SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

25 novembre 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 45 e 48 TFUE – Libera circolazione dei lavoratori – Parità di trattamento – Prestazioni familiari erogate ai cooperanti che portano con sé i propri familiari nel paese terzo cui sono stati assegnati in servizio – Soppressione – Articolo 288, secondo comma, TFUE – Atti giuridici dell’Unione – Portata dei regolamenti – Normativa nazionale il cui ambito di applicazione ratione personae è più ampio di quello di un regolamento – Presupposti – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 11, paragrafo 3, lettere a) ed e) – Ambito di applicazione – Lavoratrice subordinata cittadina di uno Stato membro impiegata in qualità di cooperante da un datore di lavoro stabilito in altro Stato membro e inviata in missione in un paese terzo – Articolo 68, paragrafo 3 – Diritto del richiedente prestazioni familiari di depositare una domanda unica presso l’istituzione dello Stato membro competente in via prioritaria o presso l’istituzione dello Stato membro competente in via subordinata»

Nella causa C‑372/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesfinanzgericht (Tribunale federale delle finanze, Austria), con decisione del 30 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 6 agosto 2020, nel procedimento

QY

contro

Finanzamt Österreich, già Finanzamt für den 8, 16. und 17. Bezirk in Wien,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da J. Passer, presidente della Settima Sezione, facente funzione di presidente dell’Ottava Sezione, F. Biltgen (relatore) e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo austriaco, da J. Schmoll, E. Samoilova e A. Posch, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da B.-R. Killmann e D. Martin, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, TUE, dell’articolo 4, paragrafo 4, e degli articoli 45, 208 e 288 TFUE, dell’articolo 7, dell’articolo 11, paragrafo 3, lettere a) ed e), e degli articoli 67 e 68 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1 e rettifiche GU 2004, L 200, pag. 1); dell’articolo 11, dell’articolo 60, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004 (GU 2009, L 284, pag. 1), nonché dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra QY, ricorrente nel procedimento principale, e il Finanzamt Österreich (amministrazione tributaria austriaca), già Finanzamt für den 8., 16. und 17. Bezirk in Wien (ufficio delle imposte dell’8°, 16° e 17° circondario di Vienna, Austria) (in prosieguo: l’«amministrazione tributaria»), in merito al rifiuto, opposto da quest’ultima, di concederle assegni familiari.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Regolamento n. 883/2004

3

I considerando 12 e 16 del regolamento n. 883/2004 sono del seguente tenore:

«(12)

Alla luce della proporzionalità si dovrebbe provvedere affinché il principio dell’assimilazione di fatti o avvenimenti non porti a risultati oggettivamente ingiustificati o al cumulo di prestazioni della stessa natura per lo stesso periodo».

(...)

(16)

All’interno della Comunità non c’è in linea di principio alcuna giustificazione per far dipendere i diritti in materia di sicurezza sociale dal luogo di residenza dell’interessato; anche se, in determinati casi specifici, in particolare per prestazioni speciali che hanno un legame con l’ambiente economico e sociale dell’interessato potrebbe essere preso in considerazione il luogo di residenza».

4

Ai sensi dell’articolo 1, lettera z), di tale regolamento:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

(…)

“prestazione familiare”, tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione menzionati nell’allegato I.

5

L’articolo 2 di detto regolamento, intitolato «Ambito d’applicazione “ratione personae”», al paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Il presente regolamento si applica ai cittadini di uno Stato membro, agli apolidi e ai rifugiati residenti in uno Stato membro che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri, nonché ai loro familiari e superstiti».

6

L’articolo 3, paragrafo 1, del medesimo regolamento così dispone:

«Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

(...)

j) le prestazioni familiari».

7

L’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, intitolato «Parità di trattamento», prevede quanto segue:

«Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, le persone alle quali si applica il presente regolamento godono delle stesse prestazioni e sono soggette agli stessi obblighi di cui alla legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato».

8

L’articolo 5 del regolamento in parola, intitolato «Assimilazione di prestazioni, redditi, fatti o avvenimenti» è del seguente tenore:

«Fatte salve disposizioni contrarie del presente regolamento e in considerazione delle disposizioni particolari di attuazione previste, si applica quanto segue:

a)

laddove a titolo della legislazione dello Stato membro competente il beneficio di prestazioni di sicurezza sociale o altri redditi producano effetti giuridici, le pertinenti disposizioni di detta legislazione si applicano altresì in caso di beneficio di prestazioni equivalenti acquisite a titolo della legislazione di un altro Stato membro o di redditi acquisiti in un altro Stato membro;

b)

se, in virtù della legislazione dello Stato membro competente, sono attribuiti effetti giuridici al verificarsi di taluni fatti o avvenimenti, detto Stato membro tiene conto di fatti o avvenimenti analoghi verificatisi in un altro Stato membro come se si fossero verificati nel proprio territorio nazionale».

9

L’articolo 7 di tale regolamento così recita:

«Fatte salve disposizioni contrarie del presente regolamento, le prestazioni in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri o del presente regolamento non sono soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice».

10

A termini dell’articolo 11 del medesimo regolamento, intitolato «Norme generali»:

«1.   Le persone alle quali si applica il presente regolamento sono soggette alla legislazione di un singolo Stato membro. Tale legislazione è determinata a norma del presente titolo.

(...)

3.   Fatti salvi gli articoli da 12 a 16:

a)

una persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro;

b)

un pubblico dipendente è soggetto alla legislazione dello Stato membro al quale appartiene l’amministrazione da cui egli dipende;

c)

una persona che riceva indennità di disoccupazione a norma dell’articolo 65 in base alla legislazione dello Stato membro di residenza è soggetta alla legislazione di detto Stato membro;

d)

una persona chiamata o richiamata alle armi o al servizio civile in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro;

e)

qualsiasi altra persona che non rientri nelle categorie di cui alle lettere da a) a d) è soggetta alla legislazione dello Stato membro di residenza, fatte salve le altre disposizioni del presente regolamento che le garantiscono l’erogazione di prestazioni in virtù della legislazione di uno o più altri Stati membri.

(...)».

11

Gli articoli da 12 a 16 del regolamento n. 883/2004 prevedono le norme particolari applicabili alle persone oggetto di distacco (articolo 12), alle persone che esercitano attività lavorativa in due o più Stati membri (articolo 13), alle persone che hanno optato per un’assicurazione volontaria o un’assicurazione facoltativa continuata (articolo 14), agli agenti contrattuali delle istituzioni europee (articolo 15), nonché le deroghe agli articoli da 11 a 15 del regolamento medesimo (articolo 16).

12

Gli articoli 67 e 68 del suddetto regolamento sono contenuti nel capitolo 8, intitolato «Prestazioni familiari», del titolo III del medesimo regolamento. Sotto il titolo «Familiari residenti in un altro Stato membro», tale articolo 67 così dispone:

«Una persona ha diritto alle prestazioni familiari ai sensi della legislazione dello Stato membro competente, anche per i familiari che risiedono in un altro Stato membro, come se questi ultimi risiedessero nel primo Stato membro. Tuttavia, il titolare di una pensione o di una rendita ha diritto alle prestazioni familiari ai sensi della legislazione dello Stato membro competente per la sua pensione o la sua rendita».

13

L’articolo 68 del regolamento n. 883/2004, intitolato «Regole di priorità in caso di cumulo» è redatto nei seguenti termini:

«1.   Qualora nello stesso periodo e per gli stessi familiari siano previste prestazioni in base alle legislazioni di più Stati membri, si applicano le seguenti regole di priorità:

a)

nel caso di prestazioni dovute da più Stati membri a diverso titolo, l’ordine di priorità è il seguente: in primo luogo i diritti conferiti a titolo di un’attività professionale subordinata o autonoma, in secondo luogo i diritti conferiti a titolo dell’erogazione di una pensione o di una rendita e, infine, i diritti conferiti a titolo della residenza;

b)

nel caso di prestazioni dovute da più Stati membri a un medesimo titolo, l’ordine di priorità è fissato con riferimento ai seguenti criteri secondari:

i)

nel caso di diritti conferiti a titolo di un’attività professionale subordinata o autonoma: il luogo di residenza dei figli a condizione che sia esercitata una siffatta attività e, in via sussidiaria, se necessario, l’importo più elevato di prestazioni previsto dalle legislazioni in questione. In quest’ultimo caso l’onere delle prestazioni è ripartito secondo i criteri definiti nel regolamento di applicazione;

ii)

nel caso di diritti conferiti a titolo dell’erogazione di pensioni o di rendite: il luogo di residenza dei figli a condizione che sia dovuta una pensione a titolo della sua legislazione e, in via sussidiaria, se necessario, il periodo di assicurazione o di residenza più lungo maturato in base alle legislazioni in questione;

iii)

nel caso di diritti conferiti a titolo della residenza: il luogo di residenza dei figli.

2.   In caso di cumulo di diritti, le prestazioni familiari sono erogate in base alla legislazione definita prioritaria a norma del paragrafo 1. I diritti alle prestazioni familiari dovute a norma della o delle altre legislazioni in questione sono sospesi fino a concorrenza dell’importo previsto dalla prima legislazione ed erogati, se del caso, sotto forma d’integrazione differenziale, per la parte che supera tale importo. Tuttavia, non occorre che tale integrazione differenziale sia erogata per figli residenti in un altro Stato membro, ove il diritto alla prestazione sia basato soltanto sulla residenza.

3.   Qualora ai sensi dell’articolo 67, venga presentata una domanda di prestazioni familiari alla competente istituzione di uno Stato membro di cui si applica la legislazione, ma non in linea prioritaria a norma dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo:

a)

detta istituzione inoltra la domanda immediatamente all’istituzione competente dello Stato membro di cui si applica la legislazione in linea prioritaria, ne informa la persona interessata e, fatte salve le disposizioni del regolamento di applicazione in materia di concessione provvisoria di prestazioni, eroga, ove necessario, l’integrazione differenziale di cui al paragrafo 2;

b)

l’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione si applica in linea prioritaria evade la domanda come se quest’ultima fosse stata presentata direttamente a detta istituzione, ed è considerata data di presentazione all’istituzione competente in linea prioritaria la data in cui siffatta domanda è stata presentata alla prima istituzione».

Regolamento n. 987/2009

14

L’articolo 11 del regolamento n. 987/2009 prevede quanto segue:

«1.   In caso di divergenza di punti di vista tra le istituzioni di due o più Stati membri circa la determinazione della residenza di una persona cui si applica il [regolamento n. 883/2004], tali istituzioni stabiliscono di comune accordo quale sia il centro degli interessi della persona in causa, in base ad una valutazione globale di tutte le informazioni relative a fatti pertinenti, fra cui se del caso:

a)

durata e continuità della presenza nel territorio degli Stati membri in questione;

b)

la situazione dell’interessato tra cui:

i)

la natura e le caratteristiche specifiche di qualsiasi attività esercitata, in particolare il luogo in cui l’attività è esercitata abitualmente, la stabilità dell’attività e la durata di qualsiasi contratto di lavoro;

ii)

situazione familiare e legami familiari;

iii)

esercizio di attività non retribuita;

iv)

per gli studenti, fonte del loro reddito;

v)

alloggio, in particolare quanto permanente;

vi)

Stato membro nel quale si considera che la persona abbia il domicilio fiscale.

2.   Quando la valutazione dei diversi criteri basati sui pertinenti fatti di cui al paragrafo 1 non permette alle istituzioni di accordarsi, la volontà della persona, quale risulta da tali fatti e circostanze, in particolare le ragioni che la hanno indotta a trasferirsi, è considerata determinante per stabilire il suo luogo di residenza effettivo».

15

L’articolo 60, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 987/2009 prevede quanto segue:

«2.   L’istituzione a cui è stata presentata la domanda conformemente al paragrafo 1 la esamina sulla base delle informazioni dettagliate fornite dal richiedente tenendo conto di tutti gli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la situazione familiare del richiedente.

Se tale istituzione conclude che la sua legislazione è applicabile in via prioritaria ai sensi dell’articolo 68, paragrafi 1 e 2, del [regolamento n. 883/2004], eroga le prestazioni familiari a norma della legislazione che applica.

Se tale istituzione ritiene che sussista un eventuale diritto a un’integrazione differenziale in virtù della legislazione di un altro Stato membro ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 2, del [regolamento n. 883/2004], trasmette senza indugio la domanda all’istituzione competente dell’altro Stato membro e ne informa la persona interessata; essa informa inoltre l’istituzione dell’altro Stato membro in merito alla decisione adottata riguardo alla domanda e all’importo delle prestazioni familiari erogate.

3.   Se l’istituzione a cui è stata presentata la domanda conclude che la sua legislazione è applicabile, ma non in via prioritaria ai sensi dell’articolo 68, paragrafi 1 e 2, del regolamento [n. 883/2004], decide senza indugio, in via provvisoria, le regole di priorità da applicare e trasmette la domanda, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento [n. 883/2004], all’istituzione dell’altro Stato membro, informandone altresì il richiedente. Quest’ultima istituzione prende posizione sulla decisione provvisoria entro due mesi.

Qualora l’istituzione a cui è stata trasmessa la domanda non prenda posizione entro il termine summenzionato, si applica la decisione provvisoria suddetta e l’istituzione in questione eroga le prestazioni previste dalla sua legislazione e comunica all’istituzione che ha trasmesso la domanda l’importo delle prestazioni erogate».

Regolamento n. 492/2011

16

L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011 così dispone:

«1.   Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2.   Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

Diritto austriaco

17

L’articolo 4, paragrafo 1, dell’Allgemeines Sozialversicherungsgesetz (codice generale delle assicurazioni sociali), del 9 settembre 1955 (BGBl., 189/1955), nella versione applicabile al procedimento principale, prevede quanto segue:

«Sono affiliati (integralmente affiliati) ai sensi della presente legge federale, all’assicurazione malattia, all’assicurazione infortuni e all’assicurazione pensionistica, qualora l’impiego di cui trattasi non sia escluso dall’affiliazione integrale ai sensi degli articoli 5 e 6 né conferisca soltanto un’affiliazione parziale ai sensi dell’articolo 7:

(...)

(9) il personale della cooperazione allo sviluppo di cui all’articolo 2 del [Bundesgesetz über den Personaleinsatz im Rahmen der Zusammenarbeit mit Entwicklungsländern (Entwicklungshelfergesetz) (legge relativa all’impiego di personale nell’ambito della cooperazione allo sviluppo [legge sullo statuto dei cooperanti]), del 10 novembre 1983 (BGBl., 574/1983)]».

18

Conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, della legge sullo statuto dei cooperanti, in vigore fino al 31 dicembre 2018 e successivamente abrogato:

«I membri del personale e i loro familiari conviventi, sempreché tali persone siano cittadini austriaci o persone ad essi equiparate dal diritto dell’Unione, sono trattati, durante la preparazione e la missione per quanto riguarda il diritto a prestazioni del fondo di compensazione degli assegni familiari e al credito d’imposta per figlio a carico ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 3, dell’[Einkommensteuergesetz 1988 (legge del 1988 relativa all’imposta sul reddito)] in ciascuna delle sue versioni applicabili, come se non soggiornassero in via permanente nel paese della missione».

19

L’articolo 26, paragrafi 1 e 2, della Bundesabgabenordnung (codice federale delle imposte), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «BAO»), così dispone:

«1.   Ai sensi delle disposizioni tributarie, una persona ha domicilio nel luogo in cui occupa un’abitazione in circostanze che attestano che conserverà e utilizzerà l’abitazione.

2.   Ai sensi delle disposizioni tributarie, una persona ha una residenza abituale nel luogo in cui risiede in circostanze che attestano che non soggiorna solo temporaneamente in tale luogo o in tale paese.

3.   I cittadini austriaci alle dipendenze di un ente di diritto pubblico che sono in servizio all’estero (personale esterno) sono equiparati a persone che hanno la propria residenza abituale nei locali della direzione del servizio. Lo stesso vale per il coniuge, purché la coppia conviva stabilmente, e per i figli minorenni facenti parte del nucleo familiare».

20

Conformemente all’articolo 1 del Bundesgesetz betreffend den Familienlastenausgleich durch Beihilfen (legge relativa alla compensazione degli oneri familiari tramite sussidi), del 24 ottobre 1967 (BGBl., 376/1967), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «FLAG»), le prestazioni previste sono «concesse per compensare oneri nell’interesse della famiglia».

21

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del FLAG, le persone che hanno il proprio domicilio o la propria residenza abituale nel territorio austriaco hanno diritto agli assegni familiari per i figli minorenni.

22

L’articolo 2, paragrafo 8, del FLAG prevede che le persone abbiano diritto agli assegni familiari solo se il loro centro di interessi è situato nel territorio austriaco. Il centro di interessi di una persona è situato nello Stato con il quale essa intrattiene i rapporti personali ed economici più stretti.

23

Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, del FLAG, i figli che risiedono permanentemente all’estero non danno diritto agli assegni familiari.

24

L’articolo 8 del FLAG disciplina gli importi degli assegni familiari e stabilisce, ai paragrafi da 1 a 3, una tabella in funzione del numero di figli e una tabella in funzione della loro età. Gli assegni familiari sono maggiorati ad intervalli regolari in base ad una decisione del Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria).

25

L’articolo 53 del FLAG così recita:

«(1)   Nell’ambito della presente legge federale, i cittadini delle parti dell’[accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3)], nei limiti in cui ciò risulti dal citato accordo, sono equiparati ai cittadini austriaci. In tale contesto, la residenza permanente di un figlio in uno Stato dello Spazio economico europeo, conformemente alle disposizioni comunitarie, deve essere equiparata ad una residenza permanente di un figlio in Austria.

(...)

(4)   Il paragrafo 1, seconda frase, non si applica per quanto riguarda l’articolo 8a, paragrafi da 1 a 3.

(5)   L’articolo 26, paragrafo 3, della BAO (...) si applica fino al 31 dicembre 2018 per quanto riguarda prestazioni di cui alla presente legge federale. A decorrere dal 1o gennaio 2019, l’articolo 26, paragrafo 3, della BAO si applica alle prestazioni contemplate dalla presente legge federale solo per le persone in servizio all’estero che esercitano un’attività per conto di un ente locale».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

26

La ricorrente nel procedimento principale e i suoi tre figli, tutti quattro cittadini tedeschi, hanno domicilio registrato in Germania. Il coniuge della ricorrente nel procedimento principale, il quale è il padre dei tre figli, è cittadino brasiliano e non ha mai avuto domicilio registrato in Germania.

27

Dal 2002 la ricorrente nel procedimento principale lavora come cooperante. Tra il 2013 e il 2016 la famiglia ha soggiornato alternativamente in Germania e in Brasile, paese in cui il coniuge della ricorrente nel procedimento principale possiede beni immobili e in cui lavorava come agricoltore.

28

Il 6 settembre 2016 la ricorrente nel procedimento principale ha stipulato un contratto di lavoro con un’organizzazione non governativa austriaca. In forza di tale contratto, la sede di servizio della ricorrente nel procedimento principale si trovava a Vienna (Austria) e i suoi familiari nonché essa stessa, per la previdenza sociale, dipendevano dalla Wiener Gebietskrankenkasse (cassa malattia locale di Vienna, Austria). Dopo aver seguito un corso di preparazione a Vienna tra il 6 settembre e il 21 ottobre 2016, la ricorrente nel procedimento principale ha iniziato una missione in Uganda il 31 ottobre 2016. Tale missione, nel corso della quale è stata accompagnata dalla sua famiglia, è durata fino al 15 agosto 2019 ed è stata soltanto interrotta, tra il 17 ottobre 2017 e il 7 febbraio 2018, a causa della nascita del terzo figlio della ricorrente nel procedimento principale. Durante tale interruzione, quest’ultima ha alloggiato in camere messe a sua disposizione presso l’abitazione dei genitori in Germania e ha percepito un’indennità di parto versata dalla cassa malattia locale di Vienna. Dal 15 agosto al 15 settembre 2019, ossia l’ultimo mese prima della fine del suo contratto di lavoro, la ricorrente nel procedimento principale ha beneficiato di un periodo di reinserimento a Vienna. In tale periodo, così come durante il suo corso di preparazione, la ricorrente nel procedimento principale disponeva di un domicilio a Vienna che era stato messo a sua disposizione dal datore di lavoro a determinate condizioni, nel senso che la ricorrente nel procedimento principale e la sua famiglia potevano utilizzarlo unicamente durante il tirocinio di formazione e il periodo di reinserimento. Durante le missioni all’estero della ricorrente nel procedimento principale, l’abitazione di cui trattasi veniva messa a disposizione di altri cooperanti. Nei suddetti periodi, la ricorrente nel procedimento principale nonché i suoi figli e il coniuge erano registrati in Austria a titolo di domicilio principale.

29

Quando la ricorrente nel procedimento principale svolgeva le sue funzioni come cooperante, il suo coniuge, che l’accompagnava nelle sue missioni all’estero, si occupava dei lavori domestici. Durante il periodo in cui era in missione, la ricorrente nel procedimento principale trascorreva le sue vacanze in Germania, paese in cui possiede conti bancari.

30

Fino al settembre 2016, la ricorrente nel procedimento principale ha beneficiato di un assegno familiare versato dall’autorità competente tedesca per i suoi primi due figli. Con decisione di tale autorità del 26 settembre 2016, detto assegno è stato annullato in base al rilievo che era la Repubblica d’Austria ad essere competente per le prestazioni familiari, tenuto conto del fatto che la ricorrente nel procedimento principale lavorava ormai in Austria e che il suo coniuge non svolgeva alcuna attività lavorativa in Germania.

31

Il 5 ottobre 2016 la ricorrente nel procedimento principale ha presentato all’amministrazione tributaria una domanda di assegni familiari per i primi due figli e, l’8 gennaio 2018, la stessa domanda per il terzo figlio. Essa ha fatto valere che la sua famiglia non aveva una residenza comune in Germania o in Brasile, poiché tutti i suoi familiari l’accompagnavano abitualmente nelle sue sedi di servizio, durante le sue missioni all’estero. Quando la ricorrente nel procedimento principale ha presentato tali domande, la sua sede di servizio era l’Uganda.

32

L’amministrazione tributaria ha respinto le domande della ricorrente nel procedimento principale in quanto quest’ultima non aveva diritto alle prestazioni familiari austriache, posto che la sua attività di cooperante veniva svolta in un paese terzo. Di conseguenza, essa non svolgerebbe un’attività subordinata in Austria, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004, e non rientrerebbe dunque nell’ambito di applicazione del summenzionato regolamento. Inoltre, l’appartamento della ricorrente nel procedimento principale a Vienna non costituirebbe una «residenza», né consentirebbe una «dimora», ai sensi dell’articolo 1, lettere j) e k), di detto regolamento, con la conseguenza che la Repubblica d’Austria non sarebbe lo Stato membro di residenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del medesimo regolamento. Inoltre, la ricorrente nel procedimento principale non avrebbe neppure diritto alle prestazioni familiari in forza delle disposizioni nazionali.

33

La ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso avverso tali decisioni facendo valere che la Repubblica d’Austria è lo Stato membro in cui svolgeva un’attività subordinata, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004, poiché, in base al suo contratto di lavoro, Vienna era la sua sede di servizio. Per giunta, le istruzioni le sarebbero state impartite da Vienna e il corso di preparazione nonché il mese di reinserimento si sarebbero parimenti svolti in tale città. Inoltre, essa si sarebbe registrata a Vienna e il centro dei suoi interessi sarebbe stato ivi situato.

34

Alla luce di quanto precede, il Bundesfinanzgericht (Tribunale federale delle finanze, Austria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004 debba essere interpretato nel senso che ricomprende il caso di una lavoratrice subordinata avente la cittadinanza di uno Stato membro in cui lei e i suoi figli sono anche residenti, che instaura con un datore di lavoro avente la propria sede in un altro Stato membro un rapporto di lavoro come operatrice umanitaria il quale, in base alla legislazione dello Stato della sede, ricade nel regime di assicurazione obbligatoria, laddove tale lavoratrice, benché non distaccata immediatamente dopo l’assunzione dal datore di lavoro in uno Stato terzo, lo sia comunque dopo l’assolvimento di un periodo di preparazione e dopo il rientro per il periodo di reinserimento nello Stato della sede.

2)

Se una disposizione di uno Stato membro come l’articolo 53, paragrafo 1, del FLAG, che adotta, in particolare, un provvedimento autonomo ai fini dell’equiparazione ai cittadini nazionali, violi il divieto di attuazione dei regolamenti ai sensi dell’articolo 288, secondo comma, TFUE.

La terza e la quarta questione si riferiscono all’eventualità che la situazione della ricorrente nel procedimento principale ricada nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004 e il diritto dell’Unione obblighi unicamente lo Stato membro di residenza a riconoscere prestazioni familiari.

3)

Se il divieto di discriminazione dei lavoratori sulla base della nazionalità sancito nell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e, in subordine, nell’articolo 18 TFUE, debba essere interpretato nel senso che osta a una disposizione nazionale come l’articolo 13, paragrafo 1, [della legge sullo statuto dei cooperanti] nella versione vigente sino al 31 dicembre 2018 (…), che collega il diritto a prestazioni familiari nello Stato membro non avente competenza, in base al diritto dell’Unione, al fatto che l’operatore umanitario abbia avuto, già prima dell’inizio del periodo di occupazione, la sede principale dei propri interessi o la residenza abituale nel territorio dello Stato membro della sede, fermo restando che questo requisito deve essere soddisfatto anche dai cittadini austriaci.

4)

Se l’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 60, paragrafi 2 e 3, del regolamento [n. 987/2009] debbano essere interpretati nel senso che l’istituzione dello Stato membro che la ricorrente nel procedimento principale presume essere lo Stato di occupazione competente in linea prioritaria e dinanzi al quale è stata presentata la domanda di prestazioni familiari – le cui disposizioni di diritto non sono però applicabili né in linea prioritaria, né in via subordinata, fermo restando tuttavia che [ivi] sussiste un diritto a prestazioni familiari in forza di una disposizione alternativa del diritto dello Stato membro –, è tenuta ad applicare in via analogica le disposizioni in materia di obbligo di inoltro della domanda, informazioni, emanazione di una decisione provvisoria sulle regole di priorità da applicare e di prestazione in denaro provvisoria.

5)

Se l’obbligo di emanare una decisione provvisoria sulle regole di priorità da applicare riguardi unicamente [l’amministrazione tributaria] quale istituzione o anche il giudice amministrativo adito in sede di ricorso.

6)

In quale momento il giudice amministrativo sia tenuto a emanare una decisione provvisoria sulle regole di priorità da applicare.

La settima questione si riferisce all’eventualità che il caso della [ricorrente nel procedimento principale] ricada nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 e il diritto dell’Unione obblighi lo Stato di occupazione e lo Stato membro di residenza congiuntamente ad erogare prestazioni familiari.

7)

Se la locuzione “[l’]istituzione inoltra la domanda” di cui all’articolo 68, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 e la locuzione “trasmette (...) la domanda” di cui all’articolo 60 del [regolamento n. 987/2009] debbano essere interpretate nel senso che le disposizioni di cui trattasi collegano tra loro l’istituzione dello Stato membro competente in linea prioritaria e l’istituzione dello Stato membro competente in via subordinata in maniera tale che entrambi gli Stati membri sono chiamati ad evadere una domanda di prestazioni familiari (nel senso di una singola domanda) o se il pagamento aggiuntivo eventualmente dovuto dell’istituzione dello Stato membro, le cui disposizioni di diritto si applicano in via subordinata, debba essere richiesto separatamente dal richiedente cosicché quest’ultimo è tenuto a presentare a due istituzioni di due Stati membri due domande (formulari) fisicamente distinte che, per loro natura, fanno decorrere due distinti termini.

L’ottava e la nona questione concernono il periodo dal 1o gennaio 2019, a decorrere dal quale l’Austria, oltre ad introdurre l’indicizzazione degli assegni familiari, ha abolito la concessione di assegni familiari agli operatori umanitari, abrogando l’articolo 13, paragrafo 1, [della legge sullo statuto dei cooperanti]. (…)

8)

Se l’articolo 4, paragrafo 4, l’articolo 45 e l’articolo 208 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli articoli 2, 3 e 7 e il titolo II del regolamento n. 883/2004 debbano essere interpretati nel senso che vietano, in termini generali, a uno Stato membro di abolire le prestazioni familiari per un operatore umanitario che porta con sé i propri familiari nel luogo della propria missione in un paese terzo.

In subordine, la nona questione:

9)

Se l’articolo 4, paragrafo 4, l’articolo 45 e l’articolo 208 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli articoli 2, 3 e 7 e il titolo II del regolamento n. 883/2004 debbano essere interpretati nel senso che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, essi garantiscono a un operatore umanitario, che abbia già acquisito per periodi precedenti un diritto a prestazioni familiari, il concreto mantenimento a titolo individuale di detto diritto per periodi [successivi] anche se lo Stato membro ha abolito la concessione di prestazioni familiari per operatori umanitari».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

35

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 debba essere interpretato nel senso che una lavoratrice subordinata avente la cittadinanza di uno Stato membro in cui essa stessa e i suoi figli sono residenti, che è assunta da un datore di lavoro avente la propria sede sociale in un altro Stato membro con un contratto di lavoro in qualità di cooperante, il quale, in base alla legislazione di tale altro Stato membro, ricade nel regime obbligatorio di previdenza sociale di quest’ultimo, che viene assegnata a una sede di servizio in un paese terzo non già immediatamente dopo la sua assunzione, bensì al termine di un tirocinio in tale altro Stato membro e che vi rientra in seguito per una fase di reinserimento, debba essere considerata come una persona che esercita un’attività subordinata in quest’ultimo, ai sensi della suddetta disposizione, o se, invece, la situazione di una tale lavoratrice rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento in parola.

36

Al fine di rispondere a tale questione, occorre anzitutto ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, la mera circostanza che le attività di un lavoratore siano svolte al di fuori del territorio dell’Unione non è sufficiente ad escludere l’applicazione delle norme dell’Unione sulla libera circolazione dei lavoratori, in particolare del regolamento n. 883/2004, qualora il rapporto di lavoro conservi un collegamento sufficientemente stretto con tale territorio (sentenza dell’8 maggio 2019, Inspecteur van de Belastingdienst, C‑631/17, EU:C:2019:381, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

37

Un collegamento sufficientemente stretto tra il rapporto di lavoro de quo ed il territorio dell’Unione deriva, in particolare, dalla circostanza che un cittadino dell’Unione, residente in uno Stato membro, sia stato assunto da un’impresa stabilita in un altro Stato membro per conto della quale svolga quindi attività lavorativa (sentenza dell’8 maggio 2019, Inspecteur van de Belastingdienst, C‑631/17, EU:C:2019:381, punto 23 e giurisprudenza citata).

38

Nel caso di specie, e alla luce degli elementi contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale, si deve constatare che esiste un collegamento sufficientemente stretto tra il rapporto di lavoro di cui trattasi nel procedimento principale e il territorio dell’Unione, più in particolare con il territorio austriaco. Infatti, il datore di lavoro della ricorrente nel procedimento principale è stabilito in Austria ed è in tale Stato membro che essa ha effettuato un periodo di formazione prima della sua missione in Uganda nonché un periodo di reinserimento dopo quest’ultima. Inoltre, il contratto di lavoro è stato stipulato conformemente al diritto austriaco, la ricorrente nel procedimento principale è iscritta al regime previdenziale austriaco e svolge le sue missioni nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo fornito dalla Repubblica d’Austria. Tali elementi sono parimenti pertinenti ai fini dell’applicazione del principio dell’unicità della legislazione applicabile sancito all’articolo 11 del regolamento n. 883/2004.

39

Per quanto riguarda, poi, più precisamente la questione se si debba ritenere che una persona come la ricorrente nel procedimento principale abbia esercitato la sua attività subordinata «in uno Stato membro», nel caso di specie la Repubblica d’Austria, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004, o se essa rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), di tale regolamento, occorre ricordare che quest’ultima disposizione riveste il carattere di una norma residuale, destinata ad applicarsi a tutte le persone che si trovano in una situazione che non è specificamente disciplinata da altre disposizioni di detto regolamento, al fine di istituire un sistema completo di determinazione della normativa applicabile (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Inspecteur van de Belastingdienst, C‑631/17, EU:C:2019:381, punto 31).

40

Tenuto conto di tale sussidiarietà, occorre esaminare se la fattispecie di cui alla lettera a) dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2004 corrisponda in particolare a una situazione come quella in esame nel procedimento principale, fermo restando, anzitutto, che quelle menzionate alle lettere da b) a d) di tale paragrafo 3 non hanno alcun nesso con una siffatta situazione.

41

A tal riguardo, nel caso di specie, sebbene risulti, prima facie, che la ricorrente nel procedimento principale non ha svolto la sua attività «in uno Stato membro», poiché era in missione in Uganda, rimane nondimeno il fatto che dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che prima della sua partenza in missione e dopo quest’ultima, la ricorrente nel procedimento principale ha lavorato nel territorio austriaco, dove è stabilito il suo datore di lavoro, e che ella vi disponeva persino di un alloggio di servizio. Inoltre, la ricorrente nel procedimento principale, i suoi figli e il suo coniuge avevano il loro domicilio principale in Austria durante la vigenza del contratto di lavoro e ivi beneficiavano di una copertura previdenziale da parte della cassa malattia locale di Vienna.

42

Anche supponendo che la ricorrente nel procedimento principale, come sostenuto dall’amministrazione tributaria dinanzi al giudice del rinvio, abbia avuto la propria residenza nel territorio di un altro Stato membro, una situazione così caratterizzata presenterebbe analogie con quella oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza del 29 giugno 1994, Aldewereld (C‑60/93, EU:C:1994:271), vertente sull’interpretazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2), che il regolamento n. 883/2004 ha abrogato e sostituito. Tale causa riguardava il dipendente di un’impresa stabilita in uno Stato membro diverso dallo Stato di residenza di tale dipendente, il quale svolgeva le sue attività al di fuori del territorio dell’Unione. Orbene, al punto 24 della sentenza citata, la Corte ha dichiarato che, in una situazione del genere, la «normativa dello Stato membro di residenza del lavoratore non può trovare applicazione giacché non ha alcun nesso con il rapporto di lavoro, contrariamente alla normativa dello Stato in cui è stabilito il datore di lavoro, la quale deve pertanto applicarsi».

43

Ne consegue che, sebbene, di fatto, il lavoro per il quale la ricorrente nel procedimento principale è stata assunta dal suo datore di lavoro austriaco si svolgesse al di fuori del territorio dell’Unione ed essa abbia mantenuto legami nel suo paese d’origine, vale a dire la Repubblica federale di Germania, ivi disponendo di un alloggio messo a disposizione dai suoi genitori, occorre ritenere che l’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 debba essere interpretato nel senso che esso designa la legislazione dello Stato membro del suo datore di lavoro, ossia la legislazione austriaca, come l’unica legislazione alla quale la ricorrente deve essere soggetta, senza che sia necessario ricorrere alla norma sussidiaria di cui alla lettera e) di detto paragrafo 3.

44

Ciò posto, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 deve essere interpretato nel senso che una lavoratrice subordinata avente la cittadinanza di uno Stato membro in cui essa stessa e i suoi figli sono residenti, assunta da un datore di lavoro avente la propria sede sociale in un altro Stato membro con un contratto di lavoro in qualità di cooperante, il quale, in forza della legislazione di tale altro Stato membro, ricade nel regime obbligatorio di previdenza sociale di quest’ultimo, e che viene assegnata in servizio in un paese terzo non già immediatamente dopo la sua assunzione, bensì al termine di un tirocinio in quest’altro Stato membro e vi rientra in seguito per una fase di reinserimento, deve essere considerata una persona che esercita un’attività subordinata in quest’ultimo, ai sensi di tale disposizione.

Sulla seconda questione

45

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 288, secondo comma, TFUE debba essere interpretato nel senso che osta all’adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa nazionale il cui ambito di applicazione ratione personae sia più ampio di quello del regolamento n. 883/2004, in quanto prevede un’equiparazione dei cittadini degli Stati parti dell’Accordo sullo Spazio economico europeo ai propri cittadini.

46

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 288, secondo comma, TFUE osti a una disposizione nazionale, quale l’articolo 53, paragrafo 1, del FLAG, nei limiti in cui, come emerge dal punto 11 della sentenza del 10 ottobre 1973, Variola (34/73, EU:C:1973:101), una siffatta disposizione nazionale può dissimulare ai singoli il diritto dell’Unione direttamente applicabile e quindi compromettere effettivamente il monopolio di interpretazione del diritto dell’Unione conferito alla Corte.

47

A tal riguardo, appare opportuno ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, sebbene, a causa della loro stessa natura e della loro funzione nell’ambito delle fonti del diritto dell’Unione, le disposizioni dei regolamenti producano, in genere, effetti immediati negli ordinamenti giuridici nazionali senza che le autorità nazionali debbano adottare misure di attuazione, talune delle loro disposizioni possono tuttavia richiedere, per la loro attuazione, l’adozione di misure di applicazione da parte degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Danske Svineproducenter, C‑316/10, EU:C:2011:863, punti 3940 nonché giurisprudenza ivi citata).

48

Gli Stati membri possono adottare misure di applicazione di un regolamento se non ostacolano la sua applicabilità diretta, se non dissimulano la sua natura comunitaria e se precisano l’esercizio del potere discrezionale loro conferito da tale regolamento pur restando nei limiti delle sue disposizioni (sentenza del 21 dicembre 2011, Danske Svineproducenter, C‑316/10, EU:C:2011:863, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

49

Nel caso di specie, e senza che la Corte debba pronunciarsi sulla questione se una disposizione quale l’articolo 53, paragrafo 1, del FLAG possa o meno qualificarsi come misura di attuazione del regolamento n. 883/2004, è sufficiente rilevare che, in ogni caso, l’applicabilità diretta di tale regolamento ha l’effetto di consentire ai giudici nazionali di verificare la conformità della misura nazionale al contenuto del suddetto regolamento (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 1979, Eridania-Zuccherifici nazionali e Società italiana per l’industria degli zuccheri, 230/78, EU:C:1979:216, punto 34), e, se del caso, di disapplicare detta misura al fine di garantire il primato del diritto dell’Unione, ossia, nella fattispecie di cui al procedimento principale, quello del regolamento n. 883/2004.

50

Pertanto, il diritto dell’Unione non osta all’adozione di una disposizione quale l’articolo 53, paragrafo 1, del FLAG, a condizione, tuttavia, che tale disposizione nazionale sia interpretata in modo conforme all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e che il primato di quest’ultimo non sia rimesso in discussione.

51

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 288, secondo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta all’adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa nazionale il cui ambito di applicazione ratione personae sia più ampio di quello del regolamento n. 883/2004, in quanto prevede un’equiparazione dei cittadini degli Stati parti dell’Accordo sullo Spazio economico europeo ai propri cittadini, a condizione che tale normativa sia interpretata in modo conforme al suddetto regolamento e che il primato di quest’ultimo non sia rimesso in discussione.

Sulle questioni terza e quarta

52

Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alle questioni terza e quarta.

Sulle questioni quinta e sesta

53

Con le sue questioni quinta e sesta, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’obbligo di cui all’articolo 60, paragrafo 3, del regolamento n. 987/2009 di adottare una decisione provvisoria per quanto riguarda la normativa nazionale applicabile in via prioritaria incomba unicamente all’istituzione nazionale competente investita della domanda di prestazioni familiari o anche al giudice nazionale investito di un ricorso in tale contesto e, in caso affermativo, in quale momento quest’ultimo debba adottare una siffatta decisione.

54

In limine, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25 nonché giurisprudenza ivi citata).

55

Nel caso di specie, è giocoforza constatare che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale si evince che, nell’ambito del procedimento principale, il giudice del rinvio ha già adottato una decisione provvisoria che ordina all’istituzione austriaca competente di trasmettere la domanda di prestazioni familiari di cui trattasi nel procedimento principale al suo omologo tedesco e di avviare una procedura di dialogo con quest’ultimo.

56

Tale decisione si basa manifestamente su un’applicazione analogica dell’articolo 60, paragrafo 3, del regolamento n. 987/2009, mentre dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta paradossalmente che tale giudice considera, da un lato, di non essere competente ad adottare una siffatta decisione provvisoria e, dall’altro, che non esiste alcuna disposizione applicabile in caso di ricorso come quello di cui trattasi nel procedimento principale.

57

Orbene, poiché il giudice del rinvio ha già adottato tale decisione e quest’ultima può sortire tutti i suoi effetti, quand’anche solo in via provvisoria, la quinta questione è divenuta irrilevante ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale ed è, pertanto, ipotetica.

58

Tale constatazione è corroborata dal fatto che, come risulta dalla risposta alla prima questione, la Repubblica d’Austria deve, nel caso di specie, essere considerata lo Stato membro competente in linea prioritaria, in forza dell’articolo 68, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004, ad erogare le prestazioni familiari di cui trattasi nel procedimento principale, sicché le autorità austriache non sono tenute ad adottare, sulla base dell’articolo 60, paragrafo 3, del regolamento n. 987/2009, una decisione provvisoria quanto alla legislazione nazionale applicabile in via prioritaria. Ciò premesso, la questione se il giudice del rinvio debba adottare una siffatta decisione «provvisoria» in luogo delle autorità austriache è di natura ipotetica e, pertanto, deve essere dichiarata irricevibile.

59

L’irricevibilità della quinta questione comporta quella della sesta questione, in quanto quest’ultima si basa sulla premessa di una risposta affermativa alla quinta questione.

60

Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare irricevibili le questioni quinta e sesta.

Sulla settima questione

61

Con la sua settima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 68, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 60 del regolamento n. 987/2009 debbano essere interpretati nel senso che essi vincolano reciprocamente l’istituzione dello Stato membro competente in via prioritaria e l’istituzione dello Stato membro competente in via subordinata, sicché il richiedente prestazioni familiari deve presentare una sola domanda presso una di tali istituzioni e spetta poi a queste due istituzioni trattare congiuntamente detta domanda o se il richiedente debba presentare due domande distinte presso ciascuna di queste due istituzioni.

62

A tal proposito, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2004, se una domanda di prestazioni familiari è presentata presso l’istituzione competente di uno Stato membro la cui legislazione è applicabile ma non in linea prioritaria a norma dei paragrafi 1 e 2 di tale articolo, «detta istituzione inoltra la domanda immediatamente all’istituzione competente dello Stato membro di cui si applica la legislazione in linea prioritaria, ne informa la persona interessata e, fatte salve le disposizioni del regolamento di applicazione in materia di concessione provvisoria di prestazioni, eroga, ove necessario, l’integrazione differenziale di cui al paragrafo 2» e «l’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione si applica in linea prioritaria evade la domanda come se quest’ultima fosse stata presentata direttamente a detta istituzione, ed è considerata data di presentazione all’istituzione competente in linea prioritaria la data in cui siffatta domanda è stata presentata alla prima istituzione».

63

Il testo dell’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento n. 883/2004 enuncia quindi in termini chiari che, quando una domanda di prestazioni familiari è presentata all’istituzione competente di uno Stato membro la cui legislazione non è prioritaria, essa deve inoltrare la domanda immediatamente all’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione è applicabile in via prioritaria e deve informarne il richiedente. In una simile ipotesi, questa seconda istituzione è tenuta a trattare la domanda in questione come se questa le fosse stata sottoposta direttamente alla data in cui è stata presentata alla prima istituzione.

64

Emerge con altrettanta chiarezza dalla formulazione dell’articolo 60, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 987/2009 che, se l’istituzione a cui è stata presentata una domanda conformemente al paragrafo 1 del medesimo articolo conclude «che la sua legislazione è applicabile in via prioritaria ai sensi dell’articolo 68, paragrafi 1 e 2, del regolamento [n. 883/2004], eroga le prestazioni familiari a norma della legislazione che applica» e che, se ritiene che la sua legislazione sia applicabile ma non in via prioritaria, «decide senza indugio, in via provvisoria, le regole di priorità da applicare e trasmette la domanda, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento [n. 883/2004], all’istituzione dell’altro Stato membro (…) informandone (…) il richiedente».

65

Discende quindi tanto dall’articolo 68, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 quanto dall’articolo 60, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 987/2009 che il richiedente deve presentare una sola domanda presso un’unica istituzione competente. Quest’ultima, a seconda che ritenga di essere competente in via prioritaria o subordinata, ha l’obbligo, nel primo caso, di erogare essa stessa le prestazioni familiari richieste e, nel secondo caso, di trasferire la domanda in questione all’istituzione competente dello Stato membro che essa considera competente in via prioritaria, il tutto al fine di garantire il rapido trattamento di una siffatta domanda di prestazioni familiari.

66

Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla settima questione dichiarando che l’articolo 68, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 60, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 987/2009 devono essere interpretati nel senso che essi vincolano reciprocamente l’istituzione dello Stato membro competente in via prioritaria e l’istituzione dello Stato membro competente in via subordinata, sicché il richiedente prestazioni familiari deve depositare una sola domanda presso una di tali istituzioni e spetta poi a queste due istituzioni trattare congiuntamente detta domanda.

Sulle questioni ottava e nona

67

Con le sue questioni ottava e nona, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, e gli articoli 45 e 208 TFUE, l’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché gli articoli 2, 3, 7 e le disposizioni del titolo II del regolamento n. 883/2004 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato membro sopprima, in via generale, le prestazioni familiari da esso erogate fino a quel momento ai cooperanti che portano con sé i propri familiari nel paese terzo in cui sono stati assegnati in servizio.

68

Al fine di rispondere alla questione suesposta, occorre ricordare, per quanto riguarda l’articolo 45 TFUE, da un lato, che ogni cittadino dell’Unione, indipendentemente dal suo luogo di residenza e dalla sua cittadinanza, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbia esercitato un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di residenza, rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2002, de Groot, C‑385/00, EU:C:2002:750, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

69

Sebbene l’articolo 45 TFUE osti a qualsiasi misura che, anche se applicabile senza discriminazione in base alla nazionalità, possa ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà fondamentale di circolazione garantita da tale articolo, il suddetto articolo non accorda al lavoratore che si trasferisce in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine il diritto di avvalersi, nello Stato membro ospitante, della stessa copertura previdenziale di cui godeva in conformità alla normativa di quest’ultimo Stato (sentenza del 19 settembre 2019, van den Berg e a., C‑95/18 e C‑96/18, EU:C:2019:767, punto 57 e giurisprudenza citata).

70

Per quanto riguarda, dall’altro lato, l’articolo 48 TFUE, che prevede un sistema di coordinamento delle legislazioni degli Stati membri, e non la loro armonizzazione, le differenze sostanziali e procedurali tra i regimi previdenziali di ciascuno Stato membro e, pertanto, nei diritti delle persone ad essi soggette, non sono interessate da tale disposizione, dato che ciascuno Stato membro resta competente a stabilire, nella propria legislazione, nel rispetto del diritto dell’Unione, le condizioni di concessione delle prestazioni di un regime di previdenza sociale (sentenza del 19 settembre 2019, van den Berg e a., C‑95/18 e C‑96/18, EU:C:2019:767, punto 59 nonché giurisprudenza ivi citata).

71

Va aggiunto che il regolamento n. 883/2004 non istituisce neppure un regime comune di previdenza sociale, ma lascia sussistere regimi nazionali distinti e ha come unico obiettivo quello di assicurare un coordinamento tra questi ultimi al fine di garantire l’esercizio effettivo della libera circolazione delle persone. Infatti, secondo costante giurisprudenza della Corte, gli Stati membri conservano la loro competenza a disciplinare i loro sistemi di previdenza sociale (v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2020, Bundesagentur für Arbeit, C‑29/19, EU:C:2020:36, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

72

Tuttavia, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione e, in particolare, le disposizioni del Trattato FUE relative alla libertà riconosciuta a qualsiasi cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri (sentenza del 23 gennaio 2020, Bundesagentur für Arbeit, C‑29/19, EU:C:2020:36, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

73

Nel caso di specie, occorre pertanto esaminare se la Repubblica d’Austria non abbia violato tali disposizioni quando ha deciso di sopprimere il diritto alle prestazioni familiari che essa erogava fino a quel momento ai cooperanti che portano con sé i propri familiari nel paese terzo in cui sono stati assegnati in servizio.

74

A tal riguardo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che tale soppressione decisa dal legislatore austriaco ha carattere generale e trova applicazione, in modo indifferenziato, sia ai beneficiari cittadini di tale Stato membro sia ai cittadini degli altri Stati membri, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

75

Non risulta, pertanto, che la suddetta soppressione, intervenuta a partire dal 1o gennaio 2019, provochi una discriminazione diretta in funzione della nazionalità.

76

Per quanto riguarda la possibile discriminazione indiretta fondata sulla nazionalità dei lavoratori interessati, in funzione dello Stato membro della loro residenza o dei loro familiari, si deve rilevare che né le disposizioni del regolamento n. 883/2004, più in particolare gli articoli 7 e 67, che mirano ad impedire che uno Stato membro possa subordinare la concessione o l’importo delle prestazioni familiari alla residenza dei familiari del lavoratore nello Stato membro che eroga le prestazioni (v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 1995, Imbernon Martínez, C‑321/93, EU:C:1995:306, punto 21), né l’articolo 45 TFUE, prevedono che il diritto alla libera circolazione dei lavoratori si applichi al di fuori del territorio dell’Unione. Al contrario, dalla chiara formulazione dell’articolo 45 TFUE risulta che la libera circolazione dei lavoratori «all’interno dell’Unione è assicurata».

77

La soppressione delle prestazioni familiari per i cooperanti residenti con la loro famiglia in un paese terzo non può quindi costituire una discriminazione indiretta nel territorio dell’Unione se, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, il trattamento applicato a tali agenti a partire dal 1o gennaio 2019 in materia di prestazioni familiari non differisce a seconda che essi abbiano o meno esercitato il loro diritto alla libera circolazione avendo lasciato il loro Stato membro d’origine per stabilirsi in Austria, ma dipende esclusivamente dalla circostanza che i figli dei cooperanti interessati risiedano in un paese terzo oppure in un altro Stato membro, ivi compreso in Austria.

78

Tale rilievo non è rimesso in discussione dal fatto che taluni cooperanti che hanno già acquisito un diritto a prestazioni familiari per periodi pregressi hanno perso quest’ultimo diritto in seguito all’entrata in vigore, il 1o gennaio 2019, della nuova normativa, dal momento che non risulta che la perdita di tale diritto sia dovuta all’esercizio del loro diritto alla libera circolazione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

79

A tal riguardo, occorre aggiungere, da un lato, che non si può trarre alcun insegnamento rilevante ai fini della risposta a tali questioni dalle sentenze del 12 giugno 1980, Laterza (733/79, EU:C:1980:156) e del 26 novembre 2009, Slanina (C‑363/08, EU:C:2009:732), dal momento che le cause che hanno dato luogo a tali sentenze non sono comparabili, né in diritto né in fatto, alla situazione di cui trattasi nel procedimento principale, quale descritta nella domanda di pronuncia pregiudiziale. Infatti, in tali cause, erano in discussione modifiche di diritti acquisiti in seguito all’esercizio, nel territorio dell’Unione, del diritto alla libera circolazione da parte di un cittadino dell’Unione. Orbene, nel caso di specie, la modifica legislativa riguarda i cooperanti in servizio, i cui figli risiedono con loro al di fuori del territorio dell’Unione.

80

D’altro lato, la possibilità, richiamata dal giudice del rinvio, che la soppressione degli assegni familiari per i cooperanti possa ostacolare la libera circolazione dei lavoratori e, se del caso, renderla meno attraente, o addirittura comportare una diminuzione della domanda per la professione di «cooperante», quand’anche si dovesse verificare di fatto, non può, in ogni caso, essere all’origine di una situazione contraria agli articoli 45 e 48 TFUE. Infatti, come emerge dai punti 71 e 72 della presente sentenza, tali disposizioni non prevedono un’armonizzazione dei regimi previdenziali degli Stati membri, atteso che questi ultimi conservano la loro competenza a disciplinare, nel rispetto del diritto dell’Unione, i loro sistemi previdenziali e il Trattato FUE non garantisce ad un lavoratore che l’estensione delle sue attività in più di uno Stato membro o il loro trasferimento in un altro Stato membro siano neutrali in materia di previdenza sociale. Tenuto conto delle differenze tra le legislazioni previdenziali degli Stati membri, una simile estensione o un simile trasferimento possono, a seconda dei casi, essere più o meno favorevoli o sfavorevoli per il lavoratore sul piano della previdenza sociale. Ne deriva che, anche ove la sua applicazione sia meno favorevole, una tale legislazione rimane conforme agli articoli 45 e 48 TFUE se non crea condizioni di svantaggio per il lavoratore di cui trattasi rispetto a quelli che svolgono l’insieme delle loro attività nello Stato membro in cui essa si applica o rispetto a quelli che già in precedenza le erano assoggettati e se non si risolve nel fatto puro e semplice di versare contributi previdenziali a fondo perduto (sentenza del 14 marzo 2019, Vester, C‑134/18, EU:C:2019:212, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

81

Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alle questioni ottava e nona dichiarando che gli articoli 45 e 48 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro sopprima, in via generale, le prestazioni familiari che erogava fino a quel momento ai cooperanti che portano con sé i propri familiari nel paese terzo in cui sono stati assegnati in servizio, purché, da un lato, tale soppressione sia applicata in modo indifferenziato sia ai beneficiari aventi la cittadinanza di tale Stato membro sia ai beneficiari aventi la cittadinanza degli altri Stati membri e, dall’altro, detta soppressione comporti una differenza di trattamento tra i cooperanti interessati non già a seconda del fatto che abbiano o meno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione prima o dopo la stessa, bensì a seconda del fatto che i loro figli risiedano con loro in uno Stato membro o in un paese terzo.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che una lavoratrice subordinata avente la cittadinanza di uno Stato membro in cui essa stessa e i suoi figli sono residenti, assunta da un datore di lavoro avente la propria sede sociale in un altro Stato membro con un contratto di lavoro in qualità di cooperante, il quale, in forza della legislazione di tale altro Stato membro, ricade nel regime obbligatorio di previdenza sociale di quest’ultimo, e che viene assegnata in servizio in un paese terzo non già immediatamente dopo la sua assunzione, bensì al termine di un tirocinio in quest’altro Stato membro e vi rientra in seguito per una fase di reinserimento, deve essere considerata una persona che esercita un’attività subordinata in quest’ultimo, ai sensi di tale disposizione.

 

2)

L’articolo 288, secondo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta all’adozione, da parte di uno Stato membro, di una normativa nazionale il cui ambito di applicazione ratione personae sia più ampio di quello del regolamento n. 883/2004, in quanto prevede un’equiparazione dei cittadini degli Stati parti dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992, ai propri cittadini, a condizione che tale normativa sia interpretata in modo conforme al suddetto regolamento e che il primato di quest’ultimo non sia rimesso in discussione.

 

3)

L’articolo 68, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 60, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004, devono essere interpretati nel senso che essi vincolano reciprocamente l’istituzione dello Stato membro competente in via prioritaria e l’istituzione dello Stato membro competente in via subordinata, sicché il richiedente prestazioni familiari deve depositare una sola domanda presso una di tali istituzioni e spetta poi a queste due istituzioni trattare congiuntamente detta domanda.

 

4)

Gli articoli 45 e 48 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro sopprima, in via generale, le prestazioni familiari che erogava fino a quel momento ai cooperanti che portano con sé i propri familiari nel paese terzo in cui sono stati assegnati in servizio, purché, da un lato, tale soppressione sia applicata in modo indifferenziato sia ai beneficiari aventi la cittadinanza di tale Stato membro sia ai beneficiari aventi la cittadinanza degli altri Stati membri e, dall’altro, detta soppressione comporti una differenza di trattamento tra i cooperanti interessati non già a seconda del fatto che abbiano o meno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione prima o dopo la stessa, bensì a seconda del fatto che i loro figli risiedano con loro in uno Stato membro oppure in un paese terzo.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.