CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 14 luglio 2022 ( 1 )

Causa C‑158/21

Ministerio Fiscal,

Abogacía del Estado,

Partido político VOX

contro

Lluís Puig Gordi,

Carles Puigdemont Casamajó,

Antoni Comín Oliveres,

Clara Ponsatí Obiols,

Meritxell Serret Aleu,

Marta Rovira Vergés,

Anna Gabriel Sabaté

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Articolo 1, paragrafo 3 – Articolo 6, paragrafo 1 – Procedure di consegna tra Stati membri – Condizioni di esecuzione – Competenza dell’autorità giudiziaria emittente ad emettere un mandato d’arresto europeo – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47, secondo comma – Diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge – Esame in due fasi – Obbligo dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione di verificare, nella prima fase, l’esistenza di un rischio reale di violazione di tale diritto fondamentale, a causa di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente – Possibilità di emettere un nuovo mandato d’arresto europeo nei confronti della stessa persona e da eseguire nello stesso Stato membro»

I. Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione di diverse disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri ( 2 ), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 ( 3 ).

2.

Il giudice del rinvio sottopone alla Corte una serie di questioni volte, in sostanza, a stabilire se un’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo a causa dell’asserita incompetenza dell’autorità giudiziaria emittente ad emettere tale mandato nonché dell’organo giurisdizionale chiamato a giudicare la persona sottoposta al procedimento penale, e se la decisione quadro 2002/584 osti all’emissione di un nuovo mandato d’arresto europeo dopo che l’esecuzione di un primo mandato d’arresto europeo sia stata rifiutata.

3.

Tali questioni sono sollevate nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di ex dirigenti catalani dopo lo svolgimento, il 1o ottobre 2017, di un referendum sull’autodeterminazione della comunità autonoma di Catalogna (Spagna). Alcuni degli imputati, avendo lasciato la Spagna a partire dalla fine del 2017, sono stati oggetto di mandati d’arresto europei. La mancata esecuzione di questi ultimi deriva sia dall’elezione al Parlamento europeo di alcuni di tali imputati sia dall’esistenza di controversie quanto al procedimento penale di cui trattasi. Tali controversie vertono, per quanto riguarda la causa in esame, sulle norme che determinano la competenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) a giudicare gli imputati, le quali si basano in particolare sul luogo di commissione dei reati nonché sulla connessione dei reati contestati agli imputati.

4.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale trae origine, più precisamente, dal rifiuto dei giudici belgi di eseguire il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di Lluís Puig Gordi. Il giudice d’appello che si è pronunciato in via definitiva ha fondato tale rifiuto sull’esistenza di un rischio di violazione del diritto ad essere giudicato da un giudice costituito per legge, basato sulla valutazione secondo cui la competenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) a giudicare il sig. Puig Gordi non era fondata su una base giuridica espressa. Esso ha inoltre precisato che anche il rischio di violazione della presunzione di innocenza doveva essere considerato molto seriamente. Sebbene detto rifiuto riguardi direttamente soltanto il sig. Puig Gordi, la domanda del giudice del rinvio è presentata da quest’ultimo come volta a determinare le decisioni da adottare nei confronti di tutti gli imputati.

5.

Il problema sottoposto alla Corte invita quest’ultima, come spesso accade, a trovare il giusto equilibrio tra l’efficacia del sistema di consegna tra Stati membri istituito dalla decisione quadro 2002/584 e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone oggetto di un mandato d’arresto europeo.

6.

Nella sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru ( 4 ), la Corte ha definito il metodo che deve essere seguito dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione dinanzi alla quale la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo invoca l’esistenza di un rischio di trattamento inumano o degradante, vietato dall’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 5 ), a causa delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente. Tale metodo consiste, in sostanza, nello svolgimento, da parte di tale autorità, di un controllo articolato in due fasi, consistenti, la prima, nell’accertamento dell’esistenza di un rischio concreto di violazione del diritto fondamentale di cui trattasi a causa di carenze vuoi sistemiche o generalizzate, vuoi che colpiscono determinati gruppi di persone, vuoi ancora che colpiscono determinati centri di detenzione, nello Stato membro emittente e, la seconda, nell’accertamento dell’esistenza di un rischio concreto e individualizzato di violazione di tale diritto per la persona interessata.

7.

Nella sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) ( 6 ), la Corte ha esteso detto metodo di esame in due fasi all’ipotesi di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta. Essa ha confermato tale giurisprudenza nella sentenza del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) ( 7 ), e successivamente nella sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) ( 8 ).

8.

Nelle cause che hanno dato luogo a tali sentenze veniva affermata, nell’ambito della prima fase, l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate per quanto riguarda l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente.

9.

La questione principale oggetto della presente causa consiste nel determinare se, qualora non vengano invocate simili carenze che pregiudicano il funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria di esecuzione possa, ciononostante, rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo basandosi sull’esistenza, in tale Stato membro, di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta.

10.

E dunque, per quanto riguarda tale diritto fondamentale, le due fasi del controllo che deve essere effettuato dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione sono cumulative? In altri termini, qualora la prima fase non consenta di accertare l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate che pregiudichino il funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, detta autorità è autorizzata a rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo di cui trattasi?

11.

La Corte ricorda regolarmente che il principio del riconoscimento reciproco costituisce, secondo il considerando 6 della decisione quadro 2002/584, il «fondamento» della cooperazione giudiziaria in materia penale e trova espressione all’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che sancisce la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni di detta decisione quadro ( 9 ).

12.

A mio avviso, è importante evitare che, ammettendo con eccessiva larghezza eccezioni al principio del riconoscimento reciproco a titolo del rispetto dei diritti fondamentali, tale «fondamento», che costituisce la base della cooperazione giudiziaria in materia penale, si incrini e che l’edificio pazientemente costruito vacilli o addirittura crolli per mancanza di fondamenta solide.

13.

Occorre inoltre fare in modo di non compromettere la realizzazione dell’obiettivo della decisione quadro 2002/584 e la fiducia reciproca tra gli Stati membri che è alla base del meccanismo del mandato d’arresto europeo istituito da tale decisione quadro.

14.

È per tale ragione che sosterrò l’idea secondo cui la Corte deve continuare a dichiarare che un rifiuto di consegna giustificato dall’affermazione di un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, della persona oggetto di un mandato d’arresto europeo deve presentare un carattere veramente eccezionale. Qualora non abbia dimostrato l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può essere legittimata a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo sulla base della mera affermazione di un rischio individuale di violazione di detto diritto fondamentale.

II. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

15.

A seguito all’adozione delle leggi vertenti sull’indipendenza della comunità autonoma di Catalogna (Spagna) e sullo svolgimento di un referendum a tal fine, è stato avviato un procedimento penale dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema) nei confronti di diverse persone accusate di aver commesso, segnatamente, i reati di sedizione e di distrazione di fondi pubblici.

16.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, nell’ambito di tale procedimento, il Tribunal Supremo (Corte Suprema) ha emesso, il 14 ottobre 2019, un mandato d’arresto europeo nei confronti di Carles Puigdemont Casamajó e, il 4 novembre 2019, mandati d’arresto europei nei confronti dei sigg. Antoni Comín Oliveres e Puig Gordi e della sig.ra Clara Ponsatí Obiols. Mentre la sig.ra Ponsatí Obiols era stata arrestata nel Regno Unito, gli altri tre imputati sono stati arrestati in Belgio e, di conseguenza, in tale Stato membro sono stati avviati procedimenti relativi all’esecuzione di tali mandati d’arresto europei. Nessuna delle persone ricercate ha acconsentito alla propria consegna.

17.

A seguito della loro elezione a membri del Parlamento europeo, i procedimenti a carico dei sigg. Puigdemont Casamajó e Comín Oliveres in Belgio sono stati sospesi in ragione dell’immunità parlamentare di cui essi godono in qualità di deputati europei ( 10 ). Tuttavia, il procedimento relativo all’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del sig. Puig Gordi ha seguito il suo corso. È quindi tale procedimento ad essere al centro della presente causa.

18.

Con ordinanza del 7 agosto 2020, la 27e chambre correctionnelle du tribunal de première instance néerlandophone de Bruxelles (27a sezione penale del Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua neerlandese) (Belgio) ( 11 ) ha rifiutato l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del sig. Puig Gordi.

19.

Il giudice del rinvio spiega che il tribunal de première instance ha ritenuto che la decisione quadro 2002/584 gli consentisse di valutare la competenza dell’autorità giudiziaria emittente ad emettere un mandato d’arresto europeo. A tale riguardo, esso si sarebbe basato, in particolare, sulla giurisprudenza della Corte relativa alla qualificazione del pubblico ministero di diversi Stati membri come «autorità giudiziaria» ( 12 ), sui considerando 8 e 12 della decisione quadro 2002/584 nonché sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ( 13 ).

20.

Il tribunal de première instance avrebbe proceduto alla verifica effettiva di tale competenza e avrebbe concluso che il Tribunal Supremo (Corte Suprema) non era competente a conoscere del procedimento riguardante il sig. Puig Gordi e, pertanto, ad emettere il mandato d’arresto europeo nei suoi confronti. Esso avrebbe basato tale valutazione sui pareri del Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria del Consiglio dei diritti umani dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ( 14 ), riguardanti persone coinvolte negli stessi fatti, nonché sulla giurisprudenza della Corte EDU ( 15 ) e su altre disposizioni del diritto spagnolo e del diritto belga.

21.

L’appello interposto dal pubblico ministero belga è stato respinto con sentenza della chambre des mises en accusation de la cour d’appel de Bruxelles (sezione della Corte d’appello di Bruxelles competente per l’imputazione) (Belgio) del 7 gennaio 2021 ( 16 ), che ha confermato, di conseguenza, l’ordinanza impugnata nonché il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del sig. Puig Gordi. Per giungere alla conclusione secondo cui la competenza dell’autorità giudiziaria emittente non sembra essere fondata su una disposizione di legge espressa, la cour d’appel avrebbe fatto riferimento ad una relazione del Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, del 27 maggio 2019, sulla giurisprudenza della Corte EDU nonché su un documento che spiega la competenza del Tribunal Supremo (Corte suprema), fornito da quest’ultimo l’11 marzo 2021.

22.

In tale contesto, il giudice del rinvio afferma che esso deve decidere sulla conferma o sulla revoca dei mandati d’arresto europei esistenti e sulla questione dell’eventuale emissione di nuovi mandati d’arresto europei nei confronti di tutti i coimputati in detto procedimento o di alcuni di essi.

23.

Più precisamente, per quanto riguarda il sig. Puig Gordi, tale giudice afferma che il presente rinvio pregiudiziale gli consentirà di valutare se sia possibile reiterare la richiesta di consegna, emettendo, se del caso, un nuovo mandato d’arresto europeo nei suoi confronti, allorché l’autorità giudiziaria dello stesso Stato membro di esecuzione ha rifiutato la consegna di tale persona sulla base di motivi che potrebbero essere contrari alla decisione quadro 2002/584.

24.

Il giudice del rinvio nutre dubbi sul potere di cui disporrebbe l’autorità giudiziaria responsabile dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, da un lato, di valutare la competenza dell’autorità giudiziaria emittente, ai sensi del diritto nazionale dello Stato membro emittente, a giudicare gli imputati e, dall’altro, di rifiutare l’esecuzione di tale mandato per un’asserita violazione dei diritti fondamentali dell’imputato che deriverebbe dalla violazione di detta competenza. A tale riguardo, detto giudice adduce diversi argomenti.

25.

In primo luogo, per quanto riguarda la questione se l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa verificare se l’autorità giudiziaria emittente fosse effettivamente investita della competenza necessaria a conoscere del merito della causa, quale condizione essenziale della competenza ad emettere un mandato d’arresto europeo, il giudice del rinvio ritiene che un simile potere dovrebbe derivare o da una disposizione formale del diritto dell’Unione o da un’interpretazione di tale diritto che andasse in tal senso.

26.

Orbene, detto giudice osserva in particolare che una siffatta possibilità non può trovare fondamento nel testo degli articoli 3, 4 e 4 bis della decisione quadro 2002/584, relativi ai motivi obbligatori o facoltativi di rifiuto dell’esecuzione, e non può neppure essere dedotta da un’interpretazione ampia di tale decisione quadro o dell’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, dato che il principio che essa stabilisce all’articolo 1, paragrafo 2, è l’esecuzione del mandato d’arresto europeo, mentre un potenziale rifiuto costituisce l’eccezione, che deve quindi essere interpretata restrittivamente.

27.

In secondo luogo, nel caso in cui all’autorità giudiziaria dell’esecuzione fosse riconosciuto dalla Corte un potere di controllare la competenza dell’autorità giudiziaria emittente, il giudice del rinvio si interroga sugli elementi di cui quest’ultima dovrebbe tenere conto nell’ambito di un simile controllo.

28.

A questo proposito, tale giudice ritiene che la competenza dell’autorità giudiziaria di emissione di un mandato d’arresto europeo debba essere determinata esclusivamente in base al diritto nazionale dello Stato membro emittente. Orbene, ammettere che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa interpretare il diritto nazionale di tale Stato darebbe luogo ad una situazione incoerente e insostenibile, poiché l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sarebbe tenuta ad interpretare e ad applicare un diritto ad essa estraneo e che non si può neanche presumere che le sia noto.

29.

Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che i due organi giurisdizionali belgi abbiano interpretato il diritto spagnolo in modo errato. Tali organi giurisdizionali avrebbero altresì ignorato le numerose decisioni del giudice del rinvio che hanno risolto il problema relativo alla sua competenza nonché il fatto che la discussione sia stata portata dinanzi al Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna), il quale avrebbe confermato la competenza del giudice del rinvio, in particolare, in una sentenza del 17 febbraio 2021 ( 17 ). Gli organi giurisdizionali belgi non avrebbero quindi tenuto conto né dell’interpretazione adottata dagli organi giurisdizionali spagnoli né del fatto che le parti abbiano beneficiato di un ricorso giurisdizionale di primo e di secondo grado avverso i mandati d’arresto europei emessi.

30.

In terzo luogo, per quanto riguarda la portata che occorre attribuire al meccanismo di richiesta di informazioni complementari previsto all’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, il giudice del rinvio ritiene che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non ne abbia fatto un uso sufficiente. Infatti, tale autorità avrebbe dovuto chiedere all’autorità giudiziaria emittente informazioni complementari al fine di consentirle di fornire elementi tratti dal suo diritto interno, in particolare le numerose decisioni che hanno statuito sulla questione della competenza dell’autorità giudiziaria emittente a conoscere del merito della causa.

31.

In quarto luogo, il giudice del rinvio rileva che, per rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui trattasi, la cour d’appel si è basata sull’articolo 4, paragrafo 5, punto 5, della legge relativa al mandato d’arresto europeo ( 18 ), del 19 dicembre 2003, ai sensi del quale l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo è obbligatoriamente rifiutata qualora sussistano fondati motivi di ritenere che quest’ultima avrebbe l’effetto di ledere i diritti fondamentali della persona interessata. Orbene, tale motivo di non esecuzione non farebbe parte di quelli espressamente menzionati nella decisione quadro 2002/584.

32.

Inoltre, tale giudice considera che un rifiuto di esecuzione che fosse dedotto dall’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro dovrebbe avvenire, ai sensi della giurisprudenza della Corte, soltanto in circostanze eccezionali, caratterizzate finora, per quanto riguarda il diritto fondamentale a un equo processo sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, dall’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate per quanto concerne l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente.

33.

Inoltre, adottando come elemento a sostegno della propria valutazione la relazione del Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, del 27 maggio 2019, la cour d’appel non avrebbe soddisfatto il requisito secondo cui l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati per poter constatare un rischio grave, reale, specifico e individuale di violazione dei diritti fondamentali della persona ricercata.

34.

Alla luce di tali circostanze, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la [decisione quadro 2002/584] consenta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare la consegna della persona ricercata mediante un MAE [mandato d’arresto europeo], sulla base dei motivi di rifiuto previsti dal suo diritto nazionale, ma non menzionati in quanto tali dalla decisione quadro.

2)

In caso di risposta affermativa alla questione precedente e allo scopo di assicurare il buon fine di un MAE e di ricorrere utilmente al mezzo offerto dall’articolo 15, paragrafo 3, della [decisione quadro 2002/584]:

Se l’autorità giudiziaria emittente debba verificare e analizzare i diversi diritti degli Stati al fine di prendere in considerazione gli eventuali motivi di rifiuto di un MAE non previsti dalla [decisione quadro 2002/584].

3)

Alla luce delle risposte alle questioni precedenti, tenuto conto del fatto che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della [decisione quadro 2002/584], la competenza dell’autorità giudiziaria emittente a disporre un MAE si determina in base alla legge dello Stato di emissione:

Se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può contestare la competenza dell’autorità giudiziaria emittente ad agire nello specifico procedimento penale e rifiutare la consegna affermando che la seconda non è competente a emettere [tale MAE].

4)

Per quanto riguarda l’eventuale possibilità che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione controlli il rispetto dei diritti fondamentali della persona ricercata nello Stato emittente:

a)

Se la [decisione quadro 2002/584] consenta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare la consegna della persona ricercata perché ritiene che sussista un rischio di violazione dei suoi diritti fondamentali nello Stato membro emittente, sulla base della relazione di un gruppo di lavoro fornita all’autorità nazionale dell’esecuzione dalla stessa persona ricercata.

b)

Ai fini della questione precedente, se la relazione in parola costituisca un elemento oggettivo, attendibile, preciso e opportunamente aggiornato tale da giustificare, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, il rifiuto di consegnare la persona ricercata sulla base di un serio rischio di violazione dei suoi diritti fondamentali.

c)

In caso di risposta affermativa alla questione precedente, quali siano gli elementi richiesti dal diritto dell’Unione affinché uno Stato membro possa concludere nel senso dell’esistenza, nello Stato membro emittente, di un rischio di violazione dei diritti fondamentali fatto valere dalla persona ricercata e che giustifichi il rifiuto del MAE.

5)

Se sulle risposte alle questioni precedenti incida la circostanza che la persona di cui si chiede la consegna abbia potuto far valere dinanzi ai giudici dello Stato di emissione, anche in un doppio grado di giudizio, l’incompetenza dell’autorità giudiziaria emittente, il suo mandato d’arresto e la garanzia dei suoi diritti fondamentali.

6)

Se sulle risposte alle precedenti questioni incida la circostanza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuti un MAE per motivi non espressamente previsti dalla [decisione quadro 2002/584], in particolare rilevando l’incompetenza dell’autorità giudiziaria emittente e il grave rischio di violazione dei diritti fondamentali nello Stato emittente, e ciò senza aver richiesto all’autorità giudiziaria emittente le informazioni complementari specifiche che influirebbero su tale decisione.

7)

Se dalle risposte alle precedenti questioni risulta che, nelle circostanze della causa, la [decisione quadro 2002/584] osta al rifiuto della consegna di una persona sulla base dei suddetti motivi di rifiuto:

Se la [decisione quadro 2002/584] osti a che il presente giudice del rinvio emetta un nuovo MAE nei confronti della stessa persona e verso lo stesso Stato membro».

35.

Hanno presentato osservazioni scritte i sigg. Puig Gordi, Puigdemont Casamajó, Comín Oliveres, le sig.re Ponsatí Obiols, Marta Rovira Vergés, Anna Gabriel Sabaté, il Ministerio Fiscal, i governi spagnolo, belga, polacco e rumeno nonché la Commissione europea. Il 5 aprile 2022 si è tenuta un’udienza di discussione.

III. Analisi

36.

In generale, le questioni sollevate dal giudice del rinvio mirano a far sì che la Corte precisi le condizioni che consentono all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare di dare seguito a un mandato d’arresto europeo a causa del rischio di violazione, in caso di consegna della persona ricercata all’autorità giudiziaria emittente, del diritto fondamentale di tale persona a un equo processo dinanzi a un giudice costituito per legge, quale sancito all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ( 19 ), che corrisponde all’articolo 47, secondo comma, della Carta.

37.

La maggior parte di dette questioni trae origine dalla motivazione addotta dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione al fine di rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del sig. Puig Gordi.

A.   Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

38.

Prenderò rapidamente posizione sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali ricordando che, secondo giurisprudenza costante, le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in modo manifesto che la richiesta interpretazione o valutazione della validità di una norma del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte ( 20 ).

39.

Orbene, nella sentenza del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone) ( 21 ), la Corte ha dichiarato la ricevibilità di questioni sollevate da un’autorità giudiziaria emittente al fine di determinare la portata della competenza di un’autorità giudiziaria dell’esecuzione a seguito dell’infruttuosa emissione di mandati d’arresto europei ( 22 ).

40.

Per giungere a tale conclusione, la Corte, da un lato, ha preso in considerazione il fatto che il giudice del rinvio affermava di aver adito la Corte al fine di adottare, in base alle risposte fornite alle questioni sollevate, una decisione di revoca di un mandato d’arresto europeo. Pertanto, non era possibile sostenere che le questioni proposte non avevano alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio né che il problema era di natura ipotetica ( 23 ).

41.

Dall’altro lato, la Corte ha dichiarato che la ricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale non è messa in questione dalla circostanza che le questioni sollevate vertono sugli obblighi dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, mentre il giudice del rinvio è l’autorità giudiziaria di emissione del mandato d’arresto europeo. Invero, l’emissione di un mandato d’arresto europeo ha quale conseguenza il possibile arresto della persona ricercata e, pertanto, pregiudica la libertà personale di quest’ultima. Orbene, la Corte ha dichiarato che, nel caso di una procedura riguardante un mandato d’arresto europeo, la garanzia dei diritti fondamentali spetta, in primo luogo, allo Stato membro emittente ( 24 ).

42.

Basandosi su tale argomento, la Corte ha inoltre dichiarato, nella sentenza Spetsializirana prokuratura (Comunicazione dei diritti), che, al fine di assicurare la garanzia di tali diritti, che può indurre un’autorità giudiziaria ad adottare una decisione di emettere un mandato d’arresto europeo, occorre che tale autorità disponga della facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale ( 25 ).

43.

Non vi sono dubbi, a mio avviso, sull’applicabilità di detta giurisprudenza alla presente causa. Infatti, poiché il meccanismo del mandato d’arresto europeo si traduce concretamente in una relazione tra due autorità giudiziarie, si deve ammettere che l’una o l’altra di tali autorità possa adire la Corte al fine di ottenere precisazioni per prevenire o di risolvere eventuali disfunzioni di tale meccanismo. Come ha giustamente rilevato la Commissione nelle sue osservazioni, occorre evitare di creare un’asimmetria nella possibilità per i giudici dello Stato membro emittente o dello Stato membro dell’esecuzione di adire la Corte con un rinvio pregiudiziale. Il problema non è ipotetico, in quanto la sua risoluzione è necessaria al fine di consentire all’autorità giudiziaria emittente di decidere di revocare o di emettere un mandato d’arresto europeo nell’ambito di un procedimento penale in corso ( 26 ). Inoltre, l’applicazione di detta giurisprudenza non richiede, a mio avviso, che, nel caso di specie, le questioni sollevate dal giudice del rinvio coincidano interamente con i motivi addotti dalla cour d’appel nella sua decisione di rifiuto dell’esecuzione del mandato d’arresto europeo di cui trattasi.

44.

Nel merito, nelle considerazioni che seguono esaminerò in tre momenti successivi le questioni sollevate dal giudice del rinvio.

45.

In un primo momento, mi concentrerò sulla prima questione pregiudiziale, che mi porterà a precisare se, ed eventualmente a quali condizioni, uno Stato membro possa prevedere un motivo di non esecuzione che non sia espressamente previsto dalla decisione quadro 2002/584.

46.

In un secondo momento, esaminerò congiuntamente le questioni pregiudiziali dalla terza alla sesta, che invitano la Corte, in sostanza, a precisare le condizioni alle quali un’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo basandosi sul motivo che l’autorità giudiziaria emittente non sarebbe competente ad emettere tale mandato d’arresto europeo e a giudicare la persona ricercata.

47.

In un terzo momento, risponderò alla settima questione pregiudiziale, che è volta a determinare se, dopo che le sia stato opposto un rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, un’autorità giudiziaria emittente sia limitata nella propria possibilità di emettere un nuovo mandato d’arresto europeo.

B.   Sulla prima questione pregiudiziale

48.

Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la decisione quadro 2002/584 debba essere interpretata nel senso che essa consente a un’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo sulla base di un motivo di non esecuzione previsto dal suo diritto nazionale, ma non menzionato in tale decisione quadro.

49.

La Corte ha già dichiarato che, nel settore disciplinato dalla decisione quadro 2002/584, il principio di riconoscimento reciproco, che costituisce, come risulta in particolare dal considerando 6 della stessa, il «fondamento» della cooperazione giudiziaria in materia penale, trova applicazione all’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che sancisce la regola secondo cui gli Stati membri sono tenuti a dare esecuzione a ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della medesima decisione quadro. Le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono, dunque, in via di principio, rifiutare di eseguire un siffatto mandato solo per i motivi di non esecuzione tassativamente elencati dalla decisione quadro 2002/584 e possono subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo esclusivamente a una delle condizioni tassativamente previste all’articolo 5 di tale decisione quadro. Di conseguenza, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva ( 27 ).

50.

In tal senso, la decisione quadro 2002/584 enuncia espressamente i motivi di non esecuzione obbligatoria (articolo 3) e facoltativa (articoli 4 e 4 bis) del mandato d’arresto europeo, nonché le garanzie che lo Stato membro emittente deve fornire in casi particolari (articolo 5) ( 28 ).

51.

La Corte ha tuttavia esteso i casi in cui occorre rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo al di là dei motivi di non esecuzione espressamente menzionati agli articoli 3, 4 e 4 bis di tale decisione quadro.

52.

Essa ha infatti dichiarato, anzitutto, che un rifiuto di esecuzione deve essere opposto qualora il mandato d’arresto europeo non soddisfi i requisiti di regolarità previsti all’articolo 8, paragrafo 1, di detta decisione quadro ( 29 ). La Corte ha, inoltre, considerato che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 consentiva di porre fine ad una procedura di esecuzione per evitare, in taluni casi eccezionali, una violazione dei diritti fondamentali ( 30 ). Essa ha, infine, dichiarato che il principio del reciproco riconoscimento vale soltanto per i mandati d’arresto europei, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale decisione quadro, il che comporta che non debbano essere eseguiti i mandati d’arresto europei che non siano stati emessi da un’«autorità giudiziaria», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta decisione quadro ( 31 ), o emessi a seguito di una procedura che non soddisfa i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva ( 32 ).

53.

In tutti questi casi, che possono portare un’autorità giudiziaria dell’esecuzione a rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo, la Corte ha sempre basato il proprio ragionamento su disposizioni della decisione quadro 2002/584, se del caso lette alla luce degli articoli 4 e 47 della Carta.

54.

Per contro, un motivo di non esecuzione previsto dal diritto nazionale di uno Stato membro che non trovi fondamento in una disposizione di tale decisione quadro, come interpretata dalla Corte, non può essere ammesso.

55.

Ne consegue che, a mio avviso, la decisione quadro 2002/584 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuti di eseguire un mandato d’arresto europeo sulla base di un motivo di non esecuzione previsto dal suo diritto nazionale, ma non menzionato in tale decisione quadro.

56.

Al fine di fornire una risposta completa al giudice del rinvio, mi sembra tuttavia necessario precisare che, nella presente causa, il motivo di non esecuzione che è al centro della discussione, e che è quello su cui i giudici belgi si sono basati per rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del sig. Puig Gordi, risulta dall’articolo 4, paragrafo 5, punto 5, della legge relativa al mandato d’arresto europeo, il quale dispone che «[l]’esecuzione di un mandato d’arresto europeo è rifiutata (...) se sussistono fondati motivi per ritenere che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo avrebbe l’effetto di violare i diritti fondamentali della persona interessata, quali sanciti dall’articolo 6 [TUE]».

57.

Una disposizione di tal genere non è rara nel diritto nazionale degli Stati membri ( 33 ) e costituisce il riflesso dell’impegno del legislatore dell’Unione a concepire un meccanismo rispettoso dei diritti fondamentali della persona oggetto di un mandato d’arresto europeo.

58.

A tale riguardo, ricordo che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, «[l]’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 [TUE] non può essere modificat[o] per effetto della [medesima] decisione quadro». Anche i considerando 10, 12 e 13 di tale decisione quadro sono rilevanti a questo proposito ( 34 ).

59.

Come ho già rilevato, la Corte ha ammesso che limitazioni ai principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri possano essere apportate «in circostanze eccezionali» ( 35 ), basando il suo ragionamento segnatamente sull’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 ( 36 ).

60.

Le considerazioni che seguono mi porteranno a ricordare che le condizioni che un’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rispettare per essere legittimata a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, qualora abbia fondati motivi di ritenere che tale esecuzione avrebbe l’effetto di violare i diritti fondamentali della persona interessata, devono essere interpretate restrittivamente al fine di garantire che un rifiuto di esecuzione mantenga un carattere eccezionale.

61.

Tenuto conto degli elementi che ho appena esposto, non mi sembra criticabile, in quanto tale, il fatto che uno Stato membro menzioni nel proprio diritto nazionale la possibilità per un’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per motivi del genere, dato che la stessa Corte si è basata sull’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 per ammettere che possano essere apportate limitazioni ai principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra Stati membri. Tuttavia, aggiungo immediatamente un’importante precisazione, vale a dire che, beninteso, una disposizione nazionale, come l’articolo 4, paragrafo 5, punto 5, della legge relativa al mandato d’arresto europeo, deve essere interpretata, al pari di qualsiasi disposizione nazionale che attua il diritto dell’Unione, conformemente a quest’ultimo. Un’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può quindi basarsi su una simile disposizione per rifiutare in modo obbligatorio e automatico l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo in caso di asserita violazione dei diritti fondamentali della persona interessata ( 37 ), non tenendo conto del corpus giurisprudenziale che delimita rigorosamente le condizioni alle quali un siffatto rifiuto può, in via eccezionale, essere opposto all’autorità giudiziaria emittente.

62.

Di conseguenza, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che la decisione quadro 2002/584 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuti di eseguire un mandato d’arresto europeo sulla base di un motivo di non esecuzione previsto dal suo diritto nazionale, ma non menzionato in tale decisione quadro. Per contro, detta decisione quadro non osta a una disposizione nazionale che attui l’articolo 1, paragrafo 3, della medesima decisione quadro, prevedendo la possibilità, per un’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di rifiutare di dare seguito a un mandato d’arresto europeo qualora essa abbia fondati motivi di ritenere che l’esecuzione di quest’ultimo avrebbe l’effetto di violare i diritti fondamentali della persona interessata, a condizione che tale disposizione sia applicata conformemente alla giurisprudenza della Corte che stabilisce le rigorose condizioni alle quali un simile rifiuto può intervenire.

63.

Tenuto conto della risposta alla prima questione pregiudiziale che propongo alla Corte di adottare, non occorre, a mio avviso, rispondere alla seconda questione pregiudiziale.

C.   Sulle questioni pregiudiziali dalla terza alla sesta

64.

Come ho preannunciato, esaminerò congiuntamente le questioni pregiudiziali dalla terza alla sesta, in quanto esse mirano tutte a precisare le condizioni alle quali un’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo basandosi sul motivo che l’autorità giudiziaria emittente non sarebbe competente ad emettere tale mandato d’arresto europeo e a giudicare la persona ricercata.

65.

A tale riguardo, il giudice del rinvio desidera ricevere chiarimenti su diversi aspetti. Anzitutto, può un simile motivo di non esecuzione discendere dall’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584? Inoltre, ed è questo il fulcro del problema sottoposto alla Corte, a quali condizioni un’autorità giudiziaria dell’esecuzione può, sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro, rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo adducendo un motivo vertente su un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta? Infine, quale influenza possono avere sulla risposta a quest’ultima questione, da un lato, la circostanza che la persona ricercata abbia potuto, dinanzi ai giudici dello Stato membro emittente, invocare la tutela dei propri diritti fondamentali e contestare la competenza di tali giudici nonché, dall’altro, l’eventuale esistenza di un obbligo, per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione che intende rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, di chiedere all’autorità giudiziaria emittente informazioni complementari, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, di detta decisione quadro?

1. Può un motivo di non esecuzione vertente sul fatto che l’autorità giudiziaria emittente non sarebbe competente ad emettere un mandato d’arresto europeo discendere dall’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584?

66.

Osservo che la decisione quadro 2002/584, in particolare ai suoi articoli 3, 4 e 4 bis, non contiene alcuna disposizione che preveda espressamente un motivo di non esecuzione vertente sul fatto che l’autorità giudiziaria emittente non sia competente ad emettere un mandato d’arresto europeo. Peraltro, ritengo che un simile motivo di non esecuzione non possa essere dedotto neanche dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale decisione quadro.

67.

La Corte ha già dichiarato che il principio di riconoscimento reciproco presuppone che soltanto i mandati d’arresto europei, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, debbano essere eseguiti conformemente alle disposizioni di quest’ultima, il che richiede che un simile mandato, che è qualificato, in tale disposizione, come «decisione giudiziaria», sia emesso da un’«autorità giudiziaria», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta decisione quadro ( 38 ).

68.

Ricordo che, a termini di tale disposizione, «[p]er autorità giudiziaria emittente si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente che, in base alla legge di detto Stato, è competente a emettere un mandato d’arresto europeo».

69.

Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 3, di detta decisione quadro prevede che «[c]iascuno Stato membro comunica al Segretariato generale del Consiglio qual è l’autorità competente in base al proprio diritto interno». In applicazione di tale disposizione, il Regno di Spagna ha informato il Consiglio che, ai sensi dell’articolo 35 della Ley 23/2014 de reconocimiento mutuo de resoluciones penales en la Unión Europea (legge 23/2014 sul reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale nell’Unione europea) ( 39 ), del 20 novembre 2014, le autorità giudiziarie competenti ad emettere un mandato d’arresto europeo sono il giudice o il tribunale investito della causa nell’ambito della quale occorre emettere un simile mandato ( 40 ). Esiste quindi una corrispondenza tra la competenza di un’autorità giudiziaria a conoscere di una causa e la competenza di tale autorità ad emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale.

70.

Come la Corte ha dichiarato, in particolare, nella sentenza del 27 maggio 2019, OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau) ( 41 ), i termini «autorità giudiziaria», contenuti nell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, non si limitano a designare i soli giudici o organi giurisdizionali di uno Stato membro, ma devono intendersi riferiti, più in generale, alle autorità che partecipano all’amministrazione della giustizia penale di tale Stato membro, a differenza, in particolare, dei ministeri o dei servizi di polizia, che fanno parte del potere esecutivo ( 42 ).

71.

Inoltre, secondo la Corte, la nozione di «autorità giudiziaria», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, implica che l’autorità interessata agisca in modo indipendente nell’esercizio delle sue funzioni inerenti all’emissione di un mandato d’arresto europeo ( 43 ).

72.

Se i criteri che consentono in tal modo di definire la nozione di «autorità giudiziaria», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, non sono soddisfatti, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo. Per contro, qualora tali criteri siano soddisfatti, non ritengo che il testo di tale disposizione, nella misura in cui esso menziona l’autorità giudiziaria «che, in base alla legge di detto Stato, è competente a emettere un mandato d’arresto europeo», possa essere interpretato nel senso che esso conferisce all’autorità giudiziaria dell’esecuzione il potere di verificare la competenza dell’autorità giudiziaria emittente ad emettere il mandato d’arresto europeo di cui trattasi e di rifiutare l’esecuzione di tale mandato qualora essa ritenga che detta autorità non sia competente.

73.

Infatti, ammettere che l’articolo 6, paragrafo 1, di detta decisione quadro autorizzi l’autorità giudiziaria dell’esecuzione a controllare la competenza dell’autorità giudiziaria emittente contrasterebbe con il principio di autonomia processuale, in forza del quale gli Stati membri possono designare, in base al loro diritto nazionale, l’autorità giudiziaria competente ad emettere un mandato d’arresto europeo ( 44 ). Pertanto, non spetta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, tenuto conto della ripartizione delle funzioni tra essa e l’autorità giudiziaria emittente, verificare se quest’ultima sia competente, ai sensi delle norme di organizzazione e di procedura giudiziarie dello Stato membro emittente, ad emettere un mandato d’arresto europeo. A partire dal momento in cui un mandato d’arresto europeo viene emesso da un’«autorità giudiziaria», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve presumere che l’autorità giudiziaria emittente rispetti le norme nazionali che stabiliscono la sua competenza.

74.

In sintesi, sebbene il senso e la portata della nozione di «autorità giudiziaria», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, non possano essere lasciati alla discrezionalità dei singoli Stati membri ( 45 ), e sebbene tale nozione richieda, in tutta l’Unione, un’interpretazione autonoma e uniforme ( 46 ), le norme che stabiliscono la competenza di una simile autorità ad emettere un mandato d’arresto europeo rientrano nell’autonomia processuale dello Stato membro emittente, nella quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può interferire sul fondamento di detta disposizione. Qualsiasi altra interpretazione violerebbe il principio del riconoscimento reciproco.

75.

Quanto sopra esposto non pregiudica, ovviamente, il controllo giurisdizionale che potrebbe essere effettuato nello Stato membro emittente, d’ufficio o su iniziativa della persona di cui è richiesta la consegna, al fine di verificare se le norme nazionali che stabiliscono la competenza dell’autorità giudiziaria emittente siano state rispettate.

76.

Da tali elementi deriva, a mio avviso, che l’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che esso non consente a un’autorità giudiziaria dell’esecuzione di controllare se un’autorità giudiziaria emittente sia competente, ai sensi del diritto dello Stato membro emittente, ad emettere un mandato d’arresto europeo.

2. A quali condizioni un’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare, sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo in caso di asserito rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta?

77.

Si tratta ora di precisare le condizioni alle quali l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, quale fondamento di una possibile deroga al principio del riconoscimento reciproco, può consentire a un’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo in caso di asserito rischio di violazione del diritto fondamentale della persona ricercata a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, tutelato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta.

78.

Rilevo anzitutto che, a mio avviso, la risposta a tale questione deve muovere dalla premessa di qualsiasi analisi in materia, vale a dire che «il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri riveste, nel diritto dell’Unione, un’importanza fondamentale, dato che consente la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne. Orbene, tale principio impone a ciascuno di detti Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, di ritenere, tranne in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettano il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo» ( 47 ).

79.

Tale postulato della fiducia reciproca nei sistemi nazionali di protezione dei diritti fondamentali implica, come la Corte ha affermato con forza nel suo parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), che, «[a]llorché attuano il diritto dell’Unione, gli Stati membri possono (...) essere tenuti, in forza di quest’ultimo, a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, sicché risulta ad essi preclusa non soltanto la possibilità di esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garantito dal diritto dell’Unione, ma anche, salvo casi eccezionali, quella di verificare se tale altro Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, i diritti fondamentali garantiti dall’Unione» ( 48 ). Da allora, nel campo del mandato d’arresto europeo, la Corte non ha deviato dall’orientamento consistente nel porre l’accento sul carattere eccezionale che deve assumere il controllo, da parte di un’autorità giudiziaria dell’esecuzione, del rispetto dei diritti fondamentali nello Stato membro emittente ( 49 ). Si tratta dell’espressione, in tale campo, del fatto che l’obbligo per gli Stati membri di rispettare i diritti fondamentali deve sempre rientrare nell’ambito della struttura e degli obiettivi dell’Unione ( 50 ).

80.

A questo proposito, va ricordato che la decisione quadro 2002/584 è diretta, mediante l’istituzione di un sistema semplificato ed efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri ( 51 ).

81.

Inoltre, ho già rilevato che, per raggiungere tale obiettivo, il principio del riconoscimento reciproco implica che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisca il principio e che il rifiuto di esecuzione debba essere concepito come un’eccezione da interpretare restrittivamente ( 52 ).

82.

In tale contesto, la Corte ha ammesso, nella sentenza Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), che, al pari di un rischio reale di violazione dell’articolo 4 della Carta, un rischio reale di violazione del diritto fondamentale dell’interessato a un equo processo, come enunciato all’articolo 47, secondo comma, della Carta, poteva dare luogo, a titolo eccezionale, al rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo.

83.

Infatti, «l’alto grado di fiducia tra gli Stati membri su cui poggia il meccanismo del mandato d’arresto europeo si fonda sulla premessa secondo cui i giudici penali dello Stato membro emittente che, a seguito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, dovranno esercitare l’azione penale o condurre il procedimento di esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, nonché il procedimento penale di merito, soddisfano i requisiti inerenti al diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta» ( 53 ). Secondo la Corte, «[t]ale diritto fondamentale riveste (...) importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente, del valore dello Stato di diritto» ( 54 ).

84.

Il rispetto dei requisiti inerenti al diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, costituisce quindi il fondamento che condiziona un funzionamento del meccanismo del mandato d’arresto europeo che sia rispettoso dei diritti di cui beneficiano le persone oggetto di tale mandato.

85.

A questo proposito, non vi è dubbio che, in quanto autorità che devono attuare la decisione quadro 2002/584, le autorità giudiziarie emittenti e di esecuzione sono tenute a rispettare i diritti fondamentali tutelati dalla Carta. Ciò posto, affinché il sistema di consegna istituito da detta decisione quadro possa funzionare, le responsabilità a tale riguardo sono ripartite, conformemente al principio della fiducia reciproca, tra tali due autorità. Infatti, se l’autorità giudiziaria emittente e l’autorità giudiziaria dell’esecuzione fossero autorizzate ad effettuare i medesimi controlli, l’efficacia e la rapidità della consegna sarebbero compromesse. Inoltre, la fiducia reciproca è, per sua natura, contraria all’effettuazione di controlli incrociati da parte di ciascuna autorità per verificare il rispetto dei diritti fondamentali nello Stato membro a cui appartiene l’altra autorità. In tale logica, il rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo fondato sulla constatazione, da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di un rischio di violazione dei diritti fondamentali nello Stato membro emittente non può che avere un carattere eccezionale.

86.

Ciò è quanto la Corte ha espresso dichiarando che, «se è compito primario di ciascuno Stato membro, al fine di garantire la piena applicazione dei principi della fiducia e del riconoscimento reciproci che sono alla base del funzionamento del meccanismo in parola, garantire, sotto il controllo ultimo della Corte, la salvaguardia dei requisiti inerenti al [diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma. della Carta], astenendosi da qualsiasi misura che possa pregiudicarlo (...), l’esistenza di un rischio reale che la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo subisca, in caso di consegna all’autorità giudiziaria emittente, una violazione del summenzionato diritto fondamentale autorizza l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ad astenersi, a titolo eccezionale, dal dare seguito a tale mandato d’arresto europeo, in base all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro in parola» ( 55 ).

87.

Pertanto, l’esistenza di un rischio reale che la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo subisca, in caso di consegna all’autorità giudiziaria emittente, una violazione del suo diritto fondamentale a un equo processo è in grado di modificare, a titolo eccezionale, la ripartizione delle responsabilità che incombono rispettivamente all’autorità giudiziaria emittente e all’autorità giudiziaria di esecuzione. A questo proposito, ricordo che, nel caso di un procedimento riguardante un mandato d’arresto europeo, la garanzia del rispetto dei diritti della persona di cui è richiesta la consegna rientra in primo luogo nella responsabilità dello Stato membro emittente, che si deve presumere rispetti il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo ( 56 ).

88.

La possibilità, per un’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di rovesciare detta presunzione controllando l’esistenza di un rischio di violazione dei diritti fondamentali nello Stato membro emittente, che può indurre tale autorità a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, è stata rigorosamente disciplinata dalla Corte, la quale ha costantemente richiesto, a partire dalla sentenza Aranyosi e Căldăraru, il rispetto di un esame in due fasi che coniughi una valutazione su un piano sistemico con un esame su un piano individuale dell’esistenza del rischio asserito.

89.

La Corte ha infatti dichiarato che, «qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo disponga di elementi che testimonino carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario nello Stato membro emittente, essa non può tuttavia presumere che sussistano seri e comprovati motivi per ritenere che tale persona corra un rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale a un processo equo in caso di consegna a quest’ultimo Stato membro, senza effettuare una verifica concreta e precisa che tenga conto, in particolare, della situazione individuale di detta persona, della natura del reato di cui trattasi e del contesto fattuale nel quale si inserisce detta emissione, ivi comprese le dichiarazioni o gli atti di autorità pubbliche che possano interferire nel trattamento da riservare a un caso individuale» ( 57 ).

90.

Nell’ambito di detto esame in due fasi, «l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, in un primo momento, determinare se sussistano elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati tendenti a testimoniare l’esistenza di un rischio reale di violazione [nello Stato membro emittente] del diritto fondamentale a un equo processo garantito dalla menzionata disposizione, a causa di carenze sistemiche o generalizzate per quanto riguarda l’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente» ( 58 ).

91.

In un secondo momento, «l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve verificare, in modo concreto e preciso, in quale misura le carenze constatate nel corso della prima fase siano idonee ad avere un impatto a livello degli organi giurisdizionali di tale Stato membro competenti a conoscere dei procedimenti cui sarà sottoposta la persona interessata e se, alla luce della situazione individuale di suddetta persona, della natura del reato per il quale quest’ultima è perseguita e del contesto fattuale nel quale l’emissione di tale mandato d’arresto si inserisce, e tenuto conto delle informazioni eventualmente fornite dallo stesso Stato membro ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, esistano seri e comprovati motivi per ritenere che detta persona corra un siffatto rischio in caso di consegna a quest’ultimo Stato membro» ( 59 ).

92.

Nella sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente), la Corte ha affermato, a proposito della procedura di nomina dei giudici nello Stato membro emittente, la necessità di un esame in due fasi nell’ipotesi in cui sia in discussione la garanzia, del pari insita nel diritto fondamentale a un equo processo, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, relativa a un giudice precostituito per legge, e ha precisato le condizioni e le modalità di applicazione di tale esame.

93.

L’esame in due fasi in tale ipotesi è stato giustificato da tre considerazioni.

94.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato i legami inscindibili che esistono, ai fini del diritto fondamentale a un equo processo, fra le garanzie di indipendenza e di imparzialità dei giudici nonché di accesso a un giudice precostituito per legge ( 60 ). In secondo luogo, la Corte ha evidenziato la necessità di bilanciare il rispetto dei diritti fondamentali delle persone di cui è richiesta la consegna con altri interessi, quali la tutela dei diritti delle vittime e la lotta contro l’impunità, il che implica che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non deve limitare il proprio esame a quello della prima fase ( 61 ). In terzo luogo, la Corte ha messo in guardia contro un approccio che condurrebbe a una sospensione nei fatti dell’attuazione del meccanismo del mandato d’arresto europeo nei confronti di detto Stato membro, in violazione della competenza del Consiglio europeo e del Consiglio a tale riguardo ( 62 ).

95.

Ritengo che il ragionamento in tal modo svolto dalla Corte nella sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente), che si basa in gran parte sulla necessità di mantenere il carattere eccezionale del rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo fondato su un asserito rischio di violazione del diritto fondamentale della persona ricercata a un equo processo dinanzi ad un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, debba essere ribadito nell’ambito della presente causa, per due ragioni principali.

96.

In primo luogo, il rischio asserito nell’ambito della presente causa riguarda la violazione del medesimo requisito inerente al diritto fondamentale a un equo processo, vale a dire quello relativo a un giudice precostituito per legge, anche se nella presente causa non è in discussione la procedura di nomina dei giudici nello Stato membro emittente, bensì il rispetto delle norme di legge che stabiliscono le competenze rispettive degli organi giurisdizionali di tale Stato.

97.

In secondo luogo, sottoporre la valutazione di un rischio reale di violazione di tale diritto fondamentale in caso di consegna ad un esame in due fasi mi sembra indispensabile affinché il rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo fondato su un simile rischio rimanga effettivamente eccezionale.

98.

Esaminerò in successione tali due punti.

a) La necessità di un esame in due fasi in caso di asserito rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge per quanto riguarda il rispetto delle norme di legge che stabiliscono la competenza degli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente

99.

Tra gli elementi costitutivi della garanzia relativa a un giudice precostituito per legge figura il requisito secondo cui la competenza di tale giudice deve fondarsi sulla legge. Ricordo che, nella misura in cui la Carta prevede diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta mira a garantire la necessaria coerenza tra i diritti previsti da quest’ultima e i corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU, senza che ciò pregiudichi l’autonomia del diritto dell’Unione. Secondo le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali ( 63 ), l’articolo 47, secondo comma, della Carta corrisponde all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. La Corte deve pertanto provvedere affinché l’interpretazione da essa data all’articolo 47, secondo comma, della Carta assicuri un livello di protezione che non si discosti da quello garantito dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, come interpretato dalla Corte EDU ( 64 ).

100.

La nozione di «tribunale costituito per legge», insieme a quelle di «indipendenza» e di «imparzialità» di un tribunale, fanno parte delle «esigenze istituzionali» di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Nella giurisprudenza della Corte EDU, tali nozioni hanno legami molto stretti ( 65 ).

101.

La Corte EDU ha dichiarato che, sebbene le esigenze istituzionali di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU perseguano ciascuna uno scopo preciso che le rende garanzie specifiche di un equo processo, esse hanno in comune il fatto di tendere al rispetto di quei principi fondamentali che sono la preminenza del diritto e la separazione dei poteri, precisando, a tale riguardo, che alla base di ciascuna di dette esigenze si trova la necessità di preservare la fiducia che il potere giudiziario deve ispirare agli amministrati e l’indipendenza di tale potere nei confronti degli altri poteri ( 66 ). La Corte ha integrato tali elementi di definizione nella propria giurisprudenza ( 67 ).

102.

Inoltre, la Corte EDU ha interpretato la nozione di «tribunale costituito per legge» nel senso di «tribunale costituito conformemente alla legge» ( 68 ). Al pari delle irregolarità nel processo di nomina dei giudici ( 69 ), la violazione di norme di diritto interno che disciplinano la competenza di un tribunale a statuire su una causa può violare il requisito di un «tribunale costituito per legge» ( 70 ). Infatti, la «legge» a cui fa riferimento l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU comprende in particolare la legislazione relativa alla costituzione e alla competenza degli organi giudiziari ( 71 ). Di conseguenza, secondo la Corte EDU, «se, ai sensi del diritto interno, un tribunale non è competente a giudicare un imputato, esso non è “costituito per legge” ai sensi di tale disposizione» ( 72 ).

103.

A questo proposito, occorre precisare che, secondo la Corte EDU, l’introduzione dell’espressione «costituito per legge» nell’articolo 6 della CEDU ha lo scopo di evitare che l’organizzazione dell’ordinamento giudiziario in una società democratica sia lasciata alla discrezione del potere esecutivo e di fare in modo che tale organizzazione sia disciplinata da una legge adottata da un Parlamento ( 73 ). Inoltre, secondo la medesima Corte, «[n]ei paesi di diritto codificato l’organizzazione dell’ordinamento giudiziario non può neppure essere lasciata alla discrezione delle autorità giudiziarie. Ciò non esclude tuttavia che a queste ultime sia riconosciuto un certo potere d’interpretazione della legislazione nazionale in materia» ( 74 ).

104.

Da tali elementi deriva che l’origine legale delle norme che stabiliscono la competenza degli organi giurisdizionali e il rispetto di tali norme da parte di questi ultimi presentano legami inscindibili con le garanzie di indipendenza e di imparzialità dei giudici. Ciò contribuisce, più in generale, a garantire la preminenza del diritto e la separazione dei poteri, preservando così la fiducia che il potere giudiziario deve ispirare al singolo e l’indipendenza di tale potere nei confronti degli altri poteri.

105.

Pertanto, le garanzie d’accesso ad un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge rappresentano la pietra angolare del diritto ad un equo processo. La verifica della questione se un organo giurisdizionale costituisca un giudice costituito per legge, qualora sorga un dubbio serio riguardo alla competenza di un organo giurisdizionale, è necessaria nell’interesse della fiducia che in una società democratica il giudice deve ispirare al singolo ( 75 ).

106.

Ne consegue che, analogamente a quanto la Corte ha dichiarato nella sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) a proposito del processo di nomina dei giudici, un esame in due fasi deve essere effettuato dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione anche in caso di asserito rischio di violazione della garanzia relativa a un giudice precostituito per legge a causa di irregolarità relative alla competenza degli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente.

b) Un esame in due fasi giustificato dalla necessità di mantenere il carattere eccezionale del rifiuto di esecuzione fondato su un asserito rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo

107.

Un eventuale difetto di competenza dell’autorità giudiziaria emittente potrebbe rivelarsi problematico sia nella fase di emissione di un mandato d’arresto europeo, sia se esso implicasse che, a seguito dell’esecuzione di tale mandato, la persona sottoposta al procedimento penale verrebbe giudicata da un giudice incompetente. Il ruolo che deve svolgere l’autorità giudiziaria dell’esecuzione quando dinanzi ad essa viene sollevato un problema di competenza dell’autorità giudiziaria emittente è stato discusso dinanzi alla Corte.

108.

Finora, la Corte si è soprattutto dedicata a giustificare la necessità, per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di procedere alla seconda fase del suo esame dopo aver completato la prima fase di esso. Infatti, ad oggi, alla Corte sono state sottoposte cause nelle quali la persona ricercata denunciava carenze sistemiche o generalizzate nello Stato membro emittente. In tale contesto specifico, la necessità di un controllo in due fasi consente soprattutto di assicurarsi che la mera dimostrazione di carenze sistemiche o generalizzate non porti ad ostacolare l’applicazione della decisione quadro 2002/584, quando la persona ricercata non è, in pratica, esposta ad alcun rischio reale a titolo individuale.

109.

Orbene, nell’ambito della presente causa, la questione è diversa, poiché si tratta di determinare se un’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa fondare il proprio rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo su un rischio individuale di violazione della garanzia relativa al giudice precostituito per legge che non trova la sua fonte nell’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente. Pertanto, in questo caso si tratta di stabilire non già se l’esistenza di simili carenze sistemiche o generalizzate sia sufficiente, bensì se essa sia necessaria per consentire a un’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo sulla base dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, qualora venga dedotto un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta.

110.

Ritengo che i termini essenziali della discussione che si è svolta a tale riguardo dinanzi alla Corte possano essere riassunti nel modo seguente, esponendo le due tesi contrapposte.

111.

Secondo la prima tesi, una constatazione dell’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente non costituirebbe una fase imposta obbligatoriamente all’autorità giudiziaria dell’esecuzione prima che essa possa passare a verificare la sussistenza di un rischio individuale e concreto di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice costituito per legge di cui deve beneficiare la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo. A questo proposito, la circostanza che la Corte abbia imposto fino ad ora lo svolgimento, da parte di tale autorità, di un esame in due fasi nelle cause in cui viene messo in discussione il rispetto dell’articolo 47, secondo comma, della Carta nello Stato membro emittente si spiegherebbe con il fatto che, in tali cause, si trattava di stabilire se, in presenza di carenze sistemiche o generalizzate, la seconda fase relativa alla valutazione di un rischio di violazione di tale diritto fondamentale sul piano individuale fosse necessaria. La Corte non si sarebbe invece pronunciata sulla questione se la prima fase sia sempre necessaria.

112.

I sostenitori di tale prima tesi fanno quindi, per così dire, pendere la bilancia tra la fiducia reciproca e la tutela del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice costituito per legge a favore di questo secondo elemento. Peraltro, l’argomento a sostegno di detta tesi non attribuisce un’importanza determinante alla differenza di natura esistente tra i diritti fondamentali tutelati dalla Carta, a seconda che essi siano assoluti o soggetti a possibili limitazioni.

113.

Per contro, secondo la seconda tesi, nel caso del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice costituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, occorrerebbe esigere rigorosamente il rispetto delle due fasi che sono state definite dalla Corte allo scopo di disciplinare la verifica, da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di un rischio reale di violazione di tale diritto nello Stato membro emittente. Poiché, al fine di non mettere in pericolo la fiducia reciproca che gli Stati membri devono accordarsi quanto al buon funzionamento dei loro rispettivi sistemi giudiziari, la verifica effettuata a tale riguardo dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione dovrebbe avere un carattere eccezionale, ciò significherebbe che la constatazione dell’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nello Stato membro emittente sarebbe obbligatoria. Infatti, solo carenze del genere sarebbero in grado di creare un rischio reale di pregiudizio al contenuto essenziale di tale diritto o, in ogni caso, un rischio reale di violazione sufficientemente grave di detto diritto. Alcuni sostenitori di tale tesi hanno ammesso che, a questo proposito, può esistere una differenza a seconda che l’asserito rischio di violazione riguardi un diritto, come quello tutelato dall’articolo 4 della Carta, che presenta un carattere assoluto oppure un diritto, come quello sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che può essere limitato.

114.

I sostenitori di questa seconda tesi, in parole povere, fanno quindi pendere la bilancia a favore della fiducia reciproca, che dovrebbe poter essere messa in discussione dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione solo in casi eccezionali, i quali dovrebbero sempre essere caratterizzati, nel caso dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, dall’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente.

115.

È a questa seconda tesi che io aderisco, in quanto essa contribuisce, concependo il rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo come un’eccezione che dev’essere oggetto di un’interpretazione restrittiva, a garantire l’effettività del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, di cui tale mandato costituisce uno degli elementi essenziali.

116.

A tal fine, mi sembra indispensabile preservare il più possibile la ripartizione delle responsabilità che incombono allo Stato membro emittente e allo Stato membro dell’esecuzione. Come ho rilevato in precedenza, spetta in primo luogo allo Stato membro emittente fare in modo che la decisione di emettere un mandato d’arresto europeo rispetti i diritti che la persona che ne è oggetto trae dal diritto dell’Unione, di cui fanno parte i diritti fondamentali tutelati dalla Carta. A tale scopo, lo Stato membro emittente deve garantire una tutela giurisdizionale effettiva a detta persona, segnatamente istituendo i mezzi di ricorso necessari per un simile controllo ( 76 ). Fino a quando non si possa dimostrare alcuna carenza sistemica o generalizzata nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, non vi è motivo per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione di dubitare che, attraverso il meccanismo dei mezzi di ricorso giurisdizionali disponibili in tale Stato membro, la persona interessata potrà far accertare e, se del caso, correggere o sanzionare un’eventuale violazione del suo diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta. A questo proposito, dalla discussione dinanzi alla Corte è emerso che le persone oggetto dell’azione penale di cui al procedimento principale dispongono di mezzi di ricorso nello Stato membro emittente al fine di far controllare, fino al livello del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale), il rispetto di tale diritto fondamentale ( 77 ). Aggiungo che, nella maggior parte dei casi, le difficoltà relative alla competenza degli organi giurisdizionali sono risolte dalle norme procedurali di diritto interno, che gli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente si trovano nella posizione migliore per applicare, garantendo così la tutela del diritto fondamentale ad essere giudicati da un giudice costituito per legge.

117.

Pertanto, in assenza di affermazioni relative a carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, consistenti in particolare in disfunzioni del sistema giurisdizionale di tale Stato che potrebbero impedire che una violazione del diritto fondamentale di cui trattasi sia constatata e, se del caso, corretta o sanzionata da un organo giurisdizionale di detto Stato, il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri deve operare pienamente, in modo tale che possa essere conseguito l’obiettivo di accelerare e semplificare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri che la decisione quadro 2002/584 persegue, fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri ( 78 ).

118.

Orbene, consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di verificare in un caso concreto il rispetto del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge nello Stato membro emittente, in assenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario di tale Stato membro, porterebbe ad appesantire notevolmente il compito di detta autorità, il che contrasterebbe con le esigenze di efficacia e di rapidità della consegna. I fatti all’origine della presente causa dimostrano, del resto, le difficoltà che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve affrontare quando tenta di applicare, di interpretare o anche soltanto di comprendere le norme procedurali dello Stato membro emittente.

119.

Di conseguenza, a mio avviso, è solo in circostanze eccezionali, caratterizzate dall’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, che può aver luogo un ribaltamento nella ripartizione delle responsabilità tra l’autorità giudiziaria emittente e l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, che consenta quindi a quest’ultima di verificare se tale Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, il diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta ( 79 ). In altri termini, è solo in caso di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente che si potrebbe derogare, a titolo eccezionale, alla regola secondo cui l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non deve effettuare una verifica del rispetto dei diritti fondamentali nello Stato membro emittente, conformemente a quanto affermato dalla Corte al punto 192 del suo parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU). Tale regola esige pertanto che l’ammissione di circostanze eccezionali sia contenuta entro limiti rigorosi ( 80 ).

120.

A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta chiaramente che la prima fase dell’esame che deve essere effettuato dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione costituisce un presupposto necessario per l’avvio della seconda fase di tale esame. Infatti, nell’ambito di detta seconda fase, «l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve valutare se le carenze sistemiche o generalizzate constatate nella prima fase di tale esame possano concretizzarsi in caso di consegna della persona interessata allo Stato membro emittente e se, nelle particolari circostanze del caso di specie, detta persona corra così un rischio reale di violazione del suo diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito all’articolo 47, secondo comma, della Carta» ( 81 ). Come ha giustamente affermato la Commissione, le due fasi dell’esame che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve effettuare hanno un carattere cumulativo e si susseguono in una sequenza di analisi che deve essere rispettata da tale autorità.

121.

Inoltre, per analogia con quanto la Corte ha dichiarato al punto 62 della sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente), ritengo che, se la verifica di un rischio di violazione di tale diritto fondamentale in un caso concreto fosse, di per sé sola, sufficiente a consentire all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare, se del caso, di eseguire un mandato d’arresto europeo, la moltiplicazione dei controlli che detta autorità potrebbe essere indotta ad effettuare a tale riguardo rischierebbe di compromettere l’obiettivo della lotta contro l’impunità previsto dalla decisione quadro 2002/584 nonché, eventualmente, altri interessi, quali la necessità di rispettare i diritti fondamentali delle vittime dei reati di cui trattasi ( 82 ).

122.

In sintesi, è solo in presenza di gravi difficoltà nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, accertate in modo rigoroso e con un grado sufficiente di certezza, sulla base di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati, che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione potrebbe constatare l’esistenza di un rischio reale di violazione, in tale Stato membro, del diritto fondamentale a un equo processo sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta. La posta in gioco, a mio avviso, è la realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e, più specificamente, l’attuazione fluida ed efficace del meccanismo di consegna istituito dalla decisione quadro 2002/584, fondato sulla fiducia reciproca e su una presunzione di rispetto, da parte degli Stati membri, del diritto dell’Unione e, in particolare, dei diritti fondamentali tutelati dalla Carta.

123.

Ritengo che la Corte debba mantenere tale orientamento in materia di mandato d’arresto europeo, anche se essa ha adottato un orientamento più flessibile in materia di asilo, in caso di trasferimento di un richiedente asilo verso lo Stato membro competente per l’esame della sua domanda. Tali due ambiti, infatti, perseguono finalità diverse ( 83 ). Inoltre, tale orientamento basato su un rischio individuale e non sistemico di violazione dei diritti fondamentali riguarda l’articolo 4 della Carta, vale a dire un diritto assoluto ( 84 ). Per contro, il diritto a un equo processo enunciato all’articolo 47, secondo comma, della Carta può essere oggetto di limitazioni.

124.

Orbene, l’obiettivo di istituire un sistema rapido ed efficace di consegna, in collegamento con quello di lottare contro l’impunità, non è compatibile con un’apertura troppo ampia della possibilità, per un’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di controllare la sussistenza di un rischio di violazione dei diritti fondamentali nello Stato membro emittente, in particolare per quanto riguarda il diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, che non costituisce un diritto assoluto ( 85 ).

125.

Sottolineo peraltro che, ai fini del buon funzionamento del meccanismo del mandato d’arresto europeo, non si deve autorizzare l’autorità giudiziaria dell’esecuzione a procedere a un controllo che essa non è in grado di effettuare. La verifica della competenza dell’autorità giudiziaria emittente a giudicare le persone oggetto di un mandato d’arresto europeo e ad emettere un simile mandato spetta per sua natura agli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente, che sono i più idonei ad interpretare e ad applicare le norme procedurali che fanno parte dell’ordinamento giuridico di tale Stato membro. In assenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario di detto Stato, non vi è luogo, per l’autorità giudiziaria dell’esecuzione, ad effettuare una verifica che sarebbe una manifestazione di sfiducia nei confronti degli organi giurisdizionali dello Stato membro emittente. Portando a un risultato che sarebbe l’esatto opposto della volontà iniziale di costruire la cooperazione giudiziaria in materia penale sul fondamento costituito congiuntamente dal riconoscimento e dalla fiducia reciproci, ciò aprirebbe la via alla demolizione di un edificio pazientemente costruito.

126.

Occorre inoltre, a mio avviso, astenersi dall’applicare meccanicamente, nel contesto di un’asserita violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, ciò che la Corte ha dichiarato a proposito dell’esistenza di un mezzo di ricorso che consente ai detenuti di contestare, nell’ambito di un ricorso giurisdizionale, la legittimità delle loro condizioni di detenzione alla luce dell’articolo 4 della Carta nello Stato membro emittente, vale a dire che un simile mezzo di ricorso «non può, di per sé, essere sufficiente per escludere l’esistenza di un rischio reale che la persona interessata subisca un trattamento inumano o degradante nello Stato membro emittente, ai sensi dell’articolo 4 della suddetta Carta» ( 86 ). Infatti, secondo la Corte, un simile sindacato giurisdizionale, benché possa essere preso in considerazione dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione nell’ambito della sua valutazione complessiva delle prevedibili condizioni di detenzione di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo, «non è, di per sé, idoneo ad eliminare il rischio che tale persona sia sottoposta, in seguito alla sua consegna, a un trattamento contrario all’articolo 4 della Carta a causa delle sue condizioni di detenzione» ( 87 ).

127.

A tale riguardo, ritengo che la situazione in cui viene dedotto un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, in caso di consegna della persona ricercata, debba essere distinta da quella in cui viene invocato un rischio di violazione dell’articolo 4 della Carta a causa delle condizioni di detenzione nello Stato membro emittente ( 88 ). In assenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, la possibilità di una tutela giurisdizionale effettiva, in tale Stato membro, del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, mi sembra determinante per escludere l’esistenza di un rischio reale di violazione di tale diritto. Infatti, trattandosi di aspetti procedurali, il controllo giurisdizionale che può essere esercitato nello Stato membro emittente è idoneo a rimediare ad un’eventuale irregolarità quanto alla competenza dell’autorità giudiziaria emittente.

128.

Concluderò l’esame delle questioni pregiudiziali dalla terza alla sesta formulando alcune considerazioni sul contenuto della prima fase dell’esame che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve effettuare.

129.

A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, «[n]ell’ambito della prima fase dell’esame di cui trattasi, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve valutare, in via generale, l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo, segnatamente connesso (...) a una lesione del requisito di un giudice precostituito per legge, a causa di carenze sistemiche o generalizzate nello Stato membro emittente» ( 89 ). Una siffatta valutazione presuppone una «valutazione complessiva» ( 90 ), che deve essere fondata su «elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati» ( 91 ). Questa stessa valutazione deve essere effettuata tenendo conto del livello di tutela del diritto fondamentale garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta ( 92 ). A tale riguardo, la Corte ha dichiarato, a proposito della procedura di nomina dei giudici, che non si può ritenere che qualsiasi irregolarità in tale procedura costituisca una violazione del diritto fondamentale a un giudice precostituito per legge, ai sensi di detta disposizione ( 93 ). Ciò presuppone, secondo la Corte, che un’irregolarità di tal genere sia di natura e gravità particolari ( 94 ).

130.

La Corte ha quindi adottato un livello di tutela di tale diritto fondamentale analogo a quello che emerge dalla giurisprudenza della Corte EDU. Infatti, sebbene quest’ultima consideri di essere competente a verificare se il diritto nazionale soddisfi il requisito di un giudice costituito per legge, essa ritiene tuttavia, tenuto conto del principio generale secondo cui spetta in primo luogo ai giudici nazionali interpretare le disposizioni del diritto interno, di non poter rimettere in discussione la loro interpretazione, salvo in caso di flagrante violazione di tali disposizioni ( 95 ). Da tali elementi tratti dalla giurisprudenza della Corte EDU deduco che una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU potrebbe essere constatata soltanto in caso di violazione manifesta delle norme di diritto nazionale relative alla competenza degli organi giudiziari, che ecceda il margine di interpretazione di tale diritto che dev’essere riconosciuto ai giudici nazionali. Di conseguenza, è richiesta una soglia elevata di gravità di detta violazione per ritenere che i principi fondamentali sottesi al requisito di un «tribunale costituito per legge», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, siano stati violati ( 96 ).

131.

Richiedere che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione verifichi l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente per stabilire la sussistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice costituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, in tale Stato membro, mi sembra coerente con il requisito di una soglia elevata di gravità che la Corte EDU ha adottato in materia di violazione del diritto a un «tribunale costituito per legge», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. Peraltro, la Corte EDU ha più volte preso in considerazione la specificità di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia fondato sul principio del riconoscimento reciproco, il contemperamento di diversi interessi in gioco nonché l’esigenza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione si fondi su una base fattuale sufficiente ( 97 ).

132.

In sintesi, il requisito delle carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente è espressione del fatto che soltanto un rischio di violazione del diritto fondamentale a un equo processo che raggiunga una soglia di gravità elevata può portare a un rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo. Contribuendo a garantire che un simile rifiuto mantenga un carattere eccezionale, tale requisito preserva, in definitiva, il necessario equilibrio tra la tutela di detto diritto fondamentale e gli obiettivi di interesse generale perseguiti dal meccanismo del mandato d’arresto europeo.

133.

Dall’insieme degli elementi che precedono deduco che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo quando, così come ha fatto la cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles), escluda essa stessa l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente e poi esprima dubbi sul rispetto del diritto fondamentale a un equo processo della persona di cui è richiesta la consegna, basandosi su una relazione del Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria e su sentenze della Corte EDU che, pur potendo in teoria costituire elementi probatori ( 98 ), non dimostrano nel caso di specie l’esistenza di tali carenze in detto Stato membro. Aggiungo che un rifiuto di esecuzione non può essere fondato su un’interpretazione incerta del diritto processuale dello Stato membro emittente e non può intervenire senza che siano state richieste all’autorità giudiziaria emittente, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, informazioni complementari e aggiornate sull’esistenza di mezzi di ricorso e sullo stato del dibattito giudiziario in tale Stato membro per quanto riguarda la verifica della questione se la competenza di detta autorità sia conforme al diritto fondamentale in parola ( 99 ).

134.

Alla luce di tutte queste considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali dalla terza alla sesta dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale non disponga di elementi tali da dimostrare, mediante una valutazione globale fondata su elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati, l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, tale autorità non può rifiutare di dare seguito a detto mandato d’arresto europeo.

D.   Sulla settima questione pregiudiziale

135.

Con la settima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la decisione quadro 2002/584 debba essere interpretata nel senso che essa osta a che un’autorità giudiziaria emittente emetta un nuovo mandato d’arresto europeo nei confronti della stessa persona e a destinazione della stessa autorità giudiziaria dell’esecuzione, qualora quest’ultima abbia rifiutato di eseguire un precedente mandato d’arresto europeo in condizioni contrarie al diritto dell’Unione.

136.

A questo proposito, osservo anzitutto che la decisione quadro 2002/584 non contiene alcuna disposizione che limiti l’emissione di mandati d’arresto europei. Inoltre, la Corte ha già ammesso, in occasione di esami di ricevibilità, che diversi mandati d’arresto europei potevano essere emessi successivamente nei confronti di una stessa persona ricercata ( 100 ).

137.

L’obiettivo della lotta contro l’impunità perseguito dalla decisione quadro 2002/584 depone d’altronde a favore della possibilità di emettere più mandati d’arresto europei nei confronti della stessa persona e a destinazione della stessa autorità giudiziaria dell’esecuzione al fine di perseguire penalmente tale persona o di eseguire la pena pronunciata nei suoi confronti. Ciò premesso, imporre un limite al numero di mandati d’arresto europei che possono essere emessi equivarrebbe a rimettere in discussione l’effettività del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri e ad indebolire gli sforzi volti a una repressione effettiva dei reati all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

138.

Ciò vale a maggior ragione in una situazione in cui un precedente rifiuto di esecuzione si riveli contrario al diritto dell’Unione. In una situazione come quella di cui al procedimento principale, l’autorità giudiziaria emittente deve poter trarre le conseguenze dell’interpretazione della decisione quadro 2002/584 che essa ha richiesto e che le viene fornita dalla Corte nella sua sentenza pronunciata su rinvio pregiudiziale, emettendo, se del caso, un nuovo mandato d’arresto europeo. In questa prospettiva, detta autorità rimane ovviamente tenuta a verificare se, tenendo conto delle peculiarità del caso di specie, l’emissione di tale nuovo mandato sia proporzionata ( 101 ).

IV. Conclusione

139.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) nei seguenti termini:

1)

La decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretata nel senso che essa osta a che un’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuti di eseguire un mandato d’arresto europeo sulla base di un motivo di non esecuzione previsto dal suo diritto nazionale, ma non menzionato in tale decisione quadro. Per contro, detta decisione quadro non osta a una disposizione nazionale che attui l’articolo 1, paragrafo 3, della medesima decisione quadro, prevedendo la possibilità, per un’autorità giudiziaria dell’esecuzione, di rifiutare di dare seguito a un mandato d’arresto europeo qualora essa abbia fondati motivi di ritenere che l’esecuzione di quest’ultimo avrebbe l’effetto di violare i diritti fondamentali della persona interessata, a condizione che tale disposizione sia applicata conformemente alla giurisprudenza della Corte che stabilisce le condizioni rigorose alle quali un simile rifiuto può intervenire.

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, deve essere interpretato nel senso che esso non consente a un’autorità giudiziaria dell’esecuzione di controllare se un’autorità giudiziaria emittente sia competente, ai sensi del diritto dello Stato membro emittente, ad emettere un mandato d’arresto europeo.

3)

L’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, deve essere interpretato nel senso che, qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona che sia oggetto di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale non disponga di elementi tali da dimostrare, mediante una valutazione globale fondata su elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati, l’esistenza di un rischio reale di violazione del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a causa di carenze sistemiche o generalizzate nel funzionamento del sistema giudiziario dello Stato membro emittente, tale autorità non può rifiutare di dare seguito a detto mandato d’arresto europeo.

4)

La decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che un’autorità giudiziaria emittente emetta, dopo aver esaminato se tale nuova emissione sia proporzionata, un nuovo mandato d’arresto europeo nei confronti della stessa persona e a destinazione della stessa autorità giudiziaria dell’esecuzione, qualora quest’ultima abbia rifiutato, in contrasto con il diritto dell’Unione, di eseguire un mandato d’arresto europeo precedente.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2002, L 190, pag. 1.

( 3 ) GU 2009, L 81, pag. 24; in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584».

( 4 ) C‑404/15 e C‑659/15 PPU; in prosieguo: la «sentenza Aranyosi e Căldăraru, EU:C:2016:198.

( 5 ) In prosieguo: la «Carta».

( 6 ) C‑216/18 PPU; in prosieguo: la «sentenza Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), EU:C:2018:586.

( 7 ) C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU; in prosieguo: la «sentenza Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente)», EU:C:2020:1033.

( 8 ) C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU; in prosieguo: la «sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente), EU:C:2022:100.

( 9 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) V., a tale riguardo, ordinanza del vicepresidente della Corte del 24 maggio 2022, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento [C‑629/21 P(R), EU:C:2022:413], con la quale è stato deciso, da un lato, di annullare l’ordinanza del vicepresidente del Tribunale dell’Unione europea del 30 luglio 2021, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento (T‑272/21 R, non pubblicata, EU:T:2021:497) e, dall’altro, di sospendere l’esecuzione delle decisioni P9_TA(2021)0059, P9_TA(2021)0060 e P9_TA(2021)0061 del Parlamento europeo, del 9 marzo 2021, sulle richieste di revoca dell’immunità di Carles Puigdemont i Casamajó, Antoni Comín i Oliveres e Clara Ponsatí i Obiols.

( 11 ) In prosieguo: il «tribunal de première instance».

( 12 ) Vengono citate, a questo proposito, le sentenze del 12 dicembre 2019, Parquet général du Grand-Duché de Luxembourg e Openbaar Ministerie (Procuratori di Lione e di Tours) (C‑566/19 PPU e C‑626/19 PPU, EU:C:2019:1077); del 12 dicembre 2019, Openbaar Ministerie (Procura, Svezia) (C‑625/19 PPU, EU:C:2019:1078), e del 12 dicembre 2019, Openbaar Ministerie (Procuratore del Re di Bruxelles) (C‑627/19 PPU, EU:C:2019:1079).

( 13 ) Il tribunal de première instance ha citato, a tale titolo, la sentenza della Corte EDU del 2 giugno 2005, Claes e a. c. Belgio (CE:ECHR:2005:0602JUD004682599).

( 14 ) In prosieguo: il «Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria».

( 15 ) Il tribunal de première instance ha infatti citato le sentenze della Corte EDU del 22 giugno 2000, Coëme e altri c. Belgio (CE:ECHR:2000:0622JUD003249296), e del 2 giugno 2005, Claes e a. c. Belgio (CE:ECHR:2005:0602JUD004682599).

( 16 ) In prosieguo: la «cour d’appel».

( 17 ) V. sentenza del Tribunal Constitutional (Corte costituzionale) del 17 febbraio 2021 (n. 34/2021, BOE n. 69, del 22 marzo 2021, pag. 32889). Il giudice del rinvio precisa che detta sentenza è stata emessa a seguito di un ricorso proposto da una delle persone condannate, che sosteneva di trovarsi nella medesima situazione del sig. Puig Gordi.

( 18 ) Moniteur belge del 19 dicembre 2003, pag. 60075.

( 19 ) Firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo: la «CEDU».

( 20 ) V., in particolare, sentenza del 28 gennaio 2021, Spetsializirana prokuratura (Comunicazione dei diritti) [C‑649/19; in prosieguo: la «sentenza Spetsializirana prokuratura (Comunicazione dei diritti), EU:C:2021:75, punto 36 e giurisprudenza ivi citata].

( 21 ) C‑268/17; in prosieguo: la «sentenza AY (Mandato d’arresto – Testimone)», EU:C:2018:602.

( 22 ) V. sentenza AY (Mandato d’arresto – Testimone) (punto 31).

( 23 ) V. sentenza AY (Mandato d’arresto – Testimone) (punto 27).

( 24 ) V., in particolare, sentenza AY (Mandato d’arresto – Testimone) (punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

( 25 ) Punto 39 di tale sentenza e giurisprudenza ivi citata.

( 26 ) V. sentenza Spetsializirana prokuratura (Comunicazione dei diritti) (punto 38).

( 27 ) V., in particolare, sentenza Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) V., in particolare, sentenza Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

( 29 ) V. sentenza del 1o giugno 2016, Bob-Dogi (C‑241/15, EU:C:2016:385, punti 6364).

( 30 ) V., in particolare, sentenza Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (punti 44 e 45 nonché giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

( 32 ) V., in particolare, sentenze del 24 novembre 2020, Openbaar Ministerie (Falso in atti) (C‑510/19, EU:C:2020:953, punto 46 e giurisprudenza ivi citata), e del 10 marzo 2021, PI (C‑648/20 PPU, EU:C:2021:187, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

( 33 ) Come afferma la Commissione nella sua relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, del 2 luglio 2020 [COM(2020) 270 final, pag. 9], «[l]’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici è stato recepito esplicitamente nella legislazione della grande maggioranza degli Stati membri, in alcuni casi in termini generali, in altri mediante riferimenti specifici ai diritti di cui ai considerando 12 e 13. Ad esempio, alcuni testi nazionali di recepimento rimandano in maniera generica ai trattati sui diritti umani e sulle libertà fondamentali (...) e/o all’articolo 6 [TUE]. Alcuni Stati membri hanno recepito l’articolo 1, paragrafo 3, [di detta] decisione quadro citando esclusivamente la [CEDU] e omettendo il riferimento alla [Carta]».

( 34 ) Ai sensi del considerando 10 di detta decisione quadro, «[i]l meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, [TUE], constatata dal Consiglio in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso trattato, e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo». Peraltro, il considerando 12 della medesima decisione quadro prevede che quest’ultima «rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 [TUE] e contenuti nella Carta (...), segnatamente il capo VI. Nessun elemento della [decisione quadro 2002/584] può essere interpretato nel senso che non sia consentito rifiutare di procedere alla consegna di una persona che forma oggetto di un mandato d’arresto europeo qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che il mandato d’arresto europeo sia stato emesso al fine di perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi». Inoltre, il considerando 13 di tale decisione quadro riflette l’articolo 4 e l’articolo 19, paragrafo 2, della Carta, enunciando che «[n]essuna persona dovrebbe essere allontanata, espulsa o estradata verso uno Stato allorquando sussista un serio rischio che essa venga sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altri trattamenti o pene inumane o degradanti».

( 35 ) V., in particolare, sentenze Aranyosi e Căldăraru (punto 82 e giurisprudenza ivi citata) nonché Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (punto 43).

( 36 ) V., in particolare, sentenze Aranyosi e Căldăraru (punto 83) nonché Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (punto 45). V., inoltre, conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nelle cause riunite L e P (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, EU:C:2020:925), nelle quali quest’ultimo osserva che «[l]a Corte di giustizia ha ammesso che, al di là dei casi espressamente contemplati dalla decisione quadro (articoli da 3 a 5), l’esecuzione di un [mandato d’arresto europeo] può altresì rifiutarsi “in circostanze eccezionali” che, vista la loro gravità, impongono la limitazione dei principi di riconoscimento e di fiducia reciproci tra gli Stati membri, sui quali si fonda la cooperazione giudiziaria in materia penale» (paragrafo 39).

( 37 ) A questo proposito, occorre insistere sul fatto che è solo in presenza di una decisione del Consiglio europeo, seguita dalla sospensione, da parte del Consiglio, dell’applicazione della decisione quadro 2002/584 nei confronti dello Stato membro interessato, in applicazione dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, TUE, che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sarebbe tenuta a rifiutare automaticamente di eseguire qualsiasi mandato d’arresto europeo emesso da tale Stato membro: v., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

( 38 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

( 39 ) BOE n. 282, del 21 novembre 2014, pag. 95437.

( 40 ) V. Consiglio dell’Unione europea, dichiarazioni che devono essere rese dallo Stato spagnolo a seguito dell’adozione della legge 23/2014 del 20 novembre sul reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale nell’Unione europea, del 23 aprile 2015 (documento n. 8138/15, pag. 2, disponibile al seguente indirizzo Internet: https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST‑8138-2015-INIT/it/pdf).

( 41 ) C‑508/18 e C‑82/19 PPU; in prosieguo: la «sentenza OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau), EU:C:2019:456).

( 42 ) Punto 50 di tale sentenza e giurisprudenza ivi citata.

( 43 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente) (punto 38 e giurisprudenza ivi citata). Analogamente, la Corte ha precisato che la nozione di «autorità giudiziaria dell’esecuzione», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, comprende, al pari della nozione di «autorità giudiziaria emittente», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale decisione quadro, un giudice o un organo giurisdizionale, ovvero un’autorità giudiziaria, come la procura di uno Stato membro, che partecipa all’amministrazione della giustizia di tale Stato membro e che gode dell’indipendenza richiesta rispetto al potere esecutivo: v., in particolare, sentenza del 28 aprile 2022, C e CD (Ostacoli giuridici all’esecuzione di una decisione di consegna) (C‑804/21 PPU, EU:C:2022:307, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

( 44 ) V., in particolare, sentenza OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau) (punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

( 45 ) V., in particolare, sentenza OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau) (punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

( 46 ) V., in particolare, sentenza OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau) (punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

( 47 ) V., in particolare, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 [EU:C:2014:2454; in prosieguo: il «parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU)», punto 191 e giurisprudenza ivi citata], nonché, in materia di mandato d’arresto europeo, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

( 48 ) V. parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU) (punto 192; il corsivo è mio).

( 49 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 41).

( 50 ) Come la Corte ha dichiarato nella sentenza del 17 dicembre 1970, Internationale Handelsgesellschaft (11/70, EU:C:1970:114, punto 4). V., più recentemente, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU) (punto 170 e giurisprudenza ivi citata).

( 51 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 42 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, sentenza del 28 aprile 2022, C e CD (Ostacoli giuridici all’esecuzione di una decisione di consegna) (C‑804/21 PPU, EU:C:2022:307, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

( 52 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punti 43 e 44 nonché giurisprudenza ivi citata).

( 53 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

( 54 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

( 55 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

( 56 ) V., in particolare, sentenze del 23 gennaio 2018, Piotrowski (C‑367/16, EU:C:2018:27, punto 50 e giurisprudenza ivi citata), e del 13 gennaio 2021, MM (C‑414/20 PPU, EU:C:2021:4, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, sentenza Spetsializirana prokuratura (Comunicazione dei diritti), nella quale la Corte afferma che, «nel caso di una procedura riguardante un [mandato d’arresto europeo], la garanzia dei diritti fondamentali spetta, in primo luogo, allo Stato membro emittente» (punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

( 57 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 50 e giurisprudenza ivi citata). Per la prima affermazione della necessità di un esame in due fasi con riguardo all’articolo 47, secondo comma, della Carta, v. sentenza Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (punti da 47 a 75).

( 58 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

( 59 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

( 60 ) V. sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punti da 55 a 58 e giurisprudenza ivi citata).

( 61 ) V. sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punti da 59 a 62 e giurisprudenza ivi citata).

( 62 ) V. sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punti da 63 a 65 e giurisprudenza ivi citata).

( 63 ) GU 2007, C 303, pag. 17.

( 64 ) V., in particolare, sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank (C‑132/20; in prosieguo: la «sentenza Getin Noble Bank, EU:C:2022:235, punto 116 e giurisprudenza ivi citata).

( 65 ) V. sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, § 231).

( 66 ) V. sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, §§ 231 e 233).

( 67 ) V., in particolare, sentenza Getin Noble Bank (punto 117 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, in materia di mandato d’arresto europeo, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

( 68 ) V. sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, § 229).

( 69 ) V., in particolare, sentenza Getin Noble Bank (punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

( 70 ) V. sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, § 224).

( 71 ) V., in particolare, sentenza della Corte EDU del 12 luglio 2007, Jorgic c. Germania (CE:ECHR:2007:0712JUD007461301, § 64).

( 72 ) Sentenza della Corte EDU del 12 luglio 2007, Jorgic c. Germania (CE:ECHR:2007:0712JUD007461301, § 64). In tal senso, nella sentenza del 22 giugno 2000, Coëme e altri c. Belgio (CE:ECHR:2000:0622JUD003249296, §§ 107 e 108), la Corte EDU ha dichiarato che non soddisfaceva il requisito di un «tribunale costituito per legge» la Cour de cassation (Corte di cassazione) belga che giudicava imputati diversi dai ministri per reati connessi a quelli per i quali erano perseguiti i ministri, in quanto la norma sulla connessione non era stabilita dalla legge.

( 73 ) V., in particolare, sentenze della Corte EDU del 22 giugno 2000, Coëme e altri c. Belgio (CE:ECHR:2000:0622JUD003249296, § 98), e del 25 ottobre 2011, Richert c. Polonia (CE:ECHR:2011:1025JUD005480907, § 42).

( 74 ) V., in particolare, sentenze della Corte EDU del 22 giugno 2000, Coëme e altri c. Belgio (CE:ECHR:2000:0622JUD003249296, § 98), e del 20 ottobre 2009, Gorguiladzé c. Georgia (CE:ECHR:2009:1020JUD000431304, § 69).

( 75 ) V., per analogia, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

( 76 ) A tale riguardo, ricordo che «[l]’Unione è un’Unione di diritto in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione»: v., in particolare, sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 31 e giurisprudenza ivi citata), e Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (punto 49).

( 77 ) Per un orientamento analogo nel campo della cooperazione giudiziaria in materia civile, v. sentenza del 22 dicembre 2010, Aguirre Zarraga (C‑491/10 PPU, EU:C:2010:828, punti da 69 a 74). Rilevo che all’udienza è stato confermato che il sig. Puig Gordi ha proposto un «recurso de amparo» (ricorso per la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali) dinanzi al Tribunal Constitucional (Corte costituzionale).

( 78 ) V., in particolare, sentenza del 28 aprile 2022, C e CD (Ostacoli giuridici all’esecuzione di una decisione di consegna) (C‑804/21 PPU, EU:C:2022:307, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

( 79 ) V., a tale riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:517), nelle quali quest’ultimo cita la sentenza della Supreme Court (Corte suprema, Irlanda) del 4 maggio 2007, The Minister for Justice Equality and Law Reform c. Brennan [(2007) IECH 94], nella quale detto organo giurisdizionale ha dichiarato che, per negare la consegna ai sensi della legge relativa al mandato d’arresto europeo sulla base di una violazione dei diritti sanciti dall’articolo 6 della CEDU, devono sussistere circostanze eccezionali «quali un vizio essenziale e chiaramente accertato nel sistema giudiziario di uno Stato richiedente» (nota 47). V., inoltre, sentenza della Cour de cassation (Corte di cassazione) (Francia) del 10 maggio 2022 (n. 22-82.379, FR:CCASS:2022:CR00676), nella quale quest’ultima ha dichiarato che «dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che il principio del riconoscimento reciproco su cui si fonda il sistema del mandato d’arresto europeo è basato a sua volta sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto al fatto che i loro rispettivi ordinamenti giuridici nazionali siano in grado di fornire una tutela equivalente ed effettiva dei diritti fondamentali riconosciuti a livello dell’Unione, e che non spetta pertanto allo Stato dell’esecuzione, al di fuori del caso di una carenza sistemica o generalizzata nello Stato emittente, assicurare un controllo del rispetto dei diritti fondamentali da parte di quest’ultimo» (punto 14; il corsivo è mio).

( 80 ) V., a tale riguardo, Spielmann, D., e Voyatzis, P., «Le mandat d’arrêt européen entre Luxembourg et Strasbourg: du subtil exercice d’équilibriste entre la CJUE et la Cour EDH», Sa Justice – L’Espace de Liberté, de Sécurité et de Justice – Liber amicorum en hommage à Yves Bot, Bruylant, Bruxelles, 2022, pag. 256. Come osservano tali autori, una delle sfide che la Corte deve affrontare è sicuramente quella di evitare una certa «banalizzazione» delle circostanze eccezionali, che violerebbe il principio della fiducia reciproca e comprometterebbe l’efficacia del meccanismo del mandato d’arresto europeo (pag. 300).

( 81 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 82; il corsivo è mio).

( 82 ) V. sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 60).

( 83 ) V., a tale riguardo, Billing, F., «Limiting mutual trust on fundamental rights grounds under the European arrest warrant and lessons learned from transfers under Dublin III», New Journal of European Criminal Law, SAGE Journals, 2020, vol. 11(2), pag. 184.

( 84 ) Come risulta, in particolare, dalla sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127), il divieto di pene o di trattamenti inumani o degradanti, di cui all’articolo 4 della Carta, è di importanza fondamentale, poiché ha carattere assoluto in quanto è strettamente connesso al rispetto della dignità umana, di cui all’articolo 1 della Carta (punto 59 e giurisprudenza ivi citata, nonché punto 69). Tale constatazione ha indotto la Corte ad ammettere che il trasferimento di un richiedente asilo il cui stato di salute sia particolarmente grave possa, di per sé, comportare, per quest’ultimo, un rischio reale di trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, e ciò anche in assenza di serie ragioni di credere che sussistano carenze sistemiche della procedura di asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in Croazia (punti 71 e 73). V., inoltre, sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218, punti 7887). Al punto 95 di tale sentenza, la Corte afferma che la soluzione da essa adottata richiede la dimostrazione di circostanze eccezionali. Invero, «non si può completamente escludere che un richiedente protezione internazionale possa dimostrare l’esistenza di circostanze eccezionali relative al suo caso particolare e che comporterebbero, in caso di trasferimento verso lo Stato membro di regola competente per il trattamento della sua domanda di protezione internazionale, che lo stesso venga a trovarsi, a causa della sua particolare vulnerabilità, indipendentemente dalla sua volontà e dalle sue scelte personali, in una situazione di estrema deprivazione materiale (...) dopo che gli sia stato riconosciuto il beneficio di una protezione internazionale».

( 85 ) La discussione svoltasi dinanzi alla Corte ha rivelato che, in materia di mandato d’arresto europeo, potrebbe essere presa in considerazione una posizione più sfumata e aperta all’accettazione di rischi non sistemici qualora fosse in gioco la tutela di un diritto fondamentale a carattere assoluto, come quello protetto dall’articolo 4 della Carta. In tal senso, all’udienza, la Commissione ha ammesso che, in caso di rischio di violazione di tale diritto fondamentale, ad esempio a causa di caratteristiche particolari della persona di cui è richiesta la consegna, un’autorità giudiziaria dell’esecuzione potrebbe rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo anche in assenza di carenze sistemiche nello Stato membro emittente. Ritengo che tale tesi debba essere messa in relazione con la possibilità offerta dall’articolo 23, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584, che prevede che «[l]a consegna può, a titolo eccezionale, essere temporaneamente differita per gravi motivi umanitari, ad esempio se vi sono valide ragioni di ritenere che essa metterebbe manifestamente in pericolo la vita o la salute del ricercato. Il mandato d’arresto europeo viene eseguito non appena tali motivi cessano di sussistere». V., a tale riguardo, Billing, F., «Limiting mutual trust on fundamental rights grounds under the European arrest warrant and lessons learned from transfers under Dublin III», New Journal of European Criminal Law, SAGE Journals, 2020, vol. 11(2), pag. 197. V., altresì, sulla questione se e in quale misura un’autorità giudiziaria dell’esecuzione potrebbe rifiutare la consegna di una persona ricercata qualora quest’ultima soffrisse di una malattia che può aggravarsi in caso di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, la causa in corso E.D.L. contro Presidente del Consiglio dei Ministri (C‑699/21).

( 86 ) V. sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria) (C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 73).

( 87 ) V. sentenza del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria) (C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 74).

( 88 ) Ancora una volta, la differenza di natura fra i diritti fondamentali incide sul ragionamento. V., a tale riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria) (C‑220/18 PPU, EU:C:2018:547), il quale osserva che, «nella misura in cui, in ultima analisi, si tratta della garanzia di un diritto assoluto, al quale per sua stessa natura è opportuno fornire una protezione preventiva piuttosto che riparatoria, ritengo che, malgrado la sua importanza, l’esistenza di un regime di ricorsi effettivi potrebbe non essere sufficiente qualora il tribunale dell’esecuzione nutrisse dubbi fondati in merito all’eventualità che la persona di cui nella fattispecie è chiesta la consegna possa subire nell’immediato un trattamento inumano o degradante, indipendentemente dal fatto che tale pregiudizio venga successivamente riparato per mezzo di ricorsi giudiziari efficaci nello Stato emittente» (paragrafo 57). Come ha affermato il governo belga all’udienza, nel caso del diritto fondamentale tutelato dall’articolo 4 della Carta, il ricorso a un rimedio giurisdizionale non sempre consente di rimediare alla violazione invocata, poiché quest’ultima può avvenire nel frattempo.

( 89 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

( 90 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punti 74 e 77).

( 91 ) Sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

( 92 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

( 93 ) V. sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 72).

( 94 ) V., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

( 95 ) V., in particolare, sentenza della Corte EDU del 12 luglio 2007, Jorgic c. Germania (CE:ECHR:2007:0712JUD007461301, § 65). Detta Corte ha inoltre precisato che «quando verifica se vi sia stata una violazione delle norme interne rilevanti in una determinata causa, la Corte si rimette, in linea di principio, all’interpretazione e all’applicazione del diritto interno da parte dei giudici nazionali, a meno che le loro conclusioni siano arbitrarie o manifestamente irragionevoli»: v. sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, § 251).

( 96 ) V., per quanto riguarda le asserite violazioni del requisito di un «tribunale costituito per legge» nel processo di nomina dei giudici, sentenza della Corte EDU del 1o dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, § 234). In tale sentenza, la Corte EDU ha adottato un approccio in tre fasi cumulative (§ 243). In primo luogo, la Corte ritiene che, in linea di principio, debba sussistere una violazione manifesta del diritto interno (§ 244). In secondo luogo, la violazione di cui trattasi deve essere valutata alla luce dell’oggetto e dello scopo del requisito di un «tribunale costituito per legge», che consistono nel garantire che il potere giudiziario possa svolgere le proprie funzioni al riparo da indebite interferenze, in modo da preservare la preminenza del diritto e la separazione dei poteri, il che implica che soltanto le violazioni che riguardano le norme fondamentali della procedura di nomina dei giudici – vale a dire quelle che svuoterebbero della sua stessa sostanza il diritto ad un «tribunale costituito per legge» – sono in grado di comportare una violazione di tale diritto (§§ 246 e 247). In terzo luogo, la Corte EDU ritiene che il controllo eventualmente effettuato dai giudici nazionali sulla questione delle conseguenze giuridiche – alla luce dei diritti che la CEDU garantisce a ciascuno – di una lesione delle norme di diritto interno che disciplinano le nomine giudiziarie svolga un ruolo importante al fine di determinare se tale lesione comporti una violazione del diritto a un «tribunale costituito per legge» (§ 248). Ritengo pertinente accostare tale terza fase a ciò che ho affermato in merito all’importanza di un controllo giurisdizionale nello Stato membro emittente del rispetto del diritto fondamentale a un equo processo dinanzi a un giudice precostituito per legge, sancito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta.

( 97 ) V., in particolare, sentenza della Corte EDU, 9 luglio 2019, Castaño c. Belgio (CE:ECHR:2019:0709JUD000835117).

( 98 ) V., in particolare, sentenza Aranyosi e Căldăraru (punto 89).

( 99 ) A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo la Corte, «le autorità giudiziarie emittenti e di esecuzione devono, al fine di assicurare una cooperazione efficace in materia penale, utilizzare appieno gli strumenti previsti in particolare (...) all’articolo 15 della decisione quadro 2002/584, in modo da promuovere la fiducia reciproca alla base di tale cooperazione»: v., in particolare, sentenza Openbaar Ministerie (Giudice costituito per legge nello Stato membro emittente) (punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

( 100 ) V., in tal senso, sentenze AY (Mandato d’arresto – Testimone) e Spetsializirana prokuratura (Comunicazione dei diritti).

( 101 ) V., in particolare, sentenza del 27 maggio 2019, PF (Procuratore generale di Lituania) (C‑509/18, EU:C:2019:457, punto 49).