SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

25 novembre 2020 ( *1 )

«Impugnazione – Intese – Mercati europei degli stabilizzanti termici a base di stagno, di olio di soia epossidato e di esteri – Fissazione dei prezzi, ripartizione dei mercati e scambio di informazioni commerciali sensibili – Applicazione del massimale del 10% del fatturato a una delle entità che compongono l’impresa – Annullamento della decisione che modifica l’ammenda fissata nella decisione iniziale di accertamento dell’infrazione – Ammende – Nozione di “impresa” – Responsabilità solidale per il pagamento dell’ammenda – Principio della parità di trattamento – Data di esigibilità dell’ammenda in caso di modifica»

Nella causa C‑823/18 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 27 dicembre 2018,

Commissione europea, rappresentata inizialmente da T. Christoforou, P. Rossi e V. Bottka, poi da P. Rossi e V. Bottka, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

GEA Group AG, con sede in Düsseldorf (Germania), rappresentata da C. Wagner e I. du Mont, Rechtsanwälte,

ricorrente in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Seconda Sezione, A. Kumin, T. von Danwitz e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 febbraio 2020,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 giugno 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 18 ottobre 2018, GEA Group/Commissione (T‑640/16; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:700), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione C(2016) 3920 final della Commissione, del 29 giugno 2016, che modifica la decisione C(2009) 8682 definitivo della Commissione, dell’11 novembre 2009, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38589 – Stabilizzanti termici) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

I. Contesto normativo

2

L’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), dispone quanto segue:

«2.   La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)

commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 o dell’articolo 82 [CE]; oppure

b)

contravvengono a una decisione che disponga misure cautela[r]i ai sensi dell’articolo 8; oppure;

c)

non rispettano un impegno reso obbligatorio mediante decisione ai sensi dell’articolo 9.

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

Qualora l’infrazione di un’associazione sia relativa alle attività dei membri della stessa, l’ammenda non deve superare il 10% dell’importo del fatturato totale di ciascun membro attivo sul mercato coinvolto dall’infrazione dell’associazione.

3.   Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3

Ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 5, di detto regolamento:

«Per effetto dell’interruzione si inizia un nuovo periodo di prescrizione. La prescrizione opera tuttavia al più tardi allo spirare del doppio del termine previsto, se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine. Detto termine è prolungato della durata della sospensione in conformità al paragrafo 6».

II. Fatti e decisione controversa

4

I fatti all’origine della controversia sono stati illustrati ai punti da 1 a 23 della sentenza impugnata e possono essere riassunti come segue.

5

La GEA Group AG (in prosieguo: la «GEA») è nata dalla fusione, nel 2005, della Metallgesellschaft AG (in prosieguo: la «MG») e di un’altra società. La MG era la holding che deteneva, prima del 2000, direttamente o mediante controllate, la Chemson Gesellschaft für Polymer-Additive mbH (in prosieguo: l’«OCG») e la Polymer-Additive Produktions- und Vertriebs GmbH (in prosieguo: l’«OCA»).

6

Il 17 maggio 2000, la MG ha ceduto l’OCG, che è stata rinominata Aachener Chemische Werke Gesellschaft für glastechnische Produkte und Verfahren mbH (in prosieguo: l’«ACW»).

7

Dopo lo scioglimento dell’OCA nel maggio 2000, le attività di tale società sono state riprese da una società denominata, dal 30 agosto 2000, Chemson Polymer-Additive AG (in prosieguo: la «CPA»), che, alla data della pronuncia della sentenza impugnata, non apparteneva più al gruppo di cui la GEA costituiva il vertice.

A. La decisione del 2009

8

Con la sua decisione C(2009) 8682 definitivo, dell’11 novembre 2009, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38589 – Stabilizzanti termici) (in prosieguo: la «decisione del 2009»), la Commissione ha considerato che un certo numero di imprese aveva violato l’articolo 81 CE e l’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»), partecipando a due complessi di accordi e di pratiche concertate anticoncorrenziali che coprivano il territorio dello Spazio economico europeo e riguardavano, da un lato, il settore degli stabilizzanti termici a base di stagno e, dall’altro, il settore degli stabilizzanti termici a base di olio di soia epossidato e di esteri (in prosieguo: il «settore ESBO/esteri»).

9

All’articolo 1, paragrafo 2, lettera k), della decisione del 2009, la Commissione ha ritenuto la GEA responsabile per le infrazioni commesse sul mercato del settore ESBO/esteri dall’11 settembre 1991 al 17 maggio 2000.

10

La sua responsabilità è stata considerata per l’intero periodo di infrazione, in quanto successore della MG, per le infrazioni commesse, dall’11 settembre 1991 al 17 maggio 2000, dall’OCG e, dal 13 marzo 1997 al 17 maggio 2000, dall’OCA.

11

Peraltro, in quanto successore dell’OCG, l’ACW è stata sanzionata, da un lato, per l’infrazione commessa dall’OCG durante l’intero periodo di infrazione, vale a dire dall’11 settembre 1991 al 17 maggio 2000, e, dall’altro, per l’infrazione commessa dall’OCA dal 30 settembre 1999 al 17 maggio 2000, quando il capitale di quest’ultima era detenuto al 100% dall’OCG.

12

In quanto successore dell’OCA, la CPA è stata sanzionata, da un lato, per l’infrazione commessa dall’OCA dal 13 marzo 1997 al 17 maggio 2000 e, dall’altro, per l’infrazione commessa dall’OCG dal 30 settembre 1995 al 30 settembre 1999, quando il capitale di quest’ultima era detenuto al 100% dall’OCA.

13

Ai sensi dell’articolo 2 della decisione del 2009:

«(...)

Per l’/(le) infrazione(i) nel [mercato dell’ESBO/esteri], sono irrogate le seguenti ammende:

(...)

(31) [la GEA], [l’ACW] e [la CPA] sono responsabili in solido per l’importo di EUR 1913971;

(32) [la GEA] e [l’ACW] sono (...) responsabili in solido per l’importo di EUR 1432229;

Le ammende devono essere versate in euro entro un termine di tre mesi a decorrere dalla notifica della presente decisione (…)».

14

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 gennaio 2010, la GEA ha presentato un ricorso di annullamento avverso la decisione del 2009.

15

Con la sentenza del 15 luglio 2015, GEA Group/Commissione (T‑45/10, non pubblicata, EU:T:2015:507), il Tribunale ha respinto tale ricorso. Detta sentenza non è stata impugnata.

B. La decisione del 2010

16

Il 15 dicembre 2009 l’ACW ha attirato l’attenzione della Commissione sul fatto che l’ammenda che le era stata inflitta con la decisione del 2009 superava il limite massimo del 10% del suo fatturato, di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

17

In tale contesto, la Commissione ha adottato, l’8 febbraio 2010, la decisione C(2010) 727 definitivo, recante modifica della decisione del 2009 (in prosieguo: la «decisione del 2010»).

18

Con la decisione del 2010, la Commissione ha considerato che l’ammenda alla quale l’ACW era stata condannata, in solido con, da un lato, la GEA e la CPA e, dall’altro, la GEA, superava il limite massimo del 10% del suo fatturato e che, pertanto, occorreva modificare la decisione del 2009.

19

La Commissione ha parimenti precisato che l’importo dell’ammenda imposta alla GEA e alla CPA restava immutato, ma che quello dell’ammenda inflitta all’ACW doveva essere ridotto e che la decisione del 2010 non incideva in alcun modo sugli altri destinatari della decisione del 2009.

20

L’articolo 1 della decisione del 2010 ha modificato l’articolo 2, secondo comma, della decisione del 2009 come segue:

«L’articolo 2, [secondo comma, punto] 31 è sostituito dal seguente testo:

“(31.a) [la GEA], [l’ACW] e [la CPA] sono responsabili [in solido] per l’importo di EUR 1086129;

(31.b) [la GEA] e [la CPA] sono responsabili [in solido] per l’importo di EUR 827842”.

L’articolo 2, [secondo comma, punto] 32 è sostituito dal seguente testo:

“(32) [la GEA] è responsabile per l’importo di EUR 1432229”».

21

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 aprile 2010, la GEA ha proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione del 2010 e ha chiesto al Tribunale, in subordine, di riformare l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

22

Con la sentenza del 15 luglio 2015, GEA Group/Commissione (T‑189/10, EU:T:2015:504), il Tribunale ha annullato, nei limiti in cui riguardava la GEA, la decisione del 2010. Il Tribunale ha statuito che la Commissione aveva violato i diritti della difesa di tale società adottando tale decisione senza averla preliminarmente ascoltata. Detta sentenza non è stata impugnata.

C. Decisione controversa

23

Il 29 giugno 2016 la Commissione ha adottato la decisione controversa.

24

L’articolo 1 di tale decisione ha ripreso in modo identico i termini, riprodotti al punto 20 della presente sentenza, dell’articolo 1 della decisione del 2010, che modificava l’articolo 2, secondo comma, della decisione del 2009.

25

L’articolo 2 della decisione controversa ha fissato la data di esigibilità delle ammende al 10 maggio 2010.

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

26

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2016, la GEA ha presentato un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

27

A sostegno di tale ricorso la GEA ha dedotto cinque motivi, vertenti, il primo, su una violazione delle norme in materia di prescrizione, il secondo, su una violazione dell’articolo 266 TFUE e dei diritti della difesa, il terzo, su una violazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, il quarto, su una violazione del principio della parità di trattamento e, il quinto, suddiviso in due parti, su un eccesso di potere e un difetto di motivazione.

28

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il quarto motivo nonché la prima parte del quinto motivo e, ritenendo che non fosse necessario esaminare gli altri motivi del ricorso, ha annullato la decisione controversa.

IV. Conclusioni delle parti

29

La Commissione chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e

condannare la GEA alle spese sostenute sia dinanzi al Tribunale che dinanzi alla Corte.

30

La GEA chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione e

condannare la Commissione alle spese.

V. Sull’impugnazione

31

A sostegno della sua impugnazione, la Commissione deduce due motivi, vertenti, il primo, su un’erronea applicazione del principio della parità di trattamento, della nozione di impresa e delle norme sulla responsabilità solidale nonché su una violazione dell’obbligo di motivazione e, il secondo, su una violazione delle regole di fissazione della data di esigibilità delle ammende in materia di diritto della concorrenza nonché su una violazione dell’obbligo di motivazione.

A. Sulla ricevibilità

1.   Argomenti delle parti

32

La GEA ritiene che l’impugnazione della Commissione sia irricevibile.

33

Al riguardo la GEA adduce, in primo luogo, che la Commissione non ha alcun interesse a proporre impugnazione perché la decisione del 2009 non costituisce più una valida base giuridica per chiedere il pagamento dell’ammenda.

34

In secondo luogo, la GEA adduce che la Commissione non ha alcun interesse a proporre impugnazione perché la decisione controversa non è valida. Il termine di prescrizione per la fissazione di un’ammenda sarebbe infatti scaduto prima dell’adozione di tale decisione, in quanto sono trascorsi più di dieci anni, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2003, indipendentemente dalla questione se tale termine sia stato interrotto o meno.

35

La Commissione replica di avere interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza impugnata, perché, in primo luogo, è risultata soccombente nelle sue conclusioni dinanzi al Tribunale e, in secondo luogo, la GEA, allegando che tale istituzione non ha alcun interesse a ricorrere a causa di un asserito superamento del termine di prescrizione per l’irrogazione di un’ammenda, contesta la legittimità della decisione controversa. Orbene, secondo la Commissione, un siffatto motivo non è stato né sollevato dinanzi al Tribunale né esaminato da quest’ultimo. Ne conseguirebbe che non occorre esaminarlo.

2.   Giudizio della Corte

36

In forza dell’articolo 56, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ad eccezione delle cause relative a controversie tra l’Unione europea e i suoi agenti, un’impugnazione può essere proposta anche dagli Stati membri o dalle istituzioni dell’Unione che non siano intervenuti nella controversia dinanzi al Tribunale. Che siano o meno state parti nella controversia di primo grado, le istituzioni dell’Unione non devono quindi dimostrare alcun interesse per poter proporre ricorso contro una decisione del Tribunale (sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni,C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 171).

37

La Commissione è infatti libera di valutare l’opportunità di presentare ricorso contro una decisione del Tribunale e non spetta alla Corte esercitare un controllo sulle scelte compiute al riguardo da quest’ultima (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 172).

38

Pertanto, è sufficiente constatare che le obiezioni della GEA relative a un asserito difetto di interesse ad agire da parte della Commissione sono del tutto infondate, di modo che l’impugnazione dev’essere considerata ricevibile.

B. Nel merito

1.   Sul primo motivo

39

Il primo motivo si compone di due parti. Con la prima parte di tale motivo, la Commissione addebita al Tribunale di essere incorso in un errore nell’applicazione del principio della parità di trattamento, della nozione di impresa e delle norme sulla responsabilità solidale, avendo considerato che essa avrebbe potuto determinare diversamente la parte dell’ammenda al pagamento della quale la GEA e l’ACW restavano obbligate in solido. La seconda parte di detto motivo, che occorre esaminare per prima, verte su una violazione dell’obbligo di motivazione.

a)   Sulla seconda parte del primo motivo

1) Argomenti delle parti

40

Con la seconda parte del suo primo motivo, la Commissione sostiene che la constatazione, al punto 111 della sentenza impugnata, secondo cui essa avrebbe violato il principio della parità di trattamento si basa su una motivazione contraddittoria sviluppata ai punti da 108 a 110 di detta sentenza e, in particolare, sulla vaga considerazione, di cui al punto 108 della medesima sentenza, che «la Commissione avrebbe senza dubbio potuto determinare diversamente la parte dell’ammenda al pagamento della quale l’ACW e la [GEA] restavano obbligate in solido».

41

La GEA contesta tale argomentazione.

2) Giudizio della Corte

42

Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone allo stesso di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza del 14 settembre 2016, Trafilerie Meridionali/Commissione, C‑519/15 P, EU:C:2016:682, punto 41).

43

Nel caso di specie, è sufficiente constatare che il ragionamento esposto dal Tribunale ai punti da 106 a 111 della sentenza impugnata è tale da consentire tanto alla Commissione di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha accolto il quarto motivo dedotto dalla GEA in primo grado, quanto alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il proprio controllo giurisdizionale.

44

Da tali punti emerge, infatti, senza ambiguità, che il Tribunale ha giudicato che la Commissione avrebbe dovuto, in un primo tempo, identificare la proporzione esistente tra la parte di ammenda di cui l’ACW era responsabile in solido con la GEA e la CPA e quella di cui era responsabile in solido con la sola GEA e, in un secondo tempo, ripartire la riduzione dell’importo dell’ammenda dell’ACW tra i due rapporti di solidarietà applicando la medesima proporzione.

45

Alla luce di quanto precede, la seconda parte del primo motivo dev’essere respinta in quanto infondata.

b)   Sulla prima parte del primo motivo

1) Argomenti delle parti

46

Con la prima parte del suo primo motivo, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia erroneamente considerato, al punto 108 della sentenza impugnata, che essa avrebbe potuto determinare diversamente la parte di ammenda al pagamento della quale la GEA e l’ACW restavano obbligate in solido, per limitare la parte dell’ammenda alla quale la GEA poteva essere obbligata da sola. Secondo la Commissione, il Tribunale, ai punti da 106 a 111 della sentenza impugnata, ha commesso un errore nell’applicazione del principio della parità di trattamento, non tenendo conto della giurisprudenza della Corte sulla nozione di impresa e sulla responsabilità solidale né di quella sulle conseguenze di una riduzione dell’ammenda concessa a una controllata all’interno di un’impresa economica unica.

47

Secondo la Commissione, la responsabilità solidale è semplicemente una manifestazione della nozione di impresa e non può esserne dissociata.

48

Al riguardo, detta istituzione fa valere che, contrariamente a quanto constatato dal Tribunale al punto 55 della sentenza impugnata, la GEA, l’ACW e la CPA formavano, per tutta la durata dell’infrazione di cui trattasi, una sola e unica impresa alla quale essa ha inflitto una sola ammenda e che, in tale contesto, l’articolo 2, secondo comma, punti 31 e 32, della decisione del 2009, da un lato, e l’articolo 2, secondo comma, punti 31.a), 31.b) e 32, della decisione del 2009 come modificata dalla decisione controversa, dall’altro, sono l’espressione dei diversi importi massimi dell’ammenda di cui ciascuna delle entità giuridiche componenti tale impresa poteva essere ritenuta congiuntamente e solidalmente responsabile.

49

La Commissione precisa che, poiché la GEA, l’ACW e la CPA formavano una sola e unica impresa, non occorreva valutare la parità di trattamento tra queste tre società.

50

La Commissione ritiene che, nonostante il fatto che le società interessate facessero parte della medesima impresa, il Tribunale abbia enucleato artificiosamente, ai punti da 106 a 111 della sentenza impugnata, due gruppi di entità responsabili in solido, così da applicare una teoria analoga alla teoria della ripartizione interna della responsabilità solidale, approccio che è vietato, a suo avviso, conformemente agli insegnamenti della sentenza del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a. (da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256).

51

In tale contesto, la Commissione ritiene che nulla giustifichi l’esclusione dell’una o dell’altra delle società appartenenti a una sola e unica impresa dalla responsabilità solidale per il pagamento di una qualsiasi parte dell’ammenda loro inflitta e che tali società condividano normalmente parti comuni di un’ammenda inflitta fino a concorrenza dei limiti individuali di ciascuna di esse.

52

La Commissione fa valere che l’importo massimo dell’ammenda al pagamento della quale ciascuna società che componeva l’impresa ai sensi dell’articolo 81 CE era tenuta in solido non corrisponde a un periodo specifico di partecipazione all’infrazione di cui trattasi.

53

Infine, per quanto riguarda il fatto che l’ammenda inflitta all’ACW è stata ridotta entro il limite del 10% del suo fatturato, applicabile a tale società, risulterebbe dalla sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione (C‑50/12 P, EU:C:2013:771), che la riduzione concessa alla sua ex controllata ACW non può incidere sulla responsabilità della GEA poiché, alla data dell’adozione della decisione del 2009, tale società e la GEA non formavano più un’unica impresa.

54

La GEA replica, anzitutto, che il Tribunale ha correttamente ritenuto che la Commissione, senza alcuna giustificazione oggettiva, abbia violato il principio della parità di trattamento. Contrariamente a quanto afferma la Commissione, detto principio si applicherebbe non solo a imprese diverse, ma anche nei rapporti tra società facenti parte della medesima impresa.

55

La GEA ritiene poi che la Commissione abbia fissato non già una sola ammenda, bensì due ammende distinte per due gruppi di entità distinte, congiuntamente e solidalmente responsabili tra loro all’interno di ciascun gruppo, e per due periodi di infrazione diversi. Da un lato, l’articolo 2, secondo comma, punto 31, della decisione del 2009 si riferirebbe al periodo dal 30 settembre 1995 al 17 maggio 2000 e, dall’altro, l’articolo 2, secondo comma, punto 32, di tale decisione rinvierebbe al periodo dall’11 settembre 1991 al 29 settembre 1995. Tale ripartizione sarebbe la conseguenza del fatto che la CPA non ha partecipato all’infrazione in questione durante quest’ultimo periodo.

56

La GEA ritiene anche che il Tribunale non abbia applicato per analogia la teoria della ripartizione interna della responsabilità solidale, contrariamente a quanto sostiene la Commissione. La sentenza impugnata riguarderebbe non già la responsabilità da un punto di vista interno, bensì la misura in cui le società del «gruppo GEA» sono «esternamente» responsabili nei confronti della Commissione.

57

Infine, quanto agli effetti dell’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato a favore dell’ACW, la GEA fa valere che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione (C‑50/12 P, EU:C:2013:771), non può essere interpretata nel senso che su un’ex società controllante non debba incidere l’applicazione, alla sua ex controllata, del limite massimo del 10% del suo fatturato.

2) Giudizio della Corte

58

In via preliminare, si deve rammentare che il principio della parità di trattamento costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale principio impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo obiettiva necessità (sentenza del 24 settembre 2020, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi/Commissione, C‑601/18 P, EU:C:2020:751, punto 101 e giurisprudenza ivi citata). La Commissione è tenuta a rispettare tale principio quando esercita il potere, di cui dispone in forza dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, di infliggere un’ammenda a imprese che abbiano commesso un’infrazione alle norme del diritto della concorrenza dell’Unione e ne determina l’importo (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

59

Ciò posto, quando più persone giuridiche possono essere considerate individualmente responsabili della partecipazione a un’infrazione alle norme del diritto della concorrenza dell’Unione, a motivo della loro appartenenza a una sola e unica impresa cui tale infrazione può essere addebitata, la Commissione dispone, in virtù della suddetta disposizione, del potere di infliggere loro un’ammenda in solido (sentenza del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 120).

60

Tuttavia, quando decide di esercitare tale potere sanzionatorio, la Commissione non può determinare liberamente il rapporto esterno di solidarietà e, in particolare, l’importo dell’ammenda di cui può esigere il pagamento integrale da ciascuno dei condebitori in solido (sentenza del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 121).

61

Infatti, poiché la nozione del diritto dell’Unione di solidarietà nel pagamento dell’ammenda è semplicemente una manifestazione di un effetto di pieno diritto della nozione di impresa, la determinazione dell’importo dell’ammenda al cui pagamento integrale ciascuno dei condebitori in solido può essere tenuto dalla Commissione procede dall’applicazione, in un caso specifico, di tale nozione di impresa (sentenza del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 122).

62

A tale riguardo, per designare l’autore – sanzionabile in applicazione degli articoli 81 e 82 CE – di un’infrazione al diritto della concorrenza, gli autori dei trattati hanno scelto di utilizzare la nozione di impresa e non nozioni come quelle di società o di persona giuridica (sentenza del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 123).

63

Del resto, tale medesima nozione di impresa è stata utilizzata dal legislatore dell’Unione all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 per definire l’entità a cui la Commissione può infliggere un’ammenda per sanzionare un’infrazione alle regole del diritto della concorrenza dell’Unione (sentenza del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 124).

64

Secondo giurisprudenza costante, la nozione di «impresa» ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione designa qualsiasi entità eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento. Tale nozione dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce a un’unità economica, anche qualora, sotto il profilo giuridico, tale unità sia costituita da più persone fisiche o giuridiche (sentenze del 10 aprile 2014, Areva e a./Commissione, C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257, punto 125, nonché del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punti 4748).

65

Quando la Commissione intende avvalersi, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, della facoltà di condannare in solido a un’ammenda più persone giuridiche facenti parte di una sola e unica impresa responsabile dell’infrazione, la determinazione da parte sua dell’importo di tale ammenda, siccome procede dall’applicazione, in un caso specifico, della nozione di impresa, la quale è una nozione del diritto dell’Unione, è soggetta a determinati obblighi che impongono si tenga debito conto delle caratteristiche dell’impresa di cui trattasi, quale era costituita durante il periodo in cui è stata commessa l’infrazione (sentenza del 10 aprile 2014, Commissione e a./Siemens Österreich e a., da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 51).

66

A tal riguardo, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, la composizione dell’impresa interessata può assumere diverse configurazioni nel corso della partecipazione di tale impresa a un’infrazione. Tali variazioni possono prodursi, in particolare, qualora, come nel caso di specie, l’infrazione si protragga per un lungo arco di tempo.

67

Nei limiti in cui tali variazioni non rimettono in discussione l’unicità dell’impresa in quanto persona alla quale è imputabile l’infrazione, esse non incidono sul potere della Commissione, ricordato al punto 59 della presente sentenza, di infliggere in solido un’ammenda a più persone giuridiche appartenenti a una sola e unica impresa.

68

Nel caso di specie, come risulta dai punti da 1 a 3 e da 6 a 8 della sentenza impugnata, la struttura del gruppo GEA, nel periodo in cui è stata commessa l’infrazione, era la seguente. Tra il 1991 e il 17 maggio 2000, l’OCG, che, dopo quest’ultima data, era denominata ACW, era una controllata al 100% della MG, che, a sua volta, è divenuta GEA a partire dal 2005. Durante questo stesso periodo, l’OCA, che a decorrere dal 30 agosto 2000 è denominata CPA, era detenuta al 100% dalla MG e, per diversi periodi, era o la controllata o la controllante diretta dell’OCG. L’OCA è stata la società controllante con un controllo diretto al 100% dell’OCG dal 30 settembre 1995 al 30 settembre 1999. Dal 30 settembre 1999 al 17 maggio 2000, l’OCG è stata la società controllante con un controllo diretto al 100% dell’OCA e ha esercitato un controllo diretto su quest’ultima società.

69

Alla luce degli insegnamenti derivanti dalla sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑97/08 P, EU:C:2009:536), la Commissione era legittimata a constatare nella decisione del 2009 che, tenuto conto dei vincoli economici, organizzativi e giuridici intercorrenti tra le società interessate, la MG, divenuta GEA, esercitando un’influenza determinante sulle sue controllate, faceva parte, con l’OCG e l’OCA, divenute rispettivamente ACW e CPA, di un’unica impresa ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione.

70

Dalle considerazioni che precedono risulta che la Commissione poteva validamente ritenere che la GEA, l’ACW e la CPA formassero una sola e unica impresa che, nelle sue diverse configurazioni successive, ha commesso l’infrazione di cui trattasi.

71

Pertanto, occorre constatare che, considerando, al punto 55 della sentenza impugnata, l’esistenza, da un lato, di un’impresa, ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione, composta dalla GEA, dall’ACW e dalla CPA, dal 30 settembre 1995 al 17 maggio 2000, e, dall’altro, di un’impresa, ai sensi di tale diritto, composta dalla GEA e dall’ACW, dall’11 settembre 1991 al 29 settembre 1995, il Tribunale ha stabilito l’esistenza di due imprese ai sensi del diritto della concorrenza dell’Unione e ha quindi commesso un errore di diritto nel disattendere la nozione di «impresa» ai sensi dell’articolo 81 CE.

72

Dal momento che la responsabilità solidale è semplicemente una manifestazione di un effetto di pieno diritto della nozione di impresa e che, nel caso di specie, esisteva una sola e unica impresa, la Commissione era legittimata a determinare, inizialmente all’articolo 2, secondo comma, punti 31 e 32, della decisione del 2009 e, successivamente, all’articolo 2, secondo comma, punti 31.a), 31.b) e 32, della decisione del 2009 come modificata dalla decisione controversa, gli importi massimi dell’ammenda di cui potevano essere ritenute congiuntamente e solidalmente responsabili la GEA, l’ACW e la CPA per pagamento di una sola ammenda in quanto entità che facevano parte di una sola e unica impresa alla quale l’infrazione in questione era imputabile. Come rilevato dalla Commissione, infatti, in una situazione come quella di cui trattasi, la fissazione di siffatti importi massimi non riflette periodi specifici della partecipazione delle entità che compongono l’impresa unica all’infrazione considerata.

73

In tali circostanze, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel constatare, ai punti 106 e 109 della sentenza impugnata, che, nel caso di specie, esistevano due rapporti di solidarietà tra la GEA, l’ACW e la CPA, mentre queste ultime facevano parte di una sola e unica impresa, e due ammende inflitte per due periodi specifici che riflettevano la partecipazione di queste tre società all’infrazione considerata, così che ha infranto le norme sulla determinazione della responsabilità solidale di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

74

Per quanto riguarda il fatto che, in forza della decisione controversa, la GEA resti l’unica responsabile per l’importo di EUR 1432229, tale circostanza, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 53 delle sue conclusioni, è una conseguenza puramente automatica della riduzione applicata all’ammenda inflitta all’ACW.

75

Al riguardo, occorre rilevare che, quando due persone giuridiche distinte, quali una società controllante e la sua controllata, non costituiscono più un’impresa, ai sensi dell’articolo 81 CE, alla data di adozione di una decisione che infligge loro un’ammenda, esse hanno il diritto di vedersi applicare individualmente il limite massimo del 10% del fatturato (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 57).

76

Nel caso di specie, come risulta dai punti 2 e 3 della sentenza impugnata, è pacifico che, alla data di adozione della decisione del 2009, la GEA non costituiva più un’entità economica con l’ACW e la CPA ai sensi dell’articolo 81 CE.

77

Tale particolarità ha indotto la Commissione a calcolare separatamente detto limite sulla base del fatturato quale realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente l’adozione della decisione controversa (v., per analogia, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 67).

78

Peraltro, come risulta dal punto 8 della sentenza impugnata, l’importo che la Commissione ha inizialmente ritenuto fosse adeguato prendere in considerazione per la responsabilità solidale dell’ACW a causa della sua partecipazione all’intesa corrispondeva a EUR 3346200, ossia esattamente lo stesso importo di quello considerato per la GEA.

79

Orbene, si deve considerare che il fatto che, nella decisione controversa, la Commissione abbia ritenuto, da un lato, la GEA responsabile in solido per il pagamento dell’importo totale dell’ammenda, che ammonta a EUR 3346200, e, dall’altro, l’ACW responsabile in solido per il pagamento di un importo di EUR 1086129 risulta dall’applicazione all’ACW del limite massimo del 10% del fatturato previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

80

Così, il fatto che la GEA resti l’unica responsabile per l’importo di EUR 1432229 risulta dalla specifica circostanza che, alla data di adozione della decisione del 2009, tale società non costituiva più un’unica impresa con l’ACW e la CPA ai sensi dell’articolo 81 CE.

81

In tale contesto, la GEA non può validamente sostenere che sia stata commessa a suo danno una violazione del principio della parità di trattamento. Al riguardo è sufficiente rilevare che una violazione di tale principio non può essere constatata in una situazione come quella di specie, in cui una società controllata, la quale, alla data di adozione di una decisione che infligge un’ammenda all’impresa unica a cui essa apparteneva, non fa più parte di tale impresa unica, ha il diritto di vedersi applicare individualmente il limite massimo del 10% del fatturato. Tale specifica circostanza non consente di ritenere che le società interessate si trovassero in situazioni paragonabili (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 68).

82

In ogni caso, una violazione del principio della parità di trattamento non può essere validamente invocata poiché, nel caso di specie, come risulta dal punto 73 della presente sentenza, non vi sono due rapporti di solidarietà che riflettono periodi specifici e, pertanto, non può essere effettuata alcuna ripartizione della responsabilità solidale.

83

Pertanto, l’articolo 2, secondo comma, punto 32, della decisione del 2009 come modificata dalla decisione controversa, che impone l’importo dell’ammenda di EUR 1432229 alla GEA, non si rivolge alla CPA non perché tale punto verterebbe su un periodo di infrazione specifico durante il quale quest’ultima non ha partecipato all’infrazione unica constatata dalla Commissione – quod non est –, ma semplicemente perché l’importo dell’ammenda di cui la CPA è debitrice per la sua partecipazione individuale a tale infrazione a causa della sua appartenenza all’impresa che l’ha commessa è integralmente coperto dagli importi di ammenda di cui ai punti 31.a) e 31.b) di detto articolo 2, secondo comma.

84

In tali circostanze, si deve constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel considerare, al punto 111 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva rispettato gli obblighi ad essa incombenti in forza del principio della parità di trattamento.

85

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre accogliere la prima parte del primo motivo.

2.   Sul secondo motivo

86

Il secondo motivo è suddiviso in due parti. Con la prima parte di tale motivo, la Commissione addebita, in sostanza, al Tribunale di aver commesso un errore nel ritenere che la data di esigibilità dell’ammenda in questione potesse essere determinata solo a decorrere dalla data di ricezione della notifica della decisione controversa. La seconda parte di detto motivo, che occorre esaminare per prima, verte su una violazione dell’obbligo di motivazione.

a)   Sulla seconda parte del secondo motivo

1) Argomenti delle parti

87

Con la seconda parte del suo secondo motivo, la Commissione contesta al Tribunale di non aver sufficientemente motivato la sua constatazione, effettuata al punto 126 della sentenza impugnata, secondo cui si deve ritenere che l’obbligazione di pagare le ammende risulti unicamente dall’articolo 1 della decisione controversa e che la data di esigibilità di tali ammende potesse essere determinata solo a decorrere dalla data di ricezione della notifica di tale decisione.

88

La GEA replica che la sentenza impugnata è sufficientemente motivata.

2) Giudizio della Corte

89

Come ricordato al punto 42 della presente sentenza, l’obbligo di motivazione che incombe al Tribunale gli impone di far conoscere in modo chiaro e inequivocabile il ragionamento da esso seguito, in modo da consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della decisione adottata e alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale.

90

Nel caso di specie è sufficiente constatare che il ragionamento seguito dal Tribunale ai punti dal 122 al 125 della sentenza impugnata è tale da consentire tanto alla Commissione di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha accolto la prima parte del quinto motivo dedotto dalla GEA in primo grado, quanto alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il proprio controllo giurisdizionale.

91

Da tali punti infatti risulta, in sostanza, che, a causa del fatto che la versione iniziale dell’articolo 2, secondo comma, punti 31 e 32, della decisione del 2009 è stata sostituita da quella risultante dall’articolo 1 della decisione controversa, il Tribunale è giunto, al punto 126 della sentenza impugnata, alla constatazione secondo cui l’obbligazione di pagare le ammende risulta unicamente dall’articolo 1 della decisione controversa e che la data di esigibilità di tali ammende poteva essere determinata solo a decorrere dalla data di ricezione della notifica di tale decisione.

92

Pertanto, la seconda parte del secondo motivo dev’essere respinta in quanto infondata.

b)   Sulla prima parte del secondo motivo

1) Argomenti delle parti

93

Con la prima parte del suo secondo motivo, la Commissione addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto ritenendo, al punto 126 della sentenza impugnata, che la data di esigibilità dell’ammenda nel caso di specie potesse essere determinata solo a decorrere dalla data di ricezione della notifica della decisione controversa.

94

La Commissione precisa che l’annullamento della decisione del 2010 ha avuto l’effetto di ripristinare non soltanto l’articolo 2, secondo comma, punti 31 e 32, della decisione del 2009, ma anche la data di esigibilità iniziale fissata all’articolo 2, ultimo comma, di tale decisione.

95

In tale contesto, la Commissione fa valere che essa aveva il diritto di modificare l’importo dell’ammenda inflitta e la responsabilità solidale senza dover fissare necessariamente una nuova data di esigibilità di tale ammenda. La Commissione ritiene pertanto che, pur avendo modificato, con la decisione controversa, le parti del dispositivo della decisione del 2009 che determinavano l’importo dell’ammenda e la responsabilità solidale, essa non fosse obbligata a fissare una data di esigibilità dell’ammenda inflitta che fosse successiva alla data di notifica della decisione controversa.

96

Secondo tale istituzione, qualora la Corte dovesse confermare che essa deve fissare una data di esigibilità delle ammende che sia successiva a quella della notifica di una decisione di modifica come la decisione controversa, ciò condurrebbe alla perdita degli interessi maturati sulla parte residua dell’ammenda a decorrere dalla data di esigibilità inizialmente fissata, così da limitare il suo margine discrezionale e ridurre l’efficacia delle ammende da essa inflitte.

97

In tali circostanze, la Commissione ritiene che, nel caso di specie, per non porre la GEA in una posizione più svantaggiosa rispetto all’ACW e alla CPA, fosse legittimata a fissare la data di esigibilità delle ammende al 10 maggio 2010.

98

La GEA ribatte che, se è vero che la Commissione ha il potere di determinare la data alla quale le ammende sono esigibili e la data a partire dalla quale gli interessi di mora iniziano a decorrere, tale potere non si estende alla fissazione di una data di esigibilità degli interessi di mora che sia anteriore alla data in cui le ammende sono state fissate. Non sarebbe possibile giustificare con l’efficacia del diritto dell’Unione la fissazione di una data di esigibilità di un’ammenda anteriore alla notifica della decisione che costituisce il fondamento dell’ammenda stessa.

99

Di conseguenza, secondo la GEA, nei limiti in cui la data di esigibilità dell’ammenda non può essere fissata a una data anteriore alla notifica della decisione controversa, gli interessi relativi al pagamento dell’ammenda possono cominciare a decorrere solo dalla data di notifica di tale decisione, conformemente al principio secondo cui il bene accessorio segue la sorte del bene principale.

2) Giudizio della Corte

100

Le decisioni della Commissione con le quali essa infligge ammende per infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione determinano, in particolare, l’importo delle ammende in questione e gli interessi di mora, nonché le coordinate del conto bancario della Commissione sul quale le imprese interessate devono versare tali ammende. Tali decisioni fissano anche il termine di pagamento delle ammende inflitte. Al fine di evitare una riscossione forzata, il pagamento deve essere effettuato prima della scadenza di tale termine.

101

Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 299 TFUE, le decisioni della Commissione che comportano, a carico delle persone che non siano gli Stati membri, un obbligo pecuniario costituiscono titolo esecutivo.

102

Occorre altresì rilevare che, ai sensi dell’articolo 278 TFUE, i ricorsi proposti alla Corte di giustizia dell’Unione europea contro tali tipi di decisioni non hanno effetto sospensivo.

103

Ne consegue che le decisioni della Commissione hanno forza esecutiva alle condizioni stabilite dall’articolo 299 TFUE e che le ammende che esse impongono sono, in linea di principio, esigibili alla scadenza del termine fissato nelle decisioni medesime.

104

In tale contesto e tenuto conto dell’obiettivo di garantire l’effettivo rispetto delle norme del diritto della concorrenza dell’Unione, occorre ritenere che, in linea di principio, il debitore debba effettuare il pagamento a cui è obbligato prima della data di esigibilità di tale pagamento fissata dalla Commissione nella sua decisione.

105

Nel caso di specie, la Commissione ha inizialmente previsto, all’articolo 2, ultimo comma, della decisione del 2009, una data di esigibilità delle ammende inflitte, che è stata fissata alla scadenza di un termine di tre mesi a decorrere dalla data di notifica di tale decisione, per tutte le imprese destinatarie di detta decisione.

106

Come risulta dal punto 124 della sentenza impugnata, la decisione del 2010, con la quale la Commissione ha deciso che occorreva modificare la decisione del 2009 poiché, da un lato, l’ammenda inflitta all’ACW superava il limite massimo del 10% del fatturato e, dall’altro, l’importo dell’ammenda per la quale l’ACW era considerata responsabile in solido con la GEA e la CPA doveva essere ridotta, è stata annullata dal Tribunale con la sua sentenza del 15 luglio 2015, GEA Group/Commissione (T‑189/10, EU:T:2015:504), nella parte in cui riguardava la GEA. Tale annullamento ha avuto come effetto di ripristinare la versione iniziale dell’articolo 2 della decisione del 2009, come rilevato dal Tribunale al punto 125 della sentenza impugnata.

107

Tuttavia, tale versione è stata nuovamente sostituita da quella risultante dalla decisione controversa. L’articolo 2 di tale decisione ha fissato una nuova data di esigibilità delle ammende, ossia il 10 maggio 2010.

108

Tale data è, da un lato, anteriore alla data di ricezione della notifica della decisione controversa e, dall’altro, successiva alla data di esigibilità delle ammende fissata nella decisione del 2009. Essa corrisponde alla data di esigibilità indicata in una lettera della Commissione del 9 febbraio 2010 che accompagnava la decisione del 2010.

109

In tale contesto, occorre rilevare che la Commissione è investita di un potere che comprende la facoltà di determinare la data di esigibilità dell’ammenda da essa irrogata e quella relativa al decorso degli interessi di mora, di fissare il tasso di tali interessi e di stabilire le modalità di esecuzione della sua decisione esigendo, all’occorrenza, la costituzione di una garanzia bancaria a copertura dell’importo del capitale e degli interessi dell’ammenda inflitta. In mancanza di siffatto potere, il vantaggio che le imprese potrebbero trarre dal pagamento tardivo delle ammende avrebbe l’effetto di attenuare le sanzioni inflitte dalla Commissione nell’esercizio del compito, ad essa attribuito, di vigilare sull’applicazione delle norme in materia di concorrenza dell’Unione.

110

Nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, la modifica apportata all’articolo 2, secondo comma, punti 31 e 32, della decisione del 2009, ad opera, prima, della decisione del 2010, nel frattempo annullata, e, poi, della decisione controversa, ha riguardato unicamente l’ammontare dell’ammenda inflitta all’ACW e la rideterminazione dei rapporti di solidarietà, ma non l’imposizione dell’ammenda in quanto tale, né l’importo complessivo di quest’ultima. Pertanto si deve osservare che, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale al punto 126 della sentenza impugnata, è l’articolo 2 della decisione del 2009 che costituisce il fondamento giuridico dell’obbligo per la GEA, l’ACW e la CPA di pagare l’ammenda e non l’articolo 1 della decisione controversa.

111

Si deve allora constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto considerando, al punto 126 della sentenza impugnata, che la data di esigibilità delle ammende potesse essere determinata solo a decorrere dalla data di ricezione della notifica della decisione controversa.

112

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre accogliere la prima parte del secondo motivo.

113

La sentenza impugnata deve, di conseguenza, essere annullata.

Sul rinvio della causa al Tribunale

114

Conformemente all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

115

A tal riguardo, occorre constatare che, nel caso di specie, la Corte non dispone degli elementi necessari per statuire definitivamente sull’insieme dei motivi dedotti in primo grado.

116

Gli aspetti della controversia sollevati da tali motivi implicano l’esame di questioni di fatto sulla base di elementi che, da un lato, non sono stati valutati dal Tribunale nella sentenza impugnata, avendo quest’ultimo ritenuto, al punto 128 di tale sentenza, che un simile esame fosse superfluo a seguito dell’accoglimento del quarto motivo e della prima parte del quinto motivo dedotti dalla GEA, e, dall’altro, non sono stati discussi dinanzi alla Corte, circostanza da cui risulta che lo stato degli atti non consente, quanto a tale punto, di statuire sulla controversia.

117

Di conseguenza, occorre rinviare la causa dinanzi al Tribunale e riservare le spese.

Sulle spese

118

Poiché la causa è stata rinviata dinanzi al Tribunale, le spese devono essere riservate.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 18 ottobre 2018, GEA Group/Commissione (T‑640/16, EU:T:2018:700), è annullata.

 

2)

La causa T‑640/16 è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

 

3)

Le spese sono riservate.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.