SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

12 luglio 2022 ( *1 )

«Impugnazione – Energia – Mercato interno del gas naturale – Direttiva 2009/73/CE – Direttiva (UE) 2019/692 – Estensione dell’applicabilità della direttiva 2009/73 ai gasdotti tra Stati membri e paesi terzi – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Ricorso di annullamento – Requisito secondo cui la ricorrente dev’essere direttamente interessata dalla misura oggetto del suo ricorso – Assenza di potere discrezionale relativamente agli obblighi imposti alla ricorrente – Requisito secondo cui la ricorrente dev’essere individualmente interessata dalla misura oggetto del suo ricorso – Previsione di deroghe che escludono la ricorrente in quanto unico operatore dal beneficio di queste ultime – Istanza di ritiro di documenti dal fascicolo – Norme in materia di produzione delle prove dinanzi ai giudici dell’Unione europea – Documenti interni delle istituzioni dell’Unione»

Nella causa C‑348/20 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 28 luglio 2020,

Nord Stream 2 AG, con sede in Zug (Svizzera), rappresentata, ai fini delle fasi scritta e orale, da L. Van den Hende, advocaat, L. Malý, solicitor-advocate, J. Penz-Evren, Rechtsanwältin, nonché da M. Schonberg, solicitor-advocate,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Parlamento europeo, rappresentato da I. McDowell, L. Visaggio, J. Etienne e O. Denkov, in qualità di agenti,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente da A. Lo Monaco, K. Pavlaki e S. Boelaert, successivamente da A. Lo Monaco e K. Pavlaki, in qualità di agenti,

convenuti in primo grado

sostenuti da:

Repubblica d’Estonia, rappresentata da N. Grünberg, in qualità di agente,

Repubblica di Lettonia, rappresentata inizialmente da K. Pommere e V. Soņeca, successivamente da K. Pommere, in qualità di agenti,

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

intervenienti in sede d’impugnazione,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Arabadjiev, A. Prechal (relatrice), K. Jürimäe, C. Lycourgos, S. Rodin, I. Jarukaitis e N. Jääskinen, presidenti di sezione, J.-C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, N. Piçarra, L.S. Rossi e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Nord Stream 2 AG chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 20 maggio 2020, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio (T‑526/19; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata», EU:T:2020:210), in quanto esso, da un lato, ha respinto in quanto irricevibile il suo ricorso di annullamento della direttiva (UE) 2019/692 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica la direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU 2019, L 117, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva controversa») e, dall’altro, ha disposto, segnatamente, il ritiro dal fascicolo di taluni documenti prodotti dalla ricorrente.

Contesto normativo

La direttiva controversa e la direttiva 2009/73

2

La direttiva controversa ha modificato la direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (GU 2009, L 211, pag. 94). I considerando da 1 a 4 e 9 della direttiva controversa recitano come segue:

«(1)

Il mercato interno del gas naturale, la cui realizzazione in tutta l’Unione è progressivamente in atto dal 1999, ha lo scopo di offrire a tutti i clienti finali dell’Unione [europea], privati o imprese, una reale libertà di scelta, creare nuove opportunità commerciali, condizioni di concorrenza eque, prezzi competitivi, segnali di investimenti efficienti e più elevati livelli di servizio, contribuendo anche alla sicurezza degli approvvigionamenti e alla sostenibilità.

(2)

Le direttive 2003/55/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE (GU 2003, L 176, pag. 57),] e [2009/73] hanno contribuito in modo significativo alla realizzazione del mercato interno del gas naturale.

(3)

La presente direttiva è intesa ad affrontare gli ostacoli al completamento del mercato interno del gas naturale derivanti dalla non applicazione delle norme del mercato dell’Unione ai gasdotti di trasporto da e verso i paesi terzi. Le modifiche introdotte dalla presente direttiva mirano ad assicurare che le norme applicabili ai gasdotti di trasporto che collegano due o più Stati membri siano applicabili all’interno dell’Unione anche ai gasdotti di trasporto che collegano l’Unione con i paesi terzi. (...)

(4)

Per tener conto dell’assenza di norme specifiche dell’Unione applicabili ai gasdotti di trasporto da e verso i paesi terzi prima della data di entrata in vigore della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero poter concedere deroghe a talune disposizioni della direttiva [2009/73] ai gasdotti di trasporto che sono completati prima della data di entrata in vigore della presente direttiva. (...)

(...)

(9)

L’applicabilità della direttiva [2009/73] ai gasdotti di trasporto da e verso i paesi terzi è circoscritta al territorio degli Stati membri. Per quanto riguarda i gasdotti di trasporto offshore, la direttiva [2009/73] dovrebbe applicarsi nelle acque territoriali dello Stato membro in cui è situato il primo punto di interconnessione con la rete degli Stati membri.

(...)».

3

Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, la direttiva 2009/73, come modificata dalla direttiva controversa (in prosieguo: la «direttiva 2009/73»), stabilisce norme comuni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale e definisce le norme relative all’organizzazione e al funzionamento del settore del gas naturale, l’accesso al mercato, i criteri e le procedure applicabili in materia di rilascio di autorizzazioni per il trasporto, la distribuzione, la fornitura e lo stoccaggio di gas naturale nonché la gestione dei sistemi.

4

Ai sensi del considerando 13 della direttiva 2009/73, «[l]’istituzione di un gestore di sistemi o di un gestore di trasporto indipendente dagli interessi della fornitura e della produzione dovrebbe consentire ad un’impresa verticalmente integrata di mantenere la proprietà degli elementi patrimoniali della rete, assicurando sempre un’effettiva separazione degli interessi, purché tale gestore di sistemi o tale gestore di trasporto indipendente eserciti tutte le funzioni di un gestore di sistemi e purché venga adottata una regolamentazione dettagliata e vengano istituiti efficaci meccanismi di controllo».

5

Dall’entrata in vigore della direttiva controversa, l’articolo 2, punto 17, della direttiva 2009/73 prevede che la nozione di «interconnettore» comprende non solo «[ogni] gasdotto di trasporto che attraversa o si estende oltre una frontiera tra Stati membri allo scopo di collegare i sistemi nazionali di trasporto di tali Stati membri», ma ora anche «[ogni] gasdotto di trasporto tra uno Stato membro e un paese terzo fino al territorio degli Stati membri o alle acque territoriali di tale Stato membro».

6

Ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2009/73, intitolato «Separazione dei sistemi di trasporto e dei gestori dei sistemi di trasporto»:

«1.   Gli Stati membri provvedono affinché, a decorrere dal 3 marzo 2012[:]

a)

ciascuna impresa proprietaria di un sistema di trasporto agisca in qualità di gestore del sistema di trasporto;

b)

la stessa persona o le stesse persone non siano autorizzate:

i)

ad esercitare, direttamente o indirettamente, un controllo su un’impresa che svolge la funzione di produzione o la funzione di fornitura [e] a esercitare direttamente o indirettamente un controllo o esercitare diritti su un gestore di sistemi di trasporto o su un sistema di trasporto; oppure

ii)

ad esercitare, direttamente o indirettamente, un controllo su un gestore di sistemi di trasporto o su un sistema di trasporto e a esercitare, direttamente o indirettamente, un controllo o diritti su un’impresa che svolge la funzione di produzione o la funzione di fornitura;

c)

la stessa persona o le stesse persone non siano autorizzate a nominare membri del consiglio di vigilanza, del consiglio di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa all’interno di un gestore di sistemi di trasporto o di un sistema di trasporto e a esercitare direttamente o indirettamente un controllo o diritti sull’attività di produzione o l’attività di fornitura; e

d)

la stessa persona non sia autorizzata ad essere membro del consiglio di vigilanza, del consiglio di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente un’impresa, sia all’interno di un’impresa che svolge l’attività di produzione o l’attività di fornitura che all’interno di un gestore di sistemi di trasporto o di un sistema di trasporto.

(...)

8.   Ove al 3 settembre 2009 il sistema di trasporto apparteneva a un’impresa verticalmente integrata, uno Stato membro può decidere di non applicare il paragrafo 1. Per quanto concerne la parte del sistema di trasporto che collega uno Stato membro con un paese terzo tra il confine dello Stato membro in questione e il primo punto di connessione con la rete di tale Stato membro, ove al 23 maggio 2019 il sistema di trasporto appartiene a un’impresa verticalmente integrata, uno Stato membro può decidere di non applicare il paragrafo 1.

In tal caso, lo Stato membro interessato:

a)

designa un gestore di sistema indipendente a norma dell’articolo 14, oppure

b)

si conforma alle disposizioni del capitolo IV.

9.   Se al 3 settembre 2009 il sistema di trasporto apparteneva a un’impresa verticalmente integrata ed esiste un dispositivo che assicura una più effettiva indipendenza del gestore del sistema di trasporto rispetto alle disposizioni del capo IV, lo Stato membro può decidere di non applicare il paragrafo 1 del presente articolo.

Per quanto concerne la parte del sistema di trasporto che collega uno Stato membro con un paese terzo, tra il confine dello Stato membro in questione e il primo punto di connessione con la rete di tale Stato membro, se al 23 maggio 2019 il sistema di trasporto appartiene a un’impresa verticalmente integrata ed esiste un dispositivo che assicura una più effettiva indipendenza del gestore del sistema di trasporto rispetto alle disposizioni del capo IV, detto Stato membro può decidere di non applicare il paragrafo 1 del presente articolo».

7

L’articolo 32 della suddetta direttiva, intitolato «Accesso dei terzi», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Gli Stati membri garantiscono l’attuazione di un sistema di accesso dei terzi ai sistemi di trasporto e di distribuzione nonché agli impianti [di gas naturale liquefatto (GNL)], basato su tariffe pubblicate, praticabili a tutti i clienti idonei, comprese le imprese di fornitura, ed applicato obiettivamente e senza discriminazioni tra gli utenti del sistema. Gli Stati membri fanno sì che le tariffe, o i relativi metodi di calcolo, siano approvati prima della loro entrata in vigore a norma dell’articolo 41 dall’autorità di regolamentazione di cui all’articolo 39, paragrafo 1, e che le tariffe e le metodologie, ove solo queste ultime siano state approvate, siano pubblicate prima della loro entrata in vigore».

8

L’articolo 36 della stessa direttiva, intitolato «Nuove infrastrutture», prevede, al paragrafo 1, che le nuove importanti infrastrutture del sistema del gas, vale a dire interconnettori, impianti di GNL e impianti di stoccaggio, possono essere oggetto, su richiesta e per un periodo di tempo definito, di una deroga alle disposizioni previste, segnatamente, dagli articoli 9 e 32 della stessa, alle condizioni ivi stabilite, tra cui in particolare quella di cui alla lettera b), secondo cui il livello del rischio connesso all’investimento deve essere tale che l’investimento non verrebbe effettuato senza la concessione di una deroga. Inoltre, dall’entrata in vigore della direttiva controversa, l’articolo 36, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2009/73 prevede che la deroga concessa ai sensi di tale disposizione alle nuove infrastrutture non deve, segnatamente, pregiudicare la «sicurezza dell’approvvigionamento di gas naturale nell’Unione».

9

L’articolo 41, paragrafi 6, 8 e 10, della direttiva 2009/73, intitolato «Compiti e competenze dell’autorità di regolamentazione», prevede quanto segue:

«6.   Le autorità di regolamentazione hanno il compito di fissare o approvare, con sufficiente anticipo rispetto alla loro entrata in vigore, quantomeno le metodologie usate per calcolare o stabilire i termini e le condizioni per:

a)

la connessione e l’accesso alle reti nazionali, comprese le tariffe di trasporto e distribuzione e le modalità, le condizioni e le tariffe per l’accesso agli impianti di GNL. Queste tariffe o metodologie consentono che, nelle reti e negli impianti di GNL, siano effettuati gli investimenti necessari per garantire la redditività economica delle reti e degli impianti di GNL;

(...)

c)

l’accesso alle infrastrutture transfrontaliere, comprese le procedure di assegnazione delle capacità e di gestione della congestione.

(...)

8.   In sede di fissazione o approvazione delle tariffe o delle metodologie e dei servizi di bilanciamento, le autorità di regolamentazione provvedono affinché ai gestori del sistema di trasporto e di distribuzione siano offerti incentivi appropriati, sia a breve che a lungo termine, per migliorare l’efficienza, promuovere l’integrazione del mercato e la sicurezza dell’approvvigionamento e sostenere le attività di ricerca correlate.

(...)

10.   Le autorità di regolamentazione sono abilitate a chiedere ai gestori dei sistemi di trasporto, di stoccaggio, di GNL e di distribuzione, se necessario, di modificare le condizioni e le modalità, comprese le tariffe e le metodologie di cui al presente articolo, in modo che queste siano proporzionate e che siano applicate in modo non discriminatorio. (...)».

10

L’articolo 49 bis di questa direttiva, intitolato «Deroghe in relazione alle linee di trasporto da e verso paesi terzi», è stato introdotto dalla direttiva controversa e stabilisce che:

«1.   Per quanto riguarda i gasdotti di trasporto tra uno Stato membro e un paese terzo completate prima del 23 maggio 2019, lo Stato membro in cui è situato il primo punto di connessione di tale gasdotto di trasporto con la rete di uno Stato membro può decidere di derogare agli articoli 9, 10, 11 e 32 e all’articolo 41, paragrafi 6, 8 e 10, per le sezioni del gasdotto di trasporto situati sul suo territorio e nelle sue acque territoriali, per motivi oggettivi quali consentire il recupero dell’investimento effettuato o per motivi legati alla sicurezza dell’approvvigionamento, a patto che la deroga non abbia ripercussioni negative sulla concorrenza, sull’efficace funzionamento del mercato interno del gas naturale o sulla sicurezza dell’approvvigionamento nell’Unione.

La deroga è limitata nel tempo fino a un massimo di 20 anni sulla base di una motivazione oggettiva, è rinnovabile in casi giustificati e può essere subordinata a condizioni che contribuiscano alla realizzazione delle condizioni summenzionate.

(...)

3.   Le decisioni a norma dei paragrafi 1 e 2 sono adottate entro il 24 maggio 2020. Gli Stati membri notificano siffatte decisioni alla Commissione [europea] e le rendono pubbliche».

11

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva controversa, gli Stati membri erano tenuti a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi ad essa entro il 24 febbraio 2020, fatta salva un’eventuale deroga ai sensi dell’articolo 49 bis della direttiva 2009/73.

Regolamento (CE) n. 1049/2001

12

L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), dispone quanto segue:

«1.   Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

a)

l’interesse pubblico, in ordine:

(...)

alle relazioni internazionali,

(...)

2.   Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

(...)

le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,

(...)

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».

Fatti

13

I fatti, esposti ai punti da 1 a 11 dell’ordinanza impugnata, per le esigenze del presente procedimento, possono essere riassunti come segue.

14

La ricorrente, Nord Stream 2, è una società di diritto svizzero il cui unico azionista è la società pubblica per azioni russa Gazprom. Essa è responsabile della progettazione, della costruzione e della gestione del gasdotto offshore Nord Stream 2 il cui finanziamento, pari a EUR 9,5 miliardi, è fornito al 50% dalle società ENGIE SA, OMV AG, Royal Dutch Shell plc, Uniper SE e Wintershall Dea GmbH.

15

Nel gennaio 2017 sono iniziati i lavori per il rivestimento in calcestruzzo dei tubi destinati a questo gasdotto offshore, la cui consegna finale ha avuto luogo nel settembre 2018.

16

Il citato gasdotto offshore, composto di due linee di trasporto del gas, assicurerà il flusso del gas tra Vyborg (Russia) e Lubmin (Germania). Una volta raggiunto il territorio tedesco, il gas condotto attraverso lo stesso gasdotto offshore sarà trasportato mediante il gasdotto terrestre ENEL e il gasdotto terrestre EUGAL.

17

Su proposta della Commissione, dell’8 novembre 2017 [proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/73 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, COM(2017) 660 final], il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato, il 17 aprile 2019, la direttiva controversa, che è entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, vale a dire il 23 maggio 2019. A tale data, secondo le indicazioni della ricorrente, i lavori per il rivestimento in calcestruzzo dei tubi del gasdotto Nord Stream 2 erano stati completati al 95% mentre, rispettivamente, 610 km e 432 km delle due linee di tale gasdotto erano stati posati sul fondo delle acque territoriali e/o della zona economica esclusiva di Russia, Finlandia, Svezia e Germania.

Procedimento dinanzi al Tribunale

18

Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale il 26 luglio 2019, la ricorrente ha proposto dinanzi a quest’ultimo un ricorso per l’annullamento della direttiva controversa nella sua interezza, sollevando a tal fine sei motivi.

19

Con atti separati depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 10 ottobre e il 14 ottobre 2019, il Parlamento e il Consiglio hanno sollevato un’eccezione di irricevibilità di tale ricorso di annullamento della direttiva controversa.

20

Inoltre, con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 ottobre 2019, il Consiglio ha chiesto al Tribunale di disporre che alcuni documenti non siano inseriti nel fascicolo o, nel caso di quelli prodotti dalla ricorrente, che siano ritirati da quest’ultimo. Nell’ambito di tale domanda incidentale, il Consiglio ha dichiarato di aver ricevuto diverse richieste ai sensi del regolamento n. 1049/2001, relative a documenti riguardanti i negoziati per la conclusione di un accordo tra l’Unione e la Federazione Russa e la procedura legislativa di adozione della direttiva controversa, che, alla data di presentazione della suddetta domanda incidentale, non aveva concesso l’accesso a nessuno di tali documenti e che, alla data di presentazione del ricorso da parte della ricorrente, non era stata presentata al Tribunale alcuna contestazione relativa al rigetto di tali domande di accesso ai documenti.

21

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 novembre 2019, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di adottare una misura di organizzazione del procedimento consistente nel disporre che taluni documenti detenuti dal Consiglio fossero prodotti.

22

Il 17 gennaio 2020, il Parlamento e il Consiglio hanno presentato le loro osservazioni su tale domanda di misura di organizzazione del procedimento e il Consiglio ha anche chiesto, in tale occasione, che alcuni documenti allegati dalla ricorrente alla sua domanda di cui al punto precedente siano ritirati dal fascicolo.

Ordinanza impugnata

Sulle domande di ritiro di documenti e di misure di organizzazione del procedimento

23

Con l’ordinanza impugnata il Tribunale, per quanto riguarda, da un lato, la domanda incidentale di ritiro di documenti presentata dal Consiglio l’11 ottobre 2019, ha disposto che i documenti prodotti dalla ricorrente come allegati A 14 (raccomandazione adottata dalla Commissione il 9 giugno 2017 all’attenzione del Consiglio in vista dell’adozione di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati su un accordo internazionale tra l’Unione e la Federazione Russa sulla gestione del gasdotto Nord Stream 2; in prosieguo: la «raccomandazione della Commissione») e O 20 (parere del servizio giuridico del Consiglio, del 27 settembre 2017, su tale raccomandazione, indirizzato ai rappresentanti permanenti degli Stati membri dell’Unione presso detta istituzione; in prosieguo: il «parere del servizio giuridico del Consiglio») siano ritirati dal fascicolo e che non si tenga conto dei passaggi del ricorso e dei relativi allegati in cui sono riprodotti estratti di tali documenti. Per quanto riguarda, dall’altro, l’istanza di ritiro di documenti formulata dal Consiglio il 17 gennaio 2020 nelle sue osservazioni sulla domanda di una misura di organizzazione del procedimento presentata dalla ricorrente, il Tribunale ha disposto il ritiro dal fascicolo dei due documenti prodotti dalla ricorrente come allegati M 26 e M 30 (documenti contenenti le osservazioni della Repubblica federale di Germania nell’ambito della procedura legislativa che ha condotto all’adozione della direttiva controversa; in prosieguo: le «osservazioni della Repubblica federale di Germania»).

24

Al riguardo, in primo luogo, il Tribunale ha giudicato, in sostanza, ai punti da 38 a 45 dell’ordinanza impugnata, basandosi in particolare sull’ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento (C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438), e sulla sentenza del31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia (C‑457/18, EU:C:2020:65), che, anche se le disposizioni del regolamento n. 1049/2001 non erano applicabili nel procedimento dinanzi ad esso pendente, esse avevano tuttavia un certo valore indicativo in vista della ponderazione degli interessi necessaria per pronunciarsi sulla domanda incidentale di ritiro dei documenti di cui al punto 23 della presente sentenza.

25

Successivamente, ai punti da 47 a 56 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha esaminato il parere del servizio giuridico del Consiglio e ha dichiarato che tale istituzione poteva legittimamente avvalersi, per tale parere, della tutela delle consulenze legali prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

26

Peraltro, ai punti da 57 a 64 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha esaminato la raccomandazione della Commissione ed è giunto alla conclusione che il Consiglio aveva giustamente ritenuto che la divulgazione di tale raccomandazione avrebbe potuto pregiudicare, concretamente ed effettivamente, la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, il che giustificava, di per sé, il ritiro di tale raccomandazione dal fascicolo.

27

Ai punti da 125 a 135 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha da ultimo esaminato le osservazioni della Repubblica federale di Germania. Considerando, da un lato, che la ricorrente non aveva dimostrato che le versioni prive di omissioni dei due documenti contenenti tali osservazioni fossero state ottenute legittimamente e, dall’altro, che la divulgazione di questi due documenti sarebbe stata tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali dell’Unione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, in particolare indebolendo la posizione dell’Unione nel procedimento arbitrale avviato nei suoi confronti dalla ricorrente, esso ha giudicato che la domanda del Consiglio volta al ritiro di tali documenti dal fascicolo doveva essere accolta, pur precisando che questi due documenti non erano comunque idonei a dimostrare l’incidenza diretta della direttiva controversa nei confronti della ricorrente ai sensi della seconda parte di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, cosicché non era necessario che il Tribunale richiedesse al Consiglio di produrli.

Sulla ricevibilità del ricorso

28

Pronunciandosi sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dal Parlamento e dal Consiglio, il Tribunale ha innanzitutto ricordato, da un lato, al punto 78 dell’ordinanza impugnata, che il solo fatto che il ricorso sia stato proposto contro una direttiva non era sufficiente per dichiararlo irricevibile e, dall’altro, ai punti da 79 a 85 della stessa ordinanza, che la direttiva controversa costituiva un atto legislativo rivolto agli Stati membri e che si applica alla generalità degli operatori economici interessati, di modo che la ricevibilità di tale ricorso era subordinata, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte, TFUE, alla condizione che la ricorrente fosse direttamente e individualmente interessata da tale direttiva.

29

Dopo il ragionamento sviluppato nei punti da 102 a 124 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha dichiarato irricevibile lo stesso ricorso per il fatto che la ricorrente non era direttamente interessata dalla direttiva controversa.

30

A questo proposito, innanzitutto, il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, ai punti 106 e 107 dell’ordinanza impugnata, che una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un privato e non può, quindi, essere fatta valere in quanto tale dalle autorità nazionali nei confronti degli operatori in assenza di misure di recepimento di detta direttiva precedentemente adottate. Le disposizioni della direttiva controversa non possono quindi, prima dell’adozione dei provvedimenti di trasposizione, costituire una fonte diretta o immediata di obblighi a carico della ricorrente e idonei, a tale titolo, ad incidere direttamente sulla sua situazione giuridica.

31

Ai punti 108 e 109 dell’ordinanza impugnata il Tribunale ha rilevato, con riferimento alla sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864), che la circostanza che le attività della ricorrente siano ora parzialmente disciplinate dalla direttiva 2009/73 è in ogni caso soltanto la conseguenza della sua scelta di sviluppare e mantenere la propria attività nel territorio dell’Unione. Accogliere l’argomento sollevato dalla ricorrente equivarrebbe a ritenere che, ogniqualvolta il legislatore dell’Unione adotti una nuova normativa in un determinato settore assoggettando gli operatori ad obblighi ai quali non erano precedentemente soggetti, la normativa dell’Unione riguardi necessariamente e direttamente tali operatori ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte, TFUE.

32

Ai punti 110 e 111 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha constatato che, nel caso di specie, è solo, di conseguenza, attraverso le misure nazionali di trasposizione della direttiva controversa che gli operatori come la ricorrente saranno soggetti agli obblighi della direttiva 2009/73 e che, alla data di proposizione del ricorso della ricorrente dinanzi al Tribunale, non esistevano siffatte misure di recepimento nel caso della Repubblica federale di Germania.

33

Inoltre, in detto punto 111 nonché nei punti da 112 a 115 dell’ordinanza impugnata il Tribunale ha dichiarato sostanzialmente che, comunque, gli Stati membri disponevano di un ampio potere discrezionale nell’attuazione delle disposizioni della direttiva 2009/73. Esso ha rilevato in proposito che, da un lato, dall’entrata in vigore della direttiva controversa, gli Stati membri hanno la facoltà, conformemente al primo comma del paragrafo 8 e al paragrafo 9 dell’articolo 9 di tale direttiva, di decidere di non applicare agli interconnettori l’obbligo di separazione dei sistemi di trasporto e dei gestori di sistemi di trasporto previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, di detta direttiva. Dall’altro lato, in base alle modifiche apportate dalla direttiva controversa, in particolare quelle riguardanti l’articolo 36 e l’articolo 49 bis della direttiva 2009/73, le autorità nazionali possono ora decidere di concedere deroghe relative a determinati articoli della direttiva 2009/73 alle nuove grandi infrastrutture del gas e ai gasdotti di trasporto tra Stati membri e paesi terzi completati prima del 23 maggio 2019.

34

Infine, al punto 117 dell’ordinanza impugnata il Tribunale ha giudicato che la ricorrente non può, al fine di suffragare il suo argomento diretto a dimostrare di essere direttamente interessata dalla direttiva controversa, avvalersi della soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159). Infatti, la situazione giuridica e materiale del caso che ha dato origine a tale sentenza non sarebbe in alcun modo paragonabile a quella del caso di specie, avendo quest’ultimo come unico oggetto una direttiva, che peraltro non è «atipica» alla luce dell’articolo 288, terzo comma, TFUE.

Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

35

Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare l’ordinanza impugnata;

respingere l’eccezione di irricevibilità, dichiarare il ricorso ricevibile e rinviare la causa al Tribunale per una decisione nel merito;

in subordine, dichiarare che essa è direttamente interessata dalla direttiva controversa e rinviare la causa dinanzi al Tribunale, affinché esso si pronunci sulla questione se essa sia individualmente interessata da tale direttiva o affinché si pronunci su tale questione e sul merito, e

condannare il Parlamento e il Consiglio alle spese.

36

Il Parlamento e il Consiglio chiedono che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare la ricorrente alle spese.

37

Con decisioni del presidente della Corte del 22 ottobre, 12 e 19 novembre 2020, rispettivamente, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Lettonia e la Repubblica di Polonia sono state autorizzate a intervenire a sostegno delle conclusioni del Parlamento e del Consiglio.

38

Il 16 luglio 2021, conformemente a una misura di organizzazione del procedimento disposta dal giudice relatore e dall’avvocato generale ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la ricorrente ha prodotto dinanzi a quest’ultima i documenti che aveva precedentemente depositato presso il Tribunale quali allegati A 14, O 20, M 26 ed M 30.

39

Con lettera del 17 marzo 2022, i rappresentanti della ricorrente hanno informato la Corte che, a partire dal 1o marzo 2022, rinunciavano al loro mandato, precisando che uno di loro può continuare a fungere da punto di contatto tra la Corte e la ricorrente fino a quando quest’ultima non abbia nominato un nuovo rappresentante.

Sull’impugnazione

40

La ricorrente solleva due motivi a sostegno della sua impugnazione. Il primo motivo, suddiviso in due parti, verte su errori di diritto nella valutazione del Tribunale secondo la quale essa non era direttamente interessata dalla direttiva controversa, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

41

Il secondo motivo riguarda una serie di errori di diritto nell’esame, da parte del Tribunale, delle domande di ritiro di documenti formulate dal Consiglio.

Sul primo motivo

Osservazioni preliminari

42

Ai fini dell’esame dell’impugnazione, occorre rilevare che la ricevibilità del ricorso di annullamento della direttiva controversa proposto dalla ricorrente deve essere esaminata alla luce delle condizioni previste dall’articolo 263, quarto comma, seconda parte, TFUE, secondo le quali tale ricorso è ricevibile solo quando la ricorrente è direttamente e individualmente interessata dall’atto impugnato. Poiché la ricorrente non era, secondo il Tribunale, direttamente interessata dalla direttiva controversa e poiché tali condizioni erano cumulative, esso ha respinto il ricorso in quanto irricevibile senza pronunciarsi sulla questione se la ricorrente fosse individualmente interessata da tale direttiva.

43

Secondo una giurisprudenza costante, ricordata dal Tribunale al punto 102 dell’ordinanza impugnata, il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dall’atto oggetto del suo ricorso richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che tale atto, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del ricorrente e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (sentenza del 28 febbraio 2019, Consiglio/Growth Energy and Renewable Fuels Association, C‑465/16 P, EU:C:2019:155, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

44

Lo stesso vale, come anche affermato dal Tribunale al punto 103 dell’ordinanza impugnata, quando la possibilità per i destinatari di non dare seguito all’atto dell’Unione sia puramente teorica, in quanto la loro volontà di trarre conseguenze conformi a quest’ultimo sia fuori dubbio (sentenze del 23 novembre 1971, Bock/Commissione, 62/70, EU:C:1971:108, punti da 6 a 8, e del 4 dicembre 2019, PGNiG Supply & Trading/Commissione, C‑117/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1042, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

45

Con le due parti del primo motivo, la ricorrente contesta l’applicazione da parte del Tribunale, rispettivamente, della prima e della seconda condizione di cui al punto 43 della presente sentenza.

Sulla prima parte del primo motivo

– Argomenti delle parti

46

Con la prima parte del primo motivo, che si riferisce ai punti da 106 a 111 dell’ordinanza impugnata, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel concludere che la direttiva controversa non produceva direttamente effetti sulla sua situazione giuridica per il fatto che si tratta di una direttiva.

47

A questo proposito, in primo luogo, la ricorrente sostiene che la motivazione addotta dal Tribunale nell’ordinanza impugnata, secondo la quale una direttiva non può di per sé, prima dell’adozione di misure di trasposizione da parte dello Stato membro interessato o della scadenza del termine previsto a tal fine, incidere direttamente sulla posizione giuridica di un operatore, sarebbe errata già in via di principio. Infatti, ciò equivarrebbe ad impedire qualsiasi ricorso ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE contro una direttiva, poiché in pratica il termine per proporre un ricorso scadrebbe sistematicamente prima dell’adozione delle necessarie misure di trasposizione. Basandosi su questo motivo, il Tribunale non avrebbe rispettato la giurisprudenza, pur citata al punto 78 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale il fatto che un atto sia stato adottato sotto forma di direttiva non sarebbe di per sé sufficiente ad escludere che le sue disposizioni possano interessare direttamente e individualmente una persona.

48

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che sarebbe irrilevante il fatto, evidenziato dal Tribunale al punto 111 dell’ordinanza impugnata, che, al momento della presentazione del suo ricorso, la direttiva controversa non fosse stata ancora recepita dalla Repubblica federale di Germania. Secondo la ricorrente, il fatto che la situazione giuridica di una persona sia direttamente interessata da una direttiva dipenderebbe dal contenuto della stessa e non dall’eventuale adozione di misure di recepimento. A questo proposito, essa aggiunge che il requisito di ricevibilità secondo cui il ricorrente deve essere direttamente interessato dall’atto impugnato, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, sarebbe identico a prescindere dal fatto che riguardi la seconda o la terza parte di tale disposizione, il che implicherebbe necessariamente che il requisito secondo cui l’atto impugnato «non comporta (...) alcuna misura d’esecuzione», ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte, TFUE, è una condizione supplementare, distinta da tale requisito di ricevibilità.

49

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che, al momento della presentazione del suo ricorso di annullamento, la direttiva controversa avrebbe avuto l’effetto di assoggettarla alle norme della direttiva 2009/73, mentre essa non sarebbe stata soggetta a tali norme prima della sua adozione. Un tale cambiamento di status giuridico avrebbe effetti giuridici gravi e di vasta portata nei suoi confronti. Quando gli Stati membri interessati non hanno alcun potere discrezionale in sede di attuazione di una misura dell’Unione, come si verificherebbe nella fattispecie, il termine di recepimento di tale misura sarebbe paragonabile a un semplice rinvio nel tempo della sua piena applicabilità.

50

Infine, in quarto luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale non avrebbe avuto alcun fondamento per suggerire, come sembra aver considerato al punto 109 dell’ordinanza impugnata, che riconoscere che essa era direttamente interessata dalla direttiva controversa equivalesse a conferire a qualsiasi operatore economico il potere di impugnare ogni misura legislativa che gli imponga nuovi obblighi, dato che il principale limite alle «porte spalancate» per le misure legislative è il requisito di ricevibilità secondo cui il ricorrente deve essere individualmente interessato dalla misura che forma oggetto del suo ricorso.

51

Invece, il Parlamento e il Consiglio sono d’accordo con il ragionamento del Tribunale.

52

Secondo il Parlamento, il Tribunale avrebbe avuto il diritto di dichiarare che una direttiva, compresa quella controversa, non poteva, di per sé, prima dell’adozione delle misure di trasposizione o della scadenza del termine previsto a tal fine, incidere direttamente sulla posizione giuridica di un operatore ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

53

Inoltre, il Parlamento ritiene errato anche l’argomento della ricorrente secondo cui il termine di trasposizione equivarrebbe a un «mero rinvio nel tempo della piena applicabilità» della misura in questione. Questo argomento si baserebbe sul presupposto che tale misura sia, in generale, in grado di produrre effetti diretti sulla situazione giuridica del ricorrente, il che non è il caso.

54

Inoltre, il Parlamento concorda con l’analisi del Tribunale che accogliere l’argomentazione della ricorrente avrebbe la conseguenza di privare di qualsiasi efficacia pratica il requisito che il ricorrente deve essere direttamente colpito dalla misura oggetto del suo ricorso. Infatti, qualsiasi nuova legislazione colpirebbe così direttamente qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel campo da essa disciplinato.

55

Il Consiglio sostiene che l’argomento della ricorrente si basa su una lettura errata dell’ordinanza impugnata, in quanto il Tribunale non avrebbe ritenuto che la forma di direttiva dell’atto in questione fosse di per sé sufficiente ad escludere che la sua situazione giuridica fosse direttamente interessata dalla direttiva controversa. Al contrario, il Tribunale avrebbe giustamente concluso che la direttiva controversa non incide direttamente sulla posizione giuridica della ricorrente, poiché l’autorità di regolamentazione tedesca, la Bundesnetzagentur (Agenzia federale delle reti, Germania), non potrebbe, in assenza d’adozione, da parte della Repubblica federale di Germania, di misure di trasposizione della direttiva controversa, imporre alla ricorrente il rispetto degli obblighi previsti da tale direttiva.

56

Peraltro, la direttiva controversa, in quanto direttiva ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, non sarebbe di per sé opponibile ai privati, fatto che la ricorrente non contesta.

57

Il Consiglio aggiunge, da un lato, che l’interpretazione invocata dalla ricorrente, per cui la condizione secondo la quale la situazione giuridica del ricorrente deve essere direttamente interessata dalla misura oggetto del suo ricorso andrebbe esaminata alla luce del contenuto della misura in questione, non avrebbe alcun fondamento nella giurisprudenza. Dall’altro lato, la condizione relativa agli atti che «non comportano alcuna misura d’esecuzione» si applicherebbe solo agli atti normativi, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte, TFUE. Quest’ultima condizione non potrebbe quindi modificare il requisito che il ricorrente sia direttamente interessato dall’atto oggetto del suo ricorso, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte, TFUE.

58

I governi estone, lettone e polacco condividono, sostanzialmente, gli argomenti presentati dal Parlamento e dal Consiglio.

59

Il governo polacco aggiunge che, da un lato, la direttiva 2009/73 sarebbe stata già applicabile al gasdotto Nord Stream 2 prima dell’adozione della direttiva controversa, e quest’ultima si limiterebbe a stabilire le modalità pratiche di trasposizione e applicazione della direttiva 2009/73 per quanto riguarda i gasdotti come il gasdotto Nord Stream 2.

60

Dall’altro, secondo questo governo, la condizione che il ricorrente sia direttamente interessato dalla misura oggetto del suo ricorso dovrebbe essere soddisfatta alla data di presentazione del ricorso, il che non si sarebbe assolutamente verificato nel caso di specie. Sarebbe infatti pacifico che il gasdotto Nord Stream 2 non era stato completato né alla data di entrata in vigore della direttiva controversa né alla data di presentazione del ricorso da parte della ricorrente.

– Giudizio della Corte

61

La prima parte del primo motivo riguarda la questione se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto giudicando che la direttiva controversa non incide direttamente sulla situazione giuridica della ricorrente e non soddisfa, quindi, la prima delle due condizioni enunciate dalla giurisprudenza citata al punto 43 della presente sentenza.

62

In primo luogo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il ricorso di annullamento previsto dall’articolo 263 TFUE è esperibile per tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni, qualunque sia la loro forma, destinate a produrre effetti giuridici vincolanti (sentenza del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

63

Per accertare se un atto produca simili effetti e possa, pertanto, essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, occorre riferirsi alla sua sostanza e valutarne gli effetti in funzione di criteri obiettivi, come il contenuto di detto atto, tenendo conto eventualmente del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato nonché dei poteri dell’istituzione da cui esso promana (sentenza del 3 giugno 2021, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, EU:C:2021:426, punto 38).

64

Così, la capacità di un atto di produrre direttamente effetti sulla situazione giuridica di una persona fisica o giuridica non può essere valutata solo sulla base del fatto che l’atto assuma la forma di una direttiva.

65

Sebbene il Tribunale abbia sottolineato, al punto 78 dell’ordinanza impugnata, che il solo fatto che il ricorso fosse stato proposto contro una direttiva non era sufficiente per dichiarare tale ricorso irricevibile, risulta tuttavia dal resto della sua motivazione, in particolare ai punti 106 e 107 di tale ordinanza, che il Tribunale si è basato principalmente, nel concludere che la direttiva controversa non incideva direttamente sulla posizione giuridica della ricorrente, sul fatto che una direttiva non può, di per sé, creare obblighi per un individuo o essere una fonte diretta e immediata di siffatti obblighi, in assenza di misure di trasposizione.

66

A tale proposito, come giustamente sostiene la ricorrente, nella misura in cui tutte le direttive sono caratterizzate dalla loro inidoneità ad imporre, di per sé, obblighi ai soggetti di diritto o ad essere fatte valere nei loro confronti (v., in tal senso, sentenza del 7 agosto 2018, C‑122/17, EU:C:2018:631, punto 42 e giurisprudenza ivi citata), il ragionamento del Tribunale implica di escludere categoricamente che le direttive possano produrre direttamente effetti sulla situazione giuridica delle persone e, di conseguenza, formare oggetto di un ricorso ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

67

Un approccio simile finisce per far prevalere, in spregio a quanto esposto ai punti 63 e 64 della presente sentenza, ai fini dell’esame del requisito secondo cui l’atto oggetto del ricorso deve produrre direttamente effetti sulla posizione giuridica del ricorrente, la forma dell’atto in questione, ossia quella della direttiva, sulla sostanza dell’atto stesso.

68

In secondo luogo, lo stesso vale per la motivazione del Tribunale ai punti 110 e 111 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale sulla situazione giuridica dei soggetti incide, in linea di principio, non la direttiva, ma solo le misure di trasposizione della stessa, laddove, al momento della presentazione del ricorso di annullamento, nessuna di tali misure era stata adottata dallo Stato membro interessato, nella fattispecie la Repubblica federale di Germania.

69

Certamente, secondo una giurisprudenza costante, ciascuno Stato membro destinatario di una direttiva ha l’obbligo di adottare, nel proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti necessari a garantirne la piena efficacia, conformemente allo scopo che essa persegue (sentenza dell’8 maggio 2008, Danske Svineproducenter, C‑491/06, EU:C:2008:263, punto 28).

70

Tuttavia, confermare la tesi del Tribunale esposta al punto 68 della presente sentenza equivarrebbe fondamentalmente a ritenere che le direttive non possano mai produrre direttamente effetti sulla situazione giuridica dei soggetti di diritto, in quanto tali effetti sarebbero sempre associati alle misure adottate in vista della loro trasposizione e non alle direttive stesse.

71

Inoltre, gli stessi punti dell’ordinanza impugnata non tengono conto della distinzione tra il requisito secondo cui l’atto oggetto del ricorso deve riguardare direttamente un ricorrente e il requisito secondo cui tale atto non deve comportare misure di esecuzione, enunciato all’articolo 263, quarto comma, terza parte, TFUE.

72

Così, questa terza parte, che riguarda il diritto di ricorso contro gli atti normativi, pone sia il requisito che il ricorrente sia direttamente interessato dall’atto oggetto del suo ricorso, sia il requisito che, affinché il ricorso sia ricevibile, tali atti non debbano comportare misure d’esecuzione, requisito quest’ultimo che si aggiunge al primo e non si confonde quindi con quest’ultimo.

73

Poiché il requisito secondo cui il ricorrente deve essere direttamente interessato dall’atto impugnato è enunciato, in termini identici, sia nella seconda parte del quarto comma dell’articolo 263 TFUE che nella terza parte della stessa disposizione, esso deve avere lo stesso significato in ciascuna di queste parti. In effetti, la valutazione di questo requisito di natura oggettiva non può variare a seconda delle diverse parti di questa disposizione.

74

Di conseguenza, qualsiasi atto, sia esso di natura regolamentare o di altro tipo, può, in linea di principio, interessare direttamente un privato, e quindi produrre direttamente effetti sulla situazione giuridica dello stesso, indipendentemente dal fatto che comporti misure di attuazione, comprese, nel caso di una direttiva, misure di recepimento. Così, quando la direttiva in questione produce simili effetti, la circostanza che siano state adottate o debbano ancora essere adottate misure di recepimento di tale direttiva non è, in quanto tale, rilevante, poiché non mette in discussione il carattere diretto del legame tra la direttiva e tali effetti, a condizione che la direttiva non lasci agli Stati membri alcun potere discrezionale per quanto riguarda l’imposizione dei citati effetti al singolo. La seconda parte del primo motivo riguarda quest’ultima condizione.

75

In terzo luogo, per quanto riguarda l’esame dell’idoneità della direttiva controversa a produrre effetti diretti sulla situazione giuridica della ricorrente secondo i criteri indicati al punto 63 della presente sentenza, si deve constatare che la direttiva controversa, estendendo l’ambito di applicazione della direttiva 2009/73 alle interconnessioni tra Stati membri e paesi terzi, come l’interconnessione che la ricorrente intende gestire, ha l’effetto di assoggettare il funzionamento di tale interconnessione alle norme previste da tale direttiva, rendendo così applicabili alla ricorrente gli obblighi specifici da essa previsti al riguardo, tra cui in particolare quelli relativi alla separazione dei sistemi di trasporto e dei gestori dei sistemi di trasporto ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2009/73, nonché quelli relativi al sistema di accesso dei terzi alla rete basato su tariffe pubblicate e approvate dall’autorità di regolamentazione interessata o calcolate in base a metodologie approvate da tale autorità, previsti all’articolo 32 della direttiva 2009/73.

76

A questo proposito, come indicato al punto 74 della presente sentenza, il fatto che l’attuazione di tali obblighi richieda l’adozione di misure di trasposizione da parte dello Stato membro interessato, nella fattispecie la Repubblica federale di Germania, è irrilevante in quanto tale, nella misura in cui tale Stato membro non gode di un margine di discrezionalità rispetto a tali misure di trasposizione, in grado di impedire che tali obblighi siano imposti alla ricorrente. In assenza di un siffatto margine di discrezionalità, infatti, tali misure di trasposizione non mettono in discussione il carattere diretto del nesso tra la direttiva in questione e l’imposizione degli stessi obblighi.

77

Alla luce di quanto precede, occorre constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto giudicando che la direttiva controversa non incideva direttamente sulla situazione giuridica della ricorrente.

78

Non possono essere accolti neanche gli argomenti del governo polacco con i quali esso cerca di dimostrare che la ricorrente non sarebbe stata direttamente interessata dalla direttiva controversa per motivi diversi da quelli esposti dal Tribunale nell’ordinanza impugnata.

79

In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la direttiva 2009/73 sarebbe stata applicata già prima dell’entrata in vigore della direttiva controversa alle interconnessioni come quella della ricorrente, tale argomento è, in ogni caso, chiaramente contraddetto sia dalla finalità di quest’ultima direttiva, quale risulta dai suoi considerando 3 e 4, sia dalla modifica della definizione di «interconnettore» di cui all’articolo 2, punto 17, della direttiva 2009/73.

80

D’altro canto, contrariamente a quanto sostenuto dal governo polacco, non si può nemmeno escludere che la direttiva controversa incida direttamente sulla situazione giuridica della ricorrente, in quanto né alla data di entrata in vigore di tale direttiva né alla data di presentazione del ricorso contro di essa l’interconnessione della ricorrente era ancora stata realizzata. In primo luogo, infatti, al momento dell’adozione e dell’entrata in vigore di tale direttiva, la ricorrente aveva già effettuato notevoli investimenti nella costruzione di tale interconnessione, che era in una fase avanzata. In secondo luogo, la direttiva 2009/73, in particolare l’articolo 36 della stessa, che consente, a determinate condizioni, la concessione di una deroga per taluni progetti di infrastrutture del gas, prende specificamente in considerazione l’ipotesi della costruzione di nuovi gasdotti ed è quindi destinata a disciplinare anche l’ipotesi di gasdotti pianificati e non ancora completati.

81

Pertanto, la prima parte del primo motivo deve essere accolta.

Sulla seconda parte del primo motivo

– Argomenti delle parti

82

Con la seconda parte del primo motivo, che si riferisce ai punti da 111 a 115 dell’ordinanza impugnata, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto giudicando che la direttiva controversa lasciava un margine di discrezionalità agli Stati membri.

83

La ricorrente sostiene, in primo luogo, che l’approccio seguito dal Tribunale a tale riguardo sarebbe errato in quanto quest’ultimo procederebbe ad una valutazione generale, senza avere specificamente esaminato in che misura la sua situazione giuridica sia stata direttamente interessata dalla direttiva controversa, alla luce dell’oggetto del suo ricorso, conformemente alla giurisprudenza derivante dalle sentenze del 19 dicembre 2013, Telefónica/Commissione (C‑274/12 P, EU:C:2013:852, punti 3031), e del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione (C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punti 5051).

84

In secondo luogo, la ricorrente sostiene, per quanto riguarda gli obblighi di separazione cui sarebbe soggetta in seguito all’entrata in vigore della direttiva controversa, che, sebbene la direttiva 2009/73 conceda certamente agli Stati membri la facoltà di introdurre alternative alla separazione integrale, i due modelli dell’alternativa che potrebbero applicarsi nel caso di specie, ossia il gestore di sistema indipendente e il gestore di sistema di trasporto indipendente, avrebbero, come la separazione integrale, un notevole impatto negativo sulla sua situazione giuridica. Lo stesso varrebbe per le norme sull’accesso dei terzi e sulla regolamentazione delle tariffe che, in ogni caso, le sarebbero applicabili. Pertanto, conformemente ai termini della sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159), il danno alla situazione giuridica della ricorrente sarebbe dovuto alla direttiva controversa e alla direttiva 2009/73, che essa modifica, e in particolare sarebbe dovuto all’obbligo di raggiungere il risultato previsto da tali direttive.

85

In terzo luogo, la ricorrente sostiene che, per quanto riguarda l’esistenza di un eventuale margine di discrezionalità a disposizione dello Stato membro interessato nell’ambito dell’attuazione delle deroghe previste dagli articoli 36 e 49 bis della direttiva 2009/73, tale margine di discrezionalità avrebbe dovuto essere stabilito con riferimento alla sua situazione particolare e all’oggetto del suo ricorso, precisando che tale ricorso è essenzialmente diretto contro l’articolo 49 bis della direttiva 2009/73, introdotto dalla direttiva controversa. Tuttavia, per quanto riguarda la deroga prevista da quest’ultima disposizione, il legislatore dell’Unione, limitandola ai gasdotti di trasporto del gas «completat[i] prima del 23 maggio 2019», avrebbe inteso non lasciare alcun margine di discrezionalità alla Repubblica federale di Germania, scegliendo la data di tale limitazione proprio per escludere la ricorrente dal beneficio di tale deroga. Allo stesso modo, sarebbe pacifico che il suo gasdotto non possa beneficiare della deroga di cui all’articolo 36 della direttiva 2009/73, senza che le autorità tedesche abbiano alcun margine di discrezionalità al riguardo.

86

Viceversa, il Parlamento e il Consiglio sono d’accordo con il ragionamento del Tribunale.

87

Il Parlamento sostiene che, in primo luogo, la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione (C‑132/12 P, EU:C:2014:100), citata dalla ricorrente, riguarderebbe atti regolamentari e non atti legislativi, per cui tale giurisprudenza non potrebbe rimettere in discussione l’approccio restrittivo prevalente in relazione ai ricorsi dei soggetti di diritto contro questi ultimi atti.

88

In secondo luogo, secondo il Parlamento, la formulazione della direttiva controversa lascerebbe agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità, in particolare all’articolo 9, paragrafi 8 e 9, della direttiva 2009/73 e all’articolo 49 bis della stessa. In questo contesto, sarebbe opportuno considerare le disposizioni della direttiva controversa nel loro insieme, e non solo la possibilità di ottenere una deroga ai sensi dell’articolo 49 bis della direttiva 2009/73.

89

In terzo luogo, la sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159), citata dalla ricorrente, riguarderebbe un caso in cui, a differenza della presente fattispecie, l’atto impugnato non lascerebbe alcun margine di discrezionalità alle autorità nazionali.

90

Il Consiglio sostiene che, in primo luogo, il ricorso della ricorrente sarebbe stato diretto contro la direttiva controversa nella sua interezza, di modo che il margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri avrebbe dovuto essere analizzato alla luce di tale direttiva nel suo complesso.

91

In secondo luogo, il Consiglio sostiene che l’argomentazione secondo cui non vi era alcun dubbio su come la Repubblica federale di Germania avrebbe recepito la direttiva controversa sarebbe fondamentalmente errata. La Corte avrebbe dichiarato, nella sentenza del 4 dicembre 2019, Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo/Commissione (C‑342/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1043), che l’articolo 36 della direttiva 2009/73 riconosce alle autorità nazionali di regolamentazione un potere discrezionale ai fini della concessione di deroghe alle norme stabilite da tale direttiva. La stessa logica si applicherebbe alla deroga prevista dall’articolo 49 bis della stessa direttiva.

92

In terzo luogo, secondo il Consiglio il Tribunale avrebbe anche giustamente concluso che la situazione giuridica e materiale della ricorrente non era paragonabile a quella che sussisteva nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159). Infatti, a differenza dell’atto impugnato in tale causa, la direttiva controversa sarebbe, per forma e contenuto, una direttiva «tipica» ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, vale a dire che essa «vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere», ma lascia inalterata «la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi». Non esisterebbe quindi un nesso di causalità tra la direttiva controversa e gli effetti prodotti sulla situazione giuridica della ricorrente.

93

I governi estone, lettone e polacco condividono, sostanzialmente, gli argomenti presentati dal Parlamento e dal Consiglio.

– Giudizio della Corte

94

La seconda parte del primo motivo riguarda la questione se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel giudicare che la direttiva in questione lascia un margine di discrezionalità agli Stati membri nella sua attuazione, conformemente al secondo dei due requisiti enunciati dalla giurisprudenza citata al punto 43 della presente sentenza.

95

In primo luogo, risulta dalla constatazione svolta al punto 63 della presente sentenza che la questione se un atto lasci un potere discrezionale ai destinatari responsabili della sua attuazione deve essere esaminata con riferimento alla sostanza stessa dell’atto in esame.

96

D’altra parte, il semplice fatto che l’atto impugnato debba essere oggetto di misure di esecuzione, comprese, nel caso di una direttiva, misure di trasposizione, ai fini della sua attuazione non implica necessariamente l’esistenza di un margine di discrezionalità nei confronti dei destinatari di un simile atto, come rilevato al punto 74 della presente sentenza.

97

In secondo luogo, quando, come nel caso di specie, un dato atto è in grado di produrre una pluralità di effetti giuridici a seconda delle diverse situazioni cui è destinato ad applicarsi, l’esistenza di un margine di discrezionalità deve necessariamente essere valutata alla luce degli effetti giuridici concreti cui si riferisce il ricorso e che possono effettivamente verificarsi sulla situazione giuridica dell’interessato.

98

Così, per valutare se un atto lasci ai suoi destinatari un margine di discrezionalità nella sua attuazione, occorre esaminare gli effetti giuridici prodotti dalle disposizioni di tale atto, oggetto del ricorso, sulla situazione della persona che invoca il diritto di ricorso ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte, TFUE (v., per analogia, sentenze del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punti 5051, e del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punti 3839).

99

Contrariamente a quanto sostengono il Parlamento e il Consiglio, ciò si verifica anche quando il ricorso è formalmente diretto contro l’atto di cui trattasi nella sua interezza, se i motivi sollevati a sostegno di tale ricorso permettono di stabilire che l’oggetto di quest’ultimo riguarda in realtà aspetti specifici di tale atto.

100

In terzo luogo, occorre rilevare che, a sostegno del suo argomento secondo cui la direttiva controversa non lascerebbe agli Stati membri alcun margine di discrezionalità per quanto riguarda gli effetti di tale direttiva sulla sua situazione giuridica, la ricorrente ha sostanzialmente affermato, nell’ambito del suo ricorso, che la direttiva controversa avrebbe prodotto l’effetto, in seguito alla modifica da essa operata della nozione di «interconnettore» di cui all’articolo 2, punto 17, della direttiva 2009/73, di assoggettarla agli obblighi specifici della medesima direttiva, relativi alla separazione dei sistemi di trasporto e dei gestori di sistemi di trasporto, di cui all’articolo 9 di detta direttiva, e a quelli relativi all’accesso dei terzi e alla regolamentazione delle tariffe, di cui all’articolo 32 di questa stessa direttiva, senza che essa possa beneficiare di una deroga a tali norme in forza dell’articolo 36 della direttiva 2009/73 o dell’articolo 49 bis della stessa, come inserito dalla direttiva controversa.

101

Occorre quindi determinare, alla luce di tali disposizioni e della situazione specifica della ricorrente, se, dopo l’adozione e l’entrata in vigore della direttiva controversa, la direttiva 2009/73 lasci alla Repubblica federale di Germania un margine di discrezionalità nell’attuazione di tali disposizioni e, in particolare, nella loro applicazione alla ricorrente.

102

Al riguardo, per quanto concerne, in primo luogo, le deroghe previste dagli articoli 36 e 49 bis della direttiva 2009/73, il Tribunale ha ricordato, ai punti 114 e 115 dell’ordinanza impugnata, l’esistenza di tali possibili deroghe, precisando nel contempo che le autorità nazionali di regolamentazione disponevano, ai fini dell’attuazione di quella prevista dall’articolo 49 bis, di un ampio potere discrezionale per la concessione di una siffatta deroga.

103

Così facendo, tuttavia, il Tribunale ha omesso di esaminare, tenendo conto della situazione della ricorrente e concentrandosi sul merito di tali deroghe, se esse fossero applicabili alla sua situazione e se la direttiva in questione lasciasse allo Stato membro interessato un margine di discrezionalità nell’ambito della sua attuazione nei confronti della ricorrente.

104

Per quanto riguarda l’esistenza di un siffatto margine di discrezionalità nell’ambito delle deroghe previste dagli articoli 36 e 49 bis della direttiva 2009/73, bisogna constatare, come ha anche rilevato, sostanzialmente, l’avvocato generale ai paragrafi 74 e 75 delle sue conclusioni, che nessuna di tali deroghe è suscettibile di applicarsi alla situazione della ricorrente in quanto, da un lato, gli investimenti per il gasdotto Nord Stream 2 erano già stati decisi alla data di adozione della direttiva controversa, il che esclude tale gasdotto dal beneficio di una deroga ai sensi dell’articolo 36 della direttiva 2009/73, che si applica alle nuove grandi infrastrutture del gas o ad aumenti significativi della capacità delle infrastrutture esistenti, e, dall’altro, a tale data era chiaro che il gasdotto in parola non poteva essere completato prima del 23 maggio 2019, impedendo così la concessione di una deroga ai sensi dell’articolo 49 bis di tale direttiva.

105

In tali circostanze, anche se gli Stati membri godono indubbiamente di un margine di discrezionalità per quanto riguarda la concessione di tali deroghe alle imprese del gas che soddisfano le condizioni previste rispettivamente agli articoli 36 e 49 bis della direttiva 2009/73, essi non godono invece di alcun margine di discrezionalità per quanto riguarda la facoltà di concedere tali deroghe alla ricorrente, che non soddisfa dette condizioni. Pertanto, esiste un nesso diretto tra l’entrata in vigore della direttiva controversa e l’imposizione, da parte di quest’ultima, alla ricorrente degli obblighi previsti dalla direttiva 2009/73, di cui al punto 75 della presente sentenza.

106

In secondo luogo, in tali circostanze, occorre esaminare se lo Stato membro interessato goda, nei confronti della ricorrente, di un potere discrezionale per determinare il risultato da raggiungere, che possa produrre la conseguenza che quest’ultima si sottragga comunque a tali obblighi.

107

A tal proposito, relativamente all’obbligo di separazione previsto dall’articolo 9 della direttiva 2009/73, il Tribunale ha constatato, al punto 112 dell’ordinanza impugnata, che gli Stati membri hanno la possibilità di decidere, a talune condizioni, conformemente all’articolo 9, paragrafo 8, secondo comma, lettere a) e b), e paragrafo 9, di tale direttiva, di non applicare detto obbligo, segnatamente, agli interconnettori come il gasdotto Nord Stream 2. In un caso del genere, tali Stati membri devono, invece di separare le strutture di proprietà e quelle di fornitura e produzione, designare o un gestore di sistema indipendente ai sensi dell’articolo 14 della citata direttiva, o un gestore del sistema di trasporto indipendente. Secondo il Tribunale, detti Stati membri dispongono di un margine discrezionale a tal riguardo.

108

Una siffatta constatazione non può tuttavia essere sufficiente a stabilire l’esistenza di un margine discrezionale delle autorità nazionali rispetto all’obbligo di separazione di cui all’articolo 9 della direttiva 2009/73.

109

Infatti, dal considerando 13 della direttiva 2009/73 si evince che, sebbene i due modelli dell’alternativa offerta riguardo all’obbligo di separazione previsto all’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva dovessero «consentire ad un’impresa verticalmente integrata di mantenere la proprietà degli elementi patrimoniali della rete», essi devono parimenti «assicura[re] sempre un’effettiva separazione degli interessi», e il gestore di sistemi o di trasporto indipendente deve «esercit[are] tutte le funzioni di un gestore di sistemi» e dev’essere soggetto ad «una regolamentazione dettagliata e [ad] efficaci meccanismi di controllo»

110

Ne consegue che, come ha rilevato anche l’avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi 80 e 81 delle sue conclusioni, indipendentemente da quale delle opzioni menzionate al punto 107 della presente sentenza venga infine scelta, la situazione giuridica della ricorrente sarà inevitabilmente modificata, poiché l’articolo 9 della direttiva 2009/73 offre agli Stati membri solo la scelta dei mezzi con cui raggiungere un risultato ben definito, ossia quello della separazione effettiva delle strutture di trasporto da quelle di produzione e fornitura. Così, anche se gli Stati membri non sono privati di ogni discrezionalità nell’attuazione di tale articolo 9, essi non hanno alcuna discrezionalità per quanto riguarda l’obbligo di separazione previsto da tale disposizione, di modo che la ricorrente non può sottrarsi ad esso, indipendentemente dalla scelta fatta tra i tre metodi previsti da tale disposizione.

111

Lo stesso vale per gli obblighi di cui all’articolo 32 della direttiva 2009/73, in combinato disposto con l’articolo 41, paragrafi 6, 8 e 10, della stessa. Tali obblighi impongono, tra l’altro, ai gestori dei sistemi di trasporto soggetti a tale direttiva di concedere l’accesso alla loro rete a terzi sulla base di un sistema oggettivamente applicato e non discriminatorio, basato su tariffe pubblicate, proporzionate e approvate dall’autorità di regolamentazione competente. Tale autorità deve fornire, nel contesto dell’approvazione di tali tariffe, tra l’altro, incentivi adeguati per incoraggiare gli amministratori a migliorare le loro prestazioni.

112

Infatti, sebbene tali obblighi richiedano l’adozione, in particolare da parte delle autorità nazionali di regolamentazione, di misure di natura tecnica per la loro attuazione, resta il fatto che tali misure non possono modificare il risultato che tali obblighi comportano, ossia che i gestori dei sistemi di trasporto garantiscano ai terzi un accesso non discriminatorio a tale rete alle condizioni previste dalla direttiva 2009/73, al fine di garantire a tutti gli operatori del mercato un accesso effettivo a tale mercato.

113

A questo proposito, il Tribunale ha anche erratamente considerato, al punto 117 dell’ordinanza impugnata, che la ricorrente non poteva far valere la sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159). Infatti, anche se il caso in cui è stata pronunciata tale sentenza è diverso dalla presente fattispecie, in quanto riguardava gli effetti giuridici di una decisione adottata dalla Commissione in applicazione di una direttiva, resta il fatto che l’efficacia vincolante di tale decisione era dovuta, in ultima analisi, a tale direttiva e che, in ogni caso, detta decisione determinava, come le citate disposizioni della direttiva controversa di cui ai punti 110 e 111 della presente sentenza, il risultato da raggiungere, rispetto al quale gli Stati membri non avevano alcun potere discrezionale.

114

Il Tribunale ha quindi commesso un errore di diritto giudicando che la direttiva controversa lasciava un margine di discrezionalità agli Stati membri, senza tener conto della situazione della ricorrente e del fatto che la conseguenza diretta dell’entrata in vigore della direttiva controversa era di assoggettare la ricorrente ad obblighi il cui esito non poteva essere modificato. In queste circostanze, anche la seconda parte del primo motivo deve essere accolta.

115

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che il primo motivo è fondato, poiché il Tribunale ha erroneamente giudicato che la ricorrente non era direttamente interessata dalla direttiva controversa. Ne consegue che il punto 4 del dispositivo dell’ordinanza impugnata deve essere annullato nella misura in cui il ricorso proposto dalla ricorrente è stato dichiarato irricevibile per questo motivo.

Sul secondo motivo

– Argomenti delle parti

116

Con il suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe commesso diversi errori di diritto nell’esame della domanda di ritiro dei documenti del Consiglio, che lo avrebbero indotto a disporre erroneamente il ritiro dal fascicolo del parere del servizio giuridico del Consiglio, della raccomandazione della Commissione e delle osservazioni della Repubblica federale di Germania e a non tener conto dei passaggi del ricorso e dei suoi allegati in cui sono riprodotti estratti di tali documenti.

117

Al riguardo, in primo luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto basando la sua valutazione interamente sul quadro istituito dal regolamento n. 1049/2001, che disciplina l’accesso del pubblico ai documenti, senza indagare se i documenti in questione fossero rilevanti per la soluzione della controversia, come richiesto dalla giurisprudenza derivante dalla sentenza del 12 maggio 2015, Dalli/Commissione (T‑562/12, EU:T:2015:270).

118

In secondo luogo, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe anche commesso un errore di diritto, applicando ai documenti in questione il quadro giuridico restrittivo stabilito dalla Corte nelle circostanze gravi e specifiche delle cause che hanno dato origine all’ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento (C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438), e alla sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia (C‑457/18, EU:C:2020:65). In particolare, la Commissione ritiene che tutti questi documenti facciano parte dei lavori preparatori della direttiva controversa, per cui rientrerebbero nell’ambito di applicazione del principio di maggiore trasparenza sancito dalla sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374). Il Tribunale avrebbe omesso peraltro di rispondere all’argomento secondo cui alcuni passaggi del parere del servizio giuridico del Consiglio sarebbero stati ampiamente richiamati, dalle stesse istituzioni dell’Unione, nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/73 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale.

119

In terzo luogo, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto attribuendo un’importanza significativa al procedimento arbitrale da essa avviato in forza del Trattato sulla Carta dell’energia, firmato a Lisbona il 17 dicembre 1994 (GU 1994, L 380, pag. 24), approvato a nome delle Comunità europee con decisione 98/181/CE, CECA, Euratom del Consiglio e della Commissione, del 23 settembre 1997 (GU 1998, L 69, pag. 1). Il Tribunale giustificherebbe il suo approccio con la necessità di tutelare l’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, ma non spiegherebbe in che modo la produzione dei documenti in questione potrebbe eventualmente comprometterlo. In effetti, un procedimento arbitrale non rientrerebbe nell’ambito delle «relazioni internazionali» ai sensi di questa disposizione.

120

Il Consiglio eccepisce l’irricevibilità del secondo motivo in quanto, a suo avviso, esso mirerebbe ad un riesame da parte della Corte della valutazione dei fatti svolta dal Tribunale.

121

Inoltre, il Parlamento e il Consiglio ritengono che il secondo motivo debba, in ogni caso, essere respinto in quanto infondato.

122

In primo luogo, il Parlamento sottolinea che l’intero argomento della ricorrente si baserebbe sull’errata premessa che il Tribunale non avrebbe esaminato se i documenti in questione fossero «manifestamente rilevanti per la risoluzione della controversia», e il Consiglio aggiunge, in questo contesto, che il Tribunale non avrebbe applicato le disposizioni del regolamento n. 1049/2001 né esclusivamente né direttamente. Secondo il Consiglio, il Tribunale avrebbe, in realtà, ponderato gli interessi in gioco in conformità alla giurisprudenza risultante dalla sentenza del Tribunale del 12 maggio 2015, Dalli/Commissione (T‑562/12, EU:T:2015:270).

123

In secondo luogo, il Consiglio ricorda a questo proposito che il Tribunale non avrebbe affermato che, come regola generale, i documenti possono essere utilizzati nei procedimenti solo se l’autore o l’istituzione convenuta ne hanno autorizzato la produzione. Al contrario, il Tribunale avrebbe analizzato in dettaglio tutte le circostanze del caso in esame e avrebbe concluso che il ritiro dei documenti in questione dal fascicolo era necessario per motivi di interesse pubblico.

124

In terzo luogo, il Parlamento sostiene che il Tribunale avrebbe giustamente constatato, conformemente alla giurisprudenza derivante dall’ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento (C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438), e dalla sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia (C‑457/18, EU:C:2020:65), che, basandosi nella fattispecie sul parere del servizio giuridico del Consiglio, la ricorrente cercava in realtà di mettere il Consiglio a confronto con il parere che aveva ricevuto dal suo servizio giuridico e quindi di costringere il Consiglio a prendere pubblicamente posizione su tale parere, il che avrebbe avuto effetti negativi sull’interesse di tale istituzione a poter fruire di consulenze legali.

125

Il Parlamento e il Consiglio sostengono in questo contesto che nessuno dei documenti in questione, e in particolare il parere giuridico del Consiglio, riguarderebbe una procedura legislativa, in quanto sarebbero tutti precedenti alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/73 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale.

126

In quarto luogo, il Consiglio sostiene che il Tribunale avrebbe ordinato il ritiro dal fascicolo delle osservazioni della Repubblica federale di Germania, in particolare perché la divulgazione del loro contenuto pregiudicherebbe la tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, ripristinando così lo statu quo ante secondo cui il giudice dell’Unione è l’unico organo che avrebbe il potere di disporre che le parti producano documenti o di valutarne la rilevanza.

– Giudizio della Corte

127

L’eccezione di irricevibilità opposta dal Consiglio relativamente al secondo motivo, secondo cui la Corte sarebbe chiamata, con tale motivo, a pronunciarsi su accertamenti di fatto svolti dal Tribunale, deve essere respinta. Infatti, sebbene il Tribunale sia, in linea di principio, l’unico competente ad accertare e valutare i fatti, questo motivo non invita la Corte a riesaminare i fatti su cui il Tribunale si è basato nella presente causa, ma riguarda una questione di diritto relativa al quadro giuridico applicato da quest’ultimo per valutare tali fatti.

128

Ai fini dell’esame della fondatezza del secondo motivo, occorre ricordare, in primo luogo, da un lato, che il principio della parità delle armi, corollario della nozione stessa di processo equo, garantito in particolare dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, implica l’obbligo di dare a ciascuna parte una ragionevole opportunità di presentare il suo caso, comprese le sue prove, in condizioni che non la pongano in netto svantaggio rispetto al suo avversario (sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 96).

129

Dall’altro lato, secondo una giurisprudenza consolidata, il principio vigente nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento delle prove, da cui deriva che la ricevibilità di un elemento di prova prodotto in tempo utile può essere contestata dinanzi ai giudici dell’Unione solo basandosi sul fatto che quest’ultimo è stato ottenuto in modo irregolare (sentenza del 30 settembre 2021, Corte dei conti/Pinxten, C‑130/19, EU:C:2021:782, punto 104).

130

Così, in presenza di prove prodotte in modo irregolare da una parte, come i documenti interni di cui al regolamento n. 1049/2001, la cui produzione non è stata autorizzata dall’istituzione interessata né disposta dal giudice dell’Unione, occorre ponderare gli interessi delle rispettive parti in causa in relazione al loro diritto ad un processo equo, tenendo conto degli interessi tutelati dalle norme violate o eluse in sede di acquisizione di siffatte prove.

131

Ne consegue che, come l’avvocato generale ha anche sottolineato, sostanzialmente, ai paragrafi 119 e 138 delle sue conclusioni, il giudice dell’Unione, di fronte ad un’istanza di ritiro delle prove corrispondenti, deve ponderare, da un lato, gli interessi del ricorrente che ha prodotto tali prove, tenuto conto, in particolare, della loro utilità ai fini della valutazione del merito del ricorso dinanzi ad esso pendente, con, dall’altro lato, gli interessi della parte avversa, che potrebbero essere pregiudicati in modo concreto ed effettivo dal mantenimento di tali prove nel fascicolo.

132

In secondo luogo, ai fini dell’esame di una domanda di ritiro dal fascicolo di documenti interni previsti dal regolamento n. 1049/2001, tale regolamento, pur non essendo applicabile in un ricorso come quello proposto dalla ricorrente dinanzi al Tribunale, riveste quindi un determinato valore indicativo per la ponderazione degli interessi richiesta per pronunciarsi su una siffatta domanda (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punti 1213).

133

Tuttavia, non si può ritenere che il regolamento n. 1049/2001 disciplini in modo tassativo la ponderazione degli interessi necessaria ai fini dell’esame di un’istanza di ritiro di documenti dal fascicolo di una causa.

134

Infatti, mentre tale regolamento è volto a migliorare la trasparenza dei processi decisionali a livello dell’Unione attuando il diritto di accesso ai documenti previsto dall’articolo 15, paragrafo 3, primo comma, TFUE e sancito dall’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2022, Stichting Rookpreventie Jeugd e a., C‑160/20, EU:C:2022:101, punti 3536), l’ammissibilità di elementi di prova dipende, quanto ad essa, in fin dei conti, da una ponderazione degli interessi coinvolti, alla luce dell’obiettivo di garantire il diritto delle parti ad un processo equo, come anche evidenziato, sostanzialmente, dall’avvocato generale ai paragrafi 129 e 130 delle sue conclusioni.

135

In terzo luogo, per quanto riguarda l’esame dei documenti in parola alla luce dei principi ora enunciati, in primo luogo, si deve dichiarare che è senza errare in diritto che il Tribunale ha disposto che fosse ritirato dal fascicolo il parere del servizio giuridico del Consiglio e che non si tenesse conto dei passaggi del ricorso e dei suoi allegati in cui sono riprodotti estratti di tale parere.

136

A tal proposito, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, sarebbe contrario all’interesse pubblico che esige che le istituzioni possano fruire dei pareri dei loro servizi giuridici, forniti in piena indipendenza, ammettere che la produzione di siffatti documenti interni possa aver luogo nell’ambito di una controversia dinanzi alla Corte senza che la suddetta produzione documentale sia stata autorizzata dall’istituzione interessata o disposta da tale giudice (sentenza del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑156/21, EU:C:2022:97, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

137

Infatti, con la produzione non autorizzata di un simile parere giuridico, la ricorrente pone l’istituzione interessata, nel procedimento vertente sulla validità di un atto impugnato, di fronte a un parere emesso dal suo stesso servizio giuridico in sede di elaborazione di tale atto. Orbene, in linea di principio, consentire a tale ricorrente di versare agli atti un parere giuridico di un’istituzione la cui divulgazione non sia stata autorizzata da quest’ultima non risponde alle esigenze di un processo equo (sentenza del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑156/21, EU:C:2022:97, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

138

Tuttavia, la Corte ha dichiarato che, eccezionalmente, il principio di trasparenza può giustificare la divulgazione in un procedimento giudiziario di un documento di un’istituzione che non sia stato reso accessibile al pubblico e che contenga un parere giuridico, quando questo parere giuridico si riferisce a una procedura legislativa per la quale è richiesta una maggiore trasparenza (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑156/21, EU:C:2022:97, punti da 56 a 59).

139

Tale trasparenza non impedisce tuttavia che la divulgazione di un parere giuridico specifico, reso nell’ambito di un determinato processo legislativo, ma avente un contenuto particolarmente delicato o una portata particolarmente estesa, che travalichi l’ambito di tale processo legislativo, possa essere negata invocando la tutela delle consulenze legali, nel qual caso l’istituzione interessata è tenuta a motivare il diniego in modo circostanziato (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2022, Ungheria/Parlamento e Consiglio, C‑156/21, EU:C:2022:97, punto 60)

140

Nel caso di specie, come il Tribunale ha constatato ai punti 50 e 54 dell’ordinanza impugnata, il parere del servizio giuridico del Consiglio, la cui produzione non era stata autorizzata da quest’ultimo, non riguarda, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, un processo legislativo, ma ha ad oggetto una raccomandazione della Commissione al Consiglio in merito all’avvio di negoziati tra l’Unione e uno Stato terzo in vista della conclusione di un accordo internazionale. Inoltre, su tale oggetto non può incidere il semplice fatto che detto parere sarebbe stato richiamato dalle stesse istituzioni dell’Unione, nel contesto dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/73 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale.

141

In simili circostanze, è sufficientemente dimostrato, da un lato, che il mantenimento di tale parere nel fascicolo pregiudicherebbe il diritto del Consiglio ad un processo equo e il suo interesse a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi e, dall’altro, che non esiste un interesse pubblico prevalente che possa giustificare la produzione del parere giuridico in questione da parte della ricorrente. Inoltre, posto che il solo interesse della ricorrente, per quanto legittimo possa essere, a corroborare il suo argomento mediante tale parere non è sufficiente a giustificare un simile pregiudizio per i diritti e gli interessi del Consiglio (v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento, C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punti da 15 a 18, e sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia, C‑457/18, EU:C:2020:65, punti 7071), tanto più che la fondatezza di tale argomento, e di conseguenza la possibilità che esso sia accolto, non dipendono affatto dalla produzione di un siffatto parere, occorre concludere che la ponderazione degli interessi rammentata al punto 131 della presente sentenza si orienta a favore della protezione dei citati diritti e interessi del Consiglio.

142

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la raccomandazione della Commissione e le osservazioni della Repubblica federale di Germania, risulta che, sebbene lo stesso Tribunale abbia sottolineato, al punto 39 dell’ordinanza impugnata, che il regolamento n. 1049/2001 aveva valore meramente indicativo ai fini dell’esame di un’istanza di ritiro di documenti, in realtà esso si è basato, nonostante tale premessa e quanto affermato ai punti 131 e 133 della presente sentenza, esclusivamente sulle disposizioni di tale regolamento, in particolare sull’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, dello stesso, relativo alla protezione delle relazioni internazionali, per giustificare il ritiro di tali documenti.

143

Al riguardo, da un lato, pur ammettendo che l’interesse relativo alla tutela delle relazioni internazionali sancito da tale disposizione abbia valore indicativo in tale contesto, resta il fatto che, ai fini della ponderazione degli interessi di cui al punto 131 della presente sentenza, occorre dichiarare che il mantenimento di tali documenti nel fascicolo sarebbe idoneo ad arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse invocato per giustificare il ritiro di detti documenti.

144

In effetti, la Corte ha dichiarato, a proposito dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, che il semplice fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista da tale disposizione non può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima, e l’istituzione interessata deve spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio a un siffatto interesse, indipendentemente dal fatto che tale istituzione goda di un ampio margine di discrezionalità nell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punti 51, 52, 6364).

145

Tuttavia, dall’ordinanza impugnata non risulta assolutamente che il Tribunale abbia esaminato le spiegazioni fornite dal Consiglio relativamente a questi requisiti. Al contrario, il Tribunale si è limitato, per quanto riguarda la raccomandazione della Commissione, a dedurre, ai punti 57 e da 60 a 63 dell’ordinanza impugnata, il rischio di un pregiudizio concreto ed effettivo dell’interesse in questione dal semplice fatto che tale documento riguardava l’adozione di una decisione relativa a negoziati internazionali con uno Stato terzo.

146

Per quanto riguarda le osservazioni della Repubblica federale di Germania, il Tribunale si è limitato a considerare, per giustificare il ritiro di tali osservazioni dal fascicolo, che la loro divulgazione avrebbe effettivamente e concretamente pregiudicato la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, «segnatamente indebolendo la posizione dell’Unione nel procedimento arbitrale avviato nei suoi confronti dalla ricorrente», senza spiegare come tale procedimento arbitrale, che con ogni probabilità avrebbe carattere privato, possa incidere sulle relazioni internazionali dell’Unione, come ha rilevato anche l’avvocato generale al paragrafo 157 delle sue conclusioni, né ha peraltro cercato di stabilire la concretezza del rischio di compromettere la tutela di tale interesse pubblico causato dal mantenimento di dette osservazioni nel fascicolo.

147

D’altra parte, anche ipotizzando che fosse dimostrato che tale interesse pubblico possa essere messo in pericolo dal mantenimento nel fascicolo della raccomandazione della Commissione e delle osservazioni della Repubblica federale di Germania, resta il fatto che il Tribunale avrebbe dovuto procedere ad una ponderazione degli interessi coinvolti, come è stato sottolineato al punto 131 della presente sentenza, cosa che ha omesso di fare.

148

Ciò premesso, si deve concludere che, disponendo che fossero ritirate dal fascicolo la raccomandazione della Commissione e le osservazioni della Repubblica federale di Germania e che non si tenesse conto dei passaggi del ricorso e dei suoi allegati in cui sono riprodotti estratti di tali documenti, il Tribunale ha commesso un errore di diritto in quanto, da un lato, esso ha esclusivamente applicato le disposizioni del regolamento n. 1049/2001 ai fini dell’esame dell’istanza di ritiro di tali documenti dal fascicolo senza procedere ad una ponderazione degli interessi coinvolti e, dall’altro, ha omesso di valutare, tenendo conto delle spiegazioni fornite al riguardo dal Consiglio, se il mantenimento degli stessi documenti nel fascicolo potesse concretamente ed effettivamente pregiudicare la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001

149

Alla luce di quanto precede, anche il secondo motivo deve essere accolto per quanto riguarda la raccomandazione della Commissione e le osservazioni della Repubblica federale di Germania. Ne consegue che il punto 1 del dispositivo dell’ordinanza impugnata, nella misura in cui si riferisce alla raccomandazione della Commissione (allegato A 14), e il punto 3 dello stesso dispositivo vanno anch’essi annullati.

150

Per il resto, l’impugnazione dev’essere respinta.

Sul ricorso dinanzi al Tribunale

151

Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

152

Sebbene nella fattispecie la Corte non sia in condizioni, in questa fase del procedimento, di decidere sul merito del ricorso proposto dinanzi al Tribunale, essa dispone per contro degli elementi necessari per statuire definitivamente sull’eccezione d’irricevibilità sollevata dal Parlamento e dal Consiglio nel corso del procedimento di primo grado.

153

In primo luogo, per quanto riguarda la questione se la ricorrente sia individualmente interessata dalla direttiva controversa, quest’ultima afferma, in sostanza, che il gasdotto marino Nord Stream 2 sarebbe l’unico nuovo gasdotto avanzato interessato da tale direttiva per il quale è stata presa una decisione di investimento definitiva, che un investimento molto consistente sarebbe stato effettuato ben prima dell’adozione di tale direttiva e che il suo proprietario non potrebbe beneficiare di una deroga ai sensi dell’articolo 49 bis della direttiva 2009/73.

154

Il Parlamento e il Consiglio affermano, in sostanza, che la ricorrente non sarebbe individualmente interessata dalla direttiva controversa. Secondo tali istituzioni, il fatto che sia possibile determinare, in un dato momento, il numero o addirittura l’identità delle persone che rientrano nel suo campo di applicazione non modificherebbe il fatto che tale direttiva riguardi, allo stesso modo, tutti i gasdotti, terrestri o marittimi, preesistenti o completati, nuovi o futuri, che collegano l’Unione con paesi terzi. Si tratterebbe quindi di una cerchia aperta di operatori economici. La ricorrente non preciserebbe comunque in che modo il gasdotto Nord Stream 2 differisca da qualsiasi altra interconnessione transfrontaliera con un paese terzo.

155

Il Consiglio aggiunge, da un lato, che la ricorrente contesterebbe la direttiva controversa nella sua interezza, di modo che il suo ricorso non si limiterebbe alla validità delle condizioni di deroga di cui all’articolo 49 bis della direttiva 2009/73, che è stato introdotto dalla direttiva controversa. Dall’altro lato, secondo il Consiglio, le sentenze del 13 marzo 2008, Commissione/Infront WM (C‑125/06 P, EU:C:2008:159) e del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione (C‑132/12 P, EU:C:2014:100), cui fa riferimento la ricorrente, sarebbero irrilevanti nel caso di specie, in quanto tali sentenze riguarderebbero operatori titolari di un diritto acquisito in precedenza, che li distinguerebbe da qualsiasi altro operatore.

156

A questo proposito, occorre ricordare che i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere di essere individualmente interessati, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, solo se detta decisione li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li distingue in modo analogo ai destinatari (sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, p. 220, e del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 93).

157

A tale riguardo risulta parimenti da una giurisprudenza consolidata che la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti di diritto ai quali si applica un provvedimento non comporta affatto che tali soggetti debbano essere considerati individualmente interessati da detto provvedimento, qualora risulti che tale applicazione sia effettuata in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto medesimo (sentenza del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C‑384/16 P, EU:C:2018:176, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

158

Tuttavia, discende altrettanto chiaramente da una giurisprudenza consolidata che, qualora la decisione riguardi un gruppo di soggetti identificati o identificabili, nel momento in cui l’atto è stato adottato, in base a criteri tipici dei membri di tale gruppo, questi soggetti possono essere individualmente interessati da detto atto in quanto facenti parte di una cerchia ristretta di operatori economici (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Stichting Woonpunt e a./Commissione, C‑132/12 P, EU:C:2014:100, punto 59)

159

Nella fattispecie, vero è che la direttiva controversa è formulata in termini generali e si applica indistintamente a ogni operatore che gestisca un gasdotto di trasporto tra uno Stato membro e un paese terzo, assoggettando gli operatori così definiti agli obblighi previsti dalla direttiva 2009/73. La circostanza che tali operatori siano in numero limitato non è, in tale contesto, idonea a stabilire che essi siano individualmente interessati dalla direttiva controversa, e tale circostanza si spiega non con la natura degli effetti giuridici prodotti da quest’ultima, bensì con le caratteristiche del mercato di cui trattasi.

160

Tuttavia, come rilevato al punto 104 della presente sentenza, la ricorrente non poteva beneficiare di una deroga né ai sensi dell’articolo 36 della direttiva 2009/73 né ai sensi dell’articolo 49 bis della stessa.

161

In tale contesto, occorre rilevare che, sia tra le interconnessioni esistenti sia tra quelle ancora da costruire, il gasdotto Nord Stream 2 è l’unico che si trova, e può trovarsi, in siffatta situazione, in quanto i gestori di tutte le altre interconnessioni che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/73 hanno avuto o avranno la possibilità di ottenere una deroga in base a una delle disposizioni di tale direttiva menzionate nel punto precedente, come sostiene la ricorrente senza essere contraddetta.

162

Ne consegue che, dopo l’entrata in vigore della direttiva controversa, il rapporto tra, da un lato, l’estensione dell’ambito di applicazione della direttiva 2009/73 alle interconnessioni tra Stati membri e paesi terzi, prevista all’articolo 2, punto 17, di tale direttiva e, dall’altro, l’adeguamento delle condizioni di deroga previste dagli articoli 36 e 49 bis della stessa direttiva ha prodotto effetti sulla situazione giuridica della ricorrente tali da individuarla in modo analogo a quello in cui sarebbe individuato il destinatario di una decisione.

163

In tali circostanze, la ricorrente deve essere considerata individualmente interessata dalle condizioni di deroga derivanti dagli articoli 36 e 49 bis della direttiva 2009/73, come rispettivamente modificati e introdotti dalla direttiva controversa.

164

In secondo luogo, dalle considerazioni esposte ai punti da 61 a 81 e da 94 a 115 della presente sentenza risulta che la ricorrente è anche direttamente interessata da tali disposizioni.

165

In terzo luogo, occorre rilevare che tali disposizioni sono separabili dalle altre disposizioni della direttiva 2009/73, come modificata dalla direttiva controversa.

166

Da tutte le considerazioni che precedono risulta che il ricorso di annullamento presentato dalla ricorrente dinanzi al Tribunale deve essere dichiarato ricevibile nei limiti indicati al punto 163 della presente sentenza.

167

La causa è rinviata dinanzi al Tribunale per una decisione sul merito di questo ricorso di annullamento.

Sulle spese

168

Poiché la causa viene rinviata dinanzi al Tribunale, occorre riservare le spese inerenti al presente procedimento.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il punto 1 del dispositivo dell’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 20 maggio 2020, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio (T‑526/19, EU:T:2020:210), nella parte in cui tale punto si riferisce alla raccomandazione adottata dalla Commissione europea il 9 giugno 2017 all’attenzione del Consiglio dell’Unione europea in vista dell’adozione di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati su un accordo internazionale tra l’Unione europea e la Federazione Russa sulla gestione del gasdotto Nord Stream 2 (allegato A 14), nonché i punti 3 e 4 del dispositivo di tale ordinanza sono annullati.

 

2)

Per il resto, l’impugnazione è respinta.

 

3)

Il ricorso di annullamento proposto dalla Nord Stream 2 AG contro la direttiva (UE) 2019/692 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica la direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, è ricevibile nei limiti in cui è diretto contro le disposizioni degli articoli 36 e 49 bis della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE, come, rispettivamente, modificati e introdotti dalla direttiva 2019/692.

 

4)

La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea affinché quest’ultimo si pronunci sul merito del ricorso di annullamento di cui al punto 3 del presente dispositivo.

 

5)

Le spese sono riservate.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.