SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
11 novembre 2021 ( *1 )
Indice
Contesto normativo |
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Diritto dell’Unione |
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Regolamento (CE) n. 1346/2000 |
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Direttiva 2004/38 |
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Regolamento (UE) n. 492/2011 |
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Diritto del Regno Unito |
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Norme relative all’effetto del fallimento sui diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici autorizzati |
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Norme relative all’effetto del fallimento sui diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici non autorizzati |
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Procedimento principale e questioni pregiudiziali |
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Sulle questioni pregiudiziali |
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Osservazioni preliminari |
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Sull’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento |
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Sull’esistenza di una giustificazione della restrizione alla libertà di stabilimento |
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Sull’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare la restrizione della libertà di stabilimento |
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Sulla proporzionalità della restrizione alla libertà di stabilimento |
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Sulle spese |
«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 21 TFUE – Libertà di stabilimento – Articolo 49 TFUE – Parità di trattamento – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 24, paragrafo 1 – Normativa del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord che subordina la separazione, in linea di principio integrale e automatica, dalla massa fallimentare di diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico a un requisito di autorizzazione, a fini fiscali, del piano di risparmio pensionistico interessato – Imposizione di tale requisito in un procedimento d’insolvenza di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il suo diritto di libera circolazione al fine di svolgere, in modo permanente, un’attività autonoma nel Regno Unito – Diritti a pensione derivanti, in capo a tale cittadino dell’Unione, da un piano di risparmio pensionistico costituito e autorizzato a fini fiscali nel suo Stato membro di origine – Esclusione di tali diritti a pensione dal beneficio di detta separazione dalla massa fallimentare – Applicazione a tali diritti a pensione di un regime di separazione dalla massa fallimentare molto meno favorevole per il fallito»
Nella causa C‑168/20,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (business and property courts, insolvency and companies list) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery, (sezione dell’imprenditoria e della proprietà, registro dell’insolvenza e delle società, Regno Unito], con decisione del 30 marzo 2020, pervenuta in cancelleria il 22 aprile 2020, nel procedimento
BJ, in qualità di curatore fallimentare del sig. M
OV, in qualità di curatore fallimentare del sig. M
contro
la sig.ra M,
MH,
ILA,
il sig. M,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da A. Prechal (relatrice), presidente della Seconda Sezione facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Passer, F. Biltgen, L.S. Rossi e N. Wahl, giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per BJ e OV, in qualità di curatori fallimentari del sig. M, da D.J. Rhee, QC, C. Harrison, barrister, e I. Gill, solicitor; |
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per la sig.ra M, MH, ILA e il sig. M, da G. Peretz, QC, J. Briggs, barrister, e S. Gilchrist, solicitor; |
– |
per la Commissione europea, da L. Armati, L. Malferrari e M. Wilderspin, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 21 e 49 TFUE e della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifica in GU 2004, L 229, pag. 35). |
2 |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra BJ e OV, in qualità di curatori fallimentari del sig. M (in prosieguo: i «curatori») e la sig.ra M, MH, ILA e il sig. M (in prosieguo, congiuntamente: «il sig. M e a.») in merito alla richiesta dei curatori di acquisizione alla massa fallimentare dei diritti a pensione del sig. M, cittadino irlandese, derivanti da un piano di risparmio pensionistico costituito in Irlanda e autorizzato ai sensi del diritto tributario irlandese. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Regolamento (CE) n. 1346/2000
3 |
L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2000, L 160, pag. 1), intitolato «Competenza internazionale», al paragrafo 1 prevedeva quanto segue: «Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria». |
4 |
Ai sensi dell’articolo 4 di tale regolamento, intitolato «Legge applicabile»: «1. Salvo disposizione contraria del presente regolamento, si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura, in appresso denominato “Stato di apertura”. 2. La legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza. Essa determina in particolare: (...)
(...)». |
5 |
Il regolamento n. 1346/2000 è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (GU 2015, L 141, p. 19). Tuttavia, alla luce della data dei fatti di cui al procedimento principale, solo il regolamento n. 1346/2000 si applica ratione temporis ad essi. |
Direttiva 2004/38
6 |
L’articolo 24 della direttiva 2004/38, intitolato «Parità di trattamento», al paragrafo 1, prevede quanto segue: «Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. (...)». |
Regolamento (UE) n. 492/2011
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Il considerando 1 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1) è così formulato: «Il regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità [GU 1968, L 257, pag. 2], ha subito numerose e sostanziali modificazioni. È opportuno, a fini di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale regolamento». |
8 |
Ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011: «1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato. 2. Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali». |
Diritto del Regno Unito
Norme relative all’effetto del fallimento sui diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici autorizzati
9 |
Il Welfare Reform and Pensions Act 1999 (legge del 1999 di riforma della protezione sociale e delle pensioni; in prosieguo: il «WRPA 1999»), entrato in vigore il 29 maggio 2000, all’articolo 11 così dispone: «Effetto del fallimento sui diritti a pensione: i regimi autorizzati
(...)». |
10 |
Per quanto riguarda i regimi pensionistici autorizzati, i curatori possono, in forza dell’articolo 15 del WRPA 1999, chiedere giudizialmente il recupero dei contributi pensionistici considerati «eccessivi». |
11 |
Gli Occupational and Personal Pension Schemes (Bankruptcy) (n. 2) (Regulations) 2002 [decreto n. 2 del 2002 relativo ai regimi pensionistici aziendali e personali (fallimento)] (in prosieguo: il «decreto 2/2002») prevedono, all’articolo 2, paragrafo 1, lettera (c), quanto segue: «Regimi pensionistici contemplati:
(...)». |
12 |
L’articolo 308A dell’Income Tax (Earnings and Pensions) Act 2003 [legge del 2003 relativa all’imposta sul reddito (retribuzioni e pensioni); in prosieguo: l’«ITEPA»] dispone quanto segue: «Esenzione dei contributi relativi a un piano di risparmio pensionistico estero
“piano di risparmio pensionistico estero qualificato” e “beneficiario migrante interessato” hanno lo stesso significato di cui all’allegato 33 della legge finanziaria del 2004 (piani di risparmio pensionistico esteri: vantaggio beneficiario migrante)». |
13 |
La nozione «piano di risparmio pensionistico estero» (overseas pension scheme), ai sensi dell’articolo 308A dell’ITEPA, è definita all’articolo 150, paragrafo 7, della legge finanziaria del 2004 come segue: «(...) è definito “piano di risparmio pensionistico estero” un piano di risparmio pensionistico (diverso da un piano di risparmio pensionistico registrato) che
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14 |
I Pension Schemes (Categories of Country and Requirements for Overseas Pension Schemes and Recognised Overseas Pension Schemes) Regulations 2006 [decreto del 2006 sui piani di risparmio pensionistico (categorie di paesi e condizioni previste per i piani di risparmio pensionistico esteri e i piani di risparmio pensionistico esteri riconosciuti)] prevedono che i requisiti di cui all’articolo 150, paragrafo 7, lettera (b), della legge finanziaria del 2004 sono soddisfatti se, in particolare, si tratta di un piano di risparmio pensionistico professionale, nel paese o nel territorio in cui è stato costituito esiste un organismo di supervisione dei piani di risparmio pensionistico professionali che controlli il piano di cui trattasi, e il piano è riconosciuto a fini fiscali. |
15 |
Per poter essere qualificato come «piano di risparmio pensionistico estero qualificato» («qualifying overseas pension scheme»), ai sensi dell’articolo 308A dell’ITEPA 2004 e, quindi, poter rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 11 del WRPA 1999, un piano di risparmio pensionistico estero deve soddisfare i requisiti enunciati al punto 5 dell’allegato 33 della legge finanziaria del 2004, il cui paragrafo 1 dispone quanto segue: «Ai fini del presente allegato, un piano di risparmio pensionistico estero è un piano di risparmio pensionistico qualificato se:
(...)». |
Norme relative all’effetto del fallimento sui diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici non autorizzati
16 |
L’articolo 12 del WRPA 1999 prevede quanto segue: «Effetto del fallimento sui diritti a pensione: i regimi non autorizzati
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17 |
Conformemente all’articolo 12, paragrafo 2, del WRPA 1999, gli articoli da 4 a 6 del decreto 2/2002 consentono al fallito di chiedere al tribunale presso il quale è aperta la procedura di insolvenza di escludere totalmente o parzialmente dalla massa fallimentare i diritti che gli derivano da un regime pensionistico non autorizzato, in considerazione delle esigenze che quest’ultimo e la sua famiglia potranno avere in futuro, o di negoziare con il suo curatore un accordo che soddisfi le condizioni richieste avente un effetto analogo. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
18 |
Prima di essere dichiarato fallito, il sig. M svolgeva la sua attività di promotore immobiliare principalmente, se non esclusivamente, in Irlanda, attraverso la MMC, una società di diritto irlandese. |
19 |
Nel 2002 tale società ha costituito, a fronte del pagamento da parte del sig. M di un premio unico di EUR 6161256, un piano di risparmio pensionistico aziendale sotto forma di un’assicurazione sottoscritta presso l’ILA e disciplinata dal diritto irlandese, in base alla quale le prestazioni sarebbero state erogate alla data del collocamento a riposo del sig. M o del suo prematuro decesso. |
20 |
Il 16 luglio 2009 il sig. M e la sig.ra M hanno costituito la S Industries, società di diritto irlandese, di cui il sig. M è stato un amministratore fino al 14 aprile 2012 nonché un dipendente dal 1o dicembre 2009 al 31 gennaio 2011. |
21 |
Con atto autentico del 31 agosto 2009, la S Industries ha costituito un piano di risparmio pensionistico, disciplinato dal diritto irlandese, del quale avrebbe dovuto beneficiare il personale di tale società, ma i cui soli beneficiari erano in realtà il sig. M, la sig.ra M e il loro figlio RM (in prosieguo: il «piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale»). |
22 |
Tale piano è stato concepito specificamente per poter essere autorizzato come piano di prestazioni pensionistiche quale definito dal diritto tributario irlandese. |
23 |
Con lettera del 28 ottobre 2009, le autorità tributarie irlandesi informavano MH che tale piano era stato autorizzato quale piano di prestazioni pensionistiche ai fini della normativa tributaria irlandese, con effetto dal 30 agosto 2009. |
24 |
Con atto di cessione del 7 dicembre 2009, la MMC cedeva l’assicurazione sottoscritta presso l’ILA a MH, al sig. M e alla sig.ra M in qualità di amministratori del piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale, affinché tale piano garantisse al sig. M una pensione adeguata rispetto all’assicurazione sottoscritta. Di conseguenza, detta assicurazione è stata integrata nel piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale. |
25 |
Nel novembre 2010, a seguito del crollo del mercato immobiliare irlandese, la MMC è stata posta in liquidazione in Irlanda su richiesta della National Asset Management Agency (Agenzia nazionale per la gestione degli attivi, Irlanda) che aveva acquisito i debiti di tale società iscritti in conti presso la Banca d’Irlanda. |
26 |
Dal febbraio 2011, il sig. M ha saltuariamente vissuto a Londra (Regno Unito). Dal luglio 2011, il sig. M e la sig.ra M si sono trasferiti a Londra in via permanente. |
27 |
Nel corso di un periodo protrattosi fino al 31 agosto 2011, gli amministratori del piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale hanno effettuato diversi pagamenti a favore del sig. M, che aveva raggiunto l’età di 60 anni nel 2010. Nessun contributo è stato versato in tale piano a nome del sig. M o della sig.ra M dopo il loro trasferimento nel Regno Unito. |
28 |
Al momento del suo trasferimento nel Regno Unito, il sig. M aveva elevati debiti personali in particolare verso l’Agenzia nazionale per la gestione degli attivi, con un importo totale dei crediti gravanti sul suo patrimonio che superava, secondo i curatori, il miliardo di euro. |
29 |
Con atto del 26 luglio 2011, al sig. M è stato revocato il mandato di amministratore del piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale, e MH e la sig.ra M rimanevano gli unici amministratori di tale piano. |
30 |
Dal mese di agosto 2011, il sig. M ha preso in locazione alcuni uffici a Londra per esercitare attività di consulenza in operazioni e costruzioni immobiliari nel Regno Unito. |
31 |
Con lettera del 26 marzo 2012, il consulente tributario del sig. M ha informato le autorità tributarie irlandesi che quest’ultimo era attualmente domiciliato a Londra e ha presentato alle autorità tributarie del Regno Unito la dichiarazione IVA del sig. M per il periodo conclusosi il 31 luglio 2012 e la sua dichiarazione dei redditi per il periodo conclusosi il 5 aprile 2012. |
32 |
Il 13 aprile 2012 la S Industries è stata registrata conformemente alla normativa del Regno Unito, ossia ai sensi del Companies Act 2006 (legge del 2006 sulle società) come società estera con uno stabilimento nel Regno Unito. Dalla domanda di registrazione di tale società risulta che la data di apertura di tale stabilimento era il 1o dicembre 2011, che la sua sede si trovava a Londra e che il sig. M ne era amministratore e la sig.ra M amministratrice e segretaria della società. |
33 |
Il 2 novembre 2012 il sig. M è stato dichiarato fallito dalla High Court of Justice (England Wales) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Regno Unito] su istanza dello stesso giorno da parte di quest’ultimo. |
34 |
Con domanda presentata dinanzi al giudice del rinvio il 1o novembre 2018, i curatori hanno chiesto l’acquisizione alla massa fallimentare dei diritti relativi all’assicurazione inclusa nel piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale. Secondo i curatori, tale assicurazione avrebbe avuto, al 19 agosto 2020, un valore di EUR 8462870,24, il che è contestato dal sig. M. |
35 |
A loro difesa, il sig. M e a. hanno fatto valere che il diritto dell’Unione, in particolare gli articoli 21, 45 e 49 TFUE, l’articolo 24 della direttiva 2004/38 e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, impone che tutti i diritti derivanti dal piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale siano separati dalla massa fallimentare quali diritti derivanti da un regime pensionistico autorizzato, di cui all’articolo 11 del WRPA 1999. In subordine, essi chiedono che il giudice del rinvio ordini la separazione di detti diritti dalla massa fallimentare ai sensi dell’articolo 12 del WRPA 1999. |
36 |
Il giudice del rinvio rileva, anzitutto, per quanto riguarda la normativa del Regno Unito applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale, che è pacifico che il piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale non è stato registrato presso le autorità tributarie del Regno Unito ai sensi dell’articolo 153 della legge finanziaria del 2004 e che detto piano di risparmio pensionistico non costituisce quindi un regime pensionistico autorizzato, ai sensi del paragrafo 2, lettera (a), dell’articolo 11 del WRPA 1999, i cui diritti sono separati dalla massa fallimentare ai sensi del paragrafo 1 di detto articolo 11. |
37 |
Tale giudice indica inoltre che l’obiettivo degli articoli da 11 a 16 del WRPA 1999 è diretto a far sì che i diritti a pensione siano concepiti e il relativo beneficio fiscale sia concesso al fine di fornire un sostegno finanziario ai singoli nel contesto della loro futura pensione e non al fine di tutelare gli interessi finanziari dei creditori in caso di fallimento dei singoli prima del loro pensionamento e che, fatta salva l’ipotesi di contributi cosiddetti «eccessivi», tali diritti siano esclusi dalla massa fallimentare. |
38 |
L’applicazione dell’articolo 11 del WRPA 1999 sarebbe, in generale, limitata ai piani fiscalmente autorizzati, dal momento che una delle caratteristiche di tali piani è che le prestazioni che possono essere erogate in base a questi ultimi sono limitate. |
39 |
Per contro, le prestazioni che possono essere erogate sulla base di piani non autorizzati, come quelli di cui all’articolo 12 del WRPA 1999, non sarebbero limitate, il che potrebbe, secondo il giudice del rinvio, spiegare il motivo per cui questi ultimi sono distratti dalla massa fallimentare non interamente, ma solo a concorrenza delle ragionevoli esigenze del fallito e della sua famiglia e con il consenso dei curatori del fallimento o di un giudice al quale sarebbe riservato un potere discrezionale al riguardo. |
40 |
La registrazione ai sensi dell’articolo 153 della legge finanziaria del 2004 di un piano di risparmio pensionistico estero come il piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale, cui consegua la separazione dalla massa fallimentare dei diritti derivanti da tale piano in forza dell’articolo 11, paragrafo 1, del WRPA 1999 sarebbe, in linea di principio, possibile. Essa darebbe luogo a vantaggi fiscali, quali l’esenzione fiscale dei contributi al piano nonché dei redditi e delle plusvalenze risultanti da quest’ultimo, ma presenterebbe altresì inconvenienti, quali, in particolare, la limitazione dei pagamenti che possono essere effettuati dal piano senza incorrere in un debito fiscale. |
41 |
Di conseguenza, una siffatta registrazione costituirebbe non una semplice formalità, bensì una procedura che comporta conseguenze gravose. |
42 |
Sarebbe inoltre evidente che cittadini di Stati membri dell’Unione europea possano aver maturato diritti a pensione provenienti da regimi non registrati, ai sensi dell’articolo 153 della legge finanziaria del 2004, con maggiore probabilità rispetto a cittadini del Regno Unito. |
43 |
A tal riguardo, il giudice del rinvio ritiene che gli amministratori di un piano di risparmio pensionistico costituito in modo da soddisfare le condizioni di autorizzazione richieste dalla normativa tributaria irlandese, come il piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale, potrebbero non necessariamente volere che tale piano soddisfi anche le condizioni di autorizzazione richieste dalla normativa tributaria del Regno Unito. |
44 |
Inoltre, il giudice del rinvio considera che, qualora soddisfi le condizioni imposte dal decreto del 2006 menzionato al punto 14 della presente sentenza, il piano di risparmio pensionistico, in particolare se si tratta di un piano di risparmio pensionistico professionale controllato da un organismo stabilito nel paese o nel territorio nel quale è stato costituito, può essere qualificato come «piano di risparmio pensionistico estero», ai sensi dell’articolo 150, paragrafo 7, della legge finanziaria del 2004. |
45 |
Tuttavia, qualora gli amministratori del piano di risparmio pensionistico interessato non abbiano intrapreso le iniziative necessarie affinché tale piano soddisfi i requisiti di cui al punto 5.1 dell’allegato 33 della legge finanziaria del 2004, relativi, in particolare, alla notifica del piano alle autorità tributarie del Regno Unito, alla dimostrazione, presso queste ultime, che si tratta di un piano di risparmio pensionistico e all’impegno a rispettare taluni requisiti d’informazione di tali autorità, detto piano non potrebbe essere considerato un «piano di risparmio pensionistico qualificato» ai sensi dell’articolo 308A dell’ITEPA, di modo che i diritti derivanti da tale piano non sarebbero separati dalla massa fallimentare ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del WRPA 1999. |
46 |
Seppure, in realtà, tali condizioni non erano difficili da soddisfare e non implicavano, in pratica, il rispetto di requisiti particolarmente onerosi, vi sarebbe, in generale, scarso interesse da parte degli amministratori di un piano di risparmio pensionistico ad intraprendere le iniziative necessarie affinché quest’ultimo possa divenire un «piano di risparmio pensionistico qualificato», ai sensi dell’articolo 308A dell’ITEPA. |
47 |
A diversa conclusione si giungerebbe soltanto nel caso, diverso tuttavia da quello di cui trattasi nel procedimento principale, in cui sia previsto il versamento di contributi al piano da parte o per conto di beneficiari che si sono stabiliti nel Regno Unito. |
48 |
Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che, sebbene il piano di risparmio pensionistico controverso nel procedimento principale possa essere qualificato come «piano di risparmio pensionistico non autorizzato», ai sensi dell’articolo 12 del WRPA 1999, le disposizioni che disciplinano la separazione dalla massa fallimentare dei diritti derivanti da un siffatto piano sono meno vantaggiose dal punto di vista del fallito, in quanto prevedono un regime meno protettivo dei diritti a pensione del fallito di quello previsto dall’articolo 11 del WRPA 1999 per i piani di risparmio pensionistico autorizzati. |
49 |
Per quanto riguarda, poi, l’analisi della situazione di cui trattasi nel procedimento principale alla luce del diritto dell’Unione, il giudice del rinvio ritiene che la questione principale che si pone sia se le disposizioni di diritto nazionale in materia di separazione dei diritti a pensione dalla massa fallimentare possano avere una qualsivoglia incidenza sul diritto di stabilimento o se esse rientrino a diverso titolo nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE. |
50 |
Detto giudice rileva che il sig. M e a. hanno sostenuto al riguardo che non è necessario né dimostrare che le dette disposizioni di diritto nazionale possono avere un effetto dissuasivo sulla libertà di stabilimento né comparare la situazione del lavoratore migrante nello Stato membro ospitante e nello Stato membro di origine. |
51 |
Occorrerebbe piuttosto confrontare la situazione di un lavoratore migrante nello Stato membro ospitante con la situazione dei cittadini in questo stesso Stato membro. L’esclusione dei diritti a pensione dalla massa fallimentare, nel caso di fallimento di una persona che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione, sarebbe un «vantaggio sociale» garantito dall’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 24 della direttiva 2004/38. |
52 |
Dinanzi al giudice del rinvio, i curatori fanno invece valere che le disposizioni del diritto nazionale di cui trattasi, in particolare quelle dell’articolo 11 del WRPA 1999, non costituiscono, neanche di per sé considerate, un ostacolo al diritto di stabilimento del sig. M. Infatti, a quanto pare, esse non avrebbero dissuaso quest’ultimo dall’esercitare tale diritto. Inoltre, non sarebbe stato dimostrato che tali disposizioni siano complessivamente meno favorevoli delle corrispondenti disposizioni del diritto irlandese. Per quanto riguarda l’articolo 24 della direttiva 2004/38, occorrerebbe tener conto, ai fini dell’applicazione dell’articolo 21 TFUE, delle differenze tra le legislazioni nazionali in materia di insolvenza, nella misura in cui non siano state armonizzate a livello del diritto dell’Unione. |
53 |
Infine, il giudice del rinvio indica di essere pervenuto alla conclusione provvisoria secondo la quale l’incidenza del fallimento sui diritti a pensione maturati nello Stato membro di origine da una persona che esercita il diritto di stabilimento in qualità di lavoratore autonomo in un altro Stato membro, prima di essere dichiarata fallita in quest’ultimo, presenta un nesso sufficientemente stretto con l’esercizio di tale diritto per rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE. |
54 |
Tale giudice considera che le disposizioni del diritto del Regno Unito in materia di separazione dei diritti a pensione dalla massa fallimentare, in forza delle quali possono beneficiare della tutela integrale prevista all’articolo 11 del WRPA 1999 solo coloro che vantano diritti provenienti da regimi pensionistici autorizzati, benché non espressamente concepite con riferimento alla cittadinanza, sono atte a interessare una percentuale molto più elevata di cittadini di Stati membri che esercitano il loro diritto di stabilimento nel Regno Unito che di cittadini del Regno Unito, e comportano, pertanto, una discriminazione nel godimento di un vantaggio sociale vietata dall’articolo 49 TFUE nonché dall’articolo 24 della direttiva 2004/38. |
55 |
Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che una siffatta discriminazione, qualora accertata dalla Corte in risposta alle sue questioni, possa essere eliminata procedendo a un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione dell’articolo 11 del WRPA 1999, consistente nell’estendere l’applicazione di tale disposizione a un piano di risparmio pensionistico autorizzato o registrato dalle autorità tributarie di un altro Stato membro, anche in quanto tale interpretazione sarebbe conforme all’obiettivo perseguito dalle disposizioni di cui trattasi, che mira a garantire che i diritti a pensione siano pienamente garantiti o riconosciuti in caso di fallimento solo quando essi derivano da regimi autorizzati, registrati o riconosciuti dalle autorità tributarie competenti nello Stato membro in cui sono stati costituiti. |
56 |
In tale contesto, la High Court of Justice (England Wales), Chancery Division (business and property courts, insolvency and companies list) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della Chancery (sezione dell’imprenditoria e della proprietà, registro dell’insolvenza e delle società), Regno Unito] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
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In via preliminare, occorre rilevare, in primo luogo, che, come osserva anche il giudice del rinvio, la Corte rimane competente, ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (CEEA) (GU 2020, L 29, pag. 7; in prosieguo: l’ «accordo di recesso»), a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla presente domanda, poiché quest’ultima è stata presentata prima della fine del periodo di transizione, conclusosi il 31 dicembre 2020. |
58 |
Inoltre, essendo pacifico che il sig. M è un cittadino dell’Unione, data la sua cittadinanza irlandese, che ha esercitato, conformemente al diritto dell’Unione, il suo diritto di soggiorno nel Regno Unito prima della fine di detto periodo di transizione e che continua a soggiornarvi dopo tale periodo, egli è legittimato a beneficiare, in forza dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), dell’accordo di recesso, della protezione offerta da tale accordo. |
59 |
Pertanto, conformemente all’articolo 25, paragrafo 1, dell’accordo di recesso, il sig. M, in quanto lavoratore autonomo, dispone nel suo «Stato ospitante», ossia il Regno Unito – fatte salve le limitazioni previste agli articoli 51 e 52 TFUE, non pertinenti nell’ambito del procedimento principale – in particolare dei diritti garantiti dall’articolo 49 TFUE, tra i quali il «diritto di accesso alle attività autonome e al loro esercizio». |
60 |
In secondo luogo, poiché il giudice del rinvio sollecita una risposta alle sue questioni alla luce degli articoli 21 e 49 TFUE nonché dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, occorre determinare quali di tali disposizioni siano applicabili a una situazione come quella di cui al procedimento principale. |
61 |
Secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, che enuncia in termini generali il diritto, per ogni cittadino dell’Unione, di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, trova specifica espressione nell’articolo 45 TFUE, relativo alla libertà di circolazione dei lavoratori, nell’articolo 49 TFUE relativo alla libertà di stabilimento e nell’articolo 56 TFUE relativo alla libera prestazione di servizi. Pertanto, se la controversia di cui al procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 45 TFUE, dell’articolo 49 TFUE o dell’articolo 56 TFUE, non sarà necessario che la Corte si pronunci sull’interpretazione dell’articolo 21 TFUE (v., in tal senso, in particolare, sentenze dell’11 settembre 2007, Schwarz e Gootjes-Schwarz, C‑76/05, EU:C:2007:492, punto 34, e dell’11 settembre 2007, Commissione/Germania, C‑318/05, EU:C:2007:495, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). |
62 |
Inoltre, conformemente a una giurisprudenza altrettanto costante, la libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro implica l’accesso alle attività autonome e il loro esercizio (sentenze del 21 febbraio 2006, Ritter-Coulais, C‑152/03, EU:C:2006:123, punto 19, e del 14 marzo 2019, Jacob e Lennertz, C‑174/18, EU:C:2019:205, punto 21 e giurisprudenza ivi citata). |
63 |
I cittadini di uno Stato membro dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato FUE, di abbandonare il loro Stato di origine per trasferirsi nel territorio di un altro Stato membro ed ivi risiedere al fine di esercitarvi un’attività economica (sentenza del 1o aprile 2008, Governo della Comunità francese e Governo vallone, C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 44). |
64 |
Orbene, alla luce di tali principi, si deve constatare che la fattispecie oggetto del procedimento principale rientra incontestabilmente nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE. |
65 |
Infatti, è pacifico che, prima di essere dichiarato fallito nel Regno Unito, il sig. M ha lasciato l’Irlanda, dove esercitava un’attività economica autonoma principalmente, se non esclusivamente, sul mercato irlandese, al fine di stabilirsi in via permanente nel Regno Unito, per esercitare colà questa stessa attività sul mercato di tale Stato. |
66 |
Inoltre, il procedimento principale riguarda diritti a pensione derivanti in capo al sig. M da un piano di risparmio pensionistico, conseguenti a un’attività autonoma da lui esercitata nel suo Stato membro di origine, prima che si stabilisse nello Stato membro ospitante (v., per analogia, sentenza del 14 marzo 2019, Jacob e Lennertz, C‑174/18, EU:C:2019:205, punto 22). |
67 |
Ne consegue che l’articolo 49 TFUE è chiaramente applicabile a fatti come quelli controversi nel procedimento principale, cosicché, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 61 della presente sentenza, non è necessario che la Corte si pronunci sull’interpretazione dell’articolo 21 TFUE. |
68 |
Lo stesso vale per l’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, che riflette l’articolo 18 TFUE sancendo il principio generale di non discriminazione in base alla nazionalità, applicabile a qualsiasi cittadino dell’Unione che soggiorni sul territorio dello Stato membro ospitante in forza di tale direttiva. |
69 |
Infatti, poiché l’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 si applica, secondo la sua formulazione, solo «[f]atte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato», tale disposizione non trova applicazione autonoma se esiste una norma specifica di non discriminazione prevista dal Trattato FUE applicabile alla situazione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld, C‑181/19, EU:C:2020:794, punto 78 e giurisprudenza citata). |
70 |
Orbene, dalla giurisprudenza risulta che il principio di non discriminazione in base alla nazionalità è attuato mediante norme specifiche, in particolare, nel settore della libera circolazione dei lavoratori, dall’articolo 45 TFUE, in quello della libertà di stabilimento, dall’articolo 49 TFUE, e in quello della libera prestazione dei servizi, dagli articoli da 56 a 62 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 24 maggio 2011, Commissione/Lussemburgo, C‑51/08, EU:C:2011:336, punto 80, e del 18 giugno 2019, Austria/Germania, C‑591/17, EU:C:2019:504, punto 40 e giurisprudenza citata). |
71 |
Poiché la situazione di cui trattasi nel procedimento principale rientra chiaramente nell’ambito di applicazione del principio di non discriminazione in base alla nazionalità attuato, nel settore della libertà di stabilimento, dalla norma specifica contenuta nell’articolo 49 TFUE, non è necessario che la Corte si pronunci sull’interpretazione dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38. |
72 |
Pertanto, le questioni pregiudiziali devono essere esaminate alla luce del solo articolo 49 TFUE. |
73 |
Si deve pertanto considerare che, con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione del diritto di uno Stato membro che subordina la separazione, in linea di principio integrale e automatica, dalla massa fallimentare di diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico al requisito che, al momento del fallimento, il piano di cui trattasi sia stato autorizzato a fini fiscali in tale Stato, quando tale requisito è imposto in una situazione in cui un cittadino dell’Unione, che, prima del proprio fallimento, abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione stabilendosi in maniera permanente in questo stesso Stato per esercitarvi un’attività economica autonoma, benefici dei diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico costituito e autorizzato a fini fiscali nel suo Stato membro di origine. |
Sull’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento
74 |
In via preliminare, occorre ricordare, come risulta dalla decisione di rinvio, che la controversia oggetto del procedimento principale riguarda un cittadino irlandese, il sig. M, nei confronti del quale è stata aperta una procedura di fallimento nel Regno Unito ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1346/2000, in quanto egli si era trasferito in tale Stato, spostandovi il centro dei suoi interessi principali a seguito della ricollocazione delle sue attività nel settore immobiliare, prima di esservi dichiarato fallito. |
75 |
A tal riguardo, occorre sottolineare che la necessaria applicazione dell’articolo 11 del WRPA 1999 quale norma corrispondente alla lex fori concursus, conformemente alla disposizione sulla legge applicabile di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1346/2000, non implica affatto che tale disposizione esuli da un controllo quanto alla sua conformità alle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE. |
76 |
Infatti, sebbene il diritto sostanziale dell’insolvenza, non essendo stato oggetto di armonizzazione a livello del diritto dell’Unione, rimanga a tutt’oggi ampiamente di competenza degli Stati membri, questi ultimi sono tuttavia tenuti ad esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione, ivi comprese le libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE. |
77 |
Come spiega il giudice del rinvio, le norme del diritto del Regno Unito in materia di insolvenza che disciplinano i beni oggetto di spossessamento prevedono essenzialmente due tipi di tutela dei diritti a pensione del fallito. |
78 |
La prima tutela, denominata «tutela oro» dal sig. M e a., prevista all’articolo 11 del WRPA 1999 per i diritti derivanti da «regimi pensionistici autorizzati», in cui rientrano i piani di risparmio pensionistico registrati ai sensi dell’articolo 153 della legge finanziaria del 2004 e i «piani di risparmio pensionistico esteri qualificati» ai sensi dell’articolo 308A dell’ITEPA, è una tutela integrale, in quanto, in linea di principio, tutti i diritti a pensione sono separati dalla massa fallimentare, e automatica, poiché il fallito ha diritto a tale separazione se sono soddisfatte le condizioni previste dalla normativa tributaria rispetto al piano interessato, anche se, nell’ambito della protezione prevista dall’articolo 11 del WRPA 1999, da un lato, contributi detti «eccessivi» possono essere recuperati dai curatori a beneficio della massa fallimentare e, dall’altro, i pagamenti eseguibili dall’amministratore del piano senza incorrere in un debito fiscale sono limitati. |
79 |
Per contro, la seconda tutela, denominata «tutela bronzo» dal sig. M e a., prevista all’articolo 12 del WRPA 1999 per i diritti derivanti da «regimi pensionistici non autorizzati», è una tutela parziale, in quanto i diritti a pensione sono separati dalla massa fallimentare solo fino a concorrenza delle esigenze future del fallito e della sua famiglia, e discrezionale, in quanto il beneficio di tale separazione deve essere chiesto dal fallito e concesso dal curatore fallimentare o mediante ordinanza di separazione emanata da un giudice cui è riservato un potere discrezionale al riguardo. |
80 |
Per quanto riguarda la questione se, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, l’articolo 11 del WRPA 1999, negando la separazione dei diritti pensionistici dalla massa fallimentare come prevista da tale disposizione comporti una restrizione alla libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 TFUE, si deve rilevare che tale articolo garantisce il beneficio del trattamento nazionale ai cittadini di uno Stato membro che intendano esercitare un’attività autonoma in un altro Stato membro e vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, che ostacoli l’accesso a tale attività o l’esercizio della stessa. È quindi vietato qualsiasi impedimento alle attività lavorative autonome dei cittadini degli altri Stati membri consistente in un trattamento discriminatorio dei cittadini degli altri Stati membri rispetto ai cittadini dello Stato di cui trattasi, previsto da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro o risultante dall’applicazione di tali disposizioni o prassi amministrative (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 1999, Meeusen, C‑337/97, EU:C:1999:284, punto 27). |
81 |
A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il principio della parità di trattamento sancito tanto all’articolo 45 TFUE quanto all’articolo 7 del regolamento n. 492/2011 vieta non soltanto le discriminazioni palesi fondate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione, pervenga di fatto al medesimo risultato (sentenza del 10 ottobre 2019, Krah, C‑703/17, EU:C:2019:850, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). |
82 |
In tale contesto, la Corte ha precisato che una disposizione di diritto nazionale, benché indistintamente applicabile a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro cittadinanza, dev’essere ritenuta indirettamente discriminatoria laddove, per sua stessa natura, tenda ad incidere più sui lavoratori cittadini di altri Stati membri che sui lavoratori nazionali e, di conseguenza, rischi di risultare sfavorevole in modo particolare ai primi, a meno che non sia obiettivamente giustificata e adeguatamente commisurata allo scopo perseguito (sentenza del 10 ottobre 2019, Krah, C‑703/17, EU:C:2019:850, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). |
83 |
Perché una disposizione nazionale possa essere considerata indirettamente discriminatoria, non è necessario che essa abbia l’effetto di favorire tutti i cittadini nazionali oppure di sfavorire soltanto i cittadini degli altri Stati membri ad esclusione dei cittadini nazionali (sentenza del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken, C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 27). |
84 |
A questo proposito, non è neppure necessario accertare che la disposizione di cui trattasi si applichi, in concreto, a una percentuale considerevolmente più elevata di lavoratori migranti. È sufficiente rilevare che detta disposizione è idonea a produrre un effetto del genere (sentenza del 18 dicembre 2014, Larcher, C‑523/13, EU:C:2014:2458, punto 33; v. altresì, in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, PF e a., C‑830/18, EU:C:2020:275, punti 31 e 32). |
85 |
Se è vero che i principi sanciti dalla giurisprudenza ricordata ai punti da 80 a 84 della presente sentenza, che è al centro dell’argomentazione dedotta dal sig. M e che, in sostanza, è considerata pertinente dal giudice del rinvio nell’ambito della sua valutazione provvisoria della fattispecie oggetto del procedimento principale, sono stati certamente sviluppati in seguito, in particolare, alla sentenza del 23 maggio 1996, O’Flynn (C‑237/94, EU:C:1996:206, punto 21), nel contesto specifico del principio della parità di trattamento attuato sia all’articolo 45 TFUE sia all’articolo 7 del regolamento n. 492/2011, essi non si applicano soltanto ai lavoratori migranti subordinati, ma altresì, mutatis mutandis, nel contesto dell’articolo 49 TFUE, ai lavoratori migranti autonomi, come il sig. M (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2019, Jacob e Lennertz, C‑174/18, EU:C:2019:205, punto 23). |
86 |
Infatti, secondo la costante giurisprudenza della Corte, il complesso delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto ad agevolare i cittadini degli Stati membri nell’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio dell’Unione ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (sentenze del 21 febbraio 2006, Ritter-Coulais, C‑152/03, EU:C:2006:123, punto 33, e del 1o aprile 2008, Governo della Comunità francese e Governo vallone, C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 44 e giurisprudenza citata). |
87 |
Alla luce dei principi sanciti dalla giurisprudenza ricordata ai punti da 80 a 84 della presente sentenza, si deve constatare, al pari, in sostanza, del giudice del rinvio, che, benché indistintamente applicabile ai lavoratori migranti e ai lavoratori nazionali, l’esclusione dal beneficio dell’articolo 11 del WRPA 1999, a causa della natura stessa di tale disposizione e, in particolare, per il fatto che quest’ultima non consente di chiedere l’autorizzazione di un piano di risparmio pensionistico estero successivamente al fallimento, circostanza che deve essere verificata dal giudice del rinvio, può colpire, in pratica, una percentuale considerevolmente più alta di lavoratori migranti che di lavoratori nazionali e rischia quindi di sfavorire in particolar modo i primi, cosicché tale disposizione nazionale deve essere considerata indirettamente discriminatoria, a meno che non sia obiettivamente giustificata e proporzionata all’obiettivo che persegue. |
88 |
Infatti, come esposto dal giudice del rinvio, i lavoratori autonomi nazionali beneficeranno, in linea generale, della tutela prevista all’articolo 11 del WRPA 1999 per quanto riguarda i loro diritti a pensione derivanti da piani di risparmio pensionistico costituiti e accumulati nel Regno Unito dal momento che, nella maggior parte dei casi, dati i vantaggi fiscali che ne derivano in forza del diritto tributario del Regno Unito, tali piani saranno registrati ai sensi dell’articolo 153 della legge finanziaria del 2004 e, pertanto, saranno autorizzati a fini fiscali nel Regno Unito. |
89 |
I lavoratori autonomi migranti disporranno invece, nella maggior parte dei casi, di diritti a pensione derivanti da piani di risparmio pensionistico costituiti e autorizzati a fini fiscali nel loro Stato membro di origine o in un altro Stato membro in cui sono stati economicamente attivi, i quali non saranno, di regola, autorizzati a fini fiscali nel Regno Unito, di modo che, tenuto conto anche dell’impossibilità di presentare una domanda di autorizzazione successiva al fallimento per questi stessi piani, circostanza che spetta al giudice verificare, i diritti a pensione derivanti da tali piani beneficeranno, nella maggior parte dei casi, della sola protezione prevista all’articolo 12 del WRPA 1999 per i regimi pensionistici non autorizzati, che è molto più limitata. |
90 |
Secondo il giudice del rinvio, gli amministratori di tali piani di risparmio pensionistico esteri non intraprenderanno, in generale, le azioni necessarie, anche se, di per sé, di non difficile esecuzione, affinché tali piani siano autorizzati anche nel Regno Unito al fine di soddisfare le esigenze individuali di taluni dei loro beneficiari, mediante la registrazione del piano di cui trattasi ai sensi dell’articolo 153 della legge finanziaria del 2004 o il soddisfacimento delle condizioni richieste affinché questi ultimi costituiscano «piani di risparmio pensionistico qualificati», ai sensi dell’articolo 308A dell’ITEPA. |
91 |
Il giudice del rinvio indica tuttavia che una registrazione, ai sensi dell’articolo 153 della legge finanziaria del 2004, di piani di risparmio pensionistico esteri come quello di cui trattasi nel procedimento principale è in linea di principio possibile, ma costituisce un passo che può avere conseguenze gravose, in quanto comporterebbe taluni svantaggi, relativi, in particolare, alla limitazione dei pagamenti che possono essere effettuati dal piano senza incorrere in debiti fiscali. |
92 |
Tale giudice fa altresì osservare che, sebbene, in pratica, le condizioni da soddisfare affinché siffatti piani di risparmio pensionistico esteri siano approvati quali «piani di risparmio pensionistico qualificati», ai sensi dell’articolo 308A dell’ITEPA, non implichino il rispetto di requisiti particolarmente gravosi, vi sarebbe tuttavia, in generale, scarso interesse per gli amministratori di tali piani ad avviare le procedure necessarie affinché essi soddisfino le condizioni imposte, fatta salva l’ipotesi, non ricorrente nel procedimento principale, in cui sia previsto il versamento di contributi al piano da parte o per conto di beneficiari stabilitisi nel Regno Unito. |
93 |
In tali circostanze, si deve concludere che l’articolo 11 del WRPA 1999, in quanto subordina il beneficio della separazione, in linea di principio integrale e automatica, di diritti a pensione dalla massa fallimentare al requisito del previo ottenimento di un’autorizzazione a fini fiscali del piano di risparmio pensionistico da cui tali diritti derivano, anche qualora si tratti, come nel caso discusso nel procedimento principale, di un piano di risparmio pensionistico costituito e già autorizzato nello Stato membro di origine del cittadino dell’Unione in questione prima che quest’ultimo si sia stabilito in modo permanente nel Regno Unito, è in contrasto con il principio della parità di trattamento quale attuato nell’articolo 49 TFUE e, pertanto, costituisce un ostacolo alla libertà di stabilimento vietato da tale disposizione, a meno che tale ostacolo sia giustificato in base al diritto dell’Unione. |
94 |
Tale interpretazione non è rimessa in discussione dagli argomenti dedotti dai curatori. |
95 |
In primo luogo, si deve respingere l’argomento basato, in sostanza, sulla giurisprudenza costante della Corte e, in particolare, sui punti 24 e 25 della sentenza del 27 gennaio 2000, Graf (C‑190/98, EU:C:2000:49), secondo cui non si può sostenere che la normativa nazionale controversa nel procedimento principale sia atta a dissuadere un lavoratore autonomo dall’avvalersi della propria libertà di stabilimento per il fatto che, in caso di fallimento successivo nello Stato membro ospitante, i suoi diritti a pensione rischiano di non beneficiare di una tutela adeguata, in quanto, al momento dell’esercizio di tale libertà, il fallimento sarebbe un evento futuro e ipotetico che deve essere considerato come una circostanza troppo aleatoria e indiretta ai sensi di tale giurisprudenza. |
96 |
Infatti, l’adeguata tutela, in caso di fallimento, dei diritti a pensione maturati nello Stato membro di origine da parte di un cittadino dell’Unione costituisce un fattore che può essere preso in considerazione da tale cittadino al momento dell’adozione della decisione di trasferirsi in un altro Stato membro per svolgervi un’attività lavorativa in maniera permanente, soprattutto se tale cittadino ha già maturato diritti a pensione nel suo Stato membro d’origine o in un altro Stato membro nel quale è stato economicamente attivo. |
97 |
Pertanto, il fallimento del lavoratore migrante economicamente attivo e autonomo, pur costituendo, di norma, un evento futuro e ipotetico al momento in cui tale lavoratore esercita il suo diritto di libera circolazione, non può essere considerato una circostanza troppo aleatoria e indiretta per escludere che il provvedimento nazionale di cui trattasi sia idoneo ad ostacolare la libertà di stabilimento. |
98 |
In secondo luogo, non può neppure essere accolto l’argomento secondo cui una persona che si trasferisce volontariamente in un altro Stato membro al fine di dichiararvi il suo fallimento o con la consapevolezza del suo probabile fallimento in tale Stato non potrebbe, in nessun caso, essere autorizzata a contestare il regime di insolvenza di tale Stato membro che costituisce la lex fori concursus, sulla base di una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE. |
99 |
Infatti, anche supponendo che il sig. M, stabilendosi nel Regno Unito, abbia avuto l’intenzione di dichiararvi il suo fallimento al fine, in particolare o principalmente, di poter beneficiare di taluni vantaggi conferiti dal diritto del Regno Unito sull’insolvenza, come il termine relativamente breve di dodici mesi alla cui scadenza il fallito è in linea di principio liberato dal fallimento, mentre tale termine era, secondo i curatori, di dodici anni in Irlanda, è giocoforza constatare che il fascicolo di cui dispone la Corte non contiene alcun elemento che consenta di concludere che il sig. M abbia commesso un «abuso di diritto» o una qualsivoglia «frode», ai sensi della giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza del 9 marzo 1999, Centros, C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 24). |
100 |
Orbene, è pacifico che il sig. M, prima del suo fallimento, aveva effettivamente trasferito il centro dei suoi interessi principali dall’Irlanda al Regno Unito accettando anche tutte le conseguenze di una siffatta scelta, compreso l’assoggettamento alla legislazione tributaria di tale paese, da cui è risultata la competenza dei giudici del Regno Unito ad avviare la procedura di insolvenza che lo riguardava conformemente all’articolo 3 del regolamento n. 1346/2000, cosicché non gli si può neppure contestare di aver praticato il «forum shopping». |
101 |
In terzo luogo, secondo i curatori, il sig. M non potrebbe, invocando una libertà fondamentale, far uso del «cherry picking», che gli consentirebbe di crearsi un regime di insolvenza «alla carta» scegliendo gli elementi del regime di insolvenza previsto dal diritto del Regno Unito che gli sono favorevoli e respingendo quelli che gli sono meno favorevoli, dal momento che un siffatto approccio pregiudicherebbe l’effetto utile del regolamento n. 1346/2000. |
102 |
A tal riguardo, oltre a quanto già menzionato ai punti 75 e 76 della presente sentenza, occorre rilevare che, sebbene l’articolo 11 del WRPA 1999 faccia parte di un complesso più ampio di norme del Regno Unito sull’insolvenza, alcune delle quali sono più favorevoli al fallito rispetto ad altre, tale disposizione, in quanto prevede un regime di tutela dei diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici autorizzati nettamente più vantaggioso, per il fallito, del regime previsto dall’articolo 12 del WRPA 1999 applicabile ai diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici non autorizzati, deve essere conforme, come tale, alle libertà fondamentali. |
103 |
In quarto e ultimo luogo, deve parimenti essere respinto l’argomento secondo cui l’articolo 11 del WRPA 1999 non rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE, in quanto tale articolo 11 si applica solo dopo che la libertà di stabilimento sia stata esercitata, ossia al momento del fallimento del lavoratore migrante. Inoltre, la possibilità dell’esistenza di un ostacolo non può essere messa in dubbio per il semplice fatto che, apparentemente, detto articolo 11 non ha di fatto avuto un effetto dissuasivo sul sig. M, dal momento che quest’ultimo si è stabilito nel Regno Unito nonostante questo stesso articolo. |
104 |
A tal riguardo, si deve rilevare che l’impossibilità per un lavoratore migrante di presentare successivamente al fallimento una domanda per beneficiare, per quanto riguarda i suoi diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico autorizzato nel suo Stato membro di origine o in un altro Stato membro nel quale è stato economicamente attivo, della separazione, in linea di principio integrale e automatica, dalla massa fallimentare, come prevista all’articolo 11 del WRPA 1999, può, prima facie, rendere meno attraente l’esercizio, da parte di tale lavoratore migrante, della sua libertà di stabilimento stabilendosi in modo permanente nel Regno Unito, senza che sia necessario considerare se, nella situazione di cui trattasi nel procedimento principale, il sig. M sia stato o meno dissuaso, in concreto, dallo stabilirsi nel Regno Unito a causa dell’esistenza di tale normativa. |
105 |
Inoltre, secondo la costante giurisprudenza della Corte, gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali costituiscono disposizioni fondamentali per l’Unione e qualsiasi ostacolo, anche di minore importanza, a tale libertà è vietato (sentenza del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken, C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). |
Sull’esistenza di una giustificazione della restrizione alla libertà di stabilimento
106 |
Come menzionato al punto 93 della presente sentenza, l’articolo 11 del WRPA 1999, nella parte in cui subordina il beneficio della separazione, in linea di principio integrale e automatica, di diritti a pensione dalla massa fallimentare al requisito del previo ottenimento di un’autorizzazione a fini fiscali del piano di risparmio pensionistico da cui derivano tali diritti, anche quando si tratti, come nel procedimento principale, di un piano di risparmio pensionistico costituito e già autorizzato nello Stato membro di origine del cittadino dell’Unione interessato, è contrario al principio della parità di trattamento quale attuato nell’articolo 49 TFUE e costituisce pertanto un ostacolo alla libertà di stabilimento vietato da tale disposizione, a meno che tale ostacolo sia giustificato alla luce del diritto dell’Unione, circostanza che occorre quindi esaminare. |
107 |
A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, una restrizione a una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE può essere ammessa unicamente a condizione che la misura nazionale di cui trattasi sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, sia idonea a garantire il raggiungimento dell’obiettivo da essa perseguito e non vada al di là di quanto necessario per ottenerlo (sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). |
108 |
Inoltre, poiché l’articolo 11 del WRPA 1999 costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento a causa del suo carattere indirettamente discriminatorio in base alla cittadinanza, una siffatta restrizione è ammessa solo se è obiettivamente giustificata e commisurata allo scopo perseguito (sentenza del 10 ottobre 2019, Krah, C‑703/17, EU:C:2019:850, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). |
109 |
Tuttavia, poiché l’esame del carattere oggettivamente giustificato della restrizione controversa corrisponde, sostanzialmente, a quello dell’esistenza di un’eventuale giustificazione basata su un motivo imperativo di interesse generale, tali due esami devono essere condotti nello stesso modo (v., in tal senso, sentenza del 3 febbraio 2021, Fussl Modestraße Mayr, C‑555/19, EU:C:2021:89, punto 105). |
Sull’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare la restrizione della libertà di stabilimento
110 |
In via preliminare, occorre constatare che il governo del Regno Unito non ha presentato osservazioni scritte nell’ambito del presente procedimento e che dagli orientamenti del Servizio per l’insolvenza, discende che secondo tale organismo pubblico del Regno Unito sussiste un obbligo di parità di trattamento dei piani di risparmio pensionistico riconosciuti o autorizzati negli Stati membri, di modo che i diritti derivanti da tali piani devono poter beneficiare della separazione dalla massa fallimentare prevista all’articolo 11 del WRPA 1999, il che lascia intendere, come sostiene il sig. M, che secondo la valutazione di tale Servizio la disparità di trattamento di cui trattasi non può essere giustificata sulla base di un motivo imperativo di interesse generale. |
111 |
Inoltre, sebbene nella decisione di rinvio il giudice del rinvio non analizzi in modo specifico un’eventuale giustificazione della restrizione di cui trattasi alla luce di un motivo imperativo di interesse generale, tale giudice rileva, con riferimento all’obiettivo dell’articolo 11 del WRPA 1999, che i diritti a pensione sono concepiti e il relativo vantaggio fiscale è concesso al fine di fornire un sostegno finanziario ai singoli nel contesto della loro futura pensione e non per tutelare i creditori in caso di fallimento dei singoli prima del loro pensionamento, e che, fatto salvo il caso dei cosiddetti contributi «eccessivi», tali diritti sono separati dalla massa fallimentare. |
112 |
Tenuto conto di tale obiettivo, la Commissione europea sostiene, in sostanza, che può essere preso in considerazione quale motivo imperativo di interesse generale l’obiettivo di politica sociale consistente nel garantire al fallito un certo livello di diritti a pensione, al fine di consentirgli di disporre di un reddito adeguato e di evitare così che la sua situazione generi un onere per lo Stato. |
113 |
Sebbene, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, un siffatto motivo imperativo di interesse generale possa essere accolto, quest’ultimo sembra richiedere precisazioni alla luce dell’obiettivo specifico dell’articolo 11 del WRPA 1999 quale volto a garantire un giusto equilibrio tra un’adeguata tutela degli interessi del fallito e la tutela degli interessi finanziari dei creditori del fallito relativi al recupero, quantomeno in parte, del loro credito nella massa fallimentare. |
Sulla proporzionalità della restrizione alla libertà di stabilimento
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Anche se l’obiettivo di una tutela equilibrata degli interessi necessariamente conflittuali del fallito e dei suoi creditori quanto ai diritti a pensione del fallito, perseguito dall’articolo 11 del WRPA 1999, può costituire un motivo imperativo di interesse generale, occorre poi, come già ricordato al punto 107 della presente sentenza, affinché la restrizione alla libertà di stabilimento derivante da tale disposizione nazionale possa essere giustificata, che essa sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo da essa perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo. |
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Si pone, in particolare, la questione se la restrizione alla libertà di stabilimento che discende dall’articolo 11 del WRPA 1999 sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo da essa perseguito e non vada al di là di quanto necessario per conseguirlo, allorché tale disposizione limita il beneficio da essa previsto della separazione, in linea di principio integrale e automatica, dalla massa fallimentare, ai soli diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici autorizzati a fini fiscali nel Regno Unito, escludendo, in particolare, diritti a pensione derivanti da regimi pensionistici autorizzati a fini fiscali non nel Regno Unito, ma in uno Stato membro dell’Unione, quale lo Stato membro di origine del lavoratore migrante i cui diritti a pensione sono controversi, che sono oggetto di una separazione parziale e discrezionale dalla massa fallimentare ai sensi dell’articolo 12 del WRPA 1999. |
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A tal riguardo, spetterà al giudice del rinvio valutare se, nel caso di regimi pensionistici già autorizzati a fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione e non nel Regno Unito, il requisito di un’autorizzazione ulteriore e precedente al fallimento di tali regimi pensionistici da parte delle autorità tributarie del Regno Unito, quale condizione da soddisfare affinché i diritti a pensione di cui trattasi possano beneficiare della separazione prevista all’articolo 11 del WRPA 1999, sia proporzionato all’obiettivo perseguito da tale disposizione. |
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In tale contesto, occorre indicare che, se un siffatto requisito fosse inteso a limitare la separazione dalla massa fallimentare ai diritti derivanti da regimi pensionistici regolamentati e controllati, esso potrebbe spingersi oltre quanto necessario, dal momento che avrebbe l’effetto di escludere dal beneficio della separazione i diritti a pensione derivanti da piani di risparmio pensionistico autorizzati a fini fiscali in uno Stato membro e non nel Regno Unito, nei limiti in cui tali piani sono anch’essi regolamentati e controllati, anche se, eventualmente, in modo diverso. |
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Inoltre, spetterà al giudice del rinvio valutare l’esistenza di un rapporto tra le norme tributarie relative alla regolamentazione e alla supervisione dei piani di risparmio pensionistico e la finalità della disposizione nazionale controversa, che sembra consistere nel garantire, nell’ambito di un procedimento di insolvenza, un giusto equilibrio tra gli interessi del fallito connessi alla separazione dei suoi diritti a pensione dalla massa fallimentare e quelli dei creditori relativi alla massima inclusione di tali diritti nella massa fallimentare. |
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Infatti, il requisito dell’autorizzazione fiscale di un piano di risparmio pensionistico quale condizione per la concessione di taluni vantaggi fiscali connessi ai contributi a tale piano e alle prestazioni erogate da quest’ultimo sembra privo di nesso con l’imposizione di questo stesso requisito, al di fuori di qualsiasi contesto fiscale, quale condizione per beneficiare della separazione, in linea di principio integrale e automatica, dalla massa fallimentare prevista all’articolo 11 del WRPA 1999, in particolare se, come nella situazione di cui trattasi nel procedimento principale, il fallito non reclama nessuno dei vantaggi fiscali di cui trattasi. |
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In altri termini, se nel contesto dell’imposizione fiscale un requisito di autorizzazione di un regime pensionistico può essere giustificato dalla finalità di poter limitare e controllare i vantaggi fiscali ad esso relativi, una tale logica potrebbe venir meno quando un siffatto requisito è imposto nel contesto specifico dell’insolvenza, in particolare, con riferimento alle norme che determinano i beni oggetto di spossessamento. |
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Inoltre, qualora, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, lo scopo di tale requisito di autorizzazione a fini fiscali sia quello di garantire che il regime pensionistico dal quale provengono i diritti del fallito sia oggetto di una certa pubblicità, di modo che tali diritti non siano abusivamente sottratti ai creditori del fallito, la detta disposizione andrebbe al di là di quanto necessario qualora sia confermato che, come sostiene la Commissione, il diritto del Regno Unito in materia d’insolvenza prevede l’obbligo del fallito, al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, di dichiarare ai curatori tutti i suoi attivi, inclusi i diritti a pensione che potrebbe percepire da un regime pensionistico estero. |
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Peraltro, se, come sostengono i curatori, l’imposizione di un obbligo di autorizzazione nel Regno Unito, precedente al fallimento, di un piano di risparmio pensionistico estero già autorizzato in uno Stato membro avesse la finalità di consentire alle autorità tributarie britanniche di verificare se il regime pensionistico di cui trattasi sia realmente un piano di risparmio pensionistico estero effettivamente autorizzato, tale obbligo potrebbe eccedere quanto necessario. Infatti, se, come nel caso discusso nel procedimento principale, le autorità tributarie dello Stato membro in cui il piano di risparmio pensionistico è stato costituito confermano per iscritto e in modo univoco che tale piano è stato effettivamente autorizzato conformemente alla normativa tributaria di tale Stato membro, l’imposizione di un controllo volto a garantire che tale autorizzazione abbia effettivamente avuto luogo sarebbe superflua e risulterebbe sproporzionata, anche in quanto le autorità tributarie degli Stati membri sono vincolate da un dovere di fiducia reciproca. |
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Infine, la restrizione contenuta nell’articolo 11 del WRPA 1999 appare altresì sproporzionata se, circostanza che spetta del pari al giudice verificare, il requisito dell’autorizzazione fiscale deve imperativamente essere soddisfatto non oltre il momento della dichiarazione di fallimento, escludendo così che il fallito chieda l’autorizzazione del piano di risparmio pensionistico estero di cui trattasi dopo tale data al fine di poter beneficiare della separazione dalla massa fallimentare dei diritti derivanti da tale piano prevista da tale disposizione. |
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Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione del diritto di uno Stato membro che subordina la separazione, in linea di principio integrale e automatica, dalla massa fallimentare di diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico al requisito che, al momento del fallimento, il piano di cui trattasi sia stato autorizzato a fini fiscali in tale Stato, quando tale requisito è imposto in una situazione in cui un cittadino dell’Unione il quale, prima del proprio fallimento, abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione stabilendosi in modo permanente in questo stesso Stato al fine di esercitare in esso un’attività economica autonoma, percepisce diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico costituito e autorizzato a fini fiscali nel suo Stato membro di origine, fatta salva l’ipotesi in cui la restrizione alla libertà di stabilimento che detta disposizione nazionale comporta sia giustificata in quanto risponde a un motivo imperativo di interesse generale, è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e non va oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo. |
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione del diritto di uno Stato membro che subordina la separazione, in linea di principio integrale e automatica, dalla massa fallimentare di diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico al requisito che, al momento del fallimento, il piano di cui trattasi sia stato autorizzato a fini fiscali in tale Stato, quando tale requisito è imposto in una situazione in cui un cittadino dell’Unione il quale, prima del proprio fallimento, abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione stabilendosi in modo permanente in questo stesso Stato al fine di esercitare in esso un’attività economica autonoma, percepisce diritti a pensione derivanti da un piano di risparmio pensionistico costituito e autorizzato a fini fiscali nel suo Stato membro d’origine, fatta salva l’ipotesi in cui la restrizione alla libertà di stabilimento che detta disposizione nazionale comporta sia giustificata in quanto risponde a un motivo imperativo di interesse generale, è atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue e non va oltre quanto necessario per conseguire tale obiettivo. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.