SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

22 ottobre 2015 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 2008/95/CE — Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullità — Marchio denominativo — Stessa sequenza di lettere di un marchio anteriore — Aggiunta di un sintagma descrittivo — Sussistenza di un rischio di confusione»

Nella causa C‑20/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti, Germania), con decisione del 25 aprile 2013, pervenuta in cancelleria il 17 gennaio 2014, nel procedimento

BGW Beratungs-Gesellschaft Wirtschaft mbH, già BGW Marketing- & Management-Service GmbH

contro

Bodo Scholz,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, vice presidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, F. Biltgen A. Borg Barthet (relatore), E. Levits e M. Berger, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da G. Braun e F.W. Bulst, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 marzo 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la BGW Beratungs Gesellschaft Wirtschaft mbH, già BGW Marketing- & Management Service GmbH (in prosieguo: la «BGW»), e il sig. Scholz in merito al marchio denominativo BGW Bundesverband der deutschen Gesundheitswirtschaft.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

L’articolo 3 della direttiva 2008/95, intitolato «Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità», al suo paragrafo 1, lettere b) e c), così dispone:

«1.   Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

(...)

b)

i marchi di impresa privi di carattere distintivo;

c)

i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

(...)».

4

L’articolo 4 della direttiva in parola, intitolato «Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullità relativi ai conflitti con diritti anteriori», al suo paragrafo 1, lettera b), prevede quanto segue:

«1.   Un marchio di impresa è escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo:

(...)

b)

se l’identità o la somiglianza di detto marchio di impresa col marchio di impresa anteriore e l’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dai due marchi di impresa può dar adito a un rischio di confusione per il pubblico comportante anche un rischio di associazione tra il marchio di impresa e il marchio di impresa anteriore».

Il diritto tedesco

5

L’articolo 9, paragrafo 1, della legge sui marchi (Markengesetz), del 25 ottobre 1994 (BGB1. I, pag. 3082; 1995 I, pag. 156; 1996 I, pag. 682), è del seguente tenore:

«La registrazione di un marchio può essere annullata

(...)

2.

se l’identità o la somiglianza di detto marchio con il marchio richiesto o registrato avente una data di priorità anteriore e l’identità o la somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dai due marchi può dar adito a un rischio di confusione per il pubblico comportante anche un rischio di associazione tra il marchio di impresa e il marchio anteriore, (...)».

Fatti del procedimento principale e questione pregiudiziale

6

L’11 dicembre 2006, il marchio denominativo BGW Bundesverband der deutschen Gesundheitswirtschaft» (in prosieguo: il «marchio posteriore») è stato registrato presso l’Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi (Deutsches Patent- und Markenamt) con il n. 306 33835, segnatamente per prodotti e servizi delle classi 16, 35, 41 e 43 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, corrispondenti alla seguente descrizione:

«Classe 16: Stampati;

Classe 35: Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; servizi di ufficio; servizi di consulenza aziendale; servizi di consulenza per l’organizzazione degli affari; consulenza per la gestione degli affari; organizzazione di esposizioni per scopi commerciali o pubblicitari; servizi di pubbliche relazioni (Public Relations);

Classe 41: Educazione; formazione; divertimento; attività sportive e culturali; organizzazione di esposizioni per scopi culturali o educativi; servizi per il tempo libero; gestione di club per salute e benessere; organizzazione e direzione di convegni; organizzazione e direzione di conferenze, congressi e simposi; gestione di impianti sportivi; noleggio di attrezzature sportive; servizi di insegnamento di sport e ginnastica; organizzazione e svolgimento di seminari, workshop, conferenze, tavole rotonde e corsi; consulenze per il tempo libero; organizzazione e svolgimento di corsi di formazione e di perfezionamento; servizi di informazione relativi ad attività sportive e culturali per gli ospiti di luoghi di cura; informazioni in materia di luoghi di cura;

Classe 43: Servizi per la ristorazione e l’alloggiamento di ospiti; prenotazione e fornitura di alloggi per ospiti, in particolare ospiti di luoghi di cura; case di riposo per persone anziane; servizio di campi vacanze».

7

La BGW ha presentato opposizione avverso tale registrazione sulla base del seguente marchio denominativo e figurativo tedesco n. 304 06 837 (in prosieguo: il «marchio anteriore»):

Image

8

Il marchio anteriore è registrato dal 21 luglio 2004 per prodotti e servizi delle classi 16, 35 e 41 ai sensi del suddetto Accordo di Nizza, corrispondenti alla seguente descrizione:

«Classe 16: Carta, cartone (cartone e articoli in questi materiali), compresi nella classe 16; stampati; materiale per rilegatura; fotografie; cartoleria; adesivi per la cartoleria o per uso domestico; materiale per artisti; pennelli; macchine da scrivere e articoli per ufficio (esclusi i mobili); materiale per l’insegnamento, esclusi gli apparecchi; materie plastiche per l’imballaggio (comprese nella classe 16);

Classe 35: Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; servizi di ufficio;

Classe 41: Educazione; formazione; divertimento; attività sportive e culturali; pubblicazione di libri, giornali e riviste; redazione di testi; organizzazione di fiere ed esposizioni per fini ricreativi, culturali e sportivi; produzione di film; noleggio di film; noleggio di videocamere, apparecchi di registrazione, apparecchi per la ricezione televisiva e radiofonica; insegnamento per corrispondenza; organizzazione e direzione di conferenze, congressi e simposi; pubblicazione elettronica di libri e di riviste on line; intrattenimento radiofonico; organizzazione e svolgimento di seminari e workshop; servizi di traduzione; offerta di servizi di formazione; organizzazione e direzione di dibattiti scientifici; redazione di sceneggiature; produzione di film su videonastri; organizzazione di concorsi».

9

Con decisione del 2 ottobre 2009, l’Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi ha parzialmente accolto l’opposizione presentata dalla BGW e ha parzialmente annullato la registrazione del marchio posteriore per sussistenza di un rischio di confusione tra i due marchi in conflitto. A seguito di un ricorso proposto dal titolare del marchio posteriore, la decisione in parola è stata revocata con decisione del 9 gennaio 2012, in quanto la BGW non aveva dimostrato un uso del marchio anteriore idoneo a mantenere i diritti acquisiti.

10

La BGW ha promosso un ricorso di annullamento avverso quest’ultima decisione dinanzi al Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti).

11

Tale giudice ritiene, sulla base di numerosi documenti prodotti dinanzi ad esso dalla BGW, che sia stato dimostrato un uso del marchio anteriore idoneo a mantenere i diritti acquisiti, quantomeno per quanto riguarda gli «stampati» e i servizi di «pubblicità», «organizzazione e direzione di seminari» e «organizzazione di concorsi», dal momento che i servizi in parola sono forniti principalmente ad imprese operanti nel settore della salute, in particolare a negozi di ottica e di protesi uditive. Il giudice del rinvio conclude che i marchi in conflitto riguardano prodotti identici e servizi in parte identici e in parte simili.

12

Per quanto concerne la somiglianza dei marchi, il giudice del rinvio ritiene che l’impressione complessiva che si trae dal marchio anteriore sia dominata esclusivamente dalla sequenza di lettere «BGW», dal momento che la componente figurativa si limita a valorizzare detta sequenza dal punto di vista visivo ed è irrilevante dal punto di vista fonetico. Per quanto attiene al marchio posteriore, secondo il giudice del rinvio, il sintagma «Bundesverband der deutschen Gesundheitswirtschaft» ha natura descrittiva ed è privo di ogni carattere distintivo, in quanto si limita ad indicare che i prodotti e i servizi di cui trattasi sono forniti da una federazione di imprese del settore della salute, attiva in tutto il paese, senza peraltro permettere un’identificazione precisa dell’origine commerciale dei suddetti prodotti e servizi.

13

Il giudice del rinvio è propenso a ritenere che l’impressione complessiva del marchio posteriore sia anch’essa dominata dalla sequenza di lettere «BGW». Ad ogni modo, il Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti) aggiunge che, a prescindere da come debba essere valutato tale sintagma, occorre riconoscere a una sequenza siffatta perlomeno una posizione distintiva autonoma nel marchio posteriore ai sensi della sentenza Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594). Pertanto, quando il pubblico di riferimento sarà posto di fronte al marchio posteriore, riconoscerà il marchio anteriore, poiché la sola differenza consiste nel fatto che l’acronimo «BGW» – di per sé privo di significato – sarà ormai reso con l’indicazione illustrativa (descrittiva) «Bundesverband der deutschen Gesundheitswirtschaft».

14

Di conseguenza, il giudice del rinvio dichiara, citando la sentenza AMS/UAMI – American Medical Systems (AMS Advanced Medical Services) (T‑425/03, EU:T:2007:311), che non vi è alcun dubbio che, per quanto riguarda i prodotti e i servizi indicati al punto 11 della presente sentenza, sussiste per il pubblico di riferimento un rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

15

Esso ritiene tuttavia di non potersi pronunciare in tal senso a causa della posizione assunta dalla Corte nella sentenza Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147), in cui quest’ultima ha statuito che l’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 2008/95 si applica a un marchio denominativo costituito dalla giustapposizione di un sintagma descrittivo e da una sequenza di lettere di per sé non descrittiva, qualora tale sequenza, per il fatto di riprodurre la lettera iniziale di ciascuna parola di tale sintagma, sia percepita dal pubblico come un’abbreviazione di detto sintagma e il marchio di cui trattasi, considerato nel suo insieme, possa così essere inteso come una combinazione di indicazioni o di abbreviazioni descrittive, la quale, quindi, è priva di carattere distintivo. Peraltro, il giudice del rinvio ricorda che, al punto 38 della citata sentenza, la Corte ha dichiarato che la sequenza di lettere che riproduce la lettera iniziale delle parole che compongono il sintagma occupa, rispetto a quest’ultimo, soltanto una posizione accessoria.

16

Pertanto, sarebbe escluso che a una componente di un marchio complesso, nella specie la sequenza di lettere «BGW», percepito come acronimo nel marchio posteriore, venga riconosciuto un carattere dominante o quantomeno una posizione distintiva autonoma, qualora siffatta componente occupi soltanto una posizione accessoria.

17

La circostanza che la sentenza Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147) riguardasse impedimenti assoluti alla registrazione ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2008/95 non giustifica, secondo il Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti), una valutazione diversa nel procedimento principale, in cui viene messo in discussione un altro impedimento alla registrazione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, nei limiti in cui la percezione da parte del pubblico di un marchio, in linea di principio, non può dipendere dalla questione se si tratti di un impedimento alla registrazione a norma dell’articolo 3 o dell’articolo 4 della direttiva 2008/95.

18

Ciò premesso, il Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che, in presenza di prodotti e servizi identici o simili, può ritenersi sussistente un rischio di confusione per il pubblico qualora una sequenza di lettere con efficacia distintiva e che costituisce l’elemento dominante del segno denominativo/figurativo anteriore dotato di media forza identificativa, venga inclusa in un segno denominativo posteriore appartenente a un terzo, in modo tale per cui a detta sequenza di lettere venga aggiunto un sintagma descrittivo ad essa riferito, che esplica tale sequenza di lettere quale abbreviazione delle parole poste a descrizione».

Sulla questione pregiudiziale

19

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che, in presenza di prodotti e servizi identici o simili, per il pubblico di riferimento possa sussistere un rischio di confusione tra un marchio anteriore composto da una sequenza di lettere, che ha carattere distintivo e che costituisce l’elemento dominante di tale marchio dotato di media forza identificativa, e un marchio posteriore che riproduce tale sequenza di lettere cui si aggiunge un sintagma descrittivo composto da parole le cui iniziali corrispondono alle lettere di detta sequenza, sicché essa viene percepita da tale pubblico come l’acronimo del sintagma di cui trattasi.

20

Poiché tale questione viene posta dal giudice del rinvio in considerazione dei dubbi da esso nutriti in merito all’applicazione della sentenza Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147) in sede di valutazione della somiglianza dei marchi in conflitto nel procedimento principale, occorre pertanto, in primo luogo, valutare la portata e la rilevanza di tale sentenza.

21

Nei procedimenti principali che hanno dato luogo alla sentenza Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147), erano in discussione due marchi denominativi, uno composto dal segno «Multi Markets Fund MMF» volto a designare un fondo di investimento attivo su numerosi mercati finanziari e l’altro dal segno «NAI – Der Natur-Aktien-Index» per designare un indice di Borsa che raggruppa azioni di società con orientamento ecologico. Poiché, in tali cause, il giudice del rinvio riteneva che i segni «MMF» e «NAI», considerati singolarmente, non avessero carattere descrittivo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2008/95, chiedeva alla Corte se gli impedimenti previsti dall’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e/o c), di tale direttiva si applicassero a un marchio denominativo costituito dalla giustapposizione di un sintagma descrittivo e da una sequenza di lettere di per sé non descrittiva, ma che riproduce le lettere iniziali di ciascuna parola componente detto sintagma.

22

Di conseguenza, la questione all’origine delle cause summenzionate consisteva nel determinare se un marchio complesso composto da un sintagma accostato al suo acronimo potesse essere registrato alla luce delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 2008/95, e non nella valutazione, come nel caso di specie, se possa sussistere un rischio di confusione, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola, tra un marchio anteriore composto da una sequenza di lettere e un marchio posteriore che riproduce tale sequenza giustapposta a un sintagma.

23

Orbene, da un lato, gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 2008/95 e gli impedimenti relativi alla registrazione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva perseguono finalità diverse e mirano a tutelare interessi distinti.

24

Con riferimento all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2008/95, l’interesse generale sotteso a detta disposizione consiste nell’assicurare che segni descrittivi di una o più caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta una registrazione come marchio possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori economici che offrono simili prodotti o servizi (sentenza Strigl e Securvita, C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147, punto 31 nonché la giurisprudenza ivi citata).

25

La nozione di interesse generale sottostante all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della suddetta direttiva si confonde con la funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio, consentendogli di distinguere senza confusione possibile tale prodotto o servizio da quelli di provenienza diversa (v. sentenza Eurohypo/UAMI, C‑304/06 P, EU:C:2008:261, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

26

Per contro, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva mira a tutelare gli interessi individuali dei titolari di marchi anteriori che entrano in conflitto con il segno richiesto e garantisce, quindi, la funzione di origine del marchio nel caso di un rischio di confusione (v., in tal senso, sentenza Medion, C‑120/04, EU:C:2005:594, punti 2426 nonché la giurisprudenza ivi citata).

27

Sebbene, come osserva correttamente il giudice del rinvio, la percezione di un segno da parte del pubblico di riferimento non possa dipendere dall’impedimento alla registrazione considerato, tuttavia la prospettiva da cui è colta tale percezione varia a seconda che si tratti di valutare il carattere descrittivo di un segno o la sussistenza di un rischio di confusione.

28

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, se è vero che, in sede di valutazione del carattere descrittivo di un segno, l’attenzione è focalizzata sui procedimenti mentali che possono condurre a stabilire relazioni tra il segno o le sue diverse componenti e i prodotti e/o i servizi considerati, in sede di valutazione del rischio di confusione, l’esame riguarda il processo di memorizzazione, di riconoscimento e di evocazione del segno, nonché i meccanismi associativi.

29

D’altro lato, al punto 32 della sentenza Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147), la Corte ha rilevato che le tre lettere maiuscole presenti in ciascuno dei segni, vale a dire «MMF» e «NAI», rappresentavano le iniziali dei sintagmi ai quali erano accostate e che, in entrambi i casi, il sintagma e la sequenza di lettere avevano lo scopo di chiarirsi a vicenda e di sottolineare il legame tra loro intercorrente, essendo ciascuna sequenza di lettere concepita per rafforzare la percezione del sintagma da parte del pubblico, semplificandone l’uso e facilitandone la memorizzazione.

30

A tal riguardo, ai punti 37 e 38 della medesima sentenza, la Corte ha precisato che, sebbene le sequenze di lettere di cui trattasi fossero percepite dal pubblico di riferimento come abbreviazioni dei sintagmi ai quali queste ultime erano giustapposte, esse non potevano prevalere sulla somma di tutti gli elementi del marchio considerato nel suo insieme, quand’anche potessero essere considerate aventi, di per sé, carattere distintivo. Al contrario, secondo la Corte, siffatte sequenze di lettere, rispetto al sintagma cui erano accostate, occupavano soltanto una «posizione accessoria».

31

Dalla motivazione della sentenza Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147) risulta che il carattere non registrabile, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 2008/95, di un segno composto da una sequenza di lettere giustapposte a un sintagma deve essere valutato caso per caso, sulla base della percezione che il pubblico di riferimento ha dell’interdipendenza tra i diversi elementi del segno e di quest’ultimo nel suo insieme.

32

Di conseguenza, l’affermazione contenuta al punto 38 di detta sentenza, citata dal giudice del rinvio, secondo cui la sequenza di lettere che riproduce la lettera iniziale delle parole che compongono il sintagma occupa, rispetto a quest’ultimo, soltanto una posizione accessoria deve essere intesa in tal senso e non può essere interpretata come l’espressione di una regola di valutazione generale sul carattere accessorio di una sequenza di lettere che riproduce la lettera iniziale di ciascuna parola del sintagma al quale è giustapposta.

33

Infatti, tale affermazione si limita a precisare, ai fini dell’applicazione degli impedimenti alla registrazione previsti all’articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva 2008/95, che una sequenza di lettere, pur presentando di per sé stessa un carattere distintivo, può rivestire un carattere descrittivo quando è inserita in un marchio composto in cui è combinata con un’espressione principale descrittiva di cui sarebbe percepita come l’abbreviazione, circostanza questa che deve essere accertata caso per caso.

34

Da quanto precede risulta che, tenuto conto del diverso contesto giuridico delle cause che hanno dato luogo alla sentenza Strigl e Securvita (C‑90/11 e C‑91/11, EU:C:2012:147) nonché della portata che le si deve riconoscere, gli accertamenti ivi compiuti non possono essere applicati al procedimento principale al fine di valutare la sussistenza di una somiglianza tra i due marchi in conflitto.

35

In secondo luogo, occorre ricordare la giurisprudenza secondo cui la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce di norma un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenza Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

36

La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a confrontarla con un altro marchio. Occorre, invece, effettuare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso (sentenze UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41, e Aceites del Sur-Coosur/Koipe, C‑498/07 P, EU:C:2009:503, punto 61).

37

Se è vero che l’impressione complessiva prodotta da un marchio complesso nella memoria del pubblico di riferimento può, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti, è solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si potrà valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punti 4142, nonché Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, EU:C:2007:539, punti 4243 nonché la giurisprudenza ivi citata).

38

A tal riguardo, la Corte ha precisato che, quand’anche l’elemento comune dei marchi in conflitto non possa essere considerato come dominante l’impressione complessiva, se ne deve tener conto nella valutazione della somiglianza dei medesimi, qualora costituisca in quanto tale il marchio anteriore e conservi una posizione distintiva autonoma nel marchio, composto in particolare da tale elemento, di cui è chiesta la registrazione. Invero, quando un elemento comune mantiene una posizione distintiva autonoma nel segno composto, l’impressione complessiva prodotta dal segno in parola può indurre il pubblico a credere che i prodotti o i servizi in causa provengano, in ogni caso, da imprese economicamente collegate, circostanza in cui si deve ravvisare un rischio di confusione (sentenza Medion, C‑120/04, EU:C:2005:594, punti 3036, nonché ordinanza ecoblue/UAMI e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑23/09 P, EU:C:2010:35, punto 45).

39

Tuttavia, la Corte ha altresì precisato che un elemento di un segno composto non mantiene una siffatta posizione distintiva autonoma se tale elemento forma con l’altro o gli altri elementi del segno, considerati complessivamente, un’unità avente un senso diverso rispetto a quello di detti elementi considerati singolarmente (sentenza Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 25).

40

Occorre ancora ricordare, al pari di quanto fatto dall’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, che, in linea di principio, anche un elemento dotato solamente di un tenue carattere distintivo può dominare l’impressione complessiva di un marchio composto o rivestire, all’interno di detto marchio, una posizione distintiva autonoma ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza Medion (C‑120/04, EU:C:2005:594), qualora, segnatamente per la sua posizione nel segno o per le sue dimensioni, possa imporsi alla percezione del consumatore e restare nella sua memoria.

41

Nella specie spetterà al giudice del rinvio determinare, segnatamente mediante un’analisi delle componenti del marchio posteriore e del loro peso relativo nella percezione del pubblico di riferimento, l’impressione complessiva da esso prodotta nella memoria di detto pubblico e procedere poi, alla luce di questa impressione complessiva e di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, alla valutazione del rischio di confusione (sentenza Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 34).

42

Si deve tuttavia rilevare che la mera circostanza che il marchio posteriore sia composto da un segno che riproduce la sequenza di lettere costituente l’unico elemento verbale del marchio anteriore e da un sintagma, le cui iniziali corrispondono alla suddetta sequenza non può, di per se stesso, escludere la sussistenza di un rischio di confusione con tale marchio anteriore.

43

Pertanto, nelle circostanze di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio dovrà esaminare, tra gli altri fattori, se i legami che il pubblico di riferimento può stabilire tra la sequenza di lettere e il sintagma, in particolare la possibilità che la prima sia percepita come un acronimo del secondo, siano tali che detta sequenza possa essere percepita e memorizzata dal pubblico di riferimento in modo autonomo nel marchio posteriore. Allo stesso modo egli dovrà eventualmente valutare se gli elementi del marchio posteriore, considerati complessivamente, formino un’unità logica distinta con un significato diverso rispetto al significato dei suddetti elementi considerati singolarmente.

44

Di conseguenza, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che, in presenza di prodotti e di servizi identici o simili, per il pubblico di riferimento può sussistere un rischio di confusione tra un marchio anteriore composto da una sequenza di lettere, che ha carattere distintivo e che costituisce l’elemento dominante di tale marchio dotato di media forza identificativa, e un marchio posteriore che riproduce la medesima sequenza di lettere alla quale viene aggiunto un sintagma descrittivo composto da parole le cui iniziali corrispondono alle lettere di tale sequenza, sicché quest’ultima viene percepita da tale pubblico come l’acronimo del suddetto sintagma.

Sulle spese

45

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che, in presenza di prodotti e di servizi identici o simili, per il pubblico di riferimento può sussistere un rischio di confusione tra un marchio anteriore composto da una sequenza di lettere, che ha carattere distintivo e che costituisce l’elemento dominante di tale marchio dotato di media forza identificativa, e un marchio posteriore che riproduce la medesima sequenza di lettere alla quale viene aggiunto un sintagma descrittivo composto da parole le cui iniziali corrispondono alle lettere di tale sequenza, sicché quest’ultima viene percepita da tale pubblico come l’acronimo del suddetto sintagma.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.