SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

15 settembre 2022 ( *1 )

«Impugnazione – Funzione pubblica – Allegato VII dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea – Articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b) – Funzionario dell’Unione cittadino del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord che ha risieduto abitualmente nel territorio dello Stato della sua sede di servizio nei dieci anni precedenti la sua entrata in servizio – Recesso del Regno Unito dall’Unione – Acquisizione, da parte di tale funzionario dell’Unione, della cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio – Revoca del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione – Ricorso di annullamento»

Nella causa C‑675/20 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta l’11 dicembre 2020,

Colin Brown, residente a Bruxelles (Belgio), rappresentato da I. Van Damme, advocaat,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da T.S. Bohr e D. Milanowska, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Alver e M. Bauer, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, S. Rodin, J.-C. Bonichot, L.S. Rossi (relatrice) e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 febbraio 2022,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 aprile 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, il sig. Colin Brown, funzionario della Commissione europea, chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 ottobre 2020, Brown/Commissione (T‑18/19, in prosieguo: la sentenza impugnata, EU:T:2020:465), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della decisione della Commissione del 19 marzo 2018, recante revoca del suo diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione e, di conseguenza, del diritto al pagamento delle spese di viaggio tra la sua sede di servizio e il suo luogo di origine, a decorrere dal 1o dicembre 2017, a seguito dell’acquisizione da parte sua della cittadinanza dello Stato membro della sua sede di servizio (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

2

L’articolo 1 quinquies, paragrafo 5, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, nella versione applicabile alla controversia che ha dato luogo al ricorso (in prosieguo: lo «Statuto»), enuncia quanto segue:

«Quando una persona a cui si applica il presente statuto, che si considera lesa a seguito della mancata applicazione nei suoi confronti del principio di pari trattamento sopra menzionato, esponga fatti sulla base dei quali si possa presumere che vi sia stata discriminazione diretta o indiretta, spetta all’istituzione dimostrare che non si è avuta violazione del suddetto principio di parità. (...)».

3

L’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto così recita:

«1.   Un’indennità di dislocazione pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico versati al funzionario, è concessa:

a)

al funzionario:

che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio e,

che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio. Per l’applicazione della presente disposizione non si tiene conto delle situazioni risultanti da servizi effettuati per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale.

b)

al funzionario che, avendo o avendo avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio, ha abitato, durante il periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, fuori del territorio europeo di detto Stato per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

(...)

2.   Il funzionario che, non avendo e non avendo mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sua sede di servizio, non soddisfa alle condizioni di cui al paragrafo 1, ha diritto a un’indennità di espatrio pari a un quarto dell’indennità di dislocazione.

3.   Nell’applicazione dei paragrafi 1 e 2, il funzionario che, per matrimonio, abbia acquisito d’ufficio e senza possibilità di rinunciarvi la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sua sede di servizio, è equiparato al funzionario di cui al paragrafo 1, lettera a), primo trattino».

4

L’articolo 7, paragrafo 4, dell’allegato VII dello Statuto prevede:

«Il luogo d’origine del funzionario è determinato all’atto dell’entrata in servizio di quest’ultimo, tenuto conto in linea di principio del luogo di assunzione o, su richiesta espressa e debitamente motivata, del centro dei suoi interessi. Questa determinazione può in seguito, quando l’interessato è in servizio, e in occasione della sua partenza, essere rivista con decisione speciale dell’autorità che ha il potere di nomina. Tuttavia, finché l’interessato è in servizio, tale decisione può intervenire soltanto eccezionalmente e previa presentazione, da parte del funzionario, di documenti giustificativi».

5

L’articolo 8, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto enuncia quanto segue:

«Il funzionario avente diritto all’indennità di dislocazione o all’indennità di espatrio ha diritto annualmente, entro il limite fissato al paragrafo 2, per se stesso e, se ha diritto all’assegno di famiglia, per il coniuge e le persone a carico ai sensi dell’articolo 2, al pagamento forfettario delle spese di viaggio dalla sede di servizio al luogo d’origine definito all’articolo 7».

6

L’articolo 20, prima frase, dello Statuto prevede quanto segue:

«Il funzionario deve risiedere nel luogo ove ha sede l’ufficio cui è destinato o a una distanza conciliabile con l’adempimento delle sue funzioni (...)».

7

L’articolo 85, primo comma, dello Statuto dispone quanto segue:

«Qualsiasi somma percepita indebitamente dà luogo a ripetizione se il beneficiario ha avuto conoscenza dell’irregolarità del pagamento o se tale irregolarità era così evidente che egli non poteva non accorgersene».

Fatti

8

I fatti all’origine della controversia sono stati riassunti dal Tribunale ai punti da 1 a 8 della sentenza impugnata, nei seguenti termini:

«1. Il ricorrente, il sig. (...) Brown, era originariamente soltanto cittadino del Regno Unito [di Gran Bretagna e Irlanda del Nord] e vi ha vissuto fino al 1996. Egli ha studiato in Italia nel 1996 e nel 1997, poi in Belgio, dal settembre 1997 al giugno 1998. Il ricorrente ha poi effettuato un tirocinio presso la Commissione (...) dal 1o ottobre 1998 al 28 febbraio 1999. Infine, ha lavorato a tempo pieno nel settore privato in Belgio dal 1o marzo 1999 al 31 dicembre 2000.

2. Il ricorrente è entrato in servizio presso la Commissione il 1o gennaio 2001. L’Ufficio “Gestione e liquidazione dei diritti individuali” (PMO) della Commissione gli ha concesso l’indennità di dislocazione in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto (...).

3 (...) [I]l 29 marzo 2017 [la] prim[a] ministr[a] del Regno Unito ha notificato al Consiglio europeo l’intenzione di [tale] Stato membro di recedere dall’Unione e dalla Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) in applicazione dell’articolo 50, paragrafo 2, TUE.

4. Il 27 giugno 2017 il ricorrente ha chiesto di acquis[i]re la cittadinanza belga, che ha ottenuto il 3 novembre successivo. Egli ha notificato tale cambiamento di situazione al PMO il 19 gennaio 2018.

5. Il 23 febbraio 2018 il ricorrente è stato informato, da un lato, che il beneficio dell’indennità di dislocazione gli era revocato a decorrere dal 31 ottobre 2017, poiché aveva ottenuto la cittadinanza belga, e, dall’altro, che perdeva di conseguenza il beneficio del rimborso delle spese di viaggio in applicazione dell’articolo 8 dell’allegato VII dello Statuto.

6. A seguito di una richiesta di chiarimenti, il ricorrente ha ricevuto un messaggio di posta elettronica il 5 marzo 2018 da cui risultava che la revoca dell’indennità di dislocazione era giustificata, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, dal fatto che risiedesse in Belgio dal 1997.

7. Il 19 marzo 2018 il PMO ha sostituito la decisione del 23 febbraio 2018 con [la decisione controversa].

8. Il 17 giugno 2018 il ricorrente ha presentato un reclamo, che è stato respinto con decisione dell’autorità che ha il potere di nomina (...) del 15 ottobre 2018».

Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

9

Con il suo ricorso dinanzi al Tribunale, il ricorrente mirava in particolare ad ottenere l’annullamento della decisione controversa e la condanna della Commissione a ripristinare il suo diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione, prevista all’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto (in prosieguo: l’«indennità di dislocazione»), e delle spese di viaggio tra la sua sede di servizio e il suo luogo di origine, come stabilito all’articolo 7 di tale allegato VII, a decorrere dal 1o dicembre 2017.

10

A sostegno della sua domanda di annullamento, il ricorrente ha dedotto quattro motivi, che sono stati respinti dal Tribunale.

11

Per quanto riguarda il primo motivo del ricorso di primo grado, relativo alla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, il Tribunale, da un lato, ha dichiarato, al termine del ragionamento seguito ai punti da 35 a 51 della sentenza impugnata, che il PMO non aveva violato tale disposizione dello Statuto, «considerando che l’acquisto della cittadinanza del paese della sede di servizio nel corso della carriera doveva condurre al riesame del diritto all’indennità di dislocazione» (punto 52 della sentenza impugnata). Dall’altro lato, il Tribunale ha respinto l’argomento del ricorrente secondo cui il rischio per quest’ultimo, in quanto cittadino del Regno Unito, di essere «dimesso d’ufficio dal servizio» a seguito del recesso di tale Stato dall’Unione costituiva un’ipotesi di forza maggiore che dispensava il PMO dall’obbligo di riesaminare la sua situazione alla luce della cittadinanza belga da lui acquisita (punti da 55 a 71 della sentenza impugnata).

12

A tal riguardo, il Tribunale ha sostanzialmente constatato che dalla formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, letto alla luce della genesi di tale disposizione e dell’obiettivo da essa perseguito, non si può dedurre che l’amministrazione debba continuare a versare mensilmente l’indennità di dislocazione qualora sopraggiunga un evento che modifica in modo sostanziale la situazione della persona che ne beneficia, alla luce delle condizioni di concessione di tale indennità. Orbene, l’acquisizione da parte del funzionario interessato della cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, successivamente alla sua entrata in servizio, costituiva un siffatto cambiamento sostanziale idoneo a condurre alla revoca del diritto al pagamento di tale indennità.

13

Quanto al secondo motivo dedotto in primo grado dal ricorrente, relativo ad una violazione del principio di parità di trattamento e di non discriminazione risultante dal riesame della sua situazione alla luce delle condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, esso è stato respinto dal Tribunale al termine dell’esame svolto ai punti da 75 a 106 della sentenza impugnata.

14

Più precisamente, il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, che il rispetto di tale principio si imponeva non solo alla data di entrata in servizio dell’interessato, ma anche in occasione del riesame della sussistenza del suo diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione a seguito di una modifica della sua situazione personale. Orbene, il Tribunale ha considerato che, a partire dalla data in cui il ricorrente è divenuto cittadino belga, occorreva trattare quest’ultimo allo stesso modo di qualsiasi altro cittadino o ex cittadino belga, la cui residenza abituale in Belgio, anche di breve durata, nel corso del «periodo decennale di riferimento» precedente all’entrata in servizio, era sufficiente ad escludere il diritto al pagamento di tale indennità, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

15

Per quanto riguarda il terzo motivo dedotto in primo grado, con il quale il ricorrente contestava alla Commissione di aver violato il principio di parità di trattamento e di non discriminazione adottando l’interpretazione da essa fornita, nella decisione controversa, dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, il Tribunale ha sottolineato, ai punti 112 e 113 della sentenza impugnata, che l’interpretazione suggerita dal ricorrente era incompatibile con la formulazione stessa di tale disposizione nonché con la portata di quest’ultima, cosicché doveva essere respinta.

16

Traendo le conseguenze da tali considerazioni, il Tribunale ha altresì respinto il quarto motivo dedotto in primo grado, in subordine, dal ricorrente e relativo ad un’eccezione di illegittimità diretta contro l’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, nonché gli altri capi delle conclusioni presentati e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza (punti da 123 a 132 della sentenza impugnata).

Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

17

Con la sua impugnazione, il ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare, sulla base del fascicolo che le è stato sottoposto, la decisione controversa;

ordinare alla Commissione di ripristinare, a decorrere dal 1o dicembre 2017, il suo diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione e delle spese di viaggio di cui era beneficiario, nonché delle indennità che non gli sarebbero state versate tra il 1o dicembre 2017 e la data di ripristino del diritto di cui era titolare, maggiorate degli interessi;

condannare la Commissione alle spese da lui sostenute dinanzi alla Corte e al Tribunale.

18

La Commissione e il Consiglio dell’Unione europea chiedono il rigetto dell’impugnazione e la condanna del ricorrente alle spese.

Sull’impugnazione

19

A sostegno delle sue conclusioni, il ricorrente deduce due motivi. Il primo motivo d’impugnazione verte su un’erronea interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto. Il secondo motivo d’impugnazione verte sulla discriminazione ingiustificata che risulterebbe dall’applicazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

Sul primo motivo di impugnazione, vertente su un’erronea interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto

Argomenti delle parti

20

Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, considerando che tale disposizione consentiva o imponeva la soppressione del diritto del funzionario al pagamento dell’indennità di dislocazione una volta che egli abbia ottenuto la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, in assenza di cambiamento di tale Stato.

21

Il ricorrente fa valere, anzitutto, di condividere pienamente la premessa del ragionamento del Tribunale, esposta ai punti da 47 a 50 della sentenza impugnata, per quanto riguarda l’obiettivo dell’indennità di dislocazione, che consiste nel compensare i disagi e gli oneri che il funzionario subisce a causa della distanza tra lo Stato della sua sede di servizio e lo Stato del suo luogo di origine.

22

La necessità di fornire una compensazione per tutta la carriera del funzionario nello Stato in cui ha preso servizio sarebbe evidente, in quanto gli oneri e i disagi non verrebbero meno nemmeno nel caso in cui il funzionario rimanga espatriato per tutta la sua carriera e abbia creato diversi tipi di legami con lo Stato della sua sede di servizio. Al contrario, come indicato dal Tribunale al punto 47 della sentenza impugnata, tali oneri e disagi potrebbero persino aggravarsi.

23

Secondo il ricorrente, il legame tra lo Stato del luogo di origine del funzionario al momento della sua assunzione e il diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione spiega perché la formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, da un lato, sia incentrata sui soli periodi che precedono l’entrata in servizio di tale funzionario e non sugli eventi che possono verificarsi dopo tale entrata in servizio e, dall’altro, utilizzi il presente indicativo nell’espressione «non ha e non ha mai avuto la nazionalità» dello Stato della sede di servizio, il che implica che dovrebbe essere presa in considerazione la cittadinanza del funzionario alla data della sua entrata in servizio.

24

L’errore di diritto che vizia la sentenza impugnata deriverebbe dal fatto che il Tribunale, con il suo ragionamento, è pervenuto a un risultato incompatibile con la ratio dell’indennità di dislocazione, come esposta ai punti da 47 a 50 della sentenza impugnata, vale a dire che tale indennità dovrebbe essere concessa sulla base delle circostanze esistenti alla data di entrata in servizio del funzionario e che il diritto al pagamento di quest’ultima non potrebbe essere revocato successivamente, a meno che l’interessato cambi la sede di servizio.

25

Il Tribunale avrebbe peraltro ammesso, ai punti 36 e 50 della sentenza impugnata, che l’integrazione del funzionario nello Stato della sua sede di servizio, dopo la sua entrata in servizio, non incide sul diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione.

26

Secondo il ricorrente e contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale al punto 51 della sentenza impugnata, deliberatamente il legislatore dell’Unione non ha affrontato la questione del cambiamento di cittadinanza dopo l’assunzione del funzionario. Orbene, la sola conclusione che occorrerebbe trarne, tenuto conto della ratio dell’indennità di dislocazione, sarebbe che l’acquisizione di una nuova cittadinanza dopo l’entrata in servizio dell’interessato non può costituire un motivo di revoca del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione qualora quest’ultimo soddisfacesse inizialmente le condizioni richieste.

27

Una siffatta interpretazione sarebbe inoltre confermata dalla conclusione del Tribunale, al punto 49 della sentenza impugnata, secondo cui l’indennità di dislocazione ha lo scopo di incentivare un’assunzione su una base geografica quanto più ampia possibile. Tale indennità non potrebbe pertanto essere riesaminata dopo l’entrata in servizio dell’interessato.

28

Il ricorrente aggiunge, nella replica, facendo riferimento al termine «finzione», utilizzato al punto 85 della sentenza impugnata, che l’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto dovrebbe essere interpretato in modo da evitare l’applicazione di una siffatta «finzione», consistente nel ritenere che il cambiamento di cittadinanza di un funzionario sia intervenuto retroattivamente alla data della sua entrata in servizio. Infatti, alla data di adozione dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, il legislatore dell’Unione sarebbe stato perfettamente consapevole delle situazioni di doppia cittadinanza o di acquisizione di una nuova cittadinanza. Esso non avrebbe tuttavia previsto espressamente che il diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione fosse revocato in tali circostanze.

29

Inoltre, il ricorrente ritiene che, qualora i criteri previsti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto fossero applicati dopo l’entrata in servizio del funzionario, dovrebbe allora essere presa in considerazione la durata della residenza nello Stato della sede di servizio. Orbene, dato che il requisito della residenza è il più importante dei due presupposti per valutare la necessità di un’indennità, mentre il requisito della cittadinanza è secondario, e poiché un cambiamento di residenza dell’interessato dopo la sua entrata in servizio non comporterebbe una rivalutazione della necessità di indennità, lo stesso dovrebbe valere per un cambiamento di cittadinanza dell’interessato. Secondo il ricorrente, o il funzionario ha dovuto lasciare lo Stato del suo luogo di residenza per entrare in servizio, o ha potuto restarvi. Pertanto, le condizioni per il riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione sarebbero interamente fondate sulla situazione che precede l’entrata in servizio dell’interessato.

30

La Commissione, sostenuta dal Consiglio, ritiene che il primo motivo di impugnazione debba essere respinto.

Giudizio della Corte

31

In via preliminare, occorre rilevare che il ricorrente non ha formulato alcuna censura nei confronti del ragionamento seguito ai punti da 55 a 73 della sentenza impugnata, in base al quale il Tribunale ha respinto l’argomento secondo cui il ricorrente sarebbe stato costretto a chiedere la naturalizzazione belga nell’eventuale prospettiva del recesso del Regno Unito dall’Unione.

32

Ne consegue che l’esame del primo motivo di impugnazione deve partire dal presupposto che il ricorrente, che era in possesso della sola cittadinanza del Regno Unito alla data della sua entrata in servizio presso la Commissione nel 2001, ha volontariamente acquisito la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio nel corso della carriera, nel novembre 2017.

33

Occorre ricordare che l’indennità di dislocazione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, che è calcolata, in particolare, sulla base dell’ammontare dello stipendio base del funzionario interessato, costituisce un elemento della retribuzione di quest’ultimo, versata mensilmente.

34

L’attribuzione, nell’ambito del diritto della funzione pubblica dell’Unione, di un siffatto elemento retributivo non può creare diritti acquisiti tali da ostare ad un’eventuale abrogazione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 1978, Herpels/Commissione, 54/77, EU:C:1978:45, punto 39). Pertanto, correttamente il Tribunale, senza che ciò sia del resto contestato dal ricorrente, ha dichiarato, in sostanza, al punto 38 della sentenza impugnata, che non risultava affatto dalle disposizioni dello Statuto, in particolare dall’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII di quest’ultimo, che il riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione costituisse un diritto acquisito.

35

Altrettanto correttamente, al punto 37 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dedotto dalla sentenza citata al punto precedente della presente sentenza che, dal momento che l’indennità di dislocazione è pagata mensilmente, l’amministrazione non può continuare a versarla qualora sopraggiunga un evento che modifica in modo sostanziale la situazione della persona che ne beneficia nella misura in cui tale evento incide sulle condizioni alle quali è subordinato il riconoscimento del diritto al pagamento di tale indennità.

36

Senza criticare formalmente la fondatezza di tale constatazione, il ricorrente fa tuttavia valere che il Tribunale ha erroneamente considerato che l’acquisizione, nel corso della carriera, da parte di un funzionario, della cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio incide sulle condizioni di riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione, previste all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto. Secondo il ricorrente, tali condizioni, salvo l’ipotesi del cambiamento dello Stato della sede di servizio dell’interessato, devono essere soddisfatte unicamente prima dell’entrata in servizio di quest’ultimo.

37

Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, l’indennità di dislocazione è concessa al funzionario, ai sensi del primo trattino di tale disposizione, «che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio» e, ai sensi del secondo trattino, «che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio».

38

Alla luce della formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, il beneficio dell’indennità di dislocazione è concesso solo al funzionario che soddisfa le due condizioni cumulative negative previste da tale disposizione (ordinanza del 6 luglio 2021, Karpeta-Kovalyova/Commissione, C‑717/20 P, non pubblicata, EU:C:2021:542, punto 11), la prima delle quali, che figura al primo trattino di quest’ultima disposizione, richiede che tale funzionario non abbia, e non abbia mai avuto, la nazionalità dello Stato nel cui territorio è situata la sua sede di servizio.

39

Qualora, come sostiene il ricorrente, la condizione secondo cui il funzionario «non ha e non ha mai avuto la nazionalità» dello Stato della sua sede di servizio dovesse essere valutata unicamente alla data di entrata in servizio dell’interessato, e non durante tutta la carriera di quest’ultimo, tale disposizione, nella quale è utilizzato il presente indicativo e che riguarda un elemento della retribuzione di tale funzionario versata mensilmente, sarebbe stata necessariamente redatta in modo diverso, come il Tribunale ha giustamente indicato al punto 45 della sentenza impugnata.

40

In tal senso, la formulazione di detta disposizione non si sarebbe limitata a fare riferimento alla data di «entrata in servizio» dell’interessato solo al fine di valutare il soddisfacimento della seconda condizione, anch’essa negativa, di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, vale a dire l’assenza di residenza abituale o di attività professionale nel territorio dello Stato della sede di servizio dell’interessato durante il «periodo quinquennale di riferimento» che scade sei mesi prima di tale data. Al contrario, sarebbe stato fatto immancabilmente riferimento a questa stessa data al fine di esaminare il rispetto della prima condizione, secondo la quale il funzionario non deve possedere la cittadinanza di tale Stato.

41

La formulazione delle altre disposizioni dell’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto nonché l’impianto sistematico di tale articolo corroborano l’analisi secondo la quale tale prima condizione, relativa all’assenza di cittadinanza dello Stato della sede di servizio, non si limita a riguardare la cittadinanza che il funzionario interessato possedeva prima della sua entrata in servizio.

42

Infatti, da un lato, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), di tale allegato, il diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione può essere concesso anche al funzionario «che [abbia] o [abbia] avuto la nazionalità» dello Stato della sua sede di servizio e che soddisfi gli altri requisiti previsti da tale disposizione. Inoltre, occorre rilevare che l’indennità di espatrio, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, di detto allegato, è concessa solo al funzionario che «non [ha] e non [ha] mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio» e che non soddisfa le altre condizioni previste per beneficiare dell’indennità di dislocazione. Pertanto, nessuna di tali disposizioni suggerisce che il requisito relativo all’esistenza o all’assenza di cittadinanza dello Stato della sede di servizio del funzionario si riferisca soltanto alla cittadinanza di tale funzionario alla data della sua entrata in servizio presso le istituzioni dell’Unione.

43

Dall’altro lato, per quanto riguarda l’impianto sistematico dell’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto, occorre rilevare che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, di tale allegato, il funzionario che, per matrimonio, abbia acquisito d’ufficio, senza possibilità di rinunciarvi, la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sua sede di servizio, «è equiparato» a quello di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), primo trattino, di detto allegato. Tale articolo 4, paragrafo 3, inserito nello Statuto in seguito alla pronuncia delle sentenze del 20 febbraio 1975, Airola/Commissione (21/74, EU:C:1975:24), e del 20 febbraio 1975, Van den Broeck/Commissione (37/74, EU:C:1975:25), neutralizza così gli effetti dell’acquisizione d’ufficio, per matrimonio, della cittadinanza dello Stato della sede di servizio del funzionario qualora quest’ultimo non possa rinunciarvi.

44

Orbene, l’articolo 4, paragrafo 3, dell’allegato VII dello Statuto sarebbe privato di effetto utile se la disposizione alla quale esso rinvia dovesse riferirsi unicamente all’acquisizione della cittadinanza dello Stato della sede di servizio del funzionario prima dell’entrata in servizio di quest’ultimo. Infatti, poiché lo scopo dell’articolo 4, paragrafo 3, di tale allegato è, al fine di garantire il rispetto del principio di non discriminazione, di evitare che al funzionario sia revocato il diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione da parte dell’amministrazione in seguito all’acquisizione, per matrimonio, della cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio senza possibile rinuncia, detta disposizione, così come l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), primo trattino, dell’allegato VII dello Statuto al quale essa rinvia, deve applicarsi anche quando tale cittadinanza sia stata acquisita dopo l’entrata in servizio dell’interessato.

45

Peraltro, accogliere le censure del ricorrente formulate contro l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto accolta nella sentenza impugnata, equivarrebbe, in caso di acquisizione da parte del funzionario della cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio dopo la sua entrata in servizio, a considerare la cittadinanza di origine di tale funzionario come la sola «cittadinanza effettiva» di quest’ultimo, il che è stato espressamente escluso dalla Corte nella sentenza del 14 dicembre 1979, Devred/Commissione (257/78, EU:C:1979:294, punto 14).

46

È vero che l’integrazione del funzionario nello Stato della sua sede di servizio, dopo la sua entrata in servizio, è irrilevante per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), secondo trattino, dell’allegato VII dello Statuto. È anche vero che, come la Corte ha ripetutamente dichiarato, l’indennità di dislocazione è destinata a compensare gli oneri e i disagi particolari derivanti dall’assunzione di funzioni presso le istituzioni dell’Unione per i funzionari che sono, a tal fine, costretti a cambiare il loro luogo di residenza (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 1994, Magdalena Fernández/Commissione, C‑452/93 P, EU:C:1994:332, punto 20, e ordinanza del 6 luglio 2021, Karpeta-Kovalyova/Commissione, C‑717/20 P, non pubblicata, EU:C:2021:542, punto 4).

47

Tuttavia, queste considerazioni non implicano che, anche se la condizione relativa alla cittadinanza del funzionario in questione è considerata solo in modo secondario (v. in particolare, in tal senso, sentenza del 15 gennaio 1981, Vutera/Commissione, 1322/79, EU:C:1981:6, punto 6), l’applicazione di tale condizione debba necessariamente prescindere dagli eventi, quali un cambiamento di cittadinanza, che si producano dopo l’entrata in servizio del funzionario.

48

È altresì vero, come rilevato dal Tribunale al punto 47 della sentenza impugnata, che gli oneri e i disagi risultanti dall’entrata in servizio presso le istituzioni dell’Unione possono perdurare per i funzionari che, come il ricorrente, durante la carriera hanno acquisito volontariamente la cittadinanza dello Stato della loro sede di servizio.

49

Lo Statuto non ignora tuttavia una situazione del genere, poiché, al suo verificarsi, l’indennità di dislocazione non è automaticamente perduta per il futuro. Infatti, nonostante il cambiamento sostanziale della situazione personale del funzionario causato dall’acquisizione della cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, lo Statuto consente a tale funzionario di conservare, a determinate condizioni, il beneficio di una siffatta indennità, non più sul fondamento dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del suo allegato VII, ma in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), di quest’ultimo.

50

Se è vero, come fa valere il ricorrente e come del resto ha sottolineato il Tribunale al punto 76 della sentenza impugnata, che le condizioni di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto sono interpretate dal giudice dell’Unione in maniera più restrittiva di quelle dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), secondo trattino, di quest’ultimo, occorre rilevare che il ricorrente non ha tuttavia formulato alcuna censura nei confronti di una siffatta differenza, così come non ha contestato al Tribunale di aver respinto, ai punti da 125 a 127 della sentenza impugnata, l’eccezione d’illegittimità dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto, che aveva sollevato in subordine in primo grado.

51

Pertanto, il Tribunale ha correttamente interpretato l’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto nel senso che un funzionario il quale, dopo la sua entrata in servizio, acquisisca la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, perde, per il futuro, il beneficio dell’indennità di dislocazione che gli era stato concesso sul fondamento dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII dello Statuto, il che implica che il diritto di tale funzionario al pagamento di tale indennità sia riesaminato dall’amministrazione, come ha constatato, sostanzialmente, il Tribunale, al punto 52 della sentenza impugnata.

52

Ne consegue che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo motivo di impugnazione, relativo alla discriminazione ingiustificata che risulterebbe dall’applicazione da parte del Tribunale dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto

Argomenti delle parti

53

Il ricorrente sostiene che il Tribunale non ha correttamente esaminato l’argomento da lui dedotto in primo grado, secondo cui l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto ai funzionari che hanno acquisito, dopo la loro entrata in servizio, la cittadinanza dello Stato della loro sede di servizio è discriminatoria.

54

Secondo il ricorrente, il Tribunale non ha correttamente analizzato, da un lato, le diverse situazioni in esame e, dall’altro, la questione se la discriminazione che esso avrebbe dovuto identificare potesse essere obiettivamente giustificata.

55

Alla luce dell’obiettivo dell’indennità di dislocazione, il ricorrente sostiene che i funzionari che acquisiscono la cittadinanza dello Stato della loro sede di servizio nel corso della loro carriera e i funzionari che possedevano tale cittadinanza alla data della loro entrata in servizio, quali identificati ai punti 87 e 89 della sentenza impugnata, costituiscono due categorie di funzionari ben distinte. Queste due categorie di funzionari sarebbero infatti interessate in modo diverso dall’allontanamento dal loro luogo di origine.

56

Orbene, il Tribunale non avrebbe, in nessuna fase della sua analisi, considerato l’esistenza di tali due categorie di funzionari né le conseguenze di un trattamento identico di queste ultime. Il Tribunale avrebbe semplicemente equiparato erroneamente, ai punti da 87 a 89 della sentenza impugnata, la categoria dei funzionari che hanno acquisito la cittadinanza dello Stato della loro sede di servizio dopo la loro entrata in servizio a quella dei funzionari che avevano, o avevano avuto, tale cittadinanza prima della loro entrata in servizio.

57

Se il Tribunale avesse distinto queste due categorie di funzionari, avrebbe constatato che, sulla base della «finzione» adottata nella decisione controversa, esse erano trattate allo stesso modo ed erano soggette alla stessa «presunzione restrittiva» dell’esistenza di stretti legami con la sede di servizio nel corso dei dieci anni precedenti la loro entrata in servizio, presunzione che può essere confutata solo dimostrando che il funzionario interessato, nel corso di detti dieci anni, non ha mai trascorso periodi di residenza abituale nello Stato della sua sede di servizio.

58

Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata è quindi viziata da una violazione del principio di parità di trattamento, poiché la categoria dei funzionari che non hanno acquisito la cittadinanza dello Stato della loro sede di servizio prima o durante i detti dieci anni sarebbe ingiustamente soggetta a tale «presunzione restrittiva».

59

Il ricorrente aggiunge, nella replica, che l’interpretazione e l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto non dovrebbero basarsi su una «finzione», consistente nel ritenere che il cambiamento di cittadinanza del funzionario intervenga retroattivamente alla data di entrata in servizio dell’interessato. Un tale approccio non avrebbe alcun senso, poiché equivarrebbe a verificare, per il riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione, se tale funzionario abbia interrotto, nel corso degli stessi dieci anni, qualsiasi legame con lo Stato di cui non aveva la cittadinanza. Orbene, per definizione, un legame che non esisteva non può essere interrotto.

60

Per giunta, tale «finzione» implicherebbe uno «spostamento delle categorie». In altri termini, in risposta all’argomento del ricorrente relativo alla violazione del principio della parità di trattamento, il Tribunale, al pari della Commissione, avrebbe «spostato il ricorrente da una categoria ad un’altra». Orbene, secondo il ricorrente, nessuna censura di discriminazione potrebbe mai essere accolta se fosse possibile, come ha fatto il Tribunale nella sentenza impugnata, modificare fittiziamente una categorizzazione al fine di eliminare la differenza di trattamento tra le categorie interessate.

61

Secondo il ricorrente, la differenza di trattamento così evidenziata non può essere giustificata dall’obiettivo sotteso al riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione, sebbene tale obiettivo sia stato correttamente ricordato ai punti da 47 a 50 della sentenza impugnata.

62

A questo proposito, il fatto che, come indicato dal Tribunale al punto 86 della sentenza impugnata, l’indennità di dislocazione sia destinata ad essere versata per l’intero periodo di esercizio delle funzioni sarebbe irrilevante. Senza contestare l’esattezza di tale affermazione, il ricorrente afferma che occorre distinguere il godimento di un vantaggio statutario dalla base giuridica che gli dà origine. Poiché il diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione è stabilito sulla base delle circostanze esistenti nel periodo precedente l’entrata in servizio del funzionario, sarebbero la valutazione di tale periodo e la decisione relativa al diniego di riconoscimento del diritto al pagamento di tale indennità a trovarsi all’origine della discriminazione. Il punto 86 della sentenza impugnata sarebbe peraltro incoerente con l’affermazione effettuata, in particolare, al punto 47 di tale sentenza, secondo cui detta indennità è versata per compensare l’allontanamento dell’interessato dal suo luogo di origine, il quale perdurerebbe durante tutta la carriera del funzionario.

63

Avendo omesso di analizzare l’obiettivo dell’indennità di dislocazione allorché ha esaminato la censura relativa alla violazione del principio della parità di trattamento, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto. Inoltre, l’esame delle statistiche comunicate dalle istituzioni dell’Unione, effettuato ai punti da 93 a 97 della sentenza impugnata, è, a tal riguardo, irrilevante dal punto di vista giuridico.

64

Il Tribunale avrebbe inoltre errato non applicando l’articolo 1, quinquies, paragrafo 5, dello Statuto e dichiarando, di conseguenza, che alla Commissione non incombeva l’obbligo di giustificare qualsiasi differenza di trattamento.

65

La Commissione e il Consiglio fanno valere che il secondo motivo di impugnazione deve essere respinto.

Giudizio della Corte

66

Occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenza del 25 marzo 2021, Alvarez y Bejarano e a./Commissione, C‑517/19 P e C‑518/19 P, EU:C:2021:240, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

67

Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, l’indennità di dislocazione è versata «al funzionario che, avendo o avendo avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio, ha abitato, durante il periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, fuori del territorio europeo di detto Stato per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale».

68

Di conseguenza, il funzionario che abbia o abbia avuto la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio deve, per beneficiare dell’indennità di dislocazione, soddisfare le condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

69

È vero che, nel caso di un funzionario che, come il ricorrente, ha volontariamente acquisito la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio nel corso della carriera, l’applicazione di tali condizioni equivale a verificare, come giustamente indicato dal ricorrente, se, durante il periodo di dieci anni precedente all’entrata in servizio dell’interessato, egli risiedesse abitualmente al di fuori del territorio europeo di tale Stato.

70

Infatti, l’articolo 4, paragrafo 1, dell’allegato VII dello Statuto non contempla nessun’altra situazione in cui un funzionario che ha o ha avuto la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, ai sensi della lettera b) di tale disposizione, ha il diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione.

71

Ciò premesso, da un lato, come precisato al punto 50 della presente sentenza, il ricorrente non contesta la valutazione, contenuta al punto 76 della sentenza impugnata, secondo cui, per quanto riguarda i funzionari in possesso della cittadinanza dello Stato della loro sede di servizio, la circostanza di avervi mantenuto o fissato la residenza abituale, anche solo per un brevissimo periodo nel corso del «periodo decennale di riferimento», è sufficiente a comportare il diniego o la perdita del beneficio dell’indennità di dislocazione.

72

Dall’altro lato, occorre precisare che, ai fini della valutazione del suo diritto di beneficiare di tale indennità, il ricorrente è stato equiparato ai funzionari aventi la cittadinanza dello Stato della loro sede di servizio solo a partire dalla data in cui egli stesso ha acquisito volontariamente tale cittadinanza e non prima di tale data.

73

Tuttavia, il ricorrente sostiene che, anche a partire da tale data, egli si trova in una situazione oggettivamente diversa da quella di un funzionario che possiede, ancor prima della sua entrata in servizio, la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, in quanto il suo luogo di origine resta fissato in Scozia.

74

Una siffatta argomentazione equivale ad ignorare che, mentre, in forza dell’articolo 7, paragrafo 4, dell’allegato VII dello Statuto, il luogo d’origine del funzionario è fissato alla data di assunzione dell’interessato e la modifica di tale luogo può intervenire, mentre l’interessato è in servizio, solo eccezionalmente, su richiesta debitamente motivata di quest’ultimo, il riconoscimento del diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione risponde a criteri diversi e che tale diritto, nell’ipotesi di un cambiamento sostanziale di circostanze che intervenga successivamente all’entrata in servizio dell’interessato, deve essere riesaminato dall’amministrazione, indipendentemente da una richiesta di quest’ultimo.

75

Le disposizioni dello Statuto relative alla fissazione e alla modifica del luogo di origine sono di conseguenza irrilevanti per distinguere obiettivamente la situazione del ricorrente da quella di un altro funzionario che ha o ha avuto la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio prima della sua entrata in servizio, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto.

76

Pertanto, ai fini della valutazione del suo diritto di beneficiare dell’indennità di dislocazione e come il Tribunale ha constatato, in sostanza, al punto 87 della sentenza impugnata, l’unica categoria di funzionari cui il ricorrente può essere oggettivamente paragonato, dopo la propria naturalizzazione belga, è quella dei funzionari che possiedono la cittadinanza belga.

77

Infatti, continuare, come egli pretende, ad assimilare il ricorrente, dopo la sua naturalizzazione nello Stato della sua sede di servizio, ai funzionari che non hanno e non hanno mai avuto la cittadinanza di tale Stato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), primo trattino, dell’allegato VII dello Statuto, equivarrebbe ad ignorare le categorie concrete stabilite all’articolo 4 di tale allegato VII, tra cui quella di cui all’articolo 4, paragrafo 3, di detto allegato.

78

La situazione del ricorrente è, in definitiva, paragonabile a quella di un funzionario che, pur avendo avuto la possibilità di avvalersi della facoltà di rinunciare alla cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, acquisita d’ufficio a seguito del suo matrimonio con un cittadino di tale Stato, ha volontariamente deciso di mantenere tale cittadinanza, il che comporta l’applicazione a tale funzionario delle condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 1979, Devred/Commissione, 257/78, EU:C:1979:294, punti 1214).

79

Pertanto, non applicare l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto alla situazione del ricorrente a partire dalla data in cui quest’ultimo ha acquisito la cittadinanza belga condurrebbe a trattare quest’ultimo, senza giustificazione obiettiva, più favorevolmente dei funzionari che, pur avendo potuto rinunciare alla cittadinanza dello Stato del luogo della loro sede di servizio, acquisita d’ufficio per matrimonio, hanno scelto di conservare tale cittadinanza, o, come ha osservato il Tribunale al punto 87 della sentenza impugnata, a trattarlo più favorevolmente dei cittadini belgi di nascita, entrati in servizio presso un’istituzione dell’Unione con sede in Belgio, che hanno dovuto soddisfare le rigide condizioni imposte da tale disposizione per poter beneficiare dell’indennità di dislocazione per tutta la loro carriera.

80

Inoltre, occorre ricordare che il riesame della situazione personale di un funzionario, come quella del ricorrente, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, a decorrere dalla data in cui l’interessato ha acquisito la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, non implica automaticamente la revoca del suo diritto al pagamento dell’indennità di dislocazione per il futuro. Infatti, a seguito di un siffatto riesame, tale funzionario cessa di percepire tale indennità solo se viene accertato che egli ha risieduto abitualmente nel territorio europeo di tale Stato per il periodo di dieci anni che ha preceduto la sua entrata in servizio.

81

Orbene, anche se il ricorrente, nel corso di tutto il procedimento contenzioso, non ha mai sostenuto di non aver effettivamente risieduto abitualmente in Belgio, quantomeno per una parte del «periodo decennale di riferimento», risulta che, in generale, la seconda condizione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto sarà più agevolmente soddisfatta da un funzionario naturalizzato durante la sua carriera che da un funzionario che possiede la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio fin dalla nascita o che l’abbia acquisita prima della sua entrata in servizio e rispetto al quale si può presumere che abbia allacciato molteplici e stretti legami con tale Stato.

82

Pertanto il Tribunale, concludendo in sostanza al punto 97 della sentenza impugnata che il ricorrente, al fine di continuare a beneficiare dell’indennità di dislocazione a partire dalla data in cui aveva volontariamente acquisito la cittadinanza dello Stato della sua sede di servizio, doveva soddisfare le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII dello Statuto, al pari di qualsiasi funzionario in possesso di tale cittadinanza, non ha violato il principio di parità di trattamento.

83

Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

84

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, poiché nessuno dei motivi dedotti a sostegno dell’impugnazione è stato accolto, l’impugnazione deve essere integralmente respinta.

Sulle spese

85

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese.

86

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, che si applica al procedimento d’impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

87

Nel caso di specie, poiché il ricorrente è rimasto soccombente, deve essere condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

88

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 4, di detto regolamento di procedura, una parte interveniente in primo grado, che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, può essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. In tal caso, la Corte può decidere che le spese da essa sostenute restino a suo carico.

89

Nel caso di specie, poiché il Consiglio, interveniente in primo grado, ha partecipato al procedimento dinanzi alla Corte senza essere l’autore dell’impugnazione, occorre statuire che le spese da esso sostenute restino a suo carico.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

Il sig. Colin Brown è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Commissione europea.

 

3)

Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.