SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

15 luglio 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 263 e 267 TFUE – Atto dell’Unione giuridicamente non vincolante – Sindacato giurisdizionale – Orientamenti emanati dall’Autorità bancaria europea (ABE) – Dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio – Validità – Competenza dell’ABE»

Nella causa C‑911/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 4 dicembre 2019, pervenuta in cancelleria il 13 dicembre 2019, nel procedimento

Fédération bancaire française (FBF)

contro

Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (ACPR),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, E. Regan, M. Ilešič, L. Bay Larsen (relatore), A. Kumin e N. Wahl, presidenti di sezione, E. Juhász, T. von Danwitz, C. Toader, L.S. Rossi, I. Jarukaitis e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 ottobre 2020,

considerate le osservazioni presentate:

per la Fédération bancaire française (FBF), da F. Boucard, avocat,

per l’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (ACPR), da F. Rocheteau, avocat,

per il governo francese, da E. de Moustier e A. Daly, in qualità di agenti,

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente,

per l’Autorità bancaria europea (ABE), da J. Overett Somnier, C. Carroll e I. Metin, in qualità di agenti, assistiti da B. Kennelly, QC, e da R. Mehta, barrister,

per la Commissione europea, da D. Triantafyllou, V. Di Bucci e W. Mölls, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 aprile 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 263 e 267 TFUE e sulla validità, alla luce del regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione (GU 2010, L 331, pag. 12), come modificato dalla direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015 (GU 2015, L 337, pag. 35) (in prosieguo: il «regolamento n. 1093/2010»), degli orientamenti dell’Autorità bancaria europea (ABE), del 22 marzo 2016, sui dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio (ABE/GL/2015/18) (in prosieguo: gli «orientamenti controversi»).

2

Detta domanda è stata proposta nel quadro di una controversia che contrappone la Fédération bancaire française (Federazione bancaria francese) (FBF) all’Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (Autorità di controllo prudenziale e di risoluzione) (ACPR), con riferimento all’adozione, da parte di quest’ultima, di un parere con cui la medesima ha dichiarato di conformarsi agli orientamenti controversi.

Contesto normativo

Direttiva 2007/64/CE

3

L’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE (GU 2007, L 319, pag. 1), così disponeva:

«Le autorità competenti concedono l’autorizzazione soltanto se, tenuto conto della necessità di assicurare la gestione sana e prudente di un istituto di pagamento, quest’ultimo è dotato di solidi dispositivi di governo societario per la prestazione dei servizi di pagamento, ivi compresa una chiara struttura organizzativa con linee di responsabilità ben definite, trasparenti e coerenti, di procedure efficaci per l’identificazione, la gestione, la sorveglianza e la segnalazione dei rischi ai quali è o potrebbe essere esposto e di adeguati meccanismi di controllo interno, ivi comprese valide procedure amministrative e contabili; tali dispositivi, procedure e meccanismi sono completi e proporzionati alla natura, all’ampiezza e alla complessità dei servizi di pagamento forniti dall’istituto di pagamento».

Direttiva 2009/110/CE

4

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE (GU 2009, L 267, pag. 7), precisa quanto segue:

«Fatta salva la presente direttiva, gli articoli 5 e da 10 a 15, l’articolo 17, paragrafo 7 e gli articoli da 18 a 25 della direttiva [2007/64] si applicano in quanto compatibili agli istituti di moneta elettronica».

Regolamento n. 1093/2010

5

L’articolo 1, paragrafi 2, 3 e 5, del regolamento n. 1093/2010 dispone quanto segue:

«2.   L’[ABE] opera nel quadro dei poteri conferiti dal presente regolamento e nell’ambito di applicazione [della direttiva 2009/110], (...) [della direttiva] 2013/36/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338)] (...), comprese le direttive, i regolamenti e le decisioni basati sui predetti atti e ogni altro atto giuridicamente vincolante dell’Unione che attribuisca compiti all’[ABE]. (...)

3.   L’[ABE] opera altresì nel settore di attività degli enti creditizi, dei conglomerati finanziari, delle imprese di investimento, degli istituti di pagamento e degli istituti di moneta elettronica, in relazione a questioni non direttamente contemplate negli atti di cui al paragrafo 2, incluse le questioni relative alla governance, alla revisione contabile e all’informativa finanziaria, purché tali azioni dell’[ABE] siano necessarie per assicurare l’applicazione effettiva e coerente di tali atti.

(...)

5.   L’obiettivo dell’[ABE] è proteggere l’interesse pubblico contribuendo alla stabilità e all’efficacia a breve, medio e lungo termine del sistema finanziario, a beneficio dell’economia dell’Unione, dei suoi cittadini e delle sue imprese. L’[ABE] contribuisce a:

(...)

e)

assicurare che il rischio di credito e altri rischi siano adeguatamente regolamentati e oggetto di opportuna vigilanza, e

f)

aumentare la protezione dei consumatori.

(...)».

6

L’articolo 8, paragrafi 1, 1 bis e 2, di tale regolamento così dispone:

«1.   L’[ABE] svolge i seguenti compiti:

a)

contribuisce all’elaborazione di norme e prassi comuni di regolamentazione e vigilanza di elevata qualità, in particolare fornendo pareri alle istituzioni dell’Unione ed elaborando orientamenti, raccomandazioni, progetti di norme tecniche di regolamentazione e di attuazione e altre atte misure che sono basate sugli atti legislativi di cui all’articolo 1, paragrafo 2;

(...)

b)

contribuisce all’applicazione uniforme degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, in particolare contribuendo ad una cultura comune della vigilanza, assicurando l’applicazione uniforme, efficiente ed efficace degli atti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, (...);

(...)

h)

promuove la tutela di depositanti e investitori;

(...)

1 bis.   Nell’assolvimento dei suoi compiti in conformità del presente regolamento l’[ABE]:

a)

fa uso di tutti i poteri di cui dispone (...)

(...)

2.   Per l’esecuzione dei compiti enumerati al paragrafo 1, l’[ABE] dispone dei poteri stabiliti nel presente regolamento, ossia:

(...)

c)

emanare orientamenti e formulare raccomandazioni secondo le modalità previste all’articolo 16;

(...)».

7

L’articolo 15, paragrafo 4, dello stesso regolamento è così formulato:

«Le norme tecniche di attuazione sono adottate tramite regolamento o decisione. (...)».

8

L’articolo 16, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 1093/2010 enuncia quanto segue:

«1.   Al fine di istituire prassi di vigilanza uniformi, efficienti ed efficaci nell’ambito del SEVIF [(Sistema europeo di vigilanza finanziaria)] e per assicurare l’applicazione comune, uniforme e coerente del diritto dell’Unione, l’[ABE] emana orientamenti e formula raccomandazioni indirizzate alle autorità competenti o agli istituti finanziari.

(...)

3.   Le autorità e gli istituti finanziari competenti compiono ogni sforzo per conformarsi agli orientamenti e alle raccomandazioni.

Entro due mesi dall’emanazione di un orientamento o di una raccomandazione, ciascuna autorità nazionale di vigilanza competente conferma se è conforme o intende conformarsi all’orientamento o alla raccomandazione in questione. Nel caso in cui un’autorità competente non sia conforme o non intenda conformarsi, ne informa l’[ABE] motivando la decisione.

(...)

Ove richiesto dall’orientamento o dalla raccomandazione in questione, gli istituti finanziari riferiscono, in maniera chiara e dettagliata, se si conformano all’orientamento o alla raccomandazione in parola».

Direttiva 2013/36

9

L’articolo 74, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2013/36 precisa quanto segue:

«1.   Gli enti sono dotati di solidi dispositivi di governance, ivi compresa una chiara struttura dell’organizzazione con linee di responsabilità ben definite, trasparenti e coerenti, di processi efficaci per l’identificazione, la gestione, la sorveglianza e la segnalazione dei rischi ai quali sono o potrebbero essere esposti, e di adeguati meccanismi di controllo interno, ivi comprese valide procedure amministrative e contabili nonché politiche e prassi di remunerazione che riflettano e promuovano una sana ed efficace gestione del rischio.

2.   I dispositivi, i processi e i meccanismi di cui al paragrafo 1 devono essere completi e proporzionati alla natura, all’ampiezza e alla complessità dei rischi inerenti al modello imprenditoriale e alle attività dell’ente. Si tiene conto dei criteri tecnici stabiliti negli articoli da 76 a 95.

3.   L’ABE emana orientamenti in merito ai dispositivi, ai processi e ai meccanismi di cui al paragrafo 1, conformemente al paragrafo 2».

Direttiva 2014/17/UE

10

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 60, pag. 34), così dispone:

«Gli Stati membri esigono che il creditore, l’intermediario del credito o il rappresentante designato, quando mettono a punto prodotti creditizi o concedono, fungono da intermediari o forniscono servizi di consulenza relativi a crediti e, se del caso, a servizi accessori ai consumatori o quando eseguono un contratto di credito, agiscano in maniera onesta, equa, trasparente e professionale, tenendo conto dei diritti e degli interessi dei consumatori. Nell’ambito della concessione, dello svolgimento di attività di intermediario o della fornitura di servizi di consulenza relativi a crediti, le attività si basano sulle informazioni circa la situazione del consumatore e su ogni bisogno particolare che questi ha comunicato e su ipotesi ragionevoli circa i rischi cui è esposta la situazione del consumatore per tutta la durata del contratto di credito. (...)».

11

L’articolo 29, paragrafo 2, lettera a), terzo comma, di tale direttiva prevede quanto segue:

«L’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione che stabiliscono l’importo monetario minimo dell’assicurazione della responsabilità civile professionale o della garanzia analoga di cui al primo comma della presente lettera e li presenta alla Commissione entro il 21 settembre 2014. L’ABE riesamina e, se necessario, elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione che modificano l’importo monetario minimo dell’assicurazione della responsabilità civile professionale o della garanzia analoga di cui al primo comma della presente lettera e li presenta alla Commissione per la prima volta entro il 21 marzo 2018 e successivamente ogni due anni».

12

Ai sensi dell’articolo 34, paragrafi 2 e 4, di detta direttiva:

«2.   (...)

Se l’autorità competente dello Stato membro di origine è in disaccordo con le misure adottate dallo Stato membro ospitante, può rinviare la questione all’ABE e richiederne l’assistenza conformemente all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. In tal caso l’ABE può agire conformemente ai poteri che le conferisce tale articolo.

(...)

4.   (...)

Se l’autorità competente dello Stato membro di origine non adotta misure entro un mese dalla ricezione di tali elementi o se, nonostante le misure adottate dall’autorità competente dello Stato membro di origine, un intermediario del credito persiste nell’agire in modo tale da mettere chiaramente a repentaglio gli interessi dei consumatori dello Stato membro ospitante o il funzionamento ordinato dei mercati, l’autorità competente dello Stato membro ospitante:

(...)

b)

può portare la questione all’attenzione dell’ABE e richiederne l’assistenza conformemente all’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. In tal caso l’ABE può agire conformemente ai poteri che le conferisce tale articolo».

13

L’articolo 37 della medesima direttiva è così formulato:

«Le autorità competenti possono portare all’attenzione dell’ABE la situazione in cui la richiesta di cooperazione, in particolare lo scambio di informazioni, è stata respinta o non ha ricevuto seguito entro un periodo di tempo ragionevole, e chiedere l’assistenza dell’ABE ai sensi dell’articolo 19 del regolamento (UE) n. 1093/2010. (...)».

Direttiva 2015/2366

14

L’articolo 114 della direttiva 2015/2366 enuncia quanto segue:

«La direttiva 2007/64/CE è abrogata a decorrere dal 13 gennaio 2018.

I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II della presente direttiva».

Orientamenti dell’ABE sull’organizzazione interna

15

L’orientamento 23 degli orientamenti dell’Autorità bancaria europea (ABE), del 27 settembre 2011, sull’organizzazione interna (ABE BS 2011 116 definitivo, in prosieguo: gli «orientamenti dell’ABE sull’organizzazione interna»), precisa che gli enti interessati devono disporre di una politica aziendale per l’approvazione di nuovi prodotti e definisce le caratteristiche che detta politica dovrebbe presentare.

Gli orientamenti controversi

16

Il punto 2 degli orientamenti controversi così dispone:

«Gli orientamenti presentano la posizione dell’ABE in merito alle prassi di vigilanza adeguate all’interno del Sistema europeo di vigilanza finanziaria o alle modalità di applicazione del diritto dell’Unione in un particolare settore. (...) [L]e autorità competenti sono tenute a conformarsi a detti orientamenti integrandoli opportunamente nelle rispettive prassi di vigilanza (per esempio modificando il proprio quadro giuridico o le proprie procedure di vigilanza), anche quando gli orientamenti sono diretti principalmente agli enti».

17

Il punto 3 di tali orientamenti prevede quanto segue:

«Ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1093/2010, le autorità competenti devono comunicare all’ABE (...) se sono conformi o se intendono conformarsi agli orientamenti in questione; in alternativa sono tenute a indicare le ragioni della mancata conformità (…)».

18

Ai sensi del punto 5 di detti orientamenti:

«I presenti orientamenti riguardano la costituzione di dispositivi di governance e di controllo sui prodotti sia per i produttori sia per i distributori; essi costituiscono parte integrante della disciplina generale sui requisiti organizzativi e sul sistema dei controlli interni delle imprese. Gli orientamenti si riferiscono ai processi interni, alle funzioni e alle strategie finalizzati all’elaborazione dei prodotti, alla loro immissione sul mercato e alla loro revisione durante l’intero ciclo di vita. Essi stabiliscono procedure per assicurare che gli interessi, gli obiettivi e le caratteristiche del mercato di riferimento (target market) siano soddisfatti. Gli orientamenti non disciplinano, tuttavia, l’idoneità dei prodotti rispetto ai singoli consumatori».

19

Il punto 6 dei medesimi orientamenti è formulato come segue:

«I presenti orientamenti si applicano ai produttori e ai distributori di prodotti offerti e venduti ai consumatori e specificano i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti in relazione a:

l’articolo 74, paragrafo 1, della direttiva [2013/36], l’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva [2007/64] e l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [2009/110] in combinato disposto con l’articolo 10, paragrafo 4, della [direttiva 2007/64], e

l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [2014/17]».

20

I punti da 11 a 14 degli orientamenti controversi indicano le autorità competenti che ne sono destinatarie.

21

Il punto 15 di tali orientamenti definisce, segnatamente, le nozioni di «produttore» e di «prodotto» richiamando le direttive 2009/110, 2007/64, 2013/36 e 2014/17.

22

L’orientamento 1 dei suddetti orientamenti così dispone:

«1.1 Il produttore dovrebbe stabilire, attuare e rivedere periodicamente efficaci dispositivi di governance e di controllo sui prodotti. Nella fase di elaborazione e di immissione sul mercato dei prodotti, tali dispositivi dovrebbero mirare a: a) garantire che gli interessi, gli obiettivi e le caratteristiche dei consumatori siano presi in considerazione; b) evitare un potenziale pregiudizio per i consumatori; c) ridurre al minimo i conflitti di interesse.

1.2 I dispositivi di governance e di controllo sui prodotti dovrebbero essere periodicamente rivisti e aggiornati dal produttore.

1.3 Quando viene lanciato un nuovo prodotto, il produttore dovrebbe assicurarsi che la policy di approvazione di nuovi prodotti (New Product Approval Policy, NPAP) preveda dispositivi di governance e di controllo sui prodotti in linea con l’orientamento 23 degli orientamenti ABE sull’organizzazione interna (…), ove applicabili.

(...)».

23

L’orientamento 2 degli orientamenti controversi precisa quanto segue:

«2.1 Il produttore dovrebbe garantire che i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti siano parte integrante del proprio sistema di governance, di gestione dei rischi e dei controlli interni, come definito negli orientamenti ABE sull’organizzazione interna, ove applicabili. A tal fine, l’organo di amministrazione del produttore dovrebbe approvare l’istituzione di tali dispositivi e le successive revisioni.

2.2 L’alta dirigenza, con il supporto dei rappresentanti delle funzioni di conformità e di gestione dei rischi del produttore, dovrebbe essere responsabile per la costante conformità con i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti. Essa dovrebbe verificare periodicamente che i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti siano costantemente adeguati e continuino a conseguire gli obiettivi definiti nell’orientamento 1.1 di cui sopra, nonché proporre all’organo di amministrazione la modifica dei dispositivi in questione qualora tali verifiche abbiano esito negativo.

2.3 Le responsabilità del controllo su tale processo da parte della funzione di controllo dei rischi e della funzione di conformità dovrebbe essere integrate tra le mansioni di tali funzioni, come indicato negli orientamenti 25, 26 e 28 degli orientamenti ABE sull’organizzazione interna, ove applicabili.

2.4 L’alta dirigenza dovrebbe garantire che il personale coinvolto nell’ideazione di un prodotto conosca i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti e si attenga ad essi, sia competente e adeguatamente formato, e abbia una comprensione e una conoscenza delle specificità, delle caratteristiche e dei rischi del prodotto».

24

Gli orientamenti da 3 a 8 degli orientamenti controversi stabiliscono principi concernenti, rispettivamente, il mercato di riferimento (target market), il test del prodotto, il suo monitoraggio, le misure correttive, i canali di distribuzione e le informazioni ai distributori.

25

Gli orientamenti da 9 a 12 degli orientamenti controversi si riferiscono ai dispositivi di governance e di controllo sui prodotti da parte dei distributori.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

26

L’8 settembre 2017 l’ACPR pubblicava, sul suo sito Internet, un parere con cui, da un lato, dichiarava di conformarsi agli orientamenti controversi e, dall’altro, precisava che detti orientamenti erano applicabili agli enti creditizi, agli istituti di pagamento e agli istituti di moneta elettronica sottoposti alla sua vigilanza.

27

L’8 novembre 2017 la FBF proponeva dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) un ricorso diretto all’annullamento di detto parere.

28

A sostegno del suo ricorso, la FBF sosteneva che il suddetto parere si fondava sugli orientamenti controversi e che l’ABE non poteva emanare tali orientamenti senza eccedere la propria competenza.

29

Dopo aver accertato che il parere dell’ACPR oggetto del procedimento principale doveva essere considerato lesivo della FBF, il giudice del rinvio osserva che la FBF non può, in applicazione della giurisprudenza della Corte, contestare, mediante eccezione, la validità degli orientamenti controversi nel caso in cui essa sarebbe stata dichiarata legittimata a presentare, avverso detti orientamenti, un ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 263 TFUE. Detto giudice si chiede quindi se, nella specie, la FBF potesse avvalersi di tale mezzo di ricorso.

30

Nell’ipotesi in cui la Corte dovesse concludere in senso negativo, il giudice del rinvio s’interroga in merito alla competenza della Corte a valutare la validità, in applicazione dell’articolo 267 TFUE, degli orientamenti controversi e in merito alla ricevibilità di una contestazione, mediante eccezione, della validità di detti orientamenti da parte di una federazione professionale che tali orientamenti non riguardano né direttamente, né individualmente.

31

Ove la Corte dovesse ritenere che la FBF fosse effettivamente legittimata a contestare, dinanzi a un giudice nazionale, la validità degli orientamenti controversi, il giudice del rinvio ritiene di dover sottoporre alla Corte la questione se, nell’emanare tali orientamenti, l’ABE abbia ecceduto le proprie competenze.

32

A questo riguardo, detto giudice osserva che nessuno degli atti dell’Unione menzionati al punto 6 degli orientamenti di cui trattasi contiene disposizioni in materia di governance dei prodotti bancari al dettaglio, salvo per quanto attiene ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali. Inoltre, nessuno di detti atti conterrebbe disposizioni che autorizzano l’ABE a emanare orientamenti in materia di governance dei prodotti bancari al dettaglio.

33

Tuttavia, non si può escludere che la competenza dell’ABE a emettere gli orientamenti controversi possa essere fondata sugli obiettivi assegnati a detta autorità dall’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1093/2010 o sulla funzione di monitoraggio delle attività finanziarie ad essa affidata a norma dell’articolo 9, paragrafo 2, del medesimo regolamento.

34

In tale contesto, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se gli orientamenti adottati da un’autorità europea di vigilanza possano essere oggetto di ricorso di annullamento previsto dalle disposizioni dell’articolo 263 [TFUE]. In caso affermativo, se una federazione professionale sia legittimata a contestare, mediante un ricorso di annullamento, la validità degli orientamenti rivolti ai membri di cui difende gli interessi e che non la riguardano né direttamente né individualmente.

2)

In caso di risposta negativa a una delle due questioni poste [nell’ambito della prima questione], se gli orientamenti adottati da un’autorità europea di vigilanza possano essere oggetto del rinvio pregiudiziale previsto dalle disposizioni dell’articolo 267 [TFUE]. In caso affermativo, se una federazione professionale sia legittimata a contestare, mediante eccezione, la validità degli orientamenti rivolti ai membri di cui difende gli interessi e che non la riguardano né direttamente né individualmente.

3)

Nell’ipotesi in cui la Fédération bancaire française sia legittimata a contestare, mediante eccezione, gli orientamenti [controversi], se [l’ABE], adottando tali orientamenti, abbia ecceduto le competenze che le sono attribuite dal regolamento n. 1093/2010 (...)».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

Sulla prima parte della prima questione

35

Con la prima parte della prima questione, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 263 TFUE debba essere interpretato nel senso che atti quali gli orientamenti controversi possono essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi di detto articolo.

36

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il ricorso di annullamento, previsto dall’articolo 263 TFUE, è esperibile avverso tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione in qualsiasi forma, che mirino a produrre effetti giuridici vincolanti (v., in tal senso, sentenze del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 31, e del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 44 e la giurisprudenza citata).

37

Per contro, tutti gli atti dell’Unione che non producono effetti giuridici vincolanti sono esenti dal controllo giurisdizionale previsto dall’articolo 263 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione, C‑131/03 P, EU:C:2006:541, punto 55, e del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 27).

38

Per determinare se un atto produca effetti giuridici vincolanti, in base a una giurisprudenza costante della Corte occorre riferirsi alla sostanza di tale atto e valutarne gli effetti in funzione di criteri obiettivi, come il contenuto dell’atto stesso, tenendo conto eventualmente del contesto in cui quest’ultimo è stato adottato nonché dei poteri dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione emanante (v., in tal senso, sentenze del 25 ottobre 2017, Romania/Commissione, C‑599/15 P, EU:C:2017:801, punto 48, e del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 32).

39

Nel caso di specie, per quanto attiene, in primo luogo, al contenuto degli orientamenti controversi, dalla formulazione del loro punto 2, rientrante nel titolo «Status giuridico degli orientamenti», emerge anzitutto che essi si limitano a presentare «la posizione dell’ABE in merito alle prassi di vigilanza adeguate all’interno del [SEVIF] o alle modalità di applicazione del diritto dell’Unione in un particolare settore».

40

Si deve inoltre osservare che gli orientamenti controversi sono formulati, in generale, in termini non imperativi.

41

Infine, mentre i punti da 11 a 14 degli orientamenti controversi precisano che destinatari ne sono unicamente le autorità competenti menzionate in detti punti, il punto 3 di tali orientamenti, riferendosi all’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento n. 1093/2010, stabilisce che le autorità competenti devono comunicare all’ABE se siano conformi o se intendano conformarsi ai suddetti orientamenti o, in alternativa, le ragioni della mancata conformità ad essi.

42

Per quanto attiene, in secondo luogo, al contesto in cui si inseriscono gli orientamenti controversi e ai poteri dell’organismo emanante, occorre osservare, anzitutto, che gli orientamenti adottati dall’ABE sono sottoposti, in applicazione del regolamento n. 1093/2010, al medesimo regime giuridico delle «raccomandazioni» emanate dall’ABE che non vincolano i rispettivi destinatari ai sensi dell’articolo 288 TFUE, quinto comma, e sono, pertanto, in linea di principio, prive di forza vincolante (v., in tal senso, sentenza del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 30).

43

Così, l’articolo 16, paragrafo 3, di detto regolamento prevede in effetti che le autorità e gli istituti finanziari competenti compiono ogni sforzo per conformarsi agli orientamenti emanati dall’ABE, ma precisa, tuttavia, che tali autorità confermano se siano conformi o intendano conformarsi a detti orientamenti e, in caso contrario, informano l’ABE della propria scelta motivando la decisione.

44

Dalla menzionata disposizione emerge dunque che le autorità di cui sopra non sono tenute a conformarsi ai suddetti orientamenti ma che, come sottolineato nel punto 41 della presente sentenza con riferimento specificamente agli orientamenti controversi, tali medesime autorità possono discostarsene, dovendo in tal caso motivare la propria posizione.

45

Gli orientamenti emanati dall’ABE non possono, pertanto, essere considerati come produttivi di effetti giuridici vincolanti nei confronti delle autorità competenti (v., per analogia, sentenza del 15 settembre 2016, Koninklijke KPN e a., C‑28/15, EU:C:2016:692, punti 3435).

46

Parimenti, gli orientamenti emanati dall’ABE non possono essere considerati come produttivi, in quanto tali, di effetti vincolanti nei confronti degli istituti finanziari, nella misura in cui l’articolo 16, paragrafo 3, quarto comma, del regolamento n. 1093/2010 dispone che essi sono tenuti unicamente a riferire, in maniera chiara e dettagliata, se si conformano o meno a detti orientamenti.

47

Occorre infine ricordare che gli orientamenti emanati dall’ABE si differenziano, sotto questo profilo, dalle norme tecniche di attuazione elaborate da detta autorità che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, del regolamento di cui trattasi, sono adottate tramite regolamento o decisione.

48

Risulta quindi che, nell’autorizzare l’ABE a emanare orientamenti e raccomandazioni, il legislatore dell’Unione abbia inteso conferire a detta autorità un potere di stimolo e di persuasione distinto dal potere di adottare atti dotati di forza vincolante (v., per analogia, sentenza del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 26).

49

In tali circostanze, non si può ritenere che gli orientamenti controversi mirino a produrre effetti giuridici vincolanti, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 36 della presente sentenza.

50

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima parte della prima questione dichiarando che l’articolo 263 TFUE deve essere interpretato nel senso che atti quali gli orientamenti controversi non possono essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi di tale articolo.

Sulla seconda parte della prima questione

51

Alla luce della risposta data alla prima parte della prima questione, non è necessario rispondere alla sua seconda parte.

Sulla seconda questione

Sulla prima parte della seconda questione

52

Con la prima parte della seconda questione, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che, in forza di detto articolo, la Corte è competente a valutare la validità di atti quali gli orientamenti controversi.

53

Come già dichiarato dalla Corte, l’articolo 19, paragrafo 3, lettera b), TUE e l’articolo 267, primo comma, lettera b), TFUE prevedono che la Corte sia competente a statuire, in via pregiudiziale, sull’interpretazione del diritto dell’Unione e sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione, senza alcuna eccezione (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1989, Grimaldi, C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 8, e del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 44).

54

Pertanto, sebbene l’articolo 263 TFUE escluda il sindacato della Corte sugli atti privi di effetti giuridici vincolanti, quest’ultima può, in forza dell’articolo 267 TFUE, valutare la validità di tali atti quando si pronuncia in via pregiudiziale (v., in tal senso, sentenza del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 44).

55

Il fatto che, come emerge dai punti da 39 a 49 della presente sentenza, gli orientamenti controversi siano privi di effetti giuridici vincolanti non è quindi tale da escludere la competenza della Corte a pronunciarsi sulla loro validità nell’ambito della presente causa.

56

La Corte ha peraltro già avuto occasione di riconoscere la propria competenza a statuire, in via pregiudiziale, sulla validità di una raccomandazione dell’ABE priva di effetti giuridici vincolanti (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 83).

57

Di conseguenza, occorre rispondere alla prima parte della seconda questione dichiarando che l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che la Corte è competente, in forza di tale articolo, a valutare la validità di atti quali gli orientamenti controversi.

Sulla seconda parte della seconda questione

58

Con la seconda parte della seconda questione, il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se il diritto dell’Unione imponga che la ricevibilità, dinanzi a un giudice nazionale, di un’eccezione di illegittimità diretta contro un atto dell’Unione sia subordinata alla condizione che tale atto riguardi direttamente e individualmente il singolo che si avvale di detta eccezione.

59

Va osservato che, benché l’articolo 263, quarto comma, TFUE indichi, tra gli atti dell’Unione contro cui una persona fisica o giuridica può presentare un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte, gli atti che la riguardano direttamente e individualmente, l’oggetto di tale disposizione non è di stabilire a quali condizioni la validità di un atto dell’Unione può essere contestata dinanzi ai giudici nazionali.

60

Inoltre, da una giurisprudenza costante della Corte emerge che, mediante gli articoli 263 e 277, da un lato, e l’articolo 267, dall’altro, il Trattato FUE ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti dell’Unione, affidandolo al giudice dell’Unione (sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 92 e giurisprudenza citata).

61

Occorre aggiungere che spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il rispetto del diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 100 e giurisprudenza citata).

62

In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, compete all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare, nel rispetto dell’esigenza richiamata al punto precedente nonché dei principi di effettività e di equivalenza, i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 102 e giurisprudenza citata).

63

Se è vero che, a tale titolo, ai singoli deve essere garantito, nell’ambito di un procedimento nazionale, il diritto di contestare in sede giudiziale la legittimità di qualsiasi decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione di portata generale (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 94 e giurisprudenza citata), tuttavia, dall’articolo 267 TFUE non risulta assolutamente che esso osti a norme nazionali che consentano ai singoli di far valere l’invalidità di un atto dell’Unione di portata generale, mediante eccezione, dinanzi a un giudice nazionale al di fuori di una controversia vertente sull’applicazione nei loro confronti di un atto siffatto.

64

Al contrario, dalla giurisprudenza della Corte emerge che una domanda di pronuncia pregiudiziale per accertamento della validità deve essere considerata ricevibile quando è stata presentata in occasione di una controversia reale nella quale si pone, in via incidentale, una questione vertente sulla validità di un atto dell’Unione anche se tale atto non è stato oggetto di misure di applicazione adottate nei confronti del singolo interessato nel procedimento principale (v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 2008, Intertanko e a., C‑308/06, EU:C:2008:312, punti 3334; del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 29, e del 7 febbraio 2018, American Express, C‑643/16, EU:C:2018:67, punto 30).

65

Occorre quindi rispondere alla seconda parte della seconda questione dichiarando che il diritto dell’Unione non impone che la ricevibilità, dinanzi a un giudice nazionale, di un’eccezione di illegittimità diretta contro un atto dell’Unione sia subordinata alla condizione che tale atto riguardi direttamente e individualmente il singolo che si avvale di detta eccezione.

Sulla terza questione

66

Con la terza questione, il giudice del rinvio si interroga, essenzialmente, sulla validità degli orientamenti controversi alla luce delle disposizioni del regolamento n. 1093/2010 che definiscono le competenze dell’ABE.

67

Poiché dal regolamento n. 1093/2010 risulta che il legislatore dell’Unione ha disciplinato il potere dell’ABE di emanare orientamenti in modo preciso e sulla base di criteri oggettivi, l’esercizio di tale potere deve poter essere oggetto di un sindacato giurisdizionale rigoroso alla luce di tali criteri oggettivi (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio, C‑270/12, EU:C:2014:18, punti 4153).

68

La circostanza che gli orientamenti controversi non producano effetti giuridici vincolanti, come emerge dai punti da 39 a 49 della presente sentenza, non può incidere sulla portata di tale sindacato.

69

Infatti, come ricordato ai punti 43 e 48 della presente sentenza, l’emissione, da parte dell’ABE, degli orientamenti controversi mira a esercitare sulle autorità competenti e sugli istituti finanziari un potere di stimolo e di persuasione, dovendo questi ultimi compiere ogni sforzo per conformarsi a tali orientamenti e dovendo dette autorità indicare se siano conformi o se intendano conformarsi agli stessi, e, in caso contrario, motivare la propria posizione.

70

In particolare, siffatti orientamenti possono indurre le autorità competenti ad adottare, al pari dell’ACPR nel procedimento principale, atti di diritto nazionale che esortino gli istituti finanziari a modificare in maniera significativa le proprie prassi o, come sottolineato dall’avvocato generale nel paragrafo 51 delle sue conclusioni, a tener conto del rispetto degli orientamenti dell’ABE nell’esaminare la situazione individuale di detti istituti.

71

Spetta altresì ai giudici nazionali prendere in considerazione gli orientamenti dell’ABE ai fini della soluzione delle controversie loro sottoposte, in particolare, qualora detti orientamenti, al pari degli orientamenti controversi, siano intesi a completare disposizioni del diritto dell’Unione aventi carattere vincolante (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1989, Grimaldi, C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 18, e del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C‑501/18, EU:C:2021:249, punto 80).

72

Inoltre, ammettere che l’ABE possa liberamente emanare orientamenti, a prescindere dal quadro specifico stabilito dal legislatore dell’Unione, potrebbe ledere la ripartizione delle competenze tra le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione.

73

L’emissione degli orientamenti da parte dell’ABE non pregiudica di certo la facoltà di cui dispone il legislatore dell’Unione di adottare, nei limiti delle competenze che gli sono conferite dal diritto primario, un atto avente effetti giuridici vincolanti che sancisca norme diverse dagli standard raccomandati dall’ABE, il quale implicherebbe quindi la disapplicazione degli orientamenti di cui trattasi.

74

Tuttavia, questa circostanza non rimette in discussione il requisito, ricordato al punto 67 della presente sentenza, secondo cui l’ABE è tenuta ad agire in conformità a un quadro preciso stabilito da detto legislatore, sulla base di criteri oggettivi, nel regolamento n. 1093/2010.

75

Da quanto precede deriva che l’ABE è competente a emanare orientamenti solo nella misura espressamente prevista dal legislatore dell’Unione e che compete alla Corte di giustizia, al fine di rispondere alla terza questione, verificare se gli orientamenti controversi rientrino nelle competenze dell’ABE, come definite da detto legislatore.

76

A tal fine, per quanto attiene alla portata delle competenze conferite all’ABE dal suddetto legislatore, occorre constatare che l’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1093/2010 stabilisce che l’ABE opera nel quadro dei poteri ad essa conferiti da detto regolamento e nell’ambito di applicazione di una serie di atti elencati in detta disposizione, comprese le direttive, i regolamenti e le decisioni basati sui predetti atti e ogni altro atto giuridicamente vincolante che attribuisca compiti all’ABE.

77

L’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 1093/2010 stabilisce che l’ABE opera altresì nel settore di attività degli enti creditizi, dei conglomerati finanziari, delle imprese di investimento, degli istituti di pagamento e degli istituti di moneta elettronica, in relazione a questioni non direttamente contemplate negli atti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, di detto regolamento, incluse le questioni relative alla governance, alla revisione contabile e all’informativa finanziaria, purché tali azioni dell’ABE siano necessarie per assicurare l’applicazione effettiva e coerente di tali atti.

78

Per quanto attiene, più specificamente, al potere riconosciuto all’ABE di emanare orientamenti, l’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1093/2010 prevede che l’ABE ha il compito di contribuire all’elaborazione di norme e prassi comuni di regolamentazione e vigilanza di elevata qualità, in particolare elaborando orientamenti e raccomandazioni basati sugli atti legislativi di cui all’articolo 1, paragrafo 2, di detto regolamento.

79

L’articolo 8, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 1093/2010 stabilisce, dal canto suo, che l’ABE dispone, per l’esecuzione «dei compiti» enumerati nell’articolo 8, paragrafo 1, dello stesso regolamento, della competenza per emanare orientamenti e formulare raccomandazioni secondo le modalità previste al successivo articolo 16, mentre l’articolo 8, paragrafo 1 bis, di detto regolamento precisa che, nell’assolvimento dei suoi compiti in conformità del medesimo, l’ABE fa uso di tutti i poteri di cui dispone.

80

In questo contesto, si deve osservare che, tra i compiti attribuiti all’ABE rientrano, in particolare, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, lettere b) e h), del regolamento n. 1093/2010, quello di contribuire all’applicazione uniforme degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, in particolare contribuendo a una cultura comune della vigilanza, assicurando l’applicazione uniforme, efficiente ed efficace degli atti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, di detto regolamento, e quello di promuovere la tutela di depositanti e investitori.

81

Inoltre, l’articolo 16 del regolamento n. 1093/2010, cui rinvia l’articolo 8, paragrafo 2, lettera c), di quest’ultimo e che è citato negli orientamenti controversi quale loro fondamento giuridico, dispone, al proprio paragrafo 1, che, al fine di istituire prassi di vigilanza uniformi, efficienti ed efficaci nell’ambito del SEVIF e per assicurare l’applicazione comune, uniforme e coerente del diritto dell’Unione, l’ABE emana orientamenti e formula raccomandazioni indirizzate alle autorità competenti o agli istituti finanziari.

82

Peraltro, in forza dell’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 1093/2010, l’obiettivo dell’ABE è proteggere l’interesse pubblico contribuendo alla stabilità e all’efficacia a breve, medio e lungo termine del sistema finanziario, a beneficio dell’economia dell’Unione, dei suoi cittadini e delle sue imprese. L’articolo 1, paragrafo 5, lettere e) ed f), di tale regolamento precisa, parimenti, che l’ABE contribuisce, segnatamente, ad assicurare che il rischio di credito e altri rischi siano adeguatamente regolamentati e oggetto di opportuna vigilanza e ad aumentare la protezione dei consumatori.

83

Alla luce di quanto precede, occorre constatare, da un lato, che la validità degli orientamenti emanati dall’ABE è subordinata al rispetto delle disposizioni del regolamento n. 1093/2010 che disciplinano, nello specifico, il potere riconosciuto a detta autorità di emanare orientamenti, ma anche all’inclusione di tali orientamenti nell’ambito di azione dell’ABE che l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, di detto regolamento definisce con riferimento all’applicazione di taluni atti dell’Unione, come conferma peraltro la circostanza che l’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento prevede che gli orientamenti emanati dall’ABE devono basarsi sugli atti dell’Unione di cui all’articolo 1, paragrafo 2, dello stesso regolamento.

84

Dall’altro lato, come emerge, in particolare, dai punti 77 e da 80 a 82 della presente sentenza, per assicurare l’applicazione comune, uniforme e coerente del diritto dell’Unione, l’ABE può emanare orientamenti relativi agli obblighi di vigilanza prudenziale gravanti sugli istituti interessati, segnatamente al fine di tutelare gli interessi dei depositanti e degli investitori mediante un adeguato inquadramento dell’assunzione di rischi finanziari, posto che nulla nel regolamento n. 1093/2010 consente di ritenere che siano escluse da tale potere misure relative all’ideazione e alla commercializzazione dei prodotti, ove tali misure rientrino nell’ambito di azione dell’ABE, come precisato al punto 83 della presente sentenza.

85

Nel caso di specie, per quanto concerne il contenuto degli orientamenti controversi, dal punto 5 dei medesimi, recante il titolo «Oggetto», emerge che essi riguardano la costituzione di dispositivi di governance e di controllo sui prodotti quale parte integrante della disciplina generale sui requisiti organizzativi e sul sistema dei controlli interni delle imprese, e i processi interni, le funzioni e le strategie finalizzati all’elaborazione dei prodotti, alla loro immissione sul mercato e alla loro revisione durante l’intero ciclo di vita. Detto punto 5 precisa altresì che tali orientamenti mirano a stabilire procedure per assicurare che gli interessi, gli obiettivi e le caratteristiche del mercato di riferimento siano soddisfatti.

86

A tal fine, l’orientamento 1 degli orientamenti controversi prevede anzitutto che i dispositivi previsti di governance e di controllo sui prodotti dovrebbero garantire, nella fase di elaborazione e di immissione sul mercato dei prodotti, segnatamente, che gli interessi, gli obiettivi e le caratteristiche dei consumatori siano presi in considerazione ed evitare un potenziale pregiudizio per i consumatori.

87

Detto orientamento raccomanda altresì la revisione e l’aggiornamento a cadenza regolare dei dispositivi di governance e di controllo sui prodotti e la loro integrazione nella politica di approvazione dei nuovi prodotti degli istituti interessati, la quale è oggetto dell’orientamento 23 degli orientamenti dell’ABE sull’organizzazione interna, quale requisito relativo a tale organizzazione diretto a garantire la gestione dei rischi.

88

Inoltre, l’orientamento 2 degli orientamenti controversi incoraggia, più in generale, detti istituti a integrare i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti nel proprio sistema di governance, di gestione dei rischi e dei controlli interni. Esso precisa, altresì, il ruolo che occorrerebbe a tal fine conferire a diversi organi di detti istituti, richiamandosi, anche in questo caso, a differenti aspetti degli orientamenti dell’ABE sull’organizzazione interna. In particolare, l’orientamento 2.4 precisa che l’alta dirigenza deve garantire che il personale coinvolto nell’ideazione di un prodotto conosca i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti e si attenga ad essi, sia competente e adeguatamente formato, e abbia una comprensione e una conoscenza delle specificità, delle caratteristiche e dei rischi del prodotto.

89

Infine, in tale contesto, da un lato, gli orientamenti da 3 a 8 degli orientamenti controversi concretizzano i dispositivi di governance e di controllo che, secondo tali orientamenti, dovrebbero essere integrati nel sistema di governance interna degli istituti interessati.

90

Più precisamente, detti orientamenti da 3 a 8 esortano ad adottare varie misure per garantire che l’ideazione e la commercializzazione di un prodotto siano adeguate in considerazione del mercato di riferimento pertinente, che detto prodotto sia testato, monitorato, corretto, distribuito attraverso canali adeguati e accompagnato da informazioni destinate ai distributori. L’orientamento 3.3 precisa così che il produttore dovrebbe ideare e immettere sul mercato solo prodotti con caratteristiche, costi e rischi che rispondano agli interessi, agli obiettivi e alle caratteristiche dello specifico mercato di riferimento individuato, e vi apportino benefici.

91

I succitati orientamenti da 3 a 8 precisano pertanto diversi aspetti delle procedure che dovrebbero essere attuate, all’interno degli istituti interessati, per garantire un controllo sufficiente dell’ideazione e della commercializzazione dei prodotti e, quindi, controllare i rischi che ne derivano.

92

Dall’altro lato, gli orientamenti da 9 a 12 degli orientamenti controversi definiscono, nei confronti dei distributori, standard comparabili a quelli stabiliti dagli orientamenti da 3 a 8 degli orientamenti controversi per quanto riguarda i produttori.

93

Su tale base, occorre valutare, in primo luogo, se gli orientamenti controversi rientrino nell’ambito di azione dell’ABE, come definito all’articolo 1, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1093/2010.

94

A questo riguardo, dai punti 76, 77 e 83 della presente sentenza emerge che la validità degli orientamenti emanati dall’ABE, i quali, come gli orientamenti controversi, riguardano questioni legate alla governance d’impresa, è subordinata alla condizione che essi si inseriscano nell’ambito di applicazione di almeno uno degli atti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1093/2010 o che siano necessari per garantire l’applicazione coerente ed efficace di un siffatto atto.

95

Dal punto 6 degli orientamenti controversi risulta che essi specificano i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti in relazione all’articolo 74, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, all’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva 2007/64, all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/110 e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2014/17.

96

Orbene, tutte queste direttive devono essere considerate come atti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1093/2010.

97

Anzitutto, le direttive 2013/36 e 2009/110 sono esplicitamente menzionate a tale disposizione.

98

Poi, sebbene la direttiva 2007/64 non fosse, per contro, citata nella versione dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1093/2010 applicabile alla data di emissione degli orientamenti controversi, occorre sottolineare, da un lato, che in detta versione di tale disposizione era menzionata la direttiva 2015/2366, che è succeduta alla direttiva 2007/64, e, dall’altro, che quest’ultima direttiva era menzionata nella versione di detta disposizione applicabile prima del 12 gennaio 2016.

99

Risulta quindi che, a causa di un errore materiale, il legislatore dell’Unione ha sostituito con un riferimento alla direttiva 2015/2366 il riferimento alla direttiva 2007/64, senza considerare il fatto che la prima di dette direttive avrebbe abrogato, a norma del suo articolo 114, la seconda solo a decorrere dal 13 gennaio 2018.

100

In tali circostanze, occorre interpretare il riferimento alla direttiva 2015/2366 che figurava nell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1093/2010 alla data di emissione degli orientamenti controversi come riferito, a tale data, alla direttiva 2007/64.

101

Infine, benché nemmeno la direttiva 2014/17 sia citata nell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1093/2010, l’articolo 29, paragrafo 2, lettera a), l’articolo 34, paragrafi 2 e 4, nonché l’articolo 37 dello stesso regolamento stabiliscono che l’ABE deve adottare varie misure per assicurare l’attuazione di detta direttiva, cosicché quest’ultima, conferendo compiti all’ABE, deve essere considerata come un atto di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1093/2010.

102

Di conseguenza, spetta ancora alla Corte, al fine di rispondere alla terza questione, verificare se gli orientamenti controversi rientrino effettivamente nell’ambito di applicazione delle direttive di cui al punto 6 dei medesimi orientamenti o se essi siano necessari per garantirne l’applicazione coerente ed efficace.

103

Per quanto attiene, anzitutto, alla direttiva 2013/36, il suo articolo 74, paragrafo 1, prevede che gli enti da essa considerati sono dotati di solidi dispositivi di governance, ivi compresa una chiara struttura dell’organizzazione con linee di responsabilità ben definite, trasparenti e coerenti, di processi efficaci per l’identificazione, la gestione, la sorveglianza e la segnalazione dei rischi ai quali sono o potrebbero essere esposti, e di adeguati meccanismi di controllo interno, ivi comprese valide procedure amministrative e contabili nonché politiche e prassi di remunerazione che riflettano e promuovano una sana ed efficace gestione del rischio.

104

A tal riguardo, occorre osservare che, come affermano l’ABE e l’ACPR, l’immissione sul mercato, da parte degli istituti finanziari, di prodotti bancari elaborati e commercializzati senza tener conto delle caratteristiche dei mercati considerati e di quelle dei consumatori interessati può comportare rischi considerevoli per detti istituti, in particolare esponendoli a costi notevoli legati all’insorgenza di responsabilità in capo ad essi e alla pronuncia di sanzioni nei loro confronti.

105

Tale considerazione si riflette peraltro nella relazione finale dell’ABE, del 15 luglio 2015, sugli orientamenti controversi, che sottolinea altresì che la condotta degli istituti finanziari, con riferimento anche alla vendita al dettaglio, interessa le autorità di regolamentazione non soltanto in un’ottica di protezione dei consumatori, ma anche in una prospettiva prudenziale e in linea con l’obiettivo di promuovere la fiducia dei mercati, la stabilità finanziaria e l’integrità del sistema finanziario a livello nazionale ed europeo.

106

Posto che, come emerge dai punti da 86 a 92 della presente sentenza, gli orientamenti controversi mirano a definire in che modo gli istituti interessati debbano ricomprendere dispositivi di governance e di controllo sui prodotti, destinati a garantire che sia tenuto conto delle caratteristiche dei mercati considerati e quelle dei consumatori interessati, nelle loro strutture e nelle loro procedure interne, si deve ritenere che tali orientamenti stabiliscano principi destinati a garantire processi efficaci per l’identificazione, la gestione e la sorveglianza dei rischi e adeguati meccanismi di controllo interno, ai sensi dell’articolo 74, paragrafo 1, della direttiva 2013/36, al fine di garantire l’esistenza dei solidi dispositivi di governance richiesti dalla suddetta disposizione.

107

Inoltre, dato che l’articolo 74, paragrafo 3, della direttiva di cui trattasi prevede espressamente che, nell’emanare orientamenti in merito ai dispositivi, ai processi e ai meccanismi di cui al paragrafo 1 di detto articolo, l’ABE deve conformarsi al paragrafo 2 del medesimo articolo, si deve sottolineare che l’integrazione in detti processi e meccanismi di elementi destinati a tener conto della situazione sui mercati di riferimento deve essere considerata come parte dell’adeguamento, richiesto all’articolo 74, paragrafo 2, della medesima direttiva, dei suddetti processi e meccanismi alla complessità dei rischi inerenti al modello imprenditoriale e alle attività dell’ente.

108

Queste considerazioni non sono rimesse in discussione né dal fatto che gli orientamenti controversi si riferiscono specificamente alla governance e al controllo sui prodotti, né dalla particolare posizione che detti orientamenti riconoscono agli interessi, agli obiettivi e alle caratteristiche dei consumatori, benché tali elementi non siano direttamente menzionati nell’articolo 74 della direttiva 2013/36.

109

Da un lato, come sottolineato al punto 5 degli orientamenti controversi, questi ultimi non disciplinano l’idoneità dei prodotti rispetto ai singoli consumatori.

110

Dai punti da 86 a 92 della presente sentenza risulta, al contrario, che i suddetti orientamenti si riferiscono agli interessi, agli obiettivi e alle caratteristiche dei consumatori solo affinché tali interessi, obiettivi e caratteristiche siano presi in considerazione nei processi di gestione del rischio e nei meccanismi di governance interna degli istituti interessati.

111

Dall’altro lato, occorre sì osservare che i criteri tecnici definiti negli articoli da 76 a 95 della direttiva 2013/36, cui rinvia il suo articolo 74, paragrafo 2, non si riferiscono specificamente né alla governance e al controllo sui prodotti, né agli interessi, obiettivi e alle caratteristiche dei consumatori.

112

Tuttavia, il fatto che, ai sensi di detto articolo 74, paragrafo 2, occorra tener conto di tali criteri tecnici non può implicare che i solidi dispositivi di governance di cui all’articolo 74, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi debbano essere definiti esclusivamente sulla base di detti criteri tecnici.

113

Ne consegue che gli orientamenti controversi possono essere ritenuti necessari per garantire l’applicazione coerente ed efficace dell’articolo 74, paragrafo 1, della direttiva 2013/36.

114

Poi, l’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva 2007/64 impone, per quanto attiene agli istituti che intendono prestare servizi di pagamento, obblighi formulati in termini identici a quelli indicati nell’articolo 74, paragrafo 1, della direttiva 2013/36.

115

Dalle considerazioni esposte nei punti da 103 a 110 della presente sentenza, deriva quindi che gli orientamenti controversi, che riguardano, tra gli altri prodotti, i servizi di pagamento, possono essere considerati necessari a garantire l’applicazione coerente ed efficace dell’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva 2007/64.

116

Inoltre, lo stesso vale per l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/110, posto che tale disposizione si limita a prevedere l’applicazione agli istituti di moneta elettronica di determinati articoli della direttiva 2007/64, tra i quali figura il suo articolo 10.

117

Infine, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2014/17 dispone, segnatamente, che il creditore, l’intermediario del credito o il rappresentante designato, quando mettono a punto prodotti creditizi o concedono, fungono da intermediari o forniscono servizi di consulenza concernenti crediti ai consumatori relativi a beni immobili residenziali agiscano in maniera onesta, equa, trasparente e professionale, tenendo conto dei diritti e degli interessi dei consumatori.

118

Detta disposizione precisa altresì che, nell’ambito della concessione, dello svolgimento di attività di intermediario o della fornitura di servizi di consulenza relativi a tali crediti, le attività si basano sulle informazioni circa la situazione del consumatore e su ogni bisogno particolare che questi ha comunicato e su ipotesi ragionevoli circa i rischi cui è esposta la situazione del consumatore per tutta la durata del contratto di credito.

119

Orbene, occorre anzitutto ricordare che l’orientamento 1 degli orientamenti controversi precisa che i dispositivi di governance e di controllo sui prodotti descritti dovrebbero garantire che, nella fase di elaborazione e di immissione sul mercato dei prodotti, siano presi in considerazione gli interessi, gli obiettivi e le caratteristiche dei consumatori ed evitati potenziali danni per questi ultimi.

120

Inoltre, la presa in considerazione degli interessi, degli obiettivi e delle caratteristiche dei mercati di riferimento, oggetto degli orientamenti 3 e 11 degli orientamenti controversi, presuppone di determinare e poi di integrare la situazione dei consumatori presenti su detti mercati all’interno del processo decisionale.

121

Occorre, infine, sottolineare che le concrete misure citate negli orientamenti 4, 5, 7, 9 e 12 sono definite richiamando esplicitamente la presa in considerazione, in diverse fasi dell’ideazione e della commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, degli interessi, degli obiettivi e delle caratteristiche dei consumatori.

122

Gli orientamenti controversi possono pertanto essere ritenuti necessari per garantire l’applicazione coerente ed efficace dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2014/17.

123

Gli orientamenti controversi devono quindi essere considerati come rientranti nell’ambito di azione dell’ABE, come definito, in termini generali, nell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1093/2010.

124

In secondo luogo, occorre stabilire se gli orientamenti controversi rientrino nel quadro specifico stabilito dal legislatore dell’Unione ai fini dell’esercizio del potere dell’ABE di emanare orientamenti.

125

A questo riguardo, alla luce segnatamente degli elementi illustrati nei punti da 119 a 121 della presente sentenza, risulta anzitutto che gli orientamenti controversi mirano a contribuire alla protezione dei consumatori e a quella dei depositanti e degli investitori, indicati nell’articolo 1, paragrafo 5, lettera f), e nell’articolo 8, paragrafo 1, lettera h), del regolamento n. 1093/2010.

126

Inoltre, tenuto conto delle considerazioni svolte nei punti 104 e 110 della presente sentenza, gli orientamenti controversi devono altresì essere ricollegati alle funzioni conferite all’ABE, a norma dell’articolo 1, paragrafo 5, lettera e), per quanto attiene all’inquadramento del rischio assunto dagli istituti finanziari.

127

Infine, gli orientamenti controversi devono essere considerati come diretti a contribuire all’instaurazione di prassi di vigilanza uniformi, efficienti ed efficaci nell’ambito del SEVIF, cui si riferiscono l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1093/2010.

128

Gli orientamenti di cui trattasi danno infatti diretta attuazione ai principi definiti nella posizione comune delle autorità europee di vigilanza sulla governance e il controllo sui prodotti da parte dei produttori (JC‑2013‑77), adottata dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, dall’ABE e dall’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali.

129

Occorre, in particolare, sottolineare che detta posizione comune, che si presenta come diretta a rafforzare la protezione dei consumatori e garantire la stabilità, l’efficacia e l’integrità dei mercati finanziari, prevede espressamente che l’ABE si servirà dei principi ivi definiti per sviluppare requisiti più dettagliati in materia di governance e di controllo sui prodotti bancari.

130

Di conseguenza, occorre constatare che gli orientamenti controversi rientrano nel quadro specifico stabilito dal legislatore dell’Unione per l’esercizio del potere dell’ABE di emanare orientamenti, come risulta dall’articolo 8, paragrafi 1 e 2, e dall’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1093/2010, letti in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 5, dello stesso regolamento.

131

In considerazione di quanto precede, si deve ritenere che gli orientamenti controversi rientrino nelle competenze dell’ABE, come definite da detto legislatore.

132

Risulta pertanto che l’esame della terza questione non ha rivelato alcun elemento atto a inficiare la validità degli orientamenti controversi.

Sulle spese

133

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 263 TFUE deve essere interpretato nel senso che atti quali gli orientamenti dell’Autorità bancaria europea (ABE), del 22 marzo 2016, sui dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio (ABE/GL/2015/18), non possono essere oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi di tale articolo.

 

2)

L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che la Corte è competente, in forza di tale articolo, a valutare la validità di atti quali gli orientamenti dell’Autorità bancaria europea (ABE), del 22 marzo 2016, sui dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio (ABE/GL/2015/18).

 

3)

Il diritto dell’Unione non impone che la ricevibilità, dinanzi a un giudice nazionale, di un’eccezione di illegittimità diretta contro un atto dell’Unione sia subordinata alla condizione che tale atto riguardi direttamente e individualmente il singolo che si avvale di detta eccezione.

 

4)

L’esame della terza questione pregiudiziale non ha rivelato alcun elemento atto a inficiare la validità degli orientamenti dell’Autorità bancaria europea, del 22 marzo 2016, sui dispositivi di governance e di controllo sui prodotti bancari al dettaglio (ABE/GL/2015/18).

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.