SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

14 settembre 2016 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato europeo dell’acciaio per precompresso – Ammende – Calcolo dell’importo delle ammende – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 23, paragrafo 2 – Presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza dominante della società controllante sulla società controllata – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Principio di irretroattività – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto ad un ricorso effettivo entro un termine ragionevole – Carta dei diritti fondamentali – Articolo 41 – Diritto ad un trattamento delle cause entro un termine ragionevole»

Nelle cause riunite C‑490/15 P e C‑505/15 P,

aventi ad oggetto due impugnazioni proposte, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, rispettivamente il 18 settembre e il 23 settembre 2015,

Ori Martin SA, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo) (C‑490/15 P),

Siderurgica Latina Martin SpA (SLM), con sede in Ceprano (Italia) (C‑505/15 P),

rappresentate da G. Belotti e P. Ziotti, avvocati,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da V. Bottka, G. Conte e P. Rossi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, J.‑C. Bonichot e E. Regan (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le loro impugnazioni, le società Ori Martin SA e Siderurgica Latina Martin SpA (SLM) chiedono l’annullamento o la riforma della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 luglio 2015, SLM e Ori Martin/Commissione (T‑389/10 e T‑419/10; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2015:513), con cui quest’ultimo ha respinto parzialmente i loro ricorsi diretti all’annullamento e alla riforma della decisione C (2010) 4387 definitivo della Commissione, del 30 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/38344 – Acciaio per precompresso), modificata dalla decisione C (2010) 6676 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2010, e dalla decisione C (2011) 2269 definitivo della Commissione, del 4 aprile 2011 (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        L’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), così recita:

«2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101 TFUE] o dell’articolo [102 TFUE] (...)

(...)

Per ciascuna impresa (...) partecipant[e] all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(...)

3.      Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3        Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»), per quanto attiene alla «Determinazione dell’importo di base dell’ammenda» dispongono quanto segue:

«(...)

19.      L’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione.

(...)

25.      Inoltre, a prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite (...) al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. Essa può applicare tale importo supplementare anche ad altre infrazioni. Per decidere la proporzione del valore delle vendite da considerare in un determinato caso, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori (...)

(...)».

 Fatti

4        Il settore interessato dalla presente causa è quello dell’acciaio per precompresso (in prosieguo: l’«APC»). Con tale espressione si intendono fili e trefoli metallici formati da vergelle e in particolare l’acciaio per calcestruzzo precompresso, che fornisce elementi per balconi, pali di fondazione, tubature, e l’acciaio per calcestruzzo postensione, utilizzato nella realizzazione di opere di ingegneria strutturale, di opere sotterranee e di ponti.

5        La SLM è un produttore italiano di trefoli a tre e a sette fili nonché di altri tipi di prodotti in acciaio. Nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1999 e il 31 ottobre 2001, tale società era controllata al 100% dall’Ori Martin. Dal 1° novembre 2001 al 19 settembre 2002 essa era detenuta per il 98% dall’Ori Martin e per il 2% dall’Ori Martin Lux SA, a sua volta una controllata dell’Ori Martin.

6        Il 19 e il 20 settembre 2002, avendo ricevuto informazioni dal Bundeskartellamt (autorità federale della concorrenza, Germania) e da un produttore di APC in merito ad un’infrazione all’articolo 101 TFUE, la Commissione ha condotto accertamenti nei locali di diverse imprese.

7        Al termine della propria indagine, la Commissione ha adottato, il 30 settembre 2008, una comunicazione degli addebiti relativamente a varie società, tra le quali la SLM e l’Ori Martin. Tutti i destinatari di detta comunicazione hanno presentato osservazioni scritte in risposta agli addebiti mossi dalla Commissione. L’11 e il 12 febbraio 2009 ha avuto luogo un’audizione, alla quale hanno partecipato la SLM e l’Ori Martin.

8        Con la decisione controversa, la Commissione ha affermato che vari fornitori di APC avevano violato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, a partire dal 1° gennaio 1994, l’articolo 53, paragrafo 1, dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), partecipando ad un cartello a livello europeo nonché nazionale e regionale, nel periodo dal 1° gennaio 1984 al 19 settembre 2002.

9        Detto cartello era costituito dai seguenti accordi:

–        un accordo paneuropeo che si è protratto dal 1° gennaio 1984 al 9 gennaio 1996 e che riguardava la fissazione di quote nazionali (per Germania, Austria, Benelux, Francia, Italia e Spagna), la ripartizione di clienti, la fissazione di prezzi e lo scambio di informazioni commerciali riservate (il «Club di Zurigo»);

–        un accordo nazionale che è perdurato dal 5 dicembre 1995 al 19 settembre 2002 e che verteva sulla fissazione di quote per l’Italia nonché sulle esportazioni da tale paese verso il resto d’Europa (il «Club Italia»);

–        un accordo regionale negoziato e concluso nel 1996 da imprese italiane al fine di fissare il tasso di penetrazione di ciascun partecipante nei paesi meridionali (Spagna, Italia, Francia, Belgio e Lussemburgo) e di negoziare congiuntamente le quote con gli altri produttori dell’Europa settentrionale (l’«Accordo meridionale»);

–        un accordo paneuropeo concluso nel maggio 1997 e cessato nel settembre 2002 e che era volto, in particolare, alla ripartizione delle quote e della clientela e alla fissazione dei prezzi (il «Club Europa»);

–        il coordinamento relativo al cliente Addtek, ossia un accordo paneuropeo che era stato già attuato durante la fase del Club di Zurigo, protrattosi almeno sino alla fine del 2001 e nell’ambito del quale i produttori coinvolti intrattenevano contatti bilaterali e partecipavano a contatti ad hoc finalizzati alla fissazione dei prezzi e alla ripartizione dei clienti, se avevano interesse a farlo (tali progetti riguardavano principalmente la Finlandia, la Svezia e la Norvegia, ma anche i Paesi Bassi, la Germania, gli Stati baltici e l’Europa centrale e orientale);

–        discussioni tra il Club Europa e il Club Italia (nel periodo compreso almeno tra il settembre 2000 e il settembre 2002, i membri permanenti del Club Europa, ossia le società Italcables SpA, CB Trafilati Acciai SpA, Redaelli Tecna SpA, Industria Trafileria Applicazioni Speciali SpA e SLM, si sono incontrati regolarmente allo scopo di far convogliare le società italiane nel Club Europa quali membri permanenti);

–        un accordo nell’ambito del quale cinque imprese spagnole e due imprese portoghesi hanno concordato, per quanto concerne Spagna e Portogallo e per un periodo compreso almeno tra il dicembre 1992 e il settembre 2002, di mantenere stabili le proprie quote di mercato, di fissare le quote, di distribuirsi i clienti, comprese le opere pubbliche, e di fissare prezzi e condizioni di pagamento. Inoltre, le stesse si sono scambiate informazioni commerciali riservate (il «Club España»).

10      Nella decisione controversa, la Commissione ha dichiarato che la SLM aveva partecipato direttamente al cartello, e in particolare al Club Italia e all’integrazione dei produttori italiani nel Club Europa, dal 10 febbraio 1997 al 19 settembre 2002. La Commissione ha quindi ritenuto la SLM responsabile della sua partecipazione al cartello per tale periodo.

11      Inoltre, dopo aver rilevato che l’Ori Martin aveva esercitato un’influenza determinante sulla SLM dal 1° gennaio 1999 al 19 settembre 2002, a motivo della proprietà in capo alla prima della totalità o della quasi totalità del capitale della seconda durante il medesimo periodo, la Commissione ha considerato l’Ori Martin responsabile in solido della partecipazione della SLM all’intesa per questo stesso periodo.

12      Per detta infrazione, alla SLM è stata inizialmente inflitta un’ammenda di EUR 19,8 milioni, di cui EUR 14 milioni in solido con l’Ori Martin. In seguito, tale ammenda è stata ridotta a EUR 15,96 milioni, di cui EUR 14 milioni in solido con l’Ori Martin, in quanto la Commissione ha tenuto conto, nella decisione C(2011) 2269 definitivo, per calcolare l’importo definitivo dell’ammenda, del limite legale connesso al massimale del 10% del fatturato della SLM e non del gruppo Ori Martin.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

13      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 13 settembre e il 14 settembre 2010, la SLM e l’Ori Martin hanno presentato ciascuna un ricorso diretto all’annullamento e alla riforma della decisione controversa.

14      A sostegno del suo ricorso, la SLM ha dedotto due motivi presentati come diretti all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui la riguarda. Tali motivi si riferivano alla violazione, da un lato, del principio del termine ragionevole e, dall’altro, del principio di buona amministrazione.

15      Gli altri motivi dedotti dalla SLM sono stati fatti valere ai fini della riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale. Detti motivi riguardavano, segnatamente, l’erronea applicazione degli orientamenti del 2006 anziché degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»); la violazione dell’obbligo di motivazione per quanto attiene alla determinazione della gravità e della maggiorazione per l’effetto dissuasivo; la violazione del principio di proporzionalità; l’erronea valutazione della durata della partecipazione della SLM all’intesa; la mancata presa in considerazione di circostanze attenuanti per la SLM e la mancata considerazione delle dichiarazioni della SLM.

16      A seguito dell’adozione della decisione C(2011) 2269 definitivo, la SLM ha adeguato i suoi motivi e ha altresì dedotto il motivo relativo ad errori di calcolo in cui la Commissione sarebbe incorsa nel determinare la parte di ammenda per la quale la SLM era stata dichiarata unica responsabile nonché la parte dell’ammenda per il cui pagamento l’Ori Martin era stata dichiarata responsabile in solido.

17      L’Ori Martin ha dedotto a sua volta tre motivi dinanzi al Tribunale, dei quali il secondo e il terzo sono pertinenti nell’ambito della presente impugnazione. Il secondo motivo verteva sulla violazione da parte della Commissione di diversi principi e norme per aver imputato all’Ori Martin, in quanto proprietaria quasi esclusiva del capitale della SLM, la responsabilità in solido di una parte dell’infrazione di cui trattasi. Il terzo motivo censurava determinati aspetti del calcolo dell’importo dell’ammenda e sollevava dubbi quanto alla possibilità di applicare gli orientamenti del 2006 anziché gli orientamenti del 1998.

18      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha annullato la decisione controversa nella parte in cui la Commissione aveva, da un lato, imputato alla SLM la partecipazione all’infrazione di cui trattasi per il periodo dal 10 febbraio 1997 al 14 aprile 1997 e, dall’altro, inflitto alle ricorrenti un’ammenda sproporzionata per sanzionare la partecipazione della SLM all’infrazione.

19      Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il Tribunale ha dichiarato che l’ammenda inflitta alla SLM doveva essere ridotta da EUR 19,8 milioni a EUR 19 milioni, di cui EUR 13,3 milioni inflitti a titolo della responsabilità in solido all’Ori Martin. Tuttavia, a causa del limite legale del 10% del fatturato totale previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, il Tribunale ha fissato l’importo finale dell’ammenda inflitta alla SLM a EUR 1,956 milioni.

20      Il Tribunale ha respinto i ricorsi quanto al resto.

21      A seguito di una domanda di rettifica presentata dalla Commissione relativamente a talune parti della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato, al punto 13 dell’ordinanza del 10 novembre 2015, SLM e Ori Martin/Commissione (T‑389/10 REC e T‑419/10 REC, EU:T:2015:855), che l’importo di EUR 1,956 milioni corrispondeva all’importo totale dell’ammenda inflitta individualmente alla SLM per il periodo dal 15 aprile 1997 al 31 dicembre 1998 e teneva conto del limite legale del 10% del fatturato della SLM, mentre l’importo di EUR 13,3 milioni corrispondeva all’importo totale dell’ammenda inflitta in solido all’Ori Martin nonché alla SLM per il periodo dal 1° gennaio 1999 al 19 settembre 2002 e non era soggetto al suddetto limite.

 Conclusioni delle parti

 Nella causa C‑490/15 P

22      Con la sua impugnazione, l’Ori Martin chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha respinto la domanda di annullamento della decisione controversa là dove tale decisione prevede l’estensione della responsabilità solidale all’Ori Martin per i fatti commessi dalla SLM;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda inflitta all’Ori Martin;

–        in ogni caso, riconoscere all’Ori Martin un equo indennizzo per la violazione da parte del Tribunale del termine ragionevole di cui all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e

–        condannare la Commissione alle spese.

23      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        respingere, perché irricevibile, la richiesta di condanna del Tribunale a corrispondere un indennizzo all’Ori Martin per l’eccessiva durata del procedimento dinanzi al Tribunale, e

–        condannare l’Ori Martin alle spese.

 Nella causa C‑505/15 P

24      Con la sua impugnazione la SLM chiede che la Corte voglia:

–        riformare la sentenza impugnata, riducendo l’ammenda inflitta alla SLM a titolo individuale e in solido con l’Ori Martin;

–        censurare la mancata presa di posizione del Tribunale sulla tardiva risposta data dalla Commissione alla richiesta di trattamento favorevole della SLM, traendone tutte le conseguenze del caso, inclusa la corresponsione alla SLM di un equo indennizzo da parte della Commissione;

–        riconoscere alla SLM un equo indennizzo per la violazione da parte del Tribunale del termine ragionevole di cui all’articolo 47 della Carta, e

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        respingere, perché irricevibile, la richiesta di condanna della Commissione a corrispondere un indennizzo alla SLM per l’eccessiva durata del procedimento amministrativo;

–        respingere, perché irricevibile, la richiesta di condanna del Tribunale a corrispondere un indennizzo alla SLM, per l’eccessiva durata del procedimento di primo grado, e

–        condannare la SLM alle spese.

26      Con decisione del presidente della Corte del 16 marzo 2016, le cause C‑490/15 P e C‑505/15 P sono state riunite ai fini della sentenza, conformemente all’articolo 54 del regolamento di procedura della Corte.

 Sulle impugnazioni

27      A sostegno delle loro impugnazioni, l’Ori Martin e la SLM deducono rispettivamente cinque e sei motivi, che in parte si sovrappongono.

 Sul primo motivo nelle cause C‑490/15 P e C‑505/15 P

 Argomenti delle parti

28      Con il loro rispettivo primo motivo, le ricorrenti addebitano al Tribunale di non aver tenuto sufficientemente conto, nella sua valutazione dell’importo dell’ammenda, delle specificità della partecipazione della SLM all’infrazione, rilevate dallo stesso Tribunale.

29      Dagli atti di causa e dai punti 181, 253, 254, 321 e seguenti nonché dal punto 446 della sentenza impugnata, risulterebbe che la SLM è stata estranea a diversi profili dell’infrazione in questione, giacché non ha partecipato all’accordo meridionale, al Club España, al coordinamento riguardante il cliente Addtek e al Club di Zurigo. Fondandosi sulla giurisprudenza derivante dalla sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni (C‑49/92 P, EU:C:1999:356), le ricorrenti affermano che una tale circostanza avrebbe dovuto essere presa in considerazione nella valutazione della gravità dell’infrazione e nella determinazione dell’importo dell’ammenda.

30      Le ricorrenti sottolineano che lo stesso Tribunale ha peraltro riconosciuto, ai punti 169, 324 e 326 della sentenza impugnata, che la Commissione avrebbe dovuto distinguere due periodi di partecipazione della SLM all’infrazione e che la sanzione inflitta alla SLM e all’Ori Martin era sproporzionata, in quanto non era sufficientemente personalizzata. Il Tribunale avrebbe altresì ridotto di due mesi il periodo di partecipazione della SLM all’infrazione e avrebbe dichiarato, ai punti 164 e seguenti nonché ai punti 173 e 174 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva commesso un errore nel prendere in considerazione il fatturato austriaco della SLM.

31      Orbene, riducendo l’ammenda da EUR 19,8 milioni a EUR 19 milioni, ossia soltanto del 4% circa, il Tribunale non avrebbe proceduto ad una corrispondente, proporzionata e adeguata riduzione di tale ammenda sulla base delle proprie considerazioni. Il Tribunale avrebbe violato i principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di personalità delle pene.

32      La questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria ovvero insufficiente rappresenterebbe una questione di diritto che può essere sollevata in sede di impugnazione. Orbene, nel caso di specie, il ragionamento seguito dal Tribunale per ridurre la sanzione non sarebbe conforme all’obbligo di motivazione che incombe a quest’ultimo, come affermato dalla Corte al punto 30 della sentenza del 20 maggio 2010, Gogos/Commissione (C‑583/08 P, EU:C:2010:287).

33      Infine, le ricorrenti fanno valere che, in ogni caso, il Tribunale ha commesso un errore di calcolo nella determinazione dell’importo dell’ammenda. Questa, d’importo totale pari a EUR 19 milioni, corrisponderebbe ad una somma di EUR 292 307 per ciascun mese del periodo di partecipazione della SLM all’infrazione. Avendo il Tribunale ridotto tale periodo da 67 mesi a 65 mesi, la sanzione inflitta a quest’ultima avrebbe dovuto, solo per questo, essere ridotta di circa EUR 584 000. Inoltre, considerato il fatto che l’Ori Martin sarebbe stata sanzionata per un periodo di 44 mesi, l’ammenda per la quale essa è stata condannata a titolo della sua responsabilità in solido avrebbe dovuto essere fissata a EUR 12 861 508 anziché a EUR 13 milioni. L’Ori Martin aggiunge che dal punto 214 della sentenza impugnata e dal punto 956 della decisione controversa discenderebbe che tanto il Tribunale quanto la Commissione hanno espresso il loro accordo sul metodo di suddivisione in mesi presentato dalle ricorrenti.

34      La Commissione sostiene che tale motivo è infondato.

 Giudizio della Corte

35      Per quanto attiene alla censura con cui le ricorrenti addebitano al Tribunale una violazione dell’obbligo di motivazione, si deve ricordare che l’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 146 e giurisprudenza ivi citata).

36      Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi degli articoli 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone allo stesso di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 38).

37      Nel caso di specie, la sentenza impugnata soddisfa i requisiti di motivazione incombenti al Tribunale, dal momento che quest’ultimo ha fornito, ai punti da 439 a 452 di detta sentenza, un’esposizione dettagliata delle fatture di cui ha tenuto conto nel fissare l’importo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 133). Infatti, tale motivazione consente agli interessati, e in particolare alle ricorrenti, di conoscere i motivi sui quali si è fondato il Tribunale e alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito delle presenti impugnazioni.

38      Poi, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che spetta al Tribunale esaminare l’adeguatezza dell’importo di un’ammenda e che, in via di principio, non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un’impugnazione, sostituire per motivi di equità la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sull’importo delle ammende inflitte ad imprese che abbiano violato il diritto dell’Unione europea. Pertanto, solo nei limiti in cui la Corte ritenesse che il livello della sanzione sia non soltanto inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe ravvisare un errore di diritto commesso dal Tribunale per incongruenza dell’importo di un’ammenda (sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 205 e giurisprudenza ivi citata).

39      Nel caso di specie, facendo valere una violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di personalità delle pene a motivo di una presunta incoerenza tra, da un lato, la decisione adottata dal Tribunale, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito, di ridurre di EUR 800 000 l’importo dell’ammenda inflitta alla SLM e, dall’altro, la motivazione relativa a tale decisione, con tali argomentazioni le ricorrenti mirano in realtà ad ottenere che la Corte proceda a un riesame dell’importo dell’ammenda stessa.

40      Lo stesso vale per quanto attiene all’argomento vertente su un presunto errore di calcolo nella determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta dal Tribunale, menzionato al punto 33 della presente sentenza.

41      Orbene, tali argomenti non sono atti a dimostrare che l’importo stabilito dal Tribunale sia eccessivo, tanto da essere sproporzionato, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 38 della presente sentenza.

42      Da quanto precede risulta che il primo motivo dedotto dalle ricorrenti a sostegno delle loro rispettive impugnazioni deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo nella causa C‑490/15 P

 Argomenti delle parti

43      Con il suo secondo motivo l’Ori Martin chiede la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui, con la medesima, il Tribunale le ha imputato una parte dell’infrazione di cui trattasi. Tale motivo si articola in due parti.

44      Con la prima parte, l’Ori Martin contesta al Tribunale di aver esercitato un controllo giurisdizionale solo parziale, omettendo di censurare la Commissione per non aver motivato in modo giuridicamente adeguato il suo rigetto delle argomentazioni addotte dall’Ori Martin e dirette a confutare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante sul comportamento della SLM sul mercato. Contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale, il livello di motivazione della decisione controversa sul punto sarebbe insufficiente.

45      Inoltre, la sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑97/08 P, EU:C:2009:536), avrebbe apportato uno sviluppo decisivo al regime della responsabilità solidale tra una società controllante e la sua società controllata nelle infrazioni alle norme in materia di concorrenza e tale sentenza sarebbe stata pronunciata sette anni dopo la fine dei fatti sanzionati dalla Commissione nel caso di specie, cosicché la Corte dovrebbe valutare l’effetto retroattivo di detta sentenza alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, della sentenza del 14 aprile 2015, Contrada c. Italia (CE:ECHR:2015:0414JUD006665513).

46      L’Ori Martin evidenzia che essa era sprovvista di qualunque struttura operativa e di dipendenti, diversamente da tutte le società holding sanzionate nelle cause citate dal Tribunale ai punti 384, 386, 387, 392, 393 e 396 della sentenza impugnata. Inoltre, mentre in tali cause spesso vi sarebbe stato un flusso informativo tra le imprese coinvolte, un siffatto flusso sarebbe stato impossibile nella presente causa, per la totale mancanza di personale nei locali dell’Ori Martin a Lussemburgo. La SLM e l’Ori Martin non avrebbero condiviso nessun dirigente, né amministratore né altro dipendente. Inoltre, come sarebbe stato precisato dinanzi al Tribunale, la SLM preferiva rifornirsi presso imprese terze, il che dimostrerebbe la sua autonomia gestionale.

47      Infine, non risulterebbe da alcun atto del fascicolo che l’Ori Martin impartisse istruzioni alla SLM sull’intesa di cui trattasi o sul modo di condurre le sue attività. Secondo l’Ori Marti, il fatto che essa ignorasse l’esistenza di tale intesa fino al momento della sua scoperta da parte della Commissione avrebbe dovuto, in particolare, indurre il Tribunale a superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante. In aggiunta, la valutazione del Tribunale sarebbe stata fondata su uno snaturamento dei fatti, dato che l’unica circostanza alla quale esso fa riferimento al punto 407 della sentenza impugnata, che l’Ori Martin seguisse le attività delle sue diverse controllate non implicava in alcun modo che la stessa fosse a conoscenza dell’esistenza di una pratica illecita, oltretutto segreta.

48      L’Ori Martin conferma di non aver contestato dinanzi al Tribunale né la presunzione di controllo effettivo di una controllata da parte della società controllante, come elaborata dalla giurisprudenza dell’Unione, né il principio di responsabilità della seconda per i fatti della prima nell’ambito di un controllo totalitario o quasi totalitario, come avveniva nel caso di specie. Per contro, essa avrebbe fatto valere che la Commissione aveva disatteso le specificità del suo caso. Orbene, convalidando, al punto 424 della sentenza impugnata, la tesi della Commissione, il Tribunale avrebbe conferito alla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante un carattere assoluto, in violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e del principio di personalità delle pene.

49      Con la seconda parte del suo secondo motivo, l’Ori Martin contesta al Tribunale di aver sostituito la propria motivazione a quella della Commissione al fine di respingere gli argomenti presentati dall’Ori Martin per declinare la propria responsabilità nell’infrazione di cui trattasi. In particolare non vi sarebbe traccia, negli scritti difensivi della Commissione, delle circostanze richiamate ai punti 405 e 406 della sentenza impugnata, alle quali il Tribunale ha attribuito valore decisivo per ritenere provato l’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte dell’Ori Martin sulla SLM.

50      L’Ori Martin condivide la tesi del Tribunale, illustrata al punto 400 della sentenza impugnata, secondo cui essa effettivamente esercitava un’influenza sulla SLM allo scopo di salvaguardare la sua partecipazione. Tuttavia, l’Ori Martin sottolinea che una simile influenza non implicava che essa avesse orchestrato l’intesa in questione, o che ne fosse a conoscenza. Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 398 della sentenza impugnata, il ruolo dell’Ori Martin all’interno del gruppo Ori Martin rispondeva a mere esigenze di ottimizzazione fiscale.

51      Inoltre, il Tribunale avrebbe commesso un palese snaturamento delle circostanze dichiarando, al punto 397 della sentenza impugnata, per dimostrare l’operatività dell’Ori Martin, che il capitale di tale società ammontava a EUR 44 milioni. Infatti, dato che tale capitale proveniva esclusivamente da conferimenti in natura, sarebbe stato necessario, per poter utilizzare tali risorse, vendere qualche società partecipata.

52      La Commissione sostiene che il presente motivo è irricevibile e comunque infondato.

 Giudizio della Corte

53      Per quanto riguarda la prima parte del presente motivo e, in primo luogo, l’argomento con cui viene contestato al Tribunale di aver esercitato un controllo giurisdizionale solo parziale relativamente alla motivazione della decisione controversa, occorre ricordare che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 147 e giurisprudenza ivi citata).

54      Tale motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie. Essa non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 150 e giurisprudenza ivi citata).

55      Più in particolare, nel caso di una decisione della Commissione che si fonda esclusivamente, nei confronti di taluni destinatari, sulla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, occorre constatare che la Commissione è in ogni caso tenuta – sotto pena di rendere detta presunzione, di fatto, assoluta – ad esporre in modo adeguato a tali destinatari i motivi per i quali gli elementi di fatto e di diritto invocati non sono stati sufficienti a confutare tale presunzione. Il dovere della Commissione di motivare le sue decisioni sotto questo profilo risulta, segnatamente, dal carattere relativo di detta presunzione, il cui superamento impone che gli interessati producano una prova vertente sui vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le società interessate (sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

56      Nel caso di specie, ai punti da 413 a 415 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente rilevato che la decisione controversa presentava una motivazione sufficiente nei suoi punti da 862 a 875, giacché la Commissione vi aveva chiaramente illustrato le ragioni per cui la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante non doveva essere invertita. La censura mossa al riguardo dall’Ori Martin risulta quindi infondata.

57      Per quanto riguarda poi l’argomento esposto al punto 45 della presente sentenza, con il quale l’Ori Martin sembra voler rimettere in discussione la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante elaborata dalla sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑97/08 P, EU:C:2009:536), va ricordato che dall’articolo 256 TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Un’impugnazione o un motivo che siano troppo oscuri per ricevere risposta non soddisfano tali requisiti e devono essere dichiarati irricevibili (sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 151 e giurisprudenza ivi citata).

58      Nella parte in cui, con il presente motivo, l’Ori Martin mira a rimettere in discussione detta presunzione, la sua argomentazione è troppo imprecisa per ricevere risposta e deve quindi essere respinta.

59      Inoltre, per quanto riguarda il motivo con cui l’Ori Martin contesta al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto ritenendo che il fatto che essa non impartiva istruzioni alla SLM in ordine all’intesa di cui trattasi, o che addirittura non ne era a conoscenza, non fosse idoneo a superare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, le sue argomentazioni sono infondate.

60      Infatti, come ricordato dal Tribunale ai punti 381 e 383 della sentenza impugnata, secondo giurisprudenza costante della Corte, da un lato, per stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il suo comportamento sul mercato deve essere preso in considerazione l’insieme degli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici intercorrenti tra la controllata e la controllante, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono quindi essere elencati in modo tassativo. Dall’altro, se una società controllante e la sua controllata fanno parte di un’unica impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE, non è necessariamente una relazione di istigazione in merito all’infrazione tra la società controllante e la controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in detta infrazione, che consente alla Commissione di indirizzare alla società controllante la decisione che impone ammende, ma il fatto che le società di cui trattasi costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE (sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punti 58 e 88).

61      Di conseguenza, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto allorché ha ritenuto che circostanze come quelle descritte al punto 59 della presente sentenza non fossero di per sé atte a superare la presunzione in discorso.

62      In aggiunta, per quanto riguarda l’argomentazione con la quale, allo stesso scopo, l’Ori Martin si fonda sugli elementi menzionati al punto 46 della presente sentenza, si deve necessariamente rilevare che, con il pretesto di denunciare una violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e del principio di personalità delle pene, essa chiede in realtà alla Corte di controllare valutazioni di fatto svolte dal Tribunale. Orbene, secondo giurisprudenza costante della Corte, simili valutazioni rientrano nella competenza esclusiva del Tribunale, tranne nel caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi rilievi emerga dai documenti del fascicolo che gli sono stati sottoposti e salvo l’ipotesi dello snaturamento degli elementi di prova prodotti dinanzi al Tribunale (sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punti 66 e 86 e giurisprudenza ivi citata).

63      Dal momento che l’Ori Martin non ha fornito al riguardo alcun elemento atto a rivelare un’inesattezza materiale dei rilievi svolti dal Tribunale o uno snaturamento da parte di quest’ultimo degli elementi di prova, il suo argomento deve essere respinto in quanto irricevibile.

64      Infine, si deve aggiungere che, contrariamente a quanto suggerisce l’Ori Martin, il fatto che il Tribunale abbia affermato che la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte dell’Ori Martin sulla SLM non poteva essere superata non implica che lo stesso abbia conferito a tale presunzione carattere assoluto. Infatti, come la Corte ha già avuto modo di dichiarare, la mera circostanza che un’entità non produca, in un determinato caso, elementi di prova tali da confutare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante della società controllante sulla sua controllata non significa che detta presunzione non possa essere confutata in alcun caso (sentenza del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

65      Ciò premesso, per quanto attiene all’affermazione dell’Ori Martin secondo cui la conclusione cui è giunto il Tribunale dimostra che quest’ultimo ha conferito carattere assoluto alla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, il suo argomento deve essere respinto (v., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

66      Relativamente alla seconda parte del presente motivo, occorre anzitutto respingere in quanto infondato l’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe sostituito la sua motivazione a quella della decisione controversa. Come la Corte ha già dichiarato, la portata del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE si estende a tutti gli elementi delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti in applicazione dell’articolo 101 TFUE di cui il Tribunale garantisce un controllo approfondito, in diritto e in fatto, alla luce dei motivi dedotti dai ricorrenti e in considerazione di tutti gli elementi sottoposti da questi ultimi. Nell’ambito di tale controllo, i giudici dell’Unione non possono tuttavia sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punti 72 e 73 e giurisprudenza ivi citata).

67      Nel caso di specie si deve necessariamente rilevare che, ai punti 405 e 406 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato a rispondere all’argomentazione addotta dalle ricorrenti dinanzi ad esso e che, a tal fine, esso ha valutato il valore probatorio degli elementi di prova figuranti nei documenti allegati all’atto introduttivo in primo grado. Il Tribunale non ha dunque in alcun modo proceduto ad una sostituzione della motivazione, sicché tale parte dell’argomentazione delle ricorrenti deve essere respinta.

68      Del resto, quanto alla linea argomentativa con cui l’Ori Martin intende contestare il valore assegnato dal Tribunale alle suddette prove o rimettere in discussione la conclusione, riportata al punto 398 della sentenza impugnata, relativa al ruolo dell’Ori Martin in seno al gruppo Ori Martin, è sufficiente rilevare che tali argomenti sono irricevibili per le ragioni illustrate ai punti 62 e 63 della presente sentenza.

69      Per quanto riguarda poi gli argomenti secondo cui l’Ori Martin non avrebbe orchestrato l’intesa in questione e tantomeno ne sarebbe stata a conoscenza, essi si limitano a ripetere argomenti già addotti nell’ambito della prima parte del presente motivo, i quali sono stati respinti per i motivi menzionati ai punti da 59 a 61 della presente sentenza.

70      Per quanto concerne l’argomento vertente sul presunto palese snaturamento dei fatti, esposto al punto 51 della presente sentenza, va ricordato che, qualora un ricorrente alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, in forza dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura di quest’ultima, egli deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato quest’ultimo a tale snaturamento. Inoltre, secondo costante giurisprudenza della Corte, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 32).

71      Nel caso di specie si deve rilevare che, contrariamente a quanto l’Ori Martin lascia intendere, il Tribunale ha esplicitamente affermato, al punto 397 della sentenza impugnata, che il capitale dell’Ori Martin, di ammontare pari a EUR 44 milioni, corrispondeva al valore dato ai conferimenti in natura effettuati dai tre azionisti in occasione della costituzione di tale società. Pertanto, l’Ori Martin non ha fornito alcun elemento idoneo a evidenziare uno snaturamento degli elementi di prova.

72      Dal momento che nessuno degli argomenti addotti nell’ambito del secondo motivo dell’impugnazione dell’Ori Martin è stato accolto, tale motivo deve essere dichiarato in parte irricevibile ed in parte infondato.

 Sul terzo motivo nelle cause C‑490/15 P e C‑505/15 P

 Argomenti delle parti

73      Con il terzo motivo dei loro rispettivi atti introduttivi, le ricorrenti fanno valere che, applicando gli orientamenti del 2006 anziché gli orientamenti del 1998, il Tribunale ha violato il principio di irretroattività della legge penale più severa e l’articolo 49, paragrafo 1, seconda frase, della Carta.

74      In primo luogo, la sentenza impugnata sarebbe sprovvista di motivazione, in quanto il Tribunale non avrebbe chiarito per quale motivo la sanzione subita dalla SLM fosse prevedibile in conseguenza dell’applicazione degli orientamenti del 2006. Infatti, a parere delle ricorrenti, sebbene fosse possibile prevedere che la recidiva costituiva una circostanza aggravante, la maggiorazione della sanzione a fini dissuasivi non era altrettanto prevedibile, giacché non esiste alcun dispositivo analogo negli altri ordinamenti giuridici. Non sarebbe sufficiente, come ha fatto il Tribunale, invocare le dichiarazioni di principio della Commissione in materia di lotta ai cartelli, essendo consuetudine della Commissione rendere dichiarazioni mai seguite da effetti concreti.

75      In secondo luogo, atteso che l’applicazione degli orientamenti del 2006 ha comportato per le imprese coinvolte effetti assai gravosi ed imprevedibili, il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che l’adozione di tali orientamenti non aveva modificato nella sostanza i criteri di gravità e che l’interpretazione riconducibile a tali orientamenti poteva essere ragionevolmente prevista. Al riguardo, le ricorrenti sottolineano che, in nessuno dei casi di cartelli sanzionati fino al 2002, anno corrispondente alla fine dell’intesa in questione, la Commissione aveva contraddetto gli orientamenti del 1998.

76      In terzo luogo, sarebbe pacifico che tutti i fatti addebitati nel caso di specie sono stati sanzionati in conformità degli orientamenti del 2006, nonostante siano stati commessi ben prima dell’entrata in vigore di questi ultimi. Se la Commissione avesse applicato gli orientamenti del 1998, i quali non comportavano né una maggiorazione a fini dissuasivi né un effetto moltiplicatore in funzione della durata dell’intesa, l’ammenda sarebbe stata di circa EUR 4,67 milioni e non, come avvenuto nel caso di specie, di EUR 19,8 milioni.

77      In quarto luogo, dato che l’effetto dissuasivo è già assorbito nella sanzione di base, la maggiorazione a fini dissuasivi costituirebbe una violazione del principio ne bis in idem, in quanto l’impresa viene sanzionata sistematicamente due volte per la stessa infrazione.

78      In quinto luogo, le ricorrenti ritengono che, dichiarando al punto 96 della sentenza impugnata che il principio di irretroattività della legge penale potrebbe risultare violato nel caso dell’applicazione di un’interpretazione che non fosse ragionevolmente prevedibile nel momento in cui è stata commessa infrazione sanzionata, il Tribunale si è sostituito alla Commissione, dato che quest’ultima non aveva mai lasciato prevedere, nel corso del procedimento, che avrebbe adottato un approccio più rigoroso relativamente alle sanzioni.

79      La Commissione ritiene che tali motivi siano irricevibili, in quanto gli argomenti addotti a loro sostegno sono una mera ripetizione di quelli già esposti in primo grado e sono troppo imprecisi e oscuri per rispondere ai requisiti di precisione stabiliti dalla giurisprudenza della Corte. In ogni caso, tali motivi sarebbero destituiti di fondamento.

 Giudizio della Corte

80      Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, i presenti motivi sono conformi ai requisiti posti dalla giurisprudenza richiamata al punto 57 della presente sentenza e sono ricevibili. In particolare, mediante i medesimi motivi le ricorrenti identificano vari presunti errori di diritto che il Tribunale avrebbe commesso avallando l’applicazione, da parte della Commissione, degli orientamenti del 2006.

81      Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura relativa a un difetto di motivazione della sentenza impugnata, menzionata al punto 74 della presente sentenza, è sufficiente rilevare che, contrariamente a quanto suggeriscono le ricorrenti, il Tribunale non si è limitato a invocare dichiarazioni di principio della Commissione in materia di lotta ai cartelli. Al contrario, ai punti da 105 a 107 della sentenza impugnata il Tribunale ha illustrato, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 36 della presente sentenza, i motivi per cui gli orientamenti del 2006 e il nuovo metodo di calcolo in essi contenuto fossero ragionevolmente prevedibili dalle imprese, quale la SLM, all’epoca in cui l’infrazione in parola è stata commessa.

82      In secondo luogo, per quanto riguarda la fondatezza dei motivi esposti dal Tribunale al riguardo, si deve respingere l’argomento vertente sulla presunta violazione del principio di irretroattività in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente rilevato che i mutamenti introdotti dagli orientamenti del 2006 erano ragionevolmente prevedibili.

83      In proposito, come sostanzialmente affermato dal Tribunale ai punti da 94 a 97 della sentenza impugnata, la modifica di una politica repressiva, nella fattispecie la politica generale della Commissione in materia di concorrenza per quanto riguarda le ammende, in particolare se essa è attuata attraverso l’adozione di norme di comportamento quali gli orientamenti, può produrre alcuni effetti rispetto al principio d’irretroattività. Al fine di verificare il rispetto del principio d’irretroattività, occorre esaminare se la modifica in questione fosse ragionevolmente prevedibile all’epoca in cui le infrazioni interessate sono state commesse (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 222 e 224).

84      Inoltre, come il Tribunale ha parimenti osservato al punto 98 della sentenza impugnata, la nozione di prevedibilità in questo contesto dipende in larga parte dal contenuto del testo di cui si tratta, dal settore interessato nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 219).

85      Infine, si deve rilevare che gli orientamenti del 2006, al pari degli orientamenti del 1998, determinano in modo generale e astratto il metodo che la Commissione si è imposta nella fissazione dell’importo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., per analogia, per quanto riguarda gli orientamenti del 1998, sentenze del 22 maggio 2008, Evonik Degussa/Commissione, C‑266/06 P, EU:C:2008:295, punto 60, nonché del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 67).

86      Infatti, al pari degli orientamenti del 1998, è per ragioni di trasparenza che la Commissione ha adottato gli orientamenti del 2006, in cui essa indica a quale titolo prenderà in considerazione l’una o l’altra circostanza dell’infrazione e le conseguenze che potranno esserne tratte riguardo all’importo dell’ammenda (v., in tal senso, per quanto riguarda gli orientamenti del 1998, sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punto 126, e, per quanto riguarda gli orientamenti del 2006, sentenza del 20 gennaio 2016, Toshiba Corporation/Commissione, C‑373/14 P, EU:C:2016:26, punto 83).

87      Nel caso di specie il Tribunale, nell’esaminare la questione se l’adozione degli orientamenti del 2006 presentasse un carattere sufficientemente prevedibile, al punto 105 della sentenza impugnata ha giustamente osservato che la principale innovazione degli orientamenti in parola, come emerge dai loro punti da 5 a 7, consiste nel prendere come punto di partenza del calcolo dell’importo dell’ammenda un importo di base, determinato in funzione del valore delle vendite dei beni o dei servizi oggetto dell’infrazione, della durata e della gravità di quest’ultima, includendovi inoltre un importo specifico finalizzato a dissuadere le imprese dall’assumere comportamenti illeciti. Dalla giurisprudenza richiamata ai punti da 84 a 86 della presente sentenza risulta che, allo stesso punto 105 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, anche in questo caso senza commettere alcun errore di diritto, che i summenzionati orientamenti si fondano sui criteri di gravità e di durata definiti nel regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 1962, 13, pag. 204), e ripresi nel regolamento n. 1/2003, di cui già tenevano conto gli orientamenti del 1998.

88      In tali circostanze, e alla luce del fatto che, come ricordato dal Tribunale al punto 100 della sentenza impugnata, la Commissione può in qualunque momento decidere di aumentare il livello dell’importo dell’ammenda, anche mediante l’applicazione a casi concreti di norme di comportamento dotate di portata generale quali gli orientamenti (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 229 e 230), il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 107 della sentenza impugnata, che gli orientamenti del 2006 e il nuovo metodo di calcolo delle ammende esposto negli stessi, anche ammesso che quest’ultimo abbia avuto effetto aggravante sul livello delle ammende inflitte, erano ragionevolmente prevedibili per imprese quali la SLM all’epoca in cui l’infrazione in parola è stata commessa e che, pertanto, applicando tali orientamenti nella decisione controversa per calcolare l’importo dell’ammenda da infliggere per un’infrazione commessa prima della loro adozione, la Commissione non aveva violato il principio di irretroattività (v., per analogia, sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

89      Una simile conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento relativo al fatto che l’adozione di una maggiorazione a fini dissuasivi, come quella contemplata dagli orientamenti del 2006, non fosse ragionevolmente prevedibile, dal momento che dalle norme giuridiche rilevanti e dalla giurisprudenza della Corte ad esse relative risulta chiaramente che il carattere dissuasivo della sanzione costituiva uno degli elementi da prendere in considerazione nel calcolo dell’importo dell’ammenda ben prima dell’entrata in vigore di detti orientamenti.

90      Infatti, come la Corte ha già avuto modo di dichiarare, le ammende inflitte a causa di violazioni dell’articolo 81 CE (divenuto articolo 101 TFUE), come quelle previste all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 (sostituito sostanzialmente dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003), hanno l’obiettivo di reprimere gli atti illeciti delle imprese interessate nonché di dissuadere sia le imprese in questione che altri operatori economici dal violare in futuro le norme del diritto in materia di concorrenza dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, EU:C:2010:346, punto 102).

91      Oltretutto, gli orientamenti del 2006 non costituiscono la base normativa per la fissazione dell’importo dell’ammenda, bensì si limitano a precisare l’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Ne consegue che, anche in assenza degli orientamenti del 2006, le ricorrenti sarebbero state in ogni momento in grado di prevedere le conseguenze giuridiche del loro comportamento e, in particolare, l’irrogazione di un’ammenda stabilita ad un livello inteso ad assicurarne il carattere dissuasivo (v., per analogia, per quanto riguarda gli orientamenti del 1998, sentenza dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, EU:C:2007:88, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

92      Inoltre, per quanto riguarda l’argomento con cui le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe adottato un approccio diverso relativamente alle sanzioni imposte in altri casi d’intese, è sufficiente ricordare, come la Corte ha statuito in più occasioni, che la prassi decisionale anteriore della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza (sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 189 e giurisprudenza ivi citata).

93      Così, il fatto che la Commissione in passato abbia inflitto ammende di una certa entità per determinate categorie di infrazioni non può impedirle di fissarne di nuove ad un livello maggiore, qualora ritenga necessario un inasprimento delle sanzioni per assicurare l’attuazione della politica di concorrenza dell’Unione, quale è definita unicamente dal regolamento n. 1/2003 (sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 190 e giurisprudenza ivi citata).

94      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

95      In terzo luogo, dato che il Tribunale poteva giustamente confermare l’applicazione da parte della Commissione degli orientamenti del 2006, esso ha altrettanto correttamente rilevato, al punto 108 della sentenza impugnata, che non occorreva pronunciarsi sulla questione se l’applicazione di tali orientamenti avesse comportato un’ammenda più gravosa rispetto a quella che sarebbe stata inflitta alla SLM se l’ammenda fosse stata calcolata in applicazione degli orientamenti del 1998.

96      In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento vertente su una presunta violazione del principio ne bis in idem, è sufficiente rilevare che le ricorrenti non identificano alcuno specifico errore di diritto che inficerebbe la sentenza impugnata. Alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 57 della presente sentenza, la loro argomentazione deve essere respinta in quanto irricevibile.

97      In quinto luogo, quanto all’argomento esposto al punto 78 della presente sentenza, si deve necessariamente rilevare che il Tribunale, dichiarando al punto 96 della sentenza impugnata che il principio di irretroattività della legge penale potrebbe essere violato in caso di applicazione di un’interpretazione che non fosse ragionevolmente prevedibile al momento della commissione dell’infrazione sanzionata, si è limitato, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 66 della presente sentenza, nell’ambito dell’esercizio del suo controllo di legittimità della decisione controversa e in risposta al motivo invocato dinanzi ad esso e vertente su una violazione di tale principio, ad applicare la giurisprudenza pertinente della Corte al riguardo.

98      Va aggiunto che dai punti da 923 a 926 della decisione controversa risulta che in tale decisione la Commissione ha espressamente analizzato la questione del carattere ragionevolmente prevedibile degli orientamenti del 2006.

99      Di conseguenza, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, il Tribunale non ha affatto operato una sostituzione della motivazione della decisione controversa.

100    I terzi motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno delle loro rispettive impugnazioni devono pertanto essere respinti.

 Sul quarto motivo nella causa C‑490/15 P e sul secondo motivo nella causa C‑505/15 P

 Argomenti delle parti

101    Con il quarto motivo nella causa C‑490/15 P e con il secondo motivo nella causa C‑505/15, le ricorrenti asseriscono che il Tribunale non ha esercitato un controllo giurisdizionale completo e, conseguentemente, non ha tenuto conto di talune circostanze attenuanti che avrebbero dovuto comportare una riduzione della durata della partecipazione della SLM all’intesa, facendola iniziare alla fine del 1999.

102    In particolare, dalle prove e dagli elementi del fascicolo risulterebbe segnatamente che la SLM non ha partecipato all’intesa di cui trattasi prima della fine del 1999, che la SLM ha pagato le fatture alla persona incaricata di effettuare i controlli sulla produzione da parte del cartello solo nel corso del 2000 e che, nella tabella di ripartizione delle quote del 7 ottobre 1997, non era stata operata alcuna assegnazione a favore della SLM, il che dimostrerebbe che quest’ultima, nonostante le pressioni subite, non vi partecipava ancora.

103    Orbene, respingendo immotivatamente, ai punti 115, da 153 a 155, 210 e seguenti, nonché ai punti 249 e 453 della sentenza impugnata, elementi di prova a discarico e focalizzandosi, senza ulteriore motivazione, su elementi di prova a carico, il Tribunale avrebbe violato l’obbligo di motivazione ad esso incombente. Considerate le circostanze attenuanti, illustrate al punto precedente della presente sentenza, e la presunzione d’innocenza di cui all’articolo 48 della Carta, la Corte dovrebbe riformare la sentenza impugnata sul punto.

104    La SLM aggiunge che la decina di fatture prodotte dinanzi al Tribunale attesta come la medesima deviasse dal cartello, praticando prezzi diversi ai diversi clienti, negli stessi giorni e per quantitativi simili di prodotti. Sebbene, ai punti 299 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale abbia implicitamente riconosciuto il valore di tale argomento per giustificare una riduzione dell’ammenda, esso ha tuttavia ritenuto che le fatture prodotte tanto dinanzi alla Commissione quanto dinanzi al Tribunale stesso fossero di numero ridotto. Orbene, il Tribunale avrebbe potuto ricorrere a misure di organizzazione del procedimento per chiedere la produzione di ulteriori fatture.

105    Inoltre, la SLM si chiede per quale ragione il Tribunale abbia reputato inutile, al punto 453 della sentenza impugnata, ricorrere ai mezzi istruttori da essa richiesti, mentre, in presenza di elementi di prova contraddittori figuranti nel fascicolo, simili mezzi sarebbero stati necessari per determinare con certezza l’inizio del periodo di partecipazione della SLM all’intesa.

106    La Commissione ritiene che il quarto motivo nella causa C‑490/15 P e il secondo motivo nella causa C‑505/15 P siano irricevibili e, comunque, infondati.

 Giudizio della Corte

107    Va rilevato che, con gli argomenti esposti ai punti da 101 a 103 della presente sentenza, le ricorrenti, con il pretesto di denunciare un difetto di controllo giurisdizionale, una violazione dell’obbligo di motivazione nonché una violazione della presunzione d’innocenza di cui all’articolo 48 della Carta, mirano in realtà a rimettere in discussione la valutazione dei fatti e delle prove operata dal Tribunale al riguardo. Dato che siffatti argomenti sono irricevibili in sede di impugnazione, essi devono essere respinti.

108    Per quanto attiene, più specificamente, all’argomento con cui la SLM contesta al Tribunale di non aver fatto ricorso a misure di organizzazione del procedimento per farsi trasmettere ulteriori fatture, si deve anzitutto ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito. Il valore probatorio o meno degli atti del processo rientra nella sua valutazione insindacabile dei fatti che, secondo giurisprudenza costante, sfugge al controllo della Corte nell’ambito del ricorso di impugnazione, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova presentati al Tribunale o quando l’inesattezza materiale degli accertamenti effettuati da quest’ultimo risulti dai documenti versati agli atti (sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 163 e giurisprudenza ivi citata).

109    Inoltre, anche se, come ricordato al punto 66 della presente sentenza, al Tribunale spetta esercitare il suo controllo di legittimità della decisione controversa alla luce dei motivi dinanzi ad esso dedotti, ad eccezione dei motivi di ordine pubblico che devono essere sollevati d’ufficio dal giudice, spetta al ricorrente sollevare motivi contro tale decisione e produrre elementi probatori per corroborare tali motivi (v., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punto 131).

110    Nel caso di specie, al punto 299 della sentenza impugnata il Tribunale ha non solo affermato che le fatture fornite dalla SLM non erano molto numerose, ma anche che queste riguardavano solo un periodo di tempo assai breve, vale a dire l’inizio del mese di novembre 2001. Orbene, spettava alla SLM che, come emerge dai punti 270 e 294 di detta sentenza, aveva affermato dinanzi alla Commissione e ripetuto al Tribunale che il suo ruolo all’interno dell’intesa di cui trattasi era stato sostanzialmente limitato, fornire le prove a sostegno di una tale linea argomentativa. Ora, la SLM non può contestare al Tribunale di aver commesso un errore di diritto rifiutando di ordinare misure di organizzazione del procedimento per il solo motivo di non essere stata in grado di produrre le prove necessarie a tal fine.

111    Inoltre, nei limiti in cui le ricorrenti intendono rimettere in discussione il valore assegnato dal Tribunale alle fatture prodotte dalla SLM in primo grado, il loro argomento è irricevibile per le stesse ragioni evidenziate al punto 107 della presente sentenza.

112    Analogamente, gli argomenti presentati dalla SLM non mettono in luce alcun errore di diritto commesso dal Tribunale allorché questo ha dichiarato, al punto 453 della sentenza impugnata, che non risultava necessario accogliere le domande di mezzi istruttori della SLM relative alle testimonianze di rappresentanti della Redaelli Tecna SpA e dell’Italcables SpA circa la data di inizio del periodo di partecipazione della SLM all’intesa. Al riguardo, basti osservare che dai punti 251 e 442 di tale sentenza emerge che il Tribunale ha ritenuto, nell’ambito della sua valutazione insindacabile dei fatti, che dagli elementi di prova disponibili risultava in modo giuridicamente adeguato che la partecipazione della SLM al Club Italia era dimostrata soltanto a partire dal 15 aprile 1998 e non, come ritenuto dalla Commissione, dal 10 febbraio 1997.

113    Ne consegue che il quarto motivo nella causa C‑490/15 P e il secondo motivo nella causa C‑505/15 P devono essere respinti in quanto in parte irricevibili ed in parte infondati.

 Sul quinto motivo nella causa C‑490/15 P e sul sesto motivo nella causa C‑505/15 P

 Argomenti delle parti

114    Le ricorrenti sono dell’avviso che il Tribunale abbia violato l’articolo 47 della Carta, in quanto non ha pronunciato la sentenza impugnata entro un termine ragionevole. Tra la presentazione dei loro rispettivi ricorsi dinanzi al Tribunale e la pronuncia di detta sentenza sarebbero trascorsi cinque anni. Non vi sarebbero elementi inerenti all’istruzione della causa tali da giustificare un simile ritardo. La violazione dell’articolo citato sarebbe tanto più grave in quanto i fatti all’origine della decisione controversa risalgono al 1984 o, quantomeno, per quanto riguarda l’Ori Martin, agli anni dal 1999 al 2002 e, per quanto riguarda la SLM, agli anni dal 1997 al 2002.

115    La Commissione ritiene che il quinto motivo nella causa C‑490/15 P e il quinto motivo nella causa C‑505/15 P siano in parte irricevibili ed in parte infondati.

 Giudizio della Corte

116    Quanto alle conclusioni dirette all’annullamento della sentenza impugnata a motivo di una violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 47 della Carta, occorre rilevare che, in mancanza di indizi secondo i quali la durata eccessiva del procedimento dinanzi al Tribunale avrebbe avuto un’incidenza sulla soluzione della controversia, il mancato rispetto di una durata ragionevole del procedimento non può comportare l’annullamento della sentenza impugnata. Infatti, in difetto di una simile incidenza, l’annullamento della sentenza impugnata non porrebbe rimedio alla violazione da parte del Tribunale del principio di tutela giurisdizionale effettiva (sentenze del 26 novembre 2013, Gascogne Sack Deutschland/Commissione, C‑40/12 P, EU:C:2013:768, punti 81 e 82; del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punti 73 e 74, nonché del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 64).

117    Nella specie, le ricorrenti non hanno fornito alla Corte alcun indizio atto ad evidenziare che il mancato rispetto da parte del Tribunale di una durata ragionevole del procedimento, ove dimostrato, avrebbe potuto avere un’incidenza sulla soluzione della controversia che quest’ultimo era chiamato a decidere.

118    Nei limiti in cui le ricorrenti chiedono la riduzione degli importi delle ammende loro inflitte, si deve ricordare che una violazione da parte di un giudice dell’Unione del suo obbligo, derivante dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, di decidere le controversie ad esso sottoposte entro un termine ragionevole dev’essere sanzionata in un ricorso per risarcimento danni presentato dinanzi al Tribunale, ricorso che costituisce un rimedio effettivo. Ne consegue che la domanda intesa ad ottenere il risarcimento del danno causato dalla violazione, da parte del Tribunale, del termine ragionevole del procedimento non può essere presentata direttamente alla Corte nel contesto di un’impugnazione, ma dev’essere proposta dinanzi al Tribunale stesso (sentenze del 26 novembre 2013, Gascogne Sack Deutschland/Commissione, C‑40/12 P, EU:C:2013:768, punti 89 e 90; del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punti 83 e 84, nonché del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 66).

119    Il Tribunale, competente ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, e adito di una domanda risarcitoria, è tenuto a pronunciarsi su una domanda siffatta, decidendo in una composizione diversa da quella che si è trovata a decidere la controversia sfociata nel procedimento la cui durata è contestata (sentenze del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punto 90, e del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 67).

120    Ciò premesso, qualora sia manifesto, senza che le parti debbano produrre ulteriori elementi al riguardo, che il Tribunale ha violato in maniera sufficientemente qualificata il proprio obbligo di giudicare la causa entro un termine ragionevole, la Corte può rilevarlo (sentenza del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione, C‑617/13 P, EU:C:2016:416, punto 100 e giurisprudenza ivi citata).

121    Non è quanto avviene nel caso di specie. Infatti, nelle presenti cause sarebbe necessaria la produzione di ulteriori elementi ad opera delle parti per consentire alla Corte di pronunciarsi sul carattere irragionevole della durata dei procedimenti dinanzi al Tribunale.

122    Dai rilievi sin qui svolti risulta che il quinto motivo nella causa C‑490/15 P e il sesto motivo nella causa C‑505/15 P devono essere respinti.

 Sul quarto motivo nella causa C‑505/15 P

 Argomenti delle parti

123    Con il quarto motivo della propria impugnazione, la SLM fa valere che la Commissione ha atteso sei anni per respingere la sua domanda di trattamento favorevole e che un siffatto ritardo avrebbe, da una parte, creato un legittimo affidamento da parte sua circa l’esito favorevole della sua domanda e, dall’altra, compromesso il suo diritto di predisporre in tempo utile una linea difensiva idonea a garantire la migliore tutela dei suoi interessi. Ora, sebbene una censura relativa alla durata eccessiva del procedimento amministrativo fosse stata sollevata dinanzi ad esso, il Tribunale avrebbe trascurato di pronunciarsi in merito alla stessa. La SLM chiede pertanto alla Corte di trarre tutte le conseguenze del mancato rispetto da parte della Commissione dell’articolo 41 della Carta, concedendole ad esempio un equo indennizzo.

124    La Commissione ritiene che il presente motivo sia irricevibile. Da un lato, la SLM non può chiedere alla Corte di dichiararla responsabile della presunta tardività della risposta alla richiesta di trattamento favorevole, dal momento che una simile domanda non è stata presentata dinanzi al Tribunale e, d’altra parte, non rientra nella competenza della Corte. Dall’altro lato, la censura vertente su detta presunta tardività non sarebbe stata sollevata in primo grado.

125    La Commissione afferma che, in ogni caso, il presente motivo è destituito di fondamento.

 Giudizio della Corte

126    Occorre anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto suggerisce la Commissione, l’argomento relativo alla presunta tardività della risposta alla domanda di trattamento favorevole presentata dalla SLM è stato addotto in primo grado, come risulta dal punto 331 della sentenza impugnata, il cui contenuto non è stato rimesso in discussione nell’ambito della presente impugnazione.

127    Tuttavia, contrariamente a quanto lascia intendere la SLM, il Tribunale ha risposto a tale argomento al punto 356 della sentenza impugnata. In particolare, in tale punto il Tribunale ha dichiarato che il tempo impiegato dalla Commissione per rispondere alla domanda di trattamento favorevole della SLM avrebbe dovuto indurla a prendere le proprie precauzioni e a imbastire la propria linea difensiva il prima possibile dopo l’avvio dell’indagine, nell’autunno 2002. Nello stesso punto 356 il Tribunale ha altresì rilevato che il decorso del tempo dai fatti contestati alla SLM avrebbe dovuto indurla ad agire celermente, e non ad attendere che le prove e le persone si disperdessero.

128    Al punto 357 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso che, sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione, che evidenziano la particolare complessità della causa, questa non potesse, nonostante la lunghezza del procedimento amministrativo, essere qualificata come eccessiva. Di conseguenza, a parere del Tribunale, la Commissione non ha violato il principio secondo il quale i procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza devono rispettare un termine ragionevole e l’argomento vertente sulla violazione di detto principio è stato quindi respinto.

129    Pertanto, si deve necessariamente rilevare che, con le affermazioni di natura generale fatte valere nell’ambito del presente motivo, la SLM non indica in modo preciso gli elementi censurati della sentenza impugnata di cui si chiede l’annullamento né gli argomenti giuridici che sostengono in modo specifico tale domanda.

130    Ne consegue che, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 57 della presente sentenza, tali affermazioni devono essere respinte in quanto irricevibili.

131    Infine, per quanto riguarda la domanda di indennizzo in ragione dell’asserita violazione dell’articolo 41 della Carta, una simile domanda, quand’anche fosse ricevibile, è in ogni caso inoperante alla luce di quanto rilevato al punto precedente della presente sentenza.

132    Il quarto motivo nella causa C‑505/15 P deve pertanto essere respinto.

 Sul quinto motivo nella causa C‑505/15 P

 Argomenti delle parti

133    Con il quinto motivo della sua impugnazione, la SLM addebita al Tribunale di aver considerato che le informazioni da essa fornite a titolo della sua domanda di trattamento favorevole non avevano apportato alcun significativo valore aggiunto, mentre la stessa Commissione aveva utilizzato tali informazioni per suffragare la propria comunicazione degli addebiti relativa all’intesa di cui trattasi. Anche qualora la Commissione disponesse già di un’informazione analoga il 30 ottobre 2002, data dell’ispezione a sorpresa condotta da quest’ultima, le prove supplementari fornite dalla SLM erano tali, a detta di quest’ultima, da rafforzare la tesi accusatoria della Commissione.

134    Inoltre, la SLM afferma che la Commissione avrebbe dovuto valutare la sua cooperazione tenendo conto del fatto che il suo ruolo marginale nell’intesa le aveva impedito di fornire ulteriori elementi di prova, a pena di ammettere che solo le imprese maggiormente implicate nella stessa intesa potessero beneficiare di riduzioni di ammenda in ragione della loro cooperazione. Il Tribunale non si sarebbe pronunciato su tali argomenti, limitandosi ad osservare che il contributo della SLM era stato correttamente valutato come insufficiente dalla Commissione.

135    La SLM chiede pertanto alla Corte di determinare nuovamente la sanzione tenendo conto della cooperazione da essa fornita.

136    La Commissione è del parere che il quinto motivo nella causa C‑505/15 P sia irricevibile, dato che è principalmente diretto contro la decisione controversa e non contro la sentenza impugnata. In ogni caso, il motivo stesso sarebbe destituito di fondamento.

 Giudizio della Corte

137    Occorre anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, con il presente motivo la SLM non si limita a criticare la decisione controversa, ma contesta anche il rigetto da parte del Tribunale dei suoi argomenti addotti in primo grado e relativi alla presunta necessità di riconoscerle il beneficio di una riduzione dell’importo dell’ammenda in cambio della sua cooperazione all’accertamento dell’infrazione.

138    Inoltre, nei limiti in cui la SLM contesta al Tribunale di non essersi pronunciato sugli argomenti da essa fatti valere in primo grado in relazione al suo ruolo marginale dell’intesa, essa non può essere censurata, sotto il profilo della ricevibilità del presente motivo di impugnazione, per il fatto di non citare alcun passaggio o alcuna parte della sentenza impugnata che costituirebbe l’oggetto specifico della doglianza, dato che, in ipotesi, viene fatto valere un vizio di omessa pronuncia (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 423).

139    Viceversa, si deve necessariamente rilevare che, con gli argomenti esposti al punto 133 della presente sentenza, la SLM mira in realtà a rimettere in discussione la valutazione delle prove compiuta dal Tribunale per quanto riguarda l’eventuale valore aggiunto delle informazioni da essa fornite nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole. Siffatti argomenti sono irricevibili in sede di impugnazione, salvo nel caso di snaturamento, che nel caso di specie non è dimostrato, né allegato.

140    Per quanto riguarda l’argomento illustrato al punto 134 della presente sentenza, anche supponendo che la SLM abbia sostenuto dinanzi al Tribunale che il valore delle informazioni da essa fornite alla Commissione nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole avrebbe dovuto essere apprezzato alla luce del suo ruolo marginale all’interno dell’intesa di cui trattasi, l’argomento fatto valere davanti alla Corte a questo riguardo è in ogni caso inconferente, dal momento che, dalla sentenza impugnata, non risulta affatto che la SLM abbia ricoperto un ruolo marginale. Al contrario, ai punti da 283 a 301 di tale sentenza il Tribunale ha respinto l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe dovuto tener conto del ruolo marginale della SLM nell’infrazione quale circostanza attenuante, ai sensi del punto 29 degli orientamenti del 2006. In particolare il Tribunale ha dichiarato, senza che le ricorrenti siano state in grado di dimostrare un errore di diritto o un qualche snaturamento a tale riguardo, che queste ultime non avevano fornito la prova del fatto che la partecipazione della SLM all’infrazione fosse stata sostanzialmente marginale ai sensi del punto citato.

141    Alla luce di quanto precede, il quinto motivo nella causa C‑505/15 P deve essere respinto in quanto in parte irricevibile ed in parte infondato.

142    Poiché l’insieme dei motivi è stato respinto sia nella causa C‑490/15 P che nella causa C‑505/15 P, le due impugnazioni devono essere respinte.

 Sulle spese

143    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima, quando l’impugnazione è infondata, statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, che si applica al procedimento d’impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

144    Per quanto concerne l’impugnazione nella causa C‑490/15 P, poiché la Commissione ha chiesto la condanna dell’Ori Martin e quest’ultima è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese.

145    Per quanto concerne l’impugnazione nella causa C‑505/15 P, poiché la Commissione ha chiesto la condanna della SLM e quest’ultima è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Le impugnazioni nelle cause C‑490/15 P e C‑505/15 P sono respinte.

2)      L’Ori Martin SA è condannata alle spese nella causa C‑490/15 P.

3)      La Siderurgica Latina Martin SpA (SLM) è condannata alle spese nella causa C‑505/15 P.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.