SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

1o ottobre 2020 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea – Articolo 325 TFUE – Procedimento penale riguardante reati in materia di frode alle sovvenzioni finanziate parzialmente mediante il bilancio dell’Unione europea – Diritto nazionale che non consente agli organi dello Stato di ottenere, nell’ambito di un procedimento penale, il recupero delle sovvenzioni a titolo di risarcimento del danno causato dai reati»

Nella causa C-603/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Špecializovaný trestný súd (Corte penale specializzata, Slovacchia), con decisione del 24 luglio 2019, pervenuta in cancelleria il 9 agosto 2019, nel procedimento penale a carico di

TG,

UF,

con l’intervento di:

Úrad špeciálnej prokuratúry Generálnej prokuratúry Slovenskej republiky,

Úrad práce, sociálnych vecí a rodiny Košice,

Úrad práce, sociálnych vecí a rodiny Vranov nad Topľou,

Úrad práce, sociálnych vecí a rodiny Michalovce,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, L. S. Rossi, J. Malenovský, F. Biltgen e N. Wahl, (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per TG e UF, da M. Kráľ, advokát;

per l’Úrad špeciálnej prokuratúry Generálnej prokuratúry Slovenskej republiky, da J. Palkovič, in qualità di agente;

per il governo slovacco, da B. Ricziová e M. Kianička, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Pavliš e J. Vláčil, in qualità di agenti;

per il governo rumeno, da E. Gane, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz, A. Bouchagiar e A. Tokár, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 325 TFUE, degli articoli 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dell’articolo 38, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU 1999, L 161, pag. 1), letto in combinato disposto con il regolamento (CE) n. 1681/94 della Commissione, dell’11 luglio 1994, relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell’ambito del finanziamento delle politiche strutturali nonché all’organizzazione di un sistema d’informazione in questo settore (GU 1994, L 178, pag. 43), della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU 2012, L 315, pag. 57), dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio del 7 maggio 1998 sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali (GU 1998, L 142, pag. 1), letto in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti d’importanza minore («de minimis») (GU 2001, L 10, pag. 30), nonché della convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995 (GU 1995, C 316, pag. 49, in prosieguo: la «convenzione TIF»), e della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU 2017, L 198, pag. 29).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico di TG e di UF (in prosieguo: gli «imputati») per fatti che possono costituire una frode alle sovvenzioni finanziate parzialmente mediante il bilancio dell’Unione europea.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 1, lettera h), del regolamento n. 1260/1999:

«Fatta salva la responsabilità della Commissione per l’esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee, gli Stati membri assumono la responsabilità primaria del controllo finanziario degli interventi. A tal fine, essi adottano, in particolare, le misure seguenti:

(...)

h)

recuperano i fondi perduti in seguito a irregolarità accertate, applicando se del caso interessi di mora».

4

L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2012/29 prevede quanto segue:

«Scopo della presente direttiva è garantire che le vittime di reato ricevano informazione, assistenza e protezione adeguate e possano partecipare ai procedimenti penali.

(...)».

5

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“vittima”:

i)

una persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono stati causati direttamente da un reato;

ii)

un familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona».

6

L’articolo 2 del regolamento n. 994/98, rubricato «De minimis», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«La Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all’articolo 8 del presente regolamento, decidere che, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato comune, alcuni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all’articolo 92, paragrafo 1 del trattato e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica di cui all’articolo 93, paragrafo 3 del trattato, a condizione che gli aiuti concessi ad una stessa impresa in un determinato arco di tempo non superino un importo prestabilito».

7

L’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 69/2001 così disponeva:

«L’importo complessivo degli aiuti de minimis accordati ad una medesima impresa non può superare 100000 EUR su un periodo di tre anni. Tale massimale si applica indipendentemente dalla forma degli aiuti o dall’obiettivo perseguito».

Diritto slovacco

8

Lo zákon č. 301/2005 Z. z., Trestný poriadok, (legge n. 301/2005, recante il codice di procedura penale, nella sua versione applicabile alla controversia principale (in prosieguo: il «codice di procedura penale»), al suo articolo 46, così dispone:

«(1)   Il danneggiato è la persona che ha subito, a causa del reato, danni biologici o materiali, morali o di altro tipo, o cui altri diritti o libertà tutelati dalla legge sono stati minacciati o lesi. Il danneggiato ha il diritto, nei casi previsti dalla presente legge, di esprimere il proprio consenso nei confronti dell’avvio dell’azione penale, di chiedere il risarcimento del danno, di chiedere provvedimenti istruttori, inclusi complementari, di presentare prove, di consultare e di esaminare il fascicolo, di assistere all’udienza principale e alle udienze pubbliche dei procedimenti di appello e di ammissione di colpevolezza negoziata, di reagire all’assunzione delle prove, di presentare conclusioni e di proporre un ricorso secondo le possibilità offerte dalla presente legge. Il danneggiato ha diritto, in qualsiasi momento del procedimento penale, di ottenere informazioni sullo stato di avanzamento del medesimo. Tali informazioni sono fornite dall’autorità che agisce nell’ambito del procedimento penale o dal giudice adito; le coordinate necessarie a tal fine sono comunicate al danneggiato. Le informazioni sullo stato di avanzamento del procedimento penale non sono comunicate se ciò rischia di compromettere lo scopo del procedimento stesso.

(...)

(3)   Il danneggiato, che, in base alla legge, ha diritto al risarcimento, nei confronti dell’indagato, del danno che gli è stato causato dal reato, può anche proporre al giudice di imporre all’indagato l’obbligo di risarcire detto danno nella sentenza di condanna; il danneggiato deve proporre la domanda al più tardi entro la conclusione delle indagini o delle indagini sommarie. Dalla domanda devono emergere chiaramente i motivi, e l’importo del risarcimento richiesto.

(...)».

9

L’articolo 287, paragrafo 1, di tale codice così dispone:

«Qualora il tribunale condanni l’imputato per un reato che ha causato ad altri un danno indicato all’articolo 46, paragrafo 1, esso lo obbliga di norma, nella sua sentenza, a risarcire il danneggiato qualora quest’ultimo abbia debitamente esercitato il proprio diritto entro i termini. Il tribunale impone sempre all’imputato l’obbligo di risarcire il danno non riparato, in tutto o in parte, se il suo importo è indicato nell’esposizione dei fatti contenuta nel dispositivo della sentenza che ha dichiarato l’imputato colpevole, o se il risarcimento copre un danno morale derivante da un reato violento doloso secondo una legge speciale, qualora il danno non sia stato ancora risarcito».

10

L’articolo 288, paragrafo 1, di detto codice è così formulato:

«Se l’assunzione delle prove non giustifica la pronuncia di un obbligo di risarcimento del danno o se, per decidere in merito all’obbligo di risarcimento del danno, si doveva procedere a un’assunzione delle prove che vada oltre le esigenze del procedimento penale e lo estenda, il tribunale rinvia il danneggiato in sede civile o, se del caso, dinanzi a un’altra autorità competente.

(...)».

11

Lo zákon č. 300/2005 Z. z., Trestný zákon (legge n. 300/2005, recante il codice penale), nella versione applicabile alla controversia principale, al suo articolo 261, intitolato «Lesione agli interessi finanziari delle Comunità europee», così dispone:

«(1)   Chiunque utilizzi o presenti un documento falsificato, inesatto o incompleto o non comunichi dati obbligatori, o utilizzi fondi del bilancio generale delle Comunità europee, di un bilancio gestito dalle Comunità europee o a nome delle Comunità europee per uno scopo diverso da quelli inizialmente stabiliti, e consenta così di realizzare una malversazione o la detenzione illegale di fondi di tale bilancio, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

(2)   L’autore del reato è punito con la reclusione da uno a cinque anni se commette il reato di cui al paragrafo 1

a)

e in tal modo cagiona un danno rilevante,

b)

per un motivo specifico, o

c)

compiendo atti particolarmente gravi.

(3)   L’autore del reato è punito con la reclusione da tre a otto anni se commette il reato di cui al paragrafo 1, cagionando in tal modo un danno considerevole.

(4)   L’autore del reato è punito con la reclusione da sette a dodici anni se commette il reato di cui al paragrafo 1

a)

e in tal modo cagiona un danno di grande portata, o

b)

in quanto membro di un gruppo pericoloso».

12

Ai sensi dell’articolo 31 dello zákon č. 523/2004 Z. z. o rozpočtových pravidlách verejnej správy (legge n. 523/2004 sulle regole di bilancio della pubblica amministrazione), la persona fisica o giuridica che abbia violato la disciplina finanziaria è obbligata a restituire i fondi al bilancio dal quale sono stati prelevati o versati, tenuto conto dell’entità della violazione della disciplina finanziaria; essa è anche tenuta a pagare una penalità.

13

L’articolo 420, paragrafo 1, dello zákon č. 40/1964 Zb., Občiansky zákonník v relevantnom znení (legge n. 40/1964, recante il codice civile), prevede quanto segue:

«Ciascuno è responsabile del danno che ha causato violando i suoi obblighi di legge».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14

La controversia principale verte su un procedimento penale a carico degli imputati, due persone fisiche, per fatti che possono costituire frode alle sovvenzioni finanziate parzialmente mediante il bilancio dell’Unione. Il reato oggetto del procedimento principale sarebbe stato commesso nell’ambito di due gare d’appalto indette, rispettivamente nel corso del 2005 e del 2006, dall’Ústredie práce sociálnych vecí a rodiny (direzione centrale del lavoro, degli affari sociali e della famiglia, Slovacchia) per la presentazione di domande di sovvenzioni dirette a sostenere la creazione di posti di lavoro nelle microimprese e la creazione di posti di lavoro per i disabili in laboratori e in luoghi di lavoro protetti. La prima gara d’appalto dava diritto a una sovvenzione a titolo di contributo unico, mentre la seconda dava diritto a una sovvenzione sotto forma di rimborso di spese giustificate. Quest’ultima sovvenzione era finanziata al 75 % dal Fondo sociale europeo.

15

Tra maggio 2005 e marzo 2006, gli imputati hanno costituito 19 società commerciali, nelle quali hanno svolto il ruolo di soci e di amministratori. Nove di tali società non hanno ottenuto alcuna sovvenzione. Le altre dieci, per contro, avrebbero dovuto ottenere sovvenzioni per un importo totale di EUR 750613,79, di cui EUR 654588,34 sono stati effettivamente versati, ivi compresi EUR 279272,18 a titolo del bilancio dell’Unione.

16

Al termine del versamento delle sovvenzioni di cui trattasi, gli imputati hanno ceduto le loro quote nelle società interessate ad un terzo, poi dette società hanno cessato ogni attività. Alla data di avvio del procedimento penale a loro carico, i beni sociali non si sarebbero più trovati nei locali delle medesime società, che sarebbero state cancellate d’ufficio dal registro delle imprese.

17

Durante il periodo di versamento delle sovvenzioni di cui trattasi, le società commerciali interessate avrebbero impiegato in totale 107 disabili, nei confronti dei quali esse hanno debitamente adempiuto i loro obblighi in materia di retribuzione e di contributi previdenziali. Tuttavia, il lavoro di tali dipendenti non avrebbe contribuito agli obiettivi presentati nelle domande di sovvenzione. Secondo una perizia, si trattava di un lavoro fittizio.

18

Gli imputati avrebbero gestito le società interessate in modo centralizzato da una di esse con sede a Košice (Slovacchia), allo stesso indirizzo del domicilio permanente degli imputati. In ciascuna di tali società gli imputati avevano designato nella posizione di dirigente uno dei dipendenti.

19

Il giudice del rinvio rileva che oggetto dell’imputazione sono solo le società che hanno effettivamente ricevuto e incassato il contributo, ossia in totale dieci società.

20

I procedimenti penali sono stati avviati nei confronti degli imputati in qualità di soci e di amministratori di tali società sulla base dell’accusa formulata dall’Úrad špeciálnej prokuratúry Generálnej prokuratúry Slovenskej republiky (Ufficio del procuratore speciale della procura generale della Repubblica slovacca; in prosieguo: l’«Ufficio del procuratore speciale»). Le úrady práce, sociálnych vecí a rodiny (agenzie della direzione del lavoro, degli affari sociali e della famiglia), che si sono costituite parti danneggiate nel procedimento principale, hanno chiesto un risarcimento danni agli imputati durante le indagini, nella misura della sovvenzione effettivamente versata.

21

Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, che, alla luce della giurisprudenza del Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca), l’articolo 46 del codice di procedura penale non gli consenta, nell’ambito di un procedimento penale, di conoscere del diritto al risarcimento degli organi dello Stato. Il 29 novembre 2017 la sezione penale del Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) avrebbe infatti emesso un parere nel quale ha affermato che: «[i] crediti dello Stato in applicazione delle norme relative ai diversi tipi di imposte inizialmente oggetto di una decisione dell’autorità amministrativa competente conforme alle procedure di cui al codice tributario (...), ivi compresi quelli derivanti da un’istanza indebita di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto o delle accise versate dal soggetto passivo, hanno natura amministrativa, e le decisioni in materia sono soggette al controllo del giudice amministrativo[;] tali diritti non consentono di esigere il risarcimento del danno nell’ambito di un procedimento penale ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 3, del codice di procedura penale (...). Non vi è pertanto alcuna sovrapposizione possibile, vale a dire alcun conflitto di competenze tra le diverse istituzioni (amministrative e giurisdizionali), né una doppia decisione su uno stesso diritto». Il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) ha altresì precisato che tali considerazioni giuridiche si applicano mutatis mutandis, «a ogni altro credito che, tenuto conto del suo fondamento materiale (vale a dire della disposizione giuridica applicabile in materia), non costituisca un diritto al risarcimento del danno o del cosiddetto danno morale».

22

Il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) ha poi applicato tale giurisprudenza in procedimenti penali relativi a reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione e di frode alle sovvenzioni. Il giudice del rinvio suppone, quindi, che l’applicherà anche in caso di impugnazione avverso la sua sentenza nel procedimento principale.

23

Il giudice del rinvio rileva che l’applicazione di tale giurisprudenza nel procedimento principale potrebbe avere l’effetto di impedire allo Stato di agire per il risarcimento dei danni causati dalle frodi. Un procedimento amministrativo menzionato nella giurisprudenza del Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) potrebbe infatti essere diretto solo nei confronti del beneficiario della sovvenzione di cui trattasi. Orbene, nel procedimento principale si tratterebbe di società commerciali che non detengono più alcun attivo e che sono state persino cancellate dal registro delle imprese. Un siffatto procedimento non potrebbe quindi consentire di recuperare le sovvenzioni indebitamente versate. Per contro, l’esercizio di un’azione di risarcimento nell’ambito di un procedimento penale promosso nei confronti di persone fisiche, nella fattispecie i soci e gli amministratori di tali società commerciali, potrebbe sfociare nella riparazione che lo Stato intende ottenere.

24

Oltre a tale interrogativo, il giudice del rinvio si chiede se occorra valutare gli aiuti de minimis concessi sotto forma di contributi individualmente, per ciascuna società, o globalmente, a motivo della loro gestione centralizzata. Infine, esso si chiede se, nel caso di specie, si debba considerare come danno l’intero importo della sovvenzione indebitamente percepita, o se occorra dedurne le spese che, certamente, sono state sostenute in piena legittimità, ma unicamente al fine di dissimulare la frode, ritardarne la scoperta e ottenere così l’intero importo concesso.

25

È in tali circostanze che lo Špecializovaný trestný súd (Corte penale specializzata, Slovacchia), ritenendo necessaria un’interpretazione del diritto dell’Unione nel procedimento principale, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la direttiva 2012/29 (...) sia applicabile, in materia di diritti (principalmente il diritto di partecipare attivamente al procedimento penale e il diritto al risarcimento dei danni nel procedimento penale), che per loro natura non spettano solo alla persona fisica quale essere senziente, [ma] anche alle persone giuridiche e allo Stato, ovvero alle autorità statali, qualora le disposizioni di diritto nazionale riconoscano loro la posizione di persona danneggiata nel procedimento penale.

2)

Se siano conformi agli articoli 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali (...), all’articolo 325 [TFUE] e all’articolo 38, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (...) n. 1260/99 (...), in combinato disposto con il regolamento (...) n. 1681/94 (...), una normativa e una prassi decisionale tali per cui lo Stato non può agire in un procedimento penale per il risarcimento del danno arrecatogli da una condotta fraudolenta dell’imputato, che ha come conseguenza una malversazione a danno del bilancio dell’Unione (...), né può, ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 3, del codice di procedura penale, impugnare l’ordinanza con la quale il giudice decida di non ammetterlo, ovvero di non ammettere l’amministrazione che lo rappresenta, all’udienza principale a chiedere in quanto danneggiato il risarcimento del danno, e nemmeno dispone di un altro tipo di procedimento nel quale possa esercitare nei confronti dell’imputato il proprio diritto, con la conseguenza che non è neppure possibile garantire il suo diritto al risarcimento del danno contro patrimonio e diritti patrimoniali nei confronti dell’imputato ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura penale, diventando così tale diritto de facto inesigibile.

3)

Se la nozione di “una stessa impresa” di cui all’articolo 2 del regolamento (...) n. 994/98 (...), in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (...) n. 69/2001 (...), debba essere interpretata solo formalmente, nel senso che è necessario e sufficiente stabilire se le società interessate abbiano personalità giuridica autonoma in base al diritto nazionale, così che sia possibile concedere a ciascuna di tali società un aiuto di Stato di importo fino a EUR 100000, o se il criterio decisivo sia la modalità fattuale di funzionamento e conduzione di tali società, detenute dalle medesime persone, come un sistema di filiali gestite da una capogruppo, anche quando siano dotate ciascuna di propria personalità giuridica in base al diritto nazionale, così che debbano essere considerate formare “una stessa impresa” e, in quanto unico insieme, possano ricevere solo una volta un aiuto di Stato fino a EUR 100000.

4)

Se, ai fini della [Convenzione TIF o della direttiva 2017/1371], il termine “danno” [da risarcire] indichi solo quella parte dei fondi, indebitamente ottenuti, direttamente correlata alla condotta fraudolenta o indichi anche i costi effettivamente sostenuti e fedelmente documentati e l’impiego del contributo, qualora dalle prove emerga che la loro spesa è stata necessaria per dissimulare la condotta fraudolenta, ritardare la scoperta della condotta fraudolenta e conseguire l’intero importo dell’aiuto di Stato concesso».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità delle questioni terza e quarta

26

Occorre ricordare, in via preliminare, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il procedimento ex articolo 267 TFUE è uno strumento di cooperazione fra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (v., in particolare, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

27

Nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita all’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, che è investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle specifiche circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire [sentenza del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone), C-268/17, EU:C:2018:602, punto 24 e giurisprudenza ivi citata].

28

Da ciò consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile soltanto se appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone), C-268/17, EU:C:2018:602, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

29

Così, dal momento che la decisione di rinvio costituisce il fondamento del procedimento seguito dinanzi alla Corte, è indispensabile che il giudice nazionale chiarisca, in tale decisione, l’ambito di fatto e di diritto in cui si inserisce la controversia principale e fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione nonché sul nesso a suo avviso intercorrente tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 26 gennaio 1993, Telemarsicabruzzo e a., da C-320/90 a C-322/90, EU:C:1993:26, punto 6, nonché del 9 marzo 2017, Milkova, C-406/15, EU:C:2017:198, punto 73).

30

Tali requisiti cumulativi relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale figurano espressamente all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, i quali sono stati ripresi, in particolare, nelle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2018, C 257, pag. 1). Il punto 15, terzo trattino, di queste ultime indica che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere «l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale».

31

È alla luce di tali principi che la Corte deve esaminare la ricevibilità della terza e della quarta questione.

Sulla terza questione

32

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, come interpretare la nozione di «stessa impresa», di cui all’articolo 2 del regolamento n. 994/98, letto in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 69/2001, al fine di valutare l’esistenza di un’eventuale elusione del diritto applicabile agli aiuti di Stato nel procedimento principale.

33

Il governo slovacco ritiene che la terza questione sia irricevibile in quanto manifestamente priva di ogni relazione con l’oggetto della controversia principale. L’Ufficio del procuratore speciale sostiene, dal canto suo, che tale questione è irricevibile in quanto ipotetica e infondata.

34

Nel caso di specie, il procedimento principale mira a statuire sull’eventuale responsabilità penale di persone imputate per determinati reati ed, eventualmente, sull’obbligo di tali persone di risarcire il danno causato allo Stato nel caso in cui la loro responsabilità dovesse essere riconosciuta.

35

Tuttavia, la decisione di rinvio non specifica i motivi per i quali il giudice del rinvio ritiene che un’interpretazione della nozione di «stessa impresa», di cui all’articolo 2 del regolamento n. 994/98, letto in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 69/2001, sia necessaria ai fini della soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente.

36

Di conseguenza, la terza questione è irricevibile.

Sulla quarta questione

37

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di «danno», ai sensi della convenzione TIF e della direttiva 2017/1371, debba includere costi effettivamente sostenuti e debitamente giustificati, nonché l’utilizzo del contributo finanziario, qualora sia dimostrato che essi erano necessari per dissimulare il comportamento fraudolento, ritardare la scoperta della frode e ottenere l’intero aiuto di Stato di cui trattasi.

38

Il governo slovacco sostiene che tale questione è irricevibile, dato che la decisione di rinvio non contiene gli elementi di fatto e di diritto che consentono alla Corte di fornire una risposta utile alla stessa.

39

Senza sollevare espressamente eccezioni di irricevibilità, sia l’ufficio del procuratore speciale sia la Commissione sottolineano che la decisione di rinvio non considera alcuna disposizione specifica della convenzione TIF o della direttiva 2017/1371.

40

A tale riguardo, occorre rilevare che la decisione di rinvio non precisa quali siano le disposizioni nazionali applicabili alla controversia principale, né fornisce indicazioni sui motivi della scelta delle norme del diritto dell’Unione di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione o sul motivo per il quale una risposta alla quarta questione potrebbe essere tale da incidere sulla soluzione di tale controversia.

41

Così, chiedendo, in sostanza, alla Corte di definire la nozione di «danno» alla luce della Convenzione TIF, che non menziona tale termine, o alla luce della direttiva 2017/1371, che non si applica alla controversia principale, poiché successiva ai fatti di cui trattasi, senza tuttavia riferirsi a qualsivoglia disposizione nazionale, né fornire indicazioni riguardo al modo in cui intende utilizzare tale risposta, il giudice del rinvio non ha comunicato alla Corte gli elementi di fatto e di diritto necessari che le consentono di rispondere in modo utile alle questioni sottoposte.

42

Di conseguenza, la quarta questione è irricevibile.

Nel merito

Sulla prima questione

43

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/29 debba essere interpretato nel senso che tale direttiva si applica anche alle persone giuridiche e allo Stato, nei limiti in cui il diritto nazionale conferisce loro la qualità di «danneggiato», nell’ambito del procedimento penale.

44

A tale riguardo, occorre rilevare che, conformemente al suo articolo 1, paragrafo 1, la direttiva 2012/29 ha lo scopo di fornire talune garanzie alle vittime di reato. L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva definisce come «vittima», ai sensi di detto articolo 1, una persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono stati causati direttamente da un reato, nonché un familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona.

45

Una siffatta formulazione palesemente non consente di includere le persone giuridiche nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

46

Occorre, pertanto, rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/29 deve essere interpretato nel senso che tale direttiva non si applica alle persone giuridiche, né allo Stato, anche qualora il diritto nazionale conferisca loro la qualità di danneggiato nell’ambito del procedimento penale.

Sulla seconda questione

47

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 325 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni di diritto nazionale, come interpretate nella giurisprudenza nazionale, in forza delle quali, nell’ambito di un procedimento penale, lo Stato non può agire per il risarcimento del danno causatogli da un comportamento fraudolento dell’imputato avente come effetto una malversazione a danno del bilancio dell’Unione, e non dispone, nell’ambito di tale procedimento, di alcuna altra azione che gli consenta di far valere un diritto nei confronti dell’imputato.

48

In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE obbliga gli Stati membri a lottare contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione con misure dissuasive ed efficaci e, in particolare, per combattere la frode lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, li obbliga ad adottare le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro interessi (sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C-617/10, EU:C:2013:105, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

49

A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che gli Stati membri dispongono di una libertà di scelta quanto alle sanzioni applicabili, che possono assumere la forma di sanzioni amministrative, di sanzioni penali o di una combinazione di entrambe, pur precisando che, per i casi di frode grave, possono tuttavia essere indispensabili sanzioni penali (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a., C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 39).

50

Gli Stati membri hanno quindi a loro carico un obbligo di risultato preciso e non subordinato ad alcuna condizione quanto all’applicazione della norma enunciata dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE. Tali disposizioni hanno pertanto l’effetto, in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri, di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale esistente (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a., C-105/14, EU:C:2015:555, punti 5152).

51

Nel caso di specie, il giudice del rinvio si interroga, più precisamente, sulla compatibilità con gli obblighi derivanti dall’articolo 325 TFUE di norme di procedura penale nazionali come interpretate nella giurisprudenza nazionale che non consentono, in un caso come quello di cui al procedimento principale, di riconoscere allo Stato un diritto al risarcimento in quanto danneggiato nell’ambito del procedimento penale.

52

Il giudice del rinvio indica tuttavia che lo Stato potrebbe recuperare i fondi indebitamente versati avviando un procedimento amministrativo per violazione della disciplina finanziaria, ai sensi dell’articolo 31 della legge n. 523/2004 sulle norme di bilancio della pubblica amministrazione. Esso spiega che, conformemente a tale disposizione, la concessione o l’uso di fondi pubblici a fini diversi da quelli fissati per tali fondi costituisce una violazione della disciplina finanziaria. Tuttavia, sempre secondo il giudice del rinvio, il procedimento amministrativo consente di esigere il rimborso del contributo finanziario indebitamente versato soltanto nei confronti del beneficiario formale della sovvenzione, vale a dire, nel caso di specie, di persone giuridiche.

53

Nelle sue osservazioni scritte, il governo slovacco fa valere che, in forza del diritto nazionale, lo Stato dispone inoltre della possibilità di proporre un’azione civile che gli consenta non solo di far valere la responsabilità civile della persona giuridica destinataria dei contributi indebitamente percepiti, ma anche di ottenere, in seguito a una condanna penale, il risarcimento dei danni subiti presso la persona fisica così condannata.

54

In tale contesto, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, al fine di combattere contro le attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, gli Stati membri devono adottare misure dissuasive, efficaci ed equivalenti a quelle adottate a livello nazionale per combattere la frode lesiva degli interessi dello Stato membro interessato.

55

Come sottolineato dalla Commissione, gli Stati membri sono tenuti, in particolare, ad adottare misure efficaci che consentano di recuperare le somme indebitamente versate al beneficiario di una sovvenzione parzialmente finanziata dal bilancio dell’Unione. Per contro, l’articolo 325 TFUE non impone agli Stati membri alcun obbligo, diverso da quello relativo all’efficacia delle misure, riguardo al procedimento che deve consentire di giungere a un siffatto risultato, di modo che essi dispongono di un certo margine di discrezionalità al riguardo, fatto salvo il rispetto del principio di equivalenza.

56

A tale riguardo, occorre anzitutto rilevare che la coesistenza di mezzi di ricorso distinti, che perseguono obiettivi diversi e specifici, rispettivamente, del diritto amministrativo, del diritto civile o del diritto penale, non può, di per sé, pregiudicare l’efficacia della lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, purché la normativa nazionale, nel suo insieme, consenta il recupero dei contributi del bilancio dell’Unione indebitamente versati.

57

Nel caso di specie, il giudice del rinvio si interroga, più in particolare, sul rispetto dell’obbligo di efficacia posto all’articolo 325 TFUE, nel caso in cui non venga riconosciuto allo Stato un diritto al risarcimento, in quanto danneggiato, nell’ambito del procedimento penale, e il procedimento amministrativo consenta di recuperare un contributo finanziario indebitamente versato soltanto presso la persona giuridica beneficiaria di tale contributo.

58

A tale riguardo, occorre, da un lato, rilevare che, come risulta dal punto 56 della presente sentenza, il mancato riconoscimento, in capo allo Stato, di un diritto al risarcimento in quanto danneggiato nell’ambito del procedimento penale non può, di per sé, essere contrario agli obblighi derivanti dall’articolo 325 TFUE.

59

Sebbene, infatti, le sanzioni penali possano essere indispensabili per consentire agli Stati di combattere in modo efficace e dissuasivo determinate ipotesi di frode grave (sentenze dell’8 settembre 2015, Taricco e a., C-105/14, EU:C:2015:555, punto 39, nonché del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B., C-42/17, EU:C:2017:936, punto 34), siffatte sanzioni sono richieste al fine di garantire il carattere dissuasivo del diritto nazionale e non hanno ad oggetto di consentire la ripetizione dell’indebito.

60

Dall’altro lato, dal punto 56 della presente sentenza risulta che l’esistenza nell’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato di un mezzo efficace per risarcire le lesioni agli interessi finanziari dell’Unione, sia esso nell’ambito di un procedimento penale, amministrativo o civile, è sufficiente a soddisfare l’obbligo di efficacia posto dall’articolo 325 TFUE purché esso consenta il recupero dei contributi indebitamente percepiti e sanzioni penali consentano di contrastare i casi di frode grave.

61

Ciò avviene, nel caso di specie, qualora – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – lo Stato, secondo il diritto nazionale applicabile, abbia la possibilità di avviare, da un lato, un procedimento amministrativo che gli consenta di ottenere il recupero dei contributi indebitamente versati alla persona giuridica destinataria di questi ultimi e, dall’altro, un procedimento civile diretto non solo a far sorgere la responsabilità civile della persona giuridica destinataria dei contributi indebitamente percepiti, ma anche ad ottenere, in seguito a una condanna penale, il risarcimento dei danni subiti nei confronti della persona fisica condannata.

62

Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 325 deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni di diritto nazionale, come interpretate nella giurisprudenza nazionale, in forza delle quali, nell’ambito di un procedimento penale, lo Stato non può agire per il risarcimento del danno causatogli da un comportamento fraudolento dell’imputato avente come effetto una malversazione a danno del bilancio dell’Unione europea, e non dispone, nell’ambito di tale procedimento, di nessun’altra azione che gli consenta di far valere un diritto nei confronti dell’imputato, purché, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, la normativa nazionale preveda procedimenti efficaci che consentano il recupero dei contributi del bilancio dell’Unione europea indebitamente percepiti.

Sulle spese

63

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, deve essere interpretato nel senso che tale direttiva non si applica alle persone giuridiche, né allo Stato, anche qualora il diritto nazionale conferisca loro la qualità di danneggiato nell’ambito del procedimento penale.

 

2)

L’articolo 325 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni di diritto nazionale, come interpretate nella giurisprudenza nazionale, in forza delle quali, nell’ambito di un procedimento penale, lo Stato non può agire per il risarcimento del danno causatogli da un comportamento fraudolento dell’imputato avente come effetto una malversazione a danno del bilancio dell’Unione europea, e non dispone, nell’ambito di tale procedimento, di nessun’altra azione che gli consenta di far valere un diritto nei confronti dell’imputato, purché, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, la normativa nazionale preveda procedimenti efficaci che consentano il recupero dei contributi del bilancio dell’Unione europea indebitamente percepiti.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo slovacco.