SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

28 giugno 2017 ( *1 )

«Impugnazione — Medicinali per uso umano — Autorizzazione all’immissione in commercio — Regolamento (CEE) n. 2309/93 — Procedura centralizzata a livello dell’Unione — Sviluppo di un medicinale che è stato oggetto di un’autorizzazione all’immissione in commercio per altre indicazioni terapeutiche — Autorizzazione all’immissione in commercio distinta e nuovo nome commerciale — Direttiva 2001/83/CE — Articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, e articolo 10, paragrafo 1 — Nozione di “autorizzazione all’immissione in commercio globale” — Periodo di tutela regolamentare dei dati»

Nelle cause riunite C‑629/15 P e C‑630/15 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte il 24 novembre 2015,

Novartis Europharm Ltd, con sede in Camberley (Regno Unito), rappresentata da C. Schoonderbeek, advocaat,

ricorrente,

procedimenti in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da K. Mifsud-Bonnici, A. Sipos e M. Šimerdová, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Teva Pharma BV, con sede in Utrecht (Paesi Bassi), rappresentata da K. Bacon, QC, su incarico di C. Firth, solicitor,

interveniente in primo grado (C‑629/15 P),

Hospira UK Ltd, con sede in Maidenhead (Regno Unito), rappresentata da J. Stratford, QC, su incarico di E. Vickers e N. Stoate, solicitors,

interveniente in primo grado (C‑630/15 P),

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da J. Malenovský, facente funzione di presidente di sezione, M. Safjan e D. Šváby (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 dicembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con le sue impugnazioni, la Novartis Europharm Ltd (in prosieguo: la «Novartis») chiede l’annullamento, rispettivamente nelle cause C‑629/15 P e C‑630/15 P, delle sentenze del Tribunale dell’Unione europea del 15 settembre 2015, Novartis Europharm/Commissione (T‑472/12, EU:T:2015:637), e Novartis Europharm/Commissione (T‑67/13, non pubblicata, EU:T:2015:636) (in prosieguo, congiuntamente: le «sentenze impugnate»), con le quali quest’ultimo ha respinto i suoi ricorsi presentati avverso, rispettivamente, la decisione di esecuzione C (2012) 5894 final della Commissione, del 16 agosto 2012, che concede, a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, l’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso umano Zoledronic acid Teva Pharma – acido zoledronico, e la decisione di esecuzione C (2012) 8605 final della Commissione, del 19 novembre 2012, che concede, a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, l’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso umano Zoledronic acid Hospira – acido zoledronico (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni controverse»).

Contesto normativo

Direttiva 65/65

2

La direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, 22, pag. 369), come modificata dalla direttiva 93/39/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993 (GU 1993, L 214, pag. 22) (in prosieguo: la «direttiva 65/65»), è stata abrogata dalla direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67). L’articolo 4 della direttiva 65/65 così disponeva:

«Per ottenere il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio prevista dall’articolo 3, il responsabile di detta immissione in commercio presenta una domanda all’autorità competente dello Stato membro.

(...)

La domanda deve essere corredata dalle informazioni e dai documenti seguenti:

(...)

8.   Risultati delle prove:

chimico-fisiche, biologiche o microbiologiche;

farmacologiche e tossicologiche;

cliniche.

Nondimeno, senza pregiudizio della normativa relativa alla tutela della proprietà industriale e commerciale:

a)

il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove farmacologiche e tossicologiche, o i risultati delle prove cliniche, se può dimostrare:

(...)

iii)

ovvero, che la specialità medicinale è essenzialmente analoga ad un prodotto autorizzato secondo le disposizioni comunitarie in vigore da almeno 6 anni nella Comunità e commercializzato nello Stato membro interessato dalla domanda; (...) uno Stato membro può altresì estendere questo periodo a 10 anni con decisione unica concernente tutti i prodotti immessi in commercio nel suo territorio se ritiene che le esigenze della salute pubblica lo richiedano (...)

(...)».

Direttiva 2001/83

3

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, come modificata dal regolamento (CE) n. 1901/2006, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 (GU 2006, L 378, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»), prevede che:

«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del [regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1)] (...)

Quando per un medicinale è stata rilasciata una autorizzazione iniziale all’immissione in commercio ai sensi del primo comma, ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati ai sensi del primo comma o sono inclusi nell’autorizzazione all’immissione in commercio iniziale. Tutte le autorizzazioni all’immissione in commercio in questione sono considerate facenti parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, in particolare ai fini dell’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1».

4

L’articolo 8, paragrafo 3, di tale direttiva così dispone:

«La domanda [di autorizzazione all’immissione in commercio] è corredata delle informazioni e dei documenti seguenti (…):

(...)

i)

risultati:

delle prove farmaceutiche (chimico-fisiche, biologiche o microbiologiche),

delle prove precliniche (tossicologiche e farmacologiche),

delle sperimentazioni cliniche;

(...)».

5

Ai sensi dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva:

«1.   In deroga all’articolo 8, paragrafo 3, lettera i), e fatto salvo il diritto sulla tutela della proprietà industriale e commerciale, il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche se può dimostrare che il medicinale è un medicinale generico di un medicinale di riferimento che è o è stato autorizzato a norma dell’articolo 6 per almeno otto anni in uno Stato membro o nella Comunità.

Un medicinale generico autorizzato ai sensi della presente disposizione non può essere immesso in commercio finché non sono trascorsi dieci anni dall’autorizzazione iniziale del medicinale di riferimento.

(...)

Il periodo di dieci anni di cui al secondo comma è esteso ad un massimo di undici anni se durante i primi otto anni di tale decennio il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più indicazioni terapeutiche nuove che, in occasione della valutazione scientifica ai fini dell’autorizzazione, sono ritenute portatrici di un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti.

2.   Ai fini del presente articolo si intende per:

a)

“medicinale di riferimento”: un medicinale autorizzato a norma dell’articolo 6, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 8;

b)

“medicinale generico”: un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità. (...)».

Regolamento (CEE) n. 2309/93

6

Il regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU 1993, L 214, pag. 1), è stato abrogato e sostituito dal regolamento n. 726/2004. L’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93 così disponeva:

«I medicinali autorizzati dalla Comunità in conformità del presente regolamento godono di un periodo di tutela di dieci anni, a norma dell’articolo 4, secondo comma, punto 8, della direttiva [65/65]».

Regolamento n. 726/2004

7

L’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 dispone quanto segue:

«Fatto salvo il diritto relativo alla protezione della proprietà industriale e commerciale, i medicinali per uso umano autorizzati ai sensi del presente regolamento beneficiano di una protezione dei dati per la durata di otto anni e di una protezione della commercializzazione per la durata di dieci anni, che è prolungata, nell’ultimo caso, fino ad un massimo 11 anni se, durante i primi otto anni di tale periodo decennale, il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più nuove indicazioni terapeutiche le quali, nel corso della valutazione scientifica precedente alla loro autorizzazione, sono considerate apportare un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

8

L’articolo 89 di tale regolamento è così formulato:

«I periodi di protezione di cui [in particolare all’articolo] 14, paragrafo 11, (...) non si applicano ai medicinali di riferimento per i quali una domanda di autorizzazione è stata presentata prima [del 20 novembre 2005]».

Regolamento (CE) n. 1085/2003

9

Il regolamento (CE) n. 1085/2003 della Commissione, del 3 giugno 2003, relativo all’esame delle modifiche dei termini di un’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali per uso umano o per uso veterinario che rientra nel campo d’applicazione del regolamento n. 2309/93 (GU 2003, L 159, pag. 24), è stato abrogato dal regolamento (CE) n. 1234/2008 della Commissione, del 24 novembre 2008, concernente l’esame delle variazioni dei termini delle autorizzazioni all’immissione in commercio di medicinali per uso umano e di medicinali veterinari (GU 2008, L 334, pag. 7). Tuttavia, alle presenti cause è applicabile ratione temporis il regolamento n. 1085/2003.

10

L’articolo 2 del regolamento n. 1085/2003, intitolato «Campo d’applicazione», era così formulato:

«Il presente regolamento non è applicabile a:

a)

estensioni di autorizzazione all’immissione in commercio che soddisfano le condizioni di cui all’allegato II del presente regolamento;

(...)

[Le estensioni di cui al punto a) del paragrafo 1 vengono valutate conformemente al regolamento (CEE) n. 2309/93] (…)».

11

L’articolo 3 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», disponeva quanto segue:

«In forza del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni.

(...)

3)

Per “variazione maggiore” di tipo II si intende una modifica che non può essere considerata una variazione minore o un’estensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio.

(...)».

12

L’articolo 6 di detto regolamento, intitolato «Procedura di approvazione delle variazioni maggiori di tipo II», era così formulato:

«(...)

2.   Una domanda può riguardare una sola variazione di tipo II. Qualora fosse necessario apportare diverse variazioni di tipo II ad una sola autorizzazione all’immissione in commercio, deve essere presentata una domanda separata per ogni variazione richiesta; ciascuna domanda deve contenere inoltre un riferimento alle altre domande presentate.

(...)

6.   Il comitato competente dell’[Agenzia europea di valutazione dei medicinali, ora Agenzia europea per i medicinali (EMA)] presenta il suo parere entro 60 giorni dall’avvio della procedura.

(...)

Questo periodo può essere esteso a 90 giorni per variazioni riguardanti modifiche o aggiunte alle indicazioni terapeutiche.

(...)».

13

Ai sensi dell’allegato II del medesimo regolamento, intitolato «Modifiche di un’autorizzazione all’immissione in commercio che comportano una domanda di estensione di cui all’articolo 2»:

«Le modifiche elencate di seguito vanno richieste con una domanda di “estensione” di cui all’articolo 2.

Un’estensione o una modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio esistente deve essere concessa dalla Comunità.

Il nome del prodotto medicinale oggetto della domanda di “estensione” rimane uguale a quello indicato nell’autorizzazione all’immissione in commercio esistente.

(...)

Modifiche che comportano una domanda d’estensione

(...)

2.

Modifica relativa al dosaggio, alla forma farmaceutica e alla via di somministrazione:

(...)

iii)

modifica o aggiunta di un nuovo dosaggio;

(...)».

Fatti

14

I fatti all’origine della controversia, come esposti nelle sentenze impugnate, possono essere riassunti come segue.

15

Le due impugnazioni proposte dalla Novartis riguardano due decisioni della Commissione europea, adottate nel 2012, che concedono un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC»), secondo la procedura centralizzata, allora disciplinata dal regolamento n. 726/2004, per due medicinali generici, ossia il Zoledronic acid Teva Pharma – acido zoledronico (in prosieguo: lo «Z.a. Teva»), prodotto dalla Teva Pharma BV (in prosieguo: la «Teva»), ed il Zoledronic acid Hospira – acido zoledronico (in prosieguo: lo «Z.a. Hospira»), prodotto dalla Hospira UK Ltd (in prosieguo: la «Hospira»). Tali medicinali generici hanno entrambi come medicinale di riferimento l’Aclasta, prodotto dalla Novartis.

16

Il 20 marzo 2001, la Novartis ha ottenuto un’AIC, nell’ambito della procedura centralizzata, per il medicinale Zometa, la cui sostanza attiva è l’acido zoledronico, per una serie di indicazioni oncologiche, sulla base del regolamento n. 2309/93. Dall’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93, che rinvia all’articolo 4, paragrafo 2, punto 8, della direttiva 65/65, risulta che il Zometa godeva di un periodo di tutela di dieci anni a partire dal 20 marzo 2001.

17

La Novartis ha proseguito le proprie ricerche sulla medesima sostanza attiva, ma per indicazioni non oncologiche, il che ha portato ad un diverso programma di sviluppo clinico, che riguardava un’altra popolazione di pazienti e ricorreva a dosaggi differenti. Il 15 aprile 2005 essa ha ottenuto, sempre sulla base del regolamento n. 2309/93, un’AIC per il medicinale risultante da tali ricerche complementari, l’Aclasta. Quest’ultimo è quindi un medicinale la cui sostanza attiva è la stessa dello Zometa, ossia l’acido zoledronico, ma le cui indicazioni terapeutiche sono differenti rispetto a quelle dello Zometa ed il cui dosaggio è stato adattato a tali nuove indicazioni.

18

La Teva e la Hospira, rispettivamente il 25 maggio ed il 22 giugno 2011, ossia dopo la conclusione del periodo di protezione dei dati di cui beneficiava la Zometa, hanno presentato una domanda di AIC ai sensi del regolamento n. 726/2004 per i loro rispettivi medicinali, ossia lo Z.a. Teva e lo Z.a. Hospira, anch’essi aventi come sostanza attiva l’acido zoledronico. La domanda della Teva riguardava una copia generica dell’Aclasta. La domanda della Hospira, dal canto suo, riguardava quattro diverse presentazioni, tre delle quali costituivano copie generiche dello Zometa oppure dell’Aclasta.

19

In dette domande, la Teva e la Hospira facevano riferimento ai risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche presentate dalla Novartis nelle domande di AIC per lo Zometa e l’Aclasta.

20

Con le decisioni controverse, la Commissione ha concesso le AIC per lo Z.a. Teva e per lo Z.a. Hospira.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenze impugnate

21

Con i suoi ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 30 ottobre 2012 (causa T‑472/12) ed il 1o febbraio 2013 (causa T‑67/13), la Novartis ha chiesto l’annullamento delle decisioni controverse nella parte in cui concedono AIC per lo Z.a. Teva e per la presentazione dello Z.a. Hospira, in quanto ciascuno di essi costituisce una copia generica dell’Aclasta (in prosieguo: le «copie generiche dell’Aclasta»).

22

A sostegno di ciascun ricorso, la Novartis ha dedotto un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 11, e l’articolo 89 del regolamento n. 726/2004.

23

Nell’ambito di tali ricorsi, la Novartis ha affermato che essa godeva di un periodo di protezione dei dati di dieci anni per quanto riguarda l’Aclasta, conformemente all’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93, cosicché nessuna domanda di AIC per un medicinale generico poteva essere accettata prima del 15 aprile 2015. Pertanto, nella parte in cui accolgono le domande di AIC per le copie generiche dell’Aclasta, presentate prima di tale data, le decisioni controverse sarebbero contrarie all’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 2309/93.

24

La Commissione, sostenuta dalla Teva e dalla Hospira, intervenute volontariamente dinanzi al Tribunale nel procedimento relativo alla copia generica dell’Aclasta che le riguarda rispettivamente, ha giustificato tale decisione sostenendo che, dal momento che l’AIC dell’Aclasta riguarda unicamente le nuove indicazioni terapeutiche della sostanza attiva dello Zometa, l’AIC dell’Aclasta è inclusa nell’AIC dello Zometa, concessa il 20 marzo 2001, che sarebbe un’«autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, cosicché la Novartis non avrebbe beneficiato, per l’Aclasta, di un autonomo periodo di protezione dei dati.

25

Il Tribunale, ai punti da 44 a 46 di ciascuna sentenza impugnata, ha analizzato l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, deducendone che «l’AIC di ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione nonché delle variazioni ed estensioni di un medicinale iniziale è inclusa nell’autorizzazione all’immissione in commercio globale di quest’ultimo», cosicché «il rilascio dell’AIC per tali sviluppi non comporta un periodo di tutela regolamentare dei dati indipendente». A tale riguardo, facendo riferimento alle sentenze del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583); del 29 aprile 2004, Novartis Pharmaceuticals (C‑106/01, EU:C:2004:245), nonché del 9 dicembre 2004, Approved Prescription Services (C‑36/03, EU:C:2004:781), il Tribunale ha sottolineato, al punto 45 delle sentenze impugnate, che le nuove indicazioni terapeutiche, i nuovi dosaggi, le nuove posologie e vie di somministrazione, nonché le nuove forme farmaceutiche di un medicinale iniziale rientrano nella nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale» e, pertanto, non godono di un autonomo periodo di tutela regolamentare dei dati.

26

Al punto 47 di ciascuna delle sentenze impugnate, il Tribunale ha constatato che l’Aclasta possiede la stessa sostanza attiva dello Zometa e che da esso si distingue per nuove indicazioni terapeutiche, non oncologiche, e per un dosaggio differente, adattato a tali nuove indicazioni. Ha ritenuto che tali nuove indicazioni terapeutiche costituissero variazioni maggiori di tipo II, ai sensi del regolamento n. 1085/2003, e che la modifica del dosaggio o l’aggiunta di un nuovo dosaggio costituissero un’estensione di AIC, con riferimento al punto 2, iii), dell’allegato II di tale regolamento.

27

Proseguendo, al punto 52 di ciascuna delle sentenze impugnate, l’analisi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, il Tribunale ha constatato che la formulazione di tale disposizione non opera alcuna distinzione tra lo sviluppo di un medicinale iniziale autorizzato per mezzo della modifica dell’AIC di tale medicinale e lo sviluppo di un medicinale iniziale autorizzato per mezzo dell’ottenimento di un’AIC distinta, con un nome distinto, come nel caso di specie. Pertanto, la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale» ai sensi di tale disposizione dovrebbe ricevere un’interpretazione funzionale e potrebbe ricomprendere più AIC distinte da un punto di vista formale. Sarebbe quindi irrilevante che un ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione o presentazione di un medicinale iniziale nonché una variazione o un’estensione abbia dato luogo ad una modifica dell’AIC iniziale o ad un’AIC distinta, con un nome distinto. In entrambi i casi occorrerebbe prendere in considerazione la stessa AIC globale per quanto riguarda il periodo di protezione dei dati.

28

Pertanto, al punto 53 di ciascuna delle sentenze impugnate, il Tribunale ha respinto l’interpretazione della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, sostenuta dalla Novartis, secondo la quale un’autorizzazione all’immissione in commercio globale riguarderebbe unicamente gli sviluppi che danno luogo ad una modifica o ad un’estensione dell’AIC del medicinale iniziale, come previste dal regolamento n. 1085/2003, e non alla concessione di un’AIC distinta per un medicinale avente un nome diverso.

29

Peraltro, ai punti da 54 a 60 di ciascuna delle sentenze impugnate, il Tribunale ha rilevato che la normativa dell’Unione in materia di medicinali applicabile al momento in cui è stata presentata la domanda di AIC per l’Aclasta non disciplinava la questione se lo sviluppo di un medicinale dovesse essere autorizzato mediante una variazione dei termini dell’AIC iniziale o se potesse esserlo mediante concessione di un’AIC distinta. Infatti, soltanto successivamente all’entrata in vigore del regolamento n. 726/2004 sarebbe stata introdotta una restrizione per quanto riguarda la concessione di più AIC. Pertanto, al momento del deposito della sua domanda di AIC relativa all’Aclasta, la Novartis aveva il diritto di scegliere se presentare una domanda di variazione dei termini e di estensione dell’AIC dello Zometa oppure una domanda di AIC distinta per un medicinale avente un altro nome, come ha fatto per ragioni commerciali, come dimostrerebbe il contenuto della sua lettera inviata all’EMA il 26 febbraio 2001, e della relazione pubblica di valutazione relativa all’Aclasta. Ebbene, secondo il Tribunale, la strategia di mercato di un’impresa non può incidere sul periodo di protezione dei dati per una determinata sostanza attiva. A tale riguardo, esso fa riferimento al paragrafo 57 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Novartis Pharmaceuticals (C‑106/01, EU:C:2003:49, paragrafo 57), secondo le quali, a pena di fare prevalere la forma sulla sostanza, e di permettere di ottenere una protezione aggiuntiva dei dati, aggirando così la giurisprudenza risultante dalla sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583), l’applicazione di tale giurisprudenza non può essere respinta qualora una variazione di un medicinale di riferimento, autorizzata successivamente a quest’ultimo, costituisca l’oggetto di una nuova designazione. Infatti, secondo il Tribunale, se l’autorizzazione di una modifica consistente in un miglioramento di un medicinale di riferimento mediante la concessione di un’AIC distinta facesse automaticamente decorrere un periodo indipendente di protezione dei dati, il titolare dell’AIC di un medicinale di riferimento sarebbe in grado di prolungare in maniera indefinita il periodo di protezione dei dati relativi a tale medicinale.

30

Ai punti da 62 a 66 di ciascuna delle sentenze impugnate, il Tribunale ha ritenuto che una siffatta possibilità sarebbe contraria agli obiettivi a tale riguardo perseguiti dal legislatore dell’Unione europea, come risultano dai considerando 9 e 10 della direttiva 2001/83, ossia di conciliare, da un lato, una sufficiente tutela dei lavori di ricerca e di sviluppo svolti dalle imprese farmaceutiche innovatrici e, dall’altro, la volontà di evitare prove superflue sull’uomo e sugli animali. Tale possibilità sarebbe in contraddizione anche con la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, dato che l’obiettivo perseguito è di permettere di risparmiare il tempo e le spese necessari a raccogliere i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche, nonché di evitare che siano ripetute prove sull’uomo o sull’animale. Peraltro, sarebbe inutile invocare la necessità di proteggere gli investimenti che possono essere richiesti per migliorare o sviluppare un medicinale iniziale, dato che il legislatore dell’Unione avrebbe espressamente definito tale questione all’articolo 10, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 2001/83 ed all’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, prevedendo un anno di protezione supplementare in caso di concessione di un’autorizzazione per un’innovazione significativa durante i primi otto anni successivi all’ottenimento dell’AIC iniziale. Il Tribunale rileva, per inciso, che tale protezione complementare sarebbe inutile se l’ottenimento di un’AIC distinta per nuove indicazioni terapeutiche ed un nuovo dosaggio di un medicinale consentisse ai richiedenti di ottenere d’ufficio un nuovo periodo di tutela regolamentare dei dati a partire dall’ottenimento di tale AIC distinta.

31

Con le sentenze impugnate, il Tribunale ha respinto integralmente i ricorsi della Novartis ed ha condannato quest’ultima alle spese.

Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

32

Con ordinanza del presidente della Corte del 4 ottobre 2016, le cause C‑629/15 P e C‑630/15 P sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza, a norma dell’articolo 54 del regolamento di procedura della Corte.

33

In entrambe tali cause, la Novartis chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

rinviare la causa al Tribunale, e

condannare la Commissione alle spese.

34

In entrambe tali cause, la Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare la Novartis alle spese.

35

Nella causa C‑629/15 P, la Teva chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare la Novartis alle spese.

36

Nella causa C‑630/15 P, la Hospira chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare la Novartis alle spese.

Sulle impugnazioni

37

A sostegno delle sue due impugnazioni, la Novartis deduce, in sostanza, due motivi identici vertenti, il primo, su una violazione della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, e, il secondo, sulla motivazione insufficiente a sostegno dell’interpretazione di tale disposizione.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

38

La Novartis sostiene che le sentenze impugnate violano la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, in quanto dichiarerebbero che qualsiasi autorizzazione concessa nell’ambito dello sviluppo, sotto forma di una nuova indicazione terapeutica o di un nuovo dosaggio di un medicinale esistente, fa in ogni caso parte dell’«autorizzazione all’immissione in commercio globale» di tale medicinale. Secondo la Novartis, tale disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso che tale assimilazione si verificherebbe soltanto nel caso in cui l’AIC relativa allo sviluppo di detto medicinale sia stata concessa in seguito ad una domanda volta espressamente alla modifica dell’AIC iniziale, e non qualora tale sviluppo abbia costituito l’oggetto di un’AIC distinta, concessa nell’ambito della procedura centralizzata, per un medicinale che presenta un nuovo nome.

39

Con la prima parte del primo motivo, la Novartis contesta quindi al Tribunale di avere adottato un’interpretazione ampia della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, basandosi, in maniera errata, al punto 45 delle sentenze impugnate, sulla giurisprudenza della Corte, in particolare sulle sentenze del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583); del 29 aprile 2004, Novartis Pharmaceuticals (C‑106/01, EU:C:2004:245), nonché del 9 dicembre 2004, Approved Prescription Services (C‑36/03, EU:C:2004:781). Infatti, diversi motivi osterebbero a che siffatta interpretazione possa essere dedotta da tale giurisprudenza.

40

In primo luogo, detta giurisprudenza sarebbe relativa alla normativa dell’Unione precedentemente in vigore. Ebbene, quest’ultima si distinguerebbe sotto due profili rispetto a quella applicabile alle presenti cause. Da un lato, avrebbe disciplinato la questione della protezione dei dati facendo riferimento ad un unico criterio, ossia che due medicinali siano «essenzialmente simili». Dall’altro, la normativa dell’Unione precedentemente in vigore non avrebbe limitato la possibilità per il richiedente di sollecitare, per lo sviluppo di un medicinale già autorizzato, una nuova AIC del medesimo, sotto un nuovo nome.

41

In secondo luogo, il legislatore dell’Unione, quando ha introdotto, con la direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83 (GU 2004, L 136, pag. 34), la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale» all’articolo 6 della direttiva 2001/83, non avrebbe potuto tenere conto, ratione temporis, delle sentenze del 29 aprile 2004, Novartis Pharmaceuticals (C‑106/01, EU:C:2004:245), e del 9 dicembre 2004, Approved Prescription Services (C‑36/03, EU:C:2004:781).

42

In terzo luogo, per quanto riguarda la sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583), nella parte in cui dichiara che lo sviluppo di un medicinale consistente in una nuova indicazione terapeutica non gode di un’autonoma protezione dei dati, tale interpretazione non sarebbe stata confermata dal legislatore dell’Unione in quanto l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 non indica le nuove indicazioni terapeutiche tra le modifiche rientranti, in ogni caso, nell’ambito dell’«autorizzazione all’immissione in commercio globale».

43

Con la seconda parte del primo motivo, la Novartis contesta al Tribunale di avere ritenuto, in particolare ai punti 47 e 56 delle sentenze impugnate, che, tenuto conto del fatto che l’Aclasta e lo Zometa contengono la medesima sostanza attiva, l’Aclasta avrebbe potuto essere autorizzato in quanto variazione di tipo II dello Zometa, il che avrebbe avuto l’effetto di includere l’Aclasta nell’AIC globale dello Zometa. Pertanto, la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, ricomprenderebbe qualsiasi sviluppo che possa essere autorizzato in quanto modifica o estensione dell’AIC del medicinale iniziale, indipendentemente dal fatto che tale sviluppo abbia, in realtà, dato luogo alla concessione di una nuova AIC, trattandosi di un nuovo medicinale con un nuovo nome.

44

Tale interpretazione sarebbe contraria al tenore letterale di detta disposizione. Infatti, quest’ultima riguarderebbe, in quanto autorizzazioni che devono essere incluse nell’«autorizzazione all’immissione in commercio globale», unicamente quelle che sono state effettivamente rilasciate per un cambiamento di dosaggio, di forma farmaceutica, di via di somministrazione e di presentazione di un medicinale coperto da una prima AIC, nonché per qualsiasi modifica e estensione, e non, in maniera molto più ampia, le autorizzazioni che avrebbero potuto essere incluse in tale autorizzazione all’immissione in commercio globale, sulla base di detta disposizione. Un’interpretazione così ampia dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 non sarebbe del resto conforme all’intento del legislatore dell’Unione, poiché, pur indicando, in maniera generale, che l’autorizzazione relativa alle «variazioni ed estensioni» di un medicinale coperto da una prima AIC fa parte, insieme a quest’ultima, della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, tale disposizione precisa che ciò vale anche per quanto riguarda un’autorizzazione relativa a «ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione» di tale medicinale. Secondo la Novartis, se l’intenzione del legislatore dell’Unione fosse stata di considerare che, in maniera generale, tutti i cambiamenti che «avrebbero potuto» essere autorizzati in quanto variazioni o estensioni di un medicinale coperto da una prima AIC dovevano essere considerati inclusi nell’AIC globale, non avrebbe fatto un ulteriore riferimento a tali cambiamenti specifici, poiché questi ultimi sarebbero stati ricompresi nella nozione di «variazioni ed estensioni».

45

Inoltre, la certezza del diritto sarebbe compromessa qualora la modalità effettiva di autorizzazione, mediante variazione o estensione dell’AIC iniziale oppure mediante una nuova AIC con un nuovo nome, non fosse determinante per stabilire ciò che rientra nella nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale».

46

Infine, la Novartis contesta al Tribunale di non aver affrontato la questione se la sua interpretazione della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale» offra un’equa ricompensa per le ricerche nuove e innovatrici delle imprese farmaceutiche.

47

Con la terza parte del primo motivo, la Novartis sostiene che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto, ai punti 54 e seguenti delle sentenze impugnate, che la Novartis potesse scegliere di chiedere una modifica dell’AIC dello Zometa che coprisse le nuove indicazioni terapeutiche e di estensione per i nuovi dosaggi di tale medicinale, oppure una nuova domanda di AIC, con un nuovo nome commerciale.

48

Infatti, secondo la Novartis, conformemente al regolamento n. 1085/2003, una domanda riguardante una nuova indicazione terapeutica per la sostanza attiva dello Zometa sarebbe stata trattata, di regola, come una domanda di modifica dell’AIC dello Zometa e, anche supponendo che tale domanda abbia dato luogo ad un’AIC di tale medicinale in quanto estensione dell’AIC iniziale, il nome del medicinale avrebbe dovuto rimanere lo stesso, ossia non Aclasta ma Zometa, conformemente all’allegato II, terzo comma, di tale regolamento. Nel caso di specie, per ottenere una nuova AIC sotto un nuovo nome, la Novartis sarebbe stata obbligata a presentare la sua domanda sulla base di un fascicolo completo e di sottoporla a valutazione nell’ambito della procedura centralizzata, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla normativa in vigore. Secondo la Novartis, ciò non è potuto avvenire nel caso di specie soltanto per il fatto che lo sviluppo che costituisce l’Aclasta è un’innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico. Infatti, la procedura centralizzata, sia in vigenza del regolamento n. 2309/93 che in vigenza del regolamento n. 726/2004, applicabile alle presenti cause, consentirebbe di concedere un’AIC distinta in quanto nuovo medicinale, con un nome nuovo, ad alcune innovazioni che potrebbero teoricamente essere autorizzate in quanto modifica o estensione di un’AIC esistente. L’affermazione del Tribunale secondo la quale la normativa dell’Unione non risolverebbe la questione di stabilire quando lo sviluppo di un medicinale debba essere autorizzato mediante modifica dell’AIC esistente o per mezzo di un’AIC distinta sarebbe, pertanto, inesatta o, in ogni caso, incomprensibile in mancanza di una spiegazione.

49

Con la quarta parte del primo motivo, la Novartis sostiene che il Tribunale abbia erroneamente giustificato, ai punti 60 e 61 delle sentenze impugnate, la sua interpretazione della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, dichiarando che, qualora un’AIC distinta concessa per lo sviluppo di un medicinale non fosse considerata parte, insieme all’AIC iniziale di tale medicinale, di un’«autorizzazione all’immissione in commercio globale», il periodo di protezione dei dati per un medesimo medicinale potrebbe essere prolungato in maniera indefinita, in contraddizione con gli obiettivi della normativa.

50

Infatti, la possibilità di ottenere un’AIC distinta per un medicinale avente un nuovo nome commerciale, mentre in realtà si tratterebbe dello sviluppo dello stesso medicinale precedentemente autorizzato, sarebbe rigorosamente circoscritta e limitata ai casi eccezionali in cui vengano soddisfatti i criteri specifici della procedura centralizzata. Inoltre, in tale caso, dato che si tratterebbe di un’AIC distinta concessa per un nuovo medicinale e con una nuova iscrizione nel registro comunitario dei medicinali, sussisterebbe una protezione dei dati autonoma e, pertanto, priva di efficacia per quanto riguarda la protezione dei dati relativi a qualsiasi altro medicinale, nella fattispecie quella relativa allo Zometa per le indicazioni terapeutiche di quest’ultimo.

51

La Commissione, la Teva e la Hospira concludono per il rigetto del primo motivo.

Giudizio della Corte

52

La prima parte del primo motivo si basa sulla censura secondo la quale il Tribunale avrebbe erroneamente adottato un’interpretazione ampia della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, basandosi su una giurisprudenza della Corte non pertinente nel caso di specie.

53

A tale riguardo, occorre constatare che il Tribunale ha certamente fatto riferimento, ai punti 45 e 64 delle sentenze impugnate, alla giurisprudenza della Corte relativa alla normativa precedentemente in vigore riguardante la protezione dei dati dei medicinali. Tuttavia, nella sua interpretazione della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, il Tribunale si è basato, come emerge dai punti da 52 a 67 delle sentenze impugnate, su un’analisi dei testi, del contesto e del sistema relativi alla protezione dei dati nell’ambito di tale direttiva.

54

Per quanto riguarda la pertinenza della giurisprudenza della Corte alla quale il Tribunale ha fatto riferimento nelle sentenze impugnate, occorre ricordare che la Corte ha definito, al punto 36 della sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583), la nozione di specialità medicinali «essenzialmente simili» nell’ambito della direttiva 65/65. La Corte ha dichiarato, al punto 42 di tale ultima sentenza, che l’identità delle indicazioni terapeutiche non figura tra i criteri che debbono essere soddisfatti affinché due specialità medicinali possano essere considerate essenzialmente simili. Tale definizione ha indotto la Corte a concludere, al punto 43 di detta sentenza, che, nell’ambito della procedura abbreviata, il richiedente può far ricorso non solo ai dati forniti per il medicinale iniziale, ma anche a dati più recenti relativi alle indicazioni terapeutiche di detto medicinale iniziale sviluppate successivamente. Da tale giurisprudenza emerge che i dati presentati per le nuove indicazioni terapeutiche non fanno decorrere un autonomo periodo di tutela regolamentare.

55

A tale riguardo, occorre notare che il contesto normativo relativo alla protezione dei dati dei medicinali di riferimento non ha subito alcuna modifica sostanziale rispetto a quello nel quale è stata pronunciata la sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583). Infatti, alla nozione di «medicinale essenzialmente simile», che, nell’ambito della direttiva 65/65, costituiva il riferimento centrale nella questione dell’utilizzo dei dati per una domanda di AIC di un medicinale generico, corrispondono oggi le nozioni di «medicinale generico» e di «medicinale di riferimento». Ebbene, la definizione della nozione di «medicinale generico», di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva n. 2001/83 richiama i tre criteri della nozione di «medicinale essenzialmente simile» fornita dalla Corte al punto 36 di detta sentenza.

56

Inoltre, conformemente all’articolo 6 del regolamento n. 1085/2003, applicabile nelle presenti cause, l’aggiunta di nuove indicazioni terapeutiche è considerata una variazione maggiore di tipo II che include tale sviluppo nell’AIC iniziale e non fa quindi decorrere un autonomo periodo di protezione dei dati. Ne deriva che, per quanto riguarda il periodo di protezione dei dati per le nuove indicazioni terapeutiche, il legislatore non si è discostato dall’interpretazione fornita dalla Corte nella sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583).

57

Per quanto riguarda la pertinenza delle sentenze del 29 aprile 2004, Novartis Pharmaceuticals (C‑106/01, EU:C:2004:245), e del 9 dicembre 2004, Approved Prescription Services (C‑36/03, EU:C:2004:781), occorre notare che la soluzione da esse accolta, ossia che il nuovo dosaggio, la nuova via di somministrazione e la nuova forma farmaceutica non godono di un autonomo periodo di protezione dei dati, è ora ripresa dall’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83.

58

Da quanto precede risulta che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, esiste una continuità con la precedente disciplina giuridica riguardante la protezione dei dati dei medicinali di riferimento, la quale è stata anche elaborata dalla giurisprudenza della Corte.

59

Di conseguenza, il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel fare riferimento, per l’interpretazione della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, alle sentenze della Corte di cui ai punti 54 e 57 della presente sentenza, benché esse si riferiscano ad una normativa non più applicabile alle presenti cause.

60

La prima parte del primo motivo deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

61

Per quanto riguarda la seconda e la terza parte del primo motivo, che occorre esaminare congiuntamente, la Novartis contesta, rispettivamente, il fatto che il Tribunale abbia considerato che lo sviluppo di un medicinale, che avrebbe potuto essere autorizzato per mezzo di una modifica o di un’estensione dell’AIC di tale medicinale, faccia parte della stessa «autorizzazione all’immissione in commercio globale», indipendentemente dal fatto che tale sviluppo abbia costituito l’oggetto di un’AIC distinta, e la considerazione del Tribunale secondo la quale la Novartis potrebbe scegliere tra una modifica dell’AIC del medicinale iniziale ed una domanda di AIC distinta.

62

A tale riguardo, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/83, nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’AIC delle autorità competenti dello Stato membro medesimo rilasciata a norma di detta direttiva ovvero senza un’autorizzazione a norma del regolamento n. 2309/93, applicabile al momento della concessione dell’AIC per l’Aclasta.

63

La nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale» viene indicata all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, che prevede che: «[q]uando per un medicinale è stata rilasciata [un’AIC iniziale] ai sensi del primo comma [di tale paragrafo 1], ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati ai sensi del primo comma [di detto paragrafo 1] o sono inclusi nell’[AIC] iniziale. Tutte le [AIC] in questione sono considerate facenti parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale, in particolare ai fini dell’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1[, di tale direttiva]».

64

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle conclusioni, l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 rinvia all’articolo 10, paragrafo 1, di tale direttiva e collega esplicitamente la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale» al periodo di tutela regolamentare dei dati dei medicinali di riferimento, indicato in detto articolo 10, paragrafo 1, indipendentemente dal fatto che tale nozione copre diversi sviluppi del medicinale iniziale per i quali devono essere forniti elementi distinti in momenti diversi.

65

Da ciò emerge che all’«autorizzazione all’immissione in commercio globale» è collegato solo un periodo di tutela regolamentare dei dati, che si applica sia ai dati relativi al medicinale iniziale, sia ai dati presentati per i suoi sviluppi, come il dosaggio, la forma farmaceutica, la via di somministrazione e la presentazione ulteriori, nonché la variazione e l’estensione. Detto periodo inizia con il rilascio dell’AIC del medicinale iniziale.

66

Occorre rilevare che i termini «variazioni ed estensioni», di cui all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 riguardano effettivamente una «variazione dei termini dell’[AIC]» o «un’estensione dell’[AIC]», ai sensi del regolamento n. 1085/2003, applicabile nell’ambito delle presenti cause. Infatti, tali modifiche equivalgono proprio a «includere nell’[AIC] iniziale» gli sviluppi in questione e devono quindi essere considerate parte dell’«autorizzazione all’immissione in commercio globale».

67

A tale riguardo, occorre notare che la Novartis non contesta la constatazione del Tribunale secondo la quale lo Zometa e l’Aclasta si distinguono per nuove indicazioni terapeutiche e per un diverso dosaggio, adattato a tali nuove indicazioni.

68

Peraltro, come ha rilevato il Tribunale al punto 47 delle sentenze impugnate, da un lato, la modifica di un dosaggio o l’aggiunta di un dosaggio è considerata un’«estensione», conformemente al punto 2, iii), dell’allegato II del regolamento n. 1085/2003, e, dall’altro, l’aggiunta di nuove indicazioni terapeutiche costituisce una variazione di tipo II, conformemente all’articolo 6 di tale regolamento.

69

Da ciò deriva che i cambiamenti apportati dal titolare di un’AIC al dosaggio e all’indicazione terapeutica di un medicinale costituiscono «variazioni», ai sensi del regolamento n. 1085/2003, ovvero sviluppi di tali medicinali, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, cosicché, come risulta dal punto 65 della presente sentenza, la concessione dell’AIC per tali sviluppi non dà luogo ad un autonomo periodo di tutela regolamentare dei dati.

70

È vero che la Novartis ha richiesto un’AIC per l’Aclasta non in quanto variazione del medicinale Zometa, ai sensi del regolamento n. 1085/2003, ma in quanto nuovo medicinale con un nuovo nome, che beneficia, a tale titolo, di un’AIC distinta.

71

Tuttavia, nel disporre che «ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati ai sensi del primo comma o sono inclusi nell’[AIC] iniziale», l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 non opera alcuna distinzione, come ha correttamente rilevato il Tribunale al punto 52 delle sentenze impugnate, tra gli sviluppi autorizzati mediante un’AIC distinta e gli sviluppi del medicinale iniziale autorizzati mediante la variazione dei termini di un’AIC iniziale.

72

Ne deriva che la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, ricomprende tutti gli sviluppi successivi del medicinale iniziale, a prescindere dalla loro procedura di autorizzazione, ossia mediante la modifica dell’AIC iniziale di tale medicinale o mediante l’ottenimento di un’AIC distinta.

73

In tale contesto, non è determinante la questione se la Novartis avesse o meno la possibilità di scegliere liberamente tra tali due procedure di AIC per l’Aclasta.

74

Pertanto, il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 87 delle sentenze impugnate, che lo sviluppo che costituisce l’Aclasta, rispetto allo Zometa, rientra in una situazione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, in quanto l’Aclasta costituisce un dosaggio ulteriore ed una variazione, consistente in nuove indicazioni terapeutiche, rispetto allo Zometa, e deve pertanto essere incluso nell’«autorizzazione all’immissione in commercio globale» di quest’ultimo ai fini del periodo di tutela regolamentare dei dati.

75

Per quanto riguarda l’argomentazione della Novartis secondo la quale sarebbe necessario ricompensare le ricerche innovatrici relative a nuove indicazioni per un medicinale già presente sul mercato, occorre rilevare che la Corte ha già dichiarato, al punto 52 della sentenza del 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. (C‑368/96, EU:C:1998:583), che, allo stato del diritto dell’Unione in vigore a tale data, non esisteva alcuna tutela particolare e spettava, eventualmente, al legislatore dell’Unione adottare misure intese a rafforzare il regime di protezione in caso di messa a punto di nuove indicazioni terapeutiche relative a medicinali già oggetto di AIC.

76

Ebbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle conclusioni, l’articolo 10, paragrafo 1, quarto comma, della direttiva 2001/83 costituisce la reazione del legislatore dell’Unione a tali considerazioni della Corte.

77

Infatti, tale disposizione precisa ora che il periodo di esclusiva commerciale di dieci anni di cui gode un medicinale di riferimento è aumentato di un anno «se durante i primi otto anni di tale decennio il titolare dell’[AIC] ottiene un’autorizzazione per una o più indicazioni terapeutiche nuove che, in occasione della valutazione scientifica ai fini dell’autorizzazione, sono ritenute portatrici di un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

78

Tale nuova disposizione è motivata, come ha sottolineato, in sostanza, l’avvocato generale ai paragrafi 65 e 66 delle conclusioni, nella motivazione della proposta che ha portato all’adozione della direttiva 2004/27, che ha inserito tale articolo 10 nella direttiva 2001/83, con la volontà di «favorire la ricerca di nuove indicazioni terapeutiche che comportino consistenti benefici clinici, nonché un miglioramento del benessere e della qualità della vita dei pazienti» vegliando nel contempo a «mantenere il necessario equilibrio tra la promozione di tali innovazioni e l’esigenza di agevolare la produzione di medicinali generici». Tale estensione di un anno del periodo di esclusiva commerciale costituisce pertanto, dal punto di vista del legislatore dell’Unione, l’adeguato premio riconosciuto per ricompensare gli investimenti in nuove indicazioni terapeutiche.

79

La seconda e la terza parte del primo motivo di impugnazione sono pertanto infondate.

80

Per quanto riguarda la quarta parte del primo motivo, la Novartis contesta al Tribunale di aver ritenuto, ai punti 60 e 61 delle sentenze impugnate, che la sua tesi consentirebbe di prolungare in maniera indefinita il periodo di protezione dei dati relativi al medicinale iniziale.

81

A tale riguardo, occorre rilevare che la valutazione delle conseguenze di fatto che risulterebbero dall’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83 qualora tale disposizione dovesse essere interpretata in maniera conforme alla tesi sostenuta dalla Novartis non è pertinente al fine di stabilire se l’interpretazione adottata dal Tribunale nelle sentenze impugnate sia viziata da un errore di diritto.

82

Ne consegue che la quarta parte del primo motivo deve essere respinta in quanto inconferente.

83

Da tutte le suesposte considerazioni risulta che il primo motivo di impugnazione deve essere respinto in parte in quanto infondato e in parte in quanto inconferente.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

84

Con il secondo motivo, la Novartis sostiene che il Tribunale non abbia fornito un’«adeguata motivazione» a sostegno dell’interpretazione da esso fornita dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83. Il Tribunale, infatti, non avrebbe fornito spiegazioni concrete riguardo alla definizione esatta ed all’ambito di applicazione della nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale». Esso si sarebbe limitato a spiegare le ragioni dell’infondatezza degli argomenti in favore dell’interpretazione sostenuta dalla Novartis. Ebbene, siffatta motivazione non sarebbe sufficiente in quanto non consentirebbe di sgombrare il campo dalle incertezze relative all’ambito di applicazione di detta «autorizzazione all’immissione in commercio globale».

85

La Commissione e la Teva concludono per il rigetto del secondo motivo.

Giudizio della Corte

86

Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 38).

87

Ebbene, la Novartis contesta al Tribunale non tanto di avere omesso di rispondere alle sue argomentazioni, ma di essersi limitato a rispondervi, cosicché, per tale motivo, esso non avrebbe interpretato la nozione di «autorizzazione all’immissione in commercio globale», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, in maniera sufficientemente completa e idonea a sgombrare il campo dalle incertezze relative all’ambito di applicazione di tale nozione.

88

A tale riguardo, si deve constatare che la motivazione del Tribunale, in particolare ai punti da 52 a 67 delle sentenze impugnate, ha consentito agli interessati di conoscere i motivi sui quali il Tribunale si è basato per respingere le loro argomentazioni ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito delle presenti impugnazioni.

89

Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo in quanto manifestamente infondato.

90

Pertanto, l’impugnazione deve essere integralmente respinta.

Sulle spese

91

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima, quando l’impugnazione è respinta, statuisce sulle spese.

92

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del suo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

93

La Novartis, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione, della Teva e della Hospira.

 

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Le impugnazioni nelle cause C‑629/15 P e C‑630/15 P sono respinte.

 

2)

La Novartis Europharm Ltd è condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea, dalla Teva Pharma BV e dalla Hospira UK Ltd nelle cause C‑629/15 P e C‑630/15 P.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.