CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MICHAL BOBEK
presentate il 13 aprile 2016 ( 1 )
Causa C‑226/15 P
Apple and Pear Australia Ltd
Star Fruits Diffusion
contro
EUIPO
«Impugnazione — Marchio comunitario — Opposizione alla registrazione — Decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO — Azione per contraffazione sulla base di marchi comunitari anteriori dinanzi a un tribunale dei marchi comunitari — Relazione tra procedimenti giurisdizionali — Autorità di cosa giudicata — Leale cooperazione»
I – Introduzione
1. |
L’Apple and Pear Australia Limited (APAL) e la Star Fruits Diffusion (in prosieguo: le «ricorrenti») sono le co-titolari di tre marchi comunitari per le mele Pink Lady. Le ricorrenti hanno avviato due procedimenti al fine di vietare alla Carolus C. BVBA (in prosieguo: la «Carolus») l’uso del segno denominativo «English pink». In primo luogo, esse hanno presentato opposizione alla registrazione del segno denominativo «English pink» quale marchio comunitario richiesto dalla Carolus all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), precedentemente denominato Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI). In secondo luogo, esse hanno promosso un’azione contro la Carolus per contraffazione del loro marchio comunitario denominativo «Pink Lady» dinanzi a un tribunale dei marchi comunitari. I suddetti procedimenti hanno dato luogo rispettivamente a due diverse decisioni riguardo al rischio di confusione tra il marchio comunitario denominativo anteriore «Pink Lady» e il segno denominativo «English pink». |
2. |
La presente impugnazione solleva, tra l’altro, un’importante questione di principio: in quale misura l’EUIPO è vincolato, al momento di decidere nell’ambito di procedimenti di opposizione alla registrazione di un marchio comunitario, da una sentenza definitiva emessa da un tribunale dei marchi comunitari a seguito di un’azione per contraffazione di un marchio comunitario registrato anteriore? |
II – Contesto normativo
3. |
A termini dell’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (in prosieguo il «TUE»), «[i]n virtù del principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati». |
4. |
I considerando 16 e 17 del regolamento sul marchio comunitario ( 2 ) così recitano:
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5. |
In forza dell’articolo 56, paragrafo 3, del regolamento sul marchio comunitario, «[l]a domanda di decadenza o di nullità è inammissibile qualora su una domanda con lo stesso oggetto e la stessa causa sia stata pronunciata una decisione nei confronti delle stesse parti dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro e tale decisione sia passata in giudicato». |
6. |
Ai sensi dell’articolo 94, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario, «[s]alvo disposizione contraria del presente regolamento, alle procedure concernenti i marchi comunitari e le domande di marchio comunitario, nonché alle procedure concernenti le azioni simultanee o successive promosse sulla base di marchi comunitari e di marchi nazionali si applica il regolamento (CE) n. 44/2001». |
7. |
L’articolo 96 del regolamento sul marchio comunitario stabilisce quanto segue: «I tribunali dei marchi comunitari hanno competenza esclusiva:
(…)
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8. |
L’articolo 100 del regolamento sul marchio comunitario così dispone: «(…) 2. Un tribunale dei marchi comunitari respinge una domanda riconvenzionale di decadenza o di nullità se una decisione pronunciata dall’Ufficio, nei confronti delle stesse parti, su una domanda con il medesimo oggetto e il medesimo titolo, è già divenuta definitiva. (…) 7. Il tribunale dei marchi comunitari adito con una domanda riconvenzionale di decadenza o di nullità può sospendere il procedimento, su richiesta del titolare del marchio comunitario e sentite le altre parti, e invitare il convenuto a presentare una domanda di decadenza o di nullità dinanzi all’Ufficio entro il termine che provvede a stabilire. Se la domanda non viene proposta entro tale termine, si prosegue il procedimento e si considera ritirata la domanda riconvenzionale. È d’applicazione l’articolo 104, paragrafo 3». |
9. |
L’articolo 104 del regolamento sul marchio comunitario enuncia quanto segue: «1. Se non esistono motivi particolari per proseguire il procedimento, il tribunale dei marchi comunitari adito per un’azione contemplata dall’articolo 96, diversa da un’azione di accertamento di non contraffazione, sospende il procedimento di propria iniziativa dopo aver sentito le parti, ovvero a richiesta di una delle parti e sentite le altre, ove la validità del marchio sia già contestata dinanzi a un altro tribunale dei marchi comunitari con una domanda riconvenzionale o sia stata presentata una domanda di decadenza o di nullità presso l’Ufficio. 2. Se non esistono motivi particolari per proseguire il procedimento, l’Ufficio al quale sia stata presentata una domanda di decadenza o di nullità sospende il procedimento di propria iniziativa dopo aver sentito le parti, ovvero a richiesta di una delle parti e sentite le altre, quando la validità del marchio comunitario sia già stata contestata dinanzi a un tribunale dei marchi comunitari con una domanda riconvenzionale. Tuttavia, qualora una delle parti nel procedimento dinanzi al tribunale dei marchi comunitari lo chieda, il tribunale, sentite le altre parti, può sospendere il procedimento. In tal caso l’Ufficio prosegue il procedimento dinanzi a esso pendente». |
10. |
L’articolo 109 del regolamento sul marchio comunitario stabilisce quanto segue: «1. Qualora azioni per contraffazione siano proposte per gli stessi fatti e tra le stesse parti davanti a tribunali di Stati membri differenti, aditi rispettivamente sulla base di un marchio comunitario e sulla base di un marchio nazionale:
2. Il tribunale adito con un’azione per contraffazione sulla base di un marchio comunitario respinge l’azione quando sugli stessi fatti sia stata pronunciata una sentenza definitiva nel merito tra le stesse parti, sulla base di un marchio nazionale identico, valido per prodotti o servizi identici. 3. Il tribunale adito con un’azione per contraffazione sulla base di un marchio nazionale respinge l’azione quando sugli stessi fatti sia stata pronunciata una sentenza definitiva nel merito tra le stesse parti, sulla base di un marchio comunitario identico, valido per prodotti o servizi identici». |
III – Fatti e procedimento
11. |
Le ricorrenti sono le co-titolari di tre marchi comunitari per le mele Pink Lady. Uno è un segno denominativo e gli altri due sono segni figurativi. La Carolus è una società belga che ha chiesto la registrazione del segno denominativo «English pink» quale marchio comunitario per il proprio tipo di mele. Dal 2009 «English pink» era registrato come marchio Benelux, di cui era titolare la Carolus. |
12. |
Il 13 ottobre 2009 la Carolus ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione del segno denominativo «English pink» quale marchio comunitario. A seguito di tale domanda, le ricorrenti hanno avviato due diversi tipi di procedimenti contro la Carolus, al fine di proteggere i loro marchi comunitari esistenti. |
13. |
In primo luogo, il 20 aprile 2010 le ricorrenti hanno depositato presso l’EUIPO un atto di opposizione alla registrazione di «English pink», in forza dell’articolo 8, paragrafi 1, lettera b), e 5, del regolamento sul marchio comunitario. |
14. |
In secondo luogo, l’8 giugno 2010 le ricorrenti hanno avviato un’azione per contraffazione nei confronti della Carolus dinanzi al Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles, Belgio), adito in qualità di tribunale dei marchi comunitari. Le ricorrenti sostenevano che l’uso del segno denominativo «English pink» era illegittimo in quanto creava un rischio di confusione con il marchio comunitario denominativo anteriore «Pink Lady». Esse chiedevano quindi l’annullamento del marchio Benelux «English pink», detenuto dalla Carolus. |
15. |
Questi due procedimenti hanno dato luogo a due diverse decisioni, adottate dall’EUIPO e dal Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles), riguardo al rischio di confusione tra il marchio comunitario denominativo «Pink Lady» e il segno denominativo «English pink». |
16. |
Da un lato, il 27 maggio 2011 la divisione di opposizione dell’EUIPO ha respinto l’opposizione presentata dalle ricorrenti, rilevando che non sussisteva alcun rischio di confusione tra il segno denominativo «English pink» e il marchio comunitario denominativo «Pink Lady». |
17. |
Dall’altro, il 28 giugno 2012 il Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) ha dichiarato che l’uso del segno denominativo «English pink» creava un rischio di confusione con il marchio comunitario denominativo anteriore «Pink Lady». Esso ha pertanto annullato il marchio Benelux «English pink», ha ordinato alla Carolus di cessare immediatamente l’uso del segno «English pink» all’interno dell’Unione europea e ha concesso alle ricorrenti un risarcimento, nella forma di una somma forfettaria di EUR 5000 a carico della Carolus. |
18. |
Nel corso dell’estate del 2012, le ricorrenti hanno inviato diverse lettere all’EUIPO informando quest’ultimo della sentenza pronunciata dal Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). |
19. |
Il 29 maggio 2013, statuendo in merito al ricorso proposto avverso la decisione della divisione di opposizione, la quarta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto le pretese delle ricorrenti, senza fare alcun riferimento alla sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). |
20. |
Le ricorrenti hanno in seguito proposto un ricorso dinanzi al Tribunale diretto all’annullamento della decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO. Esse chiedevano in via principale al Tribunale di riformare la decisione impugnata affinché venisse accolta la loro opposizione alla registrazione di «English Pink» come marchio comunitario. In subordine, le stesse chiedevano l’annullamento della decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO. |
IV – La sentenza del Tribunale impugnata e il procedimento dinanzi alla Corte
21. |
Con sentenza del 25 marzo 2015 ( 3 ), il Tribunale ha annullato la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO e ha respinto il ricorso quanto al resto. |
22. |
Il Tribunale ha ritenuto, in particolare, che la sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) non possedesse l’autorità di cosa giudicata in relazione alle successive decisioni della commissione di ricorso dell’EUIPO. Il Tribunale ha considerato che i rispettivi oggetti e le cause petendi di cui ai procedimenti esaminati dall’EUIPO e dal Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) non fossero identici. Pertanto, la commissione di ricorso non era vincolata dalla sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). |
23. |
Tuttavia, il Tribunale ha annullato la decisione della commissione di ricorso in quanto essa ha omesso di tener conto della sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) e di valutare le eventuali ripercussioni di detta sentenza sull’esito del procedimento di opposizione. Al contempo, il Tribunale ha rifiutato di riformare la decisione dell’EUIPO, dichiarando di non essere in condizione di stabilire, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, quale fosse la decisione che la commissione di ricorso era tenuta ad adottare. Di conseguenza, esso non poteva sostituire la propria valutazione a quella della commissione di ricorso dell’EUIPO. |
24. |
Le ricorrenti formulano tre principali motivi di impugnazione avverso la sentenza del Tribunale. |
25. |
Il primo motivo consta di sette parti e può essere sintetizzato come segue: le ricorrenti sostengono che il Tribunale è incorso in un errore di diritto considerando che la sentenza definitiva del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) non fosse in sé sufficiente a determinare quale fosse la decisione che la commissione di ricorso era tenuta ad adottare. Secondo le ricorrenti, benché il regolamento sul marchio comunitario non contenesse alcuna disposizione esplicita in tal senso, la sentenza del tribunale dei marchi comunitari era vincolante per l’EUIPO, essendo una decisione giurisdizionale. Inoltre, esse sostengono che i due procedimenti, vale a dire il procedimento di opposizione dinanzi all’EUIPO e l’azione per contraffazione dinanzi al Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles), erano identici in quanto condividevano la stessa causa petendi, lo stesso oggetto e le stesse parti. Le ricorrenti affermano che la legittimità della decisione dell’EUIPO avrebbe dovuto essere valutata non solo in rapporto al regolamento sul marchio comunitario, ma prima di tutto in rapporto ai principi generali del diritto dell’Unione, quale il principio dell’autorità di cosa giudicata. |
26. |
Nell’ambito del secondo motivo, le ricorrenti sostengono che la conclusione secondo cui l’EUIPO non era vincolato dalla sentenza definitiva di un tribunale dei marchi comunitari lede il loro legittimo affidamento e costituisce una violazione dei principi generali di certezza del diritto e di buona amministrazione. |
27. |
Nell’ambito del terzo motivo, le ricorrenti addebitano al Tribunale di aver violato l’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento sul marchio comunitario, rifiutandosi di riformare la decisione della commissione di ricorso. |
V – Valutazione
28. |
Seppure dedotti come motivi di impugnazione distinti, il primo e il secondo motivo sono strettamente correlati. Entrambi contestano, da diverse angolazioni, la conclusione del Tribunale secondo cui la sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) non possedeva l’autorità di cosa giudicata e non era quindi vincolante per la commissione di ricorso dell’EUIPO. Esaminerò quindi congiuntamente il primo e il secondo motivo (sezione A), per poi passare al terzo motivo (sezione B). |
A – Sul primo e sul secondo motivo
29. |
L’autorità di cosa giudicata è un principio organizzativo necessario di qualsiasi ordinamento giuridico coerente. Un giudice (e in alcuni casi anche un’autorità amministrativa) investito di una controversia per la quale sia già stata emessa una decisione definitiva deve dichiarare la propria incompetenza. Tuttavia, perché sorga un siffatto ostacolo procedurale, deve esservi identità tra la prima e la seconda controversia. Occorre che tra le due fattispecie sussista un’identità dei procedimenti. Nella presente fattispecie, il principio dell’autorità di cosa giudicata può essere applicato solo in caso di identità di procedimenti nella comparazione tra l’azione per contraffazione dinanzi al Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) e l’opposizione alla registrazione depositata presso l’EUIPO. |
30. |
La questione chiave nella presente impugnazione è pertanto la definizione di identità di procedimenti ai sensi del regolamento sul marchio comunitario. |
1. Identità di procedimenti e autorità di cosa giudicata
31. |
Il regolamento sul marchio comunitario mira a evitare decisioni contrastanti prese dai tribunali dei marchi comunitari, dalle autorità nazionali o dall’EUIPO, impedendo in tal modo che venga compromesso il carattere unitario del marchio comunitario ( 4 ). Questo obiettivo si traduce in una serie di disposizioni procedurali specifiche nel regolamento, intese a evitare decisioni potenzialmente inconciliabili. |
32. |
Il principio dell’autorità di cosa giudicata si riflette nell’articolo 56, paragrafo 3, e nell’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento sul marchio comunitario. Dette disposizioni stabiliscono i criteri per determinare l’identità dei procedimenti e le conseguenze connesse a tale constatazione. |
33. |
L’articolo 56, paragrafo 3, del regolamento sul marchio comunitario prevede che la domanda di decadenza o di nullità presentata all’EUIPO è inammissibile qualora su una domanda con lo stesso oggetto e la stessa causa sia stata pronunciata una decisione nei confronti delle stesse parti dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro. |
34. |
Analogamente, l’articolo 100 del regolamento sul marchio comunitario mira a evitare situazioni in cui sia l’EUIPO che un tribunale dei marchi comunitari siano chiamati a valutare la validità dello stesso marchio comunitario. In particolare, l’articolo 100, paragrafo 2, impone a un tribunale dei marchi comunitari di respingere una domanda riconvenzionale di decadenza o di nullità se una decisione pronunciata dall’EUIPO, nei confronti delle stesse parti, su una domanda con il medesimo oggetto e il medesimo titolo, è già divenuta definitiva. |
35. |
Risulta evidente che nessuna di queste due disposizioni è applicabile al caso di specie. Tuttavia, esse forniscono una definizione concreta di ciò che costituisce identità di procedimenti ai sensi del regolamento sul marchio comunitario. L’identità che dà luogo all’autorità di cosa giudicata si compone di tre elementi: lo stesso oggetto, la stessa causa petendi e le stesse parti ( 5 ). |
36. |
Tale concezione di identità dei procedimenti non si limita al regolamento sul marchio comunitario. Si può trovare anche in altri ambiti del diritto dell’Unione, come il regolamento su disegni e modelli comunitari ( 6 ) o, cosa ancora più importante, il regolamento (CE) n. 44/2001 ( 7 ). |
37. |
Per quanto riguarda le conseguenze derivanti dall’identità dei procedimenti ai sensi del regolamento sul marchio comunitario, l’effetto dell’autorità di cosa giudicata è attribuito alla prima decisione definitiva emessa nella forma di una sentenza pronunciata da un giudice o di una decisione amministrativa adottata dall’EUIPO. Pertanto, i ricorsi successivi che coinvolgono le stesse parti, lo stesso oggetto e la stessa causa petendi sono considerati irricevibili o respinti. |
38. |
Va aggiunto, tuttavia, che il regolamento sul marchio comunitario non comprende solo situazioni in cui sono presenti tutti i tre elementi di identità (lo stesso oggetto, la stessa causa petendi e le stesse parti) che fanno sorgere l’autorità di cosa giudicata. Il regolamento contiene anche diverse altre disposizioni che mirano a impedire che siano adottate decisioni contraddittorie nell’ambito del sistema del marchio comunitario, anche quando non sono presenti, in senso stretto, tutti e tre gli elementi di identità dei procedimenti. |
39. |
In primo luogo, l’articolo 104 del regolamento sul marchio comunitario, rubricato «Norme specifiche in materia di connessione» obbliga i tribunali dei marchi comunitari e l’EUIPO, se non esistono motivi particolari per proseguire il procedimento, a sospendere il procedimento ove la validità del marchio sia già contestata dinanzi a un altro tribunale dei marchi comunitari con una domanda riconvenzionale o presso l’EUIPO con una domanda di decadenza o di nullità. |
40. |
Sia dal titolo sia dal contenuto dell’articolo 104 del regolamento sul marchio comunitario sembra risultare che esso disciplina le situazioni in cui non vi è identità di procedimenti nel senso sopra descritto. Questa disposizione riguarda esplicitamente la «connessione» e non l’identità delle azioni. Tale formulazione indica che le azioni interessate sono diverse, anche se in entrambi i tipi di procedimenti è in discussione la validità di un marchio comunitario. |
41. |
In secondo luogo, l’articolo 109 del regolamento riguarda azioni connesse nella forma di azioni civili simultanee e successive sulla base di marchi comunitari e di marchi nazionali. Esso prevede che, qualora azioni per contraffazione siano proposte per gli stessi fatti e tra le stesse parti davanti a tribunali di Stati membri differenti, aditi rispettivamente sulla base di un marchio comunitario e sulla base di un marchio nazionale, il tribunale successivamente adito deve, anche d’ufficio, dichiarare la propria incompetenza o, a seconda della situazione, può sospendere il procedimento. Inoltre, il tribunale adito con un’azione per contraffazione sulla base di un marchio nazionale o comunitario respinge l’azione quando sugli stessi fatti sia stata pronunciata una sentenza definitiva nel merito tra le stesse parti. |
42. |
Ai sensi dell’articolo 109, una parte insoddisfatta non può pertanto controvertere una seconda volta sulla stessa questione contro lo stesso avversario, anche se l’oggetto non è lo stesso in quanto, formalmente, la nuova azione si fonda sul marchio comunitario invece che sul marchio nazionale, o viceversa. |
43. |
Entrambi gli articoli appena citati suggeriscono che, oltre alla (piena) identità dei procedimenti, in cui sussistono lo stesso oggetto, la stessa causa petendi e le stesse parti, il regolamento sul marchio comunitario contempla anche situazioni in cui esiste una considerevole sovrapposizione sostanziale tra controversie parallele o successive in materia di marchi comunitari. Il regolamento riconosce in tal modo l’interconnessione degli effetti giuridici di marchi comunitari, da un lato, e di marchi nazionali, dall’altro. |
44. |
Anche tali principi non sono peculiari del regolamento sul marchio comunitario, ma sono presenti anche in altri ambiti del diritto dell’Unione. Meccanismi per sospendere il procedimento o dichiarare l’incompetenza esistono anche nel regolamento n. 44/2001, al quale fanno esplicito riferimento i considerando 16 e 17 e l’articolo 94 del regolamento sul marchio comunitario. Il predetto regolamento può così fornire l’analogia più vicina possibile al regolamento sul marchio comunitario in materia di autorità di cosa giudicata e procedimenti connessi. |
45. |
L’articolo 27 del regolamento n. 44/2001 dispone quanto segue: «1. Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza. 2. Se la competenza del giudice precedentemente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo». |
46. |
A norma dell’articolo 28 del regolamento n. 44/2001, «1. [o]ve più cause connesse siano pendenti davanti a giudici di Stati membri differenti, il giudice successivamente adito può sospendere il procedimento. (…) 3. Ai sensi del presente articolo sono connesse le cause aventi tra di loro un legame così stretto da rendere opportune una trattazione e decisione uniche per evitare soluzioni tra di loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente» ( 8 ). |
47. |
Ai sensi dell’articolo 27 e dell’articolo 28 del regolamento n. 44/2001, vi è una chiara ripartizione delle competenze tra i giudici. In primo luogo, ove sussista l’identità dei procedimenti, il giudice successivamente adito deve dichiarare la propria incompetenza a favore del giudice precedentemente adito. In secondo luogo, in altri tipi di cause non identiche ma strettamente connesse, è lasciato ai giudici il potere discrezionale di decidere se sospendere il procedimento, mentre prosegue il procedimento dinanzi al giudice precedentemente adito. |
48. |
Riassumendo, si possono distinguere due tipi di situazioni in base al regolamento sul marchio comunitario, a seconda del grado di interconnessione dei procedimenti. In primo luogo, vi sono le situazioni descritte all’articolo 56, paragrafo 3, e all’articolo 100 del regolamento sul marchio comunitario (e, per analogia, anche all’articolo 27 del regolamento n. 44/2001), che riguardano i casi in cui sussiste identità di procedimenti, vale a dire in cui sono presenti i tre elementi di identità: lo stesso oggetto, la stessa causa petendi e le stesse parti. Se questi elementi sono presenti, sorge l’autorità di cosa giudicata. Ciò comporta che qualsiasi organismo giudiziario o amministrativo, quale l’EUIPO, diverso dall’organismo precedentemente adito, è tenuto a dichiarare la propria incompetenza o a sospendere il procedimento. |
49. |
In secondo luogo, anche in assenza di una piena identità di procedimenti, vi è la categoria più flessibile di cause correlate o connesse, quali le situazioni descritte all’articolo 104, all’articolo 109, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 109, paragrafi 2 e 3, del regolamento sul marchio comunitario (e di nuovo, per analogia, all’articolo 28 del regolamento n. 44/2001). Nelle situazioni che rientrano in questa categoria più flessibile, l’autorità decidente ha la facoltà di sospendere il procedimento pendente e attendere la decisione dell’autorità adita in precedenza. |
2. Identità di procedimenti nel caso di specie
50. |
Alla luce di quanto precede, passo ora alla valutazione del caso in esame. |
51. |
Il presente caso riguarda una situazione procedurale specifica, non rientrante in alcuna delle disposizioni del regolamento sul marchio comunitario: l’interazione tra un’azione per contraffazione dinanzi a un tribunale dei marchi comunitari riguardante un marchio comunitario anteriore e un marchio nazionale, da un lato, e, dall’altro, un procedimento di opposizione dinanzi all’EUIPO in cui è invocato lo stesso marchio comunitario anteriore e lo stesso segno di cui al marchio nazionale in relazione al quale è chiesta la registrazione a livello comunitario. |
52. |
Anche in assenza di disposizioni specifiche riguardanti questa situazione nel regolamento sul marchio comunitario, l’applicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata presuppone l’accertamento dell’identità di procedimenti, tra un’azione per contraffazione e un procedimento di opposizione. |
53. |
Tuttavia, ciò non avviene nella fattispecie. A mio avviso, il Tribunale ha correttamente concluso che i due procedimenti non erano identici e che, di conseguenza, l’EUIPO non era vincolato dalla sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). |
54. |
Al punto 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che «i rispettivi oggetti – ossia le pretese – di cui ai procedimenti esaminati da[l Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles)] e dall’EUIPO invece non sono identici. Infatti, l’azione per contraffazione dinanzi al giudice belga aveva ad oggetto l’annullamento del marchio Benelux English pink e il divieto di utilizzare tale marchio sul territorio dell’Unione, mentre il procedimento dinanzi all’EUIPO aveva ad oggetto l’opposizione alla registrazione del marchio comunitario English pink». |
55. |
Inoltre, al punto 66, il Tribunale ha proseguito dichiarando che «[a]nche le cause – ossia le ragioni delle pretese – di cui ai due procedimenti sono differenti. Da un lato, nell’ambito del procedimento dinanzi al tribunal de commerce de Bruxelles, il fondamento della pretesa delle ricorrenti che fosse pronunciata un’ingiunzione volta ad impedire la contraffazione dei marchi comunitari (…) era l’articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 207/2009. Allo stesso modo, il fondamento della pretesa che il marchio Benelux English pink fosse dichiarato nullo era costituito dagli articoli 2.3 e 2.28, paragrafo 3, lettera b), della Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (…). Detto tribunale ha ritenuto che sussistesse un atto di contraffazione dei citati marchi comunitari. Esso ha quindi pronunciato l’annullamento del marchio Benelux English pink e ha vietato l’utilizzo di tale segno nell’intero territorio dell’Unione. Dall’altro lato, nell’ambito del procedimento dinanzi all’EUIPO, le ricorrenti si sono opposte alla registrazione di un nuovo marchio comunitario e si sono basate, in proposito, su altre disposizioni del regolamento n. 207/2009, ossia l’articolo 8, paragrafi 1, lettera b), e 5». |
56. |
Dunque, come il Tribunale ha giustamente sottolineato, non sussisteva alcuna identità di oggetti né di cause petendi. |
57. |
In primo luogo, per quanto riguarda l’oggetto ( 9 ), le azioni per contraffazione e i procedimenti di opposizione perseguono obiettivi in una certa misura diversi. Da un lato, le azioni per contraffazione possono essere depositate dinanzi ai tribunali dei marchi comunitari dal titolare di un marchio comunitario anteriore contro l’utilizzatore di un segno che crea un rischio di confusione con il marchio comunitario in questione, al fine di ottenere un divieto di tale utilizzo pregiudizievole in tutta l’Unione europea. Dall’altro, i procedimenti di opposizione riguardano la procedura di registrazione di un segno come marchio comunitario presso l’EUIPO e mirano a impedire la registrazione, che costituisce un atto amministrativo. I due suddetti tipi di azioni, seppure senza dubbio presentino diverse caratteristiche comuni, non sono identici ( 10 ). |
58. |
Ciò è evidente anche nel caso di specie in relazione alle pretese avanzate: l’obiettivo specifico, dal punto di vista dell’azione proposta dalle ricorrenti dinanzi al Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles), era l’annullamento di due marchi Benelux. Invece, l’obiettivo del procedimento di opposizione dinanzi all’EUIPO era di impedire la registrazione di un nuovo marchio comunitario. |
59. |
In secondo luogo, per quanto riguarda la causa petendi, i tribunali dei marchi comunitari e l’EUIPO applicano regole diverse. Nella fattispecie, mentre il primo, nell’annullare il marchio Benelux «English pink», ha applicato il regolamento sul marchio comunitario ma anche la normativa nazionale/Benelux, il secondo ha applicato unicamente il regolamento sul marchio comunitario ( 11 ). |
60. |
Inoltre, l’EUIPO e il Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) non hanno applicato le medesime disposizioni del regolamento stesso sul marchio comunitario. Il Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) ha applicato l’articolo 98 e l’articolo 102 del regolamento, mentre l’EUIPO ha applicato l’articolo 8, paragrafi 1, lettera b), e 5, l’articolo 41 e l’articolo 42. |
61. |
Infine, mentre la valutazione del rischio di confusione è un elemento sia dei procedimenti di opposizione sia delle azioni per contraffazione, la Corte ha già dichiarato che tale valutazione varia a seconda del tipo di procedimento. La valutazione deve essere retrospettiva e più concreta in azioni dirette a ottenere il divieto di uso di un segno, in cui «occorre limitarsi alle circostanze che contraddistinguono tale uso, senza che occorra accertare se un altro uso del medesimo segno in circostanze diverse sarebbe anch’esso suscettibile di dare adito ad un rischio di confusione» ( 12 ). Viceversa, la valutazione deve essere prospettica e più generale nel procedimento di opposizione. Come la Corte ha dichiarato, «poiché [esse] possono variare nel tempo e in funzione della volontà dei titolari dei marchi in conflitto, non è appropriato prendere in considerazione [le particolari] circostanze [fattuali] ai fini dell’analisi prospettica del rischio di confusione tra i detti marchi» ( 13 ). |
62. |
Pertanto, in assenza di identità delle cause petendi e degli oggetti, non può applicarsi nella fattispecie il principio dell’autorità di cosa giudicata. |
63. |
Ritengo quindi che il Tribunale non sia incorso in alcun errore di diritto dichiarando che l’EUIPO non era vincolato dalla sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). |
3. Oltre l’identità formale: sincera e leale collaborazione all’interno del sistema del marchio comunitario
64. |
La valutazione dell’identità dei procedimenti, che è l’unico elemento determinante per l’applicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata, è per definizione formale e di portata ristretta. Ciò è logico: poiché il principio riguarda chiarezza e prevedibilità, la sua interpretazione deve essere prevedibile e piuttosto restrittiva, rigorosamente incentrata sulla valutazione della presenza di tutti e tre i suoi elementi costitutivi. Come risulta già evidente, tuttavia, dall’analisi svolta in precedenza, le autorità sia nazionali che europee che operano all’interno del sistema del marchio comunitario non hanno soltanto il dovere di evitare decisioni formalmente contraddittorie. Come si evince dal considerando 17 del regolamento, nonché, sul piano del diritto primario, dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, le stesse autorità hanno l’obbligo di evitare che siano rese decisioni che, seppure non identiche nella forma, siano difficilmente conciliabili in senso sostanziale. |
65. |
Molto si potrebbe dire al riguardo nel caso di specie. Benché non sussista un’identità formale dei procedimenti, non si può ignorare la notevole sovrapposizione sostanziale esistente tra la decisione della commissione di ricorso dell’EUIPO e la sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). Certamente le azioni che hanno dato luogo a tali decisioni si qualificano come azioni connesse e questo fatto era apparentemente noto a entrambe le autorità decisionali coinvolte. |
66. |
In primo luogo, come rilevato dal Tribunale nei punti da 30 a 34 della sua sentenza, la commissione di ricorso dell’EUIPO era stata debitamente informata della decisione precedente del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). In violazione dell’articolo 75 del regolamento sul marchio comunitario, tuttavia, non ne ha in alcun modo tenuto conto nella sua successiva decisione. |
67. |
Non posso che condividere questa conclusione. Le commissioni di ricorso dell’EUIPO devono tener conto di tutte le prove e gli elementi di fatto nuovi prodotti dinanzi ad esse, non limitandosi a effettuare un controllo giurisdizionale della decisione di primo grado, ma, in virtù della continuità funzionale tra gli organi di primo e di secondo grado dell’EUIPO, procedendo ad un nuovo esame del merito ( 14 ). Esse sono tenute a fondare le proprie decisioni su tutti gli elementi di fatto e di diritto che le parti hanno introdotto in primo grado o nella procedura di ricorso. Di conseguenza, la quarta commissione di ricorso avrebbe dovuto tener conto, nella sua motivazione, della sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles). |
68. |
Ciò non equivale affatto a minare l’autonomia dell’EUIPO. Il regolamento sul marchio comunitario rimane il criterio decisivo quando si tratta della registrazione di un marchio comunitario. Tuttavia, una sentenza di un tribunale dei marchi comunitari riguardante sostanzialmente la stessa questione, cioè il rischio di confusione tra gli stessi due segni, è un fatto rilevante ai fini del regolamento sul marchio comunitario. Si tratta di un elemento tanto più rilevante considerato che proprio lo stesso tribunale dei marchi comunitari potrebbe, in considerazione della sua competenza, essere chiamato a valutare una seconda volta il rischio di confusione tra i segni denominativi «English pink» e «Pink Lady», poiché la Corte di giustizia ha di recente stabilito che il titolare di un marchio comunitario anteriore potrebbe anche introdurre un’azione per contraffazione contro il titolare di un marchio comunitario registrato posteriore ( 15 ). |
69. |
Andrebbe precisato che l’obbligo di «tener conto» non equivale a «essere vincolato» dalla sostanza e a essere di conseguenza obbligato a giungere alla stessa conclusione nel merito. La scomoda ma logica conclusione derivante da questa differenziazione è che l’EUIPO potrebbe potenzialmente giungere a una conclusione sostanziale diversa sul rischio di confusione tra due segni in relazione alla registrazione di un marchio comunitario rispetto a quella raggiunta da un tribunale dei marchi comunitari in relazione alla decadenza di un marchio nazionale anteriore. |
70. |
Questa conclusione è scomoda perché non è certamente auspicabile ma, all’interno dell’attuale quadro procedurale, è possibile. Andrebbe nondimeno sottolineato che, se non sussiste identità di procedimenti al momento di decidere sul merito, logicamente non può essere richiesta l’identità nella successiva fase di esecuzione. In termini concreti, il divieto di utilizzare un segno come marchio nazionale non può precludere la registrazione e l’utilizzo del medesimo segno come marchio comunitario. |
71. |
In secondo luogo, andrebbe sottolineato che, naturalmente, la sentenza definitiva del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) non è messa in discussione dalla presente controversia. Tuttavia, a livello generale, si potrebbe aggiungere che un tribunale dei marchi comunitari il quale si trovi in una situazione analoga a quella del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles) farebbe bene a sospendere il procedimento e ad attendere la decisione dell’EUIPO sulla questione. Mancando una disposizione specifica in tal senso nello stesso regolamento sul marchio comunitario, un giudice nazionale adito in qualità di tribunale dei marchi comunitari potrebbe fare uso del proprio potere discrezionale e certamente ordinare la sospensione del procedimento ai sensi delle norme procedurali nazionali, facendo riferimento, per analogia, agli articoli 100, paragrafo 7, 104 e 109, paragrafo 1, del regolamento sul marchio comunitario. Esso potrebbe altresì adottare misure provvisorie e cautelari durante la sospensione del procedimento, ai sensi dell’articolo 104, paragrafo 3, e dell’articolo 109, paragrafo 4, del medesimo regolamento. |
72. |
In conclusione, il caso di specie non rappresenta certamente un buon esempio di leale cooperazione all’interno dell’Unione in generale e in particolare nell’ambito del sistema del marchio comunitario – a meno che non si voglia sostituire il principio di reciproca cooperazione con il principio di reciproca indifferenza. Tuttavia, anche in assenza di una norma procedurale specifica nel regolamento sul marchio comunitario stesso, e in assenza di identità dei procedimenti che renderebbe applicabile il principio generale dell’autorità di cosa giudicata tra i due procedimenti di cui trattasi, sono dell’avviso che il sistema attuale, se preso sul serio, fornisce già una soluzione a situazioni di tal genere: sia l’EUIPO sia i tribunali dei marchi comunitari sono obbligati a tener conto di procedimenti collegati o connessi o di decisioni rese dall’altra autorità e a prenderli in considerazione nell’ambito del loro operato e delle eventuali decisioni di merito. |
B – Sul terzo motivo
73. |
Per quanto riguarda il terzo motivo di impugnazione, relativo alla violazione dell’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento sul marchio comunitario, ritengo che il Tribunale non sia incorso in un errore rifiutando di pronunciarsi esso stesso sulla fattispecie. |
74. |
Il potere di riforma riconosciuto al Tribunale non ha come effetto di conferire a quest’ultimo la facoltà di sostituire la propria valutazione a quella della commissione di ricorso, e neppure la facoltà di procedere ad una valutazione alla quale tale commissione non ha ancora proceduto ( 16 ). L’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che la suddetta commissione era tenuta a prendere. |
75. |
Nel caso di specie, la commissione di ricorso dell’EUIPO non ha tenuto conto della sentenza del Tribunal de commerce de Bruxelles (Tribunale commerciale di Bruxelles), cosa che sarebbe stata importante. Il Tribunale non può esso stesso valutare tale sentenza. |
76. |
Infine, se il Tribunale non può sostituire la propria valutazione a quella dell’EUIPO in tali circostanze, lo stesso vale, a maggior ragione, per la Corte di giustizia. Nel caso di specie, la Corte di giustizia non può sostituire la propria valutazione a quella della commissione di ricorso e pronunciarsi nel merito dell’opposizione, conformemente all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia. La causa dovrebbe pertanto essere rinviata alla commissione di ricorso. |
77. |
Per le suesposte ragioni, ritengo che il terzo motivo di impugnazione debba essere respinto. |
VI – Sulle spese
78. |
Le ricorrenti sono risultate soccombenti in esito alla loro impugnazione. In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, esse dovrebbero sopportare le proprie spese e quelle sostenute dall’EUIPO. Tuttavia, non si può ignorare che la presente controversia è sorta in parte a causa di notevoli carenze da parte della decisione dell’EUIPO. Pertanto, mi sembra equo che ciascuna parte sopporti le proprie spese, in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura. |
VII – Conclusione
79. |
Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di:
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( 1 ) Lingua originale: l’inglese.
( 2 ) Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1).
( 3 ) Sentenza Apple and Pear Australia e Star Fruits Diffusion/UAMI – Carolus C. (English pink) (T – 378/13, EU:T:2015:186).
( 4 ) V. considerando 16 del regolamento sul marchio comunitario. Sul carattere unitario del sistema del marchio comunitario in generale, v. conclusioni presentate dall’avvocato generale Cruz Villalón nella causa DHL Express (C‑235/09, EU:C:2010:595, paragrafi da 18 a 26).
( 5 ) Va sottolineato che la terminologia utilizzata per i singoli elementi dell’autorità di cosa giudicata differisce in una certa misura tra le diverse versioni linguistiche e può quindi causare una certa confusione. In particolare, la versione inglese del regolamento sul marchio comunitario utilizza il termine «subject matter», mentre la versione francese utilizza «l’objet» per indicare lo stesso elemento. Nelle presenti conclusioni, mantengo la terminologia introdotta dalla versione inglese del regolamento, nonostante il fatto che il significato naturale delle parole potrebbe essere un po’ diverso. Ai fini del presente giudizio, per causa o causa petendi («cause of action») intendo un riferimento ai fatti e alle disposizioni di legge invocati a fondamento della pretesa e per oggetto («subject matter») un riferimento sia all’oggetto dell’azione, nel senso del risultato al quale mira il ricorrente, sia il particolare oggetto del ricorso.
( 6 ) Regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (GU L 3, pag. 1). V., in particolare, articoli 52, paragrafo 3, e 86, paragrafo 5.
( 7 ) Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 12, pag. 1). Questo regolamento è stato rifuso dal regolamento (UE) n. 1215/2012 del 12 dicembre 2012 (GU L 351, pag. 1). V., nel contesto della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, le sentenze Gubisch Maschinenfabrik (144/86, EU:C:1987:528, punti da 14 a 17); Tatry (C‑406/92, EU:C:1994:400, punti da 38 a 45); Drouot assurances (C – 351/96, EU:C:1998:242, punto 19); Gantner Electronic (C – 111/01, EU:C:2003:257, punti da 24 a 32); Gasser (C – 116/02, EU:C:2003:657, punto 41), e Mærsk Olie & Gas (C‑39/02, EU:C:2004:615, punti da 34 a 39). V., in relazione al regolamento n. 44/2001, sentenze Nipponkoa Insurance Co. (Europe) (C – 452/12, EU:C:2013:858, punti da 42 a 44), e Aannemingsbedrijf Aertssen e Aertssen Terrassements (C‑523/14, EU:C:2015:722, punti da 43 a 46).
( 8 ) Nel regolamento rifuso, gli articoli 27 e 28 sono divenuti articoli 29 e 30. Le modifiche introdotte non hanno alcun effetto sulla presente analisi.
( 9 ) V. nota 5.
( 10 ) Ancora una volta, per una più ampia analogia nel contesto della Convenzione di Bruxelles, v. sentenze Gubisch Maschinenfabrik (144/86, EU:C:1987:528, punti da 15 a 17); Tatry (C – 406/92, EU:C:1994:400, punti da 41 a 44), e Mærsk Olie & Gas (C – 39/02, EU:C:2004:615, punti da 35 a 36). V., inoltre, in un altro contesto ma riguardanti questioni analoghe, sentenze Commissione/Tomkins (C – 286/11 P, EU:C:2013:29, punto 43), e Total/Commissione (C – 597/13 P, EU:C:2015:613, punti da 39 a 41).
( 11 ) V., in generale, ordinanza Emram/UAMI (C – 354/11 P, EU:C:2012:167, punti 92 e segg.); sentenza Alcon/UAMI (C – 412/05 P, EU:C:2007:252, punto 65).
( 12 ) Sentenza O2 Holdings & O2 (UK) (C – 533/06, EU:C:2008:339, punto 67).
( 13 ) Sentenza T.I.M.E. ART/UAMI (C – 171/06 P, EU:C:2007:171, punto 59).
( 14 ) Sentenza UAMI/Kaul (C – 29/05 P, EU:C:2007:162, punto 57).
( 15 ) Sentenza Fédération Cynologique Internationale (C – 561/11, EU:C:2013:91).
( 16 ) Sentenza Edwin/UAMI (C – 263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72).