SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

12 maggio 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen – Articolo 54 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Articolo 21 TFUE – Libera circolazione delle persone – Avviso rosso dell’Interpol – Direttiva (UE) 2016/680 – Liceità del trattamento di dati personali contenuti in un simile avviso»

Nella causa C‑505/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgericht Wiesbaden (Tribunale amministrativo di Wiesbaden, Germania), con decisione del 27 giugno 2019, pervenuta in cancelleria il 3 luglio 2019, nel procedimento

WS

contro

Bundesrepublik Deutschland,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, A. Prechal, M. Ilešič, L. Bay Larsen, A. Kumin e N. Wahl, presidenti di sezione, T. von Danwitz, F. Biltgen, P.G. Xuereb (relatore), L.S. Rossi, I. Jarukaitis e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 luglio 2020,

considerate le osservazioni presentate:

per WS, inizialmente da S. Wolff e J. Adam, successivamente da J. Adam e S. Schomburg, Rechtsanwälte;

per la Bundesrepublik Deutschland, da M. Meyer, L. Wehle e A. Hansen, in qualità di agenti;

per il governo belga, inizialmente da C. Van Lul, M. Van Regemorter, M. Jacobs, C. Pochet, J.-C. Halleux e P.-J. De Grave, successivamente da M. Van Regemorter, M. Jacobs, C. Pochet, J.‑C. Halleux e P.‑J. De Grave, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da T. Machovičová, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

per il governo danese, inizialmente da J. Nymann-Lindegren, P.Z.L. Ngo e S. Wolff, successivamente da J. Nymann-Lindegren e S. Wolff in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da J. Möller e D. Klebs, in qualità di agenti;

per il governo ellenico, da S. Charitaki, E.‑M. Mamouna e A. Magrippi, in qualità di agenti;

per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente;

per il governo francese, da A.‑L. Desjonquères, A. Daniel, D. Dubois e T. Stehelin, in qualità di agenti;

per il governo croato, da G. Vidović Mesarek, in qualità di agente;

per il governo dei Paesi Bassi, da K. Bulterman e H.S. Gijzen, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per il governo rumeno, inizialmente da C.-R. Canţăr, S.-A. Purza ed E. Gane, successivamente da E. Gane e S.-A. Purza, in qualità di agenti;

per il governo finlandese, da M. Pere, in qualità di agente;

per il governo del Regno Unito, da Z. Lavery, in qualità di agente, assistita da C. Knight, barrister;

per la Commissione europea, da M. Wasmeier, D. Nardi e H. Kranenborg, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 novembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995 (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la «CAAS»), dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 21 TFUE nonché della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU 2016, L 119, pag. 89), in particolare dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra WS e la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), rappresentata dal Bundeskriminalamt (Ufficio federale anticrimine, Germania) (in prosieguo: il «BKA»), in merito ai provvedimenti che la Repubblica federale di Germania sarebbe tenuta ad adottare per tutelare WS dalle conseguenze negative per l’esercizio del diritto di WS alla libera circolazione che possono derivare dalla pubblicazione, su richiesta di uno Stato terzo, di un avviso rosso («Red Notice») emesso dall’Organizzazione internazionale della polizia criminale (in prosieguo: l’«Interpol»).

Contesto normativo

Diritto internazionale

Statuto dell’Interpol

3

L’articolo 2, lettera a), dello statuto dell’Interpol, adottato nel 1956 a Vienna e modificato da ultimo nel 2017 (in prosieguo: lo «Statuto dell’Interpol»), enuncia che l’Interpol ha lo scopo, in particolare, di «assicurare e promuovere la più ampia assistenza reciproca tra le autorità di polizia criminale, nel rispetto dei limiti previsti dalle disposizioni di legge vigenti nei Paesi interessati e alla luce della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo».

4

L’articolo 31 di tale Statuto così dispone:

«Per conseguire i suoi scopi, l’[Interpol] necessita della cooperazione costante e attiva dei suoi Membri, i quali si adoperano, compatibilmente con la legislazione del loro Paese, per partecipare con diligenza alle sue attività».

Regolamento dell’Interpol sul trattamento dei dati

5

L’articolo 1, punto 7, del regolamento dell’Interpol sul trattamento dei dati, adottato nel 2011 e modificato da ultimo nel 2019 (in prosieguo: il «regolamento dell’Interpol sul trattamento dei dati»), così dispone:

«Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:

(...)

7.

per “ufficio centrale nazionale” si intende ogni organismo, designato da un paese [appartenente all’Interpol], preposto a esercitare le funzioni di collegamento previste dall’articolo 32 dello Statuto dell’[Interpol]».

6

L’articolo 73 di questo regolamento, intitolato «Sistema Interpol relativo agli avvisi», enuncia, al paragrafo 1, quanto segue:

«Il sistema Interpol relativo agli avvisi è costituito da un insieme di avvisi pubblicati per scopi specifici e contrassegnati da un codice colorato e di avvisi speciali pubblicati nel quadro di una cooperazione specifica non rientranti nelle precedenti categorie di avvisi».

7

Ai sensi dell’articolo 80 di tale regolamento, intitolato «Esecuzione degli avvisi»:

«1.   Gli [u]ffici centrali nazionali trasmettono:

a)

a tutte le autorità competenti del loro Paese, quanto prima e conformemente alla legislazione nazionale, tutti i dati contenuti negli avvisi che essi ricevono, così come l’aggiornamento di tali avvisi;

(...)».

8

L’articolo 82 dello stesso regolamento, intitolato «Scopo degli avvisi rossi», così recita:

«Gli avvisi di ricerca rossi sono pubblicati su richiesta di un [u]fficio centrale nazionale o di un ente internazionale con facoltà di svolgere indagini e perseguire reati, al fine di richiedere la localizzazione di una persona ricercata, la sua detenzione, il suo arresto o la limitazione dei suoi spostamenti ai fini dell’estradizione, della consegna o di un’azione simile conforme al diritto».

9

L’articolo 83 del regolamento dell’Interpol sul trattamento dei dati, intitolato «Condizioni particolari per la pubblicazione degli avvisi rossi», dispone, al paragrafo 2, lettera b), che gli avvisi rossi devono essere pubblicati solo quando sono stati forniti sufficienti dati giuridici, compreso il riferimento di un mandato di arresto valido o di una decisione giudiziaria equivalente.

10

L’articolo 87 di questo regolamento, rubricato «Misure da adottare quando viene localizzata la persona ricercata», prevede quanto segue:

«Se una persona oggetto di un avviso rosso viene localizzata, occorre adottare le seguenti misure:

a)

il Paese in cui questa persona è stata localizzata:

i.

informa immediatamente l’Ufficio centrale nazionale o l’ente internazionale richiedente e il Segretariato Generale dell’avvenuta localizzazione della persona, fatte salve le restrizioni derivanti dalle norme nazionali e dagli accordi internazionali applicabili;

ii.

adotta tutte le misure ammesse dalle norme nazionali e dagli accordi internazionali applicabili, quali l’arresto della persona ricercata, il controllo o la limitazione dei suoi spostamenti;

b)

l’[u]fficio centrale nazionale o l’ente internazionale richiedente interviene tempestivamente appena ricevuta la notizia dell’avvenuta localizzazione della persona in un altro Paese e, in particolare, assicura la celere trasmissione – entro i limiti di tempo stabiliti per il caso in questione –, su domanda del Paese in cui è la persona è stata localizzata o del Segretariato generale, dei dati e dei documenti giustificativi;

(...)».

Diritto dell’Unione

CAAS

11

L’articolo 54 della CAAS, contenuto nel Capitolo 3, intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem», del Titolo III della medesima, così dispone:

«Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».

12

Ai sensi dell’articolo 57, paragrafi 1 e 2, della CAAS:

«1.   Quando una persona è imputata di un reato in una Parte contraente e le autorità competenti di questa Parte contraente hanno motivo di ritenere che l’imputazione riguarda gli stessi fatti per i quali la persona è già stata giudicata in un’altra Parte contraente con sentenza definitiva, tali autorità, qualora lo ritengano necessario, chiederanno le informazioni rilevanti alle autorità competenti della Parte contraente sul cui territorio la sentenza è stata pronunciata.

2.   Le informazioni richieste saranno fornite al più presto possibile e saranno tenute in considerazione nel decidere se il procedimento deve continuare».

Accordo sull’estradizione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America

13

L’accordo sull’estradizione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, del 25 giugno 2003 (GU 2003, L 181, pag. 27; in prosieguo: l’«accordo UE-USA»), non prevede, ad eccezione del suo articolo 13 relativo alla pena di morte, motivi propri di rifiuto dell’estradizione.

14

L’articolo 17 di tale accordo, intitolato «Inderogabilità», così recita:

«1.   Il presente accordo lascia impregiudicata la facoltà dello Stato richiesto di addurre motivi di rifiuto riguardo ad una questione non disciplinata dal presente accordo che è prevista a norma del trattato bilaterale di estradizione in vigore tra uno Stato membro e gli Stati Uniti d’America.

2.   Lo Stato richiesto e lo Stato richiedente si consultano se i principi costituzionali dello Stato richiesto possono impedire l’adempimento dell’obbligo di estradizione e se nel presente accordo o nel pertinente trattato bilaterale non è prevista la soluzione della questione».

Direttiva 2016/680

15

I considerando 2, 25 e 64 della direttiva 2016/680 enunciano quanto segue:

«(2)

I principi e le norme a tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei loro dati personali dovrebbero rispettarne i diritti e le libertà fondamentali, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali, a prescindere dalla loro nazionalità o dalla loro residenza. La presente direttiva è intesa a contribuire alla realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

(...)

(25)

Tutti gli Stati membri sono affiliati all’[Interpol]. Per svolgere la propria missione, Interpol riceve, conserva e diffonde dati personali nell’intento di aiutare le autorità competenti a prevenire e combattere la criminalità internazionale. È pertanto opportuno rafforzare la cooperazione tra l’Unione e Interpol promuovendo un efficace scambio di dati personali assicurando nel contempo il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali attinenti al trattamento automatizzato dei dati personali. Qualora i dati personali siano trasferiti dall’Unione a Interpol e a paesi che hanno distaccato membri presso Interpol, dovrebbe trovare applicazione la presente direttiva, in particolare le disposizioni relative ai trasferimenti internazionali. (...)

(...)

(64)

Gli Stati membri dovrebbero garantire che un trasferimento verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale avvenga unicamente se necessario ai fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, e che il titolare del trattamento nel paese terzo o presso l’organizzazione internazionale sia un’autorità competente ai sensi della presente direttiva. (...) Un tale trasferimento è ammesso se la Commissione [europea] ha deciso che il paese terzo o l’organizzazione internazionale in questione garantisce un livello di protezione adeguato, se sono state fornite adeguate garanzie o se si applicano deroghe in specifiche situazioni. È opportuno che qualora i dati personali siano trasferiti dall’Unione a titolari del trattamento e responsabili del trattamento o altri destinatari in paesi terzi o a organizzazioni internazionali, il livello di protezione delle persone fisiche previsto nell’Unione dalla presente direttiva non sia compromesso, anche nei casi di trasferimenti successivi dei dati personali dal paese terzo o dall’organizzazione internazionale verso titolari del trattamento o responsabili del trattamento nello stesso o in un altro paese terzo o presso un’altra organizzazione internazionale».

16

L’articolo 1, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce le norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica».

17

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva, quest’ultima «si applica al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1».

18

L’articolo 3, punti 2 e 7, della stessa direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

2.

“trattamento”: qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione;

(...)

7.

“autorità competente”:

a)

qualsiasi autorità pubblica competente in materia di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica; o

b)

qualsiasi altro organismo o entità incaricati dal diritto dello Stato membro di esercitare l’autorità pubblica e i poteri pubblici a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica».

19

L’articolo 4 della direttiva 2016/680, rubricato «Principi applicabili al trattamento di dati personali», enuncia quanto segue:

«1.   Gli Stati membri dispongono che i dati personali siano:

a)

trattati in modo lecito e corretto;

b)

raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime e trattati in modo non incompatibile con tali finalità;

c)

adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono trattati;

(...)».

20

L’articolo 7 di tale direttiva, intitolato «Distinzione tra i dati personali e verifica della qualità dei dati personali», prevede, al paragrafo 3, quanto segue:

«Qualora risulti che sono stati trasmessi dati personali inesatti o che sono stati trasmessi dati personali illecitamente, il destinatario deve esserne informato quanto prima. In tal caso, i dati personali devono essere rettificati o cancellati o il trattamento deve essere limitato a norma dell’articolo 16».

21

L’articolo 8 di detta direttiva, intitolato «Liceità del trattamento», così dispone:

«1.   Gli Stati membri dispongono che il trattamento sia lecito solo se e nella misura in cui è necessario per l’esecuzione di un compito di un’autorità competente, per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e si basa sul diritto dell’Unione o dello Stato membro.

2.   Il diritto dello Stato membro che disciplina il trattamento nell’ambito di applicazione della presente direttiva specifica quanto meno gli obiettivi del trattamento, i dati personali da trattare e le finalità del trattamento».

22

L’articolo 16 della stessa direttiva, intitolato «Diritto di rettifica o cancellazione di dati personali e limitazione di trattamento», enuncia, al paragrafo 2, quanto segue:

«Gli Stati membri impongono al titolare del trattamento di cancellare i dati personali senza ingiustificato ritardo e stabiliscono il diritto dell’interessato di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione di dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo qualora il trattamento violi le disposizioni adottate a norma degli articoli 4, 8 o 10 o qualora i dati personali debbano essere cancellati per conformarsi a un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento».

23

Il capo V della direttiva 2016/680, intitolato «Trasferimenti di dati personali verso paesi terzi o organizzazioni internazionali», comprende gli articoli da 35 a 40 e disciplina, in particolare, le condizioni alle quali i dati personali possono essere trasferiti verso paesi terzi o organizzazioni internazionali.

24

L’articolo 36 di tale direttiva, intitolato «Trasferimento sulla base di una decisione di adeguatezza», prevede, al paragrafo 1, che gli Stati membri dispongano che il trasferimento di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale sia ammesso se la Commissione ha deciso che il paese terzo, un territorio o uno o più settori specifici all’interno del paese terzo, o l’organizzazione internazionale in questione garantiscano un livello di protezione adeguato.

25

L’articolo 37 di tale direttiva, intitolato «Trasferimenti soggetti a garanzie adeguate», stabilisce, al suo paragrafo 1, che, in mancanza di una tale decisione, gli Stati membri dispongono che sia ammesso un trasferimento di dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale se sono fornite garanzie adeguate per la protezione dei dati personali in uno strumento giuridicamente vincolante, oppure se il titolare del trattamento ha valutato tutte le circostanze relative al trasferimento dei dati personali e ritiene che sussistano garanzie adeguate per la protezione dei dati personali.

26

L’articolo 40 della stessa direttiva, intitolato «Cooperazione internazionale per la protezione dei dati personali», prevede che, in relazione ai paesi terzi e alle organizzazioni internazionali, la Commissione e gli Stati membri adottino misure appropriate, in particolare, per sviluppare meccanismi di cooperazione internazionale intesi a facilitare l’applicazione efficace della legislazione sulla protezione dei dati personali e per prestare assistenza reciproca a livello internazionale nell’applicazione della legislazione sulla protezione dei dati personali.

Normativa tedesca

27

L’articolo 153a, paragrafo 1, della Strafprozessordnung (codice di procedura penale tedesco; in prosieguo: la «StPO») prevede, in caso di reati punibili con una pena pecuniaria o con una pena detentiva minima inferiore ad un anno, che il pubblico ministero possa, con il consenso, come regola generale, del giudice competente per l’avvio del procedimento principale e con il consenso della persona sottoposta a procedimento penale, rinunciare provvisoriamente all’esercizio dell’azione penale imponendo a tale persona obblighi e prescrizioni, quali il versamento di una somma di denaro a favore di un ente di beneficenza o all’erario, qualora ciò sia sufficiente a far venir meno l’interesse pubblico all’instaurazione di un procedimento e la gravità del reato non vi osti. Tale articolo prevede che, se la persona sottoposta a procedimento penale rispetta detti obblighi e prescrizioni, la condotta in questione non può più essere perseguita come reato ai sensi di tale disposizione.

28

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Gesetz über das Bundeskriminalamt und die Zusammenarbeit des Bundes und der Länder in kriminalpolizeilichen Angelegenheiten [Legge sull’Ufficio federale anticrimine e sulla collaborazione tra Stato federale e Länder per questioni di polizia criminale), del 1o giugno 2017 (BGBl. 2017 I, pag. 1354), il BKA è l’ufficio centrale nazionale della Repubblica federale di Germania ai fini della cooperazione con l’Interpol.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

29

Nel 2012, su richiesta delle autorità competenti degli Stati Uniti d’America, l’Interpol ha emesso un avviso rosso riguardante WS (in prosieguo: l’«avviso rosso riguardante WS»), cittadino tedesco, finalizzato a localizzarlo, detenerlo, arrestarlo o limitare i suoi spostamenti ai fini della sua eventuale estradizione verso gli Stati Uniti. Tale avviso rosso è stato pubblicato sulla base di un mandato d’arresto emesso dalle autorità competenti degli Stati Uniti d’America in relazione, in particolare, ad accuse di corruzione nei confronti di WS.

30

Secondo il giudice del rinvio, il Verwaltungsgericht Wiesbaden (Tribunale amministrativo di Wiesbaden, Germania), la Staatsanwaltschaft München I (procura di Monaco di Baviera I, Germania) aveva avviato un procedimento di indagine nei confronti di WS riguardante gli stessi fatti oggetto dell’avviso rosso, ancor prima che questo fosse pubblicato. Tale procedimento è stato archiviato con decisione del 27 gennaio 2010, dopo che WS aveva proceduto al pagamento di una somma di denaro, conformemente all’articolo 153a, paragrafo 1, della StPO. Secondo il giudice del rinvio, l’azione penale per i fatti di cui al procedimento principale era quindi estinta in Germania.

31

Nel 2013, a seguito di contatti con WS, il BKA ha ottenuto dall’Interpol l’aggiunta di un addendum all’avviso rosso in questione, in cui si dichiarava che il BKA riteneva applicabile il principio del ne bis in idem, secondo il quale nessuno può essere perseguito due volte per uno stesso reato, in relazione ai fatti oggetto di tale avviso.

32

Nel 2017 WS ha promosso dinanzi al giudice del rinvio un ricorso diretto contro la Repubblica federale di Germania, la quale è rappresentata dal BKA. WS ha chiesto che fosse ordinato a tale Stato membro di adottare tutte le misure necessarie ai fini del ritiro del suddetto avviso rosso. Secondo WS, l’esistenza dell’avviso rosso nei suoi confronti gli impedirebbe di recarsi in uno Stato membro o in uno Stato parte dell’Accordo fra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen il 14 giugno 1985 (GU 2000, L 239, pag. 13) (in prosieguo: lo«Stato contraente») diverso dalla Repubblica federale di Germania senza rischiare l’arresto, poiché, in seguito alla pubblicazione di tale avviso, gli Stati membri e gli Stati contraenti avevano iscritto il suo nome nei loro sistemi nazionali di ricerca. Secondo WS, da un lato, tale situazione è contraria all’articolo 54 della CAAS e all’articolo 21 TFUE e, dall’altro, qualsiasi trattamento, da parte delle autorità degli Stati membri, dei dati personali che lo riguardano e contenuti in detto avviso rosso costituisce, di conseguenza, una violazione delle disposizioni della direttiva 2016/680.

33

Il giudice del rinvio osserva che il trattamento dei dati personali contenuti in un avviso rosso emesso dall’Interpol è disciplinato dall’articolo 4, paragrafo 1, e dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/680. Da quest’ultima disposizione risulta che tale trattamento è lecito solo se e nella misura in cui, da un lato, è necessario per l’esecuzione di un compito di un’autorità competente, per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva e, dall’altro, si basa sul diritto dell’Unione o dello Stato membro. Nel caso di specie, il trattamento dei dati personali relativi a WS, contenuti nell’avviso rosso che lo riguarda, potrebbe quindi essere lecito solo se fosse conforme all’articolo 54 della CAAS, in combinato disposto con l’articolo 50 della Carta e l’articolo 21 TFUE.

34

Orbene, da giurisprudenza costante risulterebbe che il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 50 della Carta nonché all’articolo 54 della CAAS, mira ad evitare, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia previsto all’articolo 3, paragrafo 2, TUE, che una persona giudicata con sentenza definitiva in uno Stato membro o in uno Stato contraente, esercitando il suo diritto alla libera circolazione, sia sottoposta a procedimento penale per i medesimi fatti per i quali è stata definitivamente condannata in un altro Stato membro o in un altro Stato contraente.

35

Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che l’articolo 21 TFUE è applicabile in materia di estradizione anche nelle relazioni tra uno Stato membro e uno Stato terzo. Secondo il giudice del rinvio, lo stesso varrebbe anche nel caso in cui un’organizzazione internazionale, quale l’Interpol, agisca in qualità di intermediario, pubblicando, su richiesta di uno Stato terzo, un avviso rosso per l’arresto di una persona o la limitazione dei suoi spostamenti, ai fini della sua estradizione verso tale Stato terzo. Solo un’interpretazione siffatta dell’ambito di applicazione dell’articolo 21 TFUE consentirebbe di rimuovere gli ostacoli alla libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione derivanti dal rischio di estradizione verso uno Stato terzo dopo aver soggiornato in uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di origine, estradizione che sarebbe illegittima in quanto fondata su un’accusa che, tenuto conto del divieto di una doppia sanzione per i medesimi fatti, violerebbe il diritto dell’Unione.

36

Secondo il giudice del rinvio, il fatto di inserire, nei sistemi nazionali di ricerca, dati personali contenuti in un avviso rosso emesso dall’Interpol costituisce un trattamento di dati personali, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2016/680, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva. Orbene, se il trattamento dei dati personali contenuti in un siffatto avviso è lecito solo se è conforme all’articolo 54 della CAAS, in combinato disposto con l’articolo 50 della Carta e l’articolo 21 TFUE, gli avvisi di ricerca registrati nei sistemi di ricerca degli Stati membri a seguito della pubblicazione di detto avviso dovrebbero allora, nel caso in cui detto trattamento non sia conforme al combinato disposto dell’articolo 54 della CAAS, dell’articolo 50 della Carta e dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, essere cancellati, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, e all’articolo 16 della direttiva 2016/680.

37

Il giudice del rinvio indica che la Commissione e gli Stati membri non sembrano essersi avvalsi, per quanto riguarda l’Interpol, della possibilità, offerta dall’articolo 40 della direttiva 2016/680, di adottare norme sulla cooperazione internazionale nel settore della protezione dei dati personali in relazione ai paesi terzi e alle organizzazioni internazionali. Inoltre, gli articoli 36 e 37 di questa direttiva sarebbero riferibili unicamente ai trasferimenti di dati personali all’Interpol, e non al trasferimento di tali dati dall’Interpol agli Stati membri. Secondo il giudice del rinvio, detta direttiva contiene quindi una lacuna normativa che dovrebbe essere colmata. Il fatto che l’Interpol proceda al trasferimento verso gli Stati membri di dati personali contenuti nei suoi avvisi rossi, nonostante l’applicabilità del principio del ne bis in idem ai fatti oggetto di tali avvisi, e non assicuri che tali dati siano cancellati senza indugio quando il trattamento di tali dati è illecito solleverebbe seri dubbi in merito all’affidabilità, in materia di protezione dei dati personali, di tale organizzazione.

38

Secondo il giudice del rinvio, l’esito della controversia principale dipende quindi dall’interpretazione dell’articolo 54 della CAAS, dell’articolo 50 della Carta, dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE nonché delle disposizioni della direttiva 2016/680. Infatti, nell’ipotesi in cui il principio del ne bis in idem si applicasse al caso di specie, rendendo illecito il fatto di continuare a mostrare, nei sistemi nazionali di ricerca, un avviso di ricerca riguardante WS, emesso da uno Stato terzo e trasmesso mediante un avviso rosso dell’Interpol, non sarebbe consentito agli Stati membri procedere al trattamento dei dati personali contenuti in tale avviso. Di conseguenza, gli avvisi di ricerca riguardanti WS e registrati nei sistemi di ricerca degli Stati membri a seguito della pubblicazione di detto avviso rosso dovrebbero essere cancellati, garantendo pertanto a WS l’esercizio della sua libertà di circolazione nell’Unione e nello spazio Schengen.

39

In tali circostanze, il Verwaltungsgericht Wiesbaden (Tribunale amministrativo di Wiesbaden) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 54 della CAAS, in combinato disposto con l’articolo 50 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che esso osta anche al mero avvio di un procedimento penale per il medesimo fatto in tutti gli [Stati contraenti], nel caso in cui il pubblico ministero, in Germania, abbia archiviato un procedimento penale precedentemente promosso, dopo che l’imputato abbia assolto taluni obblighi e, in particolare, abbia provveduto al versamento di una determinata somma fissata dal pubblico ministero medesimo.

2)

Se l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE osti a che gli Stati membri diano esecuzione a richieste di arresto presentate da Stati terzi nell’ambito di un’organizzazione internazionale quale l’[Interpol] qualora la persona interessata dalla richiesta di arresto sia un cittadino dell’Unione e lo Stato membro di cui sia cittadino abbia comunicato all’organizzazione internazionale e, quindi, anche agli Stati membri, i propri dubbi in merito alla compatibilità della richiesta di arresto con il principio del ne bis in idem.

3)

Se l’articolo 21, paragrafo 1, del TFUE osti anche al mero avvio di un procedimento penale e alla detenzione provvisoria negli Stati membri di cui l’interessato non possieda la cittadinanza, qualora ciò sia in contrasto con il principio del ne bis in idem.

4)

Se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a) e l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2016/680, in combinato disposto con l’articolo 54 della CAAS e con l’articolo 50 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che gli Stati membri sono obbligati ad emanare norme dirette a garantire che, nel caso di una procedura di estinzione dell’azione penale in uno Stato contraente, sia escluso, in tutti gli [Stati contraenti] di dar seguito a “Red Notices” [avvisi rossi] dell’Interpol che potrebbero condurre ad un nuovo procedimento penale.

5)

Se un’organizzazione internazionale quale l’Interpol possieda un livello adeguato di protezione dei dati, in assenza di una decisione di adeguatezza ai sensi dell’articolo 36 della direttiva (UE) 2016/680 ovvero di garanzie adeguate ai sensi dell’articolo 37 della direttiva (UE) 2016/680.

6)

Se gli Stati membri possano continuare a trattare dati registrati da Stati terzi presso l’Interpol in una circolare di segnalazione (“Red Notice”), soltanto a condizione che lo Stato terzo, con la circolare di segnalazione, diffonda una richiesta di arresto ed estradizione e faccia richiesta di arresto, che non sia in contrasto con il diritto dell’Unione, in particolare con il principio del ne bis in idem».

Procedimento dinanzi alla Corte

40

Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

41

Il 12 luglio 2019 la Corte, rilevato, in particolare, che WS non si trovava in stato di detenzione, ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, che non vi era luogo per un accoglimento di detta richiesta.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

42

Molte delle parti interessate che hanno presentato osservazioni scritte o che hanno partecipato all’udienza dinanzi alla Corte hanno contestato la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale o di alcune delle questioni poste dal giudice del rinvio.

43

In primo luogo, il governo belga deduce, in sostanza, che il giudice del rinvio non individua con sufficiente precisione l’oggetto del procedimento principale nonché gli elementi di fatto pertinenti e non illustra i motivi che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione oggetto della decisione di rinvio, in violazione delle prescrizioni dell’articolo 94, lettere a) e c), del regolamento di procedura.

44

In secondo luogo, il governo ellenico sostiene che dalla decisione di rinvio non risulta che WS abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione ai sensi dell’articolo 21 TFUE, ragion per cui la questione sull’avvenuta violazione di tale diritto sarebbe ipotetica. Da tale decisione non risulterebbe neppure che dati personali riguardanti WS e contenuti nell’avviso rosso che lo riguarda siano stati registrati in sistemi di ricerca degli Stati membri a seguito della probabile trasmissione di tale avviso da parte dell’Interpol alle autorità competenti degli Stati membri dell’Interpol.

45

In terzo luogo, ad avviso della Repubblica federale di Germania, del governo tedesco e del governo ceco, le questioni sollevate dal giudice del rinvio hanno carattere puramente ipotetico, in quanto non presenterebbero alcun rapporto con la controversia principale che contrappone WS alla Repubblica federale di Germania. Tali questioni riguarderebbero, infatti, esclusivamente gli obblighi cui sarebbero tenuti gli Stati membri diversi dalla Repubblica federale di Germania.

46

In quarto luogo, i governi belga, ceco, tedesco e dei Paesi Bassi osservano che il giudice del rinvio, in quanto giudice tedesco, non è competente a decidere in che modo gli Stati membri diversi dalla Repubblica federale di Germania debbano o meno agire nei confronti di WS.

47

In quinto luogo, i governi belga e ceco nonché la Commissione sostengono che la quinta questione, relativa al livello di protezione dei dati personali garantito dall’Interpol, è irricevibile, in quanto riguarderebbe una situazione ipotetica.

48

In sesto luogo, infine, la Repubblica federale di Germania, i governi belga, tedesco e spagnolo nonché il governo del Regno Unito ritengono che, in ogni caso, a seguito della cancellazione da parte dell’Interpol, il 5 settembre 2019, dell’avviso rosso riguardante WS, le questioni pregiudiziali siano divenute prive di oggetto e siano quindi irricevibili.

49

Occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, l’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino, segnatamente, un’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione che siano essenziali ai fini della pronuncia nel merito della causa di cui sono investiti, e detti giudici sono liberi di esercitare tale facoltà in qualsiasi momento del procedimento che ritengono opportuno (sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

50

Parimenti, la Corte ha ripetutamente ricordato che le questioni sollevate dai giudici nazionali vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su siffatte questioni è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenze del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 36).

51

Per quanto riguarda la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, occorre ricordare, in primo luogo, che dall’articolo 94, lettere a) e c), del regolamento di procedura risulta che una domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere, oltre al testo delle questioni sottoposte alla Corte, in particolare, un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni, e l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale.

52

Nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale soddisfa i requisiti prescritti da tale disposizione. Tale domanda fornisce infatti, seppur succintamente, le necessarie precisazioni sui fatti rilevanti e sull’oggetto del procedimento principale, ossia, da un lato, l’ostacolo all’esercizio della libertà di circolazione da parte di WS negli Stati membri e negli Stati contraenti diversi dalla Repubblica federale di Germania che, secondo il giudice del rinvio, deriva dalla pubblicazione dell’avviso rosso relativo a WS e dalla registrazione nei sistemi di ricerca nazionali dei dati personali che lo riguardano e contenuti in tale avviso e, dall’altro, gli sforzi compiuti da WS per ottenere la rimozione di tale ostacolo attraverso un ricorso contro quest’ultimo Stato membro. Inoltre, il giudice del rinvio ha precisato, come menzionato al punto 37 della presente sentenza, i motivi che l’hanno indotto a sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale e il collegamento che, a suo avviso, esiste tra le disposizioni del diritto dell’Unione oggetto di tale domanda e il procedimento principale.

53

Del resto, occorre rilevare che tutti gli interessati che hanno partecipato al procedimento dinanzi alla Corte sono stati in grado di presentare utilmente le loro osservazioni sulle questioni sollevate dal giudice del rinvio, alla luce dei fatti rilevanti e dell’oggetto del procedimento principale quali descritti nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

54

In secondo luogo, il fatto che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulti che WS non sembra aver esercitato, a seguito della pubblicazione dell’avviso rosso che lo riguarda, il suo diritto alla libera circolazione ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, non significa che il problema oggetto di tale domanda sia ipotetico. Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio risulta infatti che WS ha proposto il ricorso pendente dinanzi ad esso proprio al fine di creare le condizioni necessarie per consentirgli di esercitare il suo diritto alla libera circolazione senza correre il rischio di essere arrestato nello Stato membro in cui intende recarsi, a causa dell’esistenza di detto avviso.

55

Inoltre, per quanto riguarda la direttiva 2016/680, se è vero che la domanda di pronuncia pregiudiziale non fa riferimento a elementi di prova che dimostrino che dati personali relativi a WS, contenuti nell’avviso rosso che lo riguarda, siano stati effettivamente registrati in sistemi di ricerca degli Stati membri diversi da quelli tenuti dalla Repubblica federale di Germania, a seguito della pubblicazione di tale avviso da parte dell’Interpol, occorre tuttavia rilevare che non è concepibile che gli Stati membri dell’Interpol, nel novero dei quali rientrano tutti gli Stati membri e tutti gli Stati contraenti, possano, con riferimento alle persone ricercate attraverso un avviso rosso dell’Interpol, adempiere il proprio obbligo di «cooperazione costante ed attiva» con tale organizzazione, enunciato all’articolo 31 dello Statuto dell’Interpol, senza registrare nei propri sistemi di ricerca i dati personali di dette persone contenuti in un simile avviso, a meno che non vi siano validi motivi per non procedervi.

56

Inoltre, dall’articolo 80 del regolamento dell’Interpol sul trattamento dei dati risulta che, qualora l’Interpol pubblichi un avviso rosso, gli uffici centrali nazionali degli Stati membri di tale organizzazione trasmettono tutti i dati contenuti in tale avviso, tra i quali figurano i dati personali della persona interessata da tale avviso, a tutte le autorità competenti del loro Stato membro. Ebbene, nessun elemento portato a conoscenza della Corte consente di dubitare che una siffatta trasmissione sia avvenuta, negli Stati membri, con riferimento ai dati personali relativi a WS contenuti nell’avviso rosso che lo riguarda.

57

In terzo luogo, il fatto che le questioni pregiudiziali riguardino esclusivamente gli obblighi cui sarebbero tenuti gli Stati membri e gli Stati contraenti diversi dalla Repubblica federale di Germania non significa che tali questioni non abbiano alcuna relazione con la controversia principale. Infatti, sebbene tale controversia verta sull’asserito obbligo della Repubblica federale di Germania e, pertanto, delle autorità tedesche, di proteggere WS dalle conseguenze negative che l’avviso rosso dell’Interpol che lo riguarda può comportare rispetto all’esercizio del suo diritto alla libera circolazione, l’esistenza e la portata di tale obbligo possono dipendere dagli eventuali obblighi posti a carico degli Stati membri e degli Stati contraenti nei confronti di una persona che è oggetto di un avviso rosso dell’Interpol, in una situazione in cui possa trovare applicazione il principio del ne bis in idem, compreso il caso del trattamento dei dati personali contenuti in un simile avviso ai sensi della direttiva 2016/680.

58

In quarto luogo, dato che, come risulta dal punto precedente, il ricorso principale è diretto esclusivamente contro la Repubblica federale di Germania e, pertanto, contro le competenti autorità tedesche, la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere rimessa in discussione con la motivazione che il giudice del rinvio non è competente a pronunciarsi sugli obblighi incombenti alle autorità degli altri Stati membri. Infatti, tale giudice dovrà pronunciarsi, nell’ambito del procedimento principale, solo sugli obblighi gravanti sulla Repubblica federale di Germania e sulle autorità tedesche.

59

In quinto e ultimo luogo, se è vero che, in seguito alla cancellazione da parte dell’Interpol dell’avviso rosso riguardante WS il 5 settembre 2019, l’ostacolo che tale avviso poteva presentare per la libera circolazione di WS è venuto meno, occorre tuttavia rilevare che il giudice del rinvio ha informato la Corte, nella sua risposta dell’11 novembre 2019 a una domanda di quest’ultima relativa alle potenziali conseguenze di tale cancellazione per la domanda di pronuncia pregiudiziale, che WS aveva espresso l’intenzione di adeguare il proprio ricorso nel senso di un’azione di accertamento (Feststellungsklage), volta a chiedere che sia accertato l’obbligo della Repubblica federale di Germania di prendere tutte le misure necessarie, da un lato, per evitare che l’Interpol pubblichi un eventuale nuovo avviso rosso riguardante gli stessi fatti menzionati nell’avviso rosso relativo a WS e, dall’altro, per cancellare un eventuale nuovo avviso rosso, qualora fosse pubblicato dall’Interpol. Tale giudice precisa che sarebbe altresì possibile interpretare le conclusioni del ricorso principale nel senso che esso riguarderebbe d’ora in poi un’azione per accertamento di illegittimità (Fortsetzungsfeststellungsklage).

60

A tale riguardo, il giudice del rinvio ha anche precisato che la controversia principale non è divenuta priva di oggetto e che, nel caso di ciascuno dei due ricorsi menzionati al punto precedente, una risposta alle questioni che esso pone continua ad essere necessaria per definire tale controversia.

61

Ebbene, occorre ricordare, a tale riguardo, che, secondo costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza (v. sentenza del 26 ottobre 2017, Argenta Spaarbank, C‑39/16, EU:C:2017:813, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

62

Quanto alla ricevibilità delle varie questioni pregiudiziali, occorre rilevare, per quanto riguarda le questioni dalla prima alla quarta e la sesta questione, che, alla luce delle considerazioni esposte dal giudice nazionale, non risulta che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta da tale giudice non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale nello stato in cui si trova a seguito della cancellazione dell’avviso rosso riguardante WS il 5 settembre 2019, né che il problema menzionato nella domanda di pronuncia pregiudiziale sia diventato ipotetico a seguito di tale cancellazione.

63

Ne consegue che le questioni dalla prima alla quarta e la sesta questione devono essere considerate ricevibili.

64

Diverso è il caso della quinta questione. Infatti, con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’Interpol disponga di un livello di protezione dei dati personali sufficiente a consentire alle autorità soggette alle disposizioni della direttiva 2016/680 di procedere al trasferimento di tali dati a detta organizzazione. Tuttavia, il giudice del rinvio non ha minimamente spiegato perché la risposta della Corte a tale questione sarebbe necessaria ai fini della soluzione della controversia principale.

65

È vero che dall’articolo 87 del regolamento dell’Interpol sul trattamento dei dati risulta che lo Stato sul cui territorio una persona ricercata mediante un avviso rosso è stata localizzata ne informa immediatamente l’autorità all’origine di tale nota nonché l’Interpol, fatte salve le restrizioni derivanti dalla legislazione di tale Stato e dagli accordi internazionali applicabili. Sotto tale aspetto, un avviso rosso emesso dall’Interpol può quindi comportare un trasferimento di dati personali da uno Stato membro all’Interpol. Tuttavia, tale situazione non è presa in considerazione dal giudice del rinvio, il quale, per quanto riguarda i suoi dubbi sull’affidabilità dell’Interpol in termini di protezione dei dati personali, si basa esclusivamente sul fatto che detta organizzazione ha effettuato un trasferimento di tali dati verso gli Stati membri mediante l’avviso rosso riguardante WS e ha mantenuto tale avviso alla data della domanda di pronuncia pregiudiziale, nonostante il fatto che, secondo il giudice del rinvio, il principio del ne bis in idem fosse applicabile.

66

In tali circostanze, poiché l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dalla quinta questione manifestamente non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, detta questione deve essere dichiarata irricevibile.

Nel merito

Sulle questioni dalla prima alla terza

67

Con le sue questioni dalla prima alla terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 54 della CAAS e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 50 della Carta, ostino all’arresto provvisorio, da parte delle autorità di uno Stato contraente o di quelle di uno Stato membro, di una persona interessata da un avviso rosso pubblicato dall’Interpol, su richiesta di uno Stato terzo, qualora, da un lato, tale persona sia già stata oggetto di un procedimento penale in uno Stato contraente o in uno Stato membro, archiviato dal pubblico ministero dopo che l’interessato ha soddisfatto determinate condizioni, e, dall’altro, le autorità di tale Stato contraente o di tale Stato membro abbiano comunicato all’Interpol che esse ritenevano che tale procedimento riguardasse gli stessi fatti oggetto di detto avviso rosso.

68

In via preliminare, occorre rilevare che dall’articolo 87 del regolamento di Interpol sul trattamento dei dati risulta che, se una persona oggetto di un avviso rosso viene localizzata in uno Stato membro dell’Interpol, tale Stato deve, in particolare, procedere all’arresto provvisorio della persona ricercata oppure controllare o limitare gli spostamenti di quest’ultima, purché tali misure siano autorizzate dalla sua legislazione nazionale e dagli accordi internazionali applicabili.

69

L’articolo 54 della CAAS vieta a uno Stato contraente di sottoporre una persona a procedimento penale per i medesimi fatti per i quali è già stata giudicata con sentenza definitiva da un altro Stato contraente, a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o non possa più essere eseguita secondo le leggi di quest’ultimo Stato.

70

Inoltre, come risulta dall’articolo 54 della CAAS e dall’articolo 50 della Carta, il principio del ne bis in idem deriva dalle tradizioni costituzionali comuni sia agli Stati membri sia agli Stati contraenti. Occorre dunque interpretare l’articolo 54 della CAAS alla luce dell’articolo 50 della Carta, di cui garantisce il rispetto del contenuto essenziale (sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 14 nonché giurisprudenza ivi citata).

71

Quanto all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, esso stabilisce che ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi.

72

Ai fini della risposta alle questioni dalla prima alla terza, occorre quindi esaminare se, in primo luogo, il principio del ne bis in idem possa essere applicato anche a una decisione adottata da un organo diverso da un giudice penale e se, in secondo luogo, si possa ritenere che una persona oggetto di tale decisione, successivamente oggetto di arresto provvisorio a seguito della pubblicazione da parte dell’Interpol di un avviso rosso che la riguarda, sia «sottoposta ad un procedimento penale» ai sensi dell’articolo 54 CAAS, e subisca pertanto una restrizione alla sua libertà di circolazione incompatibile con l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE – articoli, questi da leggere entrambi alla luce dell’articolo 50 della Carta –, laddove l’applicabilità del principio ne bis in idem non sia accertata, ma le autorità di uno Stato membro o di uno Stato contraente abbiano informato le autorità competenti degli altri Stati membri o Stati contraenti dei loro dubbi circa la compatibilità con tale principio di ulteriori procedimenti penali cui il suddetto avviso si riferisce.

73

In primo luogo, quanto alla questione dell’applicabilità del principio del ne bis in idem anche a una decisione adottata da un organo diverso da un giudice penale, la Corte ha già dichiarato che il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 54 della CAAS, si applica a procedure di estinzione dell’azione penale, come quella prevista all’articolo 153a della StPO, in forza delle quali il pubblico ministero di uno Stato contraente chiude senza l’intervento di un giudice un procedimento penale, promosso in questo Stato, dopo che l’imputato ha soddisfatto certi obblighi e, in particolare, ha versato una determinata somma di denaro, stabilita dal pubblico ministero (sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge, C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87, punti 22, 2748), a condizione che tale decisione si basi su un esame nel merito (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2005, Miraglia, C‑469/03, EU:C:2005:156, punti 3435).

74

Ebbene, come risulta dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio, WS è stato sottoposto a un procedimento penale in Germania, definitivamente archiviato con decisione del 27 gennaio 2010 dopo che WS aveva proceduto al pagamento di una somma di denaro, conformemente all’articolo 153a, paragrafo 1, della StPO. Ne consegue che il principio del ne bis in idem, sancito sia dall’articolo 54 della CAAS sia dall’articolo 50 della Carta, può essere applicato ai fatti di cui a tale decisione.

75

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se l’articolo 54 della CAAS possa ostare all’arresto provvisorio di una persona oggetto di un avviso rosso dell’Interpol, occorre ricordare che tale disposizione osta a che una persona già giudicata con sentenza definitiva da uno Stato contraente sia «sottoposta ad un procedimento penale» in un altro Stato contraente.

76

A tale riguardo, occorre rilevare che la formulazione dell’articolo 54 della CAAS non consente, di per sé sola, di rispondere alla questione se una persona interessata da un avviso rosso dell’Interpol e che sia oggetto di arresto provvisorio possa essere considerata «sottoposta ad un procedimento penale» ai sensi di tale disposizione.

77

Tuttavia, secondo giurisprudenza costante, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

78

Per quanto riguarda il contesto dell’articolo 54 della CAAS, occorre rilevare che l’articolo 50 della Carta, che eleva il principio del ne bis in idem al rango dei diritti fondamentali dell’Unione, dispone che nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge. Come la Corte ha sottolineato, da tale disposizione risulta che il principio del ne bis in idem vieta un cumulo sia di procedimenti penali sia di sanzioni di natura penale ai sensi di detto articolo per i medesimi fatti e nei confronti della stessa persona (sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 27 e giurisprudenza citata).

79

Quanto all’obiettivo perseguito dall’articolo 54 della CAAS, risulta dalla giurisprudenza che il principio del ne bis in idem sancito da tale articolo mira ad evitare, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che una persona giudicata con sentenza definitiva venga perseguita, per il fatto di esercitare il suo diritto di libera circolazione, per gli stessi fatti nel territorio di diversi Stati contraenti, al fine di garantire la certezza del diritto attraverso il rispetto delle decisioni degli organi pubblici divenute definitive, in assenza di armonizzazione o di ravvicinamento delle legislazioni penali degli Stati membri. Infatti, occorre a tale riguardo interpretare l’articolo 54 della CAAS alla luce dell’articolo 3, paragrafo 2, TUE, secondo il quale l’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne, tra l’altro, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima (sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punti 4446 nonché giurisprudenza ivi citata). Più specificamente, da tale giurisprudenza discende che una persona che sia già stata giudicata con sentenza definitiva deve poter circolare liberamente senza dover temere nuovi procedimenti penali per i medesimi fatti in un altro Stato contraente (sentenza del 28 settembre 2006, Gasparini e a., C‑467/04, EU:C:2006:610, punto 27 nonché giurisprudenza ivi citata).

80

A tale riguardo, l’articolo 54 della CAAS implica necessariamente che esista una fiducia reciproca degli Stati contraenti nei confronti dei loro rispettivi sistemi di giustizia penale e che ciascuno di essi accetti l’applicazione del diritto penale vigente negli altri Stati contraenti, anche quando il ricorso al proprio diritto nazionale condurrebbe a soluzioni diverse. Tale fiducia reciproca esige che le autorità competenti interessate del secondo Stato contraente accettino una decisione definitiva che è stata pronunciata nel territorio del primo Stato contraente, nei termini in cui essa è stata comunicata a tali autorità (sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punti 5051).

81

Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta altresì che la suddetta fiducia reciproca può affermarsi solo qualora il secondo Stato contraente sia in grado di accertarsi, sulla base dei documenti trasmessi dal primo Stato contraente, che la decisione di cui trattasi adottata dalle autorità competenti di tale primo Stato costituisce effettivamente una decisione definitiva che contiene un esame della causa nel merito (sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 52).

82

Ne consegue che le autorità di uno Stato contraente sono tenute ad astenersi dal perseguire esse stesse una persona per taluni fatti, o dall’assistere uno Stato terzo nel perseguire tale persona procedendo all’arresto provvisorio di quest’ultima, solo se è pacifico che tale persona è già stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da un altro Stato contraente, ai sensi dell’articolo 54 della CAAS, e che, di conseguenza, si applica il principio del ne bis in idem.

83

Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 94 delle sue conclusioni, tale interpretazione è confermata dall’articolo 57 della CAAS, secondo il quale le autorità di uno Stato contraente in cui una persona è accusata di un reato, qualora abbiano motivo di ritenere che tale accusa riguardi gli stessi fatti per i quali è già stata giudicata in un altro Stato contraente con sentenza definitiva, possono chiedere alle autorità competenti di quest’ultimo Stato le informazioni necessarie per determinare se si applichi il principio del ne bis in idem. Infatti, da tale disposizione si evince che la mera possibilità che tale principio si applichi non è sufficiente a impedire a uno Stato contraente di adottare qualsiasi misura penale contro l’interessato.

84

Ebbene, l’arresto provvisorio di una persona interessata da un avviso rosso dell’Interpol, pubblicato su richiesta di uno Stato terzo, può costituire, in una situazione in cui sussiste un dubbio quanto all’applicabilità del principio del ne bis in idem, una tappa indispensabile al fine di procedere alle verifiche necessarie al riguardo, evitando al contempo il rischio che la persona interessata si dia alla fuga e sfugga così ad eventuali azioni penali, in detto Stato terzo, per fatti per i quali non è stata giudicata con sentenza definitiva da uno Stato contraente. Ne consegue che, in una situazione del genere, l’articolo 54 della CAAS non osta a un siffatto arresto provvisorio, purché esso sia indispensabile ai fini di tali verifiche.

85

La medesima interpretazione si impone con riferimento all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letto alla luce dell’articolo 50 della Carta.

86

A tal riguardo, sebbene un arresto provvisorio costituisca indubbiamente una restrizione del diritto dell’interessato alla libera circolazione, esso deve nondimeno, in una situazione in cui l’applicabilità del principio del ne bis in idem rimane incerta, essere considerato giustificato dall’obiettivo legittimo di evitare l’impunità di tale persona, obiettivo che, come dichiarato dalla Corte, si inserisce nel contesto dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone, previsto all’articolo 3, paragrafo 2, TUE. (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punti 3637, nonché del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 60).

87

Infatti, un simile arresto provvisorio è idoneo a facilitare l’esercizio di un’azione penale nei confronti di detta persona a seguito della sua eventuale estradizione verso lo Stato terzo su richiesta del quale è stato pubblicato l’avviso rosso dell’Interpol che la riguarda, nell’ipotesi in cui il principio del ne bis in idem non vi osti. Ebbene, la Corte ha già affermato che l’estradizione è una procedura che mira proprio a lottare contro l’impunità di una persona che si trovi in un territorio diverso da quello nel quale ha asseritamente commesso un reato, consentendo in tal modo di evitare che reati commessi nel territorio di uno Stato da persone che sono fuggite da tale territorio rimangano impuniti (sentenza del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

88

Ne consegue che sia le autorità di uno Stato contraente sia quelle di uno Stato membro sono libere di procedere all’arresto provvisorio di una persona oggetto di un avviso rosso pubblicato dall’Interpol fintanto che non sia accertato che si applica il principio del ne bis in idem.

89

Per contro, quando le autorità di uno Stato contraente o di uno Stato membro verso il quale tale persona si sposta siano venute a conoscenza del fatto che, in un altro Stato contraente o in un altro Stato membro, è stata adottata una decisione giudiziaria definitiva che accerta l’applicazione del principio del ne bis in idem con riferimento ai fatti oggetto di detto avviso, eventualmente dopo aver ottenuto le informazioni necessarie dalle autorità competenti dello Stato contraente o dallo Stato membro nel quale si afferma l’avvenuta estinzione di un’azione penale vertente sui medesimi fatti, tanto la reciproca fiducia tra Stati contraenti che l’articolo 54 della CAAS presuppone, richiamata al punto 80 della presente sentenza, quanto il diritto di libera circolazione garantito all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 50 della Carta, ostano all’arresto provvisorio di tale persona da parte di dette autorità o, se del caso, al mantenimento di tale arresto.

90

Infatti, per quanto riguarda, da un lato, l’articolo 54 della CAAS, l’arresto provvisorio deve essere considerato, in una situazione del genere, una misura che mira non più a verificare se le condizioni di applicazione del principio del ne bis in idem siano soddisfatte, ma unicamente a contribuire all’esercizio effettivo dell’azione penale nei confronti della persona interessata nello Stato terzo all’origine della pubblicazione dell’avviso rosso di cui trattasi, eventualmente dopo la sua estradizione verso quest’ultimo.

91

Per quanto riguarda, dall’altro lato, l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letto alla luce dell’articolo 50 della Carta, la restrizione del diritto della persona interessata dall’avviso rosso alla libera circolazione, conseguente al suo arresto provvisorio, non sarebbe giustificata, in una situazione come quella descritta al punto 89 della presente sentenza, dall’obiettivo legittimo di evitare il rischio di impunità, dato che tale persona è già stata giudicata in via definitiva per i fatti oggetto di detto avviso rosso.

92

Al fine di garantire, in una situazione del genere, l’effetto utile dell’articolo 54 della CAAS e dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 50 della Carta, gli Stati membri e gli Stati contraenti sono tenuti ad assicurare la disponibilità di mezzi di ricorso che consentano agli interessati di ottenere una decisione giudiziaria definitiva che accerti l’applicazione del principio del ne bis in idem, come indicato al punto 89 della presente sentenza.

93

L’interpretazione dell’articolo 54 della CAAS e dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 50 della Carta, di cui ai punti da 89 a 91 della presente sentenza non è rimessa in discussione dagli argomenti sollevati da taluni dei governi che hanno partecipato al procedimento dinanzi alla Corte, secondo i quali l’articolo 54 della CAAS sarebbe applicabile solo all’interno dello spazio Schengen e il principio del ne bis in idem non costituirebbe un impedimento assoluto che giustifichi un diniego di estradizione in forza dell’accordo UE‑USA.

94

Infatti, da un lato, sebbene l’articolo 54 della CAAS non vincoli, evidentemente, uno Stato che non rientra tra gli Stati contraenti e che non fa quindi parte dello spazio Schengen, occorre rilevare che l’arresto provvisorio di una persona interessata da un avviso rosso dell’Interpol da parte di uno degli Stati contraenti costituisce – anche se tale avviso è stato pubblicato su richiesta di uno Stato terzo nell’ambito del procedimento penale da esso avviato nei confronti di tale persona – un atto di tale Stato contraente il quale si inserisce quindi nel contesto di un’azione penale che si estende, come rilevato ai punti 86 e 87 della presente sentenza, al territorio degli Stati contraenti e che, per il diritto alla libera circolazione di detta persona, ha lo stesso effetto negativo dell’analogo atto adottato nell’ambito di un procedimento penale che si svolga interamente in detto Stato contraente.

95

Ne consegue che, come affermato dall’avvocato generale ai paragrafi da 60 a 64 delle sue conclusioni, solo un’interpretazione dell’articolo 54 della CAAS secondo cui un simile atto di uno Stato contraente rientra nella nozione di «sottoposizione ad un procedimento penale», ai sensi di tale articolo, è idonea a realizzare l’obiettivo perseguito da quest’ultimo.

96

La legittimità dell’atto di uno degli Stati contraenti consistente nell’arresto provvisorio di una persona interessata da un avviso rosso dell’Interpol dipende quindi dalla sua conformità all’articolo 54 della CAAS, laddove i punti 89 e 90 della presente sentenza illustrano una situazione in cui un simile arresto viola tale disposizione.

97

Dall’altro lato, per quanto riguarda l’accordo UE-USA, occorre constatare che, certamente, tale accordo – il cui oggetto consiste, conformemente al suo articolo 1, nel prevedere l’intensificazione della cooperazione nell’ambito dei pertinenti rapporti in materia di estradizione tra gli Stati membri e gli Stati Uniti d’America che disciplinano l’estradizione – non prevede esplicitamente che l’applicabilità del principio del ne bis in idem consenta alle autorità degli Stati membri di rifiutare un’estradizione richiesta dagli Stati Uniti d’America.

98

Tuttavia, occorre ricordare che la situazione descritta nella domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’arresto provvisorio di una persona oggetto di un avviso rosso pubblicato dall’Interpol su richiesta di uno Stato terzo, e non l’estradizione di tale persona verso tale Stato. Al fine di verificare se l’interpretazione dell’articolo 54 della CAAS prospettata ai punti 89 e 90 della presente sentenza possa entrare in conflitto con il diritto internazionale, è dunque necessario esaminare, anzitutto, le disposizioni relative alla pubblicazione degli avvisi rossi dell’Interpol e le conseguenze giuridiche di tali avvisi, di cui agli articoli da 82 a 87 del regolamento dell’Interpol sul trattamento dei dati.

99

Ebbene, dall’articolo 87 di tale regolamento risulta che gli Stati membri dell’Interpol sono tenuti, nel caso in cui una persona oggetto di un avviso rosso venga localizzata nel loro territorio, a procedere all’arresto provvisorio di tale persona solo a condizione che una siffatta misura sia «ammess[a] dalle norme nazionali e dagli accordi internazionali applicabili». Nel caso in cui l’arresto provvisorio di una persona oggetto di un avviso rosso dell’Interpol sia incompatibile con il diritto dell’Unione, laddove tale avviso riguardi fatti ai quali si applica il principio del ne bis in idem, uno Stato appartenente all’Interpol, astenendosi dal procedere a un siffatto arresto, non verrebbe quindi meno agli obblighi ad esso incombenti in quanto membro di tale organizzazione.

100

Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che sebbene, in assenza di norme del diritto dell’Unione in materia di estradizione di cittadini degli Stati membri verso uno Stato terzo, gli Stati membri mantengano la competenza ad adottare norme siffatte, gli stessi Stati membri sono tenuti a esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione, segnatamente della libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri garantita dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 13 novembre 2018, Raugevicius, C‑247/17, EU:C:2018:898, punto 45, e del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 48).

101

Nella fattispecie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che non è stato accertato che l’avviso rosso per WS, pubblicato nel 2012 dall’Interpol, riguardasse i medesimi fatti per i quali egli era già stato giudicato in via definitiva, ai sensi dell’articolo 54 della CAAS, in Germania.

102

Pertanto, occorre considerare che, conformemente a quanto esposto al punto 88 della presente sentenza, l’arresto provvisorio di WS in uno Stato contraente o in uno Stato membro non viola, in tale fase, né l’articolo 54 della CAAS né l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 50 della Carta.

103

Tale risultato è coerente, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni, con le disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), e della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (GU 2014, L 130, pag. 1).

104

Da un lato, anche se, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo è rifiutata se in base alle informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione risulta che il principio del ne bis in idem si applica, dall’articolo 12 di tale decisione quadro emerge che, quando una persona viene arrestata sulla base di un mandato d’arresto europeo, spetta a tale autorità decidere se tale persona debba rimanere in stato di custodia conformemente al diritto dello Stato membro dell’esecuzione. Ne consegue che l’arresto dell’interessato o il suo mantenimento in custodia è escluso solo a condizione che detta autorità abbia accertato che si applica il principio ne bis in idem.

105

Dall’altro lato, mentre, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2014/41, l’esecuzione di un ordine europeo di indagine emesso da uno Stato membro può essere rifiutata nello Stato membro di esecuzione qualora tale esecuzione sia contraria al principio del ne bis in idem, dal considerando 17 di tale direttiva risulta che, data la natura preliminare dei procedimenti alla base di un ordine europeo di indagine, la sua esecuzione non dovrebbe essere rifiutata se è intesa a stabilire la sussistenza di un eventuale conflitto con il principio del ne bis in idem.

106

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni dalla prima alla terza dichiarando che l’articolo 54 della CAAS nonché l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 50 della Carta, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano all’arresto provvisorio, da parte delle autorità di uno Stato contraente o da parte di quelle di uno Stato membro, di una persona interessata da un avviso rosso pubblicato dall’Interpol su richiesta di uno Stato terzo, a meno che non sia accertato, in una decisione giudiziaria definitiva adottata in uno Stato contraente o in uno Stato membro, che tale persona è già stata giudicata in via definitiva rispettivamente da uno Stato contraente o da uno Stato membro per gli stessi fatti su cui si basa detto avviso rosso.

Sulla quarta e sulla sesta questione

107

Con le sue questioni quarta e sesta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2016/680, lette alla luce dell’articolo 54 della CAAS e dell’articolo 50 della Carta, debbano essere interpretate nel senso che esse ostano al trattamento, da parte delle autorità degli Stati membri, dei dati personali contenuti in un avviso rosso emesso dall’Interpol, qualora la persona interessata da tale avviso sia già stata giudicata in via definitiva da uno Stato membro per gli stessi fatti su cui detto avviso si basa e qualora, di conseguenza, si applichi il principio del ne bis in idem.

108

Più precisamente, il giudice del rinvio chiede se, in un caso del genere, le autorità degli Stati membri possano procedere alla registrazione dei dati personali contenuti in un siffatto avviso rosso nei loro sistemi di ricerca o conservare tale registrazione qualora quest’ultima sia già avvenuta.

109

Ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della direttiva 2016/680, per «trattamento» si intende, ai fini di tale direttiva, «qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione (...) la cancellazione o la distruzione».

110

A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, questa si applica al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della stessa direttiva, vale a dire la prevenzione, l’indagine, l’accertamento o il perseguimento di reati o l’esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica.

111

La registrazione, nei sistemi di ricerca di uno Stato membro, dei dati personali contenuti in un avviso rosso dell’Interpol, effettuato dalle autorità di tale Stato sulla base del diritto nazionale, costituisce quindi un trattamento di tali dati rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2016/680. Lo stesso vale per qualsiasi altra operazione o insieme di operazioni applicate a tali dati ai sensi dell’articolo 3, punto 2, di tale direttiva.

112

Inoltre, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2016/680, gli Stati membri devono segnatamente prevedere che i dati personali siano, da un lato, trattati in modo lecito e corretto e, dall’altro, raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime e trattati in modo non incompatibile con tali finalità. L’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva dispone che «il trattamento sia lecito solo se e nella misura in cui è necessario per l’esecuzione di un compito di un’autorità competente, per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e si basa sul diritto dell’Unione o dello Stato membro».

113

Come risulta dal considerando 25 della direttiva 2016/680, dato che, per svolgere la propria missione, l’Interpol riceve, conserva e diffonde dati personali nell’intento di aiutare le autorità competenti a prevenire e combattere la criminalità internazionale, è opportuno rafforzare la cooperazione tra l’Unione e l’Interpol «promuovendo un efficace scambio di dati personali assicurando nel contempo il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali attinenti al trattamento automatizzato dei dati personali».

114

Ne consegue che un trattamento di dati personali contenuto in un avviso rosso dell’Interpol, da parte delle autorità competenti degli Stati membri, persegue una finalità legittima, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2016/680.

115

È vero che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2016/680 prevede che, per essere conforme a tale direttiva, il trattamento dei dati personali deve essere lecito. È altresì vero che, come rilevato dal giudice del rinvio, dall’articolo 7, paragrafo 3, e dall’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2016/680 risulta che se i dati personali sono stati trasmessi in modo illecito, può essere richiesta, in linea di principio, la cancellazione di tali dati.

116

Tuttavia, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 112 delle sue conclusioni, dalla circostanza che un avviso rosso emesso dall’Interpol riguardi fatti ai quali potrebbe applicarsi il principio del ne bis in idem non può dedursi che i dati personali contenuti in tale avviso siano stati trasmessi illecitamente e che il trattamento di tali dati debba essere considerato illecito.

117

Infatti, da un lato, la trasmissione di tali dati, effettuata dall’Interpol, non costituisce un trattamento di dati personali rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2016/680, non essendo tale organizzazione un’«autorità competente» ai sensi dell’articolo 3, punto 7, di tale direttiva. Dall’altro lato, né detta direttiva né altre norme del diritto dell’Unione prevedono che un trattamento di dati personali contenuto in un avviso rosso dell’Interpol sia escluso laddove possa trovare applicazione il principio del ne bis in idem.

118

Un siffatto trattamento, fondato sulle pertinenti disposizioni del diritto degli Stati membri, è, in linea di principio, altresì necessario per l’esecuzione di un compito delle autorità competenti di tali Stati, per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2016/680, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva. Infatti, tali autorità competenti, che comprendono, ai sensi dell’articolo 3, punto 7, di tale direttiva, qualsiasi autorità pubblica competente in materia di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, non sarebbero in grado di adempiere il loro compito se non fosse loro possibile, in linea di principio, inserire, nei sistemi nazionali di ricerca, i dati personali di un soggetto contenuti in un avviso rosso dell’Interpol che lo riguarda e procedere a qualunque altro trattamento di tali dati che possa rivelarsi necessario in tale contesto.

119

Del resto, conformemente a quanto esposto al punto 84 della presente sentenza, un trattamento di dati personali contenuti in un avviso rosso dell’Interpol da parte delle autorità degli Stati membri può risultare indispensabile, qualora esistano solo indizi che facciano supporre che detto avviso riguarda fatti cui si applica il principio del ne bis in idem, proprio al fine di verificare se ciò corrisponda al vero.

120

Occorre tuttavia ricordare che, quando sia stato accertato, con una decisione giudiziaria definitiva adottata in uno Stato contraente o in uno Stato membro, che un avviso rosso emesso dall’Interpol riguarda effettivamente gli stessi fatti per i quali la persona interessata da tale avviso è già stata giudicata in via definitiva, e che, di conseguenza, si applica il principio del ne bis in idem, tale persona – come risulta dalla risposta fornita alle questioni dalla prima alla terza e tenuto conto dell’articolo 54 della CAAS, letto alla luce dell’articolo 50 della Carta – non può più essere sottoposta a procedimento penale per gli stessi fatti e, di conseguenza, non può più essere arrestata, sulla base di detti fatti, negli Stati membri. Si deve quindi ritenere che, in tali circostanze, la registrazione, nei sistemi di ricerca degli Stati membri, dei dati personali contenuti in un avviso rosso dell’Interpol non sia più necessaria, cosicché la persona interessata deve poter chiedere al titolare del trattamento, in forza dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2016/680, la cancellazione senza ingiustificato ritardo dei dati personali che la riguardano. Se, tuttavia, tale registrazione è mantenuta, essa deve essere accompagnata dall’indicazione che la persona di cui trattasi non può più essere sottoposta a procedimento penale in uno Stato membro o in uno Stato contraente per i medesimi fatti a causa del principio del ne bis in idem.

121

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta e alla sesta questione dichiarando che le disposizioni della direttiva 2016/680, lette alla luce dell’articolo 54 della CAAS e dell’articolo 50 della Carta, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano al trattamento dei dati personali contenuti in un avviso rosso emesso dall’Interpol, fintanto che non sia stato accertato, con decisione giudiziaria definitiva adottata in uno Stato contraente o in uno Stato membro, che con riferimento ai fatti su cui detto avviso si basa si applica il principio del ne bis in idem, purché un simile trattamento soddisfi le condizioni previste da tale direttiva, in particolare in quanto esso è necessario per l’esecuzione di un compito di un’autorità competente, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della suddetta direttiva.

Sulle spese

122

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995, nonché l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, letti alla luce dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano all’arresto provvisorio, da parte delle autorità di uno Stato parte dell’Accordo fra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, o da parte di quelle di uno Stato membro, di una persona interessata da un avviso rosso pubblicato dall’Organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol) su richiesta di uno Stato terzo, a meno che non sia accertato, in una decisione giudiziaria definitiva adottata in uno Stato parte di detto accordo o in uno Stato membro, che tale persona è già stata giudicata in via definitiva rispettivamente da uno Stato parte del suddetto accordo o da uno Stato membro per gli stessi fatti su cui si basa detto avviso rosso.

 

2)

Le disposizioni della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, lette alla luce dell’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, firmata il 19 giugno 1990, e dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali, devono essere interpretate nel senso che esse non ostano al trattamento dei dati personali contenuti in un avviso rosso emesso dall’Organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol), fintanto che non sia stato accertato, con decisione giudiziaria definitiva adottata in uno Stato parte dell’Accordo fra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, o in uno Stato membro, che con riferimento ai fatti su cui detto avviso si basa si applica il principio del ne bis in idem, purché un simile trattamento soddisfi le condizioni previste da tale direttiva, in particolare in quanto esso è necessario per l’esecuzione di un compito di un’autorità competente, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della suddetta direttiva.

 

3)

La quinta questione pregiudiziale è irricevibile.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.