SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

29 aprile 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Effetti della dichiarazione del carattere abusivo di una clausola – Contratto di mutuo ipotecario denominato in una valuta estera – Determinazione del tasso di cambio tra le valute – Contratto di novazione – Effetto dissuasivo – Obblighi del giudice nazionale – Articolo 6, paragrafo 1, e articolo 7, paragrafo 1»

Nella causa C‑19/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Okręgowy w Gdańsku XV Wydział Cywilny (Tribunale regionale di Danzica, XVa sezione civile, Polonia), con decisione del 30 dicembre 2019, pervenuta in cancelleria il 16 gennaio 2020, nel procedimento

I.W.,

R.W.

contro

Bank BPH S.A.,

con l’intervento di:

Rzecznik Praw Obywatelskich,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da A. Kumin, presidente di sezione, P.G. Xuereb e I. Ziemele (relatrice), giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per I.W. e R.W., da B. Garlacz, radca prawny;

per la Bank BPH S.A., da A. Sienkiewicz, B. Krużewski e A. Prokop, adwokaci, e da P. Bogdanowicz, radca prawny;

per il Rzecznik Praw Obywatelskich, da M. Taborowski;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per il governo spagnolo, da S. Centeno Huerta e L. Aguilera Ruiz, in qualità di agenti;

per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, T. Paixão, M. Queiroz Ribeiro, A. Rodrigues e P. Barros da Costa, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da N. Ruiz García e M. Siekierzyńska, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), in particolare dei suoi articoli 6 e 7.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, I.W. e R.W. e, dall’altro, la Bank BPH S.A. in merito alle conseguenze del carattere abusivo di talune clausole di un contratto di mutuo ipotecario concluso tra tali parti.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 93/13, la nozione di «clausole abusive» deve essere intesa come «le clausole di un contratto quali sono definite all’articolo 3».

4

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così dispone:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

5

Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 93/13:

«1.   Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

2.   La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

6

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così dispone:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

7

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Diritto polacco

8

L’articolo 58 del Kodeks cywilny (codice civile) è così formulato:

«1.   Un atto giuridico contrario alla legge o volto ad eludere la legge è nullo e non avvenuto, a meno che una disposizione pertinente non disponga diversamente, in particolare a meno che la stessa preveda che le disposizioni invalide dell’atto giuridico siano sostituite dalle pertinenti disposizioni della legge.

2.   Un atto giuridico contrario alle norme di convivenza sociale è nullo.

3.   Se solo una parte dell’atto giuridico è colpita da nullità, le altre parti dell’atto restano in vigore, a meno che non risulti dalle circostanze che l’atto non sarebbe stato eseguito in assenza delle disposizioni viziate da nullità».

9

Ai sensi dell’articolo 120, paragrafo 1, di detto codice:

«Il termine di prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il credito è divenuto esigibile. Se l’esigibilità di un credito dipende dall’adozione di un atto specifico da parte del titolare del diritto, il termine inizia a decorrere dalla data in cui il credito sarebbe divenuto esigibile se il titolare del diritto avesse adottato l’atto appena possibile».

10

L’articolo 3531 di tale codice così dispone:

«Le parti che stipulano un contratto possono liberamente determinare il rapporto giuridico a condizione che il contenuto o lo scopo del contratto non siano contrari alle caratteristiche essenziali (natura) di tale rapporto, alla legge o alle regole di convivenza sociale».

11

L’articolo 358 dello stesso codice prevede quanto segue:

«1.   Se l’oggetto dell’obbligazione è una somma di denaro espressa in una valuta estera, il debitore può eseguire la prestazione in valuta polacca, a meno che la legge, una decisione giudiziaria all’origine dell’obbligazione o un atto giuridico non preveda l’esecuzione della prestazione in una valuta estera.

2.   Il valore della valuta estera è determinato in base al tasso di cambio medio pubblicato dalla Banca nazionale di Polonia alla data dell’esigibilità del credito, a meno che una legge, una decisione giudiziaria o un atto giuridico non dispongano diversamente.

3.   In caso di ritardo del debitore, il creditore può reclamare la prestazione in valuta polacca nel corso medio fissato dalla Banca nazionale di Polonia il giorno in cui il pagamento è effettuato».

12

L’articolo 3851 del codice civile così recita:

«1.   Le clausole di un contratto concluso con un consumatore che non sono state oggetto di negoziato individuale non sono vincolanti per il consumatore qualora configurino i suoi diritti ed obblighi in modo contrario al buon costume, integrando una grave violazione dei suoi interessi (clausole abusive illecite). Ciò non vale per le clausole che riguardano le prestazioni principali delle parti, compreso il prezzo o la remunerazione, purché siano formulate in modo chiaro.

2.   Qualora una clausola contrattuale non sia vincolante per il consumatore ai sensi del paragrafo 1, la restante parte del contratto rimane vincolante tra le parti.

3.   Per clausole contrattuali che non sono state oggetto di negoziato individuale si intendono le clausole sul contenuto delle quali il consumatore non ha avuto reale influenza. Si tratta, in particolare, delle clausole contrattuali riprese dalle condizioni generali del contratto proposte al consumatore dalla controparte.

(...)».

13

L’articolo 3852 del codice in parola è così formulato:

«La compatibilità delle clausole contrattuali con il buon costume è valutata in relazione alla situazione sussistente al momento della conclusione del contratto, tenendo conto del suo contenuto, delle circostanze che accompagnano la sua conclusione e degli altri contratti connessi al contratto in cui figurano le disposizioni oggetto della valutazione».

14

L’ustawa o zmianie ustawy – Prawo bankowe oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge bancaria), del 29 luglio 2011 (Dz.U. n. 165 del 2011, posizione 984; in prosieguo: la «legge del 29 luglio 2011»), è entrata in vigore il 26 agosto 2011.

15

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della legge del 29 luglio 2011:

«Le seguenti modifiche sono apportate all’[ustawa – Prawo bankowe (legge relativa al diritto bancario), del 29 agosto 1997 (Dz.U. n. 72 del 2002, posizione 665), come modificata]:

1)

all’articolo 69:

a)

al paragrafo 2, il seguente punto 4a è inserito dopo il punto 4:

“4a)

in caso di contratto di credito denominato o indicizzato a una valuta diversa dalla valuta polacca, [sono precisate] regole dettagliate quanto alle modalità e ai termini per la determinazione del tasso di cambio della valuta, in base al quale viene calcolato, in particolare, l’importo del mutuo, delle tranche di pagamento e delle rate capitale e interessi nonché le regole per la conversione nella valuta in cui è erogato o rimborsato il mutuo”;

b)

un nuovo paragrafo 3 è inserito dopo il paragrafo 2, con il seguente testo:

“3. Nel caso di un contratto di credito denominato o indicizzato a una valuta diversa dalla valuta polacca, il mutuatario può rimborsare le rate capitale e interessi ed effettuare un rimborso anticipato della totalità o di una parte dell’importo del credito direttamente in tale valuta. In tal caso, il contratto di credito stabilisce anche le regole di apertura e di tenuta di un conto per la raccolta dei fondi destinati al rimborso del credito, nonché le regole di rimborso per mezzo di tale conto”».

16

L’articolo 4 della stessa legge dispone come segue:

«Nel caso di crediti o mutui in denaro concessi ad un mutuatario anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, l’articolo 69, paragrafo 2, punto 4a), e l’articolo 75b della legge di cui all’articolo 1 si applicano ai crediti o ai mutui in denaro che non sono stati integralmente rimborsati a concorrenza della parte del credito o del mutuo che resta da rimborsare. A tal riguardo, la banca modifica a titolo gratuito il contratto di credito o il contratto di mutuo di conseguenza».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

Nel corso del 2008, I.W. e R.W hanno concluso, in qualità di consumatori, un contratto di mutuo ipotecario con il predecessore legale della Bank BPH, con durata di 360 mesi (30 anni). Il contratto era espresso in zloty polacchi (PNL), ma indicizzato a una valuta estera, ossia il franco svizzero (CHF).

18

Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che tali mutuatari sono stati informati del fatto che il tasso di cambio del franco svizzero poteva aumentare, il che avrebbe inciso sull’importo delle rate mensili di rimborso di detto prestito. A seguito di una richiesta della banca in tal senso, detti mutuatari hanno depositato una dichiarazione secondo la quale essi intendevano optare per l’indicizzazione del loro prestito al tasso di cambio del franco svizzero, e ciò sebbene fossero stati debitamente informati dei rischi legati all’assunzione di un prestito in valuta estera.

19

In forza delle clausole di tale contratto, il rimborso del mutuo veniva effettuato in zloty polacchi, e il saldo del credito e le rate venivano calcolati sulla base del tasso di cambio applicabile alla vendita della valuta CHF, maggiorati del margine di vendita della valuta da parte della banca. Il metodo di determinazione del margine della banca non era precisato nel suddetto contratto.

20

L’articolo 1, paragrafo 1, del contratto di mutuo stabilisce che:

«La banca concede al mutuatario il mutuo dell’importo di PLN (...), indicizzato al tasso di cambio del [franco svizzero] (...), e il mutuatario si impegna ad utilizzare il mutuo conformemente alle disposizioni del contratto, a rimborsare l’importo del mutuo utilizzato con gli interessi, alle scadenze indicate nel contratto nonché a pagare alla banca commissioni, tasse ed altri oneri specificati nel contratto. (...)

Alla data di erogazione, il saldo del mutuo è espresso nella valuta alla quale il mutuo è indicizzato, in base al tasso di cambio applicabile all’acquisto della valuta, alla quale il mutuo è indicizzato, indicato nella tabella dei tassi di cambio acquisto/vendita per mutui ipotecari concessi dalla banca, descritta in dettaglio all’articolo 17; successivamente il saldo in valuta estera viene convertito quotidianamente in zloty polacchi in base al tasso di cambio applicabile alla vendita della valuta alla quale il mutuo è indicizzato, indicato nella tabella dei tassi di cambio acquisto/vendita per mutui ipotecari concessi dalla banca, descritta in dettaglio all’articolo 17».

21

L’articolo 7, paragrafo 2, di tale contratto prevede quanto segue:

«L’erogazione dell’importo del mutuo indicato nella domanda di erogazione dei fondi sarà effettuata tramite bonifico sul conto corrente bancario detenuto presso una banca nazionale. La data del bonifico sarà considerata come data di erogazione del mutuo utilizzato. Ogni importo erogato in zloty polacchi verrà convertito nella valuta alla quale il mutuo è indicizzato, in base al tasso di cambio all’acquisto e alla vendita per mutui ipotecari concessi dalla banca, in vigore il giorno dell’erogazione da parte della banca».

22

L’articolo 10, paragrafo 6, del contratto citato così recita:

«Ogni versamento effettuato dal mutuatario è calcolato in base al tasso di cambio applicabile alla vendita della valuta alla quale il mutuo è indicizzato, indicato nella tabella dei tassi di cambio acquisto/vendita per mutui ipotecari concessi dalla banca, in vigore il giorno dell’accreditamento della somma presso la banca. (...)».

23

L’articolo 17 del contratto di mutuo prevede quanto segue:

«1.   Al calcolo delle operazioni di erogazione e di rimborso dei mutui si applicano, rispettivamente, i tassi di cambio acquisto/vendita per mutui ipotecari concessi dalla banca delle valute comprese nell’offerta della banca, in vigore alla data dell’operazione.

2.   I tassi di cambio applicabili all’acquisto vengono determinati come tassi di cambio medi tra lo zloty polacco e le valute di cui trattasi, pubblicati nella tabella dei tassi di cambio medi della Banca nazionale di Polonia, meno il margine di acquisto.

3.   I tassi di cambio applicabili alla vendita vengono determinati come tassi di cambio medi tra lo zloty polacco e le valute di cui trattasi, pubblicati nella tabella dei tassi di cambio medi della Banca nazionale di Polonia, più il margine di vendita.

4.   Per calcolare i tassi di cambio acquisto/vendita per mutui ipotecari concessi dalla banca, si utilizzano i tassi di cambio dello zloty polacco rispetto alle valute di cui trattasi, pubblicati nella tabella dei tassi di cambio medi della Banca nazionale di Polonia in un determinato giorno lavorativo, rettificati sulla base dei margini di acquisto/vendita della banca.

5.   I tassi di cambio acquisto/vendita applicabili in un determinato giorno lavorativo per mutui ipotecari concessi dalla banca alle valute incluse nella sua offerta sono determinati dalla banca dopo le ore 15:00 del giorno lavorativo precedente e sono affissi presso la sede della banca e pubblicati sul suo sito Internet (...)».

24

In data 7 marzo 2011 le parti hanno firmato un allegato avente ad oggetto tale contratto di mutuo (in prosieguo: l’«allegato»), il quale conteneva, da un lato, disposizioni che fissavano le modalità di calcolo del margine della Bank BPH. D’altro lato, tale allegato prevedeva che i mutuatari fossero ormai autorizzati a rimborsare il loro prestito nella valuta di indicizzazione scelta, ossia il franco svizzero, che potevano procurarsi anche sul mercato libero.

25

Di fronte all’aumento del corso del franco svizzero, I.W. e R.W. hanno eccepito il carattere abusivo dell’indicizzazione del mutuo al franco svizzero dinanzi al giudice del rinvio, chiedendo l’annullamento del contratto e la restituzione di tutti gli importi versati a titolo di pagamento degli interessi e delle spese connessi a detto contratto.

26

Secondo il giudice del rinvio, le clausole relative all’indicizzazione del mutuo concesso nonché alle modalità di determinazione del tasso di cambio della valuta in cui il mutuo è rimborsabile riguardano l’oggetto principale del contratto. Poiché ritiene che tali clausole siano state redatte in termini comprensibili e chiari e che i debitori ne abbiano colto la portata e le conseguenze, circostanza che essi hanno confermato alla Bank BPH per iscritto, il carattere abusivo di tali clausole non potrebbe essere invocato.

27

Per contro, lo stesso giudice ritiene abusive tali clausole, nella parte in cui consentono alla Bank BPH di percepire un margine collegato all’operazione di acquisto e di vendita della valuta estera. Poiché il metodo di fissazione di tale margine non è precisato nel contratto di mutuo iniziale, il giudice del rinvio ne ha dedotto che detto margine creava uno squilibrio significativo a danno del consumatore.

28

Sebbene, a suo avviso, il carattere abusivo delle disposizioni contrattuali relative al margine della Bank BPH per l’acquisto/vendita della valuta estera sia venuto meno con la conclusione tra le parti dell’allegato che definisce le modalità di fissazione di un siffatto margine della banca, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, in che misura il carattere abusivo iniziale di tali clausole possa avere un effetto sulla validità della clausola di indicizzazione, se non addirittura del contratto di mutuo nella sua interezza.

29

In secondo luogo, il giudice del rinvio desidera sapere se gli sia possibile disapplicare solo le clausole contrattuali relative al margine della banca mantenendo in vigore la validità della clausola di indicizzazione e del contratto, sebbene un intervento giudiziario al riguardo comporterebbe una modifica del senso di tale clausola.

30

In terzo luogo, tale giudice rileva che la legge del 29 luglio 2011 stabilisce ormai le regole per la determinazione delle modalità di conversione valutaria per i mutui espressi in valute estere. Essa ne conclude che l’obiettivo di dissuasione dall’uso delle clausole abusive non giustifica più il divieto di mitigazione o di sostituzione di una clausola abusiva da parte del giudice nazionale che accerti la presenza di siffatte clausole in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, in particolare qualora una siffatta constatazione possa comportare l’invalidità del contratto nel suo complesso.

31

In quarto luogo, il giudice del rinvio si chiede se il diritto al rimborso sorto in capo al consumatore a seguito dell’annullamento di una clausola abusiva sia inerente alla decisione del giudice nazionale che constata tale carattere abusivo o se il suo riconoscimento richieda un’espressa domanda del consumatore nell’ambito di un procedimento distinto, che può essere soggetto a termini di prescrizione.

32

In quinto e ultimo luogo, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla portata dell’obbligo di informazione che potrebbe incombergli nei confronti del consumatore, dal momento che quest’ultimo dovrebbe essere messo in condizione di decidere se intende rinunciare a far valere il carattere abusivo di una clausola di un contratto di cui è parte.

33

In tale contesto, il Sąd Okręgowy w Gdańsku XV Wydział Cywilny (Tribunale regionale di Danzica, XVa sezione civile, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 1, e con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (...), debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale è tenuto a dichiarare abusiva (ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [di cui trattasi]) la clausola di un contratto concluso con un consumatore anche nel caso in cui, alla data della pronuncia giudiziale, a seguito di una modifica del contenuto del contratto effettuata dalle parti sotto forma di allegato, la clausola risulti modificata in modo da non avere più carattere abusivo, mentre la dichiarazione di abusività della clausola nella sua formulazione originaria può comportare la caducazione (l’annullamento) dell’intero contratto.

2)

Se l’articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, seconda frase, nonché con l’articolo 2, della direttiva 93/13, debba essere interpretato nel senso che consente al giudice nazionale di dichiarare abusivi solo alcuni elementi di una clausola contrattuale relativa al tasso di cambio – fissato dalla banca – della valuta alla quale è indicizzato il mutuo concesso al consumatore (come nel procedimento principale), ossia eliminando la disposizione concernente il margine della banca, determinato in modo unilaterale e oscuro, il quale costituisce una componente del tasso di cambio, e mantenendo una disposizione univoca che fa riferimento al tasso di cambio medio della banca centrale (Narodowy Bank Polski, Banca nazionale di Polonia), operazione che non richiede la sostituzione del contenuto eliminato con alcuna disposizione di legge, e avrà l’effetto di ripristinare un reale equilibrio tra il consumatore e il professionista, anche se modificherà sostanzialmente la clausola relativa all’esecuzione dell’obbligazione da parte del consumatore a favore di quest’ultimo.

3)

Se l’articolo 6, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, debba essere interpretato nel senso che, anche nell’ipotesi in cui il legislatore nazionale abbia previsto misure volte a far cessare l’inserimento delle clausole abusive, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, introducendo disposizioni che impongono alle banche l’obbligo di specificare in modo dettagliato le modalità ed i termini per la determinazione del tasso di cambio della valuta in base al quale vengono calcolati l’importo del mutuo e delle rate capitale interessi nonché le regole per la conversione nella valuta in cui è erogato o rimborsato il mutuo, l’interesse pubblico osta alla dichiarazione del carattere abusivo solo di alcuni elementi di una clausola contrattuale, nel modo descritto nella seconda questione.

4)

Se il venir meno del vincolo contrattuale, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, indicate all’articolo 2, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 3, della direttiva [di cui trattasi], debba essere interpretato nel senso che si tratta di una sanzione che può conseguire da una decisione costitutiva del giudice, emessa su espressa richiesta del consumatore, con effetti a decorrere dal momento della conclusione del contratto, ossia ex tunc, mentre i diritti alla restituzione del consumatore e del professionista diventano esigibili con il passaggio in giudicato della sentenza.

5)

Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, del 30 marzo 2010 (GU 2010, C 83, pag. 389), debba essere interpretato nel senso che impone al giudice nazionale l’obbligo di informare il consumatore, che abbia proposto domanda volta ad ottenere l’annullamento del contratto a seguito dell’eliminazione delle clausole abusive, delle conseguenze giuridiche di una siffatta pronuncia, compresi gli eventuali diritti del professionista (della banca) alla restituzione, tra cui quelli che non sono stati fatti valere nel procedimento in questione nonché quelli la cui fondatezza non risulta stabilita in modo inequivocabile, anche qualora il consumatore sia assistito da un rappresentante professionale».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

34

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale è tenuto a dichiarare abusiva una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, anche se il vizio che inficia tale clausola è stato escluso a seguito della conclusione di un allegato a tale contratto tra tali parti, e che la dichiarazione di abusività della clausola nella sua versione iniziale può comportare la nullità del contratto.

Sulla ricevibilità

35

I.W. e R.W. eccepiscono l’irricevibilità di tale questione in quanto la presentazione dei fatti nella decisione di rinvio non corrisponde alla realtà dei fatti del procedimento principale. In particolare, essi censurano il fatto che l’allegato abbia consentito di porre rimedio al carattere abusivo della clausola di indicizzazione iniziale, dal momento che il meccanismo di indicizzazione nel suo insieme è abusivo. Orbene, il giudice del rinvio considererebbe erroneamente che solo l’elemento relativo al margine della Bank BPH collegato alle operazioni di cambio è abusivo.

36

Al riguardo, va osservato che il giudice del rinvio considera che, in forza dell’articolo 3851, paragrafi 1 e 3, del codice civile, le clausole del contratto di cui trattasi nel procedimento principale riguardanti l’indicizzazione dell’importo del prestito e le clausole relative alle regole di determinazione del tasso di cambio vertono sull’oggetto principale del contratto, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13. Inoltre, secondo tale giudice, soltanto gli elementi distinti delle clausole relative al meccanismo di indicizzazione che si riferiscono al margine della banca non erano redatti in modo trasparente e comprensibile. Quindi, lo stesso ne ha concluso che gli altri elementi delle clausole relative al meccanismo di indicizzazione non erano abusivi.

37

A questo proposito, occorre ricordare che, nell’ambito di un procedimento ex articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, l’accertamento e la valutazione dei fatti costituenti l’oggetto della controversia principale, nonché l’interpretazione e l’applicazione del diritto nazionale, rientrano nella competenza esclusiva del giudice nazionale (sentenza del 9 luglio 2020, Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale, C‑698/18 e C‑699/18, EU:C:2020:537, punto 46).

38

Pertanto, la Corte è vincolata dall’accertamento e dalla valutazione dei fatti effettuata dal giudice del rinvio, cosicché I.W. e R.W. non possono rimetterli in discussione nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi.

39

Inoltre, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di statuire su una questione proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 19 settembre 2019, Lovasné Tóth, C‑34/18, EU:C:2019:764, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

40

Poiché, nel caso di specie, il giudice del rinvio ha definito il contesto di diritto e di fatto che consente alla Corte di rispondere alla prima questione sollevata e non spetta alla Corte verificare l’esattezza di tale contesto, si deve constatare che tale questione è ricevibile.

41

Alla luce di quanto sopra, si deve rispondere alla prima questione pregiudiziale.

Nel merito

42

Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali (sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

43

Pertanto, una clausola contrattuale dichiarata abusiva deve essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché non può sortire effetti nei confronti del consumatore (sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

44

Di conseguenza, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, spetta al giudice nazionale escludere l’applicazione delle clausole abusive affinché non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga (sentenze del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 24 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 novembre 2020, Banca B., C‑269/19, EU:C:2020:954, punto 29).

45

Secondo il giudice del rinvio, la modifica contrattuale mediante l’allegato vertente sulle clausole di indicizzazione iniziali ha consentito di eliminare il vizio che le colpiva e ha ripristinato l’equilibrio tra gli obblighi e i diritti del professionista e dei consumatori. Pertanto, le clausole di indicizzazione nella loro versione iniziale non vincolavano più le parti del contratto di mutuo a partire dalla firma dell’allegato.

46

In tale contesto, occorre sottolineare che il diritto ad una tutela effettiva del consumatore include la sua facoltà di rinunciare a far valere i propri diritti, di modo che deve essere presa in considerazione, se del caso, la volontà espressa dal consumatore quando quest’ultimo, consapevole del carattere non vincolante di una clausola abusiva, dichiara tuttavia di opporsi a che sia esclusa, dando così un consenso libero e informato alla clausola in questione (sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 25).

47

La direttiva 93/13, infatti, non si spinge fino al punto di rendere obbligatorio il sistema di tutela contro l’uso di clausole abusive da parte dei professionisti da essa istituito a favore dei consumatori. Di conseguenza, quando un consumatore preferisce non avvalersi di tale sistema di tutela, quest’ultimo non viene applicato (sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

48

Analogamente, un consumatore può rinunciare a far valere il carattere abusivo di una clausola nell’ambito di un contratto di novazione con cui il consumatore rinuncia agli effetti che deriverebbero dalla dichiarazione di abusività di una simile clausola, purché tale rinuncia sia frutto di un consenso libero e informato (sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 28).

49

Da quanto precede risulta che il sistema previsto dalla direttiva 93/13 non può ostare a che le parti di un contratto pongano rimedio al carattere abusivo di una clausola che esso contiene modificandola per via contrattuale, purché, da un lato, la rinuncia da parte del consumatore a far valere il carattere abusivo derivi dal suo consenso libero e informato e, dall’altro, la nuova clausola modificatrice non sia essa stessa abusiva, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare.

50

Anche se il giudice del rinvio dovesse ritenere che, nel caso di specie, i consumatori non fossero consapevoli delle conseguenze giuridiche risultanti per i medesimi da una tale rinuncia, occorrerebbe ricordare, come indicato al punto 43 della presente sentenza, che una clausola contrattuale dichiarata abusiva deve essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché essa non può sortire effetti nei confronti del consumatore, con la conseguenza che viene ripristinata la situazione di diritto e di fatto in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di tale clausola (sentenza del 14 marzo 2019, Dunai, C‑118/17, EU:C:2019:207, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

51

Infatti l’obbligo in capo al giudice nazionale di disapplicare una clausola contrattuale abusiva che prescriva il pagamento di somme che si rivelino indebite implica, in linea di principio, un corrispondente effetto restitutorio per quanto riguarda queste stesse somme (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 62).

52

Pertanto, spetta al giudice del rinvio ripristinare la situazione che sarebbe stata quella di I.W. e di R.W. in assenza della clausola iniziale di cui esso constata il carattere abusivo.

53

In relazione all’incidenza di una dichiarazione di abusività delle clausole contrattuali sulla validità del contratto in questione, occorre rilevare anzitutto che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, in fine, della direttiva 93/13, detto «contratto rest[a] vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

54

Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la direttiva 93/13 non esige che il giudice nazionale disapplichi, oltre alla clausola dichiarata abusiva, anche quelle che non sono state qualificate come tali. Infatti, occorre ricordare che l’obiettivo perseguito da tale direttiva consiste nel tutelare il consumatore e nel ristabilire l’equilibrio tra le parti escludendo l’applicazione delle clausole considerate abusive, conservando al tempo stesso, in linea di principio, la validità delle altre clausole del contratto in questione (sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés, C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 75).

55

A tal riguardo, la finalità perseguita dal legislatore dell’Unione attraverso tale direttiva non consiste nell’annullare qualsiasi contratto contenente clausole abusive (sentenza del 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič, C‑453/10, EU:C:2012:144, punto 31).

56

Infine, con riferimento ai criteri che permettono di valutare se un contratto possa effettivamente essere mantenuto in assenza delle clausole abusive, occorre rilevare che sia il tenore letterale dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 sia le esigenze riconducibili alla certezza giuridica delle attività economiche depongono a favore di un approccio obiettivo in sede di interpretazione di detta disposizione, sicché la posizione di una delle parti del contratto non può essere presa in considerazione quale criterio determinante per disciplinare la sorte futura del contratto (sentenza del 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič, C‑453/10, EU:C:2012:144, punto 32).

57

Pertanto, nel valutare se un contratto contenente una o diverse clausole abusive possa essere mantenuto in vigore in assenza di dette clausole, il giudice adito non può basarsi unicamente sull’eventuale vantaggio, per il consumatore, derivante dall’annullamento di detto contratto nel suo complesso (sentenza del 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič, C‑453/10, EU:C:2012:144, punto 33).

58

Nel caso di specie, il giudice del rinvio considera che, con la stipulazione dell’allegato, le parti del contratto hanno escluso il vizio che pregiudicava le clausole iniziali abusive e ripristinato l’equilibrio tra gli obblighi e i diritti di tali parti derivanti dal contratto.

59

Orbene, gli obiettivi della direttiva 93/13, come ricordati al punto 54 della presente sentenza, sono pienamente soddisfatti quando la situazione di diritto e di fatto in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza della clausola abusiva è ripristinata e il vizio che inficiava il contratto è stato sanato dalle parti mediante la stipulazione di un allegato, purché, al momento di tale conclusione, detto consumatore sia stato consapevole del carattere non vincolante di tale clausola e delle conseguenze che ne derivano.

60

Pertanto, dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non risulta che, in una situazione in cui la rinuncia del consumatore a far valere il carattere abusivo deriva dal consenso libero e informato di quest’ultimo, la dichiarazione di abusività delle clausole iniziali del contratto di cui trattasi comporti l’annullamento del contratto come modificato dall’allegato, anche qualora, da un lato, l’eliminazione di tali clausole avrebbe comportato l’annullamento nel suo insieme del contratto quale inizialmente concluso e, dall’altro, tale caducazione andrebbe a vantaggio del consumatore.

61

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che al giudice nazionale spetta dichiarare l’abusività di una clausola di un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, anche se la stessa è stata modificata contrattualmente da tali parti. Una siffatta dichiarazione comporta il ripristino della situazione che sarebbe stata quella del consumatore in assenza della clausola di cui è stata dichiarata l’abusività, fatta eccezione per il caso in cui quest’ultimo abbia rinunciato mediante la modifica della clausola abusiva a tale ripristino con un consenso libero e informato, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. Tuttavia, da tale disposizione non risulta che la dichiarazione di abusività della clausola iniziale avrebbe, in linea di principio, come effetto l’annullamento del contratto, qualora la modifica di tale clausola abbia consentito di ristabilire l’equilibrio tra gli obblighi e i diritti di tali parti derivanti dal contratto e di escludere il vizio che lo inficiava.

Sulla seconda e terza questione

62

Con le sue questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che il giudice nazionale sopprima unicamente l’elemento abusivo di una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, in particolare quando l’obiettivo dissuasivo perseguito da tale direttiva è garantito da disposizioni legislative nazionali che ne disciplinano l’uso.

63

In via preliminare, occorre rilevare che I.W. e R.W. mettono in discussione la ricevibilità della terza questione, dal momento che, con tale questione, il giudice del rinvio richiederebbe alla Corte un’interpretazione del diritto nazionale.

64

A tale riguardo, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 37 della presente sentenza, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad accertare e valutare i fatti del procedimento principale nonché a interpretare e ad applicare il diritto nazionale. Di conseguenza, se la questione sollevata verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire.

65

Orbene, poiché la terza questione verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la Corte è competente a pronunciarsi al riguardo.

66

Occorre ricordare che, a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il giudice nazionale chiamato ad esaminare una clausola contrattuale abusiva è tenuto unicamente ad escludere l’applicazione di quest’ultima affinché non produca effetti vincolanti nei confronti del consumatore, senza che detto giudice sia legittimato a rivedere il contenuto della clausola stessa. Infatti, il contratto in questione deve rimanere in essere, in linea di principio, senza alcun’altra modifica se non quella risultante dalla soppressione della clausola suddetta, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto sia giuridicamente possibile (sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés, C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 73).

67

Pertanto, qualora il giudice nazionale constati la nullità di una clausola abusiva in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che osta a che il giudice nazionale possa integrare tale contratto rivedendo il contenuto di tale clausola (sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

68

Infatti, se il giudice nazionale potesse rivedere il contenuto delle clausole abusive contenute in tale contratto, una facoltà del genere potrebbe compromettere la realizzazione dell’obiettivo di lungo termine di cui all’articolo 7 della direttiva 93/13. Infatti, tale facoltà contribuirebbe ad eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione nei confronti del consumatore di siffatte clausole abusive, dal momento che essi rimarrebbero tentati di utilizzare le clausole stesse, consapevoli che, quand’anche esse fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal giudice nazionale, in modo tale, quindi, da garantire l’interesse di detti professionisti (sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

69

Nel caso di specie, il giudice del rinvio indica che la soppressione dell’elemento della clausola di indicizzazione del mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale, relativo al margine della banca, non comporta alcuna lacuna che richieda un intervento positivo da parte sua. Tuttavia, esso sottolinea che tale soppressione modifica l’essenza della clausola nella sua formulazione originaria.

70

Orbene, la Corte ha dichiarato che le disposizioni della direttiva 93/13 ostano a che una clausola dichiarata abusiva sia parzialmente mantenuta mediante l’eliminazione degli elementi che ne determinano l’abusività, laddove l’eliminazione equivarrebbe a rivedere il contenuto della clausola stessa incidendo sulla sua sostanza (sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 64).

71

Solo se l’elemento della clausola di indicizzazione del mutuo ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale relativo al margine della Bank BPH consistesse in un obbligo contrattuale distinto dalle altre clausole contrattuali, idoneo ad essere oggetto di un esame individualizzato quanto al suo carattere abusivo, il giudice nazionale potrebbe sopprimerlo.

72

Infatti, la direttiva 93/13 non esige che il giudice nazionale disapplichi, oltre alla clausola dichiarata abusiva, anche quelle che non sono state qualificate come tali, poiché l’obiettivo perseguito dal legislatore nell’ambito di tale direttiva consiste nel tutelare il consumatore e nel ristabilire l’equilibrio tra le parti escludendo l’applicazione delle clausole considerate abusive, conservando al tempo stesso, in linea di principio, la validità delle altre clausole del contratto in questione (sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés, C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 75).

73

In tal senso, la Corte ha dichiarato, per quanto riguarda le clausole di un contratto di mutuo relative, rispettivamente, a interessi corrispettivi e ad interessi moratori, che l’annullamento della clausola di un contratto di mutuo che fissa il tasso degli interessi moratori, a causa del suo carattere abusivo, non può comportare altresì quello della clausola di tale contratto che fissa il tasso degli interessi corrispettivi, e ciò tanto più per il fatto che tali diverse clausole devono rimanere chiaramente distinte (sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés, C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 76).

74

Tali considerazioni si applicano indipendentemente dal modo in cui sono formulate la clausola contrattuale che fissa il tasso degli interessi moratori e quella che fissa il tasso degli interessi corrispettivi. In particolare, dette considerazioni valgono non soltanto quando il tasso degli interessi moratori sia definito indipendentemente dal tasso degli interessi corrispettivi, in una clausola distinta, ma anche quando il tasso degli interessi moratori venga determinato sotto forma di maggiorazione del tasso degli interessi corrispettivi pari a un certo numero di punti percentuali. In quest’ultimo caso, poiché la clausola abusiva consiste in tale maggiorazione, la direttiva 93/13 esige unicamente che la maggiorazione stessa venga annullata (sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés, C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 77).

75

Peraltro, la facoltà riconosciuta al giudice nazionale in via eccezionale di sopprimere l’elemento abusivo di una clausola di un contratto che vincola un professionista e un consumatore non può essere rimessa in discussione dall’esistenza di disposizioni nazionali che, disciplinando l’uso di una clausola del genere, garantiscano l’obiettivo dissuasivo perseguito da tale direttiva, come ricordato al punto 68 della presente sentenza.

76

Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, dopo l’adozione della legge del 29 luglio 2011, intervenuta dopo la stipulazione del contratto e dell’allegato di cui trattasi nel procedimento principale, le banche non possano più utilizzare clausole di indicizzazione in una forma come quella prevista nell’ambito del caso di specie. In forza delle disposizioni di tale legge, un contratto di mutuo denominato in valuta estera deve ora contenere le informazioni relative ai metodi e alle date di fissazione del tasso di cambio sulla base del quale sono calcolati l’importo del credito e le rate mensili di rimborso, nonché le regole di conversione delle valute.

77

Orbene, la Corte ha già dichiarato che, anche se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta a che gli Stati membri emanino una normativa che fa cessare l’uso delle clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori da un professionista, ciò non toglie che il legislatore debba, in tale contesto, rispettare i requisiti derivanti dall’articolo 6, paragrafo 1, della stessa direttiva (sentenza del 14 marzo 2019, Dunai, C‑118/17, EU:C:2019:207, punto 42).

78

Infatti, la circostanza che una clausola contrattuale sia stata dichiarata abusiva e nulla sulla base di una normativa nazionale, e poi sostituita da una nuova clausola, non può avere l’effetto di indebolire la tutela garantita ai consumatori, come ricordata al punto 54 della presente sentenza (v., per analogia, sentenza del 14 marzo 2019, Dunai, C‑118/17, EU:C:2019:207, punto 43).

79

In tali circostanze, l’adozione da parte del legislatore di disposizioni che delimitano l’utilizzo di una clausola contrattuale e contribuiscono ad assicurare l’effetto dissuasivo perseguito dalla direttiva 93/13 per quanto riguarda il comportamento dei professionisti non pregiudica i diritti riconosciuti al consumatore da tale direttiva.

80

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che, da un lato, essi non ostano a che il giudice nazionale sopprima unicamente l’elemento abusivo di una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore qualora l’obiettivo dissuasivo perseguito da tale direttiva sia garantito da disposizioni legislative nazionali che ne disciplinano l’utilizzo, purché tale elemento consista in un obbligo contrattuale distinto, idoneo ad essere oggetto di un esame individualizzato del suo carattere abusivo. Dall’altro lato, tali disposizioni ostano a che il giudice del rinvio sopprima unicamente l’elemento abusivo di una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, qualora una siffatta soppressione equivalga a rivedere il contenuto di detta clausola incidendo sulla sua sostanza, circostanza che spetterà a tale giudice verificare.

Sulla quarta questione

81

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che l’annullamento di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore a causa della dichiarazione di abusività di una clausola di tale contratto costituisce una sanzione prevista da tale direttiva che risulta da una decisione giudiziaria emessa su richiesta espressa del consumatore e fa sorgere in capo a quest’ultimo un diritto alla restituzione delle somme indebitamente percepite dal professionista o se essa intervenga di pieno diritto, indipendentemente dalla volontà di detto consumatore.

82

Al riguardo occorre ricordare che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un consumatore ed un professionista non vincolino il consumatore, alle condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali degli Stati membri, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive.

83

Pertanto, tale disposizione e, in particolare, la sua seconda parte di frase, ha lo scopo non di annullare tutti i contratti contenenti clausole abusive, ma di sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina tra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime, fermo restando che il contratto di cui trattasi deve, in via di principio, sussistere senza nessun’altra modifica se non quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive. Purché quest’ultima condizione sia soddisfatta, il contratto in questione, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, può essere mantenuto a condizione che, conformemente alle norme del diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto senza le clausole abusive sia giuridicamente possibile, il che va verificato secondo un approccio obiettivo (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

84

Ne consegue che l’articolo 6, paragrafo 1, seconda parte di frase, della direttiva 93/13 non enuncia esso stesso i criteri che disciplinano la possibilità per un contratto di rimanere in vigore senza le clausole abusive, ma lascia all’ordinamento giuridico nazionale il compito di stabilirli nel rispetto del diritto dell’Unione. Pertanto, spetta agli Stati membri, per mezzo delle loro legislazioni nazionali, definire le modalità per dichiarare il carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto, nonché le modalità con cui si realizzano i concreti effetti giuridici di tale dichiarazione. Quest’ultima deve in ogni caso consentire di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato se tale clausola abusiva non fosse esistita (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 66).

85

Risulta dagli elementi che precedono che, in primo luogo, qualora un giudice nazionale ritenga che, in applicazione delle pertinenti disposizioni del suo diritto interno, il mantenimento di un contratto senza le clausole abusive in esso contenute non sia possibile, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non osta, in linea di principio, a che esso sia dichiarato invalido (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 43).

86

Pertanto, l’annullamento del contratto contenente una clausola che sia dichiarata abusiva non può costituire una sanzione prevista dalla direttiva 93/13.

87

Del resto, per quanto riguarda, in particolare, i termini di prescrizione, la Corte ha già dichiarato che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, è compatibile con il diritto dell’Unione (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 69).

88

In secondo luogo, la questione di stabilire a partire da quale momento l’annullamento del contratto di cui trattasi nel procedimento principale produca i suoi effetti dipende esclusivamente dal diritto nazionale, purché sia assicurata la tutela garantita ai consumatori dalle disposizioni della direttiva 93/13.

89

In terzo luogo, l’annullamento del contratto nel procedimento principale non può dipendere da una domanda espressa in tal senso dai consumatori, ma rientra nell’applicazione oggettiva, da parte del giudice nazionale, dei criteri stabiliti in forza del diritto nazionale.

90

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che le conseguenze della dichiarazione in giudizio della presenza di una clausola abusiva in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto nazionale, mentre la questione della sopravvivenza di un siffatto contratto deve essere valutata d’ufficio dal giudice nazionale secondo un approccio oggettivo sulla base di tali disposizioni.

Sulla quinta questione

91

Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), debba essere interpretato nel senso che spetta al giudice nazionale, che dichiari l’abusività di una clausola di un contratto concluso da un professionista con un consumatore, informare quest’ultimo delle conseguenze giuridiche che può comportare l’annullamento di tale contratto, indipendentemente dal fatto che il consumatore sia assistito da un rappresentante professionale.

92

A tal riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che spetta al giudice nazionale, che ha accertato il carattere abusivo di una clausola e deve trarne le conseguenze giuridiche, rispettare i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, quale garantita dall’articolo 47 della Carta. Tra detti requisiti figura il principio del contraddittorio, che fa parte dei diritti della difesa e che vincola il giudice, in particolare qualora dirima una controversia sulla base di un motivo rilevato d’ufficio (sentenza del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank, C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

93

Inoltre, la Corte ha dichiarato che, nell’ipotesi in cui il giudice nazionale, che ha stabilito sulla base degli elementi di fatto e di diritto di cui dispone che una clausola rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13, constati che tale clausola presenta carattere abusivo, esso è, di norma, tenuto ad informarne le parti della controversia e ad invitarle a discuterne in contraddittorio secondo le forme previste al riguardo dalle norme processuali nazionali (sentenza del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank, C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 31).

94

Pertanto, nei limiti in cui detto sistema di tutela contro le clausole abusive non si applica se il consumatore vi si oppone, tale consumatore deve a fortiori avere il diritto, in applicazione di questo medesimo sistema, di opporsi ad essere tutelato avverso le conseguenze pregiudizievoli provocate dall’invalidazione del contratto nel suo complesso qualora egli non intenda invocare detta protezione (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 55).

95

In tale contesto, il consumatore, dopo essere stato avvisato dal giudice nazionale, può non far valere il carattere abusivo e non vincolante di una clausola, dando così un consenso libero e informato alla clausola in questione (sentenza del 3 ottobre 2019, Dziubak, C‑260/18, EU:C:2019:819, punto 66).

96

Da quanto precede risulta che le informazioni di cui può disporre il giudice nazionale sulla base delle norme processuali nazionali appaiono tanto più importanti in quanto consentono al consumatore di decidere se desidera rinunciare alla tutela che gli è garantita conformemente alla direttiva 93/13.

97

Orbene, affinché il consumatore possa prestare il proprio consenso libero e informato, spetta al giudice nazionale indicare alle parti, nell’ambito delle norme processuali nazionali e alla luce del principio di equità nei procedimenti civili, in modo oggettivo ed esaustivo le conseguenze giuridiche che può comportare l’eliminazione della clausola abusiva, e ciò indipendentemente dal fatto che esse siano o meno assistite da un rappresentante professionale.

98

Una siffatta informativa è, in particolare, ancora più importante, quando la disapplicazione della clausola abusiva può comportare l’annullamento dell’intero contratto, il che eventualmente espone il consumatore a domande di restituzione, come ipotizza il giudice del rinvio nel procedimento principale.

99

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice nazionale, che dichiari abusiva una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, informare quest’ultimo, nell’ambito delle norme processuali nazionali e a seguito di un dibattimento in contraddittorio, delle conseguenze giuridiche che può comportare l’annullamento di tale contratto, indipendentemente dal fatto che il consumatore sia assistito da un rappresentante professionale.

Sulle spese

100

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretato nel senso che al giudice nazionale spetta dichiarare l’abusività di una clausola di un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, anche se la stessa è stata modificata contrattualmente da tali parti. Una siffatta dichiarazione comporta il ripristino della situazione che sarebbe stata quella del consumatore in assenza della clausola di cui è stata dichiarata l’abusività, fatta eccezione per il caso in cui quest’ultimo abbia rinunciato mediante la modifica della clausola abusiva a tale ripristino con un consenso libero e informato, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare. Tuttavia, da tale disposizione non risulta che la dichiarazione di abusività della clausola iniziale avrebbe, in linea di principio, come effetto l’annullamento del contratto, qualora la modifica di tale clausola abbia consentito di ristabilire l’equilibrio tra gli obblighi e i diritti di tali parti derivanti dal contratto e di escludere il vizio che lo inficiava.

 

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che, da un lato, essi non ostano a che il giudice nazionale sopprima unicamente l’elemento abusivo di una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore qualora l’obiettivo dissuasivo perseguito da tale direttiva sia garantito da disposizioni legislative nazionali che ne disciplinano l’utilizzo, purché tale elemento consista in un obbligo contrattuale distinto, idoneo ad essere oggetto di un esame individualizzato del suo carattere abusivo. Dall’altro lato, tali disposizioni ostano a che il giudice del rinvio sopprima unicamente l’elemento abusivo di una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, qualora una siffatta soppressione equivalga a rivedere il contenuto di detta clausola incidendo sulla sua sostanza, circostanza che spetterà a tale giudice verificare.

 

3)

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che le conseguenze della dichiarazione in giudizio della presenza di una clausola abusiva in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto nazionale, mentre la questione della sopravvivenza di un siffatto contratto deve essere valutata d’ufficio dal giudice nazionale secondo un approccio oggettivo sulla base di tali disposizioni.

 

4)

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice nazionale, che dichiari abusiva una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, informare quest’ultimo, nell’ambito delle norme processuali nazionali e a seguito di un dibattimento in contraddittorio, delle conseguenze giuridiche che può comportare l’annullamento di tale contratto, indipendentemente dal fatto che il consumatore sia assistito da un rappresentante professionale.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.