SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

13 settembre 2018 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Direttiva 2004/39/CE – Articolo 54, paragrafi 1 e 3 – Portata dell’obbligo di segreto professionale che incombe sulle autorità nazionali di sorveglianza finanziaria – Decisione che constata la perdita dell’onorabilità professionale – Casi contemplati dal diritto penale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 47 e 48 – Diritti della difesa – Accesso al fascicolo»

Nella causa C‑358/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo), con decisione del 21 giugno 2016, pervenuta in cancelleria il 24 giugno 2016, nel procedimento

UBS Europe SE, già UBS (Luxembourg) SA,

Alain Hondequin e altri

con l’intervento di:

DV,

EU,

Commission de surveillance du secteur financier (CSSF),

Ordre des avocats du barreau de Luxembourg,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J.L. da Cruz Vilaça (relatore), presidente di sezione, A. Tizzano, vicepresidente della Corte, E. Levits, M. Berger e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o giugno 2017,

considerate le osservazioni presentate:

per la UBS Europe SE, da M. Elvinger e L. Arpetti, avocats;

per A. Hondequin e altri, da V. Hoffeld e P. Urbany, avocats, nonché da E. Fronczak, advocate;

per DV e EU, da J.‑P. Noesen, avocat;

per la Commission de surveillance du secteur financier (CSSF), da A. Rodesch e P. Sondhi, avocats;

per il governo tedesco, da T. Henze, J. Möller e D. Klebs, in qualità di agenti;

per il governo estone, da N. Grünberg, in qualità di agente;

per il governo ellenico, da K. Georgiadis e Z. Chatzipavlou, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello stato;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da V. Di Bucci, J. Rius et I.V. Rogalski, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 luglio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1), letto in combinato disposto con gli articoli 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento di opposizione di terzo proposto dalla UBS Europe SE, successore della UBS (Luxembourg) SA, (in prosieguo: la «UBS»), e dal sig. Alain Hondequin e altri, avverso la sentenza del 16 dicembre 2014 della Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo), che si è pronunciata sul ricorso presentato dai sigg. DV e UE avverso la sentenza del 5 giugno 2014 del tribunal administratif (tribunale amministrativo, Lussemburgo), in merito al diniego della Commission de Surveillance du Secteur Financier (commissione di vigilanza del settore finanziario, in prosieguo: «CSSF») di produrre taluni documenti nell’ambito delle controversie tra il sig. DV e la CSSF in seguito alla decisione della CSSF di privarlo del requisito dell’onorabilità professionale.

Ambito normativo

Diritto dell’Unione

3

I considerando 2 e 63 della direttiva 2004/39 così recitano:

«(2)

(…) è indispensabile assicurare il grado di armonizzazione necessario per poter offrire agli investitori un livello elevato di protezione e consentire alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta la Comunità, nel quadro del mercato unico, sulla base della vigilanza dello Stato membro di origine. (…)

(…)

(63)

(…) A causa della crescente attività transfrontaliera, le autorità competenti dovrebbero trasmettersi reciprocamente le informazioni pertinenti ai fini dell’esercizio delle loro funzioni, in modo tale da garantire l’effettiva applicazione della presente direttiva, anche in situazioni in cui le violazioni o presunte violazioni possono interessare le autorità di due o più Stati membri. Nello scambio di informazioni è necessaria un’osservanza rigorosa del segreto professionale per garantire la trasmissione senza intoppi di tali informazioni e la protezione dei diritti delle persone».

4

Nel titolo II della direttiva 2004/39, rubricato «Condizioni per l’autorizzazione e l’esercizio delle attività applicabili alle imprese di investimento», l’articolo 8 della stessa, intitolato «Revoca dell’autorizzazione», dispone, alla lettera c), che le autorità competenti possono revocare l’autorizzazione rilasciata ad un’impresa di investimento che non soddisfa più le condizioni cui era subordinata l’autorizzazione.

5

All’interno del medesimo titolo II, l’articolo 9 della suddetta direttiva, intitolato «Persone che dirigono effettivamente l’attività», dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri prescrivono che le persone che dirigono effettivamente l’attività di un’impresa di investimento abbiano onorabilità e professionalità sufficienti per assicurare una gestione sana e prudente di detta impresa.

(…)

3.   L’autorità competente rifiuta l’autorizzazione se non è certa che le persone che dirigeranno effettivamente l’attività dell’impresa di investimento abbiano onorabilità e professionalità sufficienti o laddove esistano ragioni obiettive e dimostrabili per ritenere che i cambiamenti proposti nella direzione mettano a repentaglio la gestione sana e prudente dell’impresa.

(…)».

6

L’articolo 17 di detta direttiva, intitolato «Obblighi generali in materia di vigilanza continua», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti vigilino sulle attività delle imprese di investimento per accertare che esse rispettino le condizioni di esercizio previste nella presente direttiva. Essi garantiscono inoltre che siano adottate opportune misure per permettere alle autorità competenti di ottenere le informazioni necessarie per valutare se l’impresa di investimento ottemperi a tali obblighi».

7

L’articolo 50 della direttiva 2004/39, intitolato «Poteri da conferire alle autorità competenti», prevede quanto segue:

«1.   Alle autorità competenti sono conferiti tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l’esercizio delle loro funzioni.

(…)

2.   I poteri di cui al paragrafo 1 sono esercitati conformemente al diritto nazionale e comprendono quanto meno il diritto di:

a)

avere accesso a qualsiasi documento in qualsiasi forma e riceverne copia;

b)

chiedere informazioni a qualsiasi persona e, se necessario, convocare e interrogare qualsiasi persona per ottenere informazioni;

(…)

l)

riferire fatti all’autorità giudiziaria ai fini della promozione dell’azione penale;

(…)».

8

L’articolo 51 di tale direttiva, rubricato «Sanzioni amministrative», al paragrafo 1, così dispone:

«Fatte salve le procedure per la revoca dell’autorizzazione o il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali, gli Stati membri assicurano, conformemente al loro diritto nazionale, che possano essere adottate misure o irrogate sanzioni amministrative appropriate a carico delle persone responsabili nel caso in cui le disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva non siano rispettate. Gli Stati membri assicurano che queste misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive».

9

L’articolo 52 della suddetta direttiva, intitolato «Diritto di ricorso», al suo paragrafo 1 così prevede:

«Gli Stati membri garantiscono che le decisioni adottate in applicazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative emanate ai sensi della presente direttiva siano adeguatamente motivate e siano soggette a ricorso giurisdizionale. (…)».

10

Ai sensi dell’articolo 54 della direttiva 2004/39, rubricato «Segreto professionale»:

«1.   Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti, tutte le persone che lavorano o hanno lavorato per le autorità competenti o per gli organismi ai quali sono state delegate funzioni a norma dell’articolo 48, paragrafo 2, nonché i revisori dei conti e gli esperti che agiscono per conto delle autorità competenti siano soggetti all’obbligo del segreto professionale. Quest’obbligo implica che le informazioni riservate ricevute da tali persone nell’esercizio delle loro funzioni non possono essere rivelate ad alcuna persona o autorità, salvo in una forma sommaria o aggregata che non consenta di identificare le singole imprese di investimento, i gestori del mercato, i mercati regolamentati o qualsiasi altra persona, fatti salvi i casi contemplati dal diritto penale o dalle altre disposizioni della presente direttiva.

2.   Qualora un’impresa di investimento, un gestore del mercato o un mercato regolamentato siano dichiarati falliti o siano soggetti a liquidazione coatta, le informazioni riservate che non riguardino terzi possono essere rivelate nel quadro di procedimenti civili o commerciali, se necessarie a tali procedimenti.

3.   Fatti salvi i casi contemplati dalla legge penale, le autorità competenti, gli organismi o le persone fisiche o giuridiche diversi dalle autorità competenti che ricevono informazioni riservate a norma della presente direttiva possono servirsene soltanto nell’espletamento dei loro compiti e per l’esercizio delle loro funzioni, per quanto riguarda le autorità competenti nell’ambito di applicazione della presente direttiva o, per quanto riguarda le altre autorità, organismi o persone fisiche o giuridiche per le finalità per cui le informazioni sono state loro fornite e/o nel contesto dei procedimenti amministrativi o giudiziari specificamente connessi con l’esercizio di tali funzioni. Tuttavia, qualora l’autorità competente o un’altra autorità, organismo o persona che comunica le informazioni vi acconsenta, l’autorità che riceve le informazioni può utilizzarle per altri scopi.

4.   Qualsiasi informazione riservata ricevuta, scambiata o trasmessa a norma della presente direttiva è soggetta alle condizioni in materia di segreto professionale stabilite nel presente articolo. Tuttavia, il presente articolo non osta a che le autorità competenti scambino o trasmettano informazioni riservate ai sensi della presente direttiva e di altre direttive applicabili alle imprese di investimento, agli enti creditizi, ai fondi pensione, agli [organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM)], agli intermediari assicurativi e riassicurativi, alle imprese di assicurazione, ai mercati regolamentati o ai gestori del mercato o altri con l’assenso dell’autorità competente o altra autorità, organismo, o persona fisica o giuridica che ha trasmesso l’informazione.

5.   Questo articolo non osta a che le autorità competenti possano scambiare o trasmettere, in conformità del diritto nazionale, informazioni riservate che non sono state ricevute da un’autorità competente di un altro Stato membro».

11

L’articolo 56 della medesima direttiva, intitolato «Obbligo di collaborazione», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«Le autorità competenti dei diversi Stati membri collaborano tra di loro ogni qualvolta ciò si renda necessario per l’espletamento delle mansioni loro assegnate dalla presente direttiva, valendosi dei poteri loro conferiti dalla presente direttiva o dal diritto nazionale.

Le autorità competenti prestano assistenza alle autorità competenti degli altri Stati membri. In particolare, si scambiano informazioni e collaborano nell’ambito delle indagini o delle attività di vigilanza.

(…)».

Diritto lussemburghese

12

L’articolo 19 della legge del 5 aprile 1993, relativa al settore finanziario (Mémorial A 1993, pag. 462), rubricato «L’onorabilità e la professionalità», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Per ottenere l’autorizzazione, le persone fisiche e, nel caso di persone giuridiche, i membri del consiglio di amministrazione, di direzione e di vigilanza nonché gli azionisti o soci di cui al precedente articolo, devono dimostrare la loro onorabilità professionale. L’onorabilità si valuta sulla base dei precedenti penali e di tutti i fattori idonei a stabilire che le persone godono di buona reputazione e forniscono tutte le garanzie di un’attività irreprensibile».

13

L’articolo 32 della legge del 13 luglio 2007, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e al recepimento, in particolare, della direttiva 2004/39 (Mémorial A 2007, pag. 2076), intitolato «Segreto professionale della CSSF», prevede quanto segue:

«(1)   Tutti i soggetti che esercitano o hanno esercitato un’attività per la [CSSF], nonché i revisori di imprese autorizzate o gli esperti che agiscono per conto della [CSSF], sono vincolati al segreto professionale di cui all’articolo 16 della legge modificata del 23 dicembre 1998 che istituisce un’autorità di vigilanza finanziaria. Tale segreto comporta che nessuna informazione riservata da essi ricevuta nell’esercizio delle loro funzioni può essere divulgata ad alcuna persona o autorità, se non in forma sommaria o aggregata, in modo che nessun operatore, mercato regolamentato, [sistema multilaterale di negoziazione (MTF)] o qualsiasi altro soggetto pertinente o ogni altro sistema interessato non possa essere identificato, fatti salvi i casi contemplati dal diritto penale o dalle altre disposizioni del presente titolo.

(…)

(3)   Fatti salvi i casi contemplati dal diritto penale, la [CSSF] può utilizzare unicamente informazioni riservate ottenute a norma del presente titolo per l’esercizio delle sue funzioni a norma del presente titolo o nel contesto dei procedimenti amministrativi o giudiziari specificamente connessi con l’esercizio di tali funzioni.

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14

Risulta dalla decisione di rinvio che, con decisione del 4 gennaio 2010, la CSSF, ingiungeva al sig. DV di dimettersi al più presto da tutti i suoi incarichi, sulla base del rilievo che il sig. DV non fosse più affidabile e, quindi, non fosse più idoneo ad esercitare presso un soggetto vigilato una funzione di amministratore o un’altra funzione il cui esercizio sia soggetto ad autorizzazione. La CSSF motivava la sua decisione, segnatamente, sulla base del ruolo svolto dal sig. DV nella costituzione e nell’esercizio della Luxalpha Sicav (in prosieguo: la «Luxalpha»).

15

Con atti introduttivi depositati il 26 febbraio e il 31 marzo 2010, dinanzi al tribunal administratif (tribunale amministrativo, Lussemburgo), il sig. DV proponeva un ricorso diretto alla modifica o, in subordine, all’annullamento della citata decisione della CSSF.

16

L’11 novembre 2010, il sig. DV chiedeva alla CSSF, nell’ambito delle suddette controversie ancora in corso, la comunicazione di una lettera del 27 gennaio 2009, inviata dalla UBS alla CSSF, a seguito di una richiesta di informazioni di quest’ultima del 31 dicembre 2008, nell’ambito del «causa Madoff». Con decisione del 13 dicembre 2010, la CSSF rifiutava di accogliere tale domanda. Il 10 gennaio 2011, il sig. DV proponeva un ricorso diretto alla riforma o, in subordine, all’annullamento della decisione della CSSF. Il 15 dicembre 2011, il tribunal administratif (tribunale amministrativo) ingiungeva alla CSSF di produrre detta lettera. Con sentenza del 18 luglio 2012, il tribunal administratif (tribunale amministrativo) dichiarava parzialmente fondato il ricorso proposto dal sig. DV e annullava, quindi, la decisione della CSSF del 13 dicembre 2010 di rifiutare la comunicazione della suddetta lettera del 27 gennaio 2009, ad eccezione di alcune informazioni.

17

Il 26 febbraio 2013, il sig. DV chiedeva alla CSSF, nel contesto dei procedimenti principali, di fornirgli vari documenti, tra cui «la lettera della CSSF del 31 dicembre 2008 diretta al[la UBS] e il suo questionario» e «la totalità delle indagini e/o delle istruzioni compiute dalla CSSF nell’ambito della causa Madoff, con riguardo alla Luxalpha, e della documentazione da essa ricevuta in tale occasione». Secondo il sig. DV, tali documenti evidenziano il ruolo della UBS nella costituzione e attuazione della Luxalpha, ragion per cui sarebbero indispensabili al fine di comprendere il ruolo delle differenti persone intervenute nella costituzione di tale società.

18

Con decisione del 9 aprile 2013, la CSSF rifiutava la comunicazione dei documenti richiesti, in particolare sulla base del rilievo secondo il quale non erano stati inclusi nel fascicolo amministrativo concernente il sig. DV, erano soggetti all’obbligo del segreto professionale incombente su di essa, in nessun momento nel corso del procedimento amministrativo nei confronti del sig. DV la stessa aveva dedotto i documenti richiesti e la domanda del sig. DV non era sufficientemente precisa.

19

Il 5 giugno 2013, il sig. DV presentava un ricorso diretto ad ottenere, in via principale, l’annullamento e, in via subordinata, la riforma della summenzionata decisione della CSSF. Con ricorso depositato il 7 giugno 2013 dinanzi al tribunal administratif (tribunale amministrativo), il sig. EU dichiarava di intendere intervenire volontariamente nel procedimento poiché, al pari del sig. DV, sarebbe stato oggetto di un procedimento amministrativo che lo sanzionava, tra l’altro, per il suo ruolo nella costituzione e nel funzionamento della Luxalpha. Il sig. EU sosteneva, parimenti, di aver proposto un ricorso avverso la decisione della CSSF contestando la perdita della sua onorabilità professionale e di aver bisogno, nell’ambito di tale procedimento, di vari documenti di cui la CSSF gli avrebbe rifiutato la comunicazione.

20

Con sentenza del 5 giugno 2014, il tribunal administratif (tribunale amministrativo), dopo aver autorizzato l’intervento volontario del sig. EU nella causa, ingiungeva ordinato alla CSSF di produrre la lettera del 31 dicembre 2008 indirizzata alla UBS nell’ambito del «causa Madoff» e rigettava il ricorso di annullamento proposto dal sig. DV per il resto.

21

Con atto introduttivo depositato il 26 giugno 2014, i sigg. DV e UE impugnavano tale sentenza del tribunal administratif (tribunale amministrativo) dinanzi alla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo).

22

Con sentenza del 16 dicembre 2014, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha dichiarato parzialmente fondato il ricorso dei sigg. DV e UE e ha condannato la CSSF a produrre, nei procedimenti principali, la totalità delle indagini e/o delle istruzioni compiute dalla CSSF nell’ambito della «causa Madoff», con riguardo alla Luxalpha, e della documentazione da essa ricevuta in tale occasione.

23

Nella predetta sentenza, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha statuito, in particolare, che, in un procedimento relativo ad una sanzione amministrativa, in particolare, se analogo ad un procedimento penale alla luce della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), come quello di cui trattasi nel caso di specie, nessun segreto, in via di principio, può essere opposto a chi si difende o presenta un ricorso avverso la sanzione inflittagli. Pertanto, se l’amministrazione si è basata su un documento che riguarda parimenti un terzo, essa potrà opporre all’amministrato il segreto professionale, solo entro limiti molto stringenti a pena di ledere i diritti della difesa. La Cour administrative (Corte amministrativa) ha inoltre dichiarato che all’amministrazione, che deve, in via di principio, produrre nel fascicolo depositato dinanzi ad essa il fascicolo amministrativo completo contenente tutti i documenti relativi all’atto impugnato, incombe spiegare perché un documento richiesto dalla difesa non sia pertinente. Orbene, nel caso di specie, la CSSF si era limitata a dedurre il segreto professionale senza chiarire, dettagliatamente, le ragioni imperative che le avrebbero impedito di fornire al sig. DV tutti i documenti che inizialmente sembravano utili alla difesa avverso la sanzione adottata nei suoi confronti.

24

Con atti introduttivi depositati, rispettivamente, il 23 ottobre 2015 ed il 3 marzo 2016, dinanzi alla Cour administrative (Corte amministrativa), la UBS e il sig. Alain Hondequin e altri, che agiscono in qualità di ex-membri del consiglio di amministrazione della Luxalpha, hanno introdotto un’opposizione di terzo avverso la predetta sentenza. La UBS contesta alla Cour administrative (Corte amministrativa), in sostanza, di non aver tenuto conto dell’articolo 54 della direttiva 2004/39.

25

In tale contesto, il giudice del rinvio dichiara di essere confrontato a due tipi di domande relative all’interpretazione dell’articolo 54 della direttiva 2004/39. Detto giudice si interroga, in primo luogo, sull’ambito di applicazione, alla luce dell’articolo 41 della Carta, dell’eccezione «i casi contemplati dal diritto penale», di cui ai paragrafi 1 e 3 dell’articolo 54. Lo stesso si chiede, inoltre, come si debbano conciliare le esigenze e le garanzie derivanti dagli articoli 47 e 48 della Carta nonché dagli articoli 6 e 13 della CEDU con l’obbligo di mantenere il segreto professionale sancito dal predetto articolo 54.

26

In tale contesto, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Più in particolare, nel contesto dell’articolo 41 della Carta che sancisce il principio di buona amministrazione, se l’eccezione dei «casi contemplati dal diritto penale», che figura sia all’articolo 54, paragrafo 1 in fine, della direttiva 2004/39 sia nella parte iniziale del medesimo articolo 54, paragrafo 3, si applichi a una fattispecie qualificabile, in base alla normativa nazionale, come sanzione amministrativa ma considerata, nella prospettiva della CEDU, come rientrante nel diritto penale, quale la sanzione di cui al procedimento principale, inflitta dall’autorità nazionale di regolamentazione, l’autorità nazionale di sorveglianza, e consistente nell’ordinare a un membro dell’ordine nazionale degli avvocati di cessare l’esercizio, presso un soggetto sorvegliato dalla suddetta autorità di regolamentazione, della funzione di amministratore o di ogni altra funzione soggetta ad autorizzazione, con intimazione a dimettersi al più presto da tutti i relativi incarichi dal medesimo ricoperti.

2)

Qualora la sanzione amministrativa succitata, considerata come tale dal diritto nazionale, rientri in un procedimento amministrativo, in che misura l’obbligo di mantenere il segreto professionale che un’autorità nazionale di vigilanza può invocare sulla base delle disposizioni dell’articolo 54 della citata direttiva 2004/39/CE sia influenzato dalle esigenze di un processo equo comprendente un ricorso effettivo, quali risultanti dall’articolo 47 della Carta, da valutare rispetto alle esigenze derivanti, in parallelo, dagli articoli 6 e 13 della CEDU in materia di equo processo e di ricorso effettivo, nonché rispetto alle garanzie previste dall’articolo 48 della Carta, più in particolare alla luce dell’accesso integrale dell’amministrato al fascicolo amministrativo dell’autore di una sanzione amministrativa - che è, al contempo, l’autorità nazionale di vigilanza - ai fini della difesa degli interessi e dei diritti civili dell’amministrato sanzionato».

Sulle questioni pregiudiziali

27

Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39, letto in combinato disposto con l’articolo 41 della Carta, debba essere interpretato nel senso che l’eccezione all’obbligo del segreto professionale di cui a tale disposizione e relativo ai «casi contemplati dal diritto penale», si applichi in una situazione in cui le autorità designate dagli Stati membri per esercitare le funzioni previste da detta direttiva (in prosieguo: le «autorità competenti») adottino una misura, in particolare una sanzione, rientrante nel diritto amministrativo nazionale. In caso di risposta negativa, il giudice del rinvio chiede in quale misura il suddetto obbligo del segreto professionale sia in ogni caso limitato dalle esigenze del diritto a un ricorso effettivo e a un processo equo nonché dal rispetto dei diritti della difesa, sanciti dagli articoli 47 e 48 della Carta, letti alla luce degli articoli 6 e 13 della CEDU.

28

In primo luogo, per quanto riguarda le situazioni di cui all’espressione «casi contemplati dal diritto penale» ai sensi dell’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39, letto in combinato disposto con l’articolo 41 della Carta, occorre rilevare che si evince chiaramente dal tenore letterale di quest’ultima disposizione che essa non si rivolge agli Stati membri, ma unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione (sentenze del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses, C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 83, e del 9 marzo 2017, DouxC‑141/15, EU:C:2017:188, punto 60). Ne consegue che l’articolo 41 della Carta non è rilevante ai fini del procedimento principale.

29

Si deve inoltre rilevare che né l’articolo 54 della direttiva 2004/39 né alcuna altra disposizione di tale direttiva contiene una definizione dell’espressione «casi contemplati dal diritto penale», di cui ai paragrafi 1 e 3 del suddetto articolo.

30

Occorre pertanto tenere conto, conformemente ad una giurisprudenza costante, del contesto in cui si inserisce l’articolo 54 della direttiva 2004/39, nonché degli obiettivi perseguiti da tale direttiva (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Drukarnia Multipress, C‑357/13, EU:C:2015:253 punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

31

Si deve rammentare che emerge dal considerando 2 della suddetta direttiva che essa mira a raggiungere il grado di armonizzazione necessario per poter offrire agli investitori un livello elevato di protezione e consentire alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta l’Unione sulla base della vigilanza esercitata nello Stato membro di origine (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 26).

32

Dal considerando 63, secondo periodo, della direttiva 2004/39 emerge inoltre che, in un contesto di crescente attività transfrontaliera, le autorità competenti dei diversi Stati membri devono trasmettersi reciprocamente le informazioni pertinenti ai fini dell’esercizio delle loro funzioni, in modo tale da garantire l’effettiva applicazione di detta direttiva (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 27).

33

Pertanto, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, gli Stati membri assicurano che le autorità competenti vigilino permanentemente sulle attività delle imprese di investimento per accertare che esse ottemperino ai loro obblighi (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 28).

34

L’articolo 50, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva prevede che alle autorità competenti siano conferiti tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l’esercizio delle loro funzioni, incluso il diritto di accedere a qualsiasi documento e di chiedere informazioni a qualsiasi persona (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 29).

35

L’articolo 56, paragrafo 1, della direttiva 2004/39 prevede inoltre che tutte le autorità competenti prestino assistenza alle autorità competenti degli altri Stati membri e che, in particolare, le autorità competenti si scambino informazioni e collaborino nell’ambito delle indagini o delle attività di vigilanza (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 30).

36

Il funzionamento efficace del sistema di controllo sull’attività delle imprese di investimento, fondato sulla sorveglianza esercitata nell’ambito di uno Stato membro e sullo scambio di informazioni tra le competenti autorità di diversi Stati membri, come descritto in breve ai punti precedenti, richiede che sia le imprese sorvegliate sia le autorità competenti possano avere la certezza che le informazioni riservate conservino in linea di principio il loro carattere riservato (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 31).

37

Come risulta, in particolare, dall’ultima frase del considerando 63 della direttiva 2004/39, l’assenza di una siffatta fiducia potrebbe compromettere una agevole trasmissione delle informazioni riservate necessarie per l’attività di vigilanza (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 32).

38

È dunque al fine di tutelare non solo gli specifici interessi delle imprese direttamente coinvolte, ma anche l’interesse generale collegato al normale funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell’Unione, che l’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39 impone, come regola generale, l’obbligo di mantenere il segreto professionale (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 33).

39

A tale riguardo, la Corte ha sottolineato che l’articolo 54 della direttiva 2004/39 sancisce il principio generale del divieto di divulgazione delle informazioni riservate detenute dalle autorità competenti e indica in modo tassativo i casi specifici in cui detto divieto generale non ostacola, in via eccezionale, la loro trasmissione o il loro utilizzo (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 38).

40

Nel caso di specie, si deve rilevare che l’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39 dispone che l’obbligo del segreto professionale che incombe sulle autorità competenti si applica «fatti salvi i casi contemplati dal diritto penale».

41

Trattandosi di un’eccezione ad un principio generale di divieto di divulgazione delle informazioni riservate detenute dalle autorità competenti, l’espressione «casi contemplati dalla legge penale», utilizzata all’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39, deve essere interpretata restrittivamente (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2010, Commissione/Regno Unito, C‑346/08, EU:C:2010:213, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

42

A tale riguardo, occorre osservare che, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2004/39, le autorità competenti devono disporre del diritto di riferire fatti all’autorità giudiziaria ai fini della promozione dell’azione penale.

43

Inoltre, l’articolo 51, paragrafo 1 di tale direttiva dispone che, fatte salve le procedure per la revoca dell’autorizzazione o il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali, gli Stati membri assicurano, conformemente al loro diritto nazionale, che possano essere adottate misure o irrogate sanzioni amministrative appropriate a carico delle persone responsabili nel caso in cui le disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva non siano rispettate.

44

In tale contesto, si deve rilevare, come osservato sostanzialmente dall’avvocato generale ai punti 47 e 48 delle sue conclusioni, che l’articolo 54, paragrafi 1 e 3 della direttiva 2004/39, ove prevede che l’obbligo del segreto professionale possa, in via eccezionale, essere escluso nei «casi contemplati dal diritto penale», si riferisce alla trasmissione o all’utilizzo di informazioni riservate per le azioni penali nonché per le sanzioni rispettivamente condotte o inflitte ai sensi del diritto penale nazionale.

45

Tale interpretazione è corroborata, inoltre, dall’articolo 76, paragrafi 1 e 3, della direttiva n. 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349), che ha proceduto a una rifusione della direttiva 2004/39, che precisa ad oggi che l’obbligo del segreto professionale si applica «fatte salve le disposizioni del diritto penale (…) nazionale».

46

Si deve inoltre rilevare che, indipendentemente dalla loro qualificazione in base al diritto nazionale, qualificazione alla quale si riferisce il giudice del rinvio, le misure che le autorità competenti devono adottare a seguito della constatazione che una persona non soddisfa più i requisiti di onorabilità di cui all’articolo 9 della direttiva 2004/39, fanno parte delle «procedure per la revoca dell’autorizzazione» di cui all’articolo 51, paragrafo 1, di tale direttiva, senza che esse costituiscano del resto sanzioni, ai sensi di tale disposizione, né che la loro applicazione si riferisca ai casi contemplati dal diritto penale ai sensi dell’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della stessa direttiva.

47

Di conseguenza, si deve statuire che l’eccezione al principio generale del divieto di divulgazione delle informazioni riservate detenute dalle autorità competenti relative ai «casi contemplati dal diritto penale» non si applica in una situazione come quella oggetto del procedimento principale.

48

È tuttavia necessario esaminare, in secondo luogo, in quale misura l’obbligo del segreto professionale previsto all’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39 sia, in ogni caso, limitato dai requisiti del diritto ad un ricorso effettivo e ad un equo processo nonché dal rispetto dei diritti della difesa, sanciti agli articoli 47 e 48 della Carta, letti alla luce degli articoli 6 e 13 della CEDU.

49

In via preliminare, dal momento che il giudice del rinvio fa parimenti riferimento agli articoli 6 e 13 della CEDU, occorre ricordare che, anche se, come conferma l’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e, anche se l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, impone di dare ai diritti in essa contemplati corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU lo stesso significato e la stessa portata di quelli loro conferiti da tale Convenzione, quest’ultima non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione (sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

50

Dalle spiegazioni relative alla Carta, le quali, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE e all’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, debbono essere prese in considerazione per l’interpretazione della stessa (sentenza del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 47), risulta che gli articoli 47 e 48 della Carta garantiscono, nel diritto dell’Unione, la tutela conferita dagli articoli 6 e 13 della CEDU. Si deve, pertanto, far riferimento esclusivamente a tali articoli della Carta.

51

Inoltre, occorre ricordare che emerge da una giurisprudenza costante che i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione e che l’applicabilità di tale diritto implica quella dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

52

Nel procedimento principale, risulta dagli elementi forniti alla Corte che le decisioni della CSSF in questione sono fondate su disposizioni nazionali di attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Ne consegue che le disposizioni della Carta sono applicabili in una simile causa.

53

Inoltre, occorre ricordare che, secondo un principio ermeneutico generale, un atto dell’Unione deve essere interpretato, nei limiti del possibile, in modo da non inficiare la sua validità e in conformità con il diritto primario nel suo complesso e, in particolare, con le disposizioni della Carta (sentenza del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 48).

54

A tale riguardo, relativamente, in primo luogo, al diritto ad un ricorso effettivo, l’articolo 47, primo comma, della Carta stabilisce che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste in tale articolo.

55

Per garantire il rispetto di tale diritto fondamentale nell’Unione, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone agli Stati membri l’obbligo di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione (sentenza del 26 settembre 2013, Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 78).

56

Per quanto riguarda, più in particolare, l’esistenza di un diritto garantito dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 47, primo comma, della Carta, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la tutela nei confronti di interventi dei pubblici poteri nella sfera privata di una persona, fisica o giuridica, che siano arbitrari o sproporzionati, rappresenta un principio generale del diritto dell’Unione. Tale tutela può essere dedotta da un amministrato avverso un atto che gli reca pregiudizio (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punti 5152).

57

Orbene, si deve rilevare che il diritto a un ricorso effettivo è riaffermato inoltre dalla direttiva 2004/39 stessa, il cui articolo 52, paragrafo 1, prima frase, stabilisce che «[g]li Stati membri garantiscono che le decisioni adottate in applicazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative emanate ai sensi della presente direttiva siano adeguatamente motivate e siano soggette a ricorso giurisdizionale».

58

Inoltre, occorre rilevare che, nel procedimento principale, le decisioni della CSSF in questione sono state oggetto di ricorso giurisdizionale per valutarne la legittimità.

59

In secondo luogo, per quanto riguarda il diritto a un equo processo garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, si deve ricordare che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un aspetto particolare del diritto a un equo processo (v., in tal senso, Corte EDU, 1o giugno 2010, Gäfgen c. Germania, ECLI:CE:ECHR:2010:0601JUD002297805, § 169, nonché sentenza del 6 novembre 2012, Otis e a., C‑199/11, EU:C:2012:684, punto 48). Il rispetto dei diritti della difesa è sancito anche all’articolo 48, paragrafo 2, della Carta.

60

La Corte ha evidenziato che i diritti della difesa devono essere rispettati in ogni procedimento avviato nei confronti di una persona e in grado di concludersi con un atto arrecante pregiudizio (v., in tal senso, sentenze del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, EU:C:1979:36, punto 9; del 2 ottobre 2003, ARBED/Commissione, C‑176/99 P, EU:C:2003:524, punto 19, e del 26 settembre 2013, Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 83).

61

Il diritto di accesso al fascicolo costituisce, a sua volta, il corollario necessario per l’esercizio effettivo dei diritti della difesa (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 316, nonché del 1o luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 22).

62

Tuttavia, secondo costante giurisprudenza della Corte, i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (sentenze del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 63, nonché del 26 settembre 2013, Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 84).

63

Tali restrizioni possono essere dirette, in particolare, a tutelare i requisiti di riservatezza o di segretezza professionale che potrebbero essere compromessi dall’accesso a determinate informazioni e a determinati documenti (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C‑298/16, EU:C:2017:843, punto 36).

64

A tale proposito, per quanto riguarda, più in particolare, l’obbligo del segreto professionale che incombe sulle autorità competenti in forza dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, occorre ricordare che, come è stato rilevato al punto 38 della presente sentenza, tale obbligo mira a tutelare non solo gli interessi specifici delle imprese direttamente interessate, ma anche l’interesse generale connesso al normale funzionamento dei mercati degli strumenti finanziari dell’Unione.

65

A tale riguardo, la Corte ha giudicato che il divieto generale di divulgare informazioni riservate, sancito all’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, si riferisce alle informazioni detenute dalle autorità competenti che, in primo luogo, non hanno carattere pubblico e che, in secondo luogo, rischierebbero, se divulgate, di ledere gli interessi della persona fisica o giuridica che le ha fornite o di terzi, oppure il buon funzionamento del sistema di vigilanza sull’attività delle imprese di investimento che il legislatore dell’Unione ha istituito con l’adozione della direttiva 2004/39 (sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 35).

66

Inoltre, per quanto riguarda più in particolare il diritto di accesso al fascicolo, da una giurisprudenza costante emerge che ciò implica che il soggetto interessato da un atto che gli arreca pregiudizio abbia la possibilità di esaminare tutti i documenti contenuti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa. Gli stessi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti aziendali di altri soggetti, i documenti interni dell’autorità che ha adottato la misura e le altre informazioni riservate (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 68, e del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑110/10 P, EU:C:2011:687, punto 49).

67

Per quanto riguarda i documenti che devono essere inclusi nel fascicolo istruttorio, occorre rilevare che emerge parimenti dalla giurisprudenza della Corte che, sebbene non possa spettare alla sola autorità che notifica gli addebiti e adotta la decisione che infligge una sanzione determinare i documenti utili alla difesa del soggetto interessato, a tale autorità è tuttavia consentito escludere dal procedimento amministrativo gli elementi che non hanno alcun rapporto con le considerazioni di fatto e di diritto riportate nella comunicazione degli addebiti e che non hanno, quindi, alcuna rilevanza per l’indagine (v., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 126 e giurisprudenza ivi citata).

68

Dalle suesposte considerazioni risulta che il diritto alla comunicazione dei documenti pertinenti ai fini della difesa non è illimitato e assoluto. Al contrario, come in sostanza rilevato dall’avvocato generale al punto 90 delle sue conclusioni, la tutela della riservatezza delle informazioni coperte dal segreto professionale che incombe sulle autorità competenti ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, deve essere garantita e attuata in modo da conciliarla con il rispetto dei diritti della difesa.

69

Pertanto, in caso di conflitto tra, da un lato, l’interesse della persona a cui è diretto un atto che la pregiudica a disporre delle informazioni necessarie per essere in grado di esercitare a pieno i suoi diritti della difesa e, dall’altro lato, gli interessi a mantenere la riservatezza delle informazioni coperte dal segreto professionale, spetta alle autorità o agli organi giurisdizionali competenti ricercare, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie, un equilibrio tra tali interessi contrapposti (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2008, Varec, C‑450/06, EU:C:2008:91, punti 5152 nonché giurisprudenza ivi citata).

70

In circostanze come quelle del procedimento principale, quindi, qualora un’autorità competente deduca il segreto professionale di cui all’articolo 54, paragrafo 1, della direttiva 2004/39, al fine di rifiutare la comunicazione delle informazioni in suo possesso che non sono incluse nel fascicolo relativo al soggetto interessato da un atto che gli arreca pregiudizio, spetta al giudice nazionale competente stabilire se tali informazioni sono obiettivamente collegate agli addebiti nei suoi confronti e, in caso affermativo, contemperare gli interessi di cui al punto precedente della presente sentenza, prima di decidere in merito alla comunicazione delle informazioni richieste.

71

Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni poste affermando che l’articolo 54 della direttiva 2004/39 dev’essere interpretato nel senso che:

l’espressione «casi contemplati dal diritto penale», di cui ai paragrafi 1 e 3 di tale articolo, non riguarda la situazione in cui le autorità competenti adottano una misura ‑ come quella di cui al procedimento principale, che vieta ad una persona di esercitare presso un’impresa vigilata la funzione di amministratore o un’altra funzione il cui esercizio è soggetto ad autorizzazione, con ordine di dimettersi dai suoi incarichi al più presto, poiché tale persona non soddisfa più i requisiti di onorabilità professionale di cui all’articolo 9 di detta direttiva ‑ che rientra tra le misure che le autorità competenti devono adottare nell’esercizio delle competenze di cui dispongono ai sensi delle disposizioni del titolo II della medesima direttiva. Infatti, tale disposizione, nel prevedere che l’obbligo del segreto professionale possa, in via eccezionale, essere escluso in tali casi, fa riferimento alla trasmissione o all’utilizzo di informazioni riservate ai fini delle azioni penali nonché delle sanzioni rispettivamente condotte o inflitte ai sensi del diritto penale nazionale;

l’obbligo di segreto professionale di cui al paragrafo 1 di tale articolo, letto in combinato disposto con gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere garantito e attuato in modo da conciliarlo con il rispetto dei diritti della difesa. Pertanto, spetta al giudice nazionale competente, qualora un’autorità competente deduca tale obbligo per rifiutare la comunicazione delle informazioni in suo possesso che non sono incluse nel fascicolo riguardante il soggetto interessato da un atto che gli arreca pregiudizio, verificare se tali informazioni siano oggettivamente connesse alle accuse mosse nei suoi confronti e, in caso affermativo, trovare un equilibrio tra l’interesse del soggetto di cui si tratta ad ottenere le informazioni necessarie per essere in grado di esercitare pienamente i diritti di difesa e l’interesse a mantenere la riservatezza di informazioni soggette all’obbligo del segreto professionale, prima di decidere in merito alla comunicazione di ciascuna delle informazioni richieste.

Sulle spese

72

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 54 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che:

 

l’espressione «casi contemplati dal diritto penale», di cui ai paragrafi 1 e 3 di tale articolo, non riguarda la situazione in cui le autorità designate dagli Stati membri per esercitare le funzioni previste da tale direttiva adottano una misura ‑ come quella di cui al procedimento principale, che vieta ad una persona di esercitare presso un’impresa vigilata la funzione di amministratore o un’altra funzione il cui esercizio è soggetto ad autorizzazione, con ordine di dimettersi dai suoi incarichi al più presto, poiché tale persona non soddisfa più i requisiti di onorabilità professionale di cui all’articolo 9 di detta direttiva ‑ che rientra tra le misure che le autorità competenti devono adottare nell’esercizio delle competenze di cui dispongono ai sensi delle disposizioni del titolo II della medesima direttiva. Infatti, tale disposizione, nel prevedere che l’obbligo del segreto professionale possa, in via eccezionale, essere escluso in tali casi, fa riferimento alla trasmissione o all’utilizzo di informazioni riservate ai fini delle azioni penali nonché delle sanzioni rispettivamente condotte o inflitte ai sensi del diritto penale nazionale;

l’obbligo di segreto professionale di cui al paragrafo 1 di tale articolo, letto in combinato disposto con gli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere garantito e attuato in modo da conciliarlo con il rispetto dei diritti della difesa. Pertanto, spetta al giudice nazionale competente, qualora un’autorità competente deduca tale obbligo per rifiutare la comunicazione delle informazioni in suo possesso che non sono incluse nel fascicolo riguardante il soggetto interessato da un atto che gli arreca pregiudizio, verificare se tali informazioni siano oggettivamente connesse alle accuse mosse nei suoi confronti e, in caso affermativo, trovare un equilibrio tra l’interesse del soggetto di cui si tratta ad ottenere le informazioni necessarie per essere in grado di esercitare pienamente i diritti di difesa e gli interessi a mantenere la riservatezza di informazioni soggette all’obbligo del segreto professionale, prima di decidere in merito alla comunicazione di ciascuna delle informazioni richieste.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.