo» a tal fine, in violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, lettera c), della medesima direttiva. Detta riduzione equivarrebbe, infine, a dispensare il debitore da una parte dell’onere finanziario derivante dal suo obbligo di versare, per ogni fattura non pagata alla scadenza, l’importo forfettario di EUR 40, previsto da tale articolo 6, paragrafo 1.

38

Tale interpretazione non è rimessa in discussione dall’argomento del governo spagnolo secondo cui, poiché il risarcimento previsto all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2011/7 deve essere «ragionevole», il creditore non può avvalersi di tale articolo per chiedere un importo forfettario minimo di EUR 40 per ciascuna fattura inclusa in un’unica domanda, poiché ciò equivarrebbe a concedergli un risarcimento ripetuto ed eccessivo delle spese connesse a tale domanda.

39

Infatti, il diritto a un risarcimento «ragionevole» di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2011/7 «per ogni costo di recupero che ecceda tale importo forfettario sostenuto a causa del ritardo di pagamento del debitore» riguarda i costi di recupero, qualunque essi siano, che superino l’importo minimo di EUR 40 al quale il creditore ha diritto, in modo automatico, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, quando gli interessi di mora sono esigibili per una transazione commerciale, conformemente all’articolo 3 o all’articolo 4 di detta direttiva. Un tale risarcimento non può pertanto comprendere né la parte di tali costi già coperta dall’importo forfettario di EUR 40 né costi che appaiano eccessivi tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Česká pojišťovna, C‑287/17, EU:C:2018:707, punti 2230).

40

Pertanto, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2011/7 non può essere invocato per limitare il diritto del creditore a ricevere l’importo forfettario previsto all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva. Per contro, è possibile prendere in considerazione, nei limiti indicati al punto precedente, il fatto che i corrispettivi per transazioni commerciali che tale debitore non gli ha pagato alla scadenza hanno dato luogo a un’unica domanda, al fine di valutare la ragionevolezza del risarcimento delle altre spese di recupero sostenute a seguito del ritardo di pagamento del debitore.

41

In tali circostanze, l’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 2011/7 nel senso che l’importo forfettario minimo è dovuto per ogni operazione commerciale non pagata alla scadenza, attestata in una fattura, qualora quest’ultima sia oggetto, congiuntamente ad altre fatture, di un’unica domanda in via amministrativa o giudiziale, non equivale ad imporre una penalità al debitore. Una tale domanda deve, tuttavia, consentire di documentare la corrispondenza tra ciascuna delle fatture che essa comprende e le transazioni commerciali non pagate di cui trattasi.

42

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6 della direttiva 2011/7 deve essere interpretato nel senso che l’importo forfettario minimo di EUR 40, a titolo di risarcimento del creditore per i costi di recupero sostenuti a causa di un ritardo di pagamento del debitore, è dovuto per ogni transazione commerciale, non pagata alla scadenza, attestata in una fattura, anche qualora tale fattura sia inclusa, insieme ad altre fatture, in un’unica domanda in via amministrativa o giudiziale.

Sulla seconda questione

43

Tenuto conto del fatto che, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, non spetta alla Corte interpretare disposizioni legislative o regolamentari nazionali (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, Prokuratura Rejonowa w Słupsku, C‑634/18, EU:C:2020:455, punto 18 e giurisprudenza ivi citata), occorre comprendere la seconda questione come intesa, in sostanza, a determinare se l’articolo 4, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2011/7 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede, in generale, per tutte le transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni un termine di pagamento di una durata massima di 60 giorni di calendario, composto da un termine iniziale di 30 giorni per la procedura di accettazione o di verifica della conformità al contratto dei beni consegnati o delle prestazioni fornite, e da un ulteriore termine di 30 giorni per il pagamento del prezzo convenuto.

44

A tale riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che l’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2011/7 impone agli Stati membri di assicurare che, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, il periodo di pagamento non superi i 30 giorni di calendario a decorrere dal verificarsi delle circostanze di fatto elencate, in particolare, al punto iv).

45

In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), iv), della direttiva 2011/7, «se la legge o il contratto prevedono una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto e se il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data dell’accettazione o della verifica», il termine massimo di pagamento di 30 giorni di calendario è calcolato a decorrere dalla data di accettazione o verifica.

46

L’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2011/7, in combinato disposto con il considerando 26 della medesima, impone agli Stati membri di assicurare che la durata massima della procedura di accettazione o di verifica di cui al paragrafo 3, lettera a), iv), del medesimo articolo non superi i 30 giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, se non diversamente concordato nel contratto e nella documentazione di gara, e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2011/7.

47

Risulta, quindi, dal combinato disposto di tali disposizioni che, da un lato, la direttiva 2011/7 non concepisce la procedura di accettazione o di verifica come inerente alle transazioni commerciali tra le pubbliche amministrazioni e le imprese. Dall’altro lato, se «la legge o il contratto prevedono» tale procedura, il suo termine massimo è di 30 giorni di calendario, termine che può essere superato solo in via eccezionale, alle condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 5, di tale direttiva.

48

In terzo luogo, dall’articolo 4, paragrafo 6, della direttiva 2011/7, letto alla luce del considerando 23 di quest’ultima, risulta che, affinché il termine generale di pagamento di 30 giorni possa essere prorogato, una simile proroga deve essere espressamente prevista nel contratto e deve essere oggettivamente giustificata dalla natura particolare del contratto di cui trattasi o da talune sue caratteristiche. Un termine prorogato in tal senso non può in nessun caso eccedere 60 giorni di calendario.

49

Peraltro, quando una pubblica amministrazione esercita attività economiche a carattere industriale o commerciale consistenti nell’offrire merci e servizi, o fornisce assistenza sanitaria, gli Stati membri hanno la facoltà, conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettere a) e b), di tale direttiva, di prorogare il termine di pagamento fino ad un massimo di 60 giorni di calendario.

50

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, dall’articolo 4, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2011/7 risulta quindi che l’applicazione, alle transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni, di un periodo di pagamento di una durata superiore a 30 giorni di calendario, fino a un massimo di 60 giorni di calendario, è eccezionale e deve essere limitata a talune ipotesi ben definite, tra cui in particolare quelle espressamente previste all’articolo 4, paragrafo 4, primo comma, lettere a) e b) [v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2020, Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C‑122/18, EU:C:2020:41, punto 44].

51

Tale interpretazione letterale e contestuale dell’articolo 4 della direttiva 2011/7 è confermata dagli obiettivi perseguiti da tale direttiva, in particolare quello di imporre agli Stati membri obblighi rafforzati per le pubbliche amministrazioni per quanto riguarda le loro transazioni con le imprese. Infatti, come risulta da una lettura congiunta dei considerando 3, 9 e 23 della direttiva suddetta, tali pubbliche amministrazioni, alle quali fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese, godono di flussi di entrate più certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese, possono ottenere finanziamenti a condizioni più interessanti rispetto a queste ultime e, per raggiungere i loro obiettivi, dipendono meno delle imprese dall’instaurazione di relazioni commerciali stabili. Peraltro, lunghi termini di pagamento a favore di tali amministrazioni, al pari dei ritardi di pagamento, comportano costi ingiustificati per tali imprese, aggravando i loro problemi di liquidità e rendendo più complessa la loro gestione finanziaria, oltre al fatto che essi sono anche pregiudizievoli per la competitività e la redditività di dette imprese, dal momento che queste ultime devono ottenere finanziamenti esterni a causa di detti ritardi di pagamento [v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2020, Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento), C‑122/18, EU:C:2020:41, punti 4647].

52

Alla luce di tali elementi, l’articolo 4 della direttiva 2011/7 deve essere interpretato nel senso che la fissazione, da parte di uno Stato membro, di un periodo di pagamento della durata massima di 60 giorni di calendario in transazioni tra imprese e pubbliche amministrazioni è consentita solo alle condizioni e nei limiti posti da tale articolo, e rammentati ai punti da 47 a 49 della presente sentenza.

53

Alla luce di quanto precede, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2011/7 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede, in generale, per tutte le transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni un termine di pagamento di una durata massima di 60 giorni di calendario, anche qualora tale termine sia composto da un termine iniziale di 30 giorni per la procedura di accettazione o di verifica della conformità al contratto dei beni consegnati o delle prestazioni fornite, e da un ulteriore termine di 30 giorni per il pagamento del prezzo convenuto.

Sulla terza questione

54

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/7 debba essere interpretato nel senso che la presa in considerazione, a titolo di «importo dovuto» definito in tale disposizione, dell’importo dell’IVA indicato sulla fattura o sulla richiesta equivalente di pagamento dipende dalla questione se, alla data in cui si verifica il ritardo nel pagamento, il creditore soggetto passivo ha già versato tale importo all’Erario.

55

L’articolo 2, punto 8), della direttiva 2011/7 definisce la nozione di «importo dovuto» come «la somma principale che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento».

56

Per quanto riguarda l’interpretazione letterale dell’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/7, occorre rilevare, da un lato, che l’impiego dell’espressione «comprese le imposte (...) applicabili» implica che la nozione di «importo dovuto» deve necessariamente includere l’importo dell’IVA su una merce fornita o un servizio prestato. Dall’altro lato, l’uso dell’espressione «indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento» indica che l’importo dell’IVA è quello indicato nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento, indipendentemente dalle modalità o dal momento del pagamento dell’IVA da parte del soggetto passivo presso l’Erario.

57

Ne consegue che la nozione di «importo dovuto» non opera alcuna distinzione in funzione della data in cui il soggetto passivo adempie al suo obbligo di versare all’Erario l’importo dell’IVA corrispondente alla merce fornita o al servizio prestato, o in funzione delle modalità del pagamento di tale importo presso l’Erario.

58

Tale interpretazione è corroborata dall’articolo 220 della direttiva 2006/112, che disciplina l’emissione delle fatture e impone ai soggetti passivi di assicurare che sia emessa una fattura per le forniture di beni o le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di altri soggetti passivi o di un ente non soggetto passivo. L’articolo 226 di tale direttiva elenca le indicazioni che devono figurare obbligatoriamente nelle fatture emesse, tra cui l’importo dell’IVA da pagare. Tali disposizioni impongono quindi al soggetto passivo di indicare nella fattura emessa l’importo dell’IVA da pagare, indipendentemente dalle modalità o dal momento del versamento dell’imposta dovuta all’Erario.

59

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/7 deve essere interpretato nel senso che la presa in considerazione, a titolo di «importo dovuto» definito in tale disposizione, dell’importo dell’IVA indicato sulla fattura o sulla richiesta equivalente di pagamento è indipendente dalla questione di stabilire se, alla data in cui si verifica il ritardo nel pagamento, il soggetto passivo abbia già versato tale importo all’Erario.

Sulle spese

60

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 6 della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali,

deve essere interpretato nel senso che:

l’importo forfettario minimo di EUR 40, a titolo di risarcimento del creditore per i costi di recupero sostenuti a causa di un ritardo di pagamento del debitore, è dovuto per ogni operazione commerciale non pagata alla scadenza, attestata in una fattura, anche qualora tale fattura sia inclusa, insieme ad altre fatture, in un’unica domanda in via amministrativa o giudiziale.

 

2)

L’articolo 4, paragrafi da 3 a 6, della direttiva 2011/7

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale che prevede, in generale, per tutte le transazioni commerciali tra imprese e pubbliche amministrazioni un termine di pagamento di una durata massima di 60 giorni di calendario, anche qualora tale termine sia composto da un termine iniziale di 30 giorni per la procedura di accettazione o di verifica della conformità al contratto dei beni consegnati o delle prestazioni fornite, e da un ulteriore termine di 30 giorni per il pagamento del prezzo convenuto.

 

3)

L’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/7

deve essere interpretato nel senso che:

la presa in considerazione, a titolo di «importo dovuto» definito in tale disposizione, dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto indicato sulla fattura o sulla richiesta equivalente di pagamento è indipendente dalla questione di stabilire se, alla data in cui si verifica il ritardo nel pagamento, il soggetto passivo abbia già versato tale importo all’Erario.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.