SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

25 febbraio 2021 ( *1 )

«Impugnazione – Ricorso per risarcimento danni – Responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea – Comportamenti asseritamente illegittimi della Commissione europea e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Cessazione dalle funzioni di un membro della Commissione – Regole procedurali che disciplinano l’indagine dell’OLAF – Apertura di un’inchiesta – Diritto di essere ascoltato – Comitato di vigilanza dell’OLAF – Presunzione d’innocenza – Valutazione del danno fatto valere»

Nella causa C‑615/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 16 agosto 2019,

John Dalli, residente in St. Julian’s (Malta), rappresentato da L. Levi e S. Rodrigues, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da J.-P. Keppenne e J. Baquero Cruz, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), C. Toader, M. Safjan e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 settembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, il sig. John Dalli chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 6 giugno 2019, Dalli/Commissione (T‑399/17, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2019:384), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno che egli avrebbe subìto a seguito di comportamenti asseritamente illeciti della Commissione europea e dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), connessi alla cessazione, il 16 ottobre 2012, dalle sue funzioni in qualità di membro della Commissione.

Contesto normativo

Il regolamento (CE) n. 1073/1999

2

L’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1073/1999, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (GU 1999, L 136, pag. 1), disponeva quanto segue:

«All’interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi (in prosieguo denominati: “le istituzioni, gli organi e gli organismi”), l’Ufficio svolge le indagini amministrative volte a:

lottare contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea;

ricercare a tal fine i fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali, che possono costituire un inadempimento agli obblighi dei funzionari e agenti delle Comunità, perseguibile in sede disciplinare o penale o un inadempimento agli obblighi analoghi dei membri delle istituzioni e degli organi, dei dirigenti degli organismi o del personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto».

3

L’articolo 2 di tale regolamento precisava quanto segue:

«Ai sensi del presente regolamento si intende per “indagine amministrativa” (in prosieguo denominata “indagine”) l’insieme dei controlli, delle verifiche e delle operazioni che gli agenti dell’Ufficio svolgono nell’esercizio delle loro funzioni, a norma degli articoli 3 e 4, al fine di conseguire gli obiettivi definiti all’articolo 1 e di accertare, ove opportuno, l’irregolarità delle attività controllate. Queste indagini non incidono sulla competenza degli Stati membri in materia di azione penale».

4

Gli articoli 3 e 4 di tale regolamento stabilivano le norme applicabili rispettivamente alle indagini esterne e interne dell’OLAF.

5

L’articolo 6, paragrafo 1, dello stesso regolamento precisava che il direttore dell’Ufficio dirigeva l’esecuzione delle indagini.

6

L’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999 era redatto come segue:

«Al termine di un’indagine, l’Ufficio redige sotto l’autorità del direttore una relazione che contiene in particolare i fatti accertati, l’eventuale indicazione del danno finanziario e le conclusioni dell’indagine, incluse le raccomandazioni del direttore dell’Ufficio sui provvedimenti da prendere».

7

L’articolo 11, paragrafi 1 e da 6 a 8, di tale regolamento prevedevano quanto segue:

«1.   Il comitato di vigilanza, controllando regolarmente l’esecuzione della funzione di indagine, garantisce l’indipendenza dell’Ufficio.

Su richiesta del direttore, o di propria iniziativa, il comitato sottopone al direttore dei pareri in merito alle attività dell’Ufficio, senza tuttavia interferire nello svolgimento delle indagini in corso.

(...)

6.   Il comitato di vigilanza designa il proprio presidente. Esso adotta il proprio regolamento interno. (...)

7.   Il direttore trasmette ogni anno al comitato di vigilanza il programma delle attività dell’Ufficio (...). Il direttore informa il comitato dei casi che rendono necessaria la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie di uno Stato membro.

8.   Il comitato di vigilanza adotta almeno una relazione sulle attività ogni anno e lo trasmette alle istituzioni. Il comitato può presentare relazioni al Parlamento europeo, al Consiglio alla Commissione e alla Corte dei conti sui risultati e i provvedimenti conseguenti alle indagini svolte dall’Ufficio».

La decisione 1999/396/CE, CECA, Euratom

8

L’articolo 4 della decisione della Commissione, del 2 giugno 1999, 1999/396/CE, CECA, Euratom, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità (GU 1999, L 149, pag. 57), così dispone, al suo primo comma:

«Qualora si manifesti la possibilità di coinvolgimento personale di un membro, di un funzionario o di un agente della Commissione, l’interessato viene prontamente informato, se ciò non rischia di pregiudicare l’indagine. In ogni caso non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell’indagine, riguardante personalmente un membro, un funzionario o un agente della Commissione senza aver dato modo all’interessato di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono».

Il regolamento interno del comitato di vigilanza dell’OLAF

9

L’articolo 13, paragrafo 5, del regolamento interno del comitato di vigilanza dell’OLAF (GU 2011, L 308, pag. 114), stabilisce che

«I casi che rendono necessaria la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie di uno Stato membro sono esaminati sulla base delle informazioni fornite dal direttore generale dell’OLAF e in conformità con il regolamento (CE) n. 1073/1999. Il seguito è svolto sulle stesse basi.

In particolare, prima dell’invio delle informazioni, il comitato di vigilanza chiede l’accesso alle indagini in questione onde verificare se le garanzie procedurali e i diritti fondamentali siano rispettati. Una volta che il segretariato ha ottenuto l’accesso ai documenti entro un periodo di tempo che gli permetta di assolvere tale compito, i relatori incaricati di esaminare i fascicoli elaborano una presentazione per la sessione plenaria del comitato. (...)

Il comitato designa i relatori per esaminare tali indagini ed, eventualmente, emettere un parere».

Il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013

10

Il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), abroga e sostituisce il regolamento n. 1073/1999.

11

L’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2013 così recita:

«Se un’indagine si compone di elementi esterni ed interni, si applicano rispettivamente l’articolo 3 e l’articolo 4».

Le istruzioni dell’OLAF al suo personale e sulle procedure di indagine

12

L’articolo 5 delle istruzioni dell’OLAF al suo personale sulle procedure di indagine, nella versione applicabile al momento dei fatti (in prosieguo: le «istruzioni dell’OLAF»), disponeva quanto segue:

«1.   L’unità responsabile della selezione e dell’esame delle indagini può contattare, se necessario, la fonte informativa nonché l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione in questione, al fine di ottenere chiarimenti e ulteriori documenti riguardanti le informazioni iniziali. Essa può altresì consultare le banche dati e le altre fonti a disposizione dell’OLAF. Qualora sia necessario raccogliere informazioni supplementari a sostegno del processo di selezione, l’unità responsabile della selezione e dell’esame delle indagini può, tra l’altro:

a.

raccogliere documenti e informazioni;

b.

raccogliere informazioni nel quadro di riunioni operative;

c.

raccogliere la deposizione di qualsiasi persona in grado di fornire informazioni pertinenti;

d.

condurre missioni di accertamento dei fatti negli Stati membri.

2.   Se la fonte è un denunciante, l’unità responsabile della selezione e dell’esame delle indagini dovrà comunicargli, entro 60 giorni, il tempo necessario per prendere i provvedimenti adeguati.

3.   Il parere sull’apertura di un’indagine o di un caso di coordinamento dovrà basarsi sul fatto che le informazioni rientrino o meno nella sfera di competenza dell’OLAF, che siano o non siano sufficienti per giustificare l’apertura di un’indagine o di un caso di coordinamento, che rientrino o meno nelle priorità della politica investigativa, stabilite dal direttore generale.

4.   Nel determinare la competenza dell’OLAF si tiene conto dei regolamenti, delle decisioni e degli accordi interistituzionali dell’Unione e di altri strumenti giuridici relativi alla tutela degli interessi finanziari e di altro tipo dell’Unione. L’affidabilità della fonte e la credibilità delle accuse sono prese in considerazione per determinare se le informazioni sono sufficienti per aprire un’indagine o un fascicolo di coordinamento. Inoltre, tutte le informazioni raccolte durante la procedura di selezione sono prese in considerazione per giustificare l’apertura di un fascicolo di indagine o di coordinamento. Le priorità della politica investigativa stabiliscono i criteri da applicare per determinare se le informazioni rientrano o meno in una priorità investigativa riconosciuta.

5.   L’unità responsabile della selezione e dell’esame delle indagini comunica al direttore generale un parere sull’apertura o sul rifiuto di un caso entro due mesi dalla registrazione di un’informazione ricevuta».

13

L’articolo 11, paragrafo 6, delle istruzioni dell’OLAF precisava quanto segue:

«I membri dell’unità investigativa svolgono le seguenti attività d’indagine dietro presentazione dell’atto scritto del direttore generale, in cui risulta la loro identità e capacità nonché l’attività investigativa che sono autorizzati a svolgere:

a.

colloqui con le persone interessate;

b.

ispezioni di locali;

c.

controlli sul posto;

d.

attività di informatica forense;

e.

controlli e ispezioni soggetti a norme di settore».

14

L’articolo 12, paragrafo 3, delle istruzioni dell’OLAF così recitava:

«Qualora intenda condurre un’attività investigativa che esula dall’ambito dell’indagine o del caso di coordinamento, l’unità investigativa dovrà presentare all’unità responsabile della selezione e dell’esame delle indagini la richiesta di ampliare la portata dell’indagine. L’unità responsabile della selezione e dell’esame delle indagini dovrà controllare la proposta di estendere l’ambito dell’indagine e presentare al direttore generale un parere, sulla base del quale quest’ultimo prenderà una decisione».

Fatti

15

Con decisione n. 2010/80/UE del Consiglio europeo, del 9 febbraio 2010, recante nomina della Commissione europea (GU 2010, L 38, pag. 7), il sig. Dalli è stato nominato membro della Commissione per il periodo compreso tra il 10 febbraio 2010 e il 31 ottobre 2014. Il presidente della Commissione gli ha affidato il portafoglio della salute e della tutela dei consumatori.

16

Il 25 maggio 2012, a seguito della ricezione da parte della Commissione, il 21 maggio 2012, di una denuncia della società Swedish Match (in prosieguo: il «denunciante»), contenente accuse relative al comportamento del sig. Dalli, l’OLAF ha avviato un’indagine (in prosieguo: l’«indagine dell’OLAF»).

17

Il 16 luglio e il 17 settembre 2012, il sig. Dalli è stato sentito dall’OLAF.

18

Il 15 ottobre 2012 la relazione dell’OLAF è stata trasmessa al segretario generale della Commissione, all’attenzione del presidente di tale istituzione. Tale relazione era accompagnata da una lettera firmata dal direttore generale dell’OLAF (in prosieguo: il «direttore dell’OLAF») che riassumeva i principali risultati dell’indagine.

19

Il 16 ottobre 2012 il sig. Dalli ha incontrato il presidente della Commissione. Successivamente nel corso della stessa giornata, quest’ultimo ha informato il Primo ministro della Repubblica di Malta nonché i presidenti del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea delle dimissioni del sig. Dalli. La Commissione ha pubblicato altresì un comunicato stampa che annunciava tali dimissioni.

20

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 dicembre 2012, il sig. Dalli ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della «decisione orale adottata dal presidente della Commissione il 16 ottobre 2012 che dispone la [sua] cessazione dalle funzioni (…) con effetto immediato» e al risarcimento del danno subìto in misura pari ad EUR 1 simbolico a titolo di danno morale e, in via provvisoria, in misura pari ad EUR 1913396 a titolo di danno materiale.

21

Tale ricorso è stato respinto con sentenza del Tribunale del 12 maggio 2015, Dalli/Commissione (T‑562/12, EU:T:2015:270).

22

Per quanto riguarda, da un lato, la domanda di annullamento, il Tribunale ha ritenuto che il sig. Dalli avesse presentato le sue dimissioni verbalmente, senza che esse fossero state oggetto di una richiesta del presidente della Commissione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 6, TUE. Non essendo stata dimostrata l’esistenza di tale richiesta, che costituiva l’atto impugnato dal ricorrente, il Tribunale ha ritenuto che la domanda di annullamento dovesse essere respinta in quanto irricevibile.

23

Per quanto riguarda, dall’altro lato, la domanda di risarcimento danni, il Tribunale ha considerato che, avendo esso rilevato che non era stata dimostrata l’esistenza di una richiesta siffatta, nessuna illiceità poteva essere addebitata al riguardo a tale istituzione sotto tale profilo. Quanto al vizio del consenso dedotto, in subordine, nell’ambito della domanda di annullamento, il Tribunale ha rilevato che esso non era stato dimostrato. Esso ne ha concluso le affermazioni del sig. Dalli riguardanti un comportamento colposo della Commissione o del suo presidente non erano state dimostrate e, pertanto, ha respinto la domanda di risarcimento danni in quanto infondata.

24

Il 21 giugno 2015 il sig. Dalli ha impugnato tale sentenza. Tale impugnazione è stata respinta con l’ordinanza del 14 aprile 2016, Dalli/Commissione (C‑394/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:262).

Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

25

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 giugno 2017, il sig. Dalli ha proposto un ricorso diretto a ottenere la condanna della Commissione a versargli un indennizzo per l’ammontare stimato, in via provvisoria, in EUR 1000000 a titolo di risarcimento del danno, in particolare morale, che lo stesso avrebbe subìto a seguito di asseriti comportamenti illeciti della Commissione e dell’OLAF, connessi alla sua cessazione dalle funzioni quale membro della Commissione il 16 ottobre 2012.

26

A sostegno di tale ricorso, il sig. Dalli ha fatto valere sette censure relative all’illiceità del comportamento dell’OLAF, fondate, in primo luogo, sull’illegittimità della decisione di avviare l’indagine; in secondo luogo, su vizi nella definizione dell’indagine e nella sua portata; in terzo luogo, su una violazione dei principi in materia di assunzione della prova e sullo snaturamento nonché sulla falsificazione di elementi di prova; in quarto luogo, su una violazione dei diritti della difesa, dell’articolo 4 della decisione 1999/396 e dell’articolo 18 delle istruzioni dell’OLAF; in quinto luogo, su una violazione dell’articolo 11, paragrafo 7, del regolamento n. 1073/1999 e dell’articolo 13, paragrafo 5, del regolamento interno del comitato di vigilanza dell’OLAF; in sesto luogo, su una violazione del principio della presunzione di innocenza, dell’articolo 8 del regolamento n. 1073/1999, dell’articolo 339 TFUE e del diritto alla protezione dei dati a carattere personale e, in settimo luogo, su una violazione dell’articolo 4 di tale regolamento, dell’articolo 4 della decisione 1999/396 e del protocollo di accordo riguardante un codice di condotta per garantire tempestivamente uno scambio di informazioni tra l’OLAF e la Commissione in ordine alle indagini interne dell’OLAF in seno alla Commissione. Inoltre, il sig. Dalli ha dedotto due censure relative all’illiceità del comportamento della Commissione.

27

Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 settembre 2017, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità.

28

Con la sentenza impugnata il Tribunale, dopo aver respinto tale eccezione di irricevibilità, ha respinto tutte le censure sollevate dal sig. Dalli contro l’OLAF e la Commissione.

29

Il Tribunale ha inoltre dichiarato, ad abundantiam, che il sig. Dalli non aveva dimostrato né l’esistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto tra i comportamenti contestati e il danno asserito, né l’esistenza di quest’ultimo.

30

Di conseguenza, il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso del sig. Dalli.

Conclusioni delle parti

31

Con la sua impugnazione, il sig. Dalli chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

ingiungere il risarcimento del danno – in particolare morale – da lui subito e stimabile, in via provvisoria, in EUR 1000000, e

condannare la Commissione alle spese dei due gradi di giudizio.

32

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso;

condannare il sig. Dalli alle spese sostenute dinanzi alla Corte e al Tribunale.

Sull’impugnazione

33

Il sig. Dalli deduce sette motivi. I primi sei motivi riguardano il rigetto delle prime sei censure presentate in primo grado relative al comportamento dell’OLAF. Il settimo motivo riguarda le constatazioni del Tribunale relative all’effettività del danno asserito e all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento di tale istituzione e il danno fatto valere.

34

In via preliminare, la Commissione precisa che, pur non ritenendo utile, per ragioni di economia processuale, proporre un’impugnazione incidentale, essa ritiene tuttavia che il ricorso in primo grado avrebbe dovuto essere respinto in quanto irricevibile e che la Corte potrebbe esaminare d’ufficio l’errore commesso su tale punto dal Tribunale.

35

A tal riguardo, nella presente controversia la Corte considera appropriato pronunciarsi nel merito (v., per analogia, sentenze del 23 ottobre 2007, Polonia/Consiglio, C‑273/04, EU:C:2007:622, punto 33, e del 7 marzo 2013, Svizzera/Commissione, C‑547/10 P, EU:C:2013:139, punto 47).

36

Inoltre, la Commissione sostiene che tutti i motivi dedotti dal sig. Dalli sono inoperanti.

Sul carattere inoperante di tutti i motivi

Argomenti delle parti

37

La Commissione osserva che il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione è subordinato alla compresenza di tre condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni dell’Unione, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso causale fra tale comportamento e il danno. Qualora manchi una di queste condizioni, la domanda di risarcimento deve essere respinta senza che sia necessario esaminare le altre due.

38

Orbene i primi sei motivi dedotti a sostegno dell’impugnazione riguardano il comportamento contestato all’OLAF, mentre il settimo motivo riguarda unicamente l’esistenza di un danno morale. La Commissione ritiene che il sig. Dalli non deduca quindi alcun motivo relativo alla condizione riguardante l’esistenza di un nesso causale tra il comportamento dell’OLAF e il danno lamentato. A suo avviso, il sig. Dalli non può sostenere che il settimo motivo si riferisce anche a tale nesso di causalità in quanto, nella sua impugnazione, da un lato, egli fa specifico riferimento, negli argomenti sviluppati a sostegno di tale motivo, al punto 225 della sentenza impugnata, che riguarda solo il danno, e, dall’altro, non contesta la motivazione relativa all’assenza di nesso di causalità di cui al punto 224 della sentenza impugnata.

39

Ne conseguirebbe che i motivi dedotti dal sig. Dalli non rimettono in discussione le ragioni per cui il Tribunale ha ritenuto che il nesso di causalità tra il comportamento dell’OLAF e il danno asserito dal sig. Dalli non fosse stato dimostrato. Poiché tali ragioni sarebbero sufficienti a motivare il dispositivo della sentenza impugnata, tali motivi sarebbero inoperanti e l’impugnazione dovrebbe pertanto essere respinta nel suo insieme.

40

Il sig. Dalli conclude per il rigetto di tale argomentazione.

Giudizio della Corte

41

Secondo una giurisprudenza costante, la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’illiceità del comportamento contestato all’istituzione dell’Unione, l’effettività del danno e la sussistenza di un nesso causale fra il comportamento dell’istituzione e il danno lamentato (v. sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

42

Come affermato dalla Corte, qualora uno di tali presupposti non sia soddisfatto, il ricorso deve essere respinto nella sua interezza senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità extracontrattuale dell’Unione (sentenza del 5 settembre 2019, Unione europea/Guardian Europe e Guardian Europe/Unione europea, C‑447/17 P e C‑479/17 P, EU:C:2019:672, punto 148 e la giurisprudenza citata).

43

Nel caso di specie, è pacifico che i motivi dedotti dal sig. Dalli riguardano i presupposti relativi all’illiceità del comportamento di cui è accusato l’OLAF e all’effettività del danno lamentato dal sig. Dalli. Per contro, le parti non concordano sul fatto che il settimo motivo dedotto a sostegno dell’impugnazione si riferisca, in parte, anche al presupposto della sussistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento e tale danno.

44

A tale riguardo, in primo luogo, dalla circostanza che il sig. Dalli ha fatto riferimento solo al punto 225 della sentenza impugnata nell’argomentazione a sostegno del settimo motivo, la Commissione non può dedurre che, con tale motivo, egli non rimette in discussione le constatazioni del Tribunale relative all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento dell’OLAF e il danno lamentato.

45

Occorre infatti rilevare, da un lato, che al punto 224 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha proceduto ad un esame completo di tale presupposto. In tale punto, il Tribunale si è limitato a constatare che il sig. Dalli non aveva addotto alcun elemento di prova per dimostrare l’esistenza del danno morale lamentato e ad escludere l’esistenza di un nesso tra la cessazione delle sue funzioni in seno alla Commissione e il danno fatto valere. Per contro, esso non ha constatato, in generale, che il sig. Dalli non aveva dimostrato l’esistenza di un nesso tra il comportamento dell’OLAF e tale danno.

46

Dall’altro lato, il Tribunale ha considerato, al punto 225 della sentenza impugnata, che il ricorrente non aveva dimostrato che «il comportamento lamentato era, per la sua gravità, di natura tale da causargli (...) un danno». Il Tribunale ha quindi ritenuto che il sig. Dalli non avesse dimostrato né l’effettività del danno né l’esistenza di un nesso causale tra tale comportamento e il danno.

47

La conclusione secondo cui il ricorrente non aveva dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto tra il comportamento lamentato e il danno fatto valere è peraltro esposta solo al punto 226 della sentenza impugnata.

48

In secondo luogo, con il settimo motivo, il sig. Dalli sostiene, in particolare, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non tenendo conto della giurisprudenza dei giudici dell’Unione, dalla quale risulterebbe che, quando una persona è pubblicamente associata ad una colpa o quando valutazioni pregiudizievoli che la riguardano sono ampiamente diffuse, essa subisce un danno morale a causa del danno arrecato alla sua reputazione.

49

Con tale motivo, il sig. Dalli sostiene quindi che è sufficiente caratterizzare l’esistenza di siffatti comportamenti da parte delle istituzioni per dimostrare tanto l’esistenza di un danno quanto un nesso di causalità tra tali comportamenti e tale danno.

50

Ciò premesso, si deve considerare che, con il settimo motivo, il sig. Dalli rimette in discussione la constatazione del Tribunale secondo cui non è stato dimostrato il nesso di causalità tra il comportamento dell’OLAF e il danno fatto valere dal ricorrente. Deve pertanto essere respinto l’argomento della Commissione secondo cui sono inoperanti tutti i motivi addotti dal sig. Dalli a sostegno della sua impugnazione.

Sul primo motivo, vertente sulla decisione di avviare l’indagine

Sulla prima parte del primo motivo

– Argomenti delle parti

51

Con la prima parte del primo motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo, ai punti da 56 a 58 della sentenza impugnata, che né l’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 1073/1999, né l’articolo 5 delle istruzioni dell’OLAF costituiscano norme di diritto dell’Unione che conferiscono diritti ai singoli.

52

La prima di tali disposizioni stabilirebbe in modo chiaro e preciso l’obbligo per l’OLAF di avviare un’indagine solo in presenza di «sospetti sufficientemente gravi» e di «fatti gravi». La Corte avrebbe confermato, nelle sentenze del 10 luglio 2003, Commissione/BCE (C‑11/00, EU:C:2003:395), e del 10 luglio 2003, Commissione/BEI (C‑15/00, EU:C:2003:396), l’esistenza di un siffatto obbligo, che proteggerebbe le persone che possono essere oggetto di un’indagine dell’OLAF.

53

Quanto alla seconda di tali disposizioni, essa subordinerebbe l’avvio di un’indagine dell’OLAF a una serie di condizioni chiare e precise. Poiché produce quindi effetti sui terzi, la sua natura di norma generale o interna non le impedirebbe di conferire diritti ai singoli.

54

La Commissione conclude per il rigetto della prima parte del primo motivo in quanto infondata o, in ogni caso, inoperante.

– Giudizio della Corte

55

Occorre ricordare che tra i presupposti richiesti per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, a norma dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, figura il requisito dell’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

56

A tale proposito, occorre rilevare, in primo luogo, che il Tribunale ha dichiarato, al punto 56 della sentenza impugnata, che l’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 1073/1999 non può essere considerato una norma giuridica siffatta, in quanto si limita a definire gli obiettivi e le funzioni dell’OLAF nell’ambito di indagini amministrative.

57

L’argomento presentato dal sig. Dalli secondo cui tale valutazione è viziata da un errore di diritto, in quanto non tiene conto del fatto che tale disposizione subordina l’avvio di un’indagine dell’OLAF al soddisfacimento di due condizioni, vale a dire l’esistenza di «sospetti sufficientemente gravi» e l’esistenza di «fatti gravi», non può essere accolto.

58

Infatti, da un lato, tale disposizione precisa che le indagini amministrative dell’OLAF sono «volte» a «ricercare (...) i fatti gravi» che possono portare a un’azione penale. Poiché lo scopo di un’indagine dell’OLAF è quindi, in base alla stessa disposizione, quello di ricercare fatti gravi, l’esistenza di tali fatti non può essere considerata una condizione preliminare per l’avvio di un’indagine di tale tipo.

59

Dall’altro lato, se è vero che risulta effettivamente dalla giurisprudenza della Corte che un’indagine dell’OLAF può essere avviata solo qualora sussistano sospetti sufficientemente seri relativi a fatti di frode, di corruzione o ad altre attività illecite tali da ledere gli interessi finanziari dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2003, Commissione/BCE, C‑11/00, EU:C:2003:395, punto 141, e del 10 luglio 2003, Commissione/BEI, C‑15/00, EU:C:2003:396, punto 164), tale presupposto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, non risulta dall’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento n. 1073/1999, il quale peraltro non fa riferimento alla nozione di «sospetti sufficientemente seri».

60

In secondo luogo, il Tribunale ha dichiarato, al punto 57 della sentenza impugnata, che l’articolo 5 delle istruzioni dell’OLAF non costituisce una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, basandosi sulla classificazione di tali istruzioni come «norme interne» e sul fatto che tale articolo descrive la procedura di selezione messa in atto all’interno dell’OLAF al fine di garantire che le sue indagini siano condotte in modo logico e coerente.

61

Ne consegue che la valutazione effettuata dal Tribunale in tale punto non si basa unicamente sulla qualificazione del suddetto articolo come «norma interna», ma anche sul contenuto di quest’ultimo.

62

Orbene, emerge dallo stesso tenore letterale dell’articolo 5 delle istruzioni dell’OLAF che lo scopo di tale articolo è quello di definire le condizioni per l’emissione di un parere indirizzato al direttore dell’OLAF nel contesto di una procedura di selezione ed elenca gli elementi che devono essere presi in considerazione in tale procedura, senza stabilire alcuna condizione preliminare per l’avvio di un’indagine da parte dell’OLAF.

63

In tali circostanze, il sig. Dalli non può validamente sostenere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel ritenere che tale articolo non costituisca una norma di diritto intesa a conferire diritti ai singoli.

64

Di conseguenza, la prima parte del primo motivo dev’essere respinta in quanto infondata.

Sulla seconda parte del primo motivo

– Argomenti delle parti

65

Con la seconda parte del primo motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che il dovere di diligenza non fosse stato violato.

66

In primo luogo, al punto 68 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti non precisando che il «brevissimo periodo di tempo» o il «breve periodo di tempo» tra la trasmissione delle informazioni contenute nella denuncia e la decisione di avviare l’indagine non corrispondeva ad un giorno, ma ad alcune ore.

67

In secondo luogo, contrariamente a quanto risulta da tale punto 68, dal parere dell’unità responsabile della selezione e dell’esame non si potrebbe dedurre che tale unità ha svolto indagini sul denunciante e su altre due persone coinvolte, in quanto il comitato di vigilanza dell’OLAF (in prosieguo: il «comitato di vigilanza») avrebbe indicato di non aver trovato alcun elemento che attestasse l’esistenza di verifiche da parte dell’OLAF, a parte quelle relative all’esistenza delle persone e delle società citate nella denuncia. L’OLAF non avrebbe quindi proceduto al controllo approfondito che avrebbe dovuto svolgere.

68

In terzo luogo, la sentenza impugnata sarebbe insufficientemente motivata, in quanto non esporrebbe le ragioni per cui non si è tenuto conto del parere espresso dal comitato di vigilanza.

69

In quarto luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel ritenere che l’OLAF avesse effettuato un esame sufficiente delle accuse formulate nella denuncia contro il sig. Dalli prima di decidere di avviare un’indagine al riguardo.

70

Il Tribunale non avrebbe quindi sufficientemente esposto gli elementi di fatto cui fa riferimento il sig. Dalli e il motivo per cui non è stato possibile valutarli prima dell’avvio dell’indagine, anche se si sarebbero potute effettuare verifiche in particolare sulla posizione adottata dal denunciante nei fascicoli dinanzi al sig. Dalli e sui rapporti di tale denunciante con la Commissione.

71

Inoltre, sarebbe erronea la valutazione del Tribunale, al punto 73 della sentenza impugnata, secondo cui l’OLAF potrebbe avviare un’indagine sulla base delle informazioni contenute in una denuncia, qualora tali informazioni siano precise e dettagliate, senza effettuare i controlli necessari per valutare la credibilità di tali accuse. Analogamente, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare, al punto 74 di tale sentenza, che l’OLAF era tenuto a garantire l’assenza di conflitto di interessi, anche se tale conflitto non risultava chiaramente dalle informazioni ricevute.

72

La Commissione conclude per il rigetto della seconda parte del primo motivo in quanto in parte irricevibile e in parte infondata.

– Giudizio della Corte

73

In primo luogo, per quanto riguarda l’affermazione del sig. Dalli secondo cui, al punto 68 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe snaturato i fatti, occorre ricordare che, come risulta dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è pertanto competente in via esclusiva a constatare e a valutare i fatti pertinenti nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti e di tali elementi di prova non costituisce dunque, salvo il caso di loro snaturamento, una questione di diritto assoggettata, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 28 maggio 2020, Asociación de fabricantes de morcilla de Burgos/Commissione, C 309/19 P, EU:C:2020:401, punto 10 e giurisprudenza ivi citata).

74

Al punto 68 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha fatto alcun riferimento preciso alla durata del periodo trascorso tra la ricezione delle informazioni da parte della Commissione e l’avvio dell’indagine dell’OLAF.

75

Tuttavia, poiché la normativa applicabile non prevede alcun termine imperativo al riguardo, non si può contestare al Tribunale di non aver indicato la precisa durata trascorsa tra tali due eventi.

76

Quanto alle espressioni «brevissimo periodo» e «breve periodo» utilizzate dal Tribunale in tale punto, esse non sono affatto incompatibili con le poche ore cui fa riferimento il sig. Dalli. Va pertanto rilevato, senza che sia necessario pronunciarsi sulla durata del periodo in questione, che l’uso di tali espressioni non può costituire uno snaturamento dei fatti.

77

In secondo luogo, con la sua argomentazione secondo la quale il Tribunale ha erroneamente dedotto dal parere dell’unità responsabile della selezione e dell’esame che l’OLAF aveva svolto indagini sul denunciante e su due delle persone coinvolte, il sig. Dalli rimette in discussione le valutazioni di fatto effettuate dal Tribunale al punto 68 della sentenza impugnata.

78

Poiché tali argomentazioni non rivelano alcuno snaturamento dei fatti che hanno condotto a tali valutazioni, esse devono essere respinte in quanto irricevibili, conformemente alla giurisprudenza della Corte di cui al punto 73 della presente sentenza. In ogni caso, nei limiti in cui tali accuse vanno intese come denunce di uno snaturamento del parere adottato dal comitato di vigilanza, va rilevato che gli estratti di tale parere citati nell’impugnazione non contraddicono le conclusioni del Tribunale di cui al citato punto 68.

79

In terzo luogo, per quanto riguarda l’asserita carenza di motivazione della sentenza impugnata, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, cosicché la motivazione del Tribunale può essere implicita, a condizione che essa consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (sentenza del 25 giugno 2020, CSUE/KF, C‑14/19 P, EU:C:2020:492, paragrafo 96 e la giurisprudenza citata).

80

Nel caso di specie, il Tribunale ha fatto riferimento, al punto 68 della sentenza impugnata, agli elementi che lo hanno condotto a ritenere che l’OLAF avesse svolto indagini sul denunciante e su due delle persone coinvolte. Inoltre, ai punti da 69 a 74 di tale sentenza, esso ha esposto le ragioni che l’hanno condotto a ritenere che l’OLAF non fosse tenuto ad effettuare verifiche supplementari prima di avviare la sua indagine.

81

Tale motivazione è sufficiente per consentire al sig. Dalli di comprendere le ragioni del rigetto della sua argomentazione e per consentire alla Corte di esercitare il suo controllo, senza che sia necessario che il Tribunale prenda una posizione specifica sul parere adottato dal comitato di vigilanza.

82

In quarto luogo, per quanto riguarda l’errore di diritto asseritamente commesso dal Tribunale relativamente all’esame, da parte dell’OLAF, delle informazioni trasmesse, occorre tener presente che, come risulta dal punto 59 della presente sentenza, un’indagine dell’OLAF può essere avviata solo qualora sussistano sospetti sufficientemente seri relativi a fatti di frode, di corruzione o ad altre attività illecite tali da ledere gli interessi finanziari dell’Unione.

83

Ne consegue che la semplice trasmissione di una denuncia all’OLAF può giustificare l’avvio di un’indagine solo se l’OLAF ha proceduto a una prima valutazione delle accuse contenute in tale denuncia.

84

Tuttavia, come risulta chiaramente dal punto 58 della presente sentenza, l’OLAF non è tenuto a effettuare controlli per valutare appieno la fondatezza di tali accuse prima di avviare un’indagine, poiché dall’articolo 2 del regolamento n. 1073/1999 risulta che lo scopo di tale indagine è proprio quello di stabilire, se del caso, il carattere irregolare delle attività controllate. Ai sensi degli articoli 3 e 4 di tale regolamento, l’OLAF dispone dei mezzi investigativi per effettuare tali controlli solo dopo l’apertura dell’indagine.

85

Di conseguenza, il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel dichiarare, ai punti 70 e 71 della sentenza impugnata, che non spettava all’OLAF, prima dell’avvio di un’indagine, procedere a una valutazione dettagliata delle informazioni ricevute, ma che esso doveva, al contrario, esaminare con attenzione e imparzialità tutti gli elementi in questione, e in particolare l’affidabilità della fonte e la credibilità delle accuse, al fine di determinare se tali informazioni fossero sufficienti a giustificare l’avvio di tale indagine.

86

Al punto 73 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente ritenuto che la natura precisa e dettagliata delle informazioni ricevute dall’OLAF fosse tale da dimostrare sufficientemente, prima facie, la credibilità di tali informazioni. Analogamente, il Tribunale ha giustamente dichiarato, al punto 74 di tale sentenza, che l’OLAF non era tenuto a svolgere indagini volte a verificare l’attendibilità della fonte di tali informazioni in assenza di elementi nel fascicolo che dimostrassero manifestamente l’esistenza di una manipolazione o di un conflitto di interessi.

87

Ne consegue che il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel ritenere, al punto 72 della sentenza impugnata, che l’OLAF non fosse tenuto a prendere posizione, prima dell’apertura dell’indagine, sugli elementi menzionati dal sig. Dalli nel suo ricorso in primo grado, relativi alla posizione adottata dal denunciante nei casi di cui era investito e ai presunti rapporti del denunciante con la Commissione.

88

Pertanto, la seconda parte del primo motivo dev’essere respinta in quanto in parte irricevibile e in parte infondata. Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto nella sua interezza.

Sul secondo motivo, vertente sull’estensione dell’indagine

Sulla prima parte del secondo motivo

– Argomenti delle parti

89

Con la prima parte del secondo motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti da 84 a 89 della sentenza impugnata, in violazione del regolamento n. 1073/1999, che un’indagine interna dell’OLAF poteva essere estesa per includere elementi facenti parte di un’indagine esterna di tale organismo. Egli sostiene che, sebbene il legislatore dell’Unione abbia espressamente previsto, all’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2013, che ha abrogato il regolamento n. 1073/1999, la possibilità di combinare in un’unica indagine gli aspetti di un’indagine esterna e di un’indagine interna, tale possibilità non sarebbe consentita dal regolamento n. 1073/1999, che avrebbe richiesto, in tal caso, l’apertura di due indagini distinte.

90

La Commissione conclude per il rigetto della prima parte del secondo motivo in quanto infondata o, in ogni caso, inoperante.

– Giudizio della Corte

91

Il regolamento n. 1073/1999 distingue tra le indagini esterne, svolte in loco negli Stati membri e nei paesi terzi, e le indagini interne, svolte all’interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione. Tali due tipi di indagini sono disciplinati rispettivamente dagli articoli 3 e 4 di tale regolamento.

92

Ai fini della pronuncia sull’argomento del sig. Dalli relativo all’estensione irregolare della portata dell’indagine dell’OLAF, il Tribunale ha ritenuto, al punto 84 della sentenza impugnata, che il regolamento n. 1073/1999 non contenesse alcuna disposizione relativa alla «possibilità di estendere la portata di un’indagine interna a quella di un’indagine esterna e viceversa». Esso ha aggiunto, al punto 86 di tale sentenza, che sarebbe contrario agli obiettivi assegnati all’OLAF e alla sua indipendenza non conferire al direttore dell’OLAF il potere di procedere a tale estensione. Esso ha inoltre sottolineato, al punto 87 di tale sentenza, che la possibilità di una tale estensione era esplicitamente prevista dall’articolo 12, paragrafo 3, delle istruzioni dell’OLAF.

93

A tale proposito, occorre anzitutto rilevare che la motivazione del Tribunale relativa all’analisi del tenore letterale delle disposizioni del regolamento n. 1073/1999 non è viziata da alcun errore.

94

Si deve poi constatare che l’interpretazione di tali disposizioni alla luce degli obiettivi assegnati all’OLAF, quale adottata dal Tribunale, è tale da favorire l’efficacia dell’azione dell’OLAF, in quanto consente di svolgere, nell’ambito di uno stesso procedimento, attività di indagine tanto all’interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione quanto al di fuori di essi, al fine di raccogliere tutti gli elementi di prova che consentano di valutare la legittimità dei comportamenti soggetti al controllo dell’OLAF.

95

Infine, non si può ritenere che il cumulo di attività che rientrano nell’ambito di un’indagine esterna e di un’indagine interna nell’ambito della stessa procedura sia tale da privare le persone interessate di garanzie procedurali o, più in generale, da ostacolare l’applicazione a ciascuna di tali attività delle norme che disciplinano l’azione dell’OLAF.

96

Di conseguenza, dal fatto che il legislatore dell’Unione abbia esplicitamente previsto, all’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2013, che un’indagine dell’OLAF possa combinare elementi esterni e interni, non discende che tale possibilità sia stata esclusa dal regolamento n. 1073/1999. Al contrario, alla luce delle considerazioni esposte nei precedenti paragrafi della presente sentenza, si deve constatare che l’articolo 7, paragrafo 4, esprime, con maggiore chiarezza, i principi già applicabili nella vigenza del regolamento n. 1073/1999 e che il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel ritenere che «le estensioni della portata di un’indagine non [fossero], di per sé, illegali».

97

Ne consegue che la prima parte del secondo motivo deve essere respinta, in quanto infondata.

Sulla seconda parte del secondo motivo

– Argomenti delle parti

98

Con la seconda parte del secondo motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha snaturato il ricorso in primo grado rilevando, al punto 80 della sentenza impugnata, di non aver individuato con precisione in tale ricorso una norma che conferisce diritti ai singoli che, nel caso di specie, è stata violata dall’OLAF. Emergerebbe infatti chiaramente dai termini dei punti da 92 a 96 di tale ricorso che si trattava degli articoli 3 e 4 del regolamento n. 1073/1999.

99

La Commissione conclude per il rigetto della seconda parte del secondo motivo in quanto infondata.

– Giudizio della Corte

100

Dall’esame della prima parte del presente motivo, svolto ai punti da 91 a 97 della presente sentenza, risulta che il Tribunale ha giustamente ritenuto, ai punti da 84 a 89 della sentenza impugnata, che, ai sensi del regolamento n. 1073/1999, l’OLAF potesse legittimamente estendere l’ambito di applicazione di un’indagine interna a questioni che rientrano nell’ambito di un’indagine esterna.

101

Inoltre, il sig. Dalli non ha contestato né l’esame della procedura seguita dall’OLAF per l’estensione della sua indagine, effettuato ai punti 91 e 92 della sentenza impugnata, né la conclusione raggiunta dal Tribunale al punto 93 della sentenza impugnata, secondo cui il sig. Dalli non aveva dimostrato che le estensioni dell’indagine dell’OLAF fossero irregolari.

102

Di conseguenza, anche supponendo, come sostiene il sig. Dalli, che il Tribunale abbia snaturato il ricorso in primo grado dichiarando, al punto 80 della sentenza impugnata, di non aver individuato con precisione una norma che conferisce diritti ai singoli violata dall’OLAF, tale errore non è tale da rimettere in discussione il rigetto della seconda censura presentata dal sig. Dalli in primo grado, relativa a vizi nella caratterizzazione dell’indagine e nella sua estensione.

103

Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, le censure dirette contro elementi ad abundantiam della motivazione di una decisione del Tribunale non possono comportare l’annullamento della stessa e sono dunque da considerarsi inoperanti (sentenza del 18 giugno 2020, Dovgan/EUIPO, C‑142/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:487, punto 92 e giurisprudenza citata).

104

Pertanto, la seconda parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto inoperante e tale motivo deve essere respinto nel suo insieme.

Sul terzo motivo, vertente sulla raccolta delle prove

Sulla prima parte del terzo motivo

– Argomenti delle parti

105

Con la prima parte del terzo motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’esame della terza censura presentata in primo grado e relativa alla raccolta di prove da parte dell’OLAF.

106

In primo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 103 della sentenza impugnata, che il direttore dell’OLAF poteva partecipare direttamente all’indagine, mentre, da un lato, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999 prevede solo che spetti a lui dirigere le indagini e, dall’altro, che tale partecipazione diretta pregiudicherebbe la sua imparzialità oggettiva, in violazione dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

107

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente considerato, al punto 105 della sentenza impugnata, che la partecipazione all’indagine dei rappresentanti di un’autorità nazionale non pregiudicava l’imparzialità oggettiva dell’OLAF, anche se uno di tali rappresentanti era anche membro del comitato di vigilanza. Il fatto che tale partecipazione sia stata accettata dalla persona oggetto dell’attività di indagine in questione e che non sia stato stabilito che tale partecipazione ha avuto un impatto sullo svolgimento dell’indagine non sarebbe sufficiente a garantire l’imparzialità dell’OLAF.

108

In terzo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto al punto 119 della sentenza impugnata, dichiarando che l’ingerenza nella vita privata costituita dalla raccolta, dalla conservazione e dall’uso di una conversazione telefonica poteva essere giustificata dall’assenza di contestazione da parte delle autorità maltesi e dal principio di leale collaborazione.

109

In quarto luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente considerato, al punto 124 della sentenza impugnata, che non era necessario pronunciarsi sull’illegittimità o meno della registrazione di una conversazione telefonica per il fatto che il sig. Dalli non aveva partecipato a tale conversazione.

110

La Commissione conclude per il rigetto della prima parte del terzo motivo in quanto infondata e, in ogni caso, parzialmente inoperante.

– Giudizio della Corte

111

In primo luogo, per quanto riguarda l’errore di diritto asseritamente commesso dal Tribunale quando si è pronunciato sulla partecipazione del direttore dell’OLAF all’indagine, va ricordato che l’articolo 41, paragrafo 1, della Carta prevede, tra l’altro, che ogni individuo ha diritto a che le sue questioni siano trattate in modo imparziale dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

112

Tali istituzioni, organi ed organismi sono quindi tenuti a rispettare il requisito di imparzialità, sotto i due profili in cui esso si articola, ossia, da un lato, il profilo soggettivo, secondo cui nessuno dei membri dell’istituzione interessata deve manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali e, dall’altro, il profilo oggettivo, in conformità al quale tale istituzione è tenuta ad offrire garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio in merito a un eventuale pregiudizio (v., in tal senso, sentenze del 20 dicembre 2017, Spagna/Consiglio, C‑521/15, EU:C:2017:982, punto 91, nonché del 27 marzo 2019, August Wolff e Remedia/Commissione, C‑680/16 P, EU:C:2019:257, punto 27).

113

Il ruolo del direttore dell’OLAF nello svolgimento di un’indagine è definito all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999, che prevede, come il Tribunale ha osservato al punto 103 della sentenza impugnata, che il direttore dell’OLAF diriga lo svolgimento delle indagini.

114

Sebbene l’esercizio effettivo di tale funzione non sia disciplinato specificamente da tale regolamento, dalla natura delle attività dell’OLAF risulta che tale esercizio implica necessariamente che il direttore dell’OLAF ha la facoltà di impartire istruzioni agli agenti dell’unità responsabile dell’indagine al fine di dirigere il loro lavoro investigativo, anche ordinando, se del caso, lo svolgimento di determinate attività investigative.

115

Inoltre, dall’articolo 11, paragrafo 6, delle istruzioni dell’OLAF risulta che alcune attività investigative elencate in tale disposizione possono essere svolte solo previa presentazione di un documento scritto rilasciato dal direttore dell’OLAF che certifichi, in particolare, l’attività investigativa che gli agenti dell’OLAF sono autorizzati a svolgere. Ciò vale in particolare per il colloquio con le persone interessate o con i testimoni, nonché per l’ispezione di locali e i controlli sul posto.

116

Il direttore dell’OLAF è quindi chiamato a svolgere un ruolo attivo nello svolgimento delle indagini, come risulta anche dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999, il quale prevede che la relazione d’indagine sia redatta sotto la sua autorità.

117

Orbene, il sig. Dalli non ha dimostrato che la partecipazione diretta del direttore dell’OLAF a determinate attività investigative, che possono essere collegate alle disposizioni che gli attribuiscono tale ruolo attivo, sarebbe tale da pregiudicare la sua obiettiva imparzialità. Inoltre, egli non ha contestato la validità di tali disposizioni.

118

In tali circostanze, non si può considerare che il sig. Dalli ha dimostrato che la valutazione del Tribunale, esposta al punto 103 della sentenza impugnata, secondo cui tale partecipazione diretta non pregiudica l’imparzialità dell’indagine, è viziata da un errore di diritto.

119

In secondo luogo, per quanto riguarda la partecipazione ad un’audizione del sig. Z. di un rappresentante di un’autorità nazionale che è anche membro del comitato di vigilanza, va rilevato che l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999 prevede che tale comitato, attraverso il suo regolare controllo dello svolgimento della funzione investigativa, rafforzi l’indipendenza dell’OLAF. Nell’ambito di tale funzione esso può, in particolare, fornire al direttore dell’OLAF pareri in merito alle attività dell’OLAF.

120

Da tale disposizione risulta quindi che i membri del suddetto comitato sono chiamati ad esercitare una funzione di controllo delle indagini svolte dall’OLAF.

121

Alla luce del ruolo assegnato al comitato di vigilanza, il fatto che uno dei suoi membri sia stato direttamente coinvolto nello svolgimento di un’attività investigativa dell’OLAF è certamente tale da far sorgere un legittimo dubbio sull’esistenza di un pregiudizio, positivo o negativo, da parte sua, nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza in seno a tale comitato, circa le condizioni in cui l’attività investigativa in questione è stata svolta.

122

Tuttavia, se da un lato l’imparzialità oggettiva di un membro del comitato di vigilanza può essere messa in discussione in occasione dell’esercizio delle funzioni di vigilanza che egli esercita in tale veste, il fatto che tale persona possa essere successivamente chiamata ad esercitare tale vigilanza non può, d’altro lato, far sorgere dubbi legittimi sulla sua imparzialità quando partecipa ad un’attività di indagine.

123

Pertanto, sebbene la mancanza di imparzialità oggettiva sollevata dal sig. Dalli possa essere fatta valere, eventualmente, in relazione al parere del comitato di vigilanza sull’indagine dell’OLAF, essa non è tale da mettere in discussione il rispetto del principio di imparzialità nell’ambito di tale indagine e, in particolare, durante l’audizione a cui ha partecipato un membro di tale comitato.

124

Orbene, l’argomentazione del sig. Dalli, cui si riferisce il punto 105 della sentenza impugnata, mirava a contestare la legittimità della raccolta di prove da parte dell’OLAF e non quella del parere del comitato di vigilanza. Di conseguenza, l’argomento basato su un errore di diritto commesso in tale punto deve essere respinto in quanto infondato.

125

In terzo luogo, l’argomento diretto contro il punto 119 della sentenza impugnata deve essere respinto in quanto inoperante ai sensi della giurisprudenza della Corte di cui al punto 103 della presente sentenza, poiché esso si riferisce alla motivazione ad abundantiam del Tribunale.

126

Infatti, il ricorrente ritiene che il Tribunale non potesse disattendere la sua argomentazione secondo la quale la raccolta di registrazioni telefoniche da parte delle autorità maltesi costituiva un’ingerenza nella vita privata sulla base dell’assenza di qualsiasi avvertimento dell’OLAF da parte delle autorità maltesi nonché sulla base dell’obbligo di tali autorità di cooperare con l’OLAF a condizione che la loro assistenza fosse conforme al diritto nazionale. Tuttavia, il ricorrente non rimette in discussione la constatazione del Tribunale secondo la quale il sig. Dalli non aveva dimostrato che l’OLAF poteva essere ritenuto responsabile delle modalità di raccolta delle informazioni in questione da parte delle autorità maltesi.

127

In quarto luogo, per quanto riguarda l’asserito errore del Tribunale nel considerare, al punto 124 della sentenza impugnata, che il diritto del sig. Dalli al rispetto della vita privata e alla riservatezza delle comunicazioni non era stato violato, in quanto egli non aveva preso parte alla conversazione telefonica registrata del 3 luglio 2012, occorre ricordare che dalla costante giurisprudenza della Corte, citata al punto 55 della presente sentenza, risulta chiaramente che la responsabilità extracontrattuale dell’Unione non può derivare da una qualsiasi violazione sufficientemente qualificata di una norma del diritto dell’Unione, ma solo da una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli.

128

Tale restrizione ha lo scopo, fatte salve le norme applicabili alla valutazione della legittimità di un atto dell’Unione, di limitare il sorgere di tale responsabilità alle sole situazioni in cui il comportamento illecito delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione abbia causato un danno a un singolo ledendo i suoi interessi specificamente protetti dal diritto dell’Unione.

129

La funzione di tale restrizione verrebbe quindi disattesa se si ammettesse che la responsabilità extracontrattuale dell’Unione può essere fatta valere per risarcire un danno causato ad un singolo dalla violazione di una norma giuridica che non crea alcun diritto a suo favore, ma è destinata a conferire diritti a terzi.

130

Ne consegue che il Tribunale non ha commesso errori di diritto dichiarando, al punto 124 della sentenza impugnata, che l’Unione non poteva essere ritenuta responsabile nei confronti del sig. Dalli per l’eventuale violazione del diritto al rispetto della vita privata e alla riservatezza delle comunicazioni di terzi le cui conversazioni erano state ascoltate e registrate.

131

Di conseguenza, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta in quanto in parte inoperante e in parte infondata.

Sulla seconda parte del terzo motivo

– Argomenti delle parti

132

Con la seconda parte del terzo motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha commesso errori nella valutazione degli elementi di prova.

133

In primo luogo, dai termini stessi delle dichiarazioni rese da ex dipendenti del sig. Dalli durante i loro colloqui con parlamentari europei risulterebbe che agenti dell’OLAF hanno chiesto loro di mantenere la loro versione dei fatti, contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale al punto 108 della sentenza impugnata.

134

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe snaturato taluni elementi di prova dichiarando, al punto 110 di tale sentenza, che esisteva solo una «leggera differenza» tra due versioni della trascrizione di uno stesso passaggio di una conversazione telefonica, mentre una di tali versioni farebbe riferimento al fatto che un certo prezzo è rivendicato dal sig. Dalli quando l’altra fa riferimento ad una richiesta proveniente da un terzo.

135

In terzo luogo, il Tribunale non avrebbe potuto validamente escludere, al punto 111 di tale sentenza, la rilevanza degli articoli di stampa il cui contenuto non è stato contestato dalla Commissione, quando tali articoli costituiscono invece, in quanto tali, prove relative alle condizioni in cui si è svolta l’audizione della sig.ra K. Il fatto che la sig.ra K abbia firmato un verbale che non rimette in discussione le condizioni della sua audizione non sarebbe determinante, in quanto risulterebbe espressamente da tali articoli di stampa che ella ha dovuto firmare tale verbale senza poterlo rileggere.

136

In quarto luogo, il Tribunale avrebbe omesso di tenere conto degli elementi di prova prodotti dal sig. Dalli a proposito della registrazione di una conversazione telefonica del 3 luglio 2012 da parte dell’OLAF. Esso si sarebbe inoltre contraddetto affermando, al punto 125 della sentenza impugnata, che non vi erano prove che suggerissero che tale conversazione fosse intesa a coinvolgere il ricorrente, mentre al punto 122 della stessa sentenza aveva constatato che tale conversazione era stata organizzata al fine di fornire ulteriori elementi di prova al fine di confermare o negare la realtà dei fatti.

137

In quinto luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente omesso, al punto 126 della sentenza impugnata, di tener conto del parere 2/2012 del comitato di vigilanza, sebbene tale parere costituisca un elemento di prova.

138

La Commissione conclude per il rigetto della seconda parte del terzo motivo in quanto in parte irricevibile, in parte inoperante e in parte infondata.

– Giudizio della Corte

139

In via preliminare, poiché il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova interpretando erroneamente taluni documenti, va rilevato che, sebbene uno snaturamento degli elementi di prova possa consistere in un’interpretazione di un documento contraria al contenuto di tale documento, non è sufficiente, per stabilire tale snaturamento, dimostrare che tale documento possa essere interpretato in modo diverso dall’interpretazione adottata dal Tribunale. È necessario, a tal fine, dimostrare che il Tribunale ha manifestamente oltrepassato i limiti di una valutazione ragionevole di tale documento, segnatamente procedendo a una lettura di quest’ultimo contraria al suo tenore letterale (v., in tal senso, sentenze del 10 febbraio 2011, Activision Blizzard Germany/Commissione, C‑260/09 P, EU:C:2011:62, punto 54; del 7 aprile 2016, Akhras/Consiglio, C‑193/15 P, EU:C:2016:219, punto 72, nonché del 30 gennaio 2020, České dráhy/Commissione, C‑538/18 P e C‑539/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:53, punto 60).

140

In primo luogo, al punto 108 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato, tra l’altro, che dalla trascrizione del colloquio tra gli ex dipendenti del sig. Dalli e i parlamentari europei risultava, in sostanza, che gli agenti dell’OLAF avevano raccomandato al sig. G. di prestare attenzione al modo in cui egli avrebbe comunicato le informazioni, in modo da non perturbare l’indagine in corso a Malta, senza tuttavia obbligarlo ad attenersi alla versione iniziale. Il Tribunale ha sottolineato, in particolare, che il sig. G. aveva negato, in risposta a un quesito, che tali agenti dell’OLAF gli avessero chiesto di mantenere tale versione.

141

Sebbene le dichiarazioni del sig. G. riportate in tale trascrizione contengano alcune ambiguità in merito alle raccomandazioni espresse dai suddetti agenti dell’OLAF, resta il fatto che, al citato punto 108, il Tribunale ha attestato esattamente la risposta del sig. G. a un quesito che riguardava direttamente il problema se gli agenti dell’OLAF lo avessero indotto a fare una falsa dichiarazione. Inoltre, da quella trascrizione si evince che il sig. G. ha anche affermato che gli stessi agenti dell’OLAF lo avevano esortato alla cautela, senza mai chiedergli esplicitamente di non menzionare alcuni fatti.

142

Di conseguenza, il sig. Dalli non ha dimostrato che il Tribunale, al citato punto 108, ha snaturato la trascrizione impugnata superando manifestamente i limiti di una ragionevole valutazione di tale documento.

143

In secondo luogo, al punto 110 della sentenza impugnata, il Tribunale ha fatto riferimento ad una differenza tra le due versioni della trascrizione dello stesso brano di una conversazione telefonica del 29 marzo 2012. Esso ha ritenuto che si trattasse di una differenza minima, senza alcuna influenza sulle conclusioni dell’OLAF e che si potesse dedurre implicitamente da tali due versioni che entrambe si riferivano a una somma richiesta dal sig. Dalli.

144

A tal proposito, risulta che il Tribunale ha riportato fedelmente i termini utilizzati in ciascuna delle versioni prodotte dal sig. Dalli. Inoltre, se da un lato è ipotizzabile l’interpretazione proposta dal sig. Dalli della versione fornita dalle autorità maltesi, secondo cui tale versione potrebbe essere intesa come riferita ad una somma chiesta dal sig. Z. e non dal sig. Dalli, tale interpretazione non emerge con un’evidenza sufficiente per considerare che il Tribunale abbia manifestamente superato i limiti di una ragionevole valutazione di tale versione.

145

In terzo luogo, dal punto 111 della sentenza impugnata emerge che il Tribunale ha deciso di non dare un peso decisivo agli articoli di stampa maltesi prodotti dal sig. Dalli al fine di contestare le condizioni in cui si era svolta la prima audizione della sig.ra K.

146

Tuttavia, dallo stesso punto risulta che il Tribunale si è anche basato, in subordine, sul fatto che non risultava dal verbale della seconda audizione della sig.ra K. che quest’ultima avesse rimesso in discussione, in tale occasione, le condizioni in cui si era svolta la sua prima audizione, sebbene avesse apportato aggiunte, modifiche e chiarimenti a tale prima audizione.

147

Quest’ultima motivazione, che il sig. Dalli non ha in alcun modo contestato nell’ambito del presente ricorso, è sufficiente a giustificare la valutazione del Tribunale secondo la quale non è stato dimostrato che le pratiche degli agenti dell’OLAF alla prima audizione sarebbero state contrarie ai principi applicabili in materia di amministrazione delle prove.

148

Di conseguenza, l’argomento del sig. Dalli diretto contro il punto 111 della sentenza impugnata deve essere considerato inoperante ai sensi della giurisprudenza della Corte ricordata al punto 103 della presente sentenza, poiché esso si riferisce a una motivazione ad abundantiam di tale sentenza.

149

In quarto luogo, se il sig. Dalli contesta diversi elementi della motivazione del Tribunale relativi alla registrazione di una conversazione telefonica del 3 luglio 2012, occorre rilevare che tale registrazione avrebbe potuto comportare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione solo se fosse stata realizzata in violazione di una norma di diritto dell’Unione intesa a conferire diritti ai singoli.

150

Dai punti da 127 a 130 della presente sentenza emerge che il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 124 della sentenza impugnata, che le norme invocate al riguardo dal sig. Dalli non erano destinate a conferirgli diritti e che tale constatazione era sufficiente ad escludere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione derivante da tale registrazione.

151

Pertanto, poiché l’eventuale presa in considerazione di ulteriori elementi di prova in relazione a tale registrazione o l’accertamento che la stessa registrazione era destinata a coinvolgere il sig. Dalli non è tale da rimettere in discussione tale valutazione, gli argomenti fatti valere al riguardo nella presente impugnazione devono essere respinti in quanto inoperanti.

152

In quinto luogo, al punto 126 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che spettava al sig. Dalli dimostrare che le affermazioni contenute nel parere 2/2012 del comitato di vigilanza erano state verificate, ma che non spettava alla Commissione prendere posizione su tali affermazioni.

153

Così decidendo, il Tribunale ha ricordato le regole di ripartizione dell’onere della prova in un ricorso diretto a far valere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ma non ha negato, in via generale, alcun valore probatorio a tale parere.

154

Ne consegue che l’argomento del sig. Dalli secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di tenere conto di tale parere, al punto 126 della sentenza impugnata, si basa su una lettura erronea di tale punto e deve quindi essere respinto in quanto infondato.

155

Alla luce di quanto precede, la seconda parte del terzo motivo deve essere disattesa in quanto in parte inoperante e in parte infondata. Pertanto, il terzo motivo dev’essere integralmente respinto.

Sul quarto motivo, vertente sul rispetto dell’articolo 4 della decisione 1999/396

Sulla prima parte del quarto motivo

– Argomenti delle parti

156

Con la prima parte del quarto motivo, il sig. Dalli sostiene, in primo luogo, che dall’articolo 4 della decisione 1999/396 e dalla sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione (T‑48/05, EU:T:2008:257), risulta che l’OLAF è tenuto a sentire le persone indagate su tutti i fatti che le riguardano. Di conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto determinare se il sig. Dalli dovesse essere sentito a proposito di una nota che trascriveva l’audizione del sig. G. del 19 settembre 2012 (in prosieguo: la «nota relativa all’audizione del sig. G.»), fondandosi sui fatti riportati in tale nota e non utilizzando, come avrebbe fatto al punto 143 della sentenza impugnata, altri criteri relativi alla natura di tale nota, all’esistenza di altre prove o al fatto che tale nota compare solo negli allegati alla relazione dell’OLAF.

157

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe motivato in modo contraddittorio affermando, al punto 143 della sentenza impugnata, che non si poteva dedurre dalla presenza di un elemento di prova negli allegati di una relazione dell’OLAF che tale elemento sia stato utilizzato dall’OLAF per dimostrare determinate affermazioni, mentre avrebbe constatato, al punto 109 di tale sentenza, che i documenti su cui si basa tale relazione sono destinati a figurare, se del caso, solo in un allegato alla relazione stessa.

158

In terzo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 144 della sentenza impugnata, che la persona interessata non aveva il diritto di essere sentita sulle conclusioni della relazione finale dell’OLAF. La questione decisiva sarebbe, infatti, se tale persona sia stata sentita su tutti i fatti su cui si basano tali conclusioni.

159

La Commissione conclude per il rigetto della prima parte del quarto motivo in quanto infondata.

– Giudizio della Corte

160

In primo luogo, per quanto riguarda l’errore di diritto asseritamente commesso dal Tribunale al punto 143 della sentenza impugnata, occorre rilevare che, in tale punto, il Tribunale ha respinto l’argomentazione del sig. Dalli secondo la quale l’OLAF aveva violato l’articolo 4 della decisione 1999/396, non consentendogli di esprimersi sulla nota relativa all’audizione del sig. G.

161

Per giudicare in tal senso, il Tribunale ha considerato, anzitutto, che l’OLAF era tenuto a chiedere all’interessato di presentare le proprie osservazioni sui fatti che lo riguardano, ma non a dargli la possibilità di prendere posizione su ciascuna delle testimonianze rese. Esso ha poi sottolineato che la nota relativa all’audizione del sig. G. era stata utilizzata nella relazione dell’OLAF per vari scopi, senza che l’OLAF traesse alcuna conclusione sul ricorrente sulla sola base di tale nota. Infine, il Tribunale ha osservato che non si poteva dedurre dal mero fatto che la suddetta nota fosse inclusa negli allegati alla relazione che essa fosse stata utilizzata come prova delle accuse a carico del sig. Dalli.

162

A tale proposito, occorre sottolineare che l’articolo 4 della decisione 1999/396, che disciplina le condizioni e le modalità delle indagini interne, prevede, come il Tribunale ha sottolineato al punto 130 della sentenza impugnata, che non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell’indagine, riguardante personalmente un membro della Commissione senza che «l’interessato abbia avuto modo di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono».

163

Dalla formulazione stessa di tale articolo si evince che l’OLAF è tenuto a consentire all’«interessato» di esprimersi non su ogni elemento di prova raccolto nel corso dell’indagine che potrebbe essere utilizzato per trarre conclusioni che lo riguardano, ma solo sui fatti che lo riguardano e che emergono da tali elementi di prova.

164

Ne consegue che l’OLAF sarebbe stato obbligato a sentire il sig. Dalli sui fatti riportati nella nota relativa all’audizione del sig. G. se si fosse ritenuto che tali fatti lo riguardassero. Di conseguenza, fondandosi, per respingere l’argomentazione presentata in primo grado dal sig. Dalli in merito ad una presunta violazione dell’articolo 4 della decisione 1999/396, sull’uso limitato che l’OLAF ha fatto di tale nota nella relazione d’indagine, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

165

Ciò detto, anche se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il suo dispositivo appare fondato per altri motivi di diritto, l’impugnazione dev’essere respinta (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2020, Terna/Commissione, C‑812/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:437, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

166

Ciò avviene nel caso di specie.

167

Infatti, dalla nota relativa all’audizione del sig. G. si evince che, nel corso della sua audizione, il sig. G. ha fatto riferimento ad un incontro in data 10 febbraio 2012 tra il sig. Dalli e il sig. Z. nonché a taluni scambi tra il sig. Z., la sig.ra K. e il sig. G. in merito alla possibilità che il sig. Dalli potesse adottare determinate posizioni in cambio del pagamento di un’ingente somma di denaro.

168

Orbene, risulta dalle trascrizioni delle audizioni del 16 luglio e del 17 settembre 2012 che il sig. Dalli ha avuto modo di esprimersi sull’esistenza di tale incontro e sugli scambi che avrebbero avuto luogo nel corso dello stesso, nonché sulla proposta del sig. Z., che è stata l’oggetto principale degli scambi menzionati nella nota relativa all’audizione del sig. G.

169

Inoltre, il sig. Dalli non ha menzionato alcun fatto nuovo a cui si sarebbe fatto riferimento per la prima volta in tale nota e sul quale non ha quindi potuto pronunciarsi nel corso delle sue audizioni con l’OLAF.

170

Pertanto, l’argomento dedotto in primo grado secondo il quale egli non sarebbe stato sentito, in violazione dell’articolo 4 della decisione 1999/396, sui fatti esposti nella nota relativa all’audizione del sig. G. deve essere respinto in quanto infondato. Ne consegue che l’argomento a sostegno della presente impugnazione relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale al punto 143 della sentenza impugnata è inoperante.

171

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’asserita contraddizione nella motivazione tra il punto 109 e il punto 143 della sentenza impugnata, va rilevato che il Tribunale ha ritenuto, al punto 109 di tale sentenza, al fine di respingere l’argomento basato sulla mancata riproduzione di taluni elementi di prova nella relazione dell’OLAF, che i documenti su cui tale relazione si basa non devono essere riprodotti integralmente in tale relazione e possono, se del caso, essere allegati a quest’ultima.

172

Al punto 143 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che il mero fatto che la nota relativa all’audizione del sig. G. figuri negli allegati alla relazione dell’OLAF non consente di stabilire che essa sia stata utilizzata come prova delle accuse mosse al sig. Dalli.

173

Non vi è contraddizione tra i motivi di cui al punto 109 di tale sentenza e quelli di cui al punto 143 della stessa. Infatti, dal punto 109 non risulta che gli allegati a una relazione dell’OLAF possano contenere solo elementi di prova utilizzati contro le persone coinvolte o, a maggior ragione, contro una di esse, qualora tale relazione contenga, come nel caso in esame, conclusioni relative al comportamento di più persone.

174

In terzo luogo, per quanto riguarda l’errore di diritto asseritamente commesso dal Tribunale al punto 144 della sentenza impugnata, si deve rilevare che, in tale punto, il Tribunale ha constatato, tra l’altro, che il sig. Dalli non aveva indicato i fatti alla base della conclusione di cui trattasi che intendeva negare o spiegare.

175

Ne consegue che, in tale punto, il Tribunale non ha considerato che l’OLAF non era tenuto a sentire il sig. Dalli sui fatti su cui si basava una delle sue conclusioni, ma, al contrario, ha implicitamente ammesso che un obbligo siffatto incombe sull’OLAF, pur precisando che spettava al sig. Dalli, al fine di dimostrare la violazione del diritto dell’Unione di cui si avvaleva, indicare i fatti sui quali non sarebbe stato sentito dall’OLAF.

176

L’argomento del sig. Dalli relativo all’errore di diritto che vizierebbe il punto 144 della sentenza impugnata deve pertanto essere respinto in quanto infondato, poiché è basato su una lettura erronea di tale sentenza.

177

Di conseguenza, la prima parte del quarto motivo dev’essere respinta in quanto in parte inoperante e in parte infondata.

Sulla seconda parte del quarto motivo

– Argomenti delle parti

178

Con la seconda parte del quarto motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha snaturato la nota relativa all’audizione del sig. G. considerando, al punto 143 della sentenza impugnata, che essa non esponeva fatti che coinvolgessero il ricorrente, mentre da tale nota risultava evidente che ciò era vero. Tale errore sarebbe stato ripetuto al punto 145 di tale sentenza, in cui il Tribunale avrebbe dichiarato che il ricorrente ha potuto esprimere il proprio punto di vista sui fatti che lo riguardano.

179

La Commissione conclude per il rigetto della seconda parte del quarto motivo in quanto infondata.

– Giudizio della Corte

180

Al punto 143 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la nota relativa all’audizione del sig. G. era stata menzionata nella relazione dell’OLAF «solo per presentare le audizioni dei testimoni che si sono svolte (...), per riportare un fatto che non riguardava [il sig. Dalli] e che confermava quanto il testimone aveva già indicato in una prima audizione (...) e per riportare la comprensione soggettiva, da parte del testimone, delle offerte fatte dal sig. Z. in particolare al denunciante». Esso ne ha dedotto che da tale relazione non risultava «che l’OLAF avrebbe raggiunto una qualsiasi conclusione in merito al [sig. Dalli] solo sulla base di tale nota».

181

Tuttavia, come risulta dal punto 164 della presente sentenza, le varie constatazioni del Tribunale si riferiscono tutte all’utilizzo da parte dell’OLAF della nota relativa all’audizione del sig. G. nella sua relazione. Inoltre, non risulta da alcun elemento del punto 143 della sentenza impugnata che il Tribunale abbia ritenuto, come sostiene il sig. Dalli, che la nota non conteneva alcun fatto che lo riguardasse.

182

In tali circostanze, non si può ritenere che la constatazione del Tribunale, di cui al punto 145 della sentenza impugnata, secondo la quale al sig. Dalli è stata data la possibilità di esprimersi sui fatti che lo riguardano, si basi, anche solo in parte, su una valutazione del Tribunale secondo cui la nota relativa all’audizione del sig. G. non conteneva tali fatti.

183

Inoltre, come risulta dai punti da 167 a 170 della presente sentenza, anche se tale nota non era stata portata a sua conoscenza, il ricorrente aveva comunque avuto la possibilità di esprimersi sui fatti cui si riferisce la suddetta nota.

184

Di conseguenza, la seconda parte del quarto motivo appare fondata su una lettura erronea della sentenza impugnata e deve, per tale motivo, essere respinta in quanto infondata. Di conseguenza occorre respingere il quarto motivo nel suo complesso.

Sul quinto motivo, vertente sul deferimento al comitato di vigilanza

Argomenti delle parti

185

Con il quinto motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha commesso diversi errori respingendo la quinta censura presentata in primo grado, relativa all’intervento del comitato di vigilanza.

186

In primo luogo, conformemente all’accordo di lavoro concluso tra il comitato di vigilanza e l’OLAF (in prosieguo: l’«accordo di lavoro»), dovrebbe essere rispettato un periodo di cinque giorni tra il deferimento a tale comitato e la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali. Anche se in circostanze eccezionali tale termine poteva essere inferiore a cinque giorni, l’OLAF avrebbe sempre dovuto cercare un accordo con il comitato di vigilanza prima di tale trasmissione. Inoltre, il Tribunale avrebbe erroneamente considerato che all’OLAF doveva essere riconosciuto un margine di discrezionalità al riguardo, mentre un tale approccio priverebbe di efficacia il controllo attribuito a tale comitato dall’articolo 11, paragrafo 7, del regolamento n. 1073/1999. Il carattere sensibile della causa in esame comporterebbe, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, un rispetto rigoroso delle garanzie procedurali applicabili.

187

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe snaturato il caso affermando, al punto 160 della sentenza impugnata, che il presidente del comitato di vigilanza ha acconsentito alla trasmissione della relazione dell’OLAF alle autorità giudiziarie maltesi prima della scadenza di un termine di cinque giorni. Invero, l’esistenza di tale accordo, la cui effettività sarebbe stata contestata dal sig. Dalli durante l’udienza dinanzi al Tribunale, non risulterebbe da alcun documento del fascicolo. Inoltre, diversi documenti del fascicolo conterrebbero indicazioni in senso contrario.

188

In terzo luogo, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 11, paragrafo 7, del regolamento n. 1073/1999, come interpretato dalla sua stessa giurisprudenza, ritenendo, al punto 161 della sentenza impugnata, che l’OLAF potesse trasmettere la sua relazione alle autorità giudiziarie nazionali prima che il comitato di vigilanza ne avesse completato l’esame. Il monitoraggio effettuato da tale comitato non costituirebbe un’interferenza vietata nello svolgimento dell’indagine e sarebbe indispensabile per l’effettiva tutela dei diritti dei soggetti interessati.

189

Nel caso in esame, tale obbligo non sarebbe stato rispettato, in quanto l’OLAF avrebbe concesso al comitato di vigilanza l’accesso al fascicolo il 18 ottobre 2012 e avrebbe trasmesso il fascicolo alle autorità maltesi il 19 ottobre 2012, sebbene il comitato di vigilanza avesse avvertito l’OLAF che sarebbe stato necessario un periodo più lungo per l’esame. Il fatto che tale comitato non possa impedire la trasmissione della relazione dell’OLAF non sarebbe inoltre sufficiente a giustificare che esso sia privato di qualsiasi possibilità effettiva di svolgere il suo controllo.

190

La Commissione sostiene che il quinto motivo è infondato.

Giudizio della Corte

191

In via preliminare, è necessario precisare la funzione del comitato di vigilanza, sulla quale divergono il sig. Dalli e la Commissione.

192

L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999 definisce tale funzione in modo generale, allorché precisa che, controllando regolarmente l’esecuzione della funzione di indagine, il comitato di vigilanza garantisce l’indipendenza dell’OLAF.

193

A tal fine, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 8, di tale regolamento, il comitato di vigilanza è tenuto ad adottare almeno una relazione sulle attività ogni anno. Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, paragrafi 1 e 8, di tale regolamento, esso può anche sottoporre al direttore pareri in merito alle attività dell’OLAF e presentare relazioni al Parlamento europeo, al Consiglio alla Commissione e alla Corte dei conti sui risultati e i provvedimenti conseguenti alle indagini svolte dall’OLAF.

194

Se non è escluso che un parere sottoposto dal comitato di vigilanza possa riguardare un caso particolare, resta il fatto che il legislatore dell’Unione ha richiesto che tale parere non abbia lo scopo di influenzare le scelte che l’OLAF deve compiere in un determinato caso poiché, come il Tribunale ha giustamente sottolineato al punto 162 della sentenza impugnata, l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento prevede che i pareri del comitato di vigilanza siano sottoposti senza interferire nello svolgimento delle indagini in corso.

195

Ne consegue che, come l’avvocato generale ha sottolineato al paragrafo 103 delle sue conclusioni, la funzione del comitato di vigilanza è quella di esercitare un controllo sistematico delle attività dell’OLAF. Il comitato di vigilanza è quindi chiamato a verificare che tali attività siano svolte secondo modalità che rispettino i diritti, in particolare i diritti procedurali, delle persone interessate, ma non spetta al comitato di vigilanza effettuare un controllo a priori degli atti dell’OLAF a tal fine.

196

Tale concezione delle funzioni del comitato di vigilanza è corroborata, per quanto riguarda più specificamente la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie di uno Stato membro, dall’assenza di qualsiasi potere conferito a tale comitato, quando è informato della necessità di tale trasmissione ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 7, del regolamento n. 1073/1999, di opporsi a tale trasmissione, cui il Tribunale ha fatto riferimento al punto 162 della sentenza impugnata.

197

Il fatto che talune disposizioni del regolamento interno del comitato di vigilanza dell’OLAF possano eventualmente essere interpretate, come sostiene il sig. Dalli, nel senso che mirano a conferire una funzione più ampia al comitato di vigilanza non è comunque tale da rimettere in discussione le considerazioni che precedono, atteso che tale regolamento interno, adottato sulla base dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1073/1999, non può modificare le disposizioni di tale regolamento.

198

In tale contesto, per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomentazione secondo la quale l’OLAF sarebbe stato obbligato ad attendere il completamento della missione del comitato di vigilanza prima di trasmettere la sua relazione alle autorità giudiziarie nazionali, occorre sottolineare che dalle disposizioni del regolamento n. 1073/1999 non risulta tale obbligo.

199

Inoltre, tale obbligo sarebbe idoneo a ritardare l’esame delle conclusioni da parte delle autorità giudiziarie nazionali senza che ciò appaia necessario per consentire al comitato di vigilanza di svolgere la sua funzione specifica, atteso che non è suo compito opporsi alla trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, ma solo effettuare un controllo sistematico delle pratiche dell’OLAF in materia.

200

Di conseguenza, senza commettere un errore di diritto, il Tribunale ha dichiarato, al punto 162 della sentenza impugnata, che la trasmissione della relazione alle autorità giudiziarie maltesi prima che il comitato di vigilanza si fosse pronunciato in proposito non costituiva una violazione di una norma di diritto dell’Unione.

201

In secondo luogo, per quanto riguarda il periodo intercorso tra il deferimento al comitato di vigilanza e la trasmissione della relazione alle autorità maltesi, il Tribunale ha giustamente considerato, al punto 153 della sentenza impugnata, che l’articolo 11, paragrafo 7, del regolamento n. 1073/1999 stabilisce l’obbligo di informare il comitato dei casi che richiedono la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali senza fissare il termine entro il quale il comitato deve poter effettuare un controllo prima di tale trasmissione.

202

Benché l’accordo di lavoro preveda che i documenti da presentare al comitato di vigilanza a tale riguardo debbano essere comunicati al comitato di vigilanza «in linea di massima» cinque giorni lavorativi prima della trasmissione delle informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, dagli stessi termini di tale accordo risulta, come ha sottolineato il Tribunale in tale punto, che tale termine è indicativo e che l’OLAF può quindi discostarsene.

203

Poiché, in considerazione della funzione specifica del comitato di vigilanza, non è comunque necessario che esso prenda una decisione prima di tale trasmissione, all’OLAF deve essere riconosciuto un ampio margine di discrezionalità nel determinare la data in cui esso trasmette tali informazioni alle autorità giudiziarie nazionali. Esso può pertanto decidere di effettuare tale trasmissione prima della scadenza del termine di cui all’accordo di lavoro senza il previo consenso del presidente del comitato di vigilanza.

204

In tali circostanze, non si può ritenere che il Tribunale abbia commesso un errore di qualificazione giuridica dei fatti dichiarando che, tenuto conto dell’importanza e del carattere sensibile dell’indagine nonché del fatto che il sig. Dalli aveva già rassegnato le dimissioni dal suo incarico di commissario, l’OLAF poteva, senza eccedere manifestamente il margine di discrezionalità di cui disponeva, ritenere opportuno inviare la sua relazione alle autorità maltesi fin dal 19 ottobre 2012, sebbene il comitato di vigilanza avesse avuto accesso al fascicolo completo solo il giorno prima.

205

In terzo luogo, l’affermazione del sig. Dalli secondo cui il fascicolo sarebbe stato snaturato per il motivo che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 160 della sentenza impugnata, il presidente del comitato di vigilanza non ha acconsentito alla trasmissione della relazione dell’OLAF alle autorità giudiziarie maltesi prima della scadenza di un termine di cinque giorni deve essere dichiarata inoperante, in quanto dal punto 203 della presente sentenza risulta che se anche il Tribunale avesse erroneamente considerato che il presidente del comitato di vigilanza aveva approvato la necessità di trasmettere tempestivamente la relazione alle autorità maltesi, tale errore non sarebbe stato tale da rimettere in discussione la valutazione di cui al punto 164 della sentenza impugnata, secondo cui l’OLAF poteva trasmettere la relazione senza violare le norme applicabili del diritto dell’Unione.

206

Di conseguenza, il quinto motivo deve essere respinto in quanto in parte irrilevante e in parte infondato.

Sul sesto motivo, vertente sulla presunzione di innocenza

Sulla seconda parte del sesto motivo

– Argomenti delle parti

207

Con la seconda parte del sesto motivo, che occorre esaminare in primo luogo, il sig. Dalli sostiene che la motivazione del Tribunale relativa alla valutazione delle dichiarazioni rese dal direttore dell’OLAF in una conferenza stampa è contraddittoria, in quanto il Tribunale ha considerato, al punto 176 della sentenza impugnata, da un lato, che il direttore dell’OLAF aveva affermato che il sig. Dalli non aveva reagito al comportamento in questione di cui era a conoscenza e, dall’altro, che le dichiarazioni del direttore dell’OLAF non riflettevano la colpevolezza del ricorrente.

208

Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso una serie di elementi di prova non tenendo conto di una serie di affermazioni negative formulate dal direttore dell’OLAF in occasione della sua conferenza stampa.

209

La Commissione ritiene infondata la seconda parte del sesto motivo.

– Giudizio della Corte

210

Al punto 176 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, da un lato, rilevato che le constatazioni di fatto del direttore dell’OLAF riguardavano in particolare «la consapevolezza [che il sig. Dalli] avrebbe avuto del comportamento in questione e l’assenza di qualsiasi reazione da parte sua al riguardo». Dall’altro, esso ha osservato che «non si [poteva] ritenere che tali constatazioni [fossero] evocate in modo da riflettere la colpevolezza del richiedente o da indurre il pubblico a credere nella sua colpevolezza».

211

Il Tribunale ha così descritto in tale punto gli elementi di fatto che il direttore dell’OLAF ha esposto nella conferenza stampa del 17 ottobre 2012, prima di procedere a una valutazione del modo in cui il direttore dell’OLAF ha presentato tali elementi. Nello stesso punto 176, il Tribunale ha inoltre sviluppato tale seconda idea, descrivendo le precauzioni adottate dal direttore dell’OLAF per evitare che le sue parole fossero interpretate come una constatazione di colpevolezza del sig. Dalli.

212

Di conseguenza, l’affermazione secondo la quale tale punto della sentenza impugnata sarebbe viziato da motivi contraddittori deve essere respinta in quanto infondata.

213

Per quanto riguarda l’argomento vertente sull’omissione di taluni elementi di prova, va rilevato che, con quest’ultimo il sig. Dalli sostiene che il Tribunale non ha ignorato gli elementi di prova, ma ha snaturato uno di tali elementi effettivamente valutati dal Tribunale, ossia la trascrizione della conferenza stampa del direttore dell’OLAF del 17 ottobre 2012. La seconda parte del sesto motivo di ricorso, inoltre, è esposta sotto il titolo «Snaturamento degli elementi di prova».

214

A tal proposito, dalla trascrizione risulta certamente che il direttore dell’OLAF, durante la conferenza stampa, ha presentato in modo critico il comportamento del sig. Dalli in qualità di membro della Commissione e ha suggerito che poteva essere collegato ad alcune attività fraudolente.

215

Tuttavia, da tale trascrizione non risulta che il direttore dell’OLAF abbia dichiarato chiaramente che il sig. Dalli ha commesso un reato.

216

In tali circostanze, sebbene la trascrizione della conferenza stampa di cui trattasi possa legittimamente essere interpretata in modi diversi, non si può ritenere che il Tribunale abbia snaturato tale trascrizione superando manifestamente i limiti di una ragionevole valutazione di tale documento.

217

La seconda parte del sesto motivo va pertanto respinta in quanto infondata.

Sulla prima parte del sesto motivo

– Argomenti delle parti

218

Con la prima parte del sesto motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto per quanto riguarda la portata del principio della presunzione di innocenza.

219

In primo luogo, il Tribunale avrebbe giudicato erroneamente i criteri per garantire un equilibrio tra tale principio e la libertà di espressione facendo riferimento, al punto 175 della sentenza impugnata, al diritto dell’OLAF di informare il pubblico nel modo più accurato possibile, sebbene tale diritto non sia stato sancito dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo la «Corte EDU»).

220

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il fatto che taluni elementi espressi in occasione della conferenza stampa organizzata dall’OLAF fossero già inclusi in comunicati stampa precedentemente pubblicati dal sig. Dalli o dalla Commissione fosse tale da giustificare talune violazioni della presunzione di innocenza o del principio di riservatezza ai sensi dell’articolo 339 TFUE. Inoltre, il Tribunale non avrebbe potuto considerare, al punto 177 della sentenza impugnata, che il comunicato stampa pubblicato dal sig. Dalli si riferiva alle conclusioni dell’OLAF, in quanto tale comunicato era precedente alla pubblicazione della relazione dell’OLAF.

221

In terzo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto altresì riconoscendo rilevanza, al punto 179 della sentenza impugnata, al fatto che il comunicato stampa successivamente pubblicato dall’OLAF era destinato a correggere informazioni errate diffuse dai media.

222

La Commissione conclude per il rigetto della prima parte del sesto motivo in quanto in parte irricevibile e in parte infondata.

– Giudizio della Corte

223

Per quanto riguarda, in primo luogo, i criteri stabiliti dal Tribunale al fine di trovare un equilibrio tra la presunzione di innocenza e la libertà di espressione, va ricordato che la presunzione di innocenza è sancita dall’articolo 48 della Carta, che corrisponde all’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), come risulta dalle spiegazioni relative alla Carta. Ne consegue che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, l’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della CEDU deve essere preso in considerazione ai fini dell’interpretazione dell’articolo 48 della Carta come soglia minima di protezione [sentenza del 5 settembre 2019, AH e a. (Presunzione di innocenza), C‑377/18, EU:C:2019:670, paragrafo 41 e giurisprudenza citata]

224

Come il Tribunale ha osservato, in sostanza, al punto 173 della sentenza impugnata, dalla giurisprudenza della Corte EDU risulta, da un lato, che la presunzione di innocenza non è rispettata se una decisione giudiziaria o una dichiarazione ufficiale riguardante un imputato riflette il sentimento di colpevolezza di quest’ultimo, quando la sua colpevolezza non sia stata precedentemente accertata ai sensi di legge, e che, d’altro lato, se è vero che le autorità possono informare il pubblico sulle indagini penali in corso, esse devono farlo con tutta la discrezione e la riservatezza richieste dal rispetto della presunzione di innocenza (v., in tal senso, Corte EDU, 22 maggio 2014, Ilgar Mammadov c. Azerbaigian, CE:ECHR:2014:0522JUD001517213, § 125 e 126).

225

A tal proposito, va certamente constatato che, come sostenuto dal sig. Dalli, tale giurisprudenza non ha riconosciuto alle autorità pubbliche la facoltà di informare il pubblico, nel modo più preciso possibile, delle misure adottate nell’ambito di eventuali disfunzioni o frodi.

226

Tuttavia, al punto 175 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha dichiarato che l’OLAF aveva tale facoltà, bensì che, nella ricerca di un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco, occorresse tener conto del fatto che l’OLAF aveva interesse a garantire una siffatta informazione del pubblico.

227

Inoltre, nel suddetto punto 175, nella sua valutazione delle osservazioni formulate dal direttore dell’OLAF alla conferenza stampa del 17 ottobre 2012, il Tribunale ha altresì precisato che tali osservazioni erano misurate e che il direttore dell’OLAF aveva fatto prova della necessaria riservatezza. Il Tribunale ha quindi applicato i criteri derivanti dalla giurisprudenza della Corte EDU di cui al punto 224 della presente sentenza.

228

Di conseguenza, il Tribunale non ha commesso un errore di diritto al punto 175 della sentenza impugnata per quanto riguarda i criteri da applicare per esaminare se l’OLAF avesse violato il principio della presunzione di innocenza.

229

In secondo luogo, gli altri argomenti dedotti dal sig. Dalli a sostegno della prima parte del sesto motivo devono essere respinti in quanto inoperanti, conformemente alla giurisprudenza della Corte di cui al punto 103 della presente sentenza, poiché essi si riferiscono alla motivazione ad abundantiam del Tribunale.

230

Risulta infatti da quanto precede, da un lato, che il rigetto della censura presentata in primo grado per violazione della presunzione di innocenza si basa, tra l’altro, sul fatto che il direttore dell’OLAF ha fatto prova della necessaria riservatezza nella presentazione delle conclusioni dell’OLAF e, dall’altro, che gli elementi di cui al punto 176 della sentenza impugnata, che sono alla base di tale motivazione, non sono validamente contestati dal sig. Dalli.

231

Di conseguenza, poiché tale motivazione è sufficiente a dimostrare, conformemente alla giurisprudenza di cui ai punti 223 e 224 della presente sentenza, che le dichiarazioni del direttore dell’OLAF non hanno violato l’articolo 48 della Carta, la motivazione ulteriore svolta dal Tribunale ai punti 175 e 177 della sentenza impugnata, relativi essenzialmente al fatto che taluni elementi di informazione erano già stati diffusi dalla Commissione o dal sig. Dalli, non sono necessari per giustificare il giudizio espresso dal Tribunale al punto 178 della sentenza impugnata.

232

In terzo luogo, anche l’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto al punto 179 della sentenza impugnata deve essere respinto in quanto inoperante.

233

Risulta infatti dal punto 180 della sentenza impugnata che il Tribunale ha considerato, per quanto riguarda il contenuto del comunicato stampa del 19 ottobre 2012, che, con tale comunicato, l’OLAF aveva legittimamente informato il pubblico con tutta la discrezionalità e la riservatezza necessaria.

234

Poiché tale motivazione è sufficiente a dimostrare, conformemente alla giurisprudenza di cui ai punti 223 e 224 della presente sentenza, che l’OLAF aveva rispettato la presunzione di innocenza nell’emanazione di tale comunicato, non essendovi contestazioni a tal proposito nella presente impugnazione, gli altri argomenti svolti dal Tribunale a tale riguardo devono essere considerati sovrabbondanti.

235

Conseguentemente, la prima parte del sesto motivo dev’essere respinta in quanto in parte inoperante e in parte infondata. Ne consegue che il sesto motivo va integralmente respinto.

Sul settimo motivo, vertente sulla valutazione del danno morale

Argomenti delle parti

236

Con il settimo motivo, il sig. Dalli sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto al punto 225 della sentenza impugnata e ha snaturato il ricorso in primo grado considerando che egli non aveva dimostrato che il comportamento di cui trattasi della Commissione o dell’OLAF fosse, per la sua gravità, tale da arrecargli un danno.

237

La Commissione conclude per il rigetto del settimo motivo in quanto inoperante o, in subordine, infondato.

Giudizio della Corte

238

Dal punto 218 della sentenza impugnata si evince chiaramente che il Tribunale ha esaminato ad abundantiam il danno fatto valere e il nesso di causalità, avendo esso constatato, al punto 217 di tale sentenza, che il sig. Dalli non aveva dimostrato l’esistenza di un comportamento illecito dell’OLAF o della Commissione.

239

Poiché i primi sei motivi della presente impugnazione sono stati respinti, si deve ritenere che la constatazione del Tribunale di cui al punto 217 di tale sentenza non è utilmente contestata dal sig. Dalli.

240

Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte di cui al punto 42 della presente sentenza risulta che, qualora non sia dimostrato che un comportamento illecito possa essere imputato ad un’istituzione dell’Unione, l’azione di risarcimento del danno deve essere respinta nel suo complesso senza che sia necessario esaminare l’effettività del danno o l’esistenza di un nesso causale tra il comportamento di tale istituzione e il danno lamentato.

241

Ne consegue che il settimo motivo deve essere respinto in quanto inoperante, conformemente alla giurisprudenza della Corte di cui al punto 103 della presente sentenza, poiché esso fa riferimento alla motivazione ad abundantiam del Tribunale.

242

Alla luce di quanto precede, l’impugnazione deve essere respinta integralmente.

Sulle spese

243

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima, quando l’impugnazione è infondata, statuisce sulle spese.

244

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del suddetto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

245

Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il sig. Dalli, rimasto soccombente, dev’essere condannato a sostenere, oltre alle proprie spese, quelle sopportate dalla Commissione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

Il sig. John Dalli è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.