SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

7 novembre 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Articolo 3, paragrafo 1 – Articolo 6, paragrafo 1 – Articolo 7, paragrafo 1 – Direttiva 2008/48/CE – Articolo 10, paragrafo 2 – Contratti di credito al consumo – Liceità della garanzia del credito derivante da tale contratto mediante un pagherò cambiario emesso in bianco – Domanda di pagamento del debito cambiario – Portata del potere del giudice»

Nelle cause riunite C‑419/18 e C‑483/18,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, rispettivamente dal Sąd Rejonowy dla Warszawy Pragi-Południe w Warszawie (Tribunale circondariale Varsavia Praga-Sud di Varsavia, Polonia) e dal Sąd Okręgowy w Opolu, II Wydział Cywilny Odwoławczy (Tribunale regionale di Opole, IIa Sezione Civile, Polonia), con decisioni del 13 febbraio e del 3 luglio 2018, pervenute in cancelleria, rispettivamente, il 26 giugno e il 24 luglio 2018, nei procedimenti

Profi Credit Polska S.A.

contro

Bogumiła Włostowska,

Mariusz Kurpiewski,

Kamil Wójcik,

Michał Konarzewski,

Elżbieta Kondracka-Kłębecka,

Monika Karwowska,

Stanisław Kowalski,

Anna Trusik,

Adam Lizoń,

Włodzimierz Lisowski (C‑419/18),

e

Profi Credit Polska S.A.

contro

OH (C‑483/18),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, M. Safjan, L. Bay Larsen e C. Toader (relatrice), giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e S. Šindelková, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da G. Goddin, K. Herbout-Borczak e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29, e rettifica in GU 2015, L 137, pag. 13), nonché delle disposizioni della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66, e rettifiche in GU 2009, L 207, pag. 14; GU 2010, L 199, pag. 40 e GU 2011, L 234, pag. 46).

2

Tali domande sono state presentate nell’ambito di procedimenti che vedono contrapposti, il primo, la Profi Credit Polska S.A., da un lato, e la sig.ra Bogumiła Włostowska, il sig. Mariusz Kurpiewski, il sig. Kamil Wójcik, il sig. Michał Konarzewski, la sig.ra Elżbieta Kondracka-Kłębecka, la sig.ra Monika Karwowska, il sig. Stanisław Kowalski, la sig.ra Anna Trusik, il sig. Adam Lizoń e il sig. Włodzimierz Lisowski, dall’altro, nonché, il secondo, la Profi Credit Polska S.A. e OH, in merito a talune domande di pagamento di debiti cambiari derivanti da crediti risultanti da contratti di mutuo, sulla base di pagherò cambiari emessi in bianco dai suddetti convenuti.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 93/13

3

I considerando ventesimo e ventiquattresimo della direttiva 93/13 sono formulati nel modo seguente:

«considerando che i contratti devono essere redatti in termini chiari e comprensibili, che il consumatore deve avere la possibilità effettiva di prendere conoscenza di tutte le clausole e che, in caso di dubbio, deve prevalere l’interpretazione più favorevole al consumatore;

(…)

considerando che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

4

L’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore».

5

L’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

6

L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 enuncia quanto segue:

«La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

7

Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva in esame:

«Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore. (…)».

8

L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

9

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 è del seguente tenore:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Direttiva 2008/48

10

La direttiva 2008/48, come precisato al suo articolo 1, ha per obiettivo l’armonizzazione di taluni aspetti delle norme degli Stati membri in materia di contratti di credito ai consumatori.

11

L’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva elenca in particolare le informazioni che devono figurare in modo chiaro e conciso nei contratti di credito.

12

L’articolo 14 di detta direttiva istituisce un diritto di recesso nell’ambito del contratto di credito e a vantaggio del consumatore, senza che quest’ultimo debba dare alcuna motivazione.

13

L’articolo 17 della direttiva 2008/48, intitolato «Cessione di diritti», così dispone al suo paragrafo 1:

«In caso di cessione a terzi dei diritti del creditore derivanti da un contratto di credito o del contratto, il consumatore può far valere nei confronti del cessionario gli stessi mezzi di difesa di cui poteva avvalersi nei confronti del creditore originario, ivi compreso il diritto all’indennizzo ove questo sia ammesso nello Stato membro in questione».

14

L’articolo 19 di tale direttiva indica le modalità di calcolo del tasso annuo effettivo globale del credito al consumo.

15

L’articolo 22 di detta direttiva, intitolato «Armonizzazione e obbligatorietà della direttiva», enuncia quanto segue:

«1.   Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché i consumatori non possano rinunciare ai diritti loro conferiti dalle disposizioni della legislazione nazionale che danno esecuzione o che corrispondono alla presente direttiva.

3.   Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le disposizioni adottate per dare esecuzione alla presente direttiva non possano essere eluse attraverso l’impiego di forme particolari di contratti, in particolare includendo prelievi o contratti di credito che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva in contratti di credito la cui natura o finalità consenta di evitare l’applicazione della direttiva stessa.

4.   Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i consumatori non siano privati della tutela accordata dalla presente direttiva a seguito della scelta della legge di uno Stato terzo quale legge applicabile al contratto di credito, se tale contratto presenta uno stretto legame con il territorio di uno o più Stati membri».

16

Ai sensi dell’articolo 23 della medesima direttiva, intitolato «Sanzioni»:

«Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive».

Diritto polacco

17

L’articolo 10 dell’ustawa prawo wekslowe (legge sul diritto cambiario), del 28 aprile 1936, come modificata (Dz. U. del 2016, posizione 160) (in prosieguo: la «legge sul diritto cambiario»), prevede che se la cambiale, incompleta al momento dell’emissione, è stata completata contrariamente agli accordi intervenuti, l’inosservanza di tali accordi non può essere opposta al portatore, a meno che egli abbia acquisito la cambiale in malafede o abbia agito con colpa grave acquisendola.

18

Tale disposizione è applicabile al pagherò cambiario, ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, di detta legge.

19

Ai sensi dell’articolo 17 di tale legge, i soggetti nei confronti dei quali sono fatti valere i diritti derivanti dal pagherò cambiario non possono opporre al portatore eccezioni basate sui loro rapporti personali con l’emittente o con i precedenti portatori, a meno che il portatore, acquisendo il pagherò cambiario, abbia agito consapevolmente a danno del debitore.

20

Ai sensi dell’articolo 101 della legge sul diritto cambiario:

«Il pagherò cambiario deve contenere:

1)

il termine “pagherò cambiario” nel testo del documento, nella lingua in cui è stato emesso;

2)

la promessa incondizionata di pagare una determinata somma;

3)

l’indicazione della scadenza del pagamento;

4)

l’indicazione del luogo del pagamento;

5)

il cognome della persona alla quale, o all’ordine della quale, il pagamento deve essere effettuato;

6)

l’indicazione della data e del luogo di emissione del pagherò;

7)

la firma dell’emittente del pagherò cambiario».

21

Ai sensi dell’articolo 233, paragrafi 1 e 2, dell’ustawa – Kodeks postępowania cywilnego (legge recante il codice di procedura civile), del 17 novembre 1964, testo consolidato, come modificato (Dz. U. del 2018, posizione 155) (in prosieguo: il «kpc»), il giudice valuta, sulla base di un’analisi approfondita degli elementi raccolti, l’attendibilità e il valore degli elementi di prova addotti. Sulla medesima base il giudice valuta come interpretare il rifiuto di fornire una prova o qualsiasi atto di una parte che ostacoli l’istruzione della causa su cui è chiamato a pronunciarsi.

22

Ai sensi dell’articolo 248, paragrafo 1, del kpc, chiunque è tenuto a fornire, su richiesta del giudice, entro il termine impartito e nel luogo prescritto, qualsiasi documento che si trovi in suo possesso e che costituisce prova di un fatto rilevante ai fini della risoluzione della causa, a meno che tale documento contenga informazioni riservate.

23

Dall’articolo 321, paragrafo 1, del kpc risulta che il giudice non può «pronunciarsi su una questione che non è stata oggetto della domanda né statuire ultra petita».

24

Conformemente all’articolo 339, paragrafi 1 e 2, di tale codice, è emessa una sentenza contumaciale qualora il convenuto non sia comparso all’udienza e non abbia presentato osservazioni orali o scritte. In tal caso, le informazioni comunicate dal ricorrente sono considerate come vere e proprie allegazioni basate sui fatti esposti nella sua domanda o nelle sue memorie notificate al convenuto prima dell’udienza, salvo qualora esse suscitino dubbi o si ritenga siano volte a eludere la legge.

25

Le disposizioni della direttiva 2008/48 sono state recepite nel diritto polacco dall’ustawa o kredycie konsumenckim (legge sul credito al consumo), del 12 maggio 2011, testo consolidato, come modificato (Dz. U. del 2016, posizione 1528) (in prosieguo: la «legge sul credito al consumo»). L’articolo 41 di tale legge così dispone:

«1.   [I]l pagherò cambiario (…) del consumatore, consegnato al creditore al fine di adempiere o garantire una prestazione derivante da un contratto di credito al consumo, deve contenere la clausola “non all’ordine” o una clausola equivalente.

2.   Nel caso in cui il creditore accetti un pagherò cambiario (…) non contenente la clausola “non all’ordine” e giri tale pagherò (…) a un terzo, il creditore è tenuto a risarcire il danno subito dal consumatore per il pagamento del pagherò cambiario (…).

3.   Il paragrafo 2 si applica anche nel caso in cui un terzo sia giunto in possesso del pagherò cambiario o dell’assegno contro la volontà del creditore.

(…)».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

Causa C‑419/18

26

La Profi Credit Polska è una società con sede in Polonia avente come oggetto sociale principale la concessione di crediti. Con ciascuno dei debitori tale società ha stipulato contratti di credito al consumo, in relazione ai quali il pagamento del credito è garantito dall’emissione di un pagherò cambiario incompleto, detto «pagherò cambiario in bianco», sul quale non è inizialmente riportato alcun importo. A causa dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dei mutuatari, la Profi Credit Polska, che è anche la beneficiaria di tali pagherò, li ha completati inserendovi un importo.

27

A partire dal 2016, la Profi Credit Polska ha presentato dinanzi al giudice del rinvio varie domande di pagamento degli importi indicati in detti pagherò cambiari.

28

Tale giudice osserva che in tutte le controversie pendenti dinanzi ad esso, il recupero, da parte della ricorrente, dei propri crediti avviene esclusivamente sulla base dei pagherò cambiari (in prosieguo: il «rapporto cambiario»). Dato che la ricorrente non ha prodotto i contratti di credito, detto giudice dispone del contratto costitutivo del rapporto giuridico sotteso all’obbligazione cambiaria (in prosieguo: il «rapporto fondamentale») solo nella prima controversia oggetto del procedimento principale, grazie al convenuto. Negli altri procedimenti i convenuti non hanno preso posizione. Pertanto, lo stesso giudice ha deciso di non accogliere la domanda della ricorrente di trattare le controversie secondo il procedimento d’ingiunzione di pagamento, ma di applicare il procedimento ordinario.

29

In primo luogo, il giudice del rinvio si chiede se, conformemente alle direttive 93/13 e 2008/48, un professionista che abbia la qualità di creditore possa lecitamente garantire il rimborso di un credito derivante da un contratto di credito al consumo nei confronti di un mutuatario-consumatore mediante un pagherò cambiario emesso in bianco da quest’ultimo.

30

Tale giudice precisa che, in seguito all’emissione di un pagherò cambiario, sorge un’obbligazione astratta. Dalla normativa nazionale risulterebbe che, in caso di domanda di pagamento basata su un pagherò cambiario, la portata del controllo del giudice si limiterebbe al rapporto cambiario e non potrebbe estendersi al rapporto fondamentale da cui ha avuto origine il rapporto cambiario. Ad avviso di detto giudice, l’impossibilità di esaminare d’ufficio se le clausole del contratto costitutivo del rapporto giuridico principale sotteso all’obbligazione cambiaria possano essere dichiarate abusive discenderebbe non già dai limiti del procedimento, ma solo dalla specifica efficacia probatoria del pagherò cambiario in quanto titolo che incorpora l’obbligazione del debitore.

31

Il giudice del rinvio afferma che, per conformarsi ai requisiti di cui agli articoli 10 e 103 della legge sul diritto cambiario, il pagherò cambiario in bianco implica sempre la stipulazione di un accordo tra il sottoscrittore e il beneficiario, nel quale sono precisate le modalità di compilazione del pagherò cambiario (in prosieguo: l’«accordo cambiario»). Conformemente alla giurisprudenza nazionale, tale accordo avrebbe l’effetto «di conferire al debitore il diritto di opporre» al primo creditore «di non aver compilato il pagherò cambiario conformemente alle disposizioni dell’accordo, il che denota, in particolare, un indebolimento della natura astratta del pagherò cambiario».

32

Pertanto, ad avviso di detto giudice non vi è alcun dubbio che il tribunale chiamato a pronunciarsi su controversie come quelle oggetto dei procedimenti principali può verificare se il pagherò cambiario sia stato compilato conformemente all’accordo stipulato solo in caso di eccezione sollevata dal debitore. Nei procedimenti in materia cambiaria, non vi sarebbe quindi alcun fondamento giuridico per un esame d’ufficio del rapporto giuridico principale da parte del giudice nazionale, a meno che il convenuto sollevi eccezioni, con la conseguenza di ampliare la controversia sino ad includervi anche il rapporto fondamentale.

33

In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulla portata del proprio potere a fronte di un’azione di pagamento proposta da un professionista nei confronti di un consumatore in base a un pagherò cambiario. Infatti, in seguito alla giurisprudenza della Corte relativa ai poteri e agli obblighi del giudice nazionale chiamato a pronunciarsi su controversie rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13, e in particolare all’obbligo di esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contenuta in un contratto sottoposto alla sua valutazione, tale giudice desidera sapere se la suddetta giurisprudenza sia applicabile anche alle clausole di un contratto stipulato da un consumatore in una controversia in cui il professionista intenda recuperare il proprio credito sulla base di un pagherò cambiario emesso in bianco e che garantisce l’esecuzione di detto credito. I quesiti del suddetto giudice riguardano anche l’incidenza di un esame di tal genere alla luce del principio dispositivo, come enunciato all’articolo 321, paragrafo 1, del kpc, in base al quale il giudice non può pronunciarsi su un capo della domanda che esuli dalle conclusioni del ricorso né statuire ultra petita.

34

In tale contesto, il Sąd Rejonowy dla Warszawy Pragi-Południe w Warszawie (Tribunale circondariale di Varsavia Praga-Sud di Varsavia, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (…) nonché la direttiva 2008/48 (…), in particolare l’articolo 10, l’articolo 14, l’articolo 17, paragrafo 1, e l’articolo 19 di tale direttiva ostino a una normativa nazionale che ammette la garanzia di un credito di un creditore professionista nei confronti di un mutuatario che sia un consumatore, attraverso un pagherò cambiario incompleto (emesso in bianco).

2)

Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (…) debbano essere interpretati nel senso che essi impongono al giudice chiamato a pronunciarsi in un procedimento avente ad oggetto la materia menzionata nella prima questione, l’obbligo di verificare d’ufficio se le disposizioni del contratto relativo al rapporto su cui si basa l’obbligazione cambiaria contengano clausole contrattuali abusive, e ciò anche nel caso in cui il professionista ricorrente fondi la propria pretesa esclusivamente sul rapporto cambiario».

Causa C‑483/18

35

La controversia oggetto del procedimento principale tra la Profi Credit Polska e OH riguarda circostanze analoghe a quelle di cui trattasi nella causa C‑419/18.

36

Con sentenza del 15 maggio 2017, il Sąd Rejonowy d’Opole (Tribunale circondariale di Opole, Polonia) ha respinto il ricorso proposto dalla Profi Credit Polska contro OH relativo al pagamento dell’importo di 9494,21 złoty polacchi (PLN) (circa EUR 2211,69).

37

Sebbene fossero soddisfatte le condizioni necessarie per pronunciare una sentenza contumaciale, il giudice di primo grado ha respinto la domanda della Profi Credit Polska a causa dei dubbi nutriti in merito al reale contenuto del vincolo contrattuale tra le parti, per il motivo che detto giudice non era stato in grado di analizzare le clausole del contratto di mutuo. Infatti, sebbene tale giudice avesse chiesto alla Profi Credit Polska di produrre l’accordo cambiario e il contratto di mutuo, tale richiesta non era stata soddisfatta. Inoltre, da altri contratti standard stipulati dalla medesima società risultava una differenza significativa tra la somma presa in prestito e quella che doveva essere rimborsata.

38

La Profi Credit Polska ha interposto appello contro la decisione di primo grado, ritenendo che per incassare un pagherò cambiario fosse solo tenuta a presentare quest’ultimo debitamente compilato e firmato.

39

Il giudice del rinvio si chiede se un giudice chiamato a pronunciarsi su un ricorso proposto dal professionista ricorrente (in prosieguo: il «beneficiario») fondato su un pagherò cambiario contro un consumatore possa esaminare d’ufficio le censure relative al rapporto fondamentale, qualora disponga delle informazioni concernenti l’eventuale irregolarità di tale rapporto, senza tuttavia avere a disposizione il contratto di credito al consumo. Dopo aver ricordato che la giurisprudenza nazionale riconosce particolare importanza all’accordo cambiario nell’ipotesi di un pagherò bancario emesso in bianco, detto giudice rileva che l’obbligazione cambiaria deriva da tale contratto, anche se l’obbligazione, e il diritto ad essa corrispondente, sorgono solo dopo che il beneficiario ha compilato il modulo del pagherò cambiario.

40

In tale contesto, il Sąd Okręgowy w Opolu, II Wydział Cywilny Odwoławczy (Tribunale regionale di Opole, IIa Sezione Civile, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni della direttiva 93/13 (…), in particolare l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, nonché le disposizioni della direttiva 2008/48 (…), in particolare l’articolo 22, paragrafo 3, debbano essere interpretate nel senso che ostano ad un’interpretazione del combinato disposto dell’articolo 10 e dell’articolo 17 della legge (…) sul diritto cambiario, che non consente al giudice di agire d’ufficio qualora abbia un serio e fondato convincimento, basato su materiale non proveniente dalle parti nel procedimento, che il contratto su cui si fonda il rapporto principale sia, almeno in parte, nullo, e la ricorrente faccia valere la propria pretesa sulla base di una cambiale in bianco, mentre il convenuto non solleva eccezioni e mantiene un atteggiamento passivo».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

41

Si deve anzitutto rilevare che la direttiva 2008/48 non ha armonizzato l’utilizzo del pagherò cambiario a garanzia del pagamento del credito derivante da un credito al consumo, sicché l’articolo 22 di quest’ultima non è applicabile in circostanze come quelle oggetto dei procedimenti principali (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punti da 34 a 37).

42

Inoltre, il diritto di recesso o il calcolo del tasso annuo effettivo globale non sono oggetto delle controversie di cui ai procedimenti principali, di modo che neanche gli articoli 14 e 19 di tale direttiva sono applicabili in tali circostanze.

43

Infine, non è rilevante neanche l’articolo 17 della medesima direttiva, in quanto le questioni pregiudiziali non riguardano la cessione dei diritti del creditore a favore di terzi cui si riferisce tale articolo.

44

Di conseguenza, poiché gli articoli 14, 17, 19 e 22 della direttiva 2008/48 non sono rilevanti ai fini delle controversie oggetto dei procedimenti principali, si risponderà alle questioni sottoposte soltanto alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché dell’articolo 10 della direttiva 2008/48.

Sulla prima questione nella causa C‑419/18

45

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché l’articolo 10 della direttiva 2008/48 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, ai sensi della quale è possibile garantire il pagamento di un credito derivante da un contratto di credito al consumo, stipulato tra un professionista e un consumatore, mediante un pagherò cambiario emesso in bianco.

46

In via preliminare si deve rilevare che, nelle politiche dell’Unione, la tutela dei consumatori, che si trovano in una posizione di inferiorità rispetto ai professionisti, in quanto si deve ritenere che siano meno informati, economicamente più deboli e giuridicamente meno esperti delle loro controparti, è sancita all’articolo 169 TFUE e all’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenza del 27 marzo 2019, slewo, C‑681/17, EU:C:2019:255, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

47

In tale contesto si deve ricordare, da un lato, che conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 spetta ai giudici del rinvio escludere l’applicazione delle clausole abusive affinché non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga (sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando di quest’ultima, gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori (sentenza del 3 aprile 2019, Aqua Med, C‑266/18, EU:C:2019:282, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

48

In primo luogo, si deve rilevare che sebbene la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale autorizzi l’emissione di un pagherò cambiario al fine di garantire il pagamento del credito derivante da un contratto di credito al consumo, l’obbligo di emettere tale pagherò non discende dalla normativa in parola, bensì dai contratti di credito stipulati tra le parti.

49

Si deve del pari sottolineare che i pagherò cambiari oggetto del procedimento principale presentano caratteristiche particolari. Infatti, è giocoforza constatare che tali pagherò sono inizialmente incompleti, poiché sono stati emessi in bianco, vale a dire senza indicazione di un importo. Gli importi vengono successivamente inscritti su tali pagherò cambiari ad opera del professionista, in modo unilaterale.

50

A tal riguardo, dagli articoli 10 e 101 della legge sul diritto cambiario risulta che, se è vero che l’indicazione dell’importo dovuto costituisce di regola una condizione di validità di un pagherò cambiario, è possibile emettere un pagherò cambiario in bianco a condizione che un accordo cambiario stabilisca le modalità secondo le quali detto pagherò potrà essere successivamente completato in modo lecito dal creditore.

51

Orbene, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, quest’ultima si applica alle clausole dei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore che non sono state oggetto di negoziato individuale (sentenze del 9 settembre 2004, Commissione/Spagna, C‑70/03, EU:C:2004:505, punto 31; del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C‑137/08, EU:C:2010:659, punto 50, nonché ordinanza del 14 settembre 2016, Dumitraș, C‑534/15, EU:C:2016:700, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

52

Nei limiti in cui, da un lato, il pagamento del credito derivante da un contratto di credito al consumo è garantito da una clausola che richiede l’emissione di un pagherò cambiario in bianco e, dall’altro, la normativa nazionale impone la stipulazione di un accordo cambiario, tale clausola e detto accordo possono rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13.

53

In secondo luogo, la direttiva 93/13 obbliga gli Stati membri a prevedere un meccanismo che garantisca che qualsiasi clausola contrattuale che non sia stata oggetto di negoziato individuale possa essere controllata al fine di valutarne l’eventuale natura abusiva. In tale contesto, spetta al giudice nazionale accertare, alla luce dei criteri enunciati all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 5 della direttiva 93/13, se, date le circostanze proprie del caso di specie, una clausola di tal genere soddisfi i requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza posti dalla direttiva medesima (sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

54

Secondo l’articolo 3, paragrafo 1, della suddetta direttiva, una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

55

Secondo giurisprudenza costante, per accertare se una clausola possa essere qualificata come «abusiva», il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse ad una siffatta clausola in seguito a un negoziato (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 69, nonché ordinanza del 22 febbraio 2018, Lupean, C‑119/17, non pubblicata, EU:C:2018:103, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

56

Occorre altresì rilevare che né la clausola che obbliga il mutuatario a emettere un pagherò cambiario in bianco al fine di garantire il credito del mutuante ai sensi di tale contratto, né l’accordo cambiario possono essere considerati come vertenti sulla definizione dell’oggetto principale del contratto o sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13.

57

Inoltre, la valutazione della natura potenzialmente abusiva di tale clausola e dell’accordo cambiario dovrà tener conto, nel contempo, del requisito concernente il significativo squilibrio e del requisito di trasparenza derivante dall’articolo 5 della direttiva 93/13. In effetti, secondo giurisprudenza costante, le informazioni, prima della stipulazione di un contratto, in merito alle condizioni contrattuali e alle conseguenze di detta stipulazione sono, per un consumatore, di fondamentale importanza. È segnatamente in base a tali informazioni che quest’ultimo decide se desidera vincolarsi alle condizioni preventivamente redatte dal professionista (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

58

Ne consegue che un giudice nazionale chiamato a pronunciarsi su controversie come quelle oggetto del procedimento principale dovrà accertare se il consumatore abbia ricevuto tutte le informazioni atte a incidere sulla portata dei suoi obblighi e che gli consentono di valutare, in particolare, le conseguenze procedurali della garanzia dei crediti derivanti dal contratto di prestito al consumo mediante un pagherò cambiario emesso in bianco e la possibilità di un successivo recupero del credito unicamente sulla base di tale pagherò. Nell’ambito di detta valutazione, e conformemente al ventesimo considerando della direttiva 93/13, è determinante stabilire se la clausola contrattuale controversa sia redatta in termini chiari e comprensibili e se il consumatore abbia effettivamente avuto la possibilità di prendere conoscenza del suo contenuto.

59

Si deve altresì ricordare che la Corte ha già dichiarato che l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 impone a un giudice nazionale, investito di una controversia relativa a crediti derivanti da un contratto di credito ai sensi di tale direttiva, di esaminare d’ufficio il rispetto dell’obbligo di informazione previsto da tale disposizione e di trarre le conseguenze che, secondo il diritto nazionale, derivano dalla violazione di tale obbligo, a condizione che le sanzioni soddisfino i requisiti di cui all’articolo 23 di detta direttiva (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 74).

60

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione nella causa C‑419/18 dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che, al fine di garantire il pagamento del credito derivante da un contratto di credito al consumo, stipulato tra un professionista e un consumatore, consente di prevedere in tale contratto l’obbligo in capo al mutuatario di emettere un pagherò bancario in bianco, e che subordina la liceità dell’emissione di un siffatto pagherò alla previa stipulazione di un accordo cambiario che stabilisce le modalità secondo le quali tale pagherò può essere completato, a condizione che – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – detta clausola e detto accordo rispettino gli articoli 3 e 5 di tale direttiva nonché l’articolo 10 della direttiva 2008/48.

Sulla seconda questione nella causa C‑419/18 e sulla questione nella causa C‑483/18

61

Con la seconda questione nella causa C‑419/18 e la questione nella causa C‑483/18, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché l’articolo 10 della direttiva 2008/48 debbano essere interpretati nel senso che, qualora, in circostanze come quelle oggetto dei procedimenti principali, un giudice nazionale nutra seri dubbi sulla fondatezza di una domanda basata su un pagherò cambiario volto a garantire il credito derivante da un contratto di credito al consumo e tale pagherò sia stato inizialmente emesso in bianco dal sottoscrittore e successivamente completato dal beneficiario, tale giudice deve esaminare d’ufficio se le clausole convenute tra le parti abbiano carattere abusivo e a tal riguardo può richiedere che il professionista produca l’atto scritto che accerta le clausole in parola, in modo tale che detto giudice sia in grado di accertarsi del rispetto dei diritti che i consumatori traggono da tali direttive.

62

Nel caso di specie la questione dei giudici del rinvio riguarda due situazioni distinte, in quanto nella prima controversia oggetto del procedimento principale nell’ambito della causa C‑419/18 il giudice nazionale ha a disposizione il contratto di credito al consumo, mentre ciò non si verifica con riferimento alle altre cause oggetto dei procedimenti principali.

63

Nella prima situazione, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il giudice, qualora disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari, ha l’obbligo di esaminare d’ufficio le clausole che possono essere abusive (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

64

Nella seconda situazione, e per quanto riguarda in particolare le precisazioni del giudice del rinvio nella causa C‑483/18, che afferma di non disporre del contratto che vincola le parti della controversia oggetto del procedimento principale, ma di essere a conoscenza del contenuto di altri contratti abitualmente utilizzati dal professionista, si deve ricordare che, sebbene la direttiva 93/13, in forza del suo articolo 3, paragrafo 1, si applichi alle clausole che non sono state oggetto di negoziato individuale, il che include segnatamente i contratti standard, non si può ritenere che un giudice «disponga degli elementi di fatto e di diritto» ai sensi della citata giurisprudenza per il solo motivo che egli è a conoscenza di taluni modelli di contratto utilizzati dal professionista, senza che detto giudice abbia in suo possesso lo strumento che accerta il contratto stipulato tra le parti della controversia dinanzi ad esso pendente (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 47).

65

In proposito il governo polacco precisa, nelle osservazioni presentate alla Corte, che non è raro che l’accordo cambiario, pur costituendo un accordo distinto dal contratto di credito, sia concluso nell’ambito di tale contratto.

66

In ogni caso, da giurisprudenza costante risulta che spetta al giudice nazionale adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola inserita nel contratto oggetto della controversia su cui egli è chiamato a pronunciarsi e che è stato stipulato tra un professionista e un consumatore rientri nell’ambito di applicazione della direttiva e, in caso affermativo, valutare la natura eventualmente abusiva di una clausola siffatta (sentenze del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C‑137/08, EU:C:2010:659, punto 56; del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 44, e del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank, C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 24). Infatti, in assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole contrattuali interessate, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito (sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

67

Ne consegue che quando un giudice nazionale è chiamato a pronunciarsi su una domanda fondata su un pagherò cambiario inizialmente emesso in bianco e successivamente completato, diretto a garantire il credito derivante da un contratto di credito al consumo, domanda in ordine alla quale tale giudice nutre seri dubbi relativamente alla sua fondatezza, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 richiedono che detto giudice possa essere in grado di esigere la produzione dei documenti su cui si fonda tale domanda, compreso l’accordo cambiario, allorché un accordo siffatto costituisca, secondo la normativa nazionale, una condizione preliminare all’emissione di questo tipo di pagherò cambiario.

68

Si deve altresì rilevare che le suesposte considerazioni non contrastano con il principio dispositivo richiamato dal giudice del rinvio. Infatti, la circostanza che un giudice nazionale chieda al ricorrente di produrre il contenuto del documento o dei documenti su cui si fonda la sua domanda rientra semplicemente nell’ambito probatorio del processo, poiché tale richiesta mira soltanto a verificare il fondamento del ricorso.

69

Per quanto riguarda l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, una volta che il giudice nazionale abbia rilevato d’ufficio una violazione di tale disposizione, è tenuto, senza attendere che il consumatore presenti una domanda a tale scopo, a trarre tutte le conseguenze derivanti, secondo il diritto nazionale, da tale violazione, fatto salvo il rispetto del principio del contraddittorio (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

70

Qualora il giudice nazionale, dopo aver accertato, sulla base degli elementi di fatto e di diritto di cui dispone, o che gli sono stati comunicati in seguito alle misure istruttorie che ha adottato d’ufficio a tal fine, che una clausola rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, constati che tale clausola presente carattere abusivo, esso deve, di norma, informarne le parti della controversia e invitarle a discuterne in contraddittorio secondo le forme previste dalle norme processuali nazionali (sentenza del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank, C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 31).

71

Nel caso di specie, ad avviso del governo polacco l’articolo 10 della legge sul diritto cambiario non osterebbe a che un giudice nazionale constati che il credito fondato su un pagherò cambiario non sussiste con riferimento all’importo che supera la somma risultante dall’accordo cambiario. Una constatazione siffatta potrebbe essere effettuata non solo in seguito a una censura del consumatore, ma anche d’ufficio, in applicazione della giurisprudenza della Corte in materia. Del pari, poiché l’accordo cambiario costituisce una condizione per l’emissione di un pagherò cambiario in bianco, completato successivamente, la ragion d’essere di quest’ultimo consisterebbe proprio nella facoltà da esso prevista di controllare l’utilizzo di tale tipo di pagherò e l’importo oramai inserito in quest’ultimo.

72

Tuttavia, i giudici del rinvio ritengono di poter verificare se il pagherò cambiario sia stato compilato conformemente all’accordo concluso solo in caso di eccezione sollevata dal debitore.

73

In proposito si deve ricordare che l’obbligo di uno Stato membro di adottare tutti i provvedimenti necessari per raggiungere il risultato prescritto da una direttiva è un obbligo cogente, imposto dall’articolo 288, terzo comma, TFUE e dalla direttiva stessa. Tale obbligo di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari vale per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito delle loro competenze, quelli giurisdizionali (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

74

Nel caso di specie, da giurisprudenza costante risulta che l’obbligo di procedere all’esame d’ufficio della natura abusiva di talune clausole e della presenza di menzioni obbligatorie di informazioni in un contratto di credito costituisce una norma procedurale gravante sugli organi giurisdizionali (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 77 e giurisprudenza ivi citata).

75

Pertanto, nell’applicare il diritto interno i giudici nazionali sono tenuti a interpretarlo per quanto possibile alla luce del testo e della finalità della direttiva di cui trattasi, così da conseguire il risultato perseguito da quest’ultima (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

76

In tale contesto, dalla giurisprudenza della Corte risulta che i giudici nazionali, ove non possano interpretare e applicare la normativa nazionale in modo conforme alle disposizioni della direttiva 93/13, hanno l’obbligo di esaminare d’ufficio se le clausole convenute tra le parti abbiano natura abusiva, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione o giurisprudenza nazionali che ostino a tale esame (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C‑243/08, EU:C:2009:350, punti 32, 3435; del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 42 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 46).

77

Ne consegue che occorre rispondere alla seconda questione nella causa C‑419/18 e alla questione sottoposta nella causa C‑483/18 dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 devono essere interpretati nel senso che qualora, in circostanze come quelle di cui ai procedimenti principali, un giudice nazionale nutra seri dubbi sulla fondatezza di una domanda basata su un pagherò cambiario volto a garantire il credito derivante da un contratto di credito al consumo, e tale pagherò sia stato inizialmente emesso in bianco dal sottoscrittore e completato successivamente dal beneficiario, tale giudice deve esaminare d’ufficio se le clausole convenute tra le parti abbiano carattere abusivo e, a tal riguardo, può chiedere al professionista di produrre l’atto scritto che accerta tali clausole, di modo che detto giudice sia in grado di sincerarsi del rispetto dei diritti conferiti ai consumatori da tali direttive.

Sulle spese

78

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 1, paragrafo 1, l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che, al fine di garantire il pagamento del credito derivante da un contratto di credito al consumo, stipulato tra un professionista e un consumatore, consente di prevedere in tale contratto l’obbligo in capo al mutuatario di emettere un pagherò bancario in bianco, e che subordina la liceità dell’emissione di tale pagherò alla previa stipulazione di un accordo cambiario che stabilisca le modalità secondo le quali tale pagherò può essere completato, a condizione che – circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare – detta clausola e detto accordo rispettino gli articoli 3 e 5 di tale direttiva, nonché l’articolo 10 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio.

 

2)

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 devono essere interpretati nel senso che qualora, in circostanze come quelle di cui ai procedimenti principali, un giudice nazionale nutra seri dubbi sulla fondatezza di una domanda basata su un pagherò cambiario volto a garantire il credito derivante da un contratto di credito al consumo, e tale pagherò sia stato inizialmente emesso in bianco dal sottoscrittore e completato successivamente dal beneficiario, detto giudice deve esaminare d’ufficio se le clausole convenute tra le parti presentino un carattere abusivo e, a tal riguardo, può chiedere al professionista di produrre l’atto scritto che accerta tali clausole, di modo che detto giudice sia in grado di sincerarsi del rispetto dei diritti conferiti ai consumatori da tali direttive.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il polacco.