SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

12 maggio 2022 ( *1 )

Sommario

 

Contesto normativo

 

Normativa dell’Organizzazione mondiale del commercio

 

Diritto dell’Unione

 

Fatti

 

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

 

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

 

Sull’impugnazione principale

 

Sul primo motivo d’impugnazione

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio della Corte

 

Sul secondo motivo d’impugnazione

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio della Corte

 

Sul terzo motivo d’impugnazione

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio della Corte

 

Sull’impugnazione incidentale

 

Sul primo motivo d’impugnazione incidentale

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio della Corte

 

Sul secondo motivo d’impugnazione incidentale

 

Argomenti delle parti

 

Giudizio della Corte

 

Sulle spese

«Impugnazione – Dumping – Regolamento di esecuzione (UE) 2017/763 – Importazioni di determinati tipi di carta termica leggera originari della Repubblica di Corea – Dazio antidumping definitivo – Regolamento (UE) 2016/1036 – Articoli 6, 16 e 18 – Prova – Informazioni fornite al di fuori della risposta a un questionario antidumping – Ponderazione delle vendite che incide sul calcolo del dumping – Articolo 2, paragrafi 1 e 3 – Calcolo del valore normale – Gerarchia tra i metodi di calcolo – Articolo 3, paragrafi 2 e 3 – Pregiudizio – Calcolo del margine di sottoquotazione – Impugnazione incidentale – Articolo 2, paragrafo 11 – Entità effettiva del dumping – Articolo 18 – Esenzione dall’obbligo di risposta al questionario antidumping – Insussistenza dell’omessa collaborazione»

Nella causa C‑260/20 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta l’11 giugno 2020,

Commissione europea, rappresentata inizialmente da J.-F. Brakeland e A. Demeneix, successivamente da J.-F. Brakeland e G. Luengo, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Hansol Paper Co. Ltd, con sede in Seoul (Corea del Sud), rappresentata da J.-F. Bellis, B. Servais e V. Crochet, avocats,

ricorrente in primo grado,

European Thermal Paper Association (ETPA), con sede in Zurigo (Svizzera), rappresentata da H. Hobbelen, B. Vleeshouwers e K. Huyghebaert, advocaten, nonché da J. Rivas, abogado,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, J. Passer, F. Biltgen, N. Wahl e M.L. Arastey Sahún, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 gennaio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 2 aprile 2020, Hansol Paper/Commissione (T‑383/17, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2020:139) con cui quest’ultimo ha annullato il regolamento di esecuzione (UE) 2017/763 della Commissione, del 2 maggio 2017, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di determinati tipi di carta termica leggera originari della Repubblica di Corea (GU 2017, L 114, pag. 3; in prosieguo: il «regolamento controverso»), nella parte in cui tale regolamento riguardava i prodotti fabbricati dalla Hansol Paper Co. Ltd (in prosieguo: la «Hansol»).

2

Con la sua impugnazione incidentale, la European Thermal Paper Association (Associazione europea per la carta termica, ETPA) chiede l’annullamento della sentenza impugnata.

Contesto normativo

Normativa dell’Organizzazione mondiale del commercio

3

Con decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, e gli accordi di cui agli allegati 1, 2 e 3 di detto accordo, tra i quali figura l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GU 1994, L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping»).

4

L’articolo 2 dell’accordo antidumping, intitolato «Determinazione del dumping», prevede quanto segue:

«2.1   Ai fini del presente accordo, un prodotto è da considerarsi oggetto di dumping, cioè immesso in commercio da un paese in un altro a prezzo inferiore al suo valore normale, se il prezzo di esportazione di tale prodotto, esportato da un paese all’altro, è inferiore a quello comparabile, praticato nell’ambito di normali operazioni commerciali, per un prodotto simile destinato al consumo nel paese di esportazione.

2.2.   Se nel corso delle normali operazioni commerciali sul mercato interno del paese esportatore non avvengono vendite di un prodotto simile, o se, a causa della particolare situazione di mercato o del basso volume di vendite su tale mercato interno, tali vendite non permettono un valido confronto, il margine di dumping è determinato in rapporto al prezzo comparabile del prodotto simile esportato in un paese terzo, sempreché tale prezzo sia rappresentativo, ovvero in rapporto al costo di produzione nel paese di origine, maggiorato di un equo importo per spese di vendita, amministrative e altre e per gli utili.

(…)».

Diritto dell’Unione

5

L’articolo 1 del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21, e rettifica in GU 2017, L 320, pag. 33; in prosieguo: il «regolamento di base»), così dispone:

«1.   Un dazio antidumping può essere imposto su qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nell’Unione causi un pregiudizio.

2.   Un prodotto è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all’esportazione nell’Unione è inferiore ad un prezzo comparabile di un prodotto simile, applicato nel paese esportatore nell’ambito di normali operazioni commerciali.

(...)».

6

L’articolo 2 di tale regolamento, rubricato «Determinazione del dumping», prevede quanto segue:

«1.   Il valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore.

Qualora l’esportatore nel paese esportatore non produca né venda il prodotto simile, il valore normale può tuttavia essere stabilito in base ai prezzi di altri venditori o produttori.

(...)

2.   Le vendite del prodotto simile destinato al consumo sul mercato interno sono di norma utilizzate per determinare il valore normale se il volume di tali vendite corrisponde ad almeno il 5% del volume delle vendite del prodotto all’Unione. Può tuttavia essere utilizzato anche un volume di vendite inferiore, ad esempio quando i prezzi applicati sono considerati rappresentativi per il mercato considerato.

3.   Quando, nel corso di normali operazioni commerciali, non vi sono vendite del prodotto simile, oppure se tali vendite riguardano quantitativi insufficienti oppure se, a causa di una particolare situazione di mercato, tali vendite non permettono un valido confronto, il valore normale del prodotto è calcolato in base al costo di produzione nel paese d’origine, maggiorato di un congruo importo per le spese generali, amministrative e di vendita e per i profitti oppure in base ai prezzi all’esportazione, nel corso di normali operazioni commerciali, ad un paese terzo appropriato, purché tali prezzi siano rappresentativi.

(...)

9.   Quando non esiste un prezzo all’esportazione oppure quando il prezzo all’esportazione non è considerato attendibile a causa dell’esistenza di un rapporto d’associazione o di un accordo di compensazione tra l’esportatore e l’importatore o un terzo, il prezzo all’esportazione può essere costruito in base al prezzo al quale il prodotto importato è rivenduto per la prima volta ad un acquirente indipendente, ovvero, se il prodotto non è rivenduto a un acquirente indipendente o non è rivenduto nello stato in cui è avvenuta la sua importazione, su qualsiasi altra base equa.

(...)

11.   Salve le disposizioni pertinenti relative all’equo confronto, l’esistenza di margini di dumping nel corso dell’inchiesta è di norma accertata in base al confronto tra la media ponderata del valore normale e la media ponderata dei prezzi di tutte le transazioni di esportazione nell’Unione oppure in base al confronto tra i singoli valori normali e i singoli prezzi all’esportazione nell’Unione per ogni operazione. Il valore normale determinato in base alla media ponderata può tuttavia essere confrontato con i prezzi delle singole operazioni di esportazione nell’Unione, se vi sono sensibili differenz[e] nell’andamento dei prezzi all’esportazione tra i differenti acquirenti, regioni o periodi e se con i metodi specificati nella prima frase del presente paragrafo non è possibile valutare correttamente il margine di dumping. Il presente paragrafo non osta all’utilizzazione delle tecniche di campionamento a norma dell’articolo 17».

7

L’articolo 3 di detto regolamento, rubricato «Accertamento di un pregiudizio», così recita:

«1.   Ai fini del presente regolamento si intende per pregiudizio, salvo altrimenti disposto, un pregiudizio notevole, la minaccia di un pregiudizio notevole a danno dell’industria dell’Unione, oppure un grave ritardo nella creazione di tale industria. Il termine è interpretato a norma del presente articolo.

2.   L’accertamento di un pregiudizio si basa su prove positive e implica un esame obiettivo:

a)

del volume delle importazioni oggetto di dumping e dei loro effetti sui prezzi dei prodotti simili sul mercato dell’Unione; e

b)

dell’incidenza di tali importazioni sull’industria dell’Unione.

3.   Per quanto riguarda il volume delle importazioni oggetto di dumping, occorre esaminare se queste ultime sono aumentate in misura significativa, tanto in termini assoluti quanto in rapporto alla produzione o al consumo nell’Unione. Riguardo agli effetti sui prezzi si esamina se le importazioni oggetto di dumping sono state effettuate a prezzi sensibilmente inferiori a quelli dei prodotti simili dell’industria dell’Unione oppure se tali importazioni hanno comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti che altrimenti sarebbero intervenuti. Tali fattori, singolarmente o combinati, non costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante».

8

L’articolo 6 del medesimo regolamento, rubricato «Inchiesta», dispone quanto segue:

«1.   Dopo l’apertura del procedimento, la Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, avvia un’inchiesta a livello dell’Unione. Tale inchiesta riguarda tanto le pratiche di dumping quanto il pregiudizio, i cui aspetti sono esaminati simultaneamente.

Ai fini di una conclusione rappresentativa, viene scelto un periodo dell’inchiesta che per il dumping riguarda normalmente un periodo non inferiore ai sei mesi immediatamente precedenti l’avvio del procedimento.

(...)

2.   Le parti che ricevono i questionari utilizzati nelle inchieste antidumping hanno almeno 30 giorni di tempo per la risposta. (...)

(...)

8.   Salvo nei casi di cui all’articolo 18, l’esattezza delle informazioni comunicate dalle parti interessate e sulle quali si basano le risultanze deve essere accertata con la massima accuratezza.

(...)».

9

L’articolo 16 del regolamento di base, rubricato «Visite di verifica», dispone come segue:

«1.   La Commissione, se lo ritiene necessario, effettua visite per esaminare la documentazione contabile di importatori, esportatori, operatori commerciali, agenti, produttori, associazioni e organizzazioni di categoria, e per verificare le informazioni comunicate in materia di dumping e di pregiudizio. In mancanza di una risposta adeguata e tempestiva, la Commissione può decidere di non effettuare la visita di verifica.

(...)».

10

L’articolo 18 di tale regolamento, rubricato «Omessa collaborazione», recita così:

«1.   Qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro i termini fissati dal presente regolamento oppure ostacoli gravemente l’inchiesta, possono essere elaborate conclusioni provvisorie o definitive, affermative o negative, in base ai dati disponibili.

Se si accerta che una parte interessata ha fornito informazioni false o fuorvianti, non si tiene conto di tali informazioni e possono essere utilizzati i dati disponibili.

Le parti interessate vengono informate delle conseguenze dell’omessa collaborazione.

(...)

3.   Le informazioni presentate da una parte interessata che non sono perfettamente conformi alle condizioni richieste non devono essere disattese, a condizione che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni siano state presentate correttamente entro i termini e siano verificabili e la parte interessata abbia agito con la massima diligenza.

(...)».

Fatti

11

I fatti all’origine della controversia sono illustrati ai punti da 1 a 22 della sentenza impugnata e possono essere riassunti come segue.

12

La Hansol è una società con sede in Corea del Sud che produce ed esporta carta termica leggera, in particolare nell’Unione europea.

13

A seguito di una denuncia presentata dall’ETPA, un’organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta gli interessi dei produttori europei di carta termica leggera, il 18 febbraio 2016 la Commissione ha avviato un’inchiesta antidumping relativa alle importazioni di carta termica leggera di peso non superiore a 65 g/m2, in rotoli di larghezza superiore o uguale a 20 cm, con peso del rotolo (compresa la carta) superiore o uguale a 50 kg e diametro del rotolo (compresa la carta) superiore o uguale a 40 cm (in prosieguo: i «rotoli di grandi dimensioni»), con o senza rivestimento di fondo su uno o entrambi i lati, rivestita di una sostanza termosensibile (miscela di un colorante e un rivelatore che reagiscono e formano un’immagine quando sono esposti a calore) su uno o entrambi i lati, con o senza rivestimento superficiale, originari della Corea del Sud e classificati con quattro distinti codici NC (in prosieguo: «il prodotto in esame»).

14

Durante il periodo dell’inchiesta compreso tra il 1o gennaio 2015 e il 31 dicembre 2015, la Hansol ha venduto il prodotto in esame nell’Unione ad acquirenti indipendenti, nonché a un operatore commerciale collegato, la Hansol Europe BV (in prosieguo: la «Hansol Europe»), e a quattro trasformatori collegati, vale a dire la Schades Ltd, la Schades Nordic A/S, la Heipa technische Papiere GmbH (in prosieguo: la «Heipa») e la R+S Group GmbH (in prosieguo: la «R+S»). Tali trasformatori collegati svolgevano in particolare l’attività di trasformazione del prodotto in esame in rotoli di piccole dimensioni, venduti nell’Unione ad acquirenti indipendenti o collegati.

15

Un altro produttore esportatore sudcoreano, la Hansol Artone Co. Ltd (in prosieguo: la «Artone»), che era collegato alla Hansol, ha collaborato all’inchiesta antidumping.

16

Il 19 febbraio 2016, dopo aver ricevuto il questionario antidumping destinato ai produttori esportatori del prodotto in esame, la Hansol ha chiesto che la Schades Nordic, la Heipa e la R+S fossero esonerate dall’obbligo di rispondere a tale questionario, tenuto conto dell’assenza o del numero limitato di vendite del prodotto in esame da parte di tali società ad acquirenti indipendenti nell’Unione.

17

Il 23 febbraio 2016, la Commissione ha accolto tale richiesta, pur riservandosi il diritto di rivolgere altre richieste di chiarimenti o di informazioni.

18

Il 7 marzo 2016, dopo aver esaminato talune informazioni fornite dalla Hansol, la Commissione ha deciso che la Schades Nordic, la Heipa e la R+S avrebbero dovuto rispondere a talune parti del questionario antidumping.

19

Il 21 marzo 2016, a seguito di una visita presso i locali della Schades, la Commissione ha comunicato alla Hansol che le richieste di informazioni del 7 marzo 2016 erano da allora in poi limitate alla Schades.

20

Il 15 aprile 2016 la Commissione ha accusato ricevuta delle risposte ai questionari antidumping della Hansol, della Artone, della Hansol Europe e della Schades. Tra il 15 giugno e il 26 agosto 2016, la Commissione ha effettuato visite di verifica nei locali di tali società.

21

Il 16 novembre 2016 la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2016/2005, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di determinati tipi di carta termica leggera originari della Repubblica di Corea (GU 2016, L 310, pag. 1).

22

Tra il 17 novembre 2016 e il 23 marzo 2017, la Hansol ha presentato le sue osservazioni su documenti informativi che riportavano le conclusioni provvisorie e definitive della Commissione.

23

Il 2 maggio 2017 la Commissione ha adottato il regolamento controverso che impone un dazio antidumping definitivo sulle importazioni del prodotto in esame sotto forma di un importo fisso di EUR 104,46 per tonnellata netta.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

24

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 giugno 2017, la Hansol ha presentato ricorso per l’annullamento del regolamento controverso.

25

A fondamento del suo ricorso, la Hansol ha dedotto cinque motivi. Solo la prima censura della seconda parte del primo motivo, la prima parte del secondo motivo, il quarto motivo nonché la seconda e la terza parte del quinto motivo sono rilevanti ai fini della valutazione dei motivi dedotti nell’impugnazione e nell’impugnazione incidentale.

26

Con ordinanza del 27 novembre 2017, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha autorizzato l’ETPA a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

27

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha annullato il regolamento controverso. Nell’ambito della seconda parte del primo motivo di ricorso, vertente su una violazione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base, la Hansol contestava il calcolo del margine di dumping del prodotto in esame. Essa sosteneva, in sostanza, che la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione nella ponderazione delle vendite nell’Unione ad acquirenti indipendenti rispetto alle vendite ai trasformatori collegati, rispettivamente valutata tra il 15 e il 25% del totale delle vendite per le prime, e tra il 75 e l’85% di tale totale per le seconde. La Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione i quantitativi venduti dalla Schades Nordic ad acquirenti indipendenti.

28

Per i motivi esposti ai punti da 84 a 87 e 92 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accertato l’errore di ponderazione dedotto. Poiché i calcoli effettuati dalla Commissione non corrispondevano all’effettiva entità del dumping praticato dalla Hansol, il Tribunale ha stabilito che la Commissione aveva violato l’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base.

29

Nell’ambito della prima parte del secondo motivo di ricorso, la Hansol sosteneva che, a causa di tale errore di ponderazione, il dazio antidumping definitivo di EUR 104,46 per tonnellata netta, imposto dalla Commissione nel regolamento controverso, rispecchiava un livello di dumping superiore a quello accertato durante l’inchiesta. Ai punti da 100 a 106 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto tale parte con la motivazione che il dazio definitivo era stato determinato sulla base dell’errore di ponderazione precedentemente accertato.

30

Il quarto motivo di ricorso verteva su una violazione dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base. La Hansol sosteneva che la Commissione avrebbe costruito in modo errato il valore normale di cui all’articolo 2, paragrafo 3, di tale regolamento. Ai punti da 152 a 158 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto tale motivo. Il Tribunale ha accertato, in sostanza, che, sebbene la Artone non vendesse due tipi di prodotti sul suo mercato interno e la Commissione avesse confermato che, per uno di detti tipi di prodotti, le vendite interne della Hansol erano rappresentative, la Commissione aveva deciso, per tali due tipi di prodotti, di costruire il valore normale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base. Il Tribunale ha statuito che una siffatta determinazione del valore normale della Artone era contraria all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base, il quale prevede che, qualora l’esportatore non venda il prodotto simile, il valore normale può essere stabilito in base ai prezzi di altri venditori o produttori, e non già costruito in base al costo di produzione della società interessata. Il Tribunale ha respinto gli argomenti della Commissione basati sulle circostanze secondo cui le strutture dei costi o i prezzi di vendita della Artone si sarebbero discostati in misura rilevante da quelli della Hansol con la motivazione che non rientrano nelle deroghe al metodo di determinazione del valore normale in base ai prezzi effettivi. Il Tribunale ha pertanto concluso che la Commissione aveva violato l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base nell’ambito della propria determinazione del valore normale della Artone.

31

Con la seconda parte del quinto motivo di ricorso, relativa alla violazione dell’articolo 3, paragrafi da 1 a 3 e da 5 a 8, del regolamento di base, della giurisprudenza dei giudici dell’Unione, delle decisioni dell’OMC, della prassi decisionale anteriore della Commissione e dei principi di equo confronto e di parità di trattamento, la Hansol contestava la determinazione del margine di pregiudizio. In particolare, la Hansol contestava alla Commissione di aver valutato il pregiudizio applicando per analogia l’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base e costruendo artificialmente il prezzo all’esportazione per i rotoli di grandi dimensioni invece di basarsi sui prezzi finali di tali rotoli effettivamente praticati nelle vendite agli acquirenti indipendenti.

32

Ai punti da 197 a 205 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accertato l’esistenza di un errore nel calcolo del margine di pregiudizio e ha accolto la seconda parte del quinto motivo di ricorso. Esso ha stabilito, in sostanza, che la Commissione era incorsa in un errore nel valutare l’esistenza di un pregiudizio costruendo il prezzo all’esportazione delle rivendite della Schades del prodotto in esame ad acquirenti indipendenti, detraendo in particolare le spese generali, amministrative e di vendita (in prosieguo: le «SGAV») e i profitti, per giungere a tale ipotetico prezzo costo, assicurazione e nolo (in prosieguo: il «prezzo cif») franco frontiera dell’Unione, invece di utilizzare i prezzi di vendita effettivamente applicati per tali rivendite e di detrarre esclusivamente le spese sostenute per la vendita. Il Tribunale ha statuito che, per quanto concerne le rivendite da parte della Schades del prodotto in esame ad acquirenti indipendenti, esse riguardavano non già la vendita di rotoli di piccole dimensioni, bensì il prodotto stesso in esame. Detto giudice ne ha tratto la conclusione che era tale prodotto a entrare in concorrenza con il prodotto simile dell’industria dell’Unione causando un pregiudizio a tale industria, cosicché il «punto di riferimento» da prendere in considerazione per il calcolo del pregiudizio si trovava non già al livello della frontiera dell’Unione, bensì al livello degli acquirenti indipendenti della Schades.

33

Infine, nell’ambito della terza parte del quinto motivo di ricorso, vertente su una violazione dell’articolo 3, paragrafi 2, 3 e 6, del regolamento di base, la Hansol sosteneva che gli errori dedotti nella seconda parte di tale motivo e nella seconda parte del primo motivo avrebbero inficiato anche il calcolo dei margini di sottoquotazione dei prezzi e delle vendite sottocosto.

34

Ai punti da 208 a 213 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’errore di ponderazione riguardava anche il calcolo della sottoquotazione dei prezzi, poiché la Commissione aveva utilizzato tale stessa ponderazione per quest’ultimo calcolo. Il Tribunale, non potendo escludere che tale errore, unitamente a quello commesso nel calcolo del margine di pregiudizio, incidesse anche sull’analisi della sottoquotazione dei prezzi e sull’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sui prodotti simili dell’industria dell’Unione, ha deciso di accogliere la terza parte del quinto motivo di ricorso.

Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

35

Con la sua impugnazione, la Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata, respingere il ricorso in primo grado e condannare la Hansol alle spese, e,

in subordine, rinviare la causa al Tribunale e riservare le spese relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione.

36

L’ETPA formula le stesse conclusioni della Commissione.

37

La Hansol chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

condannare la Commissione alle spese del procedimento di impugnazione, e

condannare l’ETPA alle spese del procedimento di impugnazione.

38

Con la sua impugnazione incidentale, l’ETPA chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata, respingere il ricorso in primo grado e condannare la Hansol alle spese;

in subordine, rinviare la causa al Tribunale e riservare le spese relative al procedimento di primo grado e a quello di impugnazione.

39

La Hansol chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione incidentale e

condannare l’ETPA alle spese.

Sull’impugnazione principale

40

A supporto della sua impugnazione, la Commissione, sostenuta dall’ETPA, deduce tre motivi. Il primo motivo verte su uno snaturamento degli elementi di prova e su un’interpretazione erronea del contesto normativo applicabile ai dati sui quali la Commissione poteva basarsi per costruire il prezzo all’esportazione. Il secondo motivo verte su un’interpretazione erronea dell’articolo 2, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base per la determinazione del valore normale in caso di assenza di vendite sul mercato interno. Il terzo motivo verte su un’interpretazione erronea dell’articolo 3 del regolamento di base nella determinazione del margine di sottoquotazione in caso di esportazione nell’Unione attraverso entità collegate.

Sul primo motivo d’impugnazione

Argomenti delle parti

41

La Commissione sostiene che, ai punti da 84 a 87, 92 e da 100 a 106 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe valutato erroneamente gli elementi di prova necessari per costruire il prezzo all’esportazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base.

42

In via principale, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia snaturato gli elementi di prova dichiarando, ai punti 85 e 86 della sentenza impugnata, che dagli elementi presentati nel corso del procedimento amministrativo si evinceva che almeno un altro trasformatore collegato, vale a dire la Schades Nordic, aveva rivenduto un determinato quantitativo del prodotto in esame acquistato presso la Hansol. Infatti, secondo la Commissione, la Schades Nordic né aveva risposto a un questionario antidumping né era stata oggetto di una visita di verifica nel corso di tale procedimento, cosicché non si poteva ritenere che nel corso di detto procedimento fossero stati presentati elementi di prova relativi alle vendite di quest’ultima.

43

In subordine, la Commissione deduce che il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente le norme applicabili in materia di prova. Inoltre, il Tribunale avrebbe illegittimamente sostituito la propria valutazione a quella della Commissione.

44

In primo luogo, la Commissione ritiene che il Tribunale, dichiarando che quest’ultima avrebbe dovuto prendere in considerazione i dati della Schades Nordic, le abbia imposto di prendere in considerazione dati che non provenivano dalla procedura di raccolta e verifica organizzata conformemente al regolamento di base. Al fine di pervenire a determinazioni obiettive e precise, la Commissione ritiene di dover raccogliere, entro un certo termine, i dati delle società sottoposte all’inchiesta mediante risposte ai questionari antidumping la cui veridicità venga poi verificata. Il regolamento di base e la normativa dell’OMC osterebbero a che la Commissione sia tenuta a prendere in considerazione dati che non sono stati né forniti da una parte interessata in risposta a un questionario antidumping né verificati. Tali considerazioni si applicherebbero, a maggior ragione, nel caso di specie, poiché i dati della Schades Nordic, essendo stati portati a conoscenza della Commissione nell’ambito di una domanda di non divulgazione, non hanno fatto parte del fascicolo d’inchiesta accessibile alle altre parti interessate.

45

In secondo luogo, la Commissione ritiene che il ragionamento del Tribunale sia contraddittorio. Il Tribunale avrebbe considerato che le vendite della Schades fossero rappresentative delle vendite a tutti i trasformatori collegati e avrebbe ritenuto che la Commissione dovesse tener conto dei dati individuali dei trasformatori collegati. Poiché la sentenza impugnata non conterrebbe alcun accertamento che confuti la valutazione della Commissione secondo cui i dati della Schades sarebbero stati rappresentativi delle vendite agli altri tre trasformatori collegati ai fini della costruzione del prezzo all’esportazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto esigendo che la Commissione si basasse su dati che, non essendo stati forniti dalla Schades Nordic, non sarebbero stati verificati.

46

La Hansol ritiene che il primo motivo di impugnazione debba essere respinto in quanto manifestamente irricevibile o, in subordine, in quanto manifestamente infondato.

Giudizio della Corte

47

Per quanto riguarda la censura con cui la Commissione deduce che il Tribunale si sarebbe basato su un’interpretazione erronea delle norme applicabili in materia di prova, occorre ricordare che, a norma del regolamento di base, spetta alla Commissione, in quanto autorità investigatrice, determinare l’esistenza di un dumping, di un pregiudizio e di un nesso di causalità tra le importazioni oggetto del dumping e il pregiudizio. L’accertamento di tali elementi deve essere effettuato in modo obiettivo a seguito di un’inchiesta affidabile. Tuttavia, nessuna disposizione di tale regolamento conferisce alla Commissione il potere di costringere le parti interessate a partecipare all’inchiesta o a fornire informazioni [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China), C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punto 54].

48

Pertanto, come risulta dal combinato disposto degli articoli 6, 16 e 18 del regolamento di base, quando la Commissione svolge un’inchiesta sull’esistenza di un dumping e di un pregiudizio, essa deve mirare, in via prioritaria, a ottenere informazioni pertinenti sulla base di una cooperazione volontaria delle parti interessate. A tal fine, la Commissione trasmette, in forza dell’articolo 6, paragrafo 2, di tale regolamento, questionari antidumping a tali parti. Le risposte a tali questionari costituiscono una fonte di informazioni importante per la Commissione. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 8, di detto regolamento, la Commissione accerta, con la massima accuratezza, le informazioni così ottenute prima di basare le proprie risultanze su queste ultime. Per adempiere tale obbligo, la Commissione dispone della facoltà di effettuare visite di verifica ai sensi dell’articolo 16 del medesimo regolamento.

49

Ne consegue che, in caso di collaborazione volontaria delle parti interessate, i questionari antidumping costituiscono lo strumento privilegiato della Commissione per svolgere le sue inchieste antidumping. Soltanto qualora una parte interessata non collabori all’inchiesta antidumping rifiutando l’accesso alle informazioni necessarie oppure non comunicandole entro i termini previsti oppure ostacolando gravemente l’inchiesta, a norma dell’articolo 18 del regolamento di base, la Commissione può elaborare le proprie conclusioni in base ai dati disponibili.

50

Tuttavia, dal tenore letterale delle disposizioni del regolamento di base non risulta che, qualora una parte interessata collabori all’inchiesta e fornisca informazioni al di fuori della risposta ad un questionario antidumping, la Commissione sia tenuta ad ignorare tali informazioni. Un’interpretazione siffatta di tali disposizioni sarebbe inoltre contraria sia all’obbligo della Commissione di esaminare con tutta la diligenza richiesta tutte le informazioni di cui dispone (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, GLS, C‑338/10, EU:C:2012:158, punti 3236) sia alla finalità del regolamento di base di accertare l’esistenza di un dumping e di un pregiudizio in modo obiettivo per istituire dazi antidumping adeguati.

51

Pertanto, nel corso di un procedimento antidumping, la Commissione non può escludere informazioni fornite da una parte interessata che collabora a quest’ultimo con la sola motivazione che esse sono state trasmesse al di fuori della risposta ad un questionario antidumping.

52

Nel caso di specie, dagli accertamenti di fatto operati dal Tribunale al punto 85 della sentenza impugnata risulta che la Hansol ha collaborato all’inchiesta e ha fornito alla Commissione informazioni sulla rivendita del prodotto in esame da parte della Schades Nordic.

53

Alla luce delle considerazioni svolte ai punti 50 e 51 della presente sentenza, il fatto che le informazioni relative alla rivendita del prodotto in esame da parte della Schades Nordic siano state fornite dalla Hansol al di fuori di un questionario antidumping non poteva dispensare la Commissione dal valutarne la pertinenza e dal verificarle.

54

Allo stesso modo, il fatto di esonerare talune parti interessate dall’obbligo di risposta al questionario antidumping non dispensa la Commissione dal valutare e dal verificare le informazioni ricevute al di fuori dell’ambito delle risposte a tale questionario, poiché la concessione di tali esenzioni non esonera la Commissione dalla responsabilità di svolgere la sua inchiesta con diligenza.

55

Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, questa interpretazione non è tale da compromettere l’imparzialità dell’inchiesta per la ragione che le informazioni di cui trattasi non sono state trasmesse a tutte le altre parti interessate al fine di garantire i loro diritti procedurali. Infatti, la Commissione non può giustificare la sua mancanza di diligenza nel prendere in considerazione le informazioni pertinenti invocando il rischio di una violazione dei diritti procedurali delle altre parti interessate che essa era tenuta a garantire nel corso del procedimento che ha portato all’adozione del regolamento controverso.

56

Infine, per quanto riguarda le censure secondo cui il Tribunale avrebbe snaturato gli elementi di prova e avrebbe illegittimamente sostituito la propria valutazione a quella della Commissione, considerando che le informazioni riguardanti le rivendite da parte della Schades Nordic fossero elementi di prova pertinenti, benché la Commissione non le avesse verificate, occorre osservare quanto segue.

57

Il controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE implica che il Tribunale esercita un controllo tanto in diritto quanto in fatto degli argomenti dedotti dal ricorrente nei confronti dell’atto impugnato e che dispone del potere di valutare le prove e di annullare detto atto (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 53).

58

Nel settore della politica commerciale comune e specialmente in materia di misure di difesa commerciale, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche e politiche che devono esaminare, cosicché il controllo giurisdizionale di tale ampio potere discrezionale deve essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati, dell’assenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punti 3536 nonché giurisprudenza ivi citata).

59

Inoltre, da una giurisprudenza costante della Corte risulta altresì che il controllo da parte del Tribunale degli elementi di prova sui quali le istituzioni dell’Unione fondano le proprie constatazioni non costituisce una nuova valutazione dei fatti che sostituisce quella di tali istituzioni. Detto controllo non incide sull’ampio potere discrezionale di tali istituzioni nell’ambito della politica commerciale, ma si limita a rilevare se i suddetti elementi siano idonei a suffragare le conclusioni cui sono giunte le istituzioni. Il Tribunale è quindi tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

60

Al punto 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la ponderazione adottata dalla Commissione, che si basa su un confronto riferito alle vendite totali del prodotto in esame nell’Unione tra, da un lato, le vendite dirette e indirette ad acquirenti indipendenti e, dall’altro, le vendite ai trasformatori collegati per la trasformazione in rotoli di piccole dimensioni, ha avuto un’incidenza sul calcolo del margine di dumping praticato dalla Hansol, in quanto il livello di dumping per le vendite dirette e indirette del prodotto in esame era notevolmente inferiore rispetto a quello praticato per le vendite ai trasformatori collegati per la trasformazione del prodotto in esame in rotoli di piccole dimensioni. Il Tribunale ha poi dichiarato, in sostanza, ai punti da 85 a 86 della sentenza impugnata, che la Commissione, pur disponendo di dati relativi ai quantitativi dei prodotti in esame acquistati da parte della Schades Nordic presso la Hansol e rivenduti ad acquirenti indipendenti, ha nondimeno ritenuto che tali vendite, al pari di quelle alla Heipa e alla R+S, fossero state effettuate interamente per la trasformazione del prodotto in esame in rotoli di piccole dimensioni. Infine, dalla mancata presa in considerazione, da parte della Commissione, dei dati della Schades Nordic il Tribunale ha tratto la conclusione che tale istituzione, nel calcolare il margine di dumping in base ai dati della Schades, aveva attribuito una ponderazione eccessiva alle vendite ai trasformatori collegati per la trasformazione in rotoli di piccole dimensioni, aumentando di conseguenza il dumping effettivo praticato dalla Hansol. Poiché i calcoli della Commissione non corrispondevano all’effettiva entità del dumping praticato dalla Hansol, il Tribunale ha stabilito, al punto 87 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva violato l’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base.

61

In tal modo, il Tribunale ha esercitato il controllo di legittimità ad esso incombente in forza dell’articolo 263 TFUE verificando se la Commissione avesse preso in considerazione tutti i dati pertinenti relativi alla rivendita del prodotto in esame da parte dei trasformatori collegati e se i dati così presi in considerazione consentissero a tale istituzione di stabilire in modo sufficientemente attendibile l’entità del dumping praticato dalla Hansol.

62

Il fatto che il Tribunale non abbia verificato i dati relativi alle vendite da parte della Schades Nordic del prodotto in esame ad acquirenti indipendenti non significa che esso abbia snaturato elementi di prova o sostituito la propria valutazione a quella della Commissione. Infatti, poiché tali dati erano stati debitamente comunicati alla Commissione nel corso del procedimento d’inchiesta, come risulta dai punti da 52 a 55 della presente sentenza, e poiché gli stessi dati erano a priori pertinenti per il calcolo del dumping, la Commissione avrebbe dovuto prenderli in considerazione e verificarli. Il controllo esercitato dal Tribunale ha riguardato le conseguenze della mancata presa in considerazione e della mancata verifica di tali dati rispetto alla validità delle valutazioni della Commissione in merito al dumping praticato. Il fatto che, alla luce di tali dati, fosse quantomeno possibile che la Commissione avesse attribuito una ponderazione eccessiva alle vendite ai trasformatori collegati per la trasformazione in rotoli di piccole dimensioni, aumentando di conseguenza il dumping effettivo praticato dalla Hansol era sufficiente a rimettere in discussione l’attendibilità e l’obiettività della valutazione, da parte della Commissione, del dumping praticato dalla Hansol.

63

Pertanto, il Tribunale ben ha potuto, al punto 87 della sentenza impugnata, stabilire che i calcoli della Commissione non corrispondevano all’effettiva entità del dumping praticato dalla Hansol. Il Tribunale non è quindi incorso in alcun errore di diritto nel dichiarare con tale motivazione, ai punti 87 e 105 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva violato l’articolo 2, paragrafo 11, e l’articolo 9, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento di base. Detto giudice poteva perciò accogliere, al punto 92 della sentenza impugnata, la prima censura della seconda parte del primo motivo di ricorso dedotto in primo grado e, al punto 106 della sentenza impugnata, la prima parte del secondo motivo di ricorso dedotto in primo grado.

64

Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, tale valutazione del Tribunale non implica alcuna contraddizione tra la presa in considerazione dei dati individuali della Schades Nordic e la rappresentatività dei dati della Schades. Infatti, come risulta dai punti 85 e 86 della sentenza impugnata, la Commissione aveva deciso di utilizzare i dati della Schades per calcolare il margine di dumping sulle vendite della Hansol agli altri tre trasformatori collegati. Ai fini di tale calcolo, la Commissione ha ritenuto che la Schades fosse l’unico trasformatore collegato al gruppo Hansol ad aver rivenduto il prodotto in esame ad acquirenti indipendenti. I dati della Schades Nordic indicavano tuttavia che anche quest’ultima aveva rivenduto un determinato quantitativo del prodotto in esame ad acquirenti indipendenti. Tenuto conto del fatto che la Commissione era a conoscenza che la Schades aveva rivenduto taluni quantitativi del prodotto in esame senza trasformazione ad acquirenti indipendenti, il Tribunale ha rilevato che la Commissione avrebbe dovuto rappresentare tale situazione nelle vendite dei prodotti in esame agli altri trasformatori collegati. Un ragionamento siffatto è privo di contraddizioni. Infatti, la rappresentatività dei dati della Schades non esclude affatto che il calcolo basato su tali dati sia viziato da errori tenuto conto della mancata presa in considerazione di tutti i dati pertinenti al riguardo.

65

Pertanto, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il primo motivo di impugnazione deve essere integralmente respinto.

Sul secondo motivo d’impugnazione

Argomenti delle parti

66

La Commissione, sostenuta dall’ETPA, ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto, ai punti da 152 a 158 della sentenza impugnata, adottando un’interpretazione che distingue in modo assoluto la situazione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma del regolamento di base, in cui un esportatore non vende il prodotto oggetto dell’inchiesta sul suo mercato interno, dalla situazione di cui all’articolo 2, paragrafo 3, primo comma, dello stesso regolamento, in cui non vi sono vendite del prodotto nel corso di normali operazioni commerciali oppure le vendite sono insufficienti. Il Tribunale avrebbe pertanto erroneamente stabilito che la Commissione ha violato l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base nel calcolo del valore normale della Artone.

67

Tale interpretazione sarebbe contraria al tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base che, in varie versioni linguistiche, dispone che il valore normale «può» essere stabilito secondo il metodo descritto in detto comma. Tale disposizione prevederebbe non già un obbligo, bensì una facoltà. Una siffatta interpretazione sarebbe, secondo l’ETPA, confermata dalla genesi di tale disposizione.

68

L’interpretazione dell’articolo 2 del regolamento di base adottata dal Tribunale non sarebbe conforme all’articolo 2.2 dell’accordo antidumping, il quale prevede che in mancanza di vendite sul mercato interno siano consentiti soltanto due metodi per determinare il valore normale, vale a dire o il calcolo in base al costo di produzione, seguito dalla Commissione nel caso di specie, o l’utilizzo di un prezzo all’esportazione rappresentativo in un paese terzo appropriato.

69

L’interpretazione del Tribunale contrasterebbe, secondo la Commissione, con la natura individuale del dazio antidumping come risulta in particolare dall’articolo 9, paragrafo 5, secondo comma, del regolamento di base, il quale mira a incitare, nel fissare il valore normale, a che sia data la preferenza ai dati specifici dell’esportatore rispetto a quelli degli altri produttori.

70

La Commissione ritiene che l’interpretazione adottata dal Tribunale limiti la tutela dei diritti procedurali della società sottoposta all’inchiesta. Tale impresa si troverebbe in una situazione sfavorevole qualora l’autorità incaricata dell’inchiesta utilizzi i dati di un altro produttore esportatore per il calcolo del valore normale. In una situazione del genere, tale impresa avrebbe accesso soltanto alla versione non riservata dei dati forniti dal suo concorrente.

71

L’interpretazione adottata dal Tribunale finirebbe, secondo la Commissione, con il separare artificialmente la situazione in cui non vi è alcuna vendita da quella in cui non vi sono vendite del prodotto nel corso di normali operazioni commerciali. Tuttavia, tali situazioni coinciderebbero tra loro in parte. L’ETPA sottolinea che non esisterebbe alcuna distinzione giuridica tra una situazione caratterizzata dall’assenza di vendite e quella in cui le vendite riguardano quantitativi insufficienti nel paese esportatore.

72

La Commissione ritiene che la sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina (C‑393/13 P, EU:C:2014:2245), alla quale il Tribunale ha fatto riferimento al punto 152 della sentenza impugnata, sia irrilevante per il caso di specie, poiché tale sentenza riguarda unicamente la definizione della nozione di «vendite nel corso di normali operazioni commerciali» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base.

73

L’ETPA ritiene che l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base riguardi, al primo comma, una situazione diversa da quella contemplata al secondo comma. Pertanto, l’interpretazione del primo comma di tale disposizione risultante dalla sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina (C‑393/13 P, EU:C:2014:2245) non potrebbe essere applicata al secondo comma della stessa disposizione. L’ETPA soggiunge che, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale al punto 157 della sentenza impugnata, le differenze tra la Hansol e la Artone in relazione alla struttura dei costi e ai prezzi di vendita non sarebbero la ragione per cui la Commissione non avrebbe determinato il valore normale della Artone in base ai prezzi di quest’ultima. Conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base, la Commissione avrebbe accertato che i quantitativi delle vendite di due prodotti della Artone non erano rappresentativi e, di conseguenza, si sarebbe avvalsa del metodo previsto dall’articolo 2, paragrafo 3, di tale regolamento. La Commissione avrebbe giustificato la sua decisione di utilizzare il costo di produzione invece dei prezzi di altri venditori o produttori adducendo differenze, tra la Artone e la Hansol, nelle strutture dei costi e nei prezzi di vendita praticati.

74

La Hansol ritiene che esista una gerarchia tra i metodi di determinazione del valore normale di cui all’articolo 2 del regolamento di base. Dalla suddivisione dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base in vari commi si evincerebbe che il valore normale dovrebbe essere basato principalmente sui prezzi interni. La circostanza che, in base alla struttura di tali suddivisioni, debba essere accordata ai prezzi interni del produttore esportatore la preferenza rispetto ai prezzi interni di altri venditori o produttori per determinare il valore normale non comporterebbe tuttavia che occorra preferire il valore normale costruito rispetto al valore normale basato sui prezzi interni. Una siffatta interpretazione sarebbe contraria alla valutazione della Corte nella sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina (C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 20), secondo cui la determinazione del valore normale in base ai prezzi costituisce la regola, mentre la costruzione del valore normale è l’eccezione.

75

La Hansol ritiene inoltre che il ragionamento della Commissione sia in contrasto con la sua prassi anteriore e che né l’accordo antidumping, che non contiene disposizioni analoghe all’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base, né la tutela dei diritti procedurali delle parti interessate ostino all’interpretazione dell’articolo 2, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base adottata dal Tribunale.

Giudizio della Corte

76

La determinazione del valore normale di un prodotto costituisce una delle tappe fondamentali che devono consentire di accertare l’esistenza di un eventuale dumping (sentenze del 22 marzo 2012, GLS, C‑338/10, EU:C:2012:158, punto 19, e del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina, C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 20).

77

Al fine di determinare tale valore normale, l’articolo 2, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di base prevede che esso sia di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore. Il secondo comma di tale disposizione precisa che, qualora l’esportatore nel paese esportatore non produca né venda il prodotto simile, il valore normale può essere stabilito in base ai prezzi di altri venditori o produttori.

78

L’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base enuncia quindi il principio generale secondo il quale il valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nei paesi esportatori (sentenza del 22 marzo 2012, GLS, C‑338/10, EU:C:2012:158, punto 19).

79

Tale principio generale si applica prioritariamente nell’ambito della determinazione del valore normale. Infatti, come ricordato dal Tribunale al punto 148 della sentenza impugnata, la Corte ha già dichiarato che tanto dalla formulazione quanto dall’impianto sistematico dell’articolo 2, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di base, risulta che, in linea di principio, per stabilire il valore normale occorre prendere in considerazione in via prioritaria il prezzo realmente pagato o pagabile nel corso di normali operazioni commerciali (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina, C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). Poiché l’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base precisa l’applicazione di tale principio generale nel caso in cui le condizioni di cui al primo comma di tale disposizione non siano soddisfatte, esso deve altresì essere interpretato nel senso che si applica in via prioritaria rispetto ai metodi di determinazione del valore normale.

80

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, primo comma, del regolamento di base, è possibile derogare all’applicazione del principio generale previsto dall’articolo 2, paragrafo 1, del medesimo regolamento solo nel caso in cui nel corso di normali operazioni commerciali non vi siano vendite del prodotto simile, qualora tali vendite riguardino quantitativi insufficienti, oppure se, a causa di una particolare situazione di mercato, tali vendite non permettono un valido confronto, calcolando il valore normale o in base al costo di produzione nel paese d’origine, maggiorato di un congruo importo per le spese e per i profitti oppure in base a prezzi all’esportazione rappresentativi (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2014, Consiglio/Alumina, C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

81

L’articolo 2, paragrafo 1, primo e secondo comma, e l’articolo 2, paragrafo 3, primo comma, del regolamento di base stabiliscono quindi una gerarchia tra i metodi di determinazione del valore normale ivi previsti. Ne consegue che, contrariamente a quanto dedotto dalla Commissione, le situazioni contemplate da ciascuno di detti metodi non coincidono.

82

Tale interpretazione non contrasta con l’obbligo di interpretare l’articolo 2, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base, in conformità all’articolo 2.2 dell’accordo antidumping. È pur vero che la prevalenza degli accordi internazionali conclusi dall’Unione sulle norme di diritto derivato impone di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme agli accordi (sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 108 delle sue conclusioni, l’accordo antidumping non contiene alcuna disposizione analoga all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base, il quale non riguarda la circostanza, di cui all’articolo 2.2 dell’accordo antidumping, di un’assenza di vendite.

83

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’interpretazione di cui ai punti da 78 a 81 della presente sentenza non pregiudica i diritti procedurali degli esportatori. Infatti, se il valore normale è determinato in base ai prezzi di altri esportatori o produttori ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base, tali diritti possono essere garantiti mediante sintesi non riservate dei dati di tali altri esportatori o produttori.

84

Infine, per quanto riguarda la censura dell’ETPA diretta contro il punto 157 della sentenza impugnata, occorre ricordare che, come risulta dai punti 79 e 80 della presente sentenza, è possibile derogare all’applicazione dei metodi di determinazione del valore normale in base al prezzo di vendita del prodotto simile sul mercato interno del paese esportatore solo nel caso in cui nel corso di normali operazioni commerciali non vi siano vendite del prodotto simile, qualora tali vendite riguardino quantitativi insufficienti, oppure se, a causa di una particolare situazione di mercato, tali vendite non permettono un valido confronto. Soltanto in casi siffatti l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base consente di costruire il valore normale in base al costo di produzione nel paese d’origine oppure di determinare tale valore in base ai prezzi all’esportazione. Il Tribunale non ha perciò commesso errori nel rilevare, al punto 157 della sentenza impugnata, che le differenze tra le strutture dei costi e i prezzi di vendita della Artone e quelli della Hansol non rientrano nelle deroghe al metodo di determinazione del valore normale in base ai prezzi effettivi sul mercato interno del paese esportatore.

85

Pertanto, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nel dichiarare, in sostanza, ai punti da 152 a 158 della sentenza impugnata, che dall’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base risulta che, qualora l’esportatore non venda il prodotto simile, il valore normale è stabilito in base ai prezzi di altri venditori o produttori e non già in base ai costi di produzione della società interessata, e che la Commissione aveva violato tale articolo nel calcolare il valore normale della Artone per taluni tipi del prodotto in esame.

86

Il secondo motivo di impugnazione deve essere quindi respinto in quanto infondato.

Sul terzo motivo d’impugnazione

Argomenti delle parti

87

La Commissione, sostenuta dall’ETPA, deduce che la motivazione esposta ai punti da 196 a 205 e da 208 a 213 della sentenza impugnata sarebbe viziata da un errore di diritto. Il Tribunale avrebbe stabilito che la Commissione, nell’ambito del calcolo del margine di pregiudizio, era tenuta a calcolare il margine di sottoquotazione relativo alle rivendite di rotoli di grandi dimensioni da parte delle società collegate sulla base dei prezzi di vendita pattuiti tra la Schades e gli acquirenti indipendenti e non già, come ha fatto la stessa Commissione, applicando, per analogia, l’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base, adeguando i prezzi di vendita effettivi a un prezzo cif, franco frontiera dell’Unione. Orbene, in assenza di una definizione e di un metodo di calcolo del margine di sottoquotazione, la Commissione ritiene che tale calcolo rientrasse nel suo ampio potere discrezionale. Inoltre, il suo calcolo sarebbe giustificato alla luce dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di base, il quale prevede che l’esistenza di una sottoquotazione significativa dei prezzi debba essere esaminata al livello delle «importazioni oggetto di dumping» e non già al livello del loro successivo prezzo di rivendita sul mercato dell’Unione. La valutazione del Tribunale si baserebbe erroneamente su una valutazione ai sensi del diritto della concorrenza anziché su una valutazione ai sensi del diritto della politica commerciale e costruirebbe in modo errato e discriminatorio un prezzo all’esportazione per il calcolo dell’importo del dumping distinto da quello preso in considerazione per la determinazione del pregiudizio.

88

La Hansol ritiene che il Tribunale non abbia commesso errori nel dichiarare che la Commissione ha utilizzato un metodo errato per il calcolo del margine di sottoquotazione nel regolamento controverso.

89

In primo luogo, la Hansol reputa che l’applicazione per analogia dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base violi manifestamente l’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento, disposizioni queste che hanno oggetti diversi.

90

In secondo luogo, la Hansol sostiene che dalla prassi dell’OMC e della Commissione risulterebbe che l’esame dell’esistenza di una sottoquotazione significativa dei prezzi richiede il confronto dei prezzi non già al livello delle «importazioni oggetto di dumping», bensì allo stesso livello commerciale, che è definito in base al tipo di acquirenti. Applicare l’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base per il calcolo del margine di sottoquotazione equivarrebbe, nel caso di specie, a confrontare prezzi non comparabili, poiché essi non conterrebbero le stesse componenti di prezzo. L’applicazione di tale disposizione del regolamento di base condurrebbe ad effettuare adeguamenti a uno stadio del sistema di distribuzione più a monte rispetto alle vendite dell’Unione.

91

In terzo luogo, la Hansol ritiene che i metodi di calcolo del dumping non siano comparabili a quelli per il calcolo del pregiudizio, circostanza che la Commissione avrebbe ammesso nella sua prassi anteriore. Inoltre, tale prassi e le sentenze del 30 novembre 2011, Transnational Company Kazchrome e ENRC Marketing/Consiglio e Commissione (T‑107/08, EU:T:2011:704, punto 63), nonché del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione (T‑301/16, EU:T:2019:234, punto 187), contraddirebbero l’argomento secondo cui gli effetti sui prezzi causati dalle importazioni oggetto di dumping dovrebbero essere valutati al livello della frontiera dell’Unione. Secondo la Hansol, i prezzi dovrebbero essere confrontati non già al livello della frontiera dell’Unione, bensì al livello della vendita al primo acquirente indipendente, poiché è a tale livello che si svolgerebbe la concorrenza nell’Unione.

92

In quarto luogo, la Hansol deduce che le vendite effettuate nell’Unione tramite entità collegate e quelle effettuate direttamente ad acquirenti indipendenti rientrerebbero in due situazioni diverse che la Commissione ha trattato in maniera identica in violazione del principio della parità di trattamento.

93

La Hansol ritiene che le censure della Commissione dirette contro il punto 204 della sentenza impugnata siano irricevibili, in quanto riguarderebbero elementi di fatto.

Giudizio della Corte

94

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di base, per poter imporre un dazio antidumping, su un prodotto oggetto di dumping, è necessario che la sua immissione in libera pratica nell’Unione causi un pregiudizio.

95

Ai fini della determinazione di tale pregiudizio, l’articolo 3, paragrafo 2, di tale regolamento prevede che occorre procedere a un esame obiettivo del volume delle importazioni oggetto di dumping e dei loro effetti sui prezzi dei prodotti simili sul mercato dell’Unione nonché della loro incidenza sull’industria dell’Unione. Per quanto riguarda gli effetti delle importazioni sui prezzi, l’articolo 3, paragrafo 3, di detto regolamento precisa che si esamina se vi sia, per tali importazioni, una significativa sottoquotazione del prezzo rispetto al prezzo di un prodotto simile dell’industria dell’Unione.

96

Si deve osservare che, ai punti da 196 a 205 della sentenza impugnata, il Tribunale ha stabilito che la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione nel determinare il pregiudizio causato nel caso di rivendita del prodotto in esame da parte di un trasformatore collegato, non già in base al prezzo del prodotto in esame praticato dalla Schades in occasione della rivendita di tale prodotto ai primi acquirenti indipendenti sul mercato dell’Unione, bensì in base a un prezzo cif, franco frontiera dell’Unione, costruito, come è stato fatto per il calcolo del pregiudizio causato dalla vendita da parte della Schades del prodotto in esame trasformato in rotoli di piccole dimensioni sullo stesso mercato.

97

Il Tribunale, al punto 199 della sentenza impugnata, ha tratto dalla sentenza del 30 novembre 2011, Transnational Company Kazchrome e ENRC Marketing/Consiglio e Commissione (T‑107/08, EU:T:2011:704) la conclusione che, nell’ambito della determinazione del pregiudizio e del punto di riferimento rispetto al quale si dovevano calcolare i prezzi dei prodotti della Hansol da comparare con i prezzi dell’industria dell’Unione, erano i prezzi negoziati tra un’impresa e i suoi clienti e non i prezzi in uno stadio intermedio quelli che hanno potuto determinare la decisione di detti clienti di acquistare il prodotto di tale impresa piuttosto che quello dell’industria dell’Unione. Orbene, nel caso di rivendita, il Tribunale ha dichiarato che era il prodotto stesso in esame ad entrare in concorrenza con il prodotto simile dell’industria dell’Unione e a causare un pregiudizio a tale industria. Il Tribunale ne ha concluso, al punto 201 della sentenza impugnata, che, per quanto riguarda le rivendite del prodotto in esame da parte della Schades, il «punto di riferimento» non si trovava al livello della frontiera dell’Unione, bensì al livello degli acquirenti indipendenti di tale trasformatore collegato. Il Tribunale ha dichiarato, al punto 203 della sentenza impugnata, che la Commissione ha commesso un errore prendendo in considerazione, nell’ambito della determinazione del pregiudizio per tali rivendite ad acquirenti indipendenti, un prezzo all’esportazione da cui erano detratte le SGAV e i profitti.

98

Al fine di stabilire se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto in tali valutazioni, occorre ricordare che, come risulta dal punto 58 della presente sentenza, in materia di misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale, cosicché il controllo giurisdizionale di una siffatta discrezionalità deve essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati, dell’assenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere.

99

Poiché l’esame dell’esistenza di una sottoquotazione dei prezzi è una questione economicamente complessa per la quale il regolamento di base non impone alcun metodo specifico, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale al riguardo. Ne consegue che, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 58 della presente sentenza, l’applicazione, per analogia, del metodo di costruzione del prezzo di cui all’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base al fine di esaminare una sottoquotazione del prezzo può essere presa in considerazione purché tale metodo si inserisca nel contesto giuridico previsto dal regolamento di base e non porti ad un risultato manifestamente erroneo.

100

A tal proposito, si deve tener conto di due prescrizioni specifiche previste dal regolamento di base ai fini del calcolo dell’esistenza di una sottoquotazione dei prezzi.

101

Da un lato, l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base richiede che tale calcolo venga effettuato con un esame obiettivo degli effetti delle importazioni sui prezzi. Tale prescrizione implica a sua volta che il confronto dei prezzi venga effettuato allo stesso stadio di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi. Infatti, soltanto con il soddisfacimento di tale condizione, in primo luogo, può essere preso in considerazione correttamente il reale effetto delle importazioni sui prezzi di un prodotto simile dell’industria dell’Unione, in secondo luogo, le vendite del prodotto in esame e quelle del prodotto simile dell’industria dell’Unione possono essere considerate come aventi uno stesso «punto di riferimento», in terzo luogo, i prezzi di vendita ai primi acquirenti indipendenti dei prodotti in esame possono essere presi in considerazione obiettivamente per il calcolo della sottoquotazione e, in quarto luogo, può essere pertinente il confronto dei prezzi al livello in cui si svolge la concorrenza nell’Unione.

102

Dall’altro lato, dal combinato disposto dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base risulta che il pregiudizio deve essere valutato al momento dell’«immissione in libera pratica nell’Unione» del prodotto oggetto di dumping. Di conseguenza, il calcolo della sottoquotazione deve, in linea di principio, essere effettuato al livello delle importazioni oggetto di dumping.

103

Nel caso di specie, dagli accertamenti del Tribunale risulta che la Commissione ha valutato l’esistenza di una sottoquotazione dei prezzi del prodotto in esame confrontando il prezzo franco fabbrica praticato dai produttori europei che commercializzano prodotti equivalenti al prodotto in esame con il prezzo cif, franco frontiera dell’Unione, del prodotto in esame. Quest’ultimo corrisponde al prezzo alla sua immissione in libera pratica nell’Unione, vale a dire al prezzo all’importazione subito dopo lo sdoganamento alla frontiera dell’Unione di tale prodotto. La Commissione ha quindi confrontato i prezzi praticati dal produttore europeo e dall’importatore allo stadio iniziale della commercializzazione del prodotto in esame.

104

Come correttamente sostenuto dalla Commissione, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nello stabilire che tale ragionamento era viziato da un errore manifesto di valutazione. Infatti, detto ragionamento mirava, conformemente alle prescrizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base, a garantire che il confronto dei prezzi fosse effettuato in modo obiettivo allo stesso stadio di commercializzazione e corrispondesse, per quanto riguarda il prodotto oggetto del dumping, al livello delle importazioni.

105

Più in particolare, al fine di garantire un confronto obiettivo dei prezzi al livello della prima immissione in libera pratica del prodotto in esame nell’Unione, la Commissione ben poteva costruire tale prezzo cif, franco frontiera dell’Unione, detraendo le SGAV e i profitti dal prezzo di rivendita del prodotto in esame praticato dalla Schades ad acquirenti indipendenti. Infatti, tale applicazione, per analogia, dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base rientrava nell’ampio potere discrezionale di cui dispone la Commissione per attuare l’articolo 3, paragrafo 2, di tale regolamento e non poteva quindi essere considerata, di per sé, viziata da un errore manifesto di valutazione.

106

Inoltre, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, in sostanza, al punto 201 della sentenza impugnata, la presa in considerazione del prezzo della prima rivendita a un acquirente indipendente sul mercato dell’Unione da parte del trasformatore collegato corrisponde non già allo stadio di commercializzazione franco fabbrica del prodotto equivalente proveniente dall’industria dell’Unione, bensì a uno stadio successivo della commercializzazione di tale prodotto. Infatti, il prezzo di vendita praticato dal trasformatore collegato al primo acquirente indipendente è non già il prezzo di importazione, bensì un prezzo di rivendita.

107

Ne consegue che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 203 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva erroneamente deciso di detrarre le SGAV e i profitti per le rivendite del prodotto in esame effettuate dalla Schades ad acquirenti indipendenti al fine di stabilire i prezzi all’esportazione di tale prodotto nel contesto della determinazione del pregiudizio.

108

La valutazione del Tribunale, al punto 204 della sentenza impugnata, in merito all’incidenza dell’asserito errore della Commissione sulla validità del livello di sottoquotazione dei prezzi adottato nel regolamento controverso è pertanto anch’essa erronea, senza che occorra pronunciarsi sulla questione se detta valutazione costituisca una valutazione di fatto che la Commissione non poteva contestare nella sua impugnazione.

109

Ne consegue che il Tribunale ha accolto erroneamente, al punto 205 della sentenza impugnata, la seconda parte del quinto motivo di ricorso dedotto in primo grado.

110

Si deve inoltre rilevare che, ai punti da 208 a 212 della sentenza impugnata, il Tribunale ha stabilito, in sostanza, che il calcolo del margine di sottoquotazione dei prezzi del 9,4% adottato dalla Commissione nel regolamento controverso si fondava anch’esso sull’errore nella ponderazione delle vendite commesso nel calcolo del dumping. Poiché non si poteva escludere che tali errori viziassero la conclusione della Commissione relativa all’analisi della sottoquotazione dei prezzi e all’esame del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione, il Tribunale ha accolto anche la terza parte del quinto motivo di ricorso dedotto in primo grado.

111

Orbene, come risulta dai punti da 47 a 65 della presente sentenza, il Tribunale ha giustamente concluso che la Commissione era incorsa in un errore che inficiava l’attendibilità della ponderazione delle vendite per il calcolo del dumping. Inoltre, è pacifico che tale stessa ponderazione è stata utilizzata per il calcolo della sottoquotazione dei prezzi. L’errore che vizia il calcolo della ponderazione delle vendite rimette quindi in discussione l’attendibilità delle valutazioni della Commissione relative al margine di sottoquotazione dei prezzi adottato nel regolamento controverso.

112

Ne consegue che, nonostante il fatto che, come risulta dai punti da 98 a 107 della presente sentenza, il Tribunale abbia commesso un errore di diritto rilevando l’erroneità del metodo di calcolo della Commissione per la determinazione del pregiudizio causato dalla rivendita del prodotto in esame da parte di un trasformatore collegato, detto giudice ha potuto giustamente stabilire che non si poteva escludere che l’errore commesso dalla Commissione nel calcolo della ponderazione delle vendite avesse inficiato l’analisi della sottoquotazione dei prezzi e l’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sui prodotti simili dell’industria dell’Unione. Il Tribunale poteva pertanto accogliere, al punto 212 della sentenza impugnata, la terza parte del quinto motivo di ricorso dedotto in primo grado. Il terzo motivo d’impugnazione deve pertanto essere respinto in quanto inoperante.

113

Alla luce di quanto precede, il Tribunale ben poteva concludere, al punto 213 della sentenza impugnata, nel senso dell’annullamento del regolamento controverso nella parte in cui riguardava la Hansol.

114

Da tutte le considerazioni che precedono discende che l’impugnazione principale deve essere respinta.

Sull’impugnazione incidentale

115

A sostegno della sua impugnazione incidentale, l’ETPA deduce due motivi vertenti, rispettivamente, su una violazione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base e su una violazione dell’articolo 18 del medesimo regolamento nella valutazione da parte del Tribunale della ponderazione tra, da un lato, le vendite dei prodotti in esame ad acquirenti indipendenti e, dall’altro, le vendite di tali prodotti ai trasformatori collegati ai fini della loro trasformazione in rotoli di piccole dimensioni.

Sul primo motivo d’impugnazione incidentale

Argomenti delle parti

116

L’ETPA ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel dichiarare, ai punti da 84 a 87, 92 e da 100 a 106 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva violato l’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base, in quanto aveva calcolato il margine di dumping in base a una ponderazione senza aver tenuto conto del fatto che una percentuale delle vendite ai trasformatori collegati maggiore di quella presa in considerazione dalla Commissione era destinata alla rivendita e non già alla trasformazione.

117

In via principale, l’ETPA ritiene che il Tribunale abbia violato l’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base poiché tale disposizione non contiene prescrizioni né indicazioni circa il metodo esatto di calcolo della ponderazione. La sentenza impugnata si limiterebbe a menzionare una violazione di tale disposizione senza precisare gli elementi o le prescrizioni specifiche che la Commissione avrebbe violato.

118

In subordine, l’ETPA ritiene che la valutazione del Tribunale sia viziata da un errore di diritto, in quanto l’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base non imporrebbe di applicare al calcolo della ponderazione il metodo utilizzato per la costruzione dei prezzi all’esportazione.

119

L’ETPA reputa che i dati della Schades fossero rappresentativi solo ai fini del calcolo del prezzo all’esportazione per i trasformatori collegati, ma non già ai fini del calcolo dei quantitativi delle vendite dei trasformatori collegati che non hanno collaborato e che non hanno potuto essere sottoposti a verifica. Il regolamento di base non imporrebbe alla Commissione di procedere al calcolo di tali quantitativi ai fini della ponderazione. Il Tribunale non avrebbe potuto rilevare che tali quantitativi corrispondevano esattamente ai quantitativi delle vendite dei trasformatori collegati.

120

Le valutazioni del Tribunale secondo cui i calcoli effettuati dalla Commissione non corrisponderebbero all’effettiva entità del dumping praticato e l’attribuzione della stessa percentuale della Schades alle vendite di rotoli di grandi dimensioni non trasformati per le vendite degli altri tre trasformatori collegati consentirebbe di valutare più correttamente l’entità del dumping sarebbero prive di fondamento in fatto e in diritto.

121

Per quanto riguarda la mancanza di fondamento in fatto, l’ETPA sostiene che, poiché non sarebbe stata disponibile alcuna informazione in relazione a due trasformatori collegati che non hanno collaborato e poiché le informazioni relative al terzo trasformatore collegato non sarebbero state accertate, il Tribunale non avrebbe potuto sapere a quanto corrispondessero esattamente i quantitativi delle vendite di tali trasformatori. Inoltre, se le vendite da parte della Schades dei rotoli di grandi dimensioni ad acquirenti indipendenti, che rappresentavano il quantitativo maggiore, fossero state utilizzate per i trasformatori collegati, ciò avrebbe comportato la diminuzione del margine di dumping gonfiando artificialmente la quota delle vendite dei rotoli di grandi dimensioni ad acquirenti indipendenti.

122

Per quanto riguarda la mancanza di fondamento in diritto, l’ETPA ritiene che né la giurisprudenza né la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base lascino intendere che, in mancanza di informazioni accertate disponibili, un margine di dumping basato su una ponderazione approssimativa impedirebbe a tale margine di rispecchiare correttamente l’entità del dumping.

123

La Hansol è dell’avviso che il primo motivo dell’impugnazione incidentale debba essere respinto in quanto manifestamente infondato.

Giudizio della Corte

124

Il Tribunale ha correttamente ricordato, ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata, che l’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base prevede due metodi per accertare l’esistenza di margini di dumping durante il periodo dell’inchiesta, vale a dire, in primo luogo, il metodo detto «simmetrico», basato sul confronto tra la media ponderata del valore normale e la media ponderata dei prezzi di tutte le transazioni di esportazione nell’Unione, oppure sul confronto per ogni operazione tra i singoli valori normali e i singoli prezzi all’esportazione nell’Unione e, in secondo luogo, il metodo detto «asimmetrico», che consiste nel confronto tra la media ponderata del valore normale e i prezzi delle singole operazioni di esportazione nell’Unione.

125

Sebbene tale disposizione non preveda alcun metodo per calcolare la ponderazione tra, da un lato, le vendite dirette e indirette del prodotto in esame ad acquirenti indipendenti e, dall’altro, quelle a trasformatori collegati per la trasformazione in rotoli di piccole dimensioni, cionondimeno dalla finalità di detta disposizione risulta che, indipendentemente dal metodo scelto e dal modo in cui la Commissione lo applica concretamente, tale metodo deve consentire di riflettere l’effettiva entità del dumping praticato (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Changshu City Standard Parts Factory e Ningbo Jinding Fastener/Consiglio, C‑376/15 P e C‑377/15 P, EU:C:2017:269, punto 54).

126

Orbene, come risulta dai punti da 57 a 65 della presente sentenza, il Tribunale ha giustamente stabilito, ai punti da 84 a 87 della sentenza impugnata, che nell’applicazione del metodo simmetrico scelto dalla Commissione nel caso di specie, quest’ultima non era riuscita a valutare in modo attendibile il margine effettivo di dumping.

127

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’ETPA, il Tribunale ha espressamente indicato la prescrizione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base violata dalla Commissione nel regolamento controverso, vale a dire quella corrispondente alla finalità di tale disposizione di garantire che il metodo utilizzato rispecchi l’effettiva entità del dumping praticato.

128

Pertanto, la censura dedotta in via principale nell’ambito del primo motivo dell’impugnazione incidentale deve essere respinta in quanto infondata.

129

Per quanto riguarda la censura dedotta in subordine, secondo cui l’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base non imporrebbe alla Commissione di applicare, per il calcolo della ponderazione, il metodo utilizzato per la costruzione del prezzo all’esportazione, occorre rilevare che tale censura si fonda su una lettura erronea della sentenza impugnata.

130

Infatti, dai punti da 83 a 87 della sentenza impugnata non risulta affatto che il Tribunale abbia dichiarato che la Commissione avrebbe dovuto fondarsi sull’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base per calcolare la ponderazione dei margini di dumping. Il Tribunale ha stabilito che la ponderazione dei margini di dumping tra le vendite del prodotto in esame ad acquirenti indipendenti e le vendite ai trasformatori collegati, applicata dalla Commissione, non corrispondeva all’effettiva entità del dumping praticato dalla Hansol, come richiesto dall’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base.

131

L’ETPA contesta poi la valutazione del Tribunale ai punti 85 e 86 della sentenza impugnata secondo cui la Commissione avrebbe deciso di utilizzare i dati della Schades per calcolare il margine di dumping sulle vendite effettuate dalla Hansol agli altri tre trasformatori collegati, omettendo di prendere in considerazione i dati relativi alla Schades Nordic. Si deve constatare che tale argomento è diretto contro una valutazione di fatto.

132

Orbene, dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea si evince che il Tribunale è l’unico competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo sottopostogli e, dall’altro, a valutare tali fatti. Ne consegue che, una volta che le prove prese in considerazione dal Tribunale a sostegno di tali fatti siano state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura applicabili in materia di onere e di assunzione della prova siano stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale stimare il valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Tale valutazione non costituisce pertanto, salvo il caso di uno snaturamento di tali elementi, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte (sentenza del 2 giugno 2016, Photo USA Electronic Graphic/Consiglio, C‑31/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:390, punti 5051 nonché giurisprudenza ivi citata).

133

Dal momento che l’ETPA contesta una valutazione di fatto, senza dedurre uno snaturamento dei fatti, la Corte non è competente a statuire su tale questione.

134

Inoltre, l’argomento dell’ETPA secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore rilevando, ai punti 86 e 87 della sentenza impugnata, che il fatto di utilizzare i quantitativi delle vendite della Schades per le vendite degli altri tre trasformatori collegati avrebbe rispecchiato con maggior precisione il dumping praticato dalla Hansol, deriva da una lettura erronea della sentenza impugnata. Infatti, ai suddetti punti, il Tribunale ha soltanto constatato che la Commissione - non tenendo conto del fatto che, secondo i dati a sua disposizione, non solo la Schades, ma anche uno degli altri tre trasformatori collegati, ossia la Schades Nordic, rivendevano i prodotti in esame ad acquirenti indipendenti – aveva attribuito una ponderazione eccessiva alle vendite ai trasformatori collegati per la trasformazione in rotoli di piccole dimensioni aumentando, di conseguenza, il dumping effettivo praticato dalla Hansol.

135

Infine, secondo l’ETPA né la giurisprudenza né la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base ostano a che si possa ritenere che un margine di dumping basato su una ponderazione approssimativa, in mancanza di informazioni accertate, impedirebbe a tale margine di rispecchiare correttamente l’entità del dumping. Tuttavia, è sufficiente ricordare che, come risulta dai punti da 47 a 65 nonché dai punti 124 e 125 della presente sentenza, la Commissione era tenuta ad accertare i dati della Schades Nordic e a provvedere affinché i suoi calcoli rispecchiassero l’entità effettiva del dumping praticato.

136

Alla luce delle considerazioni che precedono, la censura dedotta in subordine nell’ambito del primo motivo dell’impugnazione incidentale deve essere anch’essa respinta in quanto infondata e, pertanto, il primo motivo dell’impugnazione incidentale deve essere interamente respinto.

Sul secondo motivo d’impugnazione incidentale

Argomenti delle parti

137

L’ETPA ritiene che i punti 86 e 87 della sentenza impugnata siano viziati da un errore di diritto. Ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base, la Commissione avrebbe potuto calcolare la ponderazione dei diversi canali di vendita in base ai migliori dati disponibili. Secondo l’ETPA, la Hansol sarebbe stata consapevole di ciò in quanto, durante l’inchiesta, la Commissione l’aveva informata delle conseguenze dell’omessa collaborazione. Poiché la Hansol aveva chiesto che tre trasformatori collegati non rispondessero al questionario antidumping, essa avrebbe dovuto sapere che i quantitativi di vendita sarebbero stati determinati in base ai migliori dati disponibili.

138

Poiché la Commissione avrebbe disposto di un ampio potere discrezionale per stabilire quali fossero i migliori dati disponibili in ciascun caso specifico e poiché, nella sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe rilevato che la Commissione era incorsa in un errore manifesto nella valutazione dei fatti, ma avrebbe dichiarato che l’utilizzo dei dati delle vendite della Schades avrebbe rispecchiato con maggior esattezza il margine di dumping della Hansol, il Tribunale avrebbe travalicato i limiti del suo controllo e avrebbe illegittimamente sostituito il proprio punto di vista a quello della Commissione.

139

La Hansol ritiene che il secondo motivo dell’impugnazione incidentale sia manifestamente infondato.

Giudizio della Corte

140

Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, la Commissione può elaborare conclusioni in base ai dati disponibili qualora una parte interessata non collabori oppure fornisca informazioni false o fuorvianti.

141

Nel caso di specie, è pacifico che durante l’inchiesta antidumping la Hansol ha chiesto che i trasformatori collegati diversi dalla Schades fossero esonerati dall’obbligo di risposta ai questionari antidumping. È altresì pacifico che tale richiesta è stata accolta dalla Commissione, cosicché essa ha limitato le sue richieste di informazioni riguardanti i trasformatori collegati a quelle relative alla Schades.

142

Una siffatta richiesta non può essere equiparata all’omessa collaborazione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Ne consegue che, contrariamente a quanto dedotto dall’ETPA, tale disposizione non era applicabile nel caso di specie.

143

La circostanza che soltanto la Schades abbia risposto al questionario antidumping e che gli altri trasformatori collegati siano stati esonerati dall’obbligo di risposta non incide sull’obbligo della Commissione di prendere in considerazione i dati pertinenti di cui essa è potuta venire a conoscenza durante il procedimento amministrativo al fine di valutare l’effettiva entità del dumping praticato. Infatti, come precisato ai punti da 49 a 51 della presente sentenza, la Commissione è tenuta a prendere in considerazione tali dati alla luce della finalità del regolamento di base e del dovere di diligenza ad essa incombente.

144

Pertanto, l’ETPA ha errato nel sostenere che il Tribunale avrebbe travalicato i limiti del suo controllo ed avrebbe illegittimamente sostituito il proprio punto di vista a quello della Commissione stabilendo, ai punti 85 e 86 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva attribuito una ponderazione eccessiva alle vendite ai trasformatori collegati per la trasformazione in rotoli di piccole dimensioni e, di conseguenza, aveva aumentato il dumping effettivo praticato dalla Hansol. Infatti, la Commissione, pur sapendo che una quota delle vendite del prodotto in esame alla Schades era stata rivenduta senza trasformazione ad acquirenti indipendenti e che almeno un trasformatore collegato diverso dalla Schades rivendeva anch’esso il prodotto in esame, aveva nondimeno stabilito che tutte le vendite della Hansol ai tre trasformatori collegati diversi dalla Schades erano state effettuate per la trasformazione in rotoli di piccole dimensioni.

145

Ne consegue che il secondo motivo dell’impugnazione incidentale dev’essere anch’esso respinto in quanto infondato e, pertanto, l’impugnazione incidentale deve essere interamente respinta.

Sulle spese

146

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, dispone che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

147

Per quanto riguarda l’impugnazione principale, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese relative a tale impugnazione, conformemente alla domanda della Hansol.

148

L’ETPA, rimasta soccombente nella sua impugnazione incidentale, deve essere condannata alle spese relative all’impugnazione incidentale, conformemente alla domanda della Hansol.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione principale e l’impugnazione incidentale sono respinte.

 

2)

La Commissione europea è condannata alle spese relative all’impugnazione principale.

 

3)

La European Thermal Paper Association (ETPA) è condannata alle spese relative all’impugnazione incidentale.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.