SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

14 dicembre 2017 ( *1 )

«Impugnazione – Dumping – Regolamento (UE) n. 502/2013 – Importazioni di biciclette originarie della Cina – Regolamento (CE) n. 1225/2009 – Articolo 18, paragrafo 1 – Collaborazione – Nozione di “informazioni necessarie” – Articolo 9, paragrafo 5 – Domanda di trattamento individuale – Rischio di elusione»

Nella causa C‑61/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 4 febbraio 2016,

European Bicycle Manufacturers Association (EBMA), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da L. Ruessmann, avocat, e J. Beck, solicitor,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Giant (China) Co. Ltd, con sede in Kunshan (Cina), rappresentata da P. De Baere, avocat,

ricorrente in primo grado,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da H. Marcos Fraile, in qualità di agente, assistita da B. O’Connor, solicitor, e da S. Gubel, avocat,

convenuto in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland, M. França e A. Demeneix, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Vajda, E. Juhász, K. Jürimäe (relatore) e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 marzo 2017,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 luglio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la European Bicycle Manufacturers Association (EBMA) chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 26 novembre 2015, Giant (China)/Consiglio (T‑425/13, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2015:896), con cui quest’ultimo ha annullato il regolamento (UE) n. 502/2013 del Consiglio, del 29 maggio 2013, recante modifica del regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame intermedio a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1225/2009 (GU 2013, L 153, pag. 17; in prosieguo: il «regolamento controverso»), nella parte in cui riguardava la Giant (China) Co. Ltd (in prosieguo: la «Giant»).

I. Contesto normativo

2

All’epoca dell’inchiesta sfociata nell’adozione del regolamento controverso, le disposizioni che disciplinavano l’adozione di misure antidumping da parte dell’Unione europea erano contenute nel regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51, e rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22; in prosieguo: il «regolamento di base»).

3

Il considerando 28 del regolamento di base così recitava:

«È necessario stabilire che nei confronti delle parti che non collaborano in misura sufficiente possono essere usate ai fini delle risultanze altre informazioni che possano essere meno favorevoli per dette parti».

4

L’articolo 2, paragrafo 7, di tale regolamento così disponeva:

«a)

Nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato (…), il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi[,] compresa la Comunità, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nella Comunità per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto.

Un paese terzo ad economia di mercato viene opportunamente selezionato, tenendo debitamente conto di tutte le informazioni attendibili di cui si disponga al momento della scelta. Si deve inoltre tener conto dei termini e, se lo si ritiene opportuno, viene utilizzato un paese terzo ad economia di mercato sottoposto alla stessa inchiesta.

Le parti interessate sono informate subito dopo l’apertura dell’inchiesta in merito al paese terzo ad economia di mercato che si prevede di utilizzare e hanno dieci giorni di tempo per presentare osservazioni.

b)

Nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese, dal Vietnam e dal Kazakistan, nonché da qualsiasi paese non retto da un’economia di mercato che sia membro dell’[Organizzazione mondiale del commercio (OMC)] alla data di apertura dell’inchiesta, il valore normale è determinato a norma dei paragrafi da 1 a 6 qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e in funzione dei criteri e delle procedure di cui alla lettera c), sia dimostrata la prevalenza di condizioni dell’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile. Qualora ciò non sia possibile, si applica il regime di cui alla lettera a).

(…)».

5

L’articolo 5 di detto regolamento è formulato nei seguenti termini:

«(…)

10.   L’avviso di apertura del procedimento annuncia l’inizio dell’inchiesta, indica il prodotto e i paesi interessati, fornisce un riassunto delle informazioni ricevute e dispone che tutte le informazioni pertinenti devono essere comunicate alla Commissione; l’avviso fissa inoltre i termini entro i quali le parti interessate possono manifestarsi, comunicare per iscritto le loro osservazioni e presentare le informazioni necessarie affinché tali osservazioni e informazioni possano essere prese in considerazione nel corso dell’inchiesta; l’avviso precisa inoltre il periodo entro il quale le parti interessate possono chiedere di essere sentite dalla Commissione conformemente all’articolo 6, paragrafo 5.

11.   La Commissione informa gli esportatori, importatori e associazioni rappresentative degli importatori o degli esportatori notoriamente interessati, nonché i rappresentanti dei paesi esportatori e i denunzianti, in merito all’apertura del procedimento e, tenendo debitamente conto dell’esigenza di tutelare le informazioni riservate, fornisce il testo integrale della denuncia scritta[,] ricevuta a norma del paragrafo 1, agli esportatori interessati e alle autorità del paese esportatore, nonché alle altre parti interessate implicate nell’inchiesta che ne facciano richiesta. Se gli esportatori interessati sono molto numerosi, il testo integrale della denuncia scritta può essere fornito unicamente alle autorità del paese esportatore e alle relative associazioni di categoria.

(…)».

6

L’articolo 6, paragrafo 2, del medesimo regolamento disponeva quanto segue:

«Le parti che ricevono i questionari utilizzati nelle inchieste antidumping hanno almeno trenta giorni di tempo per la risposta. Per gli esportatori il termine decorre dalla data di ricevimento del questionario, che a tal fine si considera ricevuto una settimana dopo la data di spedizione all’esportatore oppure di trasmissione alla competente rappresentanza diplomatica del paese esportatore. Il termine può essere prorogato, tenendo debitamente conto dei termini fissati per l’inchiesta e a condizione che le parti interessate abbiano validi motivi connessi a circostanze particolari che li riguardino, per chiedere tale proroga».

7

L’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base stabiliva quanto segue:

«Il dazio antidumping viene istituito per l’importo adeguato a ciascun caso e senza discriminazione sulle importazioni di prodotti per le quali è stato accertato che sono oggetto di dumping e che causano pregiudizio, indipendentemente dalla fonte, salvo quelle effettuate dagli esportatori i cui impegni sono stati accettati a norma del presente regolamento. Il regolamento che impone i dazi indica [l’importo dei dazi a carico di ciascun fornitore] oppure, qualora non sia possibile e, come regola generale, nei casi citati nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), il nome del paese fornitore interessato.

Nei casi in cui si applica l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), viene tuttavia fissato un dazio individuale per gli esportatori in grado di dimostrare, presentando richieste debitamente motivate, che:

a)

nel caso di imprese di proprietà interamente o parzialmente straniera o di joint venture, sono liberi di rimpatriare i capitali e i profitti;

b)

i prezzi e i quantitativi dei prodotti esportati, come pure le condizioni di vendita, sono determinati liberamente;

c)

la maggior parte delle azioni appartiene a privati, che i funzionari statali che ricoprono cariche nel consiglio di amministrazione o si trovano in una posizione direttiva chiave sono in minoranza o che la società è sufficientemente libera dall’ingerenza dello Stato,

d)

le conversioni del tasso di cambio vengono effettuate ai tassi di mercato;

e)

l’ingerenza dello Stato non è tale da consentire l’elusione dei dazi qualora si concedano aliquote diverse ai singoli esportatori».

8

L’articolo 18 di tale regolamento era del seguente tenore:

«1.   Qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro i termini fissati dal presente regolamento oppure ostacoli gravemente l’inchiesta, possono essere elaborate conclusioni provvisorie o definitive, affermative o negative, in base ai dati disponibili. Se si accerta che una parte interessata ha fornito informazioni false o fuorvianti, non si tiene conto di tali informazioni e possono essere utilizzati i dati disponibili. Le parti interessate vengono informate delle conseguenze dell’omessa collaborazione.

(…)

3.   Le informazioni presentate da una parte interessata che non sono perfettamente conformi alle condizioni richieste non devono essere disattese, a condizione che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni siano state presentate correttamente entro i termini[,] siano verificabili e la parte interessata abbia agito con la migliore diligenza.

(…)

6.   L’esito dell’inchiesta per una parte interessata che non collabora oppure collabora solo in parte, impedendo in tal modo l’accesso ad informazioni pertinenti, può essere meno favorevole rispetto alle conclusioni che eventualmente sarebbero state tratte se la parte avesse collaborato».

II. Fatti e regolamento controverso

9

Nel corso del 1993, il Consiglio dell’Unione europea ha istituito un dazio antidumping definitivo del 30,6% sulle importazioni nell’Unione di biciclette originarie della Cina. Successivamente, tale dazio è stato mantenuto allo stesso livello. Nel corso del 2005, detto dazio è stato aumentato al 48,5% per poi essere mantenuto a tale ultimo livello.

10

Il 9 marzo 2012, la Commissione ha annunciato l’apertura d’ufficio di un riesame intermedio delle misure antidumping sulle importazioni di biciclette originarie della Cina, conformemente all’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base.

11

Quattro gruppi di produttori esportatori cinesi hanno dichiarato di aver realizzato esportazioni verso l’Unione nel corso del periodo d’inchiesta, che comprendeva il periodo tra il 1o gennaio e il 31 dicembre 2011. Tra tali quattro gruppi di produttori esportatori vi era il gruppo al quale appartiene la Giant (in prosieguo: il «gruppo Giant»), una società con sede in Cina che fabbrica biciclette destinate alle vendite interne e all’esportazione, compreso verso l’Unione. L’azionista ultimo del gruppo Giant è la G.M., una società con sede in Taiwan. Poiché la joint venture Shanghai Giant & Phoenix Bicycle Co. Ltd (in prosieguo: la «GP»), che è una delle società appartenenti al gruppo Giant, aveva cessato ogni attività nel mese di settembre 2011 e si trovava in liquidazione, la Giant ha chiesto alla Commissione che essa fosse esclusa dall’inchiesta.

12

Il 15 maggio 2012, la Commissione ha inviato ai quattro gruppi di produttori esportatori citati nel punto precedente taluni moduli di richiesta del trattamento riservato alle società operanti in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «TEM»), conformemente all’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base. Nella lettera di cui era destinataria, la Giant è stata informata che, se desiderava ottenere lo status di TEM, tutte le società collegate con sede in Cina dovevano compilare un modulo di richiesta di TEM, compresa la GP, dato che tale società produceva biciclette ed era stata il maggiore esportatore del gruppo Giant verso l’Unione nel periodo dell’inchiesta.

13

Il 4 giugno 2012, la Giant ha presentato i moduli di richiesta di TEM per sei società appartenenti al gruppo Giant, tra cui la GP. Nel suo modulo di richiesta di TEM, la GP era presentata come una joint-venture creata da una società con sede in Taiwan, cioè la B.I., essa stessa collegata alla G.M., e due società con sede in Cina, la S.G. e la Jinshan Development and Construction (in prosieguo: la «Jinshan»). La B.I. e la Jinshan detenevano ciascuna il 45% delle quote della GP e la S.G. ne deteneva il 10%.

14

Con lettera del 14 giugno 2012, la Commissione ha chiesto chiarimenti sui rapporti tra il gruppo Giant e la Jinshan. Sulla base di una valutazione preliminare la Commissione ha concluso che tale gruppo era collegato alla Jinshan e che gli investimenti principali di quest’ultima riguardavano la produzione e la vendita di biciclette. Di conseguenza, alla Giant veniva comunicato che doveva far pervenire il modulo di richiesta di TEM per la Jinshan e per tutte le società appartenenti a quest’ultima (in prosieguo: il «gruppo Jinshan»). In mancanza di tali moduli, la Commissione ha indicato che avrebbe potuto stabilire talune conclusioni sulla base dei dati disponibili, conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, e respingere la domanda di TEM per tutto il gruppo Giant.

15

Il 21 giugno 2012, la Giant ha presentato osservazioni sulla lettera della Commissione del 14 giugno 2012. Essa ha segnatamente indicato che, poiché era collegata solo indirettamente alla Jinshan attraverso la GP e poiché la Jinshan non era un fabbricante del prodotto interessato, ad essa non incombeva l’obbligo di presentare una richiesta di TEM per la Jinshan.

16

Con lettera del 4 luglio 2012, la Commissione ha confermato che considerava che la Giant fosse effettivamente collegata alla Jinshan e che, poiché i membri del gruppo Jinshan non avevano compilato il modulo di richiesta di TEM, essa intendeva applicare l’articolo 18 del regolamento di base e respingere la richiesta di TEM presentata dal gruppo Giant. Inoltre, la Commissione ha reiterato l’esortazione rivolta alla Giant di presentare le risposte al questionario antidumping per tutti i produttori esportatori di biciclette ad essa collegati, compresi quelli appartenenti al gruppo Jinshan.

17

Con lettera del 16 luglio 2012, la Giant ha nuovamente indicato che i suoi rapporti con la Jinshan erano solo indiretti e che quest’ultima, pertanto, non era obbligata a compilare né la richiesta di TEM, né il questionario antidumping.

18

Il 20 luglio 2012, la Giant ha inviato le risposte al questionario antidumping per undici società facenti parte del gruppo Giant e implicate nella produzione e nell’esportazione del prodotto di cui trattasi, ivi compreso la GP, nonché per sei filiali di vendita aventi sede nel territorio dell’Unione.

19

Il 28 agosto 2012, durante un’audizione tenutasi nei locali della Commissione, la Giant ha formulato talune obiezioni avverso il proposito della Commissione di applicare l’articolo 18 del regolamento di base nell’ambito della sua richiesta di TEM, sostenendo che non era necessario, né le era possibile, presentare richieste di TEM, e ancor meno risposte al questionario, per le altre società nelle quali aveva investito la Jinshan.

20

Il 23 ottobre 2012 la Commissione ha comunicato alla Giant che, poiché non aveva ricevuto una richiesta di TEM per le società del gruppo Jinshan, non era in grado di esaminare nel merito la sua richiesta di TEM. Di conseguenza, la Commissione ha deciso di applicare l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base e di non tenere conto delle informazioni presentate dalla Giant in relazione al complesso della sua richiesta di TEM.

21

Il 21 marzo 2013 la Commissione ha informato la Giant che intendeva applicare il menzionato articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base ed elaborare le proprie conclusioni in base ai dati disponibili anche ai fini del calcolo del prezzo all’esportazione, dal momento che, in mancanza di informazioni complete su tutte le parti collegate alla GP, era impossibile effettuare calcoli adeguati e attendibili relativamente al prezzo all’esportazione e determinare così un margine individuale di dumping per la GP e, quindi, per il gruppo Giant nel suo insieme.

22

Il 5 giugno 2013 il Consiglio ha adottato il regolamento controverso. Tale regolamento ha mantenuto il dazio antidumping definitivo del 48,5% applicabile alla Giant.

23

Nei considerando 63 e 64, nonché da 131 a 138 di tale regolamento, il Consiglio, da un lato, ha confermato di aver fatto ricorso all’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base e di non aver potuto determinare un margine individuale di dumping per il gruppo Giant e, dall’altro, ha respinto gli argomenti della Giant volti a dimostrare che non vi sarebbe stato alcun rischio di elusione delle misure antidumping se si fosse calcolato un siffatto margine individuale per il gruppo Giant.

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

24

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 agosto 2013, la Giant ha proposto un ricorso inteso all’annullamento del regolamento controverso nella parte che la riguarda.

25

A sostegno del suo ricorso dinanzi al Tribunale, la Giant ha dedotto otto motivi. Sono stati esaminati dal Tribunale unicamente il primo capo del terzo motivo nonché il quinto e il settimo motivo. Tali motivi riguardavano, sostanzialmente, da un lato, la nozione di «informazioni necessarie», ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base e, dall’altro, la questione se il diniego di accordare un trattamento individuale potesse essere fondato sull’esistenza di un rischio di elusione.

26

Il Tribunale ha accolto i citati motivi e ha constatato che si doveva annullare il regolamento controverso per la parte in cui riguardava la Giant, senza che fosse necessario sottoporre ad esame gli altri motivi.

IV. Domande delle parti in sede di impugnazione

27

L’EBMA chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

pronunciarsi sul merito e respingere la domanda di annullamento, ovvero rinviare la causa al Tribunale affinché decida sul merito della domanda di annullamento; e

condannare la Giant alle spese sostenute ai fini dell’impugnazione e del suo intervento dinanzi al Tribunale.

28

La Giant chiede che la Corte voglia:

dichiarare l’impugnazione manifestamente irricevibile e/o manifestamente infondata e, quindi, respingerla integralmente con ordinanza motivata, in applicazione dell’articolo 181 del regolamento di procedura della Corte;

comunque, respingere l’impugnazione in quanto irricevibile e/o infondata, e

condannare l’EBMA alle spese del presente procedimento.

29

Il Consiglio e la Commissione chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

pronunciarsi sul merito e respingere la domanda di annullamento, ovvero rinviare la causa al Tribunale affinché decida sul merito della domanda di annullamento; e

condannare la Giant alle spese esposte dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

V. Sull’impugnazione

30

L’EBMA deduce tre motivi. Il primo e il secondo motivo riguardano l’interpretazione e l’applicazione errate dell’articolo 18 del regolamento di base. Il terzo motivo verte su un errore di diritto, in quanto il Tribunale ha considerato che non vi sarebbe alcun rischio di elusione qualora la Giant beneficiasse di un dazio antidumping individuale.

31

La Giant ritiene che tali tre motivi siano irricevibili.

A. Sulla ricevibilità

32

La Giant eccepisce l’irricevibilità dell’impugnazione, nei limiti in cui i tre motivi sollevati dall’EBMA vertono sulla valutazione dei fatti, che esula dal controllo della Corte, senza che sia stato sollevato uno snaturamento dei fatti o degli elementi di prova.

33

A tale proposito, si deve ricordare la costante giurisprudenza della Corte, ai sensi della quale dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti di causa ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto. La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti. Tale valutazione non costituisce quindi, salvo in caso di snaturamento di tali elementi di prova, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte (sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 29, nonché ordinanze del 29 novembre 2012, Dimos Peramatos/Commissione, C‑647/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:764, punto 28, e del 9 febbraio 2017, Syndial/Commissione, C‑410/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:112, punto 9).

34

Con gli argomenti che essa solleva a sostegno del primo e del secondo motivo, l’EBMA contesta, sostanzialmente, al Tribunale, in primo luogo, di aver erroneamente inteso l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base; in secondo luogo, di aver proceduto ad un’applicazione errata di tale disposizione nell’ambito della valutazione della collaborazione della Giant; in terzo luogo, di aver imposto alla Commissione un onere eccessivo chiedendole di dimostrare perché le informazioni che essa intendeva ottenere sulle società collegate fossero «necessarie» e, in quarto luogo, di aver proceduto ad una sostituzione della motivazione.

35

Nell’ambito del terzo motivo, l’EBMA censura il Tribunale per aver considerato che il Consiglio non poteva invocare il rischio di elusione per giustificare il diniego di applicare un dazio antidumping individuale alla Giant.

36

Anche se determinati argomenti dell’EBMA mettono in discussione talune valutazioni fattuali svolte dal Tribunale, tali tre motivi sollevano, tuttavia, questioni relative all’interpretazione delle norme di diritto da quest’ultimo effettuata, e vertono quindi su questioni di diritto che possono essere rimesse alla valutazione della Corte in sede di impugnazione.

37

Pertanto, non può essere accolta l’eccezione d’irricevibilità dell’impugnazione sollevata dalla Giant.

B. Sul primo e sul secondo motivo

1.   Argomenti delle parti

38

Il primo e il secondo motivo riguardano i punti da 56 a 78 della sentenza impugnata.

39

Nell’ambito del primo motivo, l’EBMA, sostenuta dal Consiglio e dalla Commissione, fa valere che il Tribunale ha erroneamente considerato che la questione che si poneva nel caso di specie fosse quella dell’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base al prezzo all’esportazione della Giant, mentre, nel regolamento controverso, il Consiglio ha applicato tale disposizione complessivamente al gruppo Giant in quanto non disponeva di informazioni complete ed esaurienti sulle società collegate. In tal modo, il Tribunale avrebbe compreso erroneamente l’articolo 18, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento.

40

A tale proposito, l’EBMA precisa che, in forza di tali disposizioni, le istituzioni dell’Unione possono servirsi dei dati disponibili in tre modi, cioè, in primo luogo, complessivamente, per quanto riguarda tutte le informazioni e i dati forniti da una parte; in secondo luogo, per quanto riguarda un insieme completo di informazioni o di dati, per esempio una richiesta di trattamento individuale, o, in terzo luogo, per quanto riguarda taluni aspetti di un insieme di informazioni o di dati, per esempio le commissioni sulle vendite all’esportazione. Nel secondo e terzo caso, le istituzioni dell’Unione sostituirebbero unicamente le informazioni o i dati respinti e utilizzerebbero le altre informazioni o dati. Nel primo caso, le istituzioni respingerebbero complessivamente le informazioni e i dati forniti.

41

Nell’ambito del secondo motivo, l’EBMA, sostenuta dal Consiglio e dalla Commissione, considera, in primo luogo, che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’esame della sussistenza di un’omessa collaborazione, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Infatti, l’argomentazione del Tribunale sarebbe basata su un postulato errato, cioè che le informazioni e i dati forniti dalla Giant servirebbero unicamente a consentire alle istituzioni dell’Unione di stabilire il prezzo all’esportazione. In una prima fase, le informazioni richieste corrisponderebbero al minimo di base indispensabile per consentire a tali istituzioni di ottenere un prospetto completo ed esatto del gruppo Giant nonché delle società ad esso collegate. Orbene, i dati forniti dalla Giant non sarebbero stati sufficienti all’elaborazione di un siffatto prospetto. In secondo luogo, l’EBMA fa valere che il Tribunale ha imposto, illegittimamente, alla Commissione un onere eccessivo chiedendole di dimostrare perché le informazioni che essa intendeva ottenere sulle società collegate fossero necessarie. In terzo luogo, l’EBMA ritiene che, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui dispongono il Consiglio e la Commissione nei procedimenti antidumping, il Tribunale non potrebbe sostituirsi al Consiglio giudicando che le sue conclusioni sono tratte da prove incomplete.

42

La Giant contesta la fondatezza di tali motivi.

2.   Giudizio della Corte

43

Con il suo primo e secondo motivo, che occorre esaminare congiuntamente, l’EBMA fa valere, da un lato, che il Tribunale ha erroneamente interpretato e applicato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Dall’altro lato, l’EBMA fa valere, sostanzialmente, che il Tribunale ha sostituito illegittimamente la propria valutazione a quella del Consiglio.

a)   Sull’errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base

1) Sull’interpretazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base

44

L’EBMA ritiene sostanzialmente che la conclusione del Tribunale, contenuta segnatamente nel punto 77 della sentenza impugnata, secondo la quale il Consiglio ha violato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base utilizzando i dati disponibili per il calcolo del prezzo all’esportazione, si basi su un errore d’interpretazione di tale disposizione

45

Secondo l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, le istituzioni dell’Unione possono servirsi dei dati disponibili per elaborare conclusioni provvisorie o definitive, affermative o negative, in particolare qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro i termini fissati da tale regolamento.

46

Il regolamento di base non contiene la definizione della nozione di «informazioni necessarie». Ne consegue che, al fine di determinare la portata dell’articolo 18, paragrafo 1, di tale regolamento, occorre tener conto del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Changshu City Standard Parts Factory e Ningbo Jinding Fastener/Consiglio, C‑376/15 P e C‑377/15 P, EU:C:2017:269, punto 52, nonché giurisprudenza ivi citata).

47

In primo luogo, per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del citato regolamento, l’aggettivo «necessario» rinvia, nel suo senso comune, a quanto è richiesto o indispensabile per conseguire un obiettivo determinato. Quindi, unicamente le informazioni senza le quali l’inchiesta antidumping non può essere condotta a termine possono essere considerate come «necessarie», ai sensi di tale disposizione.

48

Inoltre, detta disposizione precisa che i dati disponibili, che le istituzioni dell’Unione possono utilizzare qualora una parte interessata ometta di fornire le informazioni necessarie, devono servire ad elaborare conclusioni provvisorie o definitive, affermative o negative.

49

Ne consegue che le informazioni sono considerate «necessarie» quando consentono, in una determinata inchiesta, di elaborare siffatte conclusioni. Dato che un elemento di informazione può consentire di elaborare le citate conclusioni in un’inchiesta ed essere inutile in un’altra inchiesta, si deve considerare che la valutazione che permette di determinare se un elemento di informazione determinato costituisca o meno un’«informazione necessaria», ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, deve essere effettuata tenuto conto delle circostanze specifiche di ogni inchiesta, e non in astratto.

50

In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui si iscrive l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, occorre rilevare che l’articolo 5, paragrafo 10, di tale regolamento dispone che l’avviso di apertura del procedimento antidumping, che deve essere pubblicato dalla Commissione, fissa i termini entro i quali le parti interessate possono manifestarsi, comunicare per iscritto le loro osservazioni e presentare le informazioni affinché tali osservazioni e informazioni possano essere prese in considerazione nel corso dell’inchiesta antidumping. Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 11, del citato regolamento prevede che la Commissione informa, segnatamente, gli esportatori, gli importatori e le associazioni rappresentative degli importatori o degli esportatori notoriamente interessati in merito all’apertura di tale inchiesta. Inoltre, emerge dall’articolo 6, paragrafo 2, del medesimo regolamento che i servizi della Commissione elaborano un questionario al fine di ottenere le informazioni necessarie per la citata inchiesta. Tale questionario è trasmesso alle parti interessate, le quali dispongono, in linea di principio, di 30 giorni per darvi risposta.

51

Emerge quindi dall’articolo 5, paragrafi 10 e 11, nonché dall’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento di base che le parti interessate hanno l’obbligo di fornire ai servizi della Commissione le informazioni che consentiranno loro di condurre a buon fine l’inchiesta antidumping. Pertanto, esaminata alla luce di tali disposizioni, la nozione di «informazioni necessarie», di cui all’articolo 18, paragrafo 1, di tale regolamento, rinvia a tali medesime informazioni.

52

Inoltre, emerge dall’articolo 18, paragrafi 3 e 6, del regolamento di base che le informazioni che le parti interessati hanno l’obbligo di fornire alla Commissione devono essere utilizzate dalle istituzioni dell’Unione ai fini dell’elaborazione delle conclusioni dell’inchiesta antidumping e che tali stesse parti non devono ometterere di comunicare informazioni pertinenti. Poiché un determinato elemento d’informazione può rivestire un ruolo decisivo in un’inchiesta e non essere pertinente in un’altra, emerge dall’articolo 18, paragrafi 3 e 6, di tale regolamento, che il carattere «necessario» di un elemento d’informazione specifico va valutato caso per caso.

53

Pertanto, l’esame del contesto dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base avvalora l’interpretazione della nozione di «informazioni necessarie» quale ricavata dal tenore letterale di tale disposizione. Quindi, le informazioni sono considerate «necessarie», ai sensi della citata disposizione, se sono idonee a consentire alle istituzioni dell’Unione di elaborare le debite conclusioni nell’ambito dell’inchiesta antidumping, laddove la valutazione del carattere «necessario» di un’informazione va effettuata caso per caso.

54

In terzo luogo, la definizione della nozione di «informazioni necessarie» deve tener conto dello scopo dell’articolo 18 del regolamento di base. A tale proposito, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, spetta alla Commissione, in quanto autorità investigatrice, determinare l’esistenza di un dumping, di un danno e di un nesso di causalità tra le importazioni oggetto del dumping e il danno. Tuttavia, nessuna disposizione del regolamento di base conferisce alla Commissione il potere di costringere le parti interessate a partecipare all’inchiesta o a fornire informazioni. La Commissione dipende pertanto dalla cooperazione volontaria di tali parti a fornirle le informazioni necessarie (v., per analogia, sentenza del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co., C‑21/13, EU:C:2014:2154, punti 3132).

55

In tale contesto, emerge dal considerando 28 del regolamento di base che il legislatore dell’Unione ha voluto prevedere che, nei confronti delle parti che non collaborano in misura sufficiente, possono essere usate altre informazioni ai fini delle risultanze, e che tali informazioni possono rivelarsi meno favorevoli per tali parti rispetto al caso in cui esse avessero collaborato. Quindi, lo scopo dell’articolo 18 del regolamento di base consiste nel consentire alla Commissione di proseguire nell’inchiesta anche qualora le parti interessate si rifiutassero di cooperare o cooperassero in modo insufficiente.

56

Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale nei paragrafi 53 e 54 delle sue conclusioni, atteso che le parti interessate hanno l’obbligo di collaborare con la migliore diligenza, tali parti devono fornire tutte le informazioni di cui dispongono e che le istituzioni dell’Unione ritengano necessarie per adottare le loro conclusioni.

57

Emerge quindi dal tenore letterale, dal contesto e dalla finalità dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base che la nozione di «informazioni necessarie» rinvia alle informazioni in possesso delle parti interessate che le istituzioni dell’Unione chiedono loro di fornire per elaborare le conclusioni necessarie nell’ambito dell’inchiesta antidumping.

58

È proprio alla luce della nozione di «informazioni necessarie», quale definita nel precedente punto, che occorre verificare se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, nel considerare che il Consiglio aveva utilizzato illegittimamente i dati disponibili per il calcolo del prezzo all’esportazione.

2) Sull’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base da parte del Tribunale

59

In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento relativo al postulato errato sul quale si sarebbe basato il Tribunale, occorre rilevare che l’EBMA considera, sostanzialmente, che il Tribunale abbia travisato il regolamento controverso. Esso avrebbe erroneamente considerato che la questione che si poneva nel caso di specie fosse quella dell’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base al prezzo all’esportazione della Giant, mentre, nel regolamento controverso, il Consiglio avrebbe applicato tale disposizione complessivamente al gruppo Giant in quanto non disponeva di informazioni complete sulle società collegate.

60

A tale proposito, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, il Consiglio ha indicato, nel considerando 131 del regolamento controverso, che l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base era stato applicato per determinare il prezzo all’esportazione. Inoltre, emerge in particolare dal punto 52 della sentenza impugnata che il Tribunale ha inteso rispondere all’argomento della Giant secondo il quale, contrariamente a quanto affermato dal Consiglio nel regolamento controverso, le informazioni richieste dalla Commissione riguardanti le società del gruppo Jinshan non erano necessarie per il calcolo di un prezzo all’esportazione attendibile e, di conseguenza, per la determinazione di un margine di dumping individuale. Infine, al punto 23 della sentenza impugnata, il Tribunale ha fatto riferimento ad una lettera della Commissione, indirizzata alla Giant, recante la data del 21 marzo 2013, nella quale tale istituzione ha informato quest’ultima di avere l’intenzione di applicare tale disposizione ai fini della determinazione del prezzo all’esportazione.

61

Ne consegue che occorre respingere l’argomento secondo il quale il Tribunale si sarebbe basato su un postulato errato nel considerare che la questione che si poneva nel caso di specie fosse quella dell’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base al prezzo all’esportazione.

62

In secondo luogo, per quanto riguarda la valutazione del Tribunale relativa alla collaborazione della Giant, come osservato nel punto 57 della presente sentenza, la nozione di «informazioni necessarie» riguarda informazioni idonee a consentire alle istituzioni dell’Unione di elaborare le conclusioni richieste nell’ambito dell’inchiesta antidumping.

63

Nel caso di specie, il Tribunale ha verificato, nei punti da 63 a 69 della sentenza impugnata, se le informazioni relative alle società del gruppo Jinshan, che le istituzioni dell’Unione volevano ottenere al fine, segnatamente, di determinare il prezzo all’esportazione della Giant, fossero idonee ad influenzare tale determinazione. Al punto 74 della sentenza impugnata, esso ha concluso che tali informazioni erano prive di pertinenza nell’ambito del calcolo del prezzo all’esportazione.

64

Pertanto, alla luce della definizione della nozione di «informazioni necessarie» stabilita nel punto 57 della presente sentenza, occorre considerare che il Tribunale ha statuito senza incorrere in errore di diritto, al punto 77 della sentenza impugnata, che il Consiglio aveva violato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, utilizzando i dati disponibili per il calcolo del prezzo all’esportazione.

65

In terzo luogo, l’argomento secondo il quale il Tribunale ha imposto un onere eccessivo alle istituzioni dell’Unione chiedendo loro di dimostrare perché le informazioni delle quali richiedevano la comunicazione fossero «necessarie» non può essere accolto. Infatti, discende, in particolare, dai punti 54 e 57 della presente sentenza che grava su tali istituzioni l’onere di stabilire la prova dell’esistenza di un dumping, di un danno e di un nesso di causalità tra le importazioni oggetto del dumping e tale pregiudizio e, pertanto, anche il carattere «necessario» di un’informazione per trarre le debite conclusioni nell’ambito dell’inchiesta antidumping.

66

Ne consegue che occorre respingere in quanto infondato l’argomento dell’EBMA secondo il quale il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base.

b)   Sull’argomento secondo il quale il Tribunale si sarebbe illegittimamente sostituito alle istituzioni dell’Unione

67

L’EBMA fa valere che, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui godono le istituzioni dell’Unione nei procedimenti antidumping, il Tribunale non potrebbe sostituirsi a tali istituzioni stabilendo che le conclusioni sono tratte da prove incomplete. Il Tribunale avrebbe quindi disconosciuto tale ampio potere discrezionale e superato i limiti del suo potere di sindacato giurisdizionale.

68

A tal riguardo si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare. Relativamente al sindacato giurisdizionale di un siffatto potere discrezionale, esso deve quindi limitarsi all’accertamento del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, nonché dell’assenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o di sviamento di potere (sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 63, nonché giurisprudenza ivi citata).

69

Inoltre, la Corte ha dichiarato che il controllo da parte del Tribunale degli elementi di prova sui quali le istituzioni dell’Unione fondano le proprie constatazioni non costituisce una nuova valutazione dei fatti che sostituisce quella di tali istituzioni. Tale controllo non incide sull’ampio potere discrezionale di queste istituzioni nell’ambito della politica commerciale, ma si limita a rilevare se i suddetti elementi siano idonei a suffragare le conclusioni cui sono giunte le istituzioni. Il Tribunale è quindi tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Maxcom/City Cycle Industries, C‑248/15 P, C‑254/15 P e C‑260/15 P, EU:C:2017:62, punto 89, nonché giurisprudenza ivi citata).

70

Orbene, come emerge dal punto 63 della presente sentenza, il Tribunale si è limitato a controllare il rispetto da parte del Consiglio dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, sulla base degli elementi di fatto ad esso sottoposti. Esso ha considerato che, nella particolare situazione del caso di specie, tale istituzione non poteva utilizzare i dati disponibili per determinare il prezzo all’esportazione della Giant in quanto, da un lato, le informazioni fornite da quest’ultima consentivano di escludere che le informazioni relative alle società del gruppo Jinshan fossero necessarie ai fini del calcolo di tale prezzo all’esportazione e, dall’altro lato, detta istituzione non era stata in grado di precisare quale informazione supplementare relativa a tali società avrebbe potuto rivelarsi necessaria per il calcolo di detto prezzo all’esportazione.

71

Nel fare ciò, il Tribunale non ha ecceduto i limiti del sindacato giurisdizionale che è tenuto ad operare alla luce della giurisprudenza citata nel punto 68 della presente sentenza.

72

Dalle precedenti considerazioni risulta che il primo e il secondo motivo devono essere respinti in quanto infondati.

C. Sul terzo motivo

1.   Argomenti delle parti

73

Con il suo terzo motivo, l’EBMA, sostenuta dal Consiglio, contesta i punti da 79 a 91 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha dichiarato che il Consiglio non poteva invocare il rischio di elusione per giustificare il rifiuto di applicare un dazio antidumping individuale alla Giant.

74

L’EBMA considera, in primo luogo, che il Tribunale si è basato, erroneamente, sulla premessa secondo la quale il procedimento verte sulla determinazione del prezzo all’esportazione. Basandosi su tale premessa errata il Tribunale avrebbe ritenuto, nei punti 81 e 82 della sentenza impugnata, che le istituzioni dell’Unione non possono invocare il rischio di elusione poiché esse non hanno applicato l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base e non hanno sollevato nessun’altra disposizioni di tale regolamento che preveda che l’esistenza di un rischio di elusione possa giustificare il rifiuto di applicare un dazio antidumping individuale ad un produttore esportatore.

75

In secondo luogo, in caso di società collegate, come i gruppi Giant e Jinshan, esisterebbe sempre un rischio di elusione qualora un’entità collegata ottenga un dazio antidumping inferiore rispetto a quello ottenuto da un’altra entità del medesimo gruppo. Sarebbe proprio questa la ragione per cui la prassi consolidata dell’Unione consiste nell’applicare dazi antidumping a livello del gruppo e non a livello dell’entità. Quindi, il punto 83 della sentenza impugnata, che si riferisce ad un rischio teorico di elusione tra imprese non collegate, sarebbe fondamentalmente viziato ed errato in diritto, poiché l’elusione sarebbe più probabile e più difficile da accertare nel caso di società collegate. Inoltre, il punto 84 di tale sentenza sarebbe privo di rilevanza. Infatti, le relazioni del gruppo speciale e dell’organo di appello dell’organo di conciliazione dell’OMC che vi sono citate riguarderebbero la conformità dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base con l’articolo 9.2 dell’accordo sull’attuazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (GU 1994, L 336, pag. 103).

76

In terzo luogo, per quanto riguarda i punti da 85 a 89 della sentenza impugnata, l’EBMA rileva che non può essere escluso che i gruppi Giant e Jinshan fossero collegati durante il periodo di inchiesta in modo più stretto di quanto emerge dalle risposte al questionario della Giant e dai bilanci di esercizio della Jinshan.

77

La Giant contesta la fondatezza di tali argomenti.

2.   Giudizio della Corte

78

Con il suo terzo motivo, l’EBMA contesta al Tribunale di aver considerato, nei punti da 79 a 91 della sentenza impugnata, che il Consiglio non poteva invocare il rischio di elusione per giustificare il rifiuto di applicare un dazio antidumping individuale alla Giant.

79

In primo luogo, l’EBMA mette in discussione i punti 81 e 82 della sentenza impugnata. Al punto 81 di tale sentenza, il Tribunale ha rammentato il tenore letterale dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base. Al punto 82 della citata sentenza, esso ha considerato che l’esistenza di un rischio di elusione non poteva essere invocato dal Consiglio per giustificare il rifiuto di applicare un dazio antidumping individuale poiché, da un lato, tale disposizione non era stata presa in considerazione nell’esame della situazione della Giant e, dall’altro, non era stata sollevata nessun’altra disposizione del regolamento di base che prevedeva la presa in considerazione del rischio di elusione.

80

L’EBMA fa valere che i citati punti della sentenza impugnata si basano sull’errata premessa secondo la quale il procedimento verte sulla determinazione del prezzo all’esportazione. Orbene, come emerge dai punti 60 e 61 della presente sentenza, il Consiglio ha effettivamente applicato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base alla determinazione del prezzo all’esportazione, circostanza contestata dalla Giant sia nell’ambito dell’inchiesta antidumping sia dinanzi al Tribunale.

81

Pertanto, occorre respingere in quanto infondato l’argomento relativo alla citata premessa errata.

82

In secondo luogo, l’EBMA rimette in discussione i punti 83 e 84 della sentenza impugnata. In tali punti, il Tribunale ha indicato che il Consiglio non poteva basarsi su un rischio meramente ipotetico di elusione. Il Tribunale ha anche fatto riferimento, a tale proposito, a talune relazioni del gruppo speciale e dell’organo di appello dell’organo di conciliazione dell’OMC.

83

Secondo l’EBMA, il ragionamento del Tribunale nei citati punti è viziato dal momento che, nel caso di società collegate, esiste sempre un rischio di elusione.

84

Questo argomento non può prosperare. Infatti, quand’anche il rischio di elusione delle misure antidumping fosse maggiore riguardo ad esportatori collegati, ai quali sarebbe possibile applicare dazi antidumping di livello diverso, le istituzioni dell’Unione hanno tuttavia l’obbligo di dimostrare che, in considerazione delle circostanze specifiche dell’inchiesta interessata, tale rischio è individuato.

85

Come rilevato correttamente dal Tribunale, nel punto 83 della sentenza impugnata, ogni altra interpretazione lascerebbe l’applicazione di un dazio individuale all’esclusiva discrezione delle istituzioni dell’Unione.

86

Del resto, tale interpretazione è confermata dalla lettera dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, secondo cui un dazio antidumping individuale può essere determinato per gli esportatori in grado di dimostrare, presentando richiesta debitamente motivata, che, in particolare, l’ingerenza dello Stato non è tale da consentire l’elusione delle misure antidumping. Ne discende che l’assenza di rischio di elusione, così come l’esistenza di un siffatto rischio, non possono essere presunte.

87

In terzo luogo, per quanto riguarda i punti da 85 a 89 della sentenza impugnata, l’EBMA ritiene che non può essere escluso che i gruppi Giant e Jinshan fossero collegati durante il periodo dell’inchiesta.

88

Nei punti da 85 a 89 di tale sentenza, il Tribunale ha dimostrato che le informazioni di cui disponevano le istituzioni dell’Unione, nel momento in cui è stato adottato il regolamento controverso, erano sufficienti ad affermare l’insussistenza di un rischio di elusione tra il gruppo Giant e il gruppo Jinshan.

89

A tale proposito, come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 108 delle sue conclusioni, anche se l’EBMA afferma che non può essere escluso un collegamento tra i gruppi Giant e Jinshan, essa non rimette tuttavia in discussione gli elementi indicati ai punti da 86 a 89 della citata sentenza, sui quali si è basato il Tribunale per affermare l’insussistenza di un siffatto collegamento.

90

Ne consegue che devono essere respinti l’argomento secondo il quale, contrariamente a quanto considerato dal Tribunale, non può essere escluso che i gruppi Giant e Jinshan fossero collegati durante il periodo dell’inchiesta, nonché il terzo motivo, nel suo insieme, in quanto infondati.

91

Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente la presente impugnazione.

Sulle spese

92

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima, quando l’impugnazione è infondata, statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, dispone, da un lato, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda e, dall’altro, che, quando vi siano più parti soccombenti, la Corte decide sulla ripartizione delle spese.

93

Poiché la Giant ha chiesto la condanna dell’EBMA, quest’ultima, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle della Giant. Il Consiglio, rimasto soccombente, sopporterà le proprie spese.

94

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 4, del suo regolamento di procedura, la Corte può decidere che una parte interveniente in primo grado, la quale abbia partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte, si faccia carico delle proprie spese.

95

Pertanto, la Commissione sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La European Bicycle Manufacturers Association (EBMA) è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle della Giant (China) Co. Ltd.

 

3)

Il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.