SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

3 ottobre 2019 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Acquisto di alimenti – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Diniego di detrazione – Fornitore eventualmente fittizio – Frode all’IVA – Requisiti relativi alla conoscenza da parte dell’acquirente – Regolamento (CE) n. 178/2002 – Obblighi di rintracciabilità degli alimenti e di individuazione del fornitore – Regolamenti (CE) nn. 852/2004 e (CE) 882/2004 – Obblighi di registrazione degli operatori del settore alimentare – Incidenza sul diritto alla detrazione dell’IVA»

Nella causa C‑329/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia), con decisione del 10 maggio 2018, pervenuta in cancelleria il 17 maggio 2018, nel procedimento

Valsts ieņēmumu dienests

contro

«Altic» SIA,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, F. Biltgen (relatore), J. Malenovský, C.G. Fernlund e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 marzo 2019,

considerate le osservazioni presentate:

per l’«Altic» SIA, da A. Purmalis, advokāts;

per il governo lettone, da I. Kucina e V. Soņeca, in qualità di agenti;

per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios, J. Jokubauskaitė e A. Sauka, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 maggio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2006/112»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Valsts ieņēmumu dienests (amministrazione tributaria lettone; in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») e l’«Altic» SIA in merito a una domanda di pagamento, rivolta all’Altic, dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa all’acquisto di semi di colza assolta a monte e poi detratta dall’Altic, accompagnata da un’ammenda e dagli interessi di mora.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Ai sensi dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo».

4

L’art. 178, lettera a), di tale direttiva prevede quanto segue:

«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:

a)

per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente al titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6».

5

L’articolo 273, primo comma, della predetta direttiva così dispone:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

6

I considerando 28 e 29 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1), così recitano:

«(28)

L’esperienza ha dimostrato che l’impossibilità di ricostruire il percorso compiuto da alimenti e mangimi può mettere in pericolo il funzionamento del mercato interno di tali prodotti. Occorre quindi predisporre un sistema generale per la rintracciabilità dei prodotti che abbracci il settore dei mangimi e alimentare, onde poter procedere a ritiri mirati e precisi o fornire informazioni ai consumatori o ai funzionari responsabili dei controlli, evitando così disagi più estesi e ingiustificati quando la sicurezza degli alimenti sia in pericolo.

(29)

Occorre fare in modo che le imprese alimentari e del settore dei mangimi, comprese le imprese importatrici, siano in grado di individuare almeno l’azienda che ha fornito loro l’alimento, il mangime, l’animale o la sostanza che può entrare a far parte di un dato alimento o di un dato mangime, per fare in modo che la rintracciabilità possa essere garantita in ciascuna fase in caso di indagine».

7

Ai fini di tale regolamento, l’articolo 3, punto 15, del medesimo definisce il termine «rintracciabilità» come «la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione».

8

A norma dell’articolo 17, paragrafo 2, terzo comma, del suddetto regolamento:

«Gli Stati membri determinano inoltre le misure e le sanzioni da applicare in caso di violazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi. Le misure e le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».

9

L’articolo 18 del medesimo regolamento, intitolato «Rintracciabilità», è così formulato:

«1.   È disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

2.   Gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime, un animale destinato alla produzione alimentare o qualsiasi sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime.

A tal fine detti operatori devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, le informazioni al riguardo.

(…)».

10

L’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU 2004, L 139, pag. 1), prevede quanto segue:

«In particolare, ogni operatore del settore alimentare notifica all’opportuna autorità competente, secondo le modalità prescritte dalla stessa, ciascuno stabilimento posto sotto il suo controllo che esegua una qualsiasi delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti ai fini della registrazione del suddetto stabilimento.

Gli operatori del settore alimentare fanno altresì in modo che l’autorità competente disponga costantemente di informazioni aggiornate sugli stabilimenti, notificandole, tra l’altro, qualsivoglia cambiamento significativo di attività nonché ogni chiusura di stabilimenti esistenti».

11

L’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU 2004, L 165, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 191, pag. 1), così dispone:

«a)

Le autorità competenti stabiliscono le procedure che devono seguire gli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti che chiedono la registrazione del loro stabilimento a norma del regolamento (CE) n. 852/2004, della direttiva 95/69/CE [del Consiglio, del 22 dicembre 1995, che fissa le condizioni e le modalità per il riconoscimento e la registrazione di taluni stabilimenti e intermediari operanti nel settore dell’alimentazione degli animali e che modifica le direttive 70/524/CEE, 74/63/CEE, 79/373/CEE e 82/471/CEE (GU 1995, L 332, pag. 15),] e del futuro regolamento sull’igiene dei mangimi.

b)

Esse elaborano e tengono aggiornato un elenco degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti che sono stati registrati. Se simile elenco esiste già per altri fini, può essere anche usato ai fini del presente regolamento».

Diritto lettone

12

L’articolo 10, paragrafo 1, punto 1, del likums par pievienotās vērtības nodokli (legge sull’IVA), nella versione in vigore alla data dei fatti del procedimento principale, è redatto nei termini seguenti:

«Solo un soggetto passivo registrato presso [l’amministrazione tributaria] ha diritto, nella sua dichiarazione IVA, di detrarre dall’importo dell’imposta da versare all’Erario, a titolo di imposta a monte, l’importo dell’imposta indicato sulle fatture ricevute da altri soggetti passivi per i beni acquistati o le prestazioni di servizi ricevute al fine di garantire le proprie operazioni imponibili, comprese le operazioni effettuate all’estero che sarebbero state imponibili se fossero state effettuate nel territorio nazionale».

13

Ai sensi del suo articolo 10, paragrafo 12, di tale legge:

«L’importo dell’imposta indicato sulle fatture relative ai beni e alle prestazioni di servizi ricevuti è detraibile dopo la ricezione della fattura relativa ai suddetti beni e prestazioni di servizi ricevuti, o dopo il pagamento dell’importo dell’imposta indicato sulla fattura a titolo di acconto».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14

L’Altic ha acquistato semi di colza dalla «Sakorex» SIA nei mesi di luglio e agosto 2011 e dalla «Ulmar» SIA nel mese di ottobre 2011. Dalla decisione di rinvio risulta che tali società si sono messe in contatto con l’Altic grazie agli annunci di quest’ultima sui media e su Internet. I suddetti semi di colza sono stati ricevuti e immagazzinati in un deposito appartenente alla «Vendo» SIA. L’Altic ha detratto l’IVA assolta in relazione a tali acquisti.

15

Al termine di un controllo effettuato presso l’Altic, l’amministrazione tributaria ha ritenuto che le suddette operazioni di acquisto non fossero realmente avvenute. Essa ha ingiunto all’Altic di versarle l’IVA detratta, oltre a un’ammenda e agli interessi di mora.

16

L’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale, Lettonia) ha accolto il ricorso di annullamento della decisione dell’amministrazione tributaria proposto dall’Altic. La decisione di tale giudice è stata confermata dall’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia).

17

Quest’ultimo giudice ha rilevato che non era controverso il fatto che i semi di colza fossero stati ricevuti presso il deposito alle date e nella quantità indicate nei documenti di accompagnamento della Vendo. Esso ha dichiarato che, tenuto conto di tali circostanze, l’Altic aveva agito in buona fede e aveva fatto pieno affidamento sulla capacità della Sakorex e dell’Ulmar di consegnare le merci previste per contratto, capacità che non spettava all’Altic verificare. A tale proposito, l’amministrazione tributaria non avrebbe indicato quali azioni specifiche previste dalla normativa pertinente la Altic aveva omesso di intraprendere ai fini di siffatta verifica.

18

L’amministrazione tributaria ha presentato ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio, ovverosia l’Augstākā tiesa (Corte suprema, Lettonia). Essa sostiene che, conformemente al regolamento n. 178/2002, gli operatori del settore alimentare devono essere in grado di identificare ogni sostanza destinata o atta a essere incorporata in alimenti o mangimi, e, a tal fine, essi devono disporre di sistemi e di procedure che consentano di mettere le informazioni a disposizione delle autorità competenti. Tuttavia, l’Altic non avrebbe effettuato le verifiche minime riguardanti le sue controparti contrattuali né avrebbe verificato che queste ultime fossero registrate presso l’Agenzia alimentare e veterinaria lettone. Ne discenderebbe che l’Altic sapeva o avrebbe dovuto sapere di stare partecipando a un abuso del sistema comune dell’IVA.

19

Secondo il giudice del rinvio, è pacifico che esistono indizi secondo i quali la Sakorex e la Ulmar sono imprese fittizie e che l’origine delle merci in questione non può essere dimostrata. Di conseguenza, si pone la questione se l’Altic sapesse o avrebbe dovuto sapere che le operazioni di cui trattasi nel procedimento principale si inscrivevano in una frode all’IVA.

20

A tale proposito, il giudice del rinvio rileva che non sussistono elementi di prova a conferma del fatto che i semi di colza acquistati fossero destinati esclusivamente a essere utilizzati per la produzione di carburante, come sostenuto dall’Altic, o quantomeno che non fossero in alcun caso collegati alla catena alimentare. Di conseguenza si dovrebbe considerare che, per quanto riguarda le suddette operazioni, l’Altic era tenuta a conformarsi alle disposizioni del regolamento n. 178/2002.

21

Detto giudice osserva che l’articolo 18 di tale regolamento stabilisce i principi generali della rintracciabilità degli alimenti nonché dell’individuazione dei fornitori di questi ultimi. Per quanto concerne tale individuazione, esso rileva che, sebbene detto regolamento non precisi in quale misura un’impresa debba individuare il proprio fornitore, dagli orientamenti per l’attuazione degli articoli 11, 12, 14, 17, 18, 19 e 20 del regolamento n. 178/2002, del 26 gennaio 2010, contenuti nelle conclusioni del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali della Commissione europea, risulta che le imprese sono tenute a conservare informazioni riguardanti il nome e l’indirizzo del fornitore del prodotto nonché l’identificazione di tale prodotto.

22

Il giudice del rinvio si domanda tuttavia se l’obiettivo del regolamento n. 178/2002, consistente nel garantire la sicurezza degli alimenti, non richieda la prova di una maggiore diligenza dell’operatore del settore alimentare per quanto attiene alla scelta della sua controparte contrattuale, il che lo obbligherebbe così a procedere a verifiche nei confronti di quest’ultimo, in particolare relativamente alla sua registrazione presso le autorità competenti, e se, in assenza di tale diligenza, il diritto alla detrazione dell’IVA possa essere negato a tale operatore. In proposito il giudice del rinvio si chiede inoltre se, alla luce di tale medesimo obiettivo, il fatto che l’Altic abbia verificato la qualità delle merci consegnate possa essere idoneo ad attenuare siffatto obbligo di procedere a un esame più approfondito della controparte contrattuale.

23

Il giudice del rinvio rileva inoltre che, secondo l’amministrazione tributaria, la mancata verifica da parte dell’Altic della registrazione delle controparti contrattuali presso l’Agenzia alimentare e veterinaria dimostra che tale società sapeva o avrebbe dovuto sapere che le operazioni di cui trattasi nel procedimento principale si inscrivevano in una frode all’IVA. Detto giudice ritiene tuttavia che, sebbene la verifica della registrazione di un’impresa del settore alimentare prevista dalle disposizioni dei regolamenti nn. 852/2004 e 882/2004 consenta di garantire che quest’ultima partecipi legittimamente alla catena alimentare, la registrazione di un’impresa non esclude che l’attività economica della stessa sia fittizia e, per converso, l’assenza di registrazione non consente di affermare automaticamente siffatto carattere fittizio, cosicché l’assenza di verifica non può suffragare in maniera decisiva la conclusione dell’amministrazione tributaria.

24

In tale contesto, l’Augstākā tiesa (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

Se l’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112, tenuto conto dell’obiettivo del regolamento (CE) n. 178/2002 di garantire la sicurezza alimentare (che si consegue, tra l’altro, garantendo la rintracciabilità degli alimenti), debba essere interpretato nel senso che non osta al diniego della detrazione dell’imposta versata a monte nel caso in cui il soggetto passivo che partecipa alla catena alimentare non abbia dimostrato, nella scelta della sua controparte contrattuale, una maggiore diligenza (che va oltre le consuete pratiche commerciali) consistente, in sostanza, nell’obbligo di effettuare verifiche sulla controparte contrattuale, ma, allo stesso tempo, tale soggetto passivo abbia verificato la qualità degli alimenti, soddisfacendo in tal modo l’obiettivo del regolamento n. 178/2002.

2)

Se il requisito di cui all’articolo 6 del regolamento n. 852/2004 e all’articolo 31 del regolamento n. 882/2004, relativo alla registrazione di un’impresa alimentare, interpretato alla luce dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112, imponga l’obbligo alla parte che stipuli un contratto con tale impresa di verificarne la registrazione, e se siffatta verifica sia pertinente ai fini di determinare se tale parte sapeva o avrebbe dovuto sapere di essere coinvolta in un’operazione con una società fittizia, tenuto conto delle particolarità della citata operazione».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

25

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che osta a che il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte venga negato a un soggetto passivo partecipante alla catena alimentare per il motivo che tale soggetto passivo non ha rispettato gli obblighi relativi all’individuazione dei suoi fornitori, ai fini della rintracciabilità degli alimenti, ad esso incombenti in forza dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 178/2002.

26

In primo luogo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA. Il regime delle detrazioni mira a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche, purché dette attività siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C‑101/16, EU:C:2017:775, punti 3537 e giurisprudenza citata).

27

Il diritto a detrazione costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni nel caso in cui i requisiti o le condizioni tanto sostanziali quanto formali a cui tale diritto è subordinato siano rispettati dai soggetti passivi che intendano esercitarlo (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C‑101/16, EU:C:2017:775, punti 3638 nonché giurisprudenza citata).

28

Oltre a tali requisiti o condizioni sostanziali e formali derivanti dall’articolo 168, lettera a), e dall’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112 (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C‑101/16, EU:C:2017:775, punti 3940), l’articolo 273 di tale direttiva consente agli Stati membri, a determinate condizioni, di prevedere altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni.

29

In secondo luogo, occorre inoltre ricordare che la lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva 2006/112. La Corte ha dichiarato che gli interessati non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (sentenza del 13 marzo 2014, FIRIN, C‑107/13, EU:C:2014:151, punto 40 e giurisprudenza citata).

30

Tale situazione, così come ricorre nel caso di un’evasione fiscale commessa dal soggetto passivo, ricorre pure quando il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA (sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C‑277/14, EU:C:2015:719, punto 48 e giurisprudenza citata).

31

Spetta all’amministrazione tributaria, che abbia constatato evasioni o irregolarità commesse dall’emittente della fattura in questione, dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata per fondare il suo diritto alla detrazione si iscriveva in un’evasione dell’IVA (sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C‑277/14, EU:C:2015:719, punto 50 e giurisprudenza citata).

32

Per quanto riguarda il livello di diligenza richiesto del soggetto passivo che intenda esercitare il suo diritto alla detrazione dell’IVA, la Corte ha dichiarato che gli operatori che adottano tutte le misure che si possono loro ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano parte di un’evasione, che si tratti di evasione dell’IVA o di altre evasioni, devono poter fare affidamento sulla liceità di tali operazioni senza rischiare di perdere il proprio diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte; in una fattispecie concreta, la determinazione delle misure che possono essere ragionevolmente imposte a un soggetto passivo a tal fine dipende essenzialmente dalle circostanze di detta fattispecie (v., in tal senso, sentenze del 21 giugno 2012, Mahagében e Dávid, C‑80/11 e C‑142/11, EU:C:2012:373, punti 5359, nonché del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C‑277/14, EU:C:2015:719, punto 51).

33

Nel procedimento principale, l’amministrazione tributaria, ritenendo che i fornitori dell’Altic fossero imprese fittizie e che si configurasse quindi una frode al sistema comune dell’IVA, ha negato all’Altic il diritto alla detrazione dell’IVA. Essa ha considerato, in particolare, che l’Altic, quale operatore nel settore alimentare, fosse tenuta a effettuare una verifica approfondita delle sue controparti contrattuali ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 178/2002. L’inosservanza di un siffatto obbligo dimostrerebbe che l’Altic sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a operazioni che si inscrivevano in un’evasione.

34

Orbene, da un lato, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, il diniego del diritto alla detrazione dell’IVA in conseguenza dell’inosservanza degli obblighi derivanti dalla predetta disposizione del regolamento n. 178/2002 non trova alcun fondamento giuridico nella direttiva 2006/112. Gli obblighi previsti dal regolamento n. 178/2002 sono infatti estranei ai requisiti o alle condizioni sostanziali e formali del diritto a detrazione previsti da tale direttiva. Neppure dagli elementi di cui la Corte dispone risulta che il suddetto motivo di diniego sia fondato sulla normativa nazionale pertinente in materia di IVA.

35

Dall’altro lato, per quanto riguarda il fatto che, secondo gli accertamenti del giudice del rinvio, l’Altic partecipava alla catena alimentare e doveva quindi conformarsi alle disposizioni del regolamento n. 178/2002, occorre rilevare che l’obbligo connesso alla rintracciabilità degli alimenti previsto all’articolo 18, paragrafo 2, di tale regolamento persegue una finalità diversa da quella dell’individuazione della frode all’IVA. Infatti, dai considerando 28 e 29 del suddetto regolamento risulta che l’obbligo di individuazione dei fornitori di alimenti è destinato a consentire di procedere a ritiri mirati e precisi di questi ultimi e di fornire informazioni ai consumatori o ai funzionari responsabili dei controlli, al fine di evitare disagi più estesi e ingiustificati nel mercato interno. L’inosservanza di tale obbligo può comportare sanzioni previste dal diritto nazionale, conformemente all’articolo 17, paragrafo 2, terzo comma, del medesimo regolamento.

36

Ne consegue che tale obbligo non può essere considerato, in quanto tale, alla stregua di una misura la cui adozione da parte del soggetto passivo possa ragionevolmente essere richiesta affinché quest’ultimo si assicuri che le sue operazioni non facciano parte di una frode al sistema comune dell’IVA. Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, l’eventuale violazione di tale obbligo non può giustificare, di per sé e in maniera automatica, il diniego in capo a tale soggetto passivo della detrazione dell’IVA.

37

In tale contesto occorre inoltre ricordare che l’obbligo previsto all’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 178/2002 consiste, secondo i termini stessi di tale disposizione, nell’individuare chi abbia fornito loro un alimento e nel predisporre sistemi e procedure che consentano di mettere a disposizione delle autorità competenti, che le richiedano, tali informazioni.

38

Per quanto riguarda i dati richiesti per tale individuazione, si deve considerare che essi devono consentire di raggiungere l’obiettivo della rintracciabilità, come descritto al punto 35 della presente sentenza, cosicché, in linea di principio, è sufficiente individuare i fornitori mediante il loro nome e indirizzo. Ne consegue che l’argomento, invocato dall’amministrazione tributaria dinanzi al giudice del rinvio e dal governo lettone nelle sue osservazioni scritte, secondo il quale tale regolamento esige, in linea generale, una verifica approfondita della controparte contrattuale, non può essere accolto.

39

A diversa conclusione si giungerebbe solo se fosse debitamente dimostrato che, a causa di circostanze particolari, l’acquirente degli alimenti di cui trattasi avrebbe dovuto nutrire seri dubbi sull’esistenza o sull’identità reali del fornitore di questi ultimi, che il regolamento n. 178/2002 gli impone di individuare, in maniera tale che egli si assicuri della suddetta identità, circostanza che spetterà eventualmente al giudice del rinvio verificare.

40

Supponendo che sia così, tale circostanza potrebbe costituire un indizio tra altri che, congiuntamente e in maniera concordante, tendono a indicare che tale soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’operazione che si inscriveva in una frode all’IVA.

41

Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione che l’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte venga negato a un soggetto passivo partecipante alla catena alimentare per il solo motivo, ammesso che sia debitamente accertato – circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio – che tale soggetto passivo non ha rispettato gli obblighi relativi all’individuazione dei suoi fornitori, ai fini della rintracciabilità degli alimenti, incombentigli in forza dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 178/2002. L’inosservanza di tali obblighi può tuttavia costituire uno dei vari elementi che, congiuntamente e in maniera concordante, tendono a indicare che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’operazione che si inscriveva in una frode all’IVA, circostanza la cui valutazione spetta al giudice del rinvio.

Sulla seconda questione

42

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che l’assenza di verifica, da parte di un soggetto passivo partecipante alla catena alimentare, della registrazione dei suoi fornitori presso le autorità competenti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 852/2004 e dell’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento n. 882/2004 sia pertinente al fine di stabilire se il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’operazione che si inscriveva in una frode all’IVA.

43

A tale proposito l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 852/2004 prevede che ogni operatore del settore alimentare notifichi all’opportuna autorità competente ciascuno stabilimento coinvolto nella produzione, trasformazione e distribuzione di alimenti ai fini della registrazione del suddetto stabilimento. Conformemente all’articolo 31, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 882/2004, le autorità competenti sono tenute a stabilire le procedure che tali operatori devono seguire quando chiedono la registrazione del loro stabilimento nonché a tenere aggiornato un elenco degli operatori registrati.

44

Si deve necessariamente constatare che i regolamenti nn. 852/2004 e 882/2004 non contengono alcun obbligo per un operatore del settore alimentare di verificare se i suoi fornitori siano registrati conformemente alle prescrizioni di tali regolamenti. Un siffatto obbligo di verifica, ai fini della detrazione dell’IVA, nemmeno discende dalla direttiva 2006/112.

45

Orbene, come è stato rammentato al punto 31 della presente sentenza, quando un’amministrazione tributaria intende dimostrare, in seguito all’accertamento di evasioni o irregolarità commesse dall’emittente della fattura, che il destinatario di tale fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione faceva parte di un’evasione dell’IVA, essa non può esigere dal suddetto destinatario verifiche che non gli incombono (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C‑277/14, EU:C:2015:719, punto 50).

46

In tale contesto, la Corte ha già dichiarato che un’amministrazione tributaria non può esigere dal soggetto passivo che intenda esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA la produzione di documenti compilati dal suo fornitore di bovini recanti menzione dei marchi auricolari degli animali previsti nell’ambito del sistema di identificazione e di registrazione istituito dal regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio (GU 2000, L 204, pag. 1) (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Evita-K, C‑78/12, EU:C:2013:486, punto 42).

47

Parimenti, per stabilire che un soggetto passivo partecipante alla catena alimentare sapeva o avrebbe dovuto sapere che i suoi fornitori erano implicati in una frode all’IVA, l’amministrazione tributaria non può obbligare tale soggetto passivo a verificare che questi ultimi si siano conformati ai loro obblighi di registrazione imposti dal diritto dell’Unione in materia di regolamentazione dei prodotti alimentari.

48

Di conseguenza occorre rispondere alla seconda questione che l’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 dev’essere interpretato nel senso che l’assenza di verifica, da parte di un soggetto passivo partecipante alla catena alimentare, della registrazione dei suoi fornitori presso le autorità competenti, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 852/2004 e dell’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento n. 882/2004, non è pertinente al fine di stabilire se il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’operazione che si inscriveva in una frode all’IVA.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) assolta a monte venga negato a un soggetto passivo partecipante alla catena alimentare per il solo motivo, ammesso che sia debitamente accertato – circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio –, che tale soggetto passivo non ha rispettato gli obblighi relativi all’individuazione dei suoi fornitori, ai fini della rintracciabilità degli alimenti, incombentigli in forza dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare. L’inosservanza di tali obblighi può tuttavia costituire uno dei vari elementi che, congiuntamente e in maniera concordante, tendono a indicare che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’operazione che si inscriveva in una frode all’IVA, circostanza la cui valutazione spetta al giudice del rinvio.

 

2)

L’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2010/45, dev’essere interpretato nel senso che l’assenza di verifica, da parte di un soggetto passivo partecipante alla catena alimentare, della registrazione dei suoi fornitori presso le autorità competenti, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari, e dell’articolo 31, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali, non è pertinente al fine di stabilire se il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a un’operazione che si inscriveva in una frode all’IVA.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il lettone.