SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

4 febbraio 2020 ( *1 )

«Impugnazione – Ricorso di annullamento – Articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea – Rappresentanza delle parti nei ricorsi diretti dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione – Avvocato avente la qualità di terzo rispetto al ricorrente – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»

Nelle cause riunite C‑515/17 P e C‑561/17 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 16 agosto 2017 (C‑515/17 P) e il 22 settembre 2017 (C‑561/17 P),

Uniwersytet Wrocławski, con sede a Breslavia (Polonia), rappresentata da A. Krawczyk‑Giehsmann e K. Szarek, adwokaci, nonché da K. Słomka, radca prawny,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil e M. Kasalická, in qualità di agenti,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui l’altra parte è:

Agenzia esecutiva per la ricerca (REA), rappresentata da S. Payan‑Lagrou e V. Canetti, in qualità di agenti, assistite da M. Le Berre, avocat, e da G. Materna, radca prawny,

convenuta in primo grado (C‑515/17 P),

e

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, D. Lutostańska e A. Siwek‑Slusarek, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil e A. Kasalická, in qualità di agenti,

Krajowa Izba Radców Prawnych, con sede a Varsavia (Polonia), rappresentata da P.K. Rosiak e S. Patyra, radcowie prawni,

intervenienti in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Uniwersytet Wrocławski, con sede a Breslavia, rappresentata da A. Krawczyk‑Giehsmann e K. Szarek, adwokaci, nonché da K. Słomka, radca prawny,

ricorrente in primo grado,

Agenzia esecutiva per la ricerca (REA), rappresentata da S. Payan‑Lagrou e V. Canetti, in qualità di agenti, assistite da M. Le Berre, avocat, e da G. Materna, radca prawny,

convenuta in primo grado (C‑561/17 P),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, A. Prechal, P.G. Xuereb e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, E. Juhász, J. Malenovský, L. Bay Larsen, F. Biltgen (relatore), N. Piçarra e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 giugno 2019,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 settembre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con le loro impugnazioni, l’Uniwersytet Wrocławski (università di Breslavia, Polonia) e la Repubblica di Polonia chiedono l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 13 giugno 2017, Uniwersytet Wrocławski/REA (T‑137/16, non pubblicata; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata», EU:T:2017:407), con la quale quest’ultimo ha respinto in quanto manifestamente irricevibile il ricorso dell’università di Breslavia diretto, da un lato, all’annullamento delle decisioni dell’Agenzia esecutiva per la ricerca (REA), su delega della Commissione europea, che hanno disposto la risoluzione della convenzione di sovvenzione Cossar (n. 252908) e l’obbligo di tale università di rimborsare le somme di EUR 36508,37, di EUR 58031,38 e di EUR 6286,68 nonché di pagare un risarcimento danni per un importo di EUR 5803,14 e, dall’altro, alla restituzione da parte della REA delle corrispondenti somme unitamente agli interessi calcolati dal giorno del pagamento fino al giorno della restituzione.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

2

Ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto:

«Tanto gli Stati membri quanto le istituzioni dell’Unione sono rappresentati davanti alla Corte di giustizia da un agente nominato per ciascuna causa; l’agente può essere assistito da un consulente o da un avvocato.

Allo stesso modo sono rappresentati gli Stati parti contraenti dell’accordo sullo Spazio economico europeo diversi dagli Stati membri e l’Autorità di vigilanza AELS (EFTA) prevista da detto accordo.

Le altre parti devono essere rappresentate da un avvocato.

Solo un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo può rappresentare o assistere una parte dinanzi alla Corte».

3

L’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale prevede quanto segue:

«Le parti sono rappresentate da un agente o da un avvocato nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 19 dello statuto».

Diritto polacco

4

Il diritto polacco riconosce, accanto alla professione di avvocato, quella di consulente giuridico (radca prawny). I consulenti giuridici possono richiedere l’iscrizione al foro ed essere autorizzati a rappresentare i propri clienti dinanzi agli organi giurisdizionali polacchi.

Fatti

5

I fatti possono essere sintetizzati come segue.

6

Nell’ambito di un programma per azioni di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione, la REA ha stipulato con l’università di Breslavia una convenzione di sovvenzione che stabiliva, in particolare, che il ricercatore impiegato a tempo pieno nell’ambito dell’attività sovvenzionata non era autorizzato a percepire altri redditi oltre a quelli relativi al suo lavoro di ricerca.

7

È emerso tuttavia che il ricercatore di cui trattasi percepiva anche retribuzioni per altre attività, di modo che la REA ha posto fine alla convenzione di sovvenzione, ha inviato una nota di addebito dell’importo di EUR 36508,37 all’università di Breslavia e ha informato quest’ultima che avrebbe proceduto al prelievo di una somma di EUR 6286,68 direttamente sul fondo di garanzia come previsto dalla convenzione di sovvenzione. L’università di Breslavia ha pagato la somma corrispondente alla nota di addebito.

8

A seguito di un’indagine condotta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), la REA ha inviato all’università di Breslavia due note di addebito supplementari, rispettivamente di EUR 58031,38, pari al saldo della sovvenzione da recuperare, e di EUR 5803,14, a titolo di risarcimento danni in esecuzione della clausola penale prevista dalla convenzione di sovvenzione. L’università di Breslavia ha pagato anche le somme corrispondenti a queste due note di addebito.

Procedimento dinanzi al Tribunale e ordinanza impugnata

9

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 marzo 2016, l’università di Breslavia ha proposto un ricorso con cui chiedeva, da un lato, l’annullamento delle decisioni della REA che risolvevano la convenzione di sovvenzione e la obbligavano a rimborsare una parte delle sovvenzioni di cui trattasi nonché a pagare il risarcimento dei danni, e, dall’altro, la restituzione delle somme corrispondenti, maggiorate degli interessi calcolati dal giorno del loro pagamento da parte di tale università fino a quello della loro restituzione da parte della REA.

10

Nel suo controricorso, la REA ha sollevato un’eccezione di irricevibilità di tale ricorso, vertente in particolare sul fatto che il consulente giuridico che rappresentava l’università di Breslavia era un dipendente di un centro di ricerca della facoltà di giurisprudenza e di gestione di tale università, e che non soddisfaceva pertanto il requisito di indipendenza posto dallo Statuto.

11

L’università di Breslavia ha fatto valere che, sebbene il consulente giuridico che la rappresentava dinanzi al Tribunale fosse stato, in passato, legato ad essa da un contratto di lavoro, questi non lo era più al momento della proposizione del ricorso in primo grado. Infatti, dal 3 ottobre 2015, tale consulente giuridico sarebbe legato ad essa da un contratto di diritto civile vertente su incarichi di docenza. Tale contratto sarebbe caratterizzato dall’assenza di vincolo di subordinazione e non potrebbe, pertanto, essere assimilato a un contratto di lavoro.

12

Al punto 14 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che l’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53 di detto Statuto, prevede che le parti cosiddette «non privilegiate» debbano essere rappresentate da un avvocato e che solo un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro può rappresentare o assistere tali parti dinanzi alla Corte.

13

Ai punti 16 e 17 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha rilevato, per quanto riguarda le due predette condizioni cumulative, che, contrariamente all’abilitazione al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro, la nozione di avvocato non contiene alcun espresso richiamo al diritto nazionale degli Stati membri per la determinazione del suo significato e della sua portata. Esso ha precisato che, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte, tale nozione deve essere interpretata, per quanto possibile, in modo autonomo, tenendo conto del contesto della disposizione nonché dello scopo perseguito, senza fare riferimento al diritto nazionale.

14

Così, il Tribunale ha dichiarato, al punto 18 dell’ordinanza impugnata, riferendosi alla concezione del ruolo dell’avvocato nell’ordinamento giuridico dell’Unione, che proviene dalle tradizioni giuridiche comuni agli Stati membri e sulla quale si fonda l’articolo 19 dello Statuto, e, in particolare, alle sentenze del 18 maggio 1982, AM & S Europe/Commissione (155/79, EU:C:1982:157, punto 24), del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a. (C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 42), e del 6 settembre 2012, Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej/Commissione (C‑422/11 P e C‑423/11 P, EU:C:2012:553, punto 23), che il ruolo dell’avvocato è quello di un collaboratore della giustizia chiamato a fornire, in piena indipendenza e nell’interesse superiore di quest’ultima, l’assistenza giuridica di cui il cliente ha bisogno.

15

Esso ne ha dedotto, al punto 19 dell’ordinanza impugnata, che il requisito dell’indipendenza dell’avvocato implica l’assenza di qualsiasi rapporto d’impiego tra quest’ultimo e il suo cliente, ove la nozione di indipendenza si definisce non soltanto in positivo, vale a dire con riferimento alla disciplina professionale, ma anche in negativo, vale a dire come assenza di un rapporto d’impiego.

16

Al punto 20 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che tali considerazioni si applicassero nella specie, vale a dire in una situazione in cui un consulente giuridico è legato da un contratto di servizio alla parte che deve rappresentare, nei limiti in cui, anche qualora, sul piano formale, si dovesse ritenere che un contratto del genere non si traduca in un rapporto d’impiego tra tali due parti, tuttavia una siffatta situazione genera il rischio che il parere professionale di tale consulente giuridico sia, almeno in parte, influenzato dal suo ambiente professionale, come la Corte ha ricordato, in sostanza, al punto 25 della sentenza del 6 settembre 2012, Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej/Commissione (C‑422/11 P e C‑423/11 P, EU:C:2012:553).

17

Il Tribunale ha quindi dichiarato, al punto 21 dell’ordinanza impugnata, che, poiché l’atto introduttivo di ricorso era stato sottoscritto da un siffatto consulente giuridico, il ricorso in primo grado non era stato proposto da una persona che soddisfa i requisiti di cui all’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto e all’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Di conseguenza, esso ha respinto tale ricorso in quanto manifestamente irricevibile.

Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti in sede di impugnazione

18

Con decisione del presidente della Corte del 24 novembre 2017 è stato deciso di riunire le due impugnazioni ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

19

La Repubblica ceca ha presentato, il 6 febbraio 2018, un’istanza di intervento nell’ambito delle impugnazioni riunite. Con decisione del 31 maggio 2018, il presidente della Corte ha accolto tale istanza.

20

Con ordinanza del presidente della Corte del 5 luglio 2018, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA (C‑515/17 P e C‑561/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:553), la Krajowa Izba Radców Prawnych (Camera nazionale dei consulenti giuridici, Polonia) è stata autorizzata ad intervenire nella causa C‑561/17 P a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia.

21

Con ordinanza del presidente della Corte del 27 febbraio 2019, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA (C‑515/17 P e C‑561/17 P, non pubblicata, EU:C:2019:174), l’istanza di intervento dell’Association of Corporate Counsel Europe (Associazione dei giuristi d’impresa d’Europa) è stata respinta.

22

Con la sua impugnazione nella causa C‑515/17 P, l’università di Breslavia, sostenuta dalla Repubblica ceca, chiede che la Corte voglia:

annullare l’ordinanza impugnata;

dichiarare che il ricorso in primo grado è stato regolarmente proposto, e

condannare la convenuta a sopportare la totalità delle spese.

23

Con la sua impugnazione nella causa C‑561/17 P, la Repubblica di Polonia, sostenuta dalla Repubblica ceca e dalla Camera nazionale dei consulenti giuridici, chiede che la Corte voglia:

annullare l’ordinanza impugnata;

rinviare la causa dinanzi al Tribunale ai fini del riesame,

condannare ciascuna parte a sopportare le proprie spese, e

assegnare la causa alla Grande Sezione, ai sensi dell’articolo 16, terzo comma, dello Statuto.

24

La REA chiede che la Corte voglia:

respingere le impugnazioni;

condannare l’università di Breslavia e la Repubblica di Polonia alle spese, e

condannare la Repubblica ceca e la Camera nazionale dei consulenti giuridici a sopportare le proprie spese.

Sulle impugnazioni

25

A sostegno della propria impugnazione nella causa C‑515/17 P, l’università di Breslavia deduce due motivi, vertenti, rispettivamente, su un’errata interpretazione dell’articolo 19 dello Statuto e su un’insufficienza di motivazione dell’ordinanza impugnata. A sostegno della propria impugnazione nella causa C‑561/17 P, la Repubblica di Polonia deduce tre motivi, vertenti, rispettivamente, su un’errata interpretazione di tale articolo, sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela giurisdizionale effettiva nonché su un’insufficienza di motivazione di tale ordinanza.

26

In considerazione della loro connessione, occorre esaminare congiuntamente il primo motivo di entrambe le impugnazioni e il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑561/17 P, vertenti su un’errata interpretazione dell’articolo 19 dello Statuto nonché sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela giurisdizionale effettiva.

Argomenti delle parti

27

Con il suo primo motivo d’impugnazione, l’università di Breslavia contesta la dichiarazione del Tribunale secondo la quale un consulente giuridico, legato alla parte che rappresenta da un contratto di prestazione di servizi in base al quale esso è in particolare chiamato a dispensare lezioni cattedratiche, non ha l’indipendenza richiesta nei confronti del suo mandante al fine di poterlo rappresentare nell’ambito di un procedimento dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione.

28

Con la prima parte del suo primo motivo, l’università di Breslavia fa valere che la natura e le caratteristiche principali del contratto di prestazione di servizi di cui trattasi nella specie non consentono di equipararlo a un contratto di lavoro, in quanto manca segnatamente il vincolo di subordinazione che caratterizza tale tipo di contratto.

29

Con la seconda parte di tale motivo, l’università di Breslavia sostiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata secondo cui qualsiasi rapporto giuridico tra una parte e il suo rappresentante implica un rischio di influenzare il parere giuridico di quest’ultimo è contraria ai principi di proporzionalità e di sussidiarietà, in quanto conferisce alle istituzioni dell’Unione il potere esclusivo di decidere chi può validamente stare in giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione.

30

Con la terza parte del suddetto motivo, l’università di Breslavia, sostenuta dalla Repubblica ceca e dalla Camera nazionale dei consulenti giuridici, contesta al Tribunale la mancata presa in considerazione dei diritti nazionali e, più in particolare, del diritto polacco, che garantisce l’indipendenza e l’assenza di qualsiasi subordinazione del consulente giuridico nei confronti di terzi. Essa sottolinea che, al pari della professione di avvocato, quella di consulente giuridico serve sia l’interesse della giustizia sia quello delle persone dei cui diritti è ad esso affidata la difesa, che essa si basa sulla fiducia pubblica ed è disciplinata da un codice deontologico.

31

Con la prima parte del suo primo motivo, la Repubblica di Polonia fa valere, in primo luogo, che l’interpretazione dell’articolo 19 dello Statuto accolta dal Tribunale nell’ordinanza impugnata non trova fondamento né nelle tradizioni giuridiche comuni degli Stati membri, né nel diritto dell’Unione. A tale riguardo, la Repubblica di Polonia sottolinea che il Tribunale si contraddice laddove considera che il ruolo dell’avvocato si ispira alle tradizioni giuridiche comuni degli Stati membri e interpreta la nozione di avvocato senza riferimento al diritto nazionale.

32

In secondo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene che la valutazione dell’indipendenza nei confronti del mandante non può essere compiuta senza riferimento alle garanzie derivanti dai diversi diritti nazionali.

33

In terzo luogo, la Repubblica di Polonia ritiene che la nozione di indipendenza accolta nell’ordinanza impugnata ignori le realtà dell’esercizio della professione di avvocato, in quanto si basa sul postulato secondo cui l’avvocato interno, che esercita la sua professione nell’ambito di un rapporto d’impiego, sarà soggetto a una pressione maggiore da parte del suo datore di lavoro rispetto all’avvocato esterno, unicamente assoggettato alla pressione dal suo cliente.

34

In quarto luogo, la Repubblica di Polonia sostiene che, se si dovesse aderire alla soluzione accolta dal Tribunale, basata sull’attuale giurisprudenza della Corte in materia di rappresentanza delle parti dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, ciò avrebbe la conseguenza di creare un sistema in cui sarebbero applicabili a uno stesso avvocato due gradi del requisito di indipendenza, uno dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali e l’altro, più rigoroso, quando opera dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione.

35

La Repubblica ceca ritiene in tale contesto che occorra interpretare restrittivamente qualsiasi limitazione al diritto degli avvocati che non abbiano alcun rapporto d’impiego con i propri clienti di rappresentare questo ultimi.

36

Con la seconda parte del suo primo motivo, la Repubblica di Polonia sostiene che l’interpretazione dell’articolo 19 dello Statuto accolta dal Tribunale eccede i limiti della giurisprudenza attuale della Corte relativa alla rappresentanza delle parti dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione.

37

Da un lato, tale giurisprudenza vincolerebbe il requisito di indipendenza dell’avvocato alla sola condizione negativa che non esista un contratto di lavoro tra quest’ultimo e il suo cliente. Orbene, nella specie, il Tribunale stesso avrebbe constatato, al punto 20 dell’ordinanza impugnata, che il firmatario del ricorso in primo grado non era legato da un contratto di lavoro all’università di Breslavia. A tale riguardo, a torto il Tribunale avrebbe deciso, sulla base di un’applicazione analogica della sentenza del 6 settembre 2012, Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej/Commissione (C‑422/11 P e C‑423/11 P, EU:C:2012:553), che l’esistenza di un contratto di diritto civile che legava le parti in causa era sufficiente per constatare che il rappresentante di tale università non soddisfaceva il requisito di indipendenza.

38

Dall’altro lato, la Repubblica di Polonia critica l’ordinanza impugnata in quanto il Tribunale ha preso in considerazione esclusivamente il contratto stipulato tra il consulente giuridico e l’università di Breslavia relativo all’incarico di docenza, ma non ha analizzato i legami che uniscono le parti in relazione all’assistenza giuridica fornita.

39

La Camera nazionale dei consulenti giuridici insiste sull’erroneità del ragionamento del Tribunale, che condurrebbe a ritenere che l’indipendenza totale dell’avvocato richieda un’assenza di qualsiasi rapporto di quest’ultimo con l’ambiente professionale del suo cliente. Sarebbe, infatti, difficile immaginare che un mandatario possa agire senza subire una qualsivoglia influenza dell’ambiente professionale diretto del suo cliente.

40

Con il suo secondo motivo, la Repubblica di Polonia fa valere che, poiché l’ordinanza impugnata non precisa i criteri che consentono di valutare il requisito di indipendenza necessario secondo il Tribunale, essa viola il principio della certezza del diritto. Inoltre, nei limiti in cui la conseguenza della constatazione della mancanza di indipendenza del rappresentante è il rigetto del ricorso, la parte ricorrente si ritroverebbe privata di un ricorso effettivo e del suo diritto di accesso a un giudice.

41

La Repubblica ceca ricorda che la rappresentanza da parte di un avvocato dinanzi agli organi giurisdizionali rientra nel diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, quale garantita all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Vietare al ricorrente di stipulare una convenzione di rappresentanza in giudizio con un avvocato con il quale egli abbia, peraltro, un vincolo contrattuale potrebbe esporlo a spese supplementari.

42

La Camera nazionale dei consulenti giuridici sostiene che costituiscono una limitazione del diritto a un ricorso effettivo dinanzi al Tribunale, come tutelato dall’articolo 47 della Carta, non soltanto il fatto di vietare la rappresentanza di una parte contemplata all’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto tramite un avvocato legato contrattualmente a quest’ultima, ma anche la situazione che ne deriva, vale a dire il rigetto del ricorso senza possibilità di rettificare l’asserito vizio di procedura.

43

La REA eccepisce, anzitutto, l’irricevibilità delle due impugnazioni, nei limiti in cui esse sollevano argomenti relativi alla valutazione dei fatti e si basano su motivi e argomenti già dibattuti dinanzi al Tribunale. Inoltre, il ricorso dell’università di Breslavia sarebbe irricevibile in quanto si fonderebbe su fatti relativi alla situazione dell’avvocato di cui trattasi che non sono stati sottoposti al Tribunale. Infine, l’argomentazione di intervento della Repubblica ceca e della Camera nazionale dei consulenti giuridici sarebbe irricevibile nella parte in cui riguarderebbe una violazione dell’articolo 47 della Carta, mentre un siffatto argomento non è stato dedotto né dall’università di Breslavia né dalla Repubblica di Polonia. L’argomentazione della Repubblica ceca sarebbe irricevibile anche in quanto non identificherebbe alcun punto preciso dell’ordinanza impugnata.

44

Nel merito, la REA ritiene che l’argomentazione secondo cui l’interpretazione dell’articolo 19 dello Statuto deve essere effettuata sulla base delle norme nazionali conduca a sostituire tale articolo, che disciplina la rappresentanza delle parti dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, con norme nazionali determinate caso per caso. Pertanto, lungi dall’essere una «limitazione», l’interpretazione accolta dal Tribunale costituirebbe una garanzia che tutti gli avvocati dell’Unione siano soggetti alle stesse condizioni per quanto riguarda la rappresentanza dinanzi alla Corte.

45

Inoltre, il Tribunale non avrebbe ecceduto la giurisprudenza esistente della Corte in materia, la quale sarebbe più estensiva di quanto non lascino intendere le impugnazioni, in quanto essa avrebbe già posto il requisito secondo cui il consulente deve essere sufficientemente distante dalla parte che rappresenta.

46

L’argomentazione tratta dall’articolo 47 della Carta dovrebbe, in ogni caso, essere respinta in quanto infondata, poiché l’irricevibilità del ricorso non impedirebbe all’università di Breslavia di essere rappresentata da un altro consulente per agire nuovamente dinanzi al Tribunale sulla base dell’articolo 272 TFUE.

Giudizio della Corte

Sulla ricevibilità

47

Per quanto riguarda le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla REA, in primo luogo, per il motivo che le impugnazioni contengono argomenti relativi alla valutazione dei fatti, occorre ricordare che dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo che gli sono stati sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Detta valutazione, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi di detto articolo 256 TFUE, a esercitare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto.

48

Nel caso di specie, per procedere alla valutazione della natura e del contenuto del rapporto professionale tra l’università di Breslavia e il suo rappresentante, il Tribunale si è basato su elementi di fatto di cui la Corte può controllare la qualificazione alla luce dell’articolo 19 dello Statuto, come occorre interpretarlo.

49

In secondo luogo, nei limiti in cui la REA fa valere che le impugnazioni si limitano a sollevare argomenti già dibattuti dinanzi al Tribunale, si deve ricordare che, quando un ricorrente contesta l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione operata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere nuovamente discussi in sede di impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse, in tale maniera, basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento di impugnazione sarebbe parzialmente privato del suo significato (sentenza del 27 marzo 2019, Canadian Solar Emea e a./Consiglio, C‑236/17 P, EU:C:2019:258, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).

50

In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della REA secondo cui l’università di Breslavia avrebbe sollevato fatti nuovi nella sua impugnazione, è sufficiente constatare che, in ogni caso, tali fatti sono irrilevanti ai fini della soluzione della presente controversia.

51

In quarto luogo, e per quanto riguarda gli interventi della Repubblica ceca e della Camera nazionale dei consulenti giuridici, va ricordato che una parte che, ai sensi dell’articolo 40 dello Statuto, è autorizzata a intervenire in una controversia proposta dinanzi alla Corte, non può modificare l’oggetto della controversia quale definito dalle conclusioni e dai motivi delle parti principali, cosicché sono ricevibili soltanto gli argomenti di un interveniente rientranti nel quadro delineato da siffatti motivi e conclusioni (sentenza del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e ConsiglioC‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 116).

52

Tuttavia, nei limiti in cui la Repubblica di Polonia invoca, in particolare, una violazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva, come garantito dall’articolo 47 della Carta, l’argomentazione della Repubblica ceca e della Camera nazionale dei consulenti giuridici, menzionata ai punti 41 e 42 della presente sentenza, non è idonea a modificare l’oggetto della controversia quale definito dalle conclusioni e dai motivi della Repubblica di Polonia.

53

In quinto luogo, per quanto riguarda l’argomento della REA relativo alla mancata individuazione, da parte della Repubblica ceca, di punti precisi dell’ordinanza impugnata, si deve necessariamente constatare che la Repubblica ceca, sostenendo le rispettive argomentazioni dell’università di Breslavia e della Repubblica di Polonia, si riferisce ai medesimi punti di detta ordinanza cui si riferiscono le due suddette parti.

54

Di conseguenza, le eccezioni di irricevibilità sollevate dalla REA devono essere respinte.

Nel merito

55

Per quanto riguarda il merito, e più precisamente la questione della rappresentanza di una parte non contemplata dai primi due commi dell’articolo 19 dello Statuto dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione, il Tribunale ha giustamente ricordato, al punto 16 dell’ordinanza impugnata, che tale articolo comprende due condizioni distinte e cumulative. Così, la prima condizione, enunciata al terzo comma di detto articolo, impone l’obbligo per una siffatta parte di essere rappresentata da un avvocato. La seconda condizione, contenuta nel quarto comma del medesimo articolo, prevede che l’avvocato che rappresenta tale parte debba essere abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell’accordo SEE (v., in tal senso, ordinanza del 20 febbraio 2008, Comunidad Autónoma de Valencia/Commissione, C‑363/06 P, non pubblicata, EU:C:2008:99, punto 21).

56

Per quanto riguarda tale seconda condizione, dalla formulazione dell’articolo 19, quarto comma, dello Statuto risulta che il senso e la portata della condizione in parola devono essere interpretati mediante rinvio al diritto nazionale di cui trattasi. Nella specie, non è stato contestato che detta condizione fosse rispettata dal consulente giuridico che ha rappresentato l’università di Breslavia nell’ambito del ricorso in primo grado.

57

Per contro, per quanto riguarda la prima condizione, relativa alla nozione di avvocato, la Corte ha dichiarato che, in assenza di rinvio da parte dell’articolo 19, terzo comma, dello Statuto al diritto nazionale degli Stati membri, occorre interpretare tale nozione in modo autonomo e uniforme in tutta l’Unione, tenendo conto non soltanto del tenore letterale di detta disposizione, ma anche del suo contesto e del suo scopo (v., in tal senso, in particolare, ordinanza del 20 febbraio 2008, Comunidad Autónoma de Valencia/Commissione, C‑363/06 P, non pubblicata, EU:C:2008:99, punto 25 e giurisprudenza ivi citata), fermo restando, tuttavia, che tale nozione, ai sensi di detto articolo, non pregiudica la possibilità, riconosciuta alle persone abilitate, in forza del diritto nazionale, a rappresentare una parte in una controversia, di rappresentare questa stessa parte dinanzi alla Corte nell’ambito di un rinvio pregiudiziale.

58

A tale riguardo, dal tenore letterale dell’articolo 19, terzo comma, dello Statuto, e in particolare dall’uso del termine «rappresentate», risulta che una «parte», ai sensi di tale disposizione, qualunque sia la sua qualità, non è autorizzata ad agire in prima persona dinanzi ad un organo giurisdizionale dell’Unione, ma deve ricorrere ai servizi di un terzo. Altre disposizioni di tale Statuto o del regolamento di procedura della Corte, come l’articolo 21, primo comma, di tale Statuto nonché l’articolo 44, paragrafo 1, lettera b), l’articolo 57, paragrafo 1, e l’articolo 119, paragrafo 1, di detto regolamento di procedura, confermano parimenti che una parte e il suo rappresentante non possono essere la stessa persona (ordinanze del 5 dicembre 1996, Lopes/Corte di giustizia, C‑174/96 P, EU:C:1996:473, punto 11; del 16 marzo 2006, Correia de Matos/Commissione, C‑200/05 P, non pubblicata, EU:C:2006:187, punto 10, e del 6 aprile 2017, PITEE/Commissione, C‑464/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:291, punto 23).

59

Dato che, per quanto riguarda i ricorsi diretti, nessuna deroga o eccezione a tale obbligo è prevista dallo Statuto o dai regolamenti di procedura della Corte e del Tribunale, la presentazione di un atto introduttivo firmato dal ricorrente stesso non può essere di per sé sufficiente ai fini della proposizione di un ricorso, e ciò anche se il ricorrente è un avvocato abilitato a patrocinare dinanzi ad un organo giurisdizionale nazionale (v., in tal senso, ordinanze del 5 dicembre 1996, Lopes/Corte di giustizia, C‑174/96 P, EU:C:1996:473, punti 810; del 16 marzo 2006, Correia de Matos/Commissione, C‑200/05 P, non pubblicata, EU:C:2006:187, punto 11, nonché del 6 aprile 2017, PITEE/Commissione, C‑464/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:291, punto 24).

60

Le valutazioni che precedono sono confermate dal contesto dell’articolo 19, terzo comma, dello Statuto. Infatti, da tale disposizione risulta espressamente che la rappresentanza in giudizio di una parte non contemplata dai primi due commi di tale articolo può essere garantita soltanto da un avvocato, mentre le parti contemplate a questi due primi commi possono essere rappresentate da un agente che, se del caso, può farsi assistere da un consulente o da un avvocato.

61

Tale considerazione risulta avvalorata dallo scopo della rappresentanza, tramite un avvocato, delle parti non contemplate dai primi due commi dell’articolo 19 dello Statuto che è, da un lato, di impedire che le parti private agiscano in giudizio in prima persona senza ricorrere ad un intermediario e, dall’altro, di garantire che le persone giuridiche siano difese da un rappresentante sufficientemente distaccato dalla persona giuridica che rappresenta (v., in tal senso, ordinanze del 5 settembre 2013,ClientEarth/Consiglio, C‑573/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:564, punto 14; del 4 dicembre 2014, ADR Center/Commissione, C‑259/14 P, non pubblicata, EU:C:2014:2417, punto 25, e del 6 aprile 2017, PITEE/Commissione, C‑464/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:291, punto 27).

62

A tale riguardo, occorre sottolineare che, se è vero che l’incarico di rappresentanza da parte di un avvocato quale previsto all’articolo 19, terzo e quarto comma, dello Statuto deve essere esercitato nell’interesse della buona amministrazione della giustizia, lo scopo di tale incarico consiste soprattutto, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 104 delle sue conclusioni, nel tutelare e nel difendere al meglio gli interessi del mandante, in piena indipendenza nonché nel rispetto della legge e delle norme professionali e deontologiche.

63

Come ha giustamente ricordato il Tribunale al punto 19 dell’ordinanza impugnata, la nozione di indipendenza dell’avvocato, nel contesto specifico dell’articolo 19 dello Statuto, è definita non soltanto in negativo, vale a dire nel senso di mancanza di un rapporto d’impiego, ma anche in positivo, ossia mediante un riferimento alla disciplina professionale (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Prezes Urzędu Komunikacji Elektronicznej/Commissione, C‑422/11 P e C‑423/11 P, EU:C:2012:553, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

64

In tale contesto, il dovere di indipendenza che incombe all’avvocato va inteso come l’assenza non già di qualsiasi legame con il proprio cliente, bensì di legami che pregiudichino manifestamente la sua capacità di svolgere il proprio incarico difensivo servendo al meglio gli interessi del cliente.

65

A tale riguardo, la Corte ha già considerato come non sufficientemente indipendente dalla persona giuridica che rappresenta l’avvocato che sia investito di competenze amministrative e finanziarie rilevanti all’interno di tale persona giuridica, che collocano la sua funzione a un elevato livello esecutivo all’interno della stessa, in modo tale da compromettere la sua qualità di terzo indipendente (v., in tal senso, ordinanza del 29 settembre 2010, EREF/Commissione, C‑74/10 P e C‑75/10 P, non pubblicata, EU:C:2010:557, punti 5051), l’avvocato che occupi alte cariche dirigenziali in seno alla persona giuridica che rappresenta (v., in tal senso, ordinanza del 6 aprile 2017, PITEE/Commissione, C‑464/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:291, punto 25) o ancora l’avvocato che possieda azioni della società che rappresenta e di cui presiede il consiglio di amministrazione (ordinanza del 4 dicembre 2014, ADR Center/Commissione, C‑259/14 P, non pubblicata, EU:C:2014:2417, punto 27).

66

Non può tuttavia essere equiparata a situazioni del genere quella di cui trattasi nel caso di specie, in cui, come risulta dall’ordinanza impugnata, il consulente giuridico non solo non si occupava della difesa degli interessi dell’università di Breslavia nell’ambito di un vincolo di subordinazione con quest’ultima, ma, inoltre, era semplicemente legato a tale università da un contratto avente ad oggetto incarichi di docenza.

67

Infatti, un tale legame non è sufficiente a far ritenere che il consulente giuridico in parola si trovasse in una situazione manifestamente lesiva della sua capacità di difendere al meglio, in piena indipendenza, gli interessi del suo cliente.

68

Ne consegue che il Tribunale, nel dichiarare, al punto 20 dell’ordinanza impugnata, che la semplice esistenza, tra l’università di Breslavia e il suo consulente giuridico nell’ambito del ricorso in primo grado, di un contratto di diritto civile vertente su incarichi di docenza poteva influire sull’indipendenza di tale consulente a motivo dell’esistenza di un rischio che il parere professionale di detto consulente fosse, almeno in parte, influenzato dal suo ambiente professionale, ha commesso un errore di diritto.

69

Di conseguenza, si deve accogliere il primo motivo dedotto dall’università di Breslavia e dalla Repubblica di Polonia a sostegno delle loro rispettive impugnazioni. Pertanto, e senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti, sollevati nell’ambito del secondo motivo di impugnazione nella causa C‑561/17 P, relativi al principio della certezza del diritto e al diritto a un ricorso effettivo, né gli altri motivi delle impugnazioni, occorre annullare l’ordinanza impugnata.

Sul rinvio della causa dinanzi al Tribunale

70

Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto, quando l’impugnazione è accolta, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

71

Nella specie, poiché il Tribunale non ha statuito nel merito, occorre rinviare la causa dinanzi a quest’ultimo.

Sulle spese

72

Poiché la causa è rinviata dinanzi al Tribunale, le spese relative alle impugnazioni devono essere riservate.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 13 giugno 2017, Uniwersytet Wrocławski/REA (T‑137/16, non pubblicata, EU:T:2017:407), è annullata.

 

2)

La causa T‑137/16 è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

 

3)

Le spese sono riservate.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco